Primi Sguardi
Fernando D'Amico
Copyright 2012 ALVIS Ed. Pubblicato da ALVIS Editions at Smashwords
Copertina: C. Alvani
Smashwords Edition, License Notes This e-book is licensed for your personal enjoyment only. This e-book may not be re-sold or given away to other people. If you would like to share this book with another person, please purchase an additional copy for each recipient. If you're reading this book and did not purchase it, or it was not purchased for your use only, then please return to Smashwords.com and purchase your own copy. Thank you for respecting the work of this author.
La poesia è la chiave che apre la porta di tutti i Cuori.
INDICE Prefazione Primi Sguardi
Prefazione
Primi Sguardi è una raccolta di poesie da cui prende nome il Primo ciclo di Acquaviva - Mnemosyne e Lethe. La sua pubblicazione fa parte di un progetto che si articola nell’edizione autonoma degli otto cicli che compendiano l’opera. L’iniziativa editoriale, promossa dal Salotto Letterario “Artemisia Gentileschi”, ha suscitato notevoli consensi da parte del pubblico e della critica letteraria. Ogni ciclo, infatti, denota una sua autonomia intrinseca, dal punto di vista estetico, poetico e letterario, e consente, in pari tempo, una più agevole fruizione dell’opera.
Primi Sguardi
Forse, è per sempre che le ali piumate del vento fanno nitrire le onde del mare e schiudere in bianco candore il seme dell’anima.
Tra i bagliori dell’imponderabile dove palpita il tempo, danza la musa discinta e velata dal peplo di ombre. Con i felpati costeggia sentieri indiscreti sulle rive del cuore, ridesta col canto fronde apite di corposa memoria.
Coperta dall’onda, testa bruna di roccia tagliente, col tuo muso di coccodrillo ansimante, frangi nel vento di un sibilare remoto. Quando nel tuo occhio di giallo vetroso lo specchio d’acqua si rinnova, il bianco salino dell’estate è già solo ricordo.
Attraverso le rasili foglie del tempo, decanta silente l’azzurro cielo dell’anima, nei distinti sentimenti che la quiete di un solco raduna.
In oscure regole è rinchiuso un tormento radente che incide la memoria dei sogni, come un vissuto denso di nubi nel fosco brusìo del ricordo.
Nell’andare e nel tornare di una mattina, scorre vuoto un dolore nevralgico, anche se è sabato. Qualche giorno fa è scesa la neve ed è quasi Natale.
Nel sole d’estate, non può restare un fisso pensiero, tutto è dissolto in un bacio breve, ma intenso, che apre la radice di motivi profondi, per celare un istante che si risveglia negli abissi del cuore.
Anelare tra i vapori dell’anima, due braccia tese di porto verso il mare. La foschia della sera avvolge il tramonto e addensa sul volto la ragnatela di ombre, un silenzio ancor più cupo insinua il ritorno.
Nei tuoi occhi si specchia tenera vita, il colore dell’iride mi dice che la tua gente amò, un tempo, il verde dei boschi e l’azzurro cielo del mare, nei miei, se vi guardi, scorgerai l’amore per la fertile terra.
Del senno di poi sono piene le fosse, ma le fosse sono memoria e la memoria è tutto ciò che resta del senno.
Un foglio di giornale volante in riva al mare ed un palo di metallo che la ruggine intride. Il grigio delle nuvole come strati orizzontali tra solchi di terra e di mare, rattristano il cielo. Una panchina bianca sulla piazzetta deserta, ricorda un frammento di remota presenza.
Le mani degli amanti schiacciano zanzare, tra alberi di ulivo, su una strada in dissesto verso il mare.
Dopo la bufera è spiovuto, lungo la strada il o è lento. Un lampione di luce giallastra disegna, sullo schiumare dell’onda in burrasca, un cerchio d’ombrello scuro e cangiante. Sulla rotonda parata dal muretto l’ombrello tangente il bordo estremo ed io riflessi, per tutto il giro, sul bianco dell’onda, ora più piccoli, ora più grandi.
Le tue nuvole che dal finestrino del treno guardavi sembravano montagne di zucchero filato che si possono prendere e mangiare. Quella Corsica, cadeva giù dal dipinto, come lacrima sul confine fessurato. Una stazione mancata, ed io intento a leggere storie di dei e di caos, nel fallo del tempo che di Venere torna.
Il pollice di Aristotele e giovani ragazzi con vassoi sottobraccio come scudi macedoni. Le sciarpe sono a buon mercato, le ragazze per lo più belle. L’olio della chiesa è consacrato e la croce dalla fronte scende obliqua sulle mani. L’altra chiesa era chiusa o pareva. La ragazza col cocker era alta e gentile ed il tempo corto.
Nessuno mi ha detto vai, nessuno mi ha detto torna. Nessuno mi ha detto. In questa estate muta.
Un riflesso chiaro d’argento, era solo una sfumatura di luce tra i capelli.
Qualche dolore nella notte senza fine, senza nulla, Mi rispondevi con un tenero mugulare di piccole labbra.
Quello che ti aspetti dal tempo è un po’ ciò che sei, ma ciò che sei quasi mai è ciò che ti aspetti dal tempo.
Le teche dei libri sono antri di polvere che si addensa nelle attese notturne, la pietra di corallo sarà testimone quando le mani si poseranno sul dorso di cartelle sgualcite.
La notte avvolge in un vortice lento il mistero dei giorni. Camice bianche al sole di feste paesane, santi in processione, noccioline e cupete insieme a bancarelle di giocattoli, musicanti stanchi, sudati e seduti sull’angolo della piazza, mentre la bombarda a salve, d’improvviso, salta nel cuore.
I petali del tempo sono apiti, ma non ancora caduti, qualche dente mordace è rimasto sulla bocca del ato per mordere i fianchi al presente.
Nell’idillio dell’alba, spente le brame, fugge la luna, tra le rughe di parole non dette i contorni del tuo volto stentano a prendere luce.
Non fu per gioco che dicesti un giorno, promettimi. Dopo tempo, a tergo di una foto ingiallita, lessi qualcosa, ma tutto è ancora tra le ali della sfinge che apre il futuro di ignoti astri lontani.
#### Torna all’Indice