La Vallata Dei Dinosauri: Pico Il Dinosauro. Maia Il Dinosauro Volante 1q3g3l

GIULIANA BOSIO

YOUCANPRINT SELF - PUBLISHING

TITOLO | LA VALLATA DEI DINOSAURI

AUTRICE | GIULIANA BOSIO

COPERTINA A CURA DELL’AUTRICE

ISBN | 9788891160850

© TUTTI I DIRITTI RISERVATI ALL’AUTRICE

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DEDICATO A MATTIA CON L’AMORE DI SEMPRE

Un approccio diverso dai soliti:

“C’era una volta…”

Scrivo questo libro con un carattere

diverso, più semplice da leggere,

perché ogni bambino e naturalmente

il mio Mattia, che da poco ha

imparato a leggere, possa farlo

da solo se ne ha voglia.

Mi piacerebbe che questo piccolo

volume faccia parte del suo crescere.

INDICE

PICO IL PICCOLO DINOSAURO

MAIA IL DINOSAURO VOLANTE

Immaginate di tornare indietro nel tempo.

Millenni di anni fa, quando l’uomo non era ancora apparso sulla terra, i padroni dei cieli, delle pianure, delle baie e delle montagne erano solo i dinosauri.

Erano di ogni specie, carnivori, erbivori, con colli lunghi, due o tre teste, o corna enormi.

Nelle nostre due storie i protagonisti sono un piccolo dinosauro di terra di nome Pico e poi, uno di cielo di nome Maia.

Vicino a una bellissima baia con piante e fiori di ogni tipo, c’era una cascata, era nata da un'alta montagna e scivolava contro la roccia fino a buttarsi in un piccolo laghetto, pieno di fiori d’acqua e pesci di ogni genere.

Era il luogo “perfetto”,

Nascosta dalla cascata, c’era una grande grotta, in questo piccolo paradiso viveva Pico un giovane dinosauro.

Era un esemplare goffo e sgraziato, occhi scuri, pelo folto e leggermente maculato vicino alla piccola cresta sul suo dorso.

Era giovanissimo e tanto, tanto giocherellone e dispettoso.

Qualsiasi momento della giornata era giusto per giocare.

Appena sveglio, dopo essersi lavato con i fratellini sotto l’acqua gelida della cascata e dopo aver mangiato fiori e foglie di ogni genere, era pronto a fare i dispetti ai suoi fratellini e alle sue sorelline.

Infatti, mentre si lavavano, gli nascondeva i fiori e le foglie che mamma dinosauro gli preparava per colazione, era davvero dispettoso.

In questo mondo ormai ato, ma soprattutto della fantasia, anche Pico andava a scuola ogni mattina, come tutti i suoi fratelli e sorelle, così come facevano da sempre i piccoli dinosauri che avevano abitato la splendida baia e come fanno realmente i bambini in qualsiasi punto di questa amata terra.

I nonni di Pico, gli ripetevano sempre “Pico, noi abbiamo imparato prima di te, tutti siamo andati a scuola” era una frase noiosa ma Pico, avrebbe capito l’importanza della scuola, solo quando sarebbe diventato grande.

A Pico non importava niente dei quaderni, delle matite e neppure della graziosa maestra che ogni giorno gli insegnava cose interessanti, storie fantasiose che parlavano di popoli, di paesi, di animali e tante, tante altre cose.

Fortunatamente la scuola e i compiti a casa, occupavano solo qualche ora della giornata di Pico, il resto del tempo era solo gioco.

Nel piccolo lago di questa bellissima baia, vivevano “quasi sempre indisturbati”, pesci di ogni tipo e grandezza.

Dico, “quasi sempre indisturbati” perche’ Pico, mentre faceva il bagno in quel fantastico lago, faceva spesso i dispetti ai tranquilli pesci che lo abitavano, era uno dei suoi giochi preferiti.

Con la lunga coda cercava di prenderli, non voleva fargli del male, voleva fargli solo i dispetti.

I poveri pesci, saltavano di qua’ e di là’, nascondendosi dietro le piante acquatiche e i sassi, per non essere infastiditi e il piccolo Pico, trovava tutto questo davvero divertente.

Il piccolo dinosauro voleva solo fare quello che farebbe ogni bambino, “giocare”.

Dov’era adesso Pico, stava sicuramente giocando da qualche parte nella piccola baia, ma dove?

Eccolo lì’, stava sonnecchiando sotto quel grande albero, ne aveva combinate sicuramente di tutti i colori per essere così’ stanco.

Ecco, si stava svegliando, ed ora cosa avrebbe fatto?

Niente, era strano ma non avrebbe fatto niente, sarebbe tornato verso casa, alla grande grotta, perché il sole stava tramontando.

Il caldo sole aveva lasciato il posto alla luna e adesso era davvero pericoloso per i cuccioli, girovagare per la baia.

I predatori, affamati, al tramonto erano proprio alla ricerca di cibo.

Cammina, cammina ad un tratto si fermò’ e si nasconde dietro ad un grande cespuglio di fiori gialli.

Alcuni rumori lo avevano spaventato, “chi poteva essere”, si domandò.

In cuor suo sperava tanto che non fosse uno di quei terribili predatori.

Uno di quegli enormi dinosauri con due teste, oppure con un corno enorme o la coda a martello, altrimenti, a casa non ci sarebbe mai più’ tornato.

Era nascosto, in silenzio, la paura era tanta, non vedeva nessuno, ma i rumori erano sempre più’ vicini a lui.

Chiuse gli occhi, tremava tutto, un grido lo terrorizzò’ e d’istinto li riaprì.

Davanti a lui c’erano i suoi fratellini e le sue sorelline che per fargli un dispetto, si erano nascosti e sentendolo arrivare, avevano fatto quei rumori strani, muovendo i rami degli alberi, toccando i sassi e facendo strani versi.

Finalmente, per una volta, era stato lui la vittima dei continui scherzi che subivano i suoi fratelli.

Forse erano stati un po’ esagerati ma erano certi che da quel momento Pico il piccolo dinosauro, avrebbe smesso di farli.

Si era spaventato tantissimo e aveva imparato la lezione, non avrebbe più’ fatto scherzi a nessuno, non era stato divertente e si rese conto che anche tutti quelli ai quali li aveva fatti, sicuramente non si erano divertiti.

Pico chiese scusa ai fratellini che uno ad uno, lo perdonarono, lo abbracciarono e continuarono a camminare verso casa.

Tutto era ato, Pico, i suoi fratellini e le sue sorelline si incamminarono verso la grotta.

Il giorno dopo, Pico andò nella piccola baia e guardando nell’acqua del laghetto, chiese scusa ad ogni pesce per le sue malefatte, tutti gli sorrisero in segno di perdono, guizzando qui e là.

Adesso erano sicuri che avrebbero potuto nuotare tranquillamente, anche loro non sarebbero stati più’ oggetto di scherzi.

Da allora pensò’ a giocare solo con la terra, con i sassi, le foglie e i suoi fratellini, correndo e saltando per tutta la baia.

Sapete qual è la vera morale di questa storia:

“Pico piccolo dinosauro, chi la fa, prima o poi l’aspetti”

Poco lontano dalla splendida baia dove abitava Pico, sulle montagne, tra i boschi, i grandi alberi, i cespugli e gli immensi prati, viveva Maia, uno esemplare di rara bellezza, di dinosauro femmina, volante.

Aveva le ali grandissime, un lungo becco a punta e grandi occhi verdi.

Era davvero bella, per essere un dinosauro.

Le piume erano blu con sfumature verdi e argento.

Sulla testa aveva un ciuffo di piume di sfumatura rosso-arancio e quando volava muoveva le ali con un movimento lento e regolare.

Era molto corteggiata dai maschi della sua specie, ma a lei interessava solo volare nel cielo e specchiarsi nell’azzurro del lago lì vicino .

Era molto vanitosa, sapeva di essere bella e corteggiata e questo faceva di lei un dinosauro molto invidiato dalle giovani femmine della sua specie.

Una mattina, mentre volava muovendo le ali come sempre in modo maestoso, si imbatté in un rapace molto grande, adulto, di colore grigio.

Non aveva le piume ma una forte corazza con qua e là delle protuberanze a punta, che gli servivano probabilmente per difendersi.

Era molto inquietante e Maia non sapeva cosa fare.

Forse avrebbe potuto volare più velocemente, ma aveva paura che il rapace potesse inseguirla.

“Cosa posso fare?” si domandò.

Senza farsi accorgere seguiva con gli occhi il volo del rapace e piano piano puntava verso la montagna, nella speranza che lui cambiasse direzione.

“No!!!” continuava a seguirla, anzi gli era sempre più vicina.

Aveva paura, ma cercava di volare con un movimento lento, sperando che, così facendo, il rapace non si accorgesse che la piccola Maia era terrorizzata.

Lui, purtroppo la raggiunse, lei lo guardò , solo allora si accorse che era ferito vicino ad un’ala.

Cosa poteva fare peri lui?

Capì che non voleva farle del male, ma che al contrario aveva bisogno di lei.

Gli si avvicinò il più possibile e si mise sotto il suo ruvido petto, facendo in modo che il rapace si potesse appoggiare a lei e non volare.

Ormai erano vicino alla tana, lì, avrebbe potuto aiutarlo a guarire.

Toccò a terra con le zampe e piano piano, si spostò facendo in modo di lasciarlo appoggiare con la massima delicatezza al suolo.

Aveva un brutto taglio, forse si era ferito durante un combattimento.

Guardandolo meglio, si accorse che era un esemplare anziano, forse non combatteva più, forse era stato attaccato da qualche predatore che terrorizzava la baia e le montagne adiacenti, ed era riuscito a fuggire, evitando così di diventare la sua cena.

Lo lasciò dormire per giorni interi, senza muoversi, pensò Maia, la ferita si sarebbe rimarginata.

Infatti dopo una settimana il vecchio rapace alzò leggermente la testa e piano piano si alzò sulle zampe.

I suoi occhi la guardarono e sembravano dire “grazie”.

Lei lo guardò e i suoi occhi verdi sembravano dire “non ho fatto niente, chiunque al mio posto lo avrebbe fatto.”

Il rapace spalancò le ali e prese il volo.

Lei lo guardò andare via e notò solo allora di quanto fosse maestoso.

Lui continuò il suo volo senza mai guardarla, fino a sparire, prima tra i rami dei grandi alberi e poi lontano, nel cielo.

Adesso il volo di Maia, era più maestoso che mai, le sue splendide ali sinuose ed eleganti, spezzavano l’azzurro del cielo e vanitosa com’era, sapeva che al suo are , tra le montagne e nella piccola baia, l’avrebbero invidiata oltre che per la sua bellezza, anche per la sua generosità e per il suo coraggio.