ZAION
e la profezia del crion tintinnante
di Grasso Maria Luisa
Per Catherine e Cristina,
che sono tutto il mio mondo.
FUGA DA ZAION
L'uomo comparve dal nulla tenendo tra le braccia due piccoli fagotti avvolti in pesanti copertine. Nonostante il buio la luce lunare, che filtrava tra i rami, ne avrebbe reso visibile a chiunque il colore: una rosa e l'altra blu.
Appena ebbe fatto qualche o dal punto in cui era comparso si voltò a controllare e il portale si richiuse alle sue spalle e al suo posto comparve un'enorme quercia. Si avviò lungo un sentiero seminascosto dalla vegetazione sapendo che alla fine di esso avrebbe trovato una piccola casa. Vi si era recato parecchi anni addietro con la ragazza che adesso era la sua compagna di vita, nonché Imperatrice della dimensione da cui era appena arrivato. Il pensiero di sua moglie al momento occupata a salvaguardare la vita della loro unica figlia, sopravvissuta miracolosamente ad un difficile parto gemellare avvenuto appena due ore prima, gli causò crampi allo stomaco. Gli avvenimenti recenti vorticavano nella sua mente così velocemente che lui stesso stentava a credere a ciò a cui erano andati incontro e alle decisioni che avevano dovuto prendere in così poco tempo ma che avrebbero potuto influenzare la vita di tutto il pianeta. Cercò di affrettare il o ma la neve che gli lambiva le gambe non glielo permise. Avrebbe dovuto sentire molto freddo ma non era così. Lo stato di agitazione in cui si trovava e lo sforzo di farsi strada fra trenta centimetri di neve lo aiutarono a mantenere una buona temperatura e i bambini, così stretti a lui, non correvano rischi. Erano ati trent'anni dall'ultima volta che aveva percorso quel sentiero e a quei tempi Stefi lo precedeva sempre di qualche metro. Era sempre gioiosa e questo suo buon'umore riusciva ogni volta a contagiare tutti coloro che la circondavano.
Quella volta era quasi mezzogiorno e si dirigevano a casa con un grande appetito. Faceva molto caldo perciò avevano trascorso la mattinata a pescare e fare il bagno nel laghetto poco distante. Era stata proprio lei a scegliere quel
luogo sperduto tra le montagne. Era vicino a un piccolo parco nazionale situato nella punta di uno stivale: l'Italia.
Il giorno che decisero di trascorrere qualche tempo lontano dalla loro dimensione andarono a consultare la grande biblioteca del Palazzo Reale. Si informarono su tutte le terre conosciute e ne studiarono i territori. Poi quello straccetto di terra immerso tra due enormi continenti attirò l'attenzione di Stefi che subito lo additò dicendo: « E' qui che voglio andare! ». Vollero scegliere il posto ideale e dopo un'attenta analisi e presa visione dei paesaggi migliori con laghi, fiumi e sentieri alberati, lei ridendo di gusto esclamò: « Qui, nella punta ». E così fù!. Il ricordo dei giorni che seguirono scaldarono il cuore di Joseph che adesso arrancava con più fatica sul tratto finale. Il sentiero voltava a destra e saliva leggermente. Adesso la fitta vegetazione aveva dato spazio ad una piccola pineta. Se la memoria non lo ingannava doveva mancare veramente poco.
A distanza di due anni dal loro matrimonio sia Stefi che Joseph dovettero entrambi giurare fedeltà all'Impero di Zaion. Il che non voleva dire solo ricchezza e potere ma, sopra ogni cosa, responsabilità verso un pianeta consumato dallo sfruttamento delle risorse ambientali e portato quasi al collasso definitivo da secoli di cattiva gestione causata da alcuni membri della famiglia imperiale, i soli a possedere, per discendenza, poteri e capacità tali da piegare al loro volere la volontà di chiunque gli si opponesse. Essi accumularono negli ultimi trecento anni enormi ricchezze senza però curarsi da dove esse arrivassero e a chi o cosa fossero state strappate. La popolazione iniziò a fuggire da Zaion. Alcuni lo facevano, spendendo i pochi soldi rimastogli, comprando i favori di qualcuno a corte. Questi ultimi, pur essendo di sangue imperiale e quindi in possesso delle capacità necessarie per creare un portale con una dimensione vicina, non avevano rispetto per i legami familiari e
a cuore la sorte di una popolazione che si stava decimando e continuavano ad arricchirsi a discapito dei poveri malcapitati. Molte persone si riunivano in compagnie di almeno venti o trenta persone e utilizzavano lo stesso portale. Capitava anche che questi stessi portali venissero creati da qualche servitore stretto dell'Imperatore che ovviamente, in quanto servo, non era un purosangue ma semplicemente un figlio illegittimo. I cosiddetti “mezzifigli” dovevano vivere a Palazzo, anche contro la loro volontà, servendo la famiglia imperiale in quanto erano la prova evidente della corruzione morale di chi invece avrebbe dovuto mettere la propria vita al servizio del popolo. Ovviamente capitava spesso che i portali creati dai mezzifigli, in possesso solo di poteri parziali, pur impiegando tutta la loro buona volontà per la salvezza di qualche familiare, non funzionassero a dovere e quindi conducessero i poveri malcapitati in dimensioni diverse da quelle prestabilite. Capitò, non di rado, che qualcuno oltreasse i portali rimettendoci un orecchio o qualche dito. Zaion e il suo popolo ebbero l'opportunità di risollevarsi dalle sorti che l'attendevano solo con l'avvento dell'imperatore Gordon, uomo deciso e ostinato. Lui capì che la grandezza dell'Imperatore era data dalla felicità del suo popolo. Gordon, come i suoi predecessori, aveva il potere di piegare al suo volere la volontà altrui. Si circondò dunque di persone che adesso avevano un unico obiettivo: salvare Zaion!. Gordon fece di questo scopo la missione della sua vita e fortunatamente la famiglia condivideva in pieno i suoi obiettivi e lo sosteneva in ogni sua decisione. La sua unica spina nel fianco era una delle sue figlie, la gemella di Stefi, Vanisia. Lei non aveva niente dell'altruismo e gioia di vivere della sorella. Non amava condividere nulla anzi cercava sempre il modo per arrecare danno a chi le stava vicino. Il più delle volte lo faceva utilizzando il suo potere più grande ovvero conoscere paure e debolezze delle persone che le stavano a fianco dopo averle solamente sfiorate. Poteva di conseguenza usare le nuove informazioni per provocare, a volte, danni irreparabili ai poveri malcapitati che per qualche momento si sentivano come svuotati da tutte le energie e di conseguenza del tutto deboli e vulnerabili. Tutto ciò per suo unico divertimento. Tutte le
attenzioni di Vanisia erano proiettate a trovare un modo per poter salire sul trono una volta che il padre avesse dovuto scegliere a chi delle due figlie lasciare il comando. Certo l'ammirazione che lei aveva sempre nutrito verso i suoi avi, che avevano immagazzinato ricchezze inimmaginabili a discapito del pianeta, e le varie volte in cui ne aveva lodato le gesta di fronte allo sguardo inorridito della sua famiglia non giocavano certo a suo favore. Gordon andò avanti negli anni con sempre maggiore determinazione ma tutti i suoi sforzi erano serviti a ben poco. Chi aveva il potere di individuare animali feriti o in fin di vita li aveva aiutati a guarire...ma una volta rimessi in libertà il loro destino era comunque incerto. Le creature in via di estinzione furono salvate dalla loro sorte ma non riuscivano più a riprodursi come allo stato brado. Chi aveva il potere di creare fortissimi venti era stato mandato in soccorso degli agricoltori perché lo spesso strato di agenti inquinanti, che aleggiava negli strati più alti dell'atmosfera, impediva all'acqua di evaporare e di conseguenza le piogge utili all'agricoltura erano ormai cosa rarissima. Gli “spazzacieli”, così vennero soprannominati dalla popolazione, essendo soltanto in cinque erano costretti a viaggiare di paese in paese sostandovi il tempo necessario da poter garantire almeno un raccolto...ma tutto ciò non era comunque sufficiente a risolvere il problema. Le uniche due donne, Nali e Geri, che avevano il dono di poter attirare a se gli oggetti, ovunque essi si trovassero, erano le più impegnate di tutti perché dovettero ripulire mari e montagne da ogni fonte di contaminazione ma ormai le acque e le terre erano quasi irrimediabilmente inquinate. Gli zaioniani stavano dando fondo a tutte le loro energie. Chi aveva poteri straordinari si metteva dunque al servizio del prossimo e chi non ne aveva si armava di buona volontà e faceva tutto ciò che gli era possibile. Tutta questa collaborazione aveva se non altro rianimato i rapporti tra le varie persone e fatto rinascere nuova fiducia verso la famiglia Imperiale, i Saviani. Molti fuggitivi erano tornati ai loro possedimenti o ciò che ne era rimasto. In fin dei conti non avevano mai perso la speranza di poter tornare. Loro sapevano che c'era ancora tantissimo da fare e che tutti gli sforzi impiegati non avrebbero necessariamente scongiurato un nuovo e definitivo allontanamento da Zaion ma per il momento volevano dare il loro contributo.
Un giorno Gordon fu informato, con suo grande rammarico, che la miniera di Gandios si era esaurita e che le riserve di Crion erano terminate. Le ultime due gemme gli vennero infatti consegnate all'interno di uno scrigno. Il Crion era un minerale rarissimo dalle grandi proprietà. Esso, una volta polverizzato e diluito, veniva dato agli ammalati gravi che quindi guarivano all'istante. Sparso sui terreni arati rendeva i raccolti dieci volte più abbondanti. Gettato nei mari, dopo qualche giorno, permetteva ai pescatori di issare reti cariche di pesce. Tutte queste migliorie si ottenevano senza danno a niente o nessuno e per tale motivo Gordon non volle arrendersi facilmente e chiese a Geri e Nali di tentare con i loro poteri di estrarre dell'altro Crion dal fondo della miniera. Tutti i loro sforzi però furono inutili e la terribile notizia si diffuse velocemente su tutta Zaion. Sentimenti come delusione, frustrazione e resa serpeggiarono tra le genti prospettando, per il prossimo futuro, scenari per niente rosei. Gordon quindi iniziò ad aggirarsi per le stanze del Palazzo come un'animale in gabbia. Non voleva arrendersi al fatto che tutte le energie spese sino a quel momento in realtà fossero solo state una perdita di tempo. Per giorni si chiuse in un ostinato silenzio e cercò di evitare chiunque. Stefi era l'unica che riusciva a strappargli un sorriso e lui si rattristava scorgendo la preoccupazione nell'espressione di falso ottimismo scolpita sul viso della figlia. Stefi, ogni giorno che ava, era sempre più preoccupata per lui. In tutti quegli anni lo aveva visto darsi tanto da fare per lasciare in eredità a lei e a tutti i bambini di Zaion un mondo migliore in cui crescere. Adesso lo vedeva stanco, le rughe sul suo viso erano più evidenti e le spalle gli si erano leggermente incurvate. Purtroppo il peso degli anni iniziava a farsi notare. Ma l'aspetto fisico allarmava Stefi non più dell'atteggiamento assunto dal padre negli ultimi giorni: il prolungato silenzio, il farsi negare da chiunque e quell'aria perennemente corrucciata come se si stesse lambiccando il cervello per trovare una soluzione ad un enigma. A tutto ciò c'era da aggiungere che il padre non faceva che leggere e rileggere continuamente lo stesso manoscritto portandoselo dietro ovunque. Stefi decise di chiedere aiuto ai Medicanti. Loro, essendo di famiglia possedevano il potere, solo avvicinandosi all'interessato, di scoprire se soffrisse
di un qualunque problema fisico o mentale ma ovviamente suo padre li teneva a debita distanza. Quel manoscritto ossessionava Gordon da parecchio tempo ma solo adesso capiva quanto era necessario saperne di più. Dal momento in cui era stato informato dell'esaurimento del Crion aveva inviato suoi uomini fidati ai quattro angoli di Zaion alla ricerca di nuove informazioni o qualunque altra cosa fosse stata utile per risolvere l'enigma di quella che sarebbe potuta essere la loro unica ancora di salvezza, la profezia. Quelle parole si rincorrevano nella sua mente di giorno e prendevano vita nei suoi sogni la notte. Cercava costantemente di capirne il significato e non faceva che stringere forte in mano per tutto il tempo il manoscritto, come se questo contatto gli potesse dare una chance in più di arrivare alla soluzione.
In una mattinata particolarmente assolata si ritrovò a camminare nel parco antistante il Palazzo.
Si sedette sull'erba morbida e il contatto con il terreno ebbe quasi un effetto calmante sulla sua mente stanca. Si rigirò il manoscritto tra le mani pensando a quanti prima di lui ne avessero sfogliato le pagine. Infatti la rilegatura in cuoio e gli angoli malconci mostravano i segni del tempo. Era il manoscritto di famiglia ed in quanto tale vi era narrata la storia dei suoi avi e le gesta che avevano compiuto. Era pieno di nomi di eroi conosciuti in tutta Zaion ma anche di uomini temuti e odiati. In ogni caso tutta la sua attenzione veniva irrimediabilmente rapita dalla profezia che si trovava nell'ultima pagina e che recitava così:
Un inconsapevole eroe guiderà le parti la cui unione sarà la cura ad ogni male. Il Crion tintinnante è la chiave di svolta. Il simbolo di Zaion indicherà la strada.
Ogni volta che la leggeva gli sembrava di cogliere nuovi significati. Eppure non ne era ancora venuto a capo. Per quanto riguardava l'eroe la profezia non dava a capire se si trattasse di uno zaioniano o uno straniero ma questo particolare non lo preoccupava perché il suo ruolo era senz'altro quello di portare una soluzione all'enorme problema che stavano attraversando. Gordon era però convinto che, se l'eroe era inconsapevole del destino che lo attendeva, il suo aiuto avrebbe potuto essergli essenziale. Voleva dunque risolvere l'enigma del Crion tintinnante e del simbolo di Zaion che avrebbe indicato la strada in modo da poter, se possibile, abbreviare i tempi di realizzazione della profezia. Ovviamente Gordon sapeva che le ultime due gemme di Crion erano al sicuro nelle sue camere e ciò gli dava la certezza che prima o poi avrebbe incontrato personalmente l'eroe. L'incontro però, per quanto lo riguardava, avrebbe anche potuto attendere perché un problema più grande era sorto. Per quanto si sentisse immensamente fortunato a possedere le due gemme si accorse che purtroppo non producevano alcun suono. Aveva tentato di tutto pur di ottenere il minimo rumore ma neanche colpendole con altri tipi di metalli aveva ottenuto risultati. Giunse alla conclusione che forse solo l'eroe aveva la conoscenza o il potere speciale per far tintinnare il Crion. Arreso davanti all'evidenza si consolò in parte sapendo che avrebbe potuto tenere al sicuro le due gemme. Volse dunque la sua attenzione al simbolo di Zaion che avrebbe dovuto indicare la strada. Quel simbolo era ovviamente dappertutto a partire dalle facciate degli edifici, ando per monete e gioielli, proseguendo con i libri e finendo con bandiere e stendardi. Gordon, avendolo osservato con più attenzione in quei mesi spesso si trovò a chiedersi per quale motivo la grandezza di Zaion dovesse essere rappresentata da un fiore capovolto ma non seppe darsi risposta e più ava il tempo e più si sentiva in un vicolo cieco. Si domandò quanto tempo avrebbe impiegato per risolvere tutti questi interrogativi e solo quando fu vecchio e ammalato capì che non avrebbe mai visto con i suoi occhi il realizzarsi di quella predizione. Quando l'Imperatore capì che il suo tempo stava per scadere volle parlare con
Stefi per metterla a conoscenza di tutte le informazioni in suo possesso e solo alla fine le consegnò il manoscritto di famiglia e lo scrigno che aveva così gelosamente custodito per tutto quel tempo. Le chiese di non perdere le speranze e le augurò di ottenere risultati migliori dei suoi. La mise in guardia dal temperamento e cattivo carattere della sorella. A parer suo la sua ambizione non conosceva limiti. Tutti sapevano che da tempo ormai Vanisia tramava qualcosa ma, occupati com'erano stati, non se ne preoccuparono molto. Lei si disinteressava a tutto ciò che non potesse trarle benefici ma finché non creava fastidi decisero di ignorarla. Gli zaioniani sapevano che il buon vecchio Imperatore Gordon avrebbe scelto Stefi come suo successore. Qualunque altra persona sarebbe stata facilmente eliminabile per Vanisia. Di certo non avrebbe avuto paura di sporcarsi le mani con un omicidio ma non avrebbe osato fare del male a sua sorella gemella perché questo avrebbe provocato la sua stessa fine. Come tutti gli altri gemelli di Zaion infatti erano unite sia nella vita che nella morte. Stefi ascoltò attentamente ciò che Gordon aveva da dirle. Le informazioni che aveva appena ricevuto la inondarono di nuova speranza ma il ritrovato buon umore durò ben poco, spazzato via da un colpo di tosse del padre. Aveva un pessimo aspetto e il pensiero di perderlo le fece tremare le gambe. Si sedette al suo fianco. Gordon stava per assopirsi e lei gli strinse la mano. Lui fece altrettanto senza con ciò aprire gli occhi. Non c'era bisogno che gli dicesse quanto lo amava perchè lui lo sapeva già e la ricambiava appieno. Era sempre stato così tra loro nessuna parola affettuosa ma tantissimi gesti significativi. Gli occhi le si riempirono di lacrime al ricordo dei fantastici momenti ati assieme finché il suo sguardo non fu rapito dallo scrigno. Con delicatezza lasciò andare la mano del padre e una volta afferratolo lo portò a sé. Non aveva bisogno di aprirlo per sapere cosa aspettarsi ma lo fece comunque. Dentro c'era una gemma di Crion. Una soltanto. Ma lei non si stupì perché in realtà sapeva perfettamente chi aveva preso l'altra.
L'ALTRA GEMMA
Stefi ormai aveva vent'anni ed era diventata, come tutti avevano previsto, una splendida ragazza che, a differenza dei suoi coetanei, era consapevole di non poter perdere tempo a divertirsi spensieratamente giorno dopo giorno dimenticando gli impegni che l'attendevano. Suo padre l'aveva già informata che avrebbe dovuto succedergli quindi ora non rimaneva che mettere al corrente tutta Zaion. Volle occuparsi lei dell'organizzazione della cerimonia di incoronazione e non perché la interessassero le frivolezze come gli addobbi o l'intrattenimento ma pretendeva che la sicurezza fosse ineccepibile. Era sicura che sua sorella non avrebbe preso bene la scelta del padre anche se non capiva come potesse aspettarsi una decisione diversa.
Una notte si era destata improvvisamente da un sonno stranamente agitato, come poche volte le era successo, ma lei sapeva cosa questo volesse dire e quindi, come le volte precedenti, si fece guidare da una mano invisibile. Scese dal letto e indossò una morbida vestaglia. Fece per prendere le pantofole ma queste furono spinte via da una forza indipendente alla sua volontà. Stefi capì che avrebbe camminato a piedi nudi per non fare rumore quindi uscì dalla camera e fu dolcemente spinta in fondo al corridoio e poi su per le scale. Si chiese perché avrebbe dovuto andare da suo padre, considerato che le stanze superiori appartenevano solo a lui, ma una volta giunta di fronte alla sua camera fu nuovamente sospinta oltre sino alla zona che tutti chiamavano: “spazio inaccessibile”. Era l'unica stanza che solo Gordon aveva il diritto di usare. Nessuno aveva mai osato andare contro il volere dell'Imperatore e quindi Stefì indugiò sul da farsi. Poi la maniglia si abbassò e la porta si aprì. Stefi capì che ormai non poteva far altro che entrare e così fece.
Una volta dentro impiegò qualche secondo per capire cosa stesse guardando esattamente. Nonostante fosse notte inoltrata aveva camminato con sicurezza nel corridoio, perché il chiarore delle lune attraverso la fila di vetrate permetteva di non urtare bauli o armature, ma dentro quella stanza la poca luce che giungeva dall'unica finestra le consentì inizialmente di vedere appena al di là del suo naso. Comunque non perse tempo e iniziò a procedere tentoni e dopo pochi minuti iniziò a distinguere qualcosa. Vide alte colonne di marmo disposte a semicerchio fra il centro della camera, in cui si trovava un'enorme scrivania, ed il perimetro della stanza. Cercò di cogliere qualche particolare in più ma dei i provenienti dal corridoio la fecero sussultare. Non attese oltre e andò a nascondersi dietro una colonna cercando di fare il minimo rumore, anche se il cuore le batteva così veloce nel petto che le sembrava di avere al suo posto un enorme tamburo che tutti nel Palazzo avrebbero sentito. Chiuse gli occhi e cercò di calmarsi. Nel frattempo qualcuno aveva preso posto alla sedia della scrivania. Qualcosa scattò dentro di lei. Nessuno avrebbe dovuto toccare ciò che era di esclusiva proprietà di suo padre!.
Prese coraggio e decise di sbirciare. Da quella posizione chiunque si fosse accomodato alla scrivania non poteva vederla in quanto lei gli stava quasi alle spalle, per cui era fuori dal campo visivo dell'intruso. La persona aprì un cassetto da cui estrasse un libro e una chiave. Per prima cosa sfogliò il libro soffermandosi, di tanto in tanto, su qualche pagina in particolare finché non arrivò all'ultima quella che, evidentemente, lo interessava perché arono un paio di minuti prima che si decidesse a richiuderlo. A quel punto utilizzò la chiave per aprire uno scrigno che gli si trovava davanti. Ne estrasse qualcosa che si infilò sotto il mantello. Poi molto rapidamente sistemò il tutto così come era prima del suo arrivo. Quando l'uomo si rialzò il cappuccio gli scivolò sulle spalle lasciando scoperta una fluente chioma. Allo stesso tempo la donna, perché ormai Stefi era sicura che lo fosse, emise un sogghigno soffocato. Il sangue le si gelò nelle vene. Fino a quel momento aveva creduto che si trattasse di un uomo ma ora sapeva che in realtà l'intruso altri non era che… sua sorella!.
Vanisia lasciò la stanza richiudendosi la porta alle spalle e solo quando fu a debita distanza Stefi, che si poggiava alla colonna con le gambe tremanti, si lasciò scivolare fino a sedere in terra. Non sapeva cosa pensare ma di certo adesso capiva perché suo padre tre giorni prima fosse svenuto. Qualche momento dopo che Vanisia lo ebbe stranamente abbracciato per dimostrargli, come disse lei stessa, che anche lei lo amava. In realtà lo aveva fatto solamente per estorcergli le informazioni che suo padre con lei non avrebbe mai condiviso spontaneamente. Questo spiegava anche il suo modo disinvolto di muoversi in quella stanza. Vanisia sapeva perfettamente dove e cosa cercare. Stefi non dovette attendere molto per sapere qualcosa in più di quel libro o dello scrigno perché fu suo padre, due giorni dopo, a consegnarglieli personalmente con le dovute spiegazioni ma ovviamente lui non sapeva che una gemma gli era stata sottratta e lei, per non creargli ulteriori sofferenze, decise di non raccontargli nulla. Dopo aver visto Vanisia rubare la gemma di Crion Stefi decise che la sorella andava a tutti i costi sorvegliata. Incaricò alcuni uomini a lei fedeli di seguire con discrezione ogni suo movimento e di informarla su ogni stranezza che avesse compiuto. Le notizie che ricevette non la confortarono. Sua sorella, infatti, si recava quotidianamente in un'antica valle ormai disboscata, molto lontana dai centri abitati, e qui, a quanto le era stato riferito, si esercitava a rafforzare il suo nuovo potere. Sollevando la mano destra creava potentissime onde d'urto che spazzavano lontano tutto ciò che le si trovava davanti. Stefi non sapeva quali fossero le intenzioni della sorella ma adesso, mentre impartiva ordini su come avrebbero dovuto schierarsi gli uomini della sicurezza il giorno dell'incoronazione, pensava che se Vanisia avesse voluto creare problemi quasi certamente tutti i suoi sforzi sarebbero serviti a ben poco. Quando il fatidico giorno arrivò il Palazzo appariva come un vespaio. Erano tutti così concentrati e attenti ai minimi particolari che correvano avanti e indietro urtandosi e scusandosi al contempo. A breve la Sala Grande sarebbe stata
gremita di gente proveniente da tutti i Continenti e per garantire a tutti i presenti un'ottima visuale era stato deciso di trasmettere le immagini dell'incoronazione in maxi ologrammi proiettati sul fondo della sala. La stessa cosa sarebbe stata fatta nell'immensa piazza antistante il Palazzo e nelle vie che lo circondavano perché era stato stimato un grande afflusso di zaioniani. Quando fu mezzogiorno il vociare della moltitudine di uomini e donne si placò. La musica annunciò l'arrivo dell'Imperatore che fu accompagnato sul trono da due medicanti in alta uniforme perché sfortunatamente era troppo debole per farlo da solo. Lo seguivano Stefi con il futuro marito Joseph e a seguire tutti i Saviani che abitavano a Palazzo. Durante il loro lento incedere attraverso l'immensa e ammutolita sala tutti facevano inchini e reverenze finchè poi all'improvviso si levò un “Oooooooohhhh” di stupore che sembrò spaccare in due quel silenzio e le poche teste che ancora non guardavano in alto si levarono. Lingue di fuoco erano apparse ovunque ad un metro dalle volte, a circa venti metri dal suolo, che vorticando e attorcigliandosi su se stesse rilucevano di vari colori per poi dissolversi nel nulla. Allo stesso modo si videro voli di stormi che si inseguivano da un lato all'altro della sala e branchi di animali che vagavano senza una meta precisa. Infine fu la volta degli animali acquatici che nuotando armoniosamente davano l'impressione che danzassero. Era fantastico notare come fossero nitidi i loro colori eppure, allo stesso tempo, così trasparenti da lasciar scorgere volte e capitelli. Tutti i bambini li additavano divertiti ed entusiasti. Molti uomini diedero un colpo d'intesa al vicino mimando il gesto di abbatterne qualcuno. In generale lo spettacolo organizzato stava ottenendo il successo sperato ma questo non diminuiva in alcun modo l'ansia di Stefi che non riusciva a spiegarsi l'assenza di Vanisia. Tutti avevano notato il vuoto lasciato da Vanisia alla sinistra dell'Imperatore e giustificarono il fatto pensando che lei non condividesse la scelta del padre. Joseph lesse la preoccupazione sul volto di Stefi e le strinse ulteriormente la mano nel tentativo di infonderle un po' di tranquillità. In fin dei conti quello era il suo giorno e si era data molto da fare affinché tutti potessero essere al sicuro se
le cose avessero preso una brutta piega. La cerimonia iniziò con i classici riti e procedette senza intoppi per oltre un'ora e finalmente giunse il momento culminante in cui Stefi andò ad inginocchiarsi di fianco al padre. Gordon si alzò con enorme fatica e si voltò verso di lei. Con movimenti lenti ma risoluti si tolse la corona e la tenne sospesa sulla testa di Stefi. Lei chinò il capo e attese. La corona scese decisa ma non vi si posò mai. Una risata agghiacciante squarciò l'aria e tutte le teste si volsero verso il grande portone che affacciava sulla piazza gremita di gente. Adesso tutti si erano scostati per far are l'ultima arrivata. Vanisia era ferma tra i due battenti e dal suo aspetto si poteva dedurre che doveva essere stata vittima di un terribile incidente. Le vesti erano sporche e con molti squarci. La fronte e le braccia e sanguinavano copiosamente. Nel complesso faceva ribrezzo ma in realtà fu il suo sguardo carico d'odio ad incutere ancora più timore. Quando parlò la voce roca uscì dalla sua bocca come fosse stata amplificata cento volte e molti dovettero portarsi le mani a coprire le orecchie. Tutti poterono sentirla sino alle vie più lontane e meno affollate. Le stesse che si svuotarono per prime quando la gente iniziò a scappare in preda al panico. « Sporchi traditori... Io sono l'erede nata per prima e quella corona dovrebbe essere mia. Vi pentirete tutti di questa scelta e nessuno avrà mai pace. Zaion sarà mio... dovessi impiegarci tutta la vita! ». Poi alzò la mano dritta di fronte a sé. La folla era nel panico e si spintonava nel tentativo di trovare un'altra via d'uscita ma l'unico risultato che ottennero fu quello di ferire e schiacciare coloro che si muovevano più lentamente. Le urla erano assordanti e gli uomini della sicurezza non riuscivano ad aprirsi un varco tra la folla impazzita. Stefi capì subito cosa stava per succedere e cercò di muoversi il più velocemente possibile. Con uno scatto si mise in piedi e si lanciò tra le persone andando
incontro alla sorella e la sala, che già era di dimensioni enormi, le sembrò non finire mai. Vanisia non avrebbe attaccato la folla se lei si fosse messa in mezzo. In pochi secondi riuscì a coprire metà della distanza ma non era ancora sufficiente. Joseph corse in suo aiuto. Inizialmente fu colto alla sprovvista ma impiegò una frazione di secondo a capire quali erano le sue intenzioni quindi le corse dietro e quando Stefi rimase bloccata a metà strada dalla calca di gente lui le ò davanti e iniziò a farsi largo sfruttando tutta la sua forza fisica. Se alla fine fosse stato necessario le avrebbe fatto da scudo con il suo stesso corpo ma se, al contrario, tutto fosse andato bene allora non sarebbe stato necessario. Vanisia era concentratissima a fare del suo meglio e, da come aveva appena scoperto, tutte quelle urla di terrore, di cui lei stessa era stata artefice, le fecero dimenticare il dolore per le ferite che si era causata. Anzi godeva nel vedere il caos che era stata capace di innescare Finito di compiacersi riaprì gli occhi pronta a colpire. L'energia le attraversò il corpo e percorrendo il braccio si proiettò alla mano. Solo in quell'istante però si accorse che tra i volti di fronte a lei c'era anche quello di sua sorella. Ebbe meno di un secondo per sollevare il braccio. L'onda d'urto colpì le volte del tetto con tanta violenza che pietra e calcestruzzo caddero sulle persone sottostanti. Un urlo di rabbia scaturì dalla gola di Vanisia che non aveva potuto mietere tutte le vittime che si era prefissata ma non si scoraggiò e pensò che avrebbe potuto fare anche di meglio quindi guardò suo padre fisso negli occhi. Lui, che ancora reggeva in mano la corona, capì immediatamente le sue intenzioni ma non ne fu meravigliato. Ordinò alle guardie intorno a lui di allontanarsi e non appena eseguirono l'ordine, coscienti di ciò che stava per accadere ma costretti ad obbedire, videro l'Imperatore assumere la posa di un guerriero fiero che guarda in faccia il suo destino. L'onda d'urto lo colpì in pieno petto e lo sollevò da terra mandandolo a sbattere contro la parete alle sue spalle. Cadde in terra e lì rimase. Stefi non poteva credere ai propri occhi. Distolse a stento gli occhi dal corpo inerme del padre per posarli nuovamente sulla sorella. Vanisia la guardò con aria trionfante e disse « Tornerò cara sorellina e allora ... sarà per rimanere! ». Dopodiché si voltò e zoppicando scomparve tra la folla.
Il giorno della cerimonia si concluse con un conteggio di ventitré morti e settantasei feriti di cui undici molto gravi. Tra di essi era incluso l'Imperatore Gordon che ormai faticava anche a respirare. Stefi che gli stava seduta accanto non si dava pace per come erano andate le cose. Era furiosa con gli uomini della guardia, che assecondando i voleri del padre lo avevano lasciato esposto all'aggressività di Vanisia, ma al contempo non poteva biasimarli perché ovviamente erano stati soggiogati dal suo potere e non avrebbero potuto opporsi neanche volendo. Tre medicanti entrarono nella camera a controllare la situazione che, intuirono subito, era rimasta invariata. In seguito si consultarono e uno di loro si allontanò per conferire con Stefi. La guardò desolato. « Parla ti prego e non nascondermi nulla » lo implorò Stefi con la voce che le tremava. « Vostro padre ha deciso di arrendersi. Non si tratta ovviamente solo di un peggioramento fisico ma più che altro di una rinuncia alla vita. Le sfide che ha affrontato sino ad oggi non l'avevano preparato a dover andare in contro...ai suoi fallimenti come padre». « Si sente responsabile per la cattiva indole di Vanisia » realizzò Stefi. « Si, esatto. Ed è per questo che ha attirato l'ira di vostra sorella su di sé. In modo da farla sentire abbastanza soddisfatta da allontanarsi senza ferire nessun altro. Ha voluto così fare ammenda. Crede che se le avesse rivolto più attenzioni lei adesso sarebbe più simile a voi » spiegò. « Grazie » disse Stefi mentre le lacrime le rigavano il viso. Tornò al capezzale del padre con il cuore svuotato ma con una nuova consapevolezza. Non avrebbe mai più permesso a sua sorella di fare del male a coloro che gli erano cari. Non promise a suo padre che l'avrebbe vendicato per non causargli un ulteriore dolore ma fu ciò che promise a se stessa. Gli strinse la mano guardandolo in quegli occhi verde smeraldo che erano distintivi della loro famiglia e poi lui li chiuse per sempre.
I due anni che seguirono furono teatro di due importanti cerimonie. Per prima cosa Stefi e Joseph si sposarono e come tradizione partirono per i territori di Vander. Era prassi che l'erede al trono e il consorte intraprendessero un viaggio che li avrebbe portati attraverso i vari territori di Zaion. L'intenzione originale era quella di permettere ai futuri regnanti di imporre la loro volontà su tutti i sudditi. Ma adesso l'obiettivo di Stefi era quello di aprire un dialogo con ogni Continente in modo da far capire che il suo unico interesse era di continuare il lavoro già iniziato dal padre. Voleva ottenere la loro fiducia senza dover essere costretta ad utilizzare i suoi poteri. Vander era il secondo Continente per dimensione. Era caratterizzato da un complesso di milletrecento isolotti di varia grandezza che attorniavano un'unica grande isola principale sede dei mercati di scambio e del palazzo del Governante. Prima che le condizioni di Zaion declinassero Vander era la prima meta turistica del pianeta. Le acque cristalline rispecchiavano il color turchese del cielo. Le calde temperature e la lussureggiante vegetazione facevano da cornice a paesaggi da favola. Ogni isolotto apparteneva ad un'unica famiglia che viveva dei frutti della sua terra e del pescato delle acque circostanti. Il mare aveva una profondità massima di cinquanta metri quindi le correnti oceaniche non avevano mai causato danni ai naviganti che, per i loro spostamenti, utilizzavano piccole imbarcazioni sempre adorne di fiori o disegni variopinti che potevano far risalire al gruppo familiare. Tutte le mattine i bambini, a secondo dell'età, venivano accolti su grandi battelli su cui apprendevano ciò che gli sarebbe servito per il futuro. Le donne si occupavano della coltivazione della terra mentre gli uomini si dedicavano alla caccia di volatili o alla pesca, a secondo delle loro capacità.
I giorni festivi erano attesi per lo scambio di mercanzie che si effettuava sulla Grande Isola e la stessa sera le famiglie, riunite sulle proprie spiagge, accendevano grandi fuochi attorno a cui ballando intonavano soavi canzoni vecchie di generazioni.
Le voci delle varie isole, vicinissime tra loro, si univano a formare un' unico grande inno alla bellezza di Vander. Potendolo osservare dall'alto, con tutti quei fuochi accesi, l'intero Continente sarebbe apparso come lo stesso cielo stellato. Stefi e Joseph aprirono un portale direttamente sulla Grande Isola. Vennero accolti dal Governante Shiko e i numerosi Capo famiglia che, dopo i primi saluti e presentazioni, diedero inizio ai festeggiamenti. Questi si svolsero sull'isola madre di giorno per continuare poi sugli isolotti di notte con un susseguirsi di balli tribali e inni alla natura. L'onore più grande per i vanderiani fu quello di vedere gli Imperatori cimentarsi nelle varie danze anziché osservarle con il solito distacco dei Saviani. Alla fine del mese previsto gli Imperatori erano visti un po' meno come esseri superiori e un po' più come esseri dotati di un cuore. Prima della partenza Stefi mise i vanderiani a conoscenza della profezia dichiarando di essere fiduciosa del fatto che collaborando sarebbe stato senz'altro più facile attenderne la realizzazione. Venne dunque consegnato nelle mani di Stefi un magnifico scrigno contenente la sabbia della Grande Isola. Questo gesto simbolico era a dimostrazione che Vander e tutto il suo popolo appartenevano all'Imperatrice e, per la prima volta nella storia di Zaion, non per costrizione ma per scelta. La meta successiva furono le Vette Ululanti nel continente Argua. Un gran numero di altissime montagne rocciose situate nella parte più fredda di Zaion. Queste erano ricoperte da neve e ghiacciai perenni che ne rendevano impossibile la sopravvivenza per qualunque essere vivente, ad esclusione dei temuti Bisciop, motivo per il quale gli arguani dovettero adattarsi a vivere all'interno di caverne. Con il are del tempo le avevano unite tutte tra loro con aggi e cunicoli dotate di tutti i comfort possibili e rese abitabili per grandi nuclei familiari. A causa delle avverse condizioni ambientali ogni montagna faceva comunità a sé in grado di autogestirsi e quindi autosufficiente. Raramente ad Argua avvenivano eventi che richiedevano una riunione nella Sala Comune.
Essa si trovava, infatti, sulla cima della vetta più alta e ogni suo verdetto veniva poi trasmesso, alle varie comunità, con una serie di suoni ben precisi che venivano prodotti da un'enorme tamburo posto in un'apertura collegante la Sala Comune con l'esterno. Il suono trasportato dai forti venti poteva facilmente are, ad orecchie inesperte, per un prolungato ululato. Fu proprio nella Sala Comune che gli Imperatori fecero la loro comparsa e nuovamente fu la volta delle presentazioni a cui però, questa volta, non seguirono festeggiamenti di alcun tipo. Il giorno successivo il Governante Sense, accompagnato da alcuni ministri, si presentò nelle camere degli Imperatori e propose con poco entusiasmo: « Se vi è gradita una visita a questa comunità saremmo onorati di farvi da guida ». « Ne saremmo felicissimi! » risposero subito entusiasti. E lo furono realmente in quanto, vista la fredda accoglienza del giorno precedente, avevano preventivato una permanenza per niente divertente. A quella risposta il Governante ed i ministri si guardarono sconcertati. Rimasero infatti stupefatti dalla reazione degli Imperatori. Non li ritenevano affatto interessati al loro modo di vivere e aspettandosi un categorico rifiuto, in un primo momento, ne rimasero spiazzati. Dovettero quindi improvvisare un breve itinerario spacciandolo per ' il classico tour da Imperatore'. Visitarono gli Antri Maggiori che venivano usati per riunirsi e trascorrere il tempo libero insieme. Gli Antri Didattici dove i bambini studiavano e venivano coinvolti in attività fisiche agonistiche ed infine giunsero alle Camere Verdi. Grandissime grotte in cui scorreva l'acqua proveniente dai ghiacciai. Qui gli arguani avevano creato numerosi fori nelle pareti rocciose, che si preoccupavano di tenere sempre sgombri dalla neve, da cui filtrava la luce che quindi permetteva la crescita all'interno di una lussureggiante vegetazione. Queste Camere Verdi consentivano la coltivazione di ortaggi e verdure utili al sostentamento della comunità mentre l'unico tipo di carne proveniva dalle battute di caccia ai Bisciop, grossi e feroci mammiferi a sei zampe ricoperti da una folta pelliccia bianca. I Bisciop avano il tempo a scavare nella neve fino a scoprirne la terra sottostante su cui cresceva a tappeto un tipo di fungo che per
loro era una vera e propria leccornia. A causa di questo loro modo di sfamarsi capitava, non di rado, che i Bisciop trovassero per caso gli accessi ai tunnel interni. Ma non si avventuravano mai troppo in profondità perché il loro allenatissimo olfatto li avvisava della presenza del loro unico e temibile nemico. L'uomo. Gli Imperatori furono molto interessati al modo di vivere di quelle comunità ma quella sera, una volta ricondotti alle loro camere, si chiesero come fero gli arguani a vivere tutta una vita all'interno di una montagna. Anche se l'interno era perfettamente illuminato dai magici fuochi perenni essi non erano comunque lontanamente paragonabili alla luce naturale. Ma secondo Joseph non si poteva desiderare qualcosa che non si conosceva. « Beh, ma i cacciatori di Bisciop vedono l'enorme differenza che c'è tra l'esterno e l'interno! » commentò una sera Stefi. « Si questo è vero. Ma credimi se ti dico che farebbero volentieri a meno del riflesso dei soli sulla superficie delle nevi. Certamente non gli facilita affatto il lavoro mentre sono a caccia di quegli ... enormi animaletti tutti bianchi » spiegò Joseph riferendosi ai maestosi Bisciop. « Forse hai ragione...ma allora come ti spieghi quei bellissimi paesaggi dipinti sulle pareti delle Sale Comuni ? » . « Oggi, mentre tu raccontavi ai bambini di Vander e dei suoi splendidi isolotti, io ho chiesto spiegazioni ad un uomo che stava seduto a fissarli. Mi ha spiegato che molti arguani anche se abituati a crescere in queste grandi colonie, in cui non manca nulla, giunti alla maggiore età esprimono il desiderio di conoscere ed esplorare nuovi posti... ». « E come biasimarli ? » lo interruppe Stefi ironica. « Già…ma in ogni caso, questi ragazzi una volta aver viaggiato attraverso i Continenti tornano per brevi periodi e prima di ripartire lasciano un segno indelebile del loro aggio. Quell'uomo mi ha parlato di veri e propri capolavori. Quello che stava fissando è stato dipinto da suo figlio cinque mesi fa.
Adesso non ha più sue notizie. Credo che molti di questi artisti lo facciano per lanciare un messaggio ai più giovani. Che può esserci una vita anche senza una colonia » terminò Joseph malinconico. Rimasero ad Argua per tre settimane e l'ultimo giorno, come già era avvenuto a Vander, si trattò l'argomento della profezia. Subito dopo ci fu la consegna, inaspettata dagli Imperatori, dello scrigno contenente piccole rocce estratte da ogni singola montagna di quel Continente. Tutto sommato la loro permanenza aveva sortito dei buoni risultati in quanto gli arguani avevano molto apprezzato che gli Imperatori avessero condiviso, seppur per breve tempo, il loro modo di vivere e non fossero invece fuggiti dopo due giorni come avevano sempre fatto i loro predecessori. Stefi e Joseph lasciarono Argua con non poco sollievo. Vivere al chiuso non faceva proprio per loro. Si diressero quindi nel Continente Verdia, la più grande distesa verde di Zaion. I tronchi di questi arbusti, dal diametro di oltre trenta metri, affondavano le lunghe radici in profondità nella terra, sommersa da parecchi metri di acqua, per poi slanciarsi alti nel cielo fino a sfiorare le nuvole. Queste enormi case-albero potevano ospitare anche interi nuclei familiari ed erano chiamati Bongi. Erano messi tutti in comunicazione dai loro stessi rami che, protendendosi verso l'esterno, si annodavano tra loro formando dei veri e propri ponti naturali. Le foglie, di enormi dimensioni, che crescevano fitte le une alle altre, davano la possibilità di essere usate come trampolini tra un piano e l'altro. Questo era ovviamente il gioco prediletto dai bambini ma era anche utile per la caccia ai volatili che nidificavano tra le fronde. Gli Imperatori giunsero dal portale aperto sulla cima del Bongo Maestro e il loro arrivo fu accolto da urla di benvenuto che provenivano da tutti gli alberi circostanti. Ai loro occhi si apriva un panorama mozzafiato dove le soffici nuvole facevano da sfondo a cime verdi e rossicce. Queste ultime si stendevano a perdita d'occhio e su ognuna di esse, o sulle foglie più grandi, erano riuniti un gran numero di verdiani che ora salutavano e si inchinavano.
Ancora più in alto quelli che dovevano essere gli ultimi esemplari di Batim alati eseguivano, dietro comando di chi li cavalcava, la rituale danza in volo di benvenuto. Erano questi dei grossi e lunghi serpenti dalla testa di drago, dotati di centinaia di piccole ali accostate sui due fianchi per tutta la loro lunghezza. Quando smisero di volteggiare si soffermarono a fronteggiare i due Imperatori. Loro, scambiatosi uno sguardo d'intesa e non resistendo all'indomabile spirito avventuriero che li accomunava, coprirono la poca distanza che li separava dai Batim e una volta avvicinatosi li accarezzarono. I maestosi animali parvero gradire perché chinarono il capo consentendogli di essere cavalcati. I loro guardiani saltarono giù e aiutarono gli Imperatori a sedervisi sopra nel modo corretto in modo da non correre rischi. Quando si furono sistemati i Batim partirono e in pochissimo tempo fecero sorvolare a Stefi e Joseph buona parte di Verdia. Il governante Zima e i primi ministri in quel momento si guardarono scambiandosi sorrisi di sollievo. Come gli Imperatori avrebbero appreso più tardi le loro personalità erano appena state messe alla prova. I Batim, infatti, erano in grado di scorgere nel cuore delle persone la presenza di cattive intenzioni presenti o future. Facendosi cavalcare avevano dato a capire che Verdia poteva dare fiducia all'Imperatrice Stefi e suo marito. Lei e Joseph rimasero in compagnia dei verdiani per quaranta giorni durante i quali appresero come poteva essere scavata una casa negli enormi tronchi dei Bongi, giocarono con i bambini a “salta la foglia” e si unirono alla raccolta degli squisiti bonbon, frutto prodotto da quegli stessi alberi, che sembravano ricoperti all'esterno da luccicante madreperla mentre all'interno nascondevano una morbidissima polpa dal gusto molto simile al cioccolato, solo un po' più speziato. Per Joseph e Stefi le giornate trascorrevano anche troppo velocemente ed ogni notte, prima di andare a letto, si affacciavano per godersi lo spettacolo creato dai bonbon che, riflettendo la luce lunare, brillavano a milioni in tutte le direzioni. Fu spiacevole per loro dover partire ma il cammino che ancora li attendeva era molto lungo.
Ricevettero anche qui uno scrigno che questa volta conteneva un bonbon del Bongo Maestro e andarono via promettendo di non dimenticare quali fossero i principali problemi di Verdia che, più di ogni altro Continente, aveva subito le conseguenze della terribile piaga che aveva consumato il pianeta.
ZOE L'ARTIGIANO
arono dunque al Continente minerario di Minio in cui si trovava anche la ben nota miniera di Gandios da cui si era sempre stato estratto il Crion, almeno fino al suo esaurimento. Rimanevano comunque un infinito numero di cave e miniere che fornivano tutto Zaion di combustibili, minerali e pietre preziose. Una notte Stefi iniziò a lamentarsi nel sonno e Joseph preoccupato tentò di svegliarla ma fu soltanto tempo perso. Lei si alzò e in stato di trance scrisse su un foglio di carta con calligrafia incerta Trovare Zoe l'artigiano.
Il mattino seguente Joseph le chiese delle spiegazioni e Stefi gli parlò del suo “dono”. Non fu semplice raccontare quello che le succedeva. Come riusciva a sapere dove avrebbe dovuto trovarsi in un certo momento per compiere un azione che avrebbe potuto essergli utile in futuro. Anche se in un primo momento le cose non sempre sembravano avere un senso!. Gli confessò inoltre di essere un po' delusa da se stessa perché avrebbe preferito di gran lunga avere capacità più simili a quelle di Vanisia. Joseph la confortò dicendole che il suo buon senso era la sua arma migliore e che se la stava cavando già egregiamente. I risultati ottenuti fino a quel momento, senza neanche dover ricorrere all'imposizione della sua volontà, ne erano una prova tangibile. Vanisia, al suo posto, non avrebbe mai saputo fare di meglio. Era inoltre convinto che questo suo potere sarebbe potuto essere utile
viste le grandi responsabilità che li attendevano. In ogni caso la loro priorità adesso era quella di trovare Zoe l'artigiano. Chiesero dunque informazioni al Governante che, conoscendolo, lo fece convocare. Furono nel frattempo informati del fatto che Zoe era un uomo schivo e un po' fuori dal normale. Parlava poco e non socializzava affatto ma il suo talento era indiscusso e conosciuto in tutto Minio. Viveva da sempre in una vecchia miniera abbandonata che parecchi anni addietro aveva fornito diversi metalli. A Zoe capitava spesso di trovarne ancora qualcuno che poi lavorava o assemblava ad altri oggetti per creare dei pezzi unici. Non gli piaceva contrattare con le persone quindi aveva preso l'abitudine di lasciare le sue creazioni all'ingresso della miniera e se qualcuno era interessato ad uno qualsiasi di quei capolavori era libero di portarselo via lasciando in cambio generi di prima necessità. Non era un tipo interessato ai soldi. Il suo unico scopo nella vita era quello di “creare”. I suoi lavori erano molto apprezzati in tutta Minio e alcuni pezzi si trovavano anche nelle abitazioni del Governante e delle famiglie più influenti del Continente. Quando Zoe arrivò gli Imperatori chiesero di essere lasciati soli con lui. Zoe si inchinò a Stefi e senza perdere tempo chiese: « Cosa posso fare per voi mia Imperatrice? » Lei lo guardava pensierosa perché, per la prima volta, non sapeva esattamente cosa avrebbe dovuto fare quindi tentò:« Sarò sincera con te...Non sono sicura di cosa potresti fare per noi. Tu cosa suggeriresti? » « Magari la mia Imperatrice è in possesso di qualche oggetto o pietra preziosa che desidera che io modifichi? ». Per Stefi fu come un lampo a ciel sereno e improvvisamente seppe esattamente cosa fare. Si alzò e andò incontro all'artigiano che sprofondò ulteriormente lo sguardo nel pavimento. Una volta di fronte a lui estrasse, dalla tasca dell'ampia veste, un sacchettino e glielo consegnò. Lui lo aprì con grande cautela e quando vide quale era il suo contenuto gli si illuminarono gli occhi. Joseph fu quasi certo di scorgere un
lampo di follia attraversare lo sguardo dell'uomo. Zoe si rivolse all'Imperatrice. « Come sapevate che sono l'unico a poter fare qualcosa? ». « Non lo avevo capito sino ad un momento fa! » rispose Stefi entusiasta. « Conosci dunque il valore di ciò che stringi tra le mani e l'importanza che io la riabbia il prima possibile. Ti prego di non deludermi ». « Non lo farò » disse Zoe prima di alzarsi e andarsene. « Cosa gli hai consegnato? » chiese Joseph un minuto più tardi. « L'ultima gemma di Crion » rispose Stefi che, pur sapendo di aver fatto una cosa giusta, sapeva che avrebbe contato i minuti che la separavano dal riavere con se il Crion. Agli abitanti di Minio non importava nulla delle intenzioni che l'Imperatrice poteva avere per le sorti di Zaion perché in realtà non credevano affatto che lei avesse buoni propositi. I minioti negli ultimi trecentocinquanta anni avevano scavato come dannati per riempire le tasche di Saviani senza scrupoli. Essi avevano preso per sé tutto ciò che di più caro avessero da offrire le loro miniere pagando qualsiasi merce ad un prezzo irrisorio e lasciando, inoltre, morire buona parte delle loro famiglie sotto terra come tacito avvertimento a non ribellarsi. Questa situazione, se pur cambiata dagli sforzi del vecchio Imperatore Gordon, aveva profondamente segnato i loro animi. Inoltre lo sfruttamento intensivo dei secoli ati aveva esaurito quasi tutte le risorse dunque i minioti sentivano di non aver più nulla da temere o perdere. I minioti, in ogni caso, non erano ostili agli attuali Imperatori. L'atteggiamento che assunsero era, più che altro, di totale indifferenza alla loro presenza. Ciò addolorò molto Stefi che decise che non avrebbe costretto Minio a far parte dell'Impero se questo non era il volere del suo popolo. Gli Imperatori erano a Minio già da otto giorni e attendevano solamente che Zoe terminasse il suo lavoro per poter ripartire e non dovettero attendere molto.
« Vostra Altezza, l'artigiano Zoe dice di aver portato con se una cosa che deve consegnarvi personalmente » fece sapere un servo. « Fallo entrare! » ordinò Stefi mentre Joseph si portava al suo fianco. Zoe attraversò la stanza e una volta di fronte agli Imperatori si inchinò. Dopodiché consegnò un piccolo astuccio finemente decorato. Stefi lo prese dalle sue mani e lo fissò per qualche secondo prima di aprirlo non sapendo cosa aspettarsi. Al suo interno c'era un cordoncino di raso verde da cui pendeva un delizioso ciondolo a forma di camlo. Era piccolo e lucente e Stefi ne fu incantata. Poi all'improvviso un'idea le illuminò il volto e si chiese con un sussurro. « Chissà se...». Agitò il camlo potendo finalmente udire per la prima volta il tintinnio del Crion. Joseph non poté credere alle proprie orecchie. Era infatti al corrente dei numerosi e vani tentativi compiuti da Gordon nella speranza di ottenere un risultato anche solo lontanamente simile a quello appena udito. « Com'è possibile? » chiese rivolgendosi a Zoe. « So per certo di essere l'unico zaioniano in grado di lavorare il Crion a mio piacimento come se fosse un qualsiasi altro materiale …ma non saprei spiegarvene il motivo», fece una breve pausa perché non era facile per lui aprirsi con altre persone, « Spesso ho creduto che sia per il fatto di essere venuto al mondo proprio sul fondo di quella miniera...» s'interruppe di nuovo ma questa volta fu per l'espressione perplessa degli Imperatori. « GAN...DIOS..» balbettò Joseph. Zoe pensò subito che li stava annoiando con discorsi che non li interessavano ma poi fu incoraggiato a proseguire dal sorriso di Stefi. « … Beh, mia madre pensava che ci sarebbe voluto ancora un bel po' di tempo...invece io nacqui e restammo ad attendere i soccorsi per ben due giorni. Ma in ogni caso questa è solo una supposizione ». Stefi smise di guardarlo soddisfatta della spiegazione e fissò ciò che teneva tra le mani.
« Perché verde? » volle sapere Stefi mentre sfiorava il cordoncino a cui era appeso il ciondolo. Zoe abbassò lo sguardo e le sue guance si infiammarono. « Pensavo che si sarebbe abbinato perfettamente al colore dei vostri occhi » disse titubante. « Concordo appieno! » si intromise Joseph per togliere Zoe dall'imbarazzo e così dicendo legò il cordoncino al collo di Stefi. Erano finalmente sulla buona strada. Una parte della profezia era nelle loro mani e anche se Minio non avesse voluto far parte dell'Impero quel viaggio, tutto sommato, aveva sortito i suoi frutti. Joseph mise da parte quel pensiero e rivolgendosi a Zoe chiese:
« Quanto ti dobbiamo per il lavoro? ». « Una cosa sola vi chiedo...» iniziò Zoe e questa volta la sua voce era ferma e sicura. Poi fissandoli con atteggiamento deciso continuò: « Salvate questo pianeta!. Non desidero altro. Ho visto morire la mia famiglia in quella miniera. Uno ad uno ci hanno rimesso la vita e quando sono rimasto solo...Non senza vergogna ora vi confesso di essere fuggito. E con non poche difficoltà... » si interruppe un attimo e alzò la mano sinistra a cui mancava l'indice. Poi continuò : « ...Ma non è servito a niente. Puoi allontanarti più che puoi ma Zaion ti trova sempre!. Come un richiamo costante che ad un certo punto non puoi più ignorare...e allora sono tornato a casa » concluse. « Forse era destino che tu tornassi » affermò Stefi sfiorando il camlo. « Può darsi che sia così. Ma perché sono tornati anche tutti gli altri? Ve lo siete mai chiesto? » fece osservare Zoe. « Ho capito dove vuoi arrivare » disse Joseph, « la fine della tirannia è senz'altro un' incentivo ma qualcos'altro sta accadendo... E tu sei convinto che noi sappiamo di cosa si tratta. Ma non è così!» finì. Ci fu un attimo di silenzio e poi Stefi lo spezzò dicendo:« In ogni caso non voglio che tu torni a casa senza un degno compenso. E se adesso proprio non sai darmi una risposta...» gli si avvicinò e togliendosi la spilla con il simbolo di
Zaion che aveva attaccata al vestito gliela porse « ...Tieni sempre con te questa spilla e quando avrai preso una decisione non dovrai fare altro che strofinarla. Verremo noi da te e potrai chiedere ciò che vuoi ». Zoe strinse la spilla nel palmo della mano e ringraziò. « Zoe....Io e Stefi saremmo felici se tu restassi ancora per qualche ora. Giusto il tempo di partire. Sai... Qui non ci sentiamo affatto “a casa” e tra tutta questa indifferenza prima di andare vorremmo stringere una vera mano amica » terminò Joseph che nel frattempo aveva poggiato un braccio sulle spalle dell'uomo.
Lui visibilmente lusingato rispose:« Sarà un onore ». Al momento di partire Stefi, rivolgendosi al Governante ed i Primi Ministri, disse: « Io e mio marito ringraziamo Minio ed il suo popolo per l'ospitalità e speriamo che un giorno i nostri rapporti possano migliorare ». « Mi perdoni mia Imperatrice...» quasi la interruppe il Governante, «... ma in questi giorni parecchi di noi hanno avuto modo di scambiare qualche opinione in tal proposito con una persona di cui abbiamo grande fiducia...» e tutti gli occhi si puntarono su Zoe che tirò un vistoso respiro di sollievo «...che ci ha portati ad una decisione unanime ». Così dicendo consegnò agli Imperatori un piccolo scrigno. Stefi e Joseph allibiti lo aprirono e dentro vi trovarono piccole pietre preziose e metalli dai vari colori. Quando giunsero alle strette di mano Zoe, che non rappresentava alcuna carica importante a livello governativo, fu l'ultimo a poter porgere i propri saluti. Joseph posandogli entrambe le mani sulle spalle gli sussurrò: « Adesso ti siamo due volte debitori ».
Nemmeno il tempo di lasciare Minio che già gli Imperatori si trovarono ad Oceania.
In realtà i mari argentei circondavano tutti i continenti di Zaion ma quest'isola si trovava proprio al centro della civiltà dei sirenidi. Al loro arrivo si trovarono dinanzi ad una piccola congrega di benvenuto e guardando l'acqua, tutta intorno a loro, videro spuntare prima centinaia e poi migliaia di teste che li osservavano. La cosa era affascinante e inquietante allo stesso tempo.
Nonostante i sirenidi di Zaion, a differenza dai loro simili delle altre dimensioni, avessero le gambe come se vivessero sulla terra ferma queste erano completamente ricoperte da piccolissime squame ed i piedi palmati erano molto grandi. Sul torace e le spalle avevano attaccate, come se fero proprio parte della pelle, minuscole conchiglie come fossero tatuaggi. I nasi erano proprio piccoli, appena abbozzati, e tutti avevano i capelli di due colori contrastanti.
La cosa che più incantò Stefi fu però il colore dei loro corpi. Erano interamente argentati e lucenti con striature bluastre sui fianchi e lungo le braccia. Un sirenide si avvicinò a quello che doveva essere il loro capo e dopo avergli rivolto qualche parola, in una lingua melodiosa e sconosciuta, gli consegnò uno scrigno. Ovviamente ogni Continente aveva la propria lingua madre ma solitamente tutti usavano quella degli Imperatori in loro presenza. Quel particolare fece insospettire subito sia Stefi che Joseph. Nel silenzio generale il loro capo parlò ma più che altro sembrò che stesse intonando una dolce melodia.
« Le vostre lodevoli intenzioni
sono giunte alla nostra attenzione. Dando libertà ad ogni Continente otterrete il consenso della sua gente. Nuovi scenari aprirete se con questo atteggiamento il vostro cammino proseguirete. Uno scrigno oggi vi doniamo a simbolo dell'unione con l'Impero Saviano. Ma finché Oceania da ogni suo male non sarà guarita nessuno zaioniano bagnerà più in quest'acqua le sue dita. Confidiamo nella vostra comprensione sperando che rispecchi la nostra decisione ».
Gli Imperatori si scambiarono un occhiata veloce e poi Stefi parlò guardando per primo il loro capo e poi girò su se stessa per incontrare più sguardi possibili. « Vi ringraziamo per la fiducia accordataci e vi promettiamo che metteremo tutto il nostro impegno per risolvere i problemi che ci affliggono ». La visita ad Oceania si concluse dopo solo due ore e con un buon numero di conchiglie e perle rinchiuse nello scrigno. Voltandosi verso il nuovo portale, che li avrebbe portati lontano da
quell'immensa distesa argentea, Stefi si sentiva allo stesso tempo contenta, per aver ottenuto un' altro modesto risultato, e frustrata. « Con tutti i racconti su Oceania ed i suoi abitanti, che ho sempre ascoltato da bambina prima di addormentarmi, speravo tanto che prima di andar via avrei potuto vedere i fantastici Gumpi…Ho sempre desiderato cavalcarne uno » sussurrò all'orecchio di Joseph. « A volte mi sembra di aver sposato una bambina... » fu il commento divertito di Joseph,«...e se farai la brava un giorno torneremo e tu potrai accarezzare un Gumpi » la prese in giro un secondo prima di attraversare il portale. Fu la volta degli sterminati pascoli di Vallisia, dove venivano allevati i migliori animali da macello di tutto il pianeta, a cui seguirono le paludi di Acquitrinia e i deserti di Caluria. Dopodiché, finalmente, Stefi e Joseph poterono tornare a Savio e rientrare al Palazzo Imperiale dove erano attesi da molti mesi. « Bentornati » li accolse Juno. « Siamo contenti di essere di nuovo a casa » risposero. « Cugina questa lontananza vi ha fatto bene... siete raggiante » fece notare Juno. « Grazie » arrossì Stefi mentre andava incontro al cugino per stringerlo in un abbraccio. « Ti siamo molto grati per esserti occupato di tutto in nostra assenza e adesso vogliamo informare te e tutti i presenti... » proseguì voltandosi per parlare a parenti, ministri e servitori, «...che il viaggio ha ottenuto i risultati sperati e che tutti i Continenti sono uniti sotto un'unica guida ... la nostra! ». « Non poteva essere diversamente » commentò orgoglioso Juno. « Si che poteva esserlo » lo corresse Joseph per poi continuare, « Stefi non ha costretto nessuno anzi... E' stato proprio lasciandoli liberi di fare le loro scelte che abbiamo ottenuto la loro fiducia. Adesso è nostro dovere non deluderli » finì. I presenti rimasero meravigliati. A memoria d'uomo nessun Imperatore aveva mai dato tale libertà al popolo perché, con l'odio profondo che esso nutriva per i
Saviani avrebbero corso il rischio di dover trascorrere la loro vita a lottare contro i ribelli. Esplose un applauso il cui frastuono riempì la Sala Grande e che si placò solo dopo che Joseph fece segno di dover continuare. « Io e Stefi vogliamo inoltre mettervi al corrente di un'altra lieta notizia...Presto saremo genitori! » concluse entusiasta.
« Riwa andiamo, non puoi stare all'aperto tutto il giorno sai bene che tra poco verrai presentata al popolo ». « Mamma io oco ». « Continuerai a giocare più tardi » disse Stefi sorridendo e scompigliando i capelli alla figlia. Poi la portò con sé nella Sala Grande dove insieme a Joseph avrebbe prestato giuramento di fedeltà a Zaion. Dopo il matrimonio degli Imperatori si trattava del secondo grande evento atteso da tutti. Per evitare che anche questo avvenimento fosse segnato da un nuovo attacco di Vanisia si era preferito optare per una cerimonia privata. Vi avrebbero partecipato solo le cariche più alte dell'Impero e inoltre Riwa sarebbe stata presentata ufficialmente e nessuno voleva correre inutili rischi. Per tale motivo chiunque poteva seguire l'avvenimento dalla propria abitazione e tutto, alla fine, si svolse secondo i piani con grande soddisfazione degli organizzatori. Gli anni che seguirono trascorsero serenamente e all'età di undici anni Riwa, che era sempre stata resa partecipe degli eventi verificatesi nel corso del tempo e che da bambina intelligente e sveglia quale era, che comprendeva le difficoltà che i genitori stavano tentando di affrontare, suggerì di riunire i rappresentanti di ogni Continente per tentare di trovare insieme una soluzione ai problemi più impellenti. « E' un'ottima idea... si sentiranno tutti coinvolti e avranno un ruolo attivo nell'attuazione delle scelte prese » commentò Joseph. « Bene... Inoltreremo gli inviti in modo da ritrovarci tutti tra una settimana » suggerì Stefi.
Riwa non riusciva a credere alle proprie orecchie. Sin da quando era piccola ascoltava i discorsi dei genitori e quindi era perfettamente al corrente della situazione. Da tempo voleva rendersi utile e quella mattina, vedendo i suoi amici radunarsi per stabilire quale sarebbe stato il atempo della mattinata, le venne in mente l'idea per un congresso. L'aver già messo tutti al corrente della profezia era stato un modo per abbattere le distanze che si erano create tra la famiglia Imperiale, che prendeva tutte le decisioni, e il popolo, che le subiva. Avere un fine comune aveva fatto riallacciare dei rapporti spezzati da secoli e secondo Riwa adesso si doveva fare un o avanti e oltre a fare il solito elenco di problemi da risolvere si dovevano avanzare iniziative per ottenere delle soluzioni. Che i colpevoli di tutto fossero stati dei Saviani egoisti era fatto noto ma attendere aiuti esterni, aspettando piangendosi addosso, non sarebbe servito a nulla. Adesso che i suoi genitori avevano accolto la sua proposta anche lei si sentiva parte integrante di questo nuovo progetto. In realtà non aveva mai creduto nella profezia forse perché, sentendola ripetere dall'età di due anni, le appariva più come una filastrocca e pensava fossero stati eccessivi gli sforzi profusi dai suoi genitori nel tentativo d'interpretarla, in fin dei conti avrebbe anche potuto essere la creazione di un pazzo. Stefi informò orgogliosa Riwa che, in quanto l'idea del congresso era stata sua, avrebbe dovuto essere presente e per lei quella settimana sembrò non are mai. Si sentiva ottimista e carica di aspettative. Certamente avrebbe dovuto starsene buona e zitta ma era speranzosa di poter intervenire dicendo la sua di tanto in tanto. Per ricevere i Governanti fu scelta un ampia camera rotonda circondata da alte colonne unite tra loro da altrettanti archi il tutto scolpito nel marmo più bianco che Riwa avesse mai visto. Al centro era stato posto un pesante tavolo in legno scuro che faceva da contrasto con il resto della stanza. Attorno ad esso erano state poste dieci comode poltrone dello stesso colore, così come deciso da Stefi che, in
quell'ambito, non voleva distinzioni di classe e sperava che gli ospiti apprezzassero il gesto. In alto, dietro ogni poltrona, tra le due colonne vennero stese le bandiere dei vari Continenti, diverse per geometrie e colori ma, aventi tutte in comune il simbolo di Zaion. Sotto ognuna di esse, a breve, si sarebbero aperti gli otto portali che avrebbero permesso l'arrivo dei partecipanti al congresso. I portali si aprirono e dalle superfici riflettenti di luce metallica fecero capolino le diverse personalità che avrebbero caratterizzato quell'incontro. Il primo ad arrivare fu Zima di Verdia che dalla sua postazione sorrise e salutò subito gli Imperatori che ricambiarono altrettanto contenti di rivederlo. Zima prese subito posto. Dopo fu la volta di Taigo di Vallisia che agli occhi di Riwa apparve proprio come un agricoltore che avesse appena finito di arare con stivaloni e camicia a scacchi colorata. Taigo fu seguito da Tenzim di Acquitrinia. A questo punto Riwa si stupì nel vedere che si trattava di un uomo in un vestito di un bianco impeccabile che quasi si mimetizzava tra le due colonne e che dunque non sembrava provenire da una zona paludosa e per gran parte maleodorante. Avendolo immaginato ricoperto di fango rimase alquanto delusa. Il rumore dell'arrivo di Fish di Oceania fu sottolineato dal rumore che i suoi piedi palmati facevano calpestando il marmo. Quello squish-squish fece sorridere tutti tanto che Fish ne sembrò lievemente offeso. Stefi lo ringraziò subito per la sua partecipazione e lo pregò di accomodarsi. Pensò infatti che se avesse avuto il corpo per metà nascosto dal tavolo le attenzioni di tutti si sarebbero spostate altrove. Anche se a dover essere sinceri, con quella pelle argentea e lucente, avrebbero dovuto fare tutti un notevole sforzo per non fissarne la bellezza. I presenti notarono con quanta fatica Fish sedette al proprio posto. Ma nonostante fosse tentato di voltare loro le spalle e tornare tra le sue genti si sforzò di resistere alla tentazione e prese posto.
Gli Imperatori appezzarono molto il suo impegno. Capivano che tra tutti i popoli di Zaion i sirenidi erano proprio i più diversi e spesso per loro era facile confondere la meraviglia, di chi apprezzava la loro affascinante e avvenente fisicità, con la repulsione. L'arrivo di Sense di Argua distrasse Stefi da quei pensieri. Il suo pallore saltò subito agli occhi ma non preoccupò più di tanto perché era normale per chi non si esponeva mai alla luce naturale. Ma il nervosismo che tentava inutilmente di nascondere impensierì non poco i presenti. Se il problema che lo affliggeva era così grave ne avrebbero discusso subito ma prima avrebbero dovuto accogliere i ritardatari, pensò Joseph. Gli ultimi tre Governanti varcarono i portali quasi contemporaneamente. Shiko di Vander salutò i presenti con il suo solito buon'umore e prese posto accanto a Rion di Caluria che gli strinse la mano. Era affascinante, pensò Riwa, come la carnagione degli ultimi due fosse così scura rispetto a quella di Sense. A suo parere una piccola vacanza in un posto caldo gli avrebbe di certo giovato e sicuramente l'aria aperta avrebbe migliorato anche il suo umore. Per ultimo fece il suo ingresso il Governante Guan di Minio che si affrettò a salutare e occupò subito la sua poltrona. Anche lui parve turbato e desideroso di iniziare quindi gli Imperatori, che sino a quel momento avevano atteso in piedi l'arrivo di tutti i presenti, presero posto e Riwa sedette tra di loro.
IL CONGRESSO
Dopo i primi convenevoli Sense prese subito la parola. « Oggi avrei voluto porre solamente il problema dell'indebolimento dei venti che, essendo diventati più lenti, non permettono più la comunicazione tra le varie comunità. Pensiamo che la causa sia da attribuire all'elevata concentrazione di gas pesanti ad alte quote che frenano la corsa dei venti. Ma sicuramente si è presentata una questione più urgente da porvi... Molti uomini sono scomparsi dalle Vette Ululanti negli ultimi due anni!. In un primo momento abbiamo pensato ad allontanamenti volontari ma abbiamo dovuto ricrederci in quanto si tratta solo ed unicamente di grandi cacciatori di Bisciop ». « Forse sono stati divorati da quelle stesse creature » lo interruppe Tenzim. « Non è possibile!. Si tratta dei nostri uomini più forti e che praticano quest'attività da una vita. L'ultimo a sparire è stato mio figlio Nio. Lui non ha mai riportato neanche una ferita dalle varie battute di caccia...Inoltre non si sarebbe mai allontanato volontariamente dalla sua comunità » finì con la voce rotta dall'emozione e sedette tenendo lo sguardo fisso sul tavolo. Il silenzio che seguì a quella notizia sottolineò il fatto che nessuno aveva una spiegazione da dare a quella stranezza. Poi Guan chiese « E' vero che queste creature... questi Bisciop... lasciano impronte a forma di fungo? ». « Si. Hanno zampe molto grosse e ovali da cui fuoriesce un lungo artiglio proprio al centro... Ma questo cos'ha a che fare con le sparizioni? » chiese Sense. « Probabilmente nulla ma … Orme di Bisciop sono state rinvenute in grande numero nei pressi di Gandios » li informò Guan. Quella notizia seminò scalpore. Tutti si fissarono reciprocamente a bocca aperta e i pensieri che si succedettero a gran velocità nelle loro menti avevano in quel momento molte cose in comune. Infatti Zaion pur essendo costituito da una grande diversità di scenari ambientali questi erano ben distinti tra loro. Si
ava infatti da un Continente interamente desertico come Caluria ad uno ricoperto di vegetazione come Verdia. Oppure si andava dalle profondità di Oceania alle altissime vette di Argua. Di conseguenza ogni Continente era caratterizzato dalla propria flora e fauna ed inoltre gli sforzi fatti per inserire qualche esemplare di Batim, i noti serpenti volanti di Verdia, nei pascoli di Vallisia, unico luogo che si fosse ritenuto simile per clima al loro luogo d'origine, non avevano portato a buoni risultati. I Batim infatti non avevano trovato, tra i frutti della terra di Vallisia, niente che li sfamasse come i bon-bon e quando, sofferenti, non riuscirono più a volare furono trasportati nuovamente a Verdia dove si ripresero completamente. Questo e molti altri furono i tentativi fatti per inserire animali o piante di un Continente in ambienti diversi dal loro luogo d'origine ma in nessun caso c'era stato un adattamento compatibile. Il ricordo dei vani tentativi, portati avanti dall'allora Imperatore Gordon, era ancora vivo nella memoria di tutti gli abitanti di Zaion che in qualche modo ne erano stati coinvolti. Proprio in base a questi ricordi era impensabile che creature delle nevi come i Bisciop potessero trovarsi a Minio. Questi animali feroci e territoriali non si allontanavano mai dalle loro vette e comunque era impossibile che fossero sopravvissuti alla traversata di due Continenti per di più senza essere stati notati da nessuno. Fu su questo pensiero che quasi tutti si soffermarono perché se le orme non erano false allora c'era un'unica sola spiegazione. Stefi era arrivata alla soluzione prima degli altri e quando vide tutti gli occhi puntati su di se comprese che tutti gli sforzi fatti sino a quel momento, per stringere nuovi e sinceri rapporti con i vari Governanti, potevano andare persi se non fosse stata abbastanza convincente con la spiegazione che avrebbe dovuto dare di li a poco. Iniziò a chiedersi se avesse realmente fatto quanto in suo potere per guadagnarsi quanta più stima possibile per non apparire colpevole o anche solo complice. Per un attimo si sentì stanca e le venne in mente che tutti quegli sforzi avrebbe anche potuto evitarseli. Tutto quel tempo perso a domandarsi se stesse agendo nel modo giusto o se si fosse impegnata a sufficienza quando invece sarebbe
stato facile, e molto più sbrigativo, desiderare di avere la loro approvazione. E così sarebbe stato nello stesso istante in cui l'avrebbe desiderato. L'idea era così stuzzicante che era tentata a cedergli. Cedere….Quel forte desiderio si trasformò improvvisamente in un'istantanea doccia fredda. Stefi che non aveva mai ceduto a nulla. Neanche al dolore per la perdita dell'amato padre. La stessa Stefi che aveva trasformato quel sentimento devastante in forza e determinazione. Le stesse che l'avrebbero portata a trovare una soluzione a tutti quegli interrogativi. Non avrebbe ceduto!. Non aveva fatto tutta quella fatica per poi prendere quella scorciatoia. Quello non era il suo modo d'agire. Certamente era stato quello dei suoi predecessori ma…Non il suo!. Decise di darsi una calmata e tornò a seguire la discussione. Joseph chiese « Quella zona non è disabitata da anni ? ». « Proprio così!. I minatori e le relative famiglie non hanno abbandonato le loro case da quando la miniera di Crion si è esaurita ? » chiese Tenzin. « Si è proprio quello che è successo. Ma a seguito di alcune segnalazioni ho inviato delle squadre per eseguire dei controlli... » attese un' attimo prima di proseguire non sapendo quali conseguenze avrebbero causato le prossime parole, « …degli eventi sismici hanno caratterizzato questi due anni. Quasi tutti provenienti dal sottosuolo ». « Sapevo che l'avresti detto! » esplose Tenzim con un tono d'accusa che non lasciava spazio all'immaginazione e additando Stefi proseguì « Sono stati aperti portali non autorizzati! ». Tutti innervositi si mossero sulle poltrone non trovandole più comode come cinque minuti prima. Era proprio quello che Stefi si aspettava. Sapeva che molti, se non addirittura
tutti, sarebbero giunti alla conclusione sbagliata. Anni di premure non potevano cancellare secoli di oppressione e falsità. Fu in procinto a difendersi quando qualcuno parlò al suo posto. Fu Shiko di Vander. « Tenzim cerca di calmarti. Non c'è motivo di muovere delle accuse senza avere in mano delle prove ». « Ben detto! » dissero all'unisono Rion e Taigo. Stefi e Joseph rimasero sorpresi e contemporaneamente felici di constatare che non erano tutti concordi nell'accusarli ingiustamente. Riwa che era stata presa dal panico alla reazione di Tenzim e che aveva afferrato la mano della madre, per paura che le succedesse qualcosa, gliela lasciò andare consapevole che, comunque, nessuno avrebbe potuto fare del male a lei o ai suoi genitori. Si pentì quasi subito di aver compiuto un gesto così infantile, anche se sapeva che all'età di dieci anni nessuno ancora la considerava un'adulta. Ma non voleva comunque deludere i suoi genitori che, se le avevano permesso di partecipare a quel congresso, di certo si aspettavano che fosse all'altezza della situazione. Tenzim sentì la rabbia montargli dentro e rivolgendosi agli altri Governanti disse: « Come potete essere così ciechi? Sappiamo tutti che i sismi sono la conseguenza dell'apertura di portali e che gli unici che possono crearli sono i Saviani ». « Dici bene. I Saviani. Ma non necessariamente gli Imperatori e poi...Forse non hai notato che poco fa, per il nostro arrivo, sono stati aperti otto portali contemporaneamente e senza alcun problema! » puntualizzò Sense. « Beh... mi arrendo e alzo le mani. Allora spiegatemi voi come stanno andando le cose perché è evidente che sono fuoristrada » disse sarcastico Tenzim e poi sedette incrociando le braccia. Stefi non volle attendere che qualcuno li difendesse. Si alzò poggiando le mani sul tavolo e con calma disse :« Nessun portale è stato aperto su Minio per nostra autorizzazione. Non posso negare che ciò sia avvenuto perché le scosse sismiche ne sono una prova inconfutabile quindi ci impegneremo per scoprire chi è stato l'artefice e sopratutto perché e in che modo
questo sia collegato con i Bisciop ed eventualmente anche con le altre scomparse ». Taigo si alzò a sua volta per informarli di ulteriori stranezze. « A questo punto credo di dovervi informare che l'anno appena trascorso è stato caratterizzato dall'esondazione dei due principali fiumi di Vallisia, l'Arso e il Vigione, che rompendo gli argini hanno allagato intere regioni. Inutile sottolineare che buona parte della popolazione ha subito ingenti perdite. Molti non hanno più neanche una casa a cui tornare e in tantissimi hanno perso la vita. Ovviamente i soccorsi sono stati immediati e anche grazie ai numerosi volontari molte persone sono state tratte in salvo dall'impetuosità delle acque. Una volta che l'allarme è rientrato grandi feste sono state organizzate, in varie parti di Vallisia, per celebrare le gesta di questi uomini coraggiosi. Ma a qualche settimana di distanza alcuni di questi uomini sono inspiegabilmente scomparsi...Erano tutti volontari! ». Stefi non credette alle proprie orecchie e pensare che fino a qualche minuto prima la situazione le era sembrata critica. Ora se possibile era anche peggio. « Papà quegli uomini sono degli eroi...Ma allora perché poi sono scappati ? » chiese curiosa Riwa. Lo sguardo di Joseph si perse negli occhi attenti della figlia. Voleva tanto dargli una risposta esaudiente ma neanche lui conosceva la verità o forse... I suoi pensieri furono bruscamente interrotti. « Venti giorni fa tre bambini giocando a “salta la foglia” sono precipitati nel vuoto e le foglie, non più forti come un tempo, non riuscivano ad attutirne la caduta. Tre uomini lì presenti si sono precipitati in loro aiuto e grazie alla loro abilità sono riusciti a raggiungerli prima che fosse troppo tardi. Hanno ricevuto, personalmente dalle mie mani, un riconoscimento per aver salvato delle vite. Per giorni sono stati chiamati…Eroi. Dopo di ché… Scomparsi nel nulla! » raccontò Zima enfatizzando l'ultima parola e i suoi occhi fissi in quelli di Joseph si strinsero fino a diventare due fessure, « Pensi quello che penso io ? » chiese all'Imperatore. Tutti si guardarono intorno cercando di capire a quale conclusione i due fossero giunti.
Joseph ci era quasi arrivato un attimo prima ma ora Zima gli aveva fornito il tassello mancante. Entrambi volsero lo sguardo su Riwa perché lei aveva dato un senso a quelle sparizioni nello stesso istante in cui aveva definito quegli uomini…Eroi. « Si…Deve essere senz'altro così...Non sono scomparsi…Sono stati rapiti ! » sentenziò Joseph. « …Da qualcuno che cerca l'eroe della profezia... » precisò Zima. Anche gli altri realizzarono di essere giunti all'esatta conclusione. « …E che può aprire un portale » aggiunse Tenzim. Come se quello fosse il suo unico pensiero costante. Solo che improvvisamente sembrava avere un aria alquanto dispiaciuta. Probabilmente perché iniziava a sentirsi in colpa per le accuse mosse poco prima, pensarono tutti. O forse era contrariato per il semplice fatto che ormai era chiaro che aveva tratto le conclusioni sbagliate, pensava Stefi. « E che se ne fa dei Bisciop ? » domandò Rion. « Sta formando un esercito. E se vuole che diventi numeroso prenderà di mira altri uomini forti come i cacciatori di Minio e caccerà, per lo stesso scopo, altre specie animali » rispose Joseph guardando Sense. « Perché ha scelto Minio? » chiese Guan pensando ad alta voce. Non avrebbe voluto accettare il fatto che tutto questo stava accadendo nella sua terra. « Perché scegliere il più grande buco sotterraneo di Zaion? Perché nascondersi in un luogo fornito di un unico ingresso e che sicuramente risulterebbe inespugnabile a qualunque tentativo di assalto? » cercò di far riflettere Shiko facendo una breve pausa per dare il tempo a tutti di arrivare alla sua stessa conclusione e poi continuò « Ovviamente vuole uno spazio abbastanza grande da poter contenere un imponente esercito... Ha uomini che sanno come mantenere una comunità all'interno di luoghi chiusi ed inoltre ha i poteri necessari per vietare, a chiunque non sia desiderato, di poter entrare. Sembra aver calcolato tutto. Sa anche che avendo con sé nostri uomini non gli faremo crollare la miniera sulla testa...Ovviamente stiamo pensando tutti alla stessa persona...» finì fissando Stefi che era rimasta totalmente impietrita.
Inaspettatamente fu Fish ad aprir bocca per la prima volta da quando si era seduto: « Vanisia! » pronunciò. Tutti poterono notare come anche il suo nome, pronunciato da un sirenide, avesse un cattivo suono proprio come se fosse lo specchio della sua personalità. A quel nome tutti rabbrividirono e Riwa poggiò una mano sulla spalla della madre perchè a vederla con lo sguardo perso nel vuoto aveva iniziato a preoccuparsi. A quel tocco Stefi si scosse. Non voleva credere che una nuova spinosa situazione stava nascendo e che sua sorella non solo ne era coinvolta...ma ne era addirittura l'artefice!. « Li avrà soggiogati. Adesso sono in suo pieno potere e se non mi avvicinerò quanto basta…Non potrò farli rinsavire » pensò ad alta voce. Joseph la prese per le spalle e la fece voltare obbligandola a guardarlo negli occhi: « Stai correndo troppo!. Non ti permetterei mai di affrontarla da sola. Troveremo insieme una soluzione. Ma ci vorrà tempo e organizzazione ». Un mormorio di assenso si levò dalla tavola. « Non credete che li ucciderà...vero? » volle essere rassicurato Sense. « Ha bisogno di tutti loro e certamente ha intenzione di rafforzare il suo esercito. Il suo obbiettivo è il trono. La popolazione dovrà essere avvisata...Se tutti saremo prudenti questa volta non ci coglierà impreparati! » disse Joseph. « Non sarà contenta di essere stata scoperta prima di aver raggiunto il suo obbiettivo » fece notare Guan. « Potremmo tentare di aprire un dialogo... » fece Taigo. Stefi guardandolo gli rispose: « A Vanisia non piacciono le mezze misure. Vorrà tutto o…niente. E per farlo non si preoccuperà di mettere a repentaglio la vita di uomini, donne o bambini. Avete forse dimenticato cosa è stata capace di fare il giorno dell'incoronazione?» fece una pausa per dare a tutti il tempo di ricordare quel terribile giorno, « Se ha agito con tale furiosa determinazione contro suo padre… Cosa pensate potrà fare contro chiunque altro? ».
Al solo pensiero di eventuali nuove perdite furono tutti assaliti da una spiacevole sensazione d'impotenza. Le capacità di Vanisia erano note a tutti. Ma chi conoscevano con capacità superiori, o anche solo simili, che avrebbe potuto opporvisi senza correre il rischio di perdere la vita? Riwa che fino a quel momento aveva fatto da semplice spettatrice parlò senza neanche pensarci su due volte. « Fa paura pensare di dover affrontare Vanisia. Dispone di forze che non conosciamo e poteri che difficilmente possiamo contrastare ma…non sarebbe peggio se lei riuscisse nell'intento di ottenere il controllo di Zaion? Se non proviamo a fermarla adesso…tra qualche mese potrà essere anche più forte!». Inizialmente tutti l'ascoltarono a malapena mentre lei non faceva che elencare ad alta voce quegli stessi pensieri che li stavano preoccupando. Poi molti desiderarono di avere una visione così semplice del problema come solo una bambina poteva averla. Non fu spiacevole pensare, per un attimo, di poter risolvere tutto con l'incoscienza di un'undicenne. Riwa non sapeva bene come interpretare le loro espressioni ma attese, in educato silenzio, che qualcuno si decidesse a parlare. Quasi si pentì di aver aperto bocca. A chi poteva interessare il suo parere? Avrebbero riso di lei? « Sei una bambina coraggiosa e saggia piccola Riwa. Non avresti anche qualche suggerimento da darci per risolvere questa situazione? » cantilenò Fish. Riwa lo ascoltò incantata. Desiderava poter toccare la sua pelle argentea da quando aveva messo piede in quella stanza. Decise che prima che quel congresso fosse terminato gli avrebbe chiesto di poter conoscere qualche sirenide della sua stessa età. Ma a questo avrebbe pensato più tardi. « Ho un'idea ! » esclamò tutto d'un fiato e quasi tutti sorrisero scettici. « Perché non ce ne parli… » la invitò Guan sebbene poco convinto «…Ogni consiglio è ben accetto ». Riwa non poteva credere che fossero davvero interessati a conoscere il suo
parere. Non stava più nella pelle e non vedeva l'ora di stupirli. Per l'eccitazione si alzò e iniziò a camminare intorno al tavolo. « Potrei portarli fuori dalla miniera uno per volta e mamma li farebbe tornare in se!» propose euforica. Dopo questa frase, a parte gli Imperatori, ridevano proprio tutti. Se non altro Riwa li stava momentaneamente distraendo dal vero problema. « E come avresti intenzione di fare ? » chiese Guan alzandosi per stiracchiarsi la spina dorsale. « Così ! » fece Riwa e poggiò la mano sul braccio di Guan. TOC…Un secondo dopo lo spazio prima occupato dai due lasciava posto soltanto alla poltrona vuota. Un' altro TOC secco alle loro spalle e tutti si voltarono fulmineamente in tempo per vederli riapparire accanto alla porta d'ingresso. Guan ondeggiò in malo modo sulle ginocchia e per poco non cadde. Appena si rese conto di ciò che gli era accaduto strappò via il braccio dalla mani di Riwa e se lo tastò come se non credesse di averlo ancora attaccato al corpo. Indietreggiò guardandola impaurito. Saltarono tutti in piedi allibiti per ciò che avevano visto. Subito dopo Stefi si afflosciò sulla poltrona con la mano al petto. « Quando avevi intenzione di dircelo? » chiese in un sussurro. Riwa in preda ad un istantaneo senso di colpa corse incontro alla madre. « Scusa...Non volevo farti preoccupare. E' una cosa che ho scoperto da pochi giorni e volevo allenare meglio il mio potere prima di mostrarvelo…per potervi stupire! » finì. « Ohhhh... stupire....ci hai stupito di certo Riwa cara! » fece Guan mentre tornava barcollante alla sua poltrona. Stefi vide la preoccupazione nello sguardo della figlia.
« Si...infatti. Tranquilla … Non sono preoccupata... E' solo che mi chiedo quante altre sorprese ci riserva questa giornata ». Chi, fino a quel momento l'aveva considerata incosciente dovette in parte ricredersi. Il suo spirito temerario adesso era parzialmente giustificato. Un potere simile non poteva che giocare a loro favore. Ma chi avrebbe messo a repentaglio la sua incolumità ? « Quanti ce ne sono con questo potere? » volle sapere Shiko. Stefi e Joseph non dovettero pensarci molto poiché, in effetti, non conoscevano nessun altro. « Solo Riwa. Perché ce lo chiedi ? » fece Joseph. « Pensavo solo che...in fin dei conti l'idea di Riwa non è del tutto insensata. Se anche ci dovessimo impiegare molto tempo ad estrarli uno per volta ne varrebbe comunque la pena. Eviteremmo uno scontro diretto. Ma ovviamente non possiamo farle correre questo rischio » spiegò Shiko. « Se solo ci fosse qualcun' altro con le stesse capacità… » mormorò Rion.
Stefi non lo ascoltò nemmeno. Era stata chiara nell'affermare che sua figlia era l'unica con quel potere e pensare che avrebbe potuto avere un ruolo nella lotta contro Vanisia era fuori discussione. « Non metterò in pericolo Riwa!. Forse l'idea di instaurare un tentativo di dialogo non era del tutto insensata. Potremmo cercare di offrirle un compromesso… Forse accetterebbe...» . « …O forse potrebbe farti del male senza neanche darti l'opportunità di proporle qualunque cosa » la interruppe Joseph sconcertato dalla sua momentanea mancanza di prudenza. Joseph stentava a capire per quale motivo Stefi improvvisamente aveva iniziato a fare proposte azzardate. Non era da lei sottovalutare Vanisia. Lei stessa aveva poco prima affermato che sua sorella non avrebbe mai accetto null'altro che il
trono. Quindi la proposta di aprire un canale diplomatico doveva essere un modo per sviare l'attenzione di tutti da… Per quanto tentasse non riusciva a capire dove sua moglie volesse arrivare. Approfittò del fatto che fosse ormai notte inoltrata per invitare i presenti a riunirsi nuovamente a distanza di qualche giorno. Avrebbero avuto tutti modo di riflettere sul da farsi senza dover prendere decisioni affrettate. Gli Imperatori offrirono ospitalità a chiunque l'avesse gradita ma tutti preferirono tornare alle loro terre. Una volta attivati i portali ognuno tornò da dove era giunto parecchie ore prima. Sense tentennò prima di lasciare la camera e un attimo prima di oltreare chiese: « Perché i vostri portali non creano nessun tipo di problema mentre altri si avvertono a chilometri di distanza ? ».
« Perché ci preoccupiamo di farlo in modo da non arrecare danno a nessuno! » fu la risposta di Stefi. Avvicinandolo intuì quanti pensieri lo stessero tormentando e poggiandogli una mano sulla spalla continuò: « Cercheremo di trovare un modo per riportare Nio e gli altri a casa…Lo faremo insieme ».
« Si … bene … » borbottò Sense e poi scomparve.
Quella sera, pensò Joseph, Riwa non si sarebbe addormentata facilmente. Prima di decidersi ad andare a letto volle parlare dell'affascinante Fish e dei suoi progetti di un futuro viaggio ad Oceania. In seguito scomparve e riapparve dai diversi angoli della stanza parecchie volte per far notare meglio il suo nuovo e spettacolare potere e fu felicissima di sapere, come rivelò ai genitori, che a modo suo era unica. « Per noi lo sei sempre stata » la rassicurarono prima di augurarle la buonanotte.
In realtà questo suo modo di essere unica preoccupava non poco Joseph e Stefi che non sapevano a quali pericoli la figlia potesse andare incontro. Conoscevano molti Saviani con il potere di isolare oggetti o addirittura di inibire l'accesso ad intere aree abitative. Molti di loro erano stati utilizzati in ato per impedire furti dalle tesorerie del Palazzo. Erano chiamati "esuli" perché avevano la capacità di creare delle barriere invisibili e invalicabili. In queste zone, a volte ristrettissime, vivevano in solitudine in assoluto raccoglimento fino alla fine del loro incarico. Molti lo ritenevano il peggiore dei poteri in quanto, per sfruttarlo appieno, era necessaria un'enorme concentrazione che non permetteva distrazioni. Erano pochissimi coloro che rinunciavano alle enormi somme che gli venivano offerte per dedicarsi alle famiglie con la conseguenza che quasi tutti gli esuli si ritrovavano ricchi ma soli. Ripensando a tutto questo Stefi e Joseph non potevano fare a meno di domandarsi come se la sarebbe cavata Riwa trovandosi di fronte un'esule. Decisero di non porle limitazioni per quella sera soprattutto per non rovinarle una giornata che per lei era stata molto eccitante. Quando le ricordarono che era giunta l'ora di andare a dormire si rifiutò di essere accompagnata. « Sarete abbastanza stanchi...Tranquilli...Faccio da sola ».Così dicendo con un TOC scomparve. « Quella piccola furbacchiona mi ricorda molto…Te! » fece Joseph. Stefi sorrise ma ridivenne subito seria e si diresse verso le grandi vetrate che si affacciavano sul giardino. « Adesso ti va di raccontarmi perché hai improvvisamente deciso che provare a discutere con tua sorella sia una cosa sensata da fare? Pensavi di darla a bere anche a me ?» « Certo che no. Ero certa che non mi avresti creduta. Volevo distogliere l'attenzione da Riwa. Non riuscendo a trovare un alternativa valida sarebbero presto giunti alla conclusione che l'idea di nostra figlia sia l'unico modo per risolvere la situazione ». « Suvvia… Non avrebbero mai osato chiedere tanto » disse Joseph che proprio non riteneva possibile una cosa simile. « Se ci pensi bene…Non ci sono soluzioni migliori. Riwa vede tutto come un gioco. Una sfida alle sue capacità. Quando ha esposto le sue intenzioni non ha di
certo pensato ai pericoli che potrebbe correre. Ma chi altri conosciamo che potrebbe fare uscire quegli uomini?. E chi ha il coraggio di provare ad entrare?... » finì terrorizzata Stefi. Joseph la strinse a se. « Tranquilla. Riwa non correrà pericoli. Troveremo un altro modo ». « Ci andrò io! » disse risoluta. Joseph si scostò da lei per poterla guardare in viso ma quando nei suoi occhi lesse vera determinazione iniziò a scuoterla. « Sei forse impazzita ? » le urlò contro.
« Non c'è nient'altro da fare e sai benissimo che non oserebbe usare i suoi poteri su di me » tentò di convincerlo.
« Questo è vero. Ma hai mai pensato che potrebbe prenderti come ostaggio ? »
« Certo che ho pensato anche a questa eventualità. Basterà che io mi tenga ad distanza di sicurezza ».
« Non voglio prendere neanche in considerazione l'idea che tu stia parlando seriamente quindi…Finiamola qui!. Domani ne riparleremo e chissà che la notte non porti saggi consigli » terminò dandole le spalle. Per quanto lo riguardava quell'inutile conversazione era terminata per sempre. Non era così per Stefi però che gli si avvicinò per riprendere la discussione. « Ha rapito molti eroi ed è in possesso di una gemma di Crion. Con la sua cieca determinazione otterrà presto ciò che brama. Dobbiamo tentare di impedirglielo prima che sia troppo tardi perché…anche se non entra in possesso delle due parti
citate dalla profezia…in ogni caso ci attaccherà. Con quello che ben presto potrebbe diventare un immenso esercito ». Non sapeva più cosa dire per poterlo convincere,« In quanti dovranno morire? Non soltanto i nostri uomini ma anche i suoi…Joseph ti prego… moriranno combattendo per una causa che non avrebbero mai sposato se solo avessero potuto scegliere liberamente» terminò. L'espressione corrucciata di Joseph sembrò essere stata attraversata da un qualche tentennamento. Non voleva sentirsi responsabile della morte di nessuno ma se Stefi pensava di convincerlo giocando sul suo senso di colpa si sbagliava di grosso. « Non metterò la tua vita in pericolo. Argomento chiuso! ». Stefi capì che Joseph non avrebbe mai ceduto quindi decise di metterlo spalle al muro una volta per tutte. Quello che stava per dire lo avrebbe ferito ma, per quanto lei preferisse evitarlo, non aveva alternative. Era la sua ultima risorsa. Parlò con voce fredda e distaccata:«Allora mi toglierò la vita!». Se lo avesse fatto realmente anche Vanisia sarebbe morta e tutti i problemi di Zaion si sarebbero dimezzati. Joseph non riuscì a credere alle proprie orecchie e si voltò di scatto. Un espressione di autentico terrore gli si era dipinta sul volto. Da quando Stefi aveva deciso di recarsi personalmente a discutere con sua sorella aveva previsto che quella discussione non avrebbe portato a nulla di buono. Sapeva bene che, ostinata com'era, avrebbe messo a repentaglio la sua stessa vita pur di salvarne delle altre... Ma l'amava troppo per perderla facendo da spettatore inerme. « Come puoi farmi questo?» riuscì a chiedere a stento « A Riwa hai pensato?». « E' proprio per lei che lo faccio…Lo sai benissimo ». Aveva preso la sua decisione e Joseph capì perfettamente che non stava più cercando in lui qualcuno che l'appoggiasse. Avrebbe tentato di parlare con Vanisia con o senza il suo aiuto. Continuava a fissarla in silenzio come se la vedesse per la prima volta. Non voleva perderla così quindi sapendo che niente le avrebbe fatto cambiare idea si scosse da quella specie di trance che sembrava durare da ore. « Dammi solo un po' di tempo per...» tentò di chiedere nella speranza che nel
frattempo lei cambiasse idea o che trovassero un'altro modo di agire. « Non c'è più tempo… Il tempo gioca contro di noi » lo interruppe Stefi consapevole del dolore che gli stava causando. Quella era proprio la risposta che lui si aspettava. « Allora verrò con te! » disse e senza neanche darle il tempo di replicare uscì dalla stanza. Una volta chiusosi la porta alle spalle vi si poggiò contro. Era talmente nervoso che le gambe gli tremavano i muscoli si contraevano e il cuore pompava come mai da quando era nato. Non aveva mai avuto simpatia per Vanisia, neanche quando tra loro i rapporti erano ancora decenti, ma adesso gli venivano in mente tanti di quei modi per torturarla… Avrebbe voluto infliggerle lo stesso dolore che lei gli stava causando... Basta!. Tutta quella rabbia lo stava facendo impazzire. Lasciarsi prendere da questi pensieri di vendetta non era da lui. Vanisia stava già creando abbastanza problemi. Non le avrebbe consentito di tirare fuori anche il peggio di lui. Per affrontarla ci sarebbero volute tutte le sue forze e per essere padrone di se doveva assolutamente darsi una calmata. La camera di allenamento olografica poteva fare al caso suo. Vi si diresse subito sfrecciando per i corridoi come una furia. Prima di entrare selezionò vocalmente la modalità “combattimento intensivo”.
INTRUSA
Quella mattina Riwa si svegliò di buon'umore e con un grande appetito. Aveva sognato di mondi sommersi e missioni segrete. Non appena si fu preparata volle scendere per mettere qualcosa sotto i denti ma non appena mise la mano sulla maniglia pensò che in fondo avrebbe fatto più in fretta se…TOC. Apparve nella sala della prima colazione dove già si trovavano i suoi genitori. Aveva dimenticato che a Palazzo gli unici a conoscenza del suo potere fossero sua madre e suo padre e infatti alla sua comparsa i domestici presenti attorno al tavolo, intenti a servire, urlarono per lo spavento. « Buongiorno! » aveva esclamato contenta ma fu ricambiata solamente da urla di sorpresa e dalle occhiatacce dei suoi genitori a cui la domestica aveva appena versato addosso l'intera brocca del latte. La povera donna, ancora confusa dallo spettacolo a cui aveva appena assistito, iniziò a scusarsi ripetutamente. « Tranquilla Gels non preoccuparti. Anche noi abbiamo avuto una reazione simile ieri » disse Stefi guardando Riwa con espressione di falso rimprovero. Capiva benissimo che ci sarebbe voluto del tempo prima che sua figlia si stancasse della novità. « Siedi, dobbiamo parlarti » la invitò Joseph. « Per cominciare…Smetti di comparire all'improvviso…Non credo che tutti si potranno abituare facilmente. Inoltre voglio che non ti allontani mai da Palazzo. Sono stato chiaro?» « Ricevuto » scherzò Riwa. « C'è un'altra cosa. Fra tre giorni ci sarà una nuova riunione. Discuteremo i dettagli per il tentativo di apertura di dialogo con Vanisia … Ma tu non sarai presente! ». « Perché no ? » scattò Riwa. « Perché ti annoieresti » mentì Stefi.
« Ma io…Volevo darvi una mano ». « Tu ci sei stata di grande aiuto. Tutta l'idea del congresso è stata tua e anche se sono sorti degli imprevisti...Quando tutto sarà finito sarà solo merito tuo » spiegò Joseph sperando di convincerla. Le sue parole però non fecero altro che far insospettire Riwa che decise subito che avrebbe scoperto cosa stavano tentando di nasconderle. Quattro giorni dopo erano nuovamente tutti seduti attorno allo stesso tavolo. L'unica visibile differenza era l'assenza di Riwa che non sedeva più al centro fra i due genitori. Le proposte avanzate dai Governanti furono identiche. Ognuno decise che il proprio Continente avrebbe ceduto a Vanisia una parte del territorio. In più , ogni anno, avrebbe ricevuto parte dei prodotti coltivati o allevati. Una sorta di rendita vitalizia che le avrebbe consentito di vivere come un Imperatrice con l'unica differenza di non possederne il vero titolo. « E' chiaro che siamo concordi sull'offerta da fare. Ma come otterremo la liberazione dei nostri uomini se non sappiamo come comunicargliela? » chiese Sense. « Proporremo noi lo scambio! » disse Stefi d'un fiato. Mentre tutti la osservavano, come se all'improvviso fosse impazzita, lei spiegò come avrebbero agito il giorno seguente. « E se le cose dovessero andare diversamente da come abbiamo preventivato? » domandò Shiko. « Se le cose dovessero andar male e noi… dovessimo perdere la vita... vuol dire che non avrete più neanche il problema di Vanisia da dover risolvere! » rispose Joseph,« E in quel malaugurato caso Riwa sarà incoronata nuova Imperatrice e sarà affiancata da un tutore che ci siamo già premuniti di nominare ». Quella stessa sera Joseph e Stefi spiegarono a Riwa che l'indomani sarebbero dovuti partire per Minio e una volta lì si sarebbero diretti immediatamente a Gandios per tentare di aprire un dialogo con sua zia.
Riwa aveva ascoltato per filo e per segno, compostamente seduta all'angolo del grande letto, e li osservava in silenzio. Per i genitori, che la conoscevano bene, quello era un atteggiamento fin troppo tranquillo. Forse, pensarono, si stava stancando troppo a furia di esercitare il suo nuovo potere. « Portatemi con voi a Minio » chiese dolcemente. « Sai che non è possibile... Non è sicuro per te » fece Joseph. « Perché?...Per voi lo è ?» ribatté. Joseph e Stefi incrociarono lo sguardo. C'era qualcosa di strano in Riwa e non si trattava solamente di un semplice rifiuto. C'era di più... ma cosa? Forse...preoccupazione?. « Non devi preoccuparti per noi. Quando torneremo...» iniziò a spiegare Stefi. « SE…tornerete!» la interruppe Riwa, « Io vengo con voi a Minio... oppure sparirò per sempre! » minacciò. « Non puoi minacciarci. Siamo i tuoi genitori...Ti impedisco di farlo! » s'infuriò Joseph. Riwa capì di aver esagerato e non era nelle sue intenzioni ferirli. « Scusate. Non lo farò più…Ma non voglio aspettare che qualcuno mi venga a riferire che forse non vi rivedrò più » spiegò con le lacrime agli occhi. La rabbia di Joseph scomparve all'istante. « Ho sempre detto che somigli a tua madre…Neanche tu mi lasci alternative. Verrai con noi a Minio ma questo è tutto. Dovrai aspettarci a casa del Governatore ». Riwa era riuscita ad ottenere ciò in cui sperava ma aveva vinto solo una piccola battaglia. C'era una guerra che l'attendeva. « Un attimo! Il mio parere non conta? » domandò Stefi.
« Neanche a te lascio alternative » fece notare Riwa mentre varcava l'uscio e senza voltarsi aggiunse, « E che non vi venga in mente di partire lasciandomi qui o al vostro improbabile ritorno non mi troverete! » e così dicendo Riwa li lasciò soli. Stefi rimase a bocca aperta per un pezzo con gli occhi fissi sulla porta da cui sua figlia era appena uscita. Quando si voltò a guardare Joseph lui stava sorridendo. « Adesso hai una vaga idea di come mi sono sentito io ieri sera » spiegò. « ...Ma lei ha solo undici anni ...» precisò Stefi ancora incredula. Joseph la raggiunse e la cinse in un abbraccio. « Si. E possiede anche tutta la tua determinazione ». Poi la baciò teneramente e una nuova ondata di improvviso ottimismo li pervase. Dopotutto l'indomani sarebbe anche potuto andare secondo i piani. Il mattino seguente arrivò anche troppo in fretta e subito furono pronti a partire. Varcarono contemporaneamente il portale che li condusse a Minio. I Governanti erano già tutti presenti e la loro attenzione fu immediatamente rapita dalla presenza di Riwa. « E' una lunga storia...» disse subito Joseph per evitare inutili domande. « Governante Guan…Ha qualcuno che possa prendersi cura di Riwa finché non saremo tornati ?» chiese Stefi. « Certamente. Farò venire la mia domestica e se ne avrà voglia…» disse rivolgendosi direttamente a Riwa,«...le mie bambine saranno onorate di farle compagnia ». « Grazie » fece Riwa cercando di sembrare il più sincera possibile. In realtà sperava che nessuno l'avrebbe intralciata. Qualcuno bussò alla porta e subito dopo furono avvisati che tutto era pronto per la partenza. Uscirono all'aperto dove li attendevano le auto che li avrebbero condotti a Gandios.
Prima di partire Stefi e Joseph abbracciarono Riwa che li baciò entrambi. Poi corse dentro il palazzo senza guardarsi indietro. Gli Imperatori presero subito posto sulla prima vettura mentre i Governanti si accomodarono sulle altre. Per tutto il tragitto Joseph e Stefi si tennero per mano senza però scambiarsi nemmeno una parola. La tensione era altissima ed era necessario rimanere concentrati. Percorsero le strade del centro abitato e poco dopo iniziarono ad attraversare i grandi spazi aperti. Dopo un'ora dalla partenza si potevano già scorgere, dai finestrini, le prime cave a cielo aperto. Questo significava che avevano un'altra ora abbondante di strada da fare. Ma erano certi che sarebbe trascorsa molto velocemente tto a quella già ata. Stefi era sempre più convinta che arrivare in auto anziché attraverso un portale fosse la scelta più giusta. La prima cosa da fare era evitare di indispettire Vanisia e se lei aveva scelto quella miniera come attuale dimora di certo non avrebbe gradito degli ospiti inattesi che piombavano lì improvvisamente. Stefi era certa che arrivando in auto sua sorella avrebbe avuto tutto il tempo di essere messa a conoscenza del loro arrivo. Avrebbe avuto modo di decidere se accoglierli con un benvenuto o se sbarrargli le porte. Era talmente assorta nei suoi pensieri da non notare che adesso le auto su cui viaggiavano erano state affiancate su entrambi i lati da enormi mezzi blindati. Erano esattamente sei per ogni auto e ognuno conteneva fino a trenta uomini armati. Era il massimo della sicurezza che Joseph era riuscito ad ottenere sebbene Stefi lo avesse pregato di viaggiare senza scorta. Almeno su questo punto Joseph era stato irremovibile. Dovevano essere quasi giunti a destinazione perché l'andatura delle auto era diminuita. Adesso di fronte a loro era visibile una piccola formazione rocciosa che diventava più grande mano a mano che avanzavano. Si fermarono solo quando il grande portone alla base della montagna fu perfettamente visibile.
Le auto si disposero una accanto all'altra di fronte all'entrata ma a circa cinquecento metri di distanza dalla miniera. I mezzi blindati li oltrearono di una decina di metri e si sistemarono orizzontalmente di fronte alle auto in modo da creare uno scudo. Gli uomini armati iniziarono a scendere dai mezzi e a prendere posizione. Una metà si dispose attorno alle auto e l'altra era pronta per seguire i movimenti degli Imperatori nel momento in cui si fossero incamminati verso l'entrata. Non appena la scorta fu in postazione gli Imperatori e i Governanti scesero dalle auto. Per tutto il tragitto Riwa era rimasta comodamente sdraiata nello spazioso portabagagli. Aveva trascorso il tempo pensando e ripensando a quello che aveva sentito nella Sala Congressi. Ovviamente nessuno aveva sospettato della sua presenza. Aveva avuto tre giorni di tempo per allenarsi a comparire e scomparire da quella stanza senza produrre il tipico rumore che l'avrebbe smascherata.
Quel giorno comparve direttamente sotto il grande tavolo e venne così a conoscenza dei progetti per l'incontro con Vanisia. Sapendo che se anche si fosse offerta di aiutarli loro si sarebbero rifiutati categoricamente allora decise che avrebbe fatto di tutto per farsi portare fino alla casa del Governante. Non poteva infatti aprire un portale perché, inesperta com'era, avrebbe di certo provocato gravi danni. Una volta giunta a Minio era stato uno scherzo da ragazzi fingere di salutare i genitori e poi correre all'interno del palazzo per scomparire dalla prima stanza vuota disponibile e ricomparire nel bagagliaio della loro auto. Quello però era stato il primo vero momento in cui aveva veramente avuto paura che il suo piano sarebbe potuto fallire. La prima camera che aveva raggiunto, infatti, era chiusa a chiave e anche se questo non le avrebbe impedito di entrare decise di proseguire perché dall'interno giungevano strani mormorii segno che là dentro c'era già qualcuno. Aveva quindi proseguito per controllare la seconda camera ma vi aveva trovato una domestica intenta con le pulizie. La stessa cosa era avvenuta con le tre camere successive e l'ansia, che le auto si fossero già potute allontanare troppo, era aumentata.
La sesta camera doveva essere quella dei giochi perché vi trovò le figlie di Guan intente a servire il thè alle bambole. « Vuoi giocare con noi ?» chiese la più piccina.
Riwa fu assalita dal terrore. Non poteva perdere altro tempo e quindi corse alla finestra più vicina per guardare giù. Le auto avevano iniziato a muoversi... Le era rimasto solo qualche attimo ancora!. Voltandosi vide che le due bambine la fissavano incuriosite. « C'è un bagno qui vicino?» chiese disperata. La bambina più grande tirò un gran respiro di sollievo. « Ah... ecco qual'è il problema! E' nella stanza accanto ma puoi anche arrivarci da qui » disse indicandole una porticina quasi interamente nascosta da un'immensa quantità di peluche. A Riwa si illuminò il volto e corse a farsi strada tra coniglietti e orsacchiotti di ogni colore. Poco prima di chiudersi la porta alle spalle disse « Voi aspettatemi qui…e non muovetevi! ». Richiusa la porta a chiave scomparve. Una volta dentro il bagagliaio riuscì finalmente a riprendere fiato. Era certa che molto presto le due bambine si sarebbero stancate di aspettare e avrebbero deciso di andare a cercarla e non trovandola avrebbero dato l'allarme. Ma la cosa più importante in quel momento era che lei si trovava esattamente dove avrebbe dovuto essere. Adesso sentiva i suoi genitori parlare con i Governanti ma non riusciva a distinguerne la parole. In ogni caso sapeva di non poter uscire finché tutti non avessero avuto gli occhi puntati all'ingresso della miniera. « Siamo pronti. Possiamo andare » confermò Joseph prendendo Stefi per mano.
Tutti li guardavano in silenzio mentre si voltavano e si incamminavano verso la fila di veicoli blindati che, uno accanto all'altro, avevano lasciato solo un piccolo aggio da cui dirigersi verso la miniera. La distanza tra le auto e quell'enorme barriera metallica, a Stefi e Joseph, era sembrata non finire mai eppure sapevano che una volta oltreata lo spazio che li separava dal grande portone sarebbe stato ancora più sterminato. Chiaramente era la tensione accumulata in quei giorni di attesa ad amplificare qualunque cosa e le gambe, pesanti come macigni, non aiutavano ad alleviare quella spiacevole sensazione di essere alla mercé di chiunque avesse voluto attaccarli. Joseph e Stefi si lasciarono quel piccolo aggio alle spalle e per qualche minuto sentirono dietro di loro i i degli uomini della sicurezza che li scortavano. Poi questi ultimi iniziarono a spostarsi lateralmente per portarsi ai loro fianchi ma mantenendo comunque qualche metro di distanza. Quando mancarono circa duecento metri al portone gli uomini, come stabilito, si fermarono. Li avrebbero difesi benissimo anche da quella distanza. Stefi aveva la spiacevole sensazione che quel tentato approccio sarebbe ato troppo facilmente per l'attacco di un minuscolo esercito molto ben equipaggiato. Per quanto sapessero di essere ben difesi sentire intorno a loro nient'altro che il rumore dei loro i non fece altro che far aumentare l'agitazione. Pur camminando adagio coprirono molto terreno in pochi minuti. Minuti che a loro parvero secondi. Giunti di fronte all'entrata si fermarono. Una decina di metri li divideva dal portone in ombra ma loro preferirono sostare dove potevano essere raggiunti dai raggi solari. Lì attesero. Riwa era rimasta in ascolto per tutto il tempo e quando capì che tutti erano occupati a tener d'occhio i suoi genitori con un TOC uscì dall'auto. « Accidenti !» esclamò. Era così nervosa che aveva dimenticato di fare attenzione a non far rumore. Una volta fuori però si rese conto che nessuno si era accorto di nulla.
I Governanti erano tutti accalcati contro quella specie di enorme scudo, composto da mezzi blindati, da cui sbirciavano allungando il collo per non perdersi nemmeno il minimo movimento degli Imperatori. Riwa corse a nascondersi sotto uno di quei grossi mezzi. Si sdraiò a contatto con la terra polverosa e quando si rese conto della distanza che la divideva dai suoi genitori fu assalita dal panico. Non era più sicura che se avessero corso un reale pericolo avrebbe potuto intervenire con quell'interminabile spazio che li separava. Mentre cercava di pensare a cosa avrebbe potuto fare il grande portone iniziò ad aprirsi ed ebbe l'impressione che il cuore avesse iniziato a battere in modo irregolare. Il portone cigolò sui grandi cardini arrugginiti e si aprì molto lentamente, forse per l'eccessivo peso pensarono tutti. Ma non c'erano uomini a sospingerlo. Stefi si sentiva come un unico pezzo di ghiaccio e muoversi le sembrava impossibile. Joseph d'altro canto era un fascio di nervi e non rimase immobile neanche un secondo. Non faceva che spostare il proprio peso da un piede all'altro oscillando paurosamente. L'ingresso che conduceva all'interno della miniera era troppo buio per poter scorgere qualcosa dal punto in cui si trovavano. Riwa vide suo padre fare un o avanti e protendersi nel tentativo di scorgere l'eventuale presenza di uomini in quell'antro buio. Non riuscì però ad avvicinarsi quanto voleva perché aveva ancora una mano stretta in quella di Stefi che era sempre immobile e inchiodata al terreno. Quell'attesa prolungata stava mettendo a dura prova la pazienza di tutti. Poi quando avevano iniziato a pensare che nulla sarebbe più successo un potente ruggito squarciò l'aria e tutto il nervosismo accumulato sfociò in urla di terrore. Joseph fece un improvviso salto indietro strattonando Stefi che, terrorizzata, per poco non cadde. Tutto quello che seguì avvenne nel giro di pochissimo tempo. Il grosso animale bianco che aveva prodotto quel verso uscì dalla miniera lanciato in una folle corsa a sei zampe puntando dritto verso gli Imperatori.
Joseph sapeva che non avrebbe mai fatto in tempo a tornare alle auto soprattutto dovendosi trascinare dietro Stefi che, in quello stato, non avrebbe di certo collaborato. Quindi si lanciò su di lei per proteggerla e allo stesso tempo per lasciare libera la visuale ai tiratori che subito aprirono il fuoco. In quello stesso istante Joseph si pentì di aver ceduto alle numerose richieste di sua moglie tra cui quella di non portare delle armi con se in quell'occasione. Il Bisciop fu comunque colpito da decine di lampi di un color blu intenso e rovinò in terra a poca distanza da loro. « RIENTRATE! RIENTRATE! » urlarono alcuni uomini alle loro spalle. Joseph si rimise subito in piedi e aiutò Stefi a fare lo stesso. Era chiaro che non era il caso di proseguire. Poi tutti li videro voltarsi nuovamente verso la miniera. Riwa non capì subito per quale motivo i suoi genitori non scapero a gambe levate. Poi notò come i lunghi capelli di sua madre, e un 'attimo dopo anche i suoi vestiti, sembrassero essere risucchiati da quella minacciosa imboccatura. Nonostante non ci fosse un alito di vento anche la sabbia intorno ai loro piedi iniziò a muoversi in quella direzione. Non erano bloccati, capì subito Riwa, ma tentavano di contrastare quella forza che stava risucchiando tutta l'aria che li circondava. « VIA DI LI! » gridò un militare. « APRITE IL FUOCO! » ordinò qualcun' altro. Riwa era terrorizzata. Desiderava poter correre verso di loro per trascinarli via ma a malapena riusciva a fare un respiro dopo l'altro. Aveva la sensazione che quel forte odore di terra bruciata dal sole le avrebbe fatto ardere i polmoni da un momento all'altro. Joseph e Stefi sentivano tutta quella polvere anche in fondo alla gola. La stessa forza che un momento prima gli aveva impedito di allontanarsi aveva improvvisamente cambiato direzione e adesso gli soffiava contro con maggiore forza. Dal momento in cui il Bisciop aveva tentato di ucciderli sia Joseph che Stefi avevano capito che non solo non avrebbero avuto la possibilità di avanzare la benché minima proposta ma che, con molta probabilità, difficilmente ne sarebbero usciti illesi.
Inizialmente dovettero resistere con tutte le loro forze ai venti che vorticavano verso la miniera. Adesso che potevano nuovamente muoversi si voltarono per correre verso le auto ma subito si sentirono spinti da una folata di vento che soffiò in direzione opposta a quella precedente. Immediatamente si rafforzò sollevando sabbia e sassi che, schizzando veloci come proiettili fuori dall'antro oscuro, li ferirono a testa e gambe. Stefi cadde in malo modo e Joseph si piegò per tentare di sollevarla tra le braccia ma prima che riuscisse a farlo gli uomini, a loro più vicini, aprirono il fuoco. Non era un semplicemente vento quello che, sempre più velocemente, si stava per abbattere contro gli Imperatori. Si accorsero che era un'onda d'urto di proporzioni mostruose. I raggi blu, esplosi dalle armi della scorta, turbinando e vorticando illuminarono il muro d'aria che stava per scaraventarsi all'esterno della grotta. Joseph distolse lo sguardo. Era fin troppo facile immaginare come stava per concludersi quell'avventura. L'onda era a meno di otto metri da loro e la sua potenza era chiaramente percepibile. Strinse forte Stefi per impedirle di guardare la violenta furia che li avrebbe finiti.
CINQUE METRI.
« Ti amo » le gridò cercando di sovrastare il boato che dalla gola della miniera gli era stato scagliato contro.
TRE METRI.
Si abbracciarono aspettando la fine e il loro ultimo pensiero andò a Riwa.
DUE METRI.
Chio gli occhi e…TOC…Un dolore acuto li colpì al volto… TOC...Sbarrarono nuovamente gli occhi avendo riconosciuto quel suono. Riwa non riusciva a credere di avercela fatta. L'attimo prima non riusciva neanche a fissare la scena agghiacciante che stava per portarle via per sempre i genitori e un' attimo dopo, forse per quello stesso pensiero, aveva trovato il coraggio di agire. Scomparve da sotto il mezzo blindato e si trovò proprio di fronte a sua madre e suo padre stretti in un forte abbraccio. Per un secondo la visione di quel mulinare blu, alto sei metri sopra le loro teste e a nemmeno un metro da loro, non le fece perdere la concentrazione e invece che afferrarli per le mani, allungando frettolosamente le braccia sempre fissando in alto, li colpì in pieno volto con tutta la forza... Giusto in tempo per scomparire tutti insieme. Adesso si trovavano di fronte ad un maestoso muraglione metallico…i mezzi blindati!. Finalmente erano al sicuro. Riwa si sentì stringere in una forte morsa…Erano i suoi genitori. Pazza… Incosciente... Ma cosa ti dice la testa?. Queste furono alcune delle prime parole che si sentì scaraventare contro. Ma al momento c'era altro da fare che iniziare a dare delle inutili spiegazioni perché alcuni uomini della sicurezza erano ancora in pericolo. Vide Guan sbracciarsi e
gesticolare nel tentativo di incitare gli uomini, rimasti allo scoperto, affinché corressero più velocemente per mettersi al riparo. Con uno strattone si liberò dalle mani che la stringevano e corse verso il varco. Vide l'onda d'urto proseguire la sua folle corsa contro la loro postazione anche se, non ne era completamente certa, sembrava stesse perdendo intensità. Ciò nonostante si concentrò sui due uomini che qualche secondo prima erano i più vicini a lei e ai suoi genitori. Correvano con tutte le loro forze ma non ce l'avrebbero fatta. In una frazione di secondo gli fu accanto e li portò in salvo. Erano tutti all'interno della barricata ma…erano veramente al sicuro?. Gli sguardi di tutti si incrociarono ansiosi. Rimasero silenziosamente in fremente attesa. Attendevano lo schianto da un momento all'altro con la speranza che i blindati fossero abbastanza pesanti da non correre il rischio di ribaltarsi sotto il peso dell'energia sprigionata da Vanisia. « Tutti dentro le auto !» ordinò qualcuno. Riwa fu afferrata per il vestito e trascinata verso l'auto che li aveva trasportati fin lì. Suo padre aveva fatto appena in tempo a chiudere lo sportello che dovettero portarsi le mani alle orecchie. Un potente stridio metallico li fece sussultare. Schiacciarono le facce contro i vetri oscurati in tempo per vedere i blindati ondeggiare. Si sollevarono leggermente su un fianco e vi rimasero per qualche attimo per poi ricadere pesantemente nella stessa posizione di poco prima. Solamente adesso tutti poterono tirare un respiro di sollievo e solo allora Riwa notò le ferite che i genitori avevano riportato. Avevano i volti rigati di sangue e perfino i vestiti presentavano in vari punti numerose macchie scure…però erano vivi. Joseph e Stefi la fissavano ancora sotto shock. Immobili, senza parlare, non avevano ancora realizzato tutto quello che era appena successo ed erano spaventati all'idea che Riwa potesse sparire di nuovo per compiere qualche altro gesto eroico che avrebbe però potuto concludersi con molta meno fortuna.
Riwa percepì quale fosse il loro momentaneo stato d'animo perché in parte era anche il suo. Tutta quell'ansia accumulata da giorni, il timore di non essere all'altezza della situazione, il terrore di perdere le persone più care al mondo… Tutta quella tensione si trasformò improvvisamente in un fiume in piena che sgorgò in un pianto ininterrotto. Finalmente poté gettarsi tra le braccia dei suoi genitori dando sfogo a quel turbine di emozioni contrastanti che si erano altalenate fino a quel momento. Piansero insieme e tutto tornò a posto. Durante il viaggio di ritorno Riwa raccontò in che modo era scomparsa dal palazzo del Governante e come poi li avesse osservati mentre si avvicinavano alla miniera. Spiegò come gli eventi si erano succeduti dal suo punto di vista e tremò mentre descriveva come era apparsa imponente l'onda di energia sfrigolante che si trovava ad un metro da loro quando li aveva raggiunti per portarli via. « Ti rendi conto che oggi avresti potuto morire insieme a noi... e che tutti questi sforzi sarebbero stati vani?» chiese Stefi che dal momento del salvataggio non aveva smesso neanche un attimo di accarezzarla. « Se vi avessi detto fin dall'inizio quali erano le mie vere intenzioni non mi avreste mai permesso di seguirvi fin qui!». « Puoi starne certa signorina! » fece secco Joseph. Ma l'amore che provava per sua figlia traspariva a pieno dal suo sguardo e quelle quattro parole appena pronunciate non parvero affatto un rimprovero. « Ma in fondo le cose sono andate bene e nessuno ha riportato ferite gravi...Potete perdonarmi per avervi mentito?». I suoi genitori si fissarono per un attimo. « Riwa oggi hai dimostrato un grande coraggio e non hai salvato solo noi ma anche gli uomini della scorta... Puoi senz'altro essere perdonata». « Ooooopsss...» fece Riwa guardando fuori dal finestrino. « Cosa c'è ancora?» chiesero insieme. La sua espressione colpevole non piacque a entrambi che si voltarono a guardare
nella stessa direzione. Erano appena giunti di fronte alla residenza del Governante e subito videro tantissime persone correre ovunque scambiandosi frettolose informazioni ogni qualvolta si urtavano involontariamente. Due domestiche si precipitarono giù per la scalinata sconvolte e in lacrime. Si diressero all'auto del Governante che di fronte a tutta quella confusione, come loro, era momentaneamente rimasto di sasso. « E' stata rapita!. Non riusciamo più a trovarla...» gridarono insieme. Dopodiché riferirono dell'accaduto a Guan. « Credo mi stiano ancora cercando...» confessò Riwa che, una volta scesa dall'auto, si nascose dietro i genitori. Gli Imperatori si guardarono stupefatti. Nonostante l'impresa da poco compiuta Riwa rimaneva comunque una bambina. Tutto quel trambusto si placò non appena Guan ebbe spiegato che la bambina era rimasta con loro per tutto il tempo. Nessuno riusciva a spiegarsi come ciò fosse possibile in quanto la bambina era stata vista in casa da molti inservienti anche dopo la partenza della carovana di auto...ma tutto sommato decisero che era sufficiente che nulla di grave fosse realmente successo. L'insuccesso di quella rovinosa giornata fu decantata per tutti i giorni successivi che, nonostante tutto, trascorsero fra i festeggiamenti per il coraggio e la determinazione di Riwa. Per qualche tempo sia lei che i suoi genitori rimasero graditi ospiti a Minio almeno finché le ferite riportate non sanarono del tutto. « Cosa faremo adesso con Vanisia?» domandò una mattina Guan all'Imperatrice durante la colazione.
« Niente. E' chiaro che preferisce morire piuttosto che accettare una qualsiasi proposta. Tentando di uccidermi ha chiarito la sua posizione...Mi dispiace di aver messo in pericolo tante vite! » rispose amareggiata.
« Non fartene una colpa. Almeno sappiamo di non avere lasciato nulla di intentato» la consolò Joseph. « Quindi per il momento non ci resta che informare la popolazione di quali sono i suoi piani in modo che tutti stiano in guardia. Al momento un attacco preventivo è fuori discussione» puntualizzò Stefi. « Purtroppo nella posizione in cui si trova non possiamo neanche sperare di sapere cosa stia facendo o a che punto siano le sue scoperte sulla profezia» commentò Guan. « Qualsiasi cosa faccia a noi non ne verrà nulla di buono... questo è certo. Dobbiamo solo essere pronti a difenderci quando deciderà di attaccare e sperare di avere, nel frattempo, trovato un modo per bloccare il suo potere» disse Joseph. « Non esiste nessuna arma in nostro possesso che può contrastare una simile energia e non conosciamo nemmeno una persona con poteri simili al momento» si preoccupò Stefi. « Forse ci sarà...» disse speranzoso Guan guardando attraverso la finestra dove Riwa e le sue bambine giocavano felici.
OSSESSIONI
« Ci sarà pure qualcuno capace di darmi una spiegazione!» tuonò Vanisia colma d'ira.
I presenti tremavano e fissavano il pavimento atterriti. Nessuno aveva il coraggio di incontrare il suo sguardo. Sapevano bene che quando era di quell'umore qualcuno ci avrebbe rimesso la vita con estrema facilità. Sempre che fosse stato abbastanza fortunato da non essere prima torturato.
« Mia signora... non vi mentirei mai... » disse a stento l'uomo inginocchiato ai suoi piedi.
« Puoi star certo che lo saprei immediatamente...» esplose Vanisia che in un lampo gli fu accanto per poggiargli una mano sulla testa. Un lampo di luce e poi vide subito attraverso i suoi occhi.
C'erano molte persone raccolte attorno ad un tavolo su cui erano poggiati una miriade di arnesi. Ognuno faceva le sue supposizioni ma alla fine tutti insieme scuotevano la testa sconfortati.
Vanisia tornò in se più agitata di prima mentre l'uomo si accasciava al suolo rantolando.
« Portatelo via! » ordinò prima di andarsi a sedere su un trono che era stato
posizionato nella parte rialzata di quell'umida grotta.
Assorta nei suoi pensieri non si accorse che Nio l'osservava attento.
Nonostante avesse la stessa identica età della sorella non c'era più alcuna somiglianza tra le due. Il giorno in cui gli Imperatori si presentarono alla miniera per proporre un accordo lui e molti altri uomini era al fianco di Vanisia, qualche decina di metri dal portone all'interno della miniera, nel punto in cui l'oscurità era tale da renderli invisibili dall'esterno. Fu da lì che vide bene Stefi illuminata in pieno dai raggi del sole. In effetti gli era già capitato di notare la sua particolare bellezza il giorno in cui, con il marito Joseph, aveva fatto visita ad Argua.
Quel giorno lui era al fianco del padre e Governante del Continente. Già allora era stato rapito dai grandi occhi verdi e dai lunghi capelli biondi che le incorniciavano il viso. I delicati tratti del volto si adattavano perfettamente alle sue dolci maniere e al regale portamento.
Tante meravigliose caratteristiche che però sembravano completamente estranee a Vanisia anche se, a modo suo, anche lei era affascinante...
In un modo che però non riusciva a spiegarsi.
I tratti del viso erano più marcati e i capelli si presentavano come un'enorme matassa di riccioli scuri che le scendevano lungo le spalle. Il corpo era slanciato come quello della sorella ma la sua carnagione era molto più pallida e i modi di fare erano decisamente bruschi. Pensandoci bene era chiaro che vivere in una miniera, illuminata esclusivamente da fuochi perenni, doveva aver contribuito
parecchio a renderla peggiore di quanto non fosse già in ato. Solo il colore degli occhi dunque la accomunava a Stefi. Ma nonostante tutte queste differenze Vanisia aveva comunque stregato il suo cuore.
Nio intuiva, nel profondo di se stesso, di essere stato soggiogato. Sapeva di dover fuggire da lì o che, per lo meno, avrebbe dovuto ribellarsi ma quei pensieri non facevano in tempo a nascere nella sua testa che già venivano messi a tacere. Così le obbediva e la serviva devotamente, seppur temendola, come del resto faceva chiunque altro in quella comunità.
Sapeva quali pensieri la stessero affliggendo e volle in qualche modo darle conforto.
«Troveremo il modo di far tintinnare il Crion!» disse sicuro avvicinandola.
«Si?... Ma... Quando?» tuonò lei collerica.
« Presto » rispose prendendole una mano tra le sue.
Vanisia lo guardò attentamente. Non si era mai concessa del tempo per pensare a come sarebbe potuta essere la sua vita se solo non si fosse ostinata a prendere il posto della sorella...
Forse avrebbe già potuto avere una famiglia. Spazzò subito via quel pensiero perché c'erano altre priorità ad attenderla. Nonostante tutto però Nio era un uomo affascinante, con un carattere da leader, e sarebbero potuti stare bene
insieme se solo... Se solo non fosse stata così impegnata a riconquistare ciò che le era stato tolto con l'inganno da quella arrampicatrice di sua sorella e in ogni caso lui non era davvero attratto da lei...
Era la sua influenza a tenerlo lì e Vanisia lo sapeva.
Quei pensieri furono sufficienti a renderla nuovamente furiosa.
Si alzò di scatto e Nio fu costretto a lasciarle la mano. « Mia sorella avrà già risolto l'enigma del Crion...Se non riuscirò ad ottenere l'immortalità il trono non sarà mai mio!». Nio era confuso:« Quale immortalità?». «Proprio non capisci?» chiese seccata Vanisia, « Devo trovare...anzi devo avere le due parti la cui unione sarà la cura ad ogni male!. E tu sai quale è il MIO male?... E' il legame che mi unisce a Stefi...Se così non fosse l'avrei già eliminata e adesso sarei io l'Imperatrice...E' così ovvio!...Pensaci!...Potrò ottenere ciò che desidero di più...» spiegò improvvisamente calma e con lo sguardo perso nel vuoto come se già vedesse il suo sogno finalmente realizzato. In quell'attimo di rapimento gli prese le mani e se le portò al viso. Nio prese a carezzarle le guance piacevolmente sorpreso da quel suo insolito momento di debolezza. Vanisia per la prima volta in vita sua si lasciò andare e chiuse gli occhi sospirando. « ...l'immortalità!. Una nuova ed eterna vita in cui sarò finalmente libera di sbarazzarmi della mia adorata sorellina e avere finalmente ciò che mi spetta di diritto...Il trono! » finì sbarrando gli occhi. « Ma se quel giorno lei fosse morta... anche tu...» tentennò lui. « Non l'avrei mai permesso. Volevo che capisse che non accetterò mai le sue elemosina. Voglio tutto...o niente!».
Nio lesse, negli occhi che lo fissavano, la follia di chi avrebbe portato avanti i suoi progetti a qualunque costo. Si sentiva terrorizzato e attratto allo stesso tempo. Poi mentre fissava quei penetranti occhi verdi i suoi pensieri furono messi a tacere e la baciò. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei anche offrirle la sua stessa vita se solo glielo avesse chiesto.
DOPPIA SPERANZA
Gli anni arono e Riwa ò le tappe dell'infanzia e dell'adolescenza diventando una meravigliosa ventenne piena di vita.
Dal giorno del salvataggio dei suoi genitori non aveva più utilizzato il suo potere senza prima informarli e quando lo aveva fatto era sempre stato per giusti motivi.
Nel frattempo continuarono a sopraggiungere, anche se di rado, sporadiche notizie di nuove scomparse come quella della donna che, ad Acquitrinia, aveva salvato tredici persone finite, a causa di un incidente, nelle sabbie mobili.
A Caluria tre operai erano svaniti nel nulla il giorno dopo aver soccorso e rianimato altrettanti colleghi rimasti intossicati da esalazioni di gas tossici emanati dall'impianto in cui stavano lavorando.
La vicenda che però più di tutte aveva sconvolto Zaion era stata quella di due bambini rimasti coinvolti, con il resto dei compagni, nel crollo dell'edificio in cui si trovavano per trascorrere il pomeriggio. Mentre i soccorritori cercavano dall'esterno di aprirsi una breccia tra le macerie per poterli raggiungere i due bambini avevano incoraggiato e radunato tutti gli amichetti in un punto più sicuro e ne avevano estratti altri cinque da sotto un pilastro che, crollando, li aveva bloccati tra dei mobili che gli avevano impedito di rimanere schiacciati.
Quando dopo molte ore i soccorritori riuscirono a raggiungerli i bambini vennero riportati all'aperto uno per volta ma Sior e Naro, rimasti ultimi con
l'intenzione di incoraggiare i compagni più impauriti, furono afferrati da forti braccia che li trascinarono attraverso un piccolo portale apparso improvvisamente in quello spazio angusto. Il tempo di scomparire al di là del portale che il sisma, creato dallo stesso, rase al suolo ciò che ancora era rimasto in piedi di quel piccolo complesso ricreativo.
«Neanche i bambini sono più al sicuro ormai» si lamentò Riwa preoccupata mentre accarezzava il suo pancione all'ottavo mese.
«Avrei dovuto fare di testa mia!» esplose Vins imbufalito.
«Sai perfettamente che eravamo d'accordo con te...Avremmo dovuto aprirlo noi un portale all'interno di quell'edificio per soccorrere quei bambini» disse Stefi.
«Non è stata una nostra mancanza. Sono stati i loro genitori a preferire che aspettassimo ad intervenire a quel modo» ricordò loro Joseph.
«Sono da comprendere. Temevano che l'edificio crollasse mentre i loro figli erano ancora lì sotto» volle far comprendere Riwa.
« Beh...l'intero complesso è crollato ugualmente e due di loro sono stati rapiti...Bel risultato!» tirò le somme Vins.
Era sempre stato un tipo deciso e istintivo. Erano state queste sue caratteristiche, oltre ovviamente il suo noto altruismo, a conquistare Riwa cinque anni prima.
«Vins dovresti calmarti. Tutto questo nervosismo non risolverà la situazione...D'altra parte non l'ha fatto sino ad oggi» disse Riwa.
«Non mi piace fare da spettatore inerme... Ha rapito dei bambini!.Cosa mai potrebbero fare dei bambini per lei?» domandò furioso.
«Dev'essere disperata per fare una cosa simile...Ma sappiamo da tempo che non si fermerebbe di fronte a nulla...» commentò Stefi toccandosi la piccola cicatrice sulla guancia sinistra.
« Solo una pazza come lei può credere che dei bambini possano portare ad una soluzione...». Riwa s'interruppe portandosi le mani al pancione. Due movimenti decisi le fecero capire che i gemellini erano svegli.
Vins le fu subito accanto:«C'è qualcosa che non va?».
«No...tutto bene. Ma credo che tra poco tempo qualcuno...» disse accennando al pancione «...ci darà del filo da torcere» concluse sorridente.
Il mese successivo fu particolarmente duro per Riwa che improvvisamente iniziò a stare molto male. I medicanti non sapevano dare una spiegazione ai suoi malesseri e, cosa ancor più strana, non riuscivano a percepire nulla dei gemelli.
Questa era una cosa senza precedenti e che perciò preoccupava tutti immensamente. Infatti, solitamente, erano i medicanti ad indicare il tempo in cui sarebbero dovuti nascere i bambini o che monitoravano la gravidanza stando
attenti che le condizioni di salute di mamma e figli non fossero mai in pericolo. Adesso la prospettiva di non poter prevedere l'insorgere di eventuali problemi aveva messo tutti in agitazione. « Tu non credi che si tratti di una coincidenza ?!» chiese Joseph con il tono di chi la sa lunga. « E tu come fai a saperlo?» domandò Stefi. « Ho sentito che ti agitavi nel sonno questa notte e quando poi ti sei messa a sedere... Ti ho chiesto se qualcosa non andasse...». «...e io non ti ho risposto» concluse per lui. «Esatto. Inoltre avevi lo sguardo perso nel vuoto e da lì ho capito che per un pò non avresti risposto a nessuna mia domanda. Quindi mi sono limitato a starti accanto finché non ti sei riaddormentata». Adesso però sperava in una spiegazione. «Questa volta non so esattamente cosa aspettarmi. Sta per succedere qualcosa d'importante e molte vite saranno sconvolte ma... non so bene di cosa si tratti o...cosa dovrò fare esattamente. Non mi era mai capitato prima di non saper interpretare i segni» spiegò ansiosa e turbata. «Forse in questo periodo la preoccupazione per Riwa ti ha in qualche modo reso meno recettiva verso il tuo potere» tentò di consolarla. «Deve essere sicuramente così ma...cosa faremo se tutto questo ha a che fare proprio con lei? Non ho capito cosa dovremo fare...Come dovremo comportarci...». Si portò le mani alla testa. Le stava per arrivare una brutta emicrania. «Tranquilla...Ci fideremo del tuo istinto». Il pomeriggio successivo Riwa stava facendo venire alla luce due bambini...Ma le cose si complicavano un pò alla volta. Il maschietto fu il primo a venire al mondo e improvvisamente, appena non ebbe più alcun contatto con la madre, i medicanti ebbero nuovamente una visione chiara dello stato di salute di Riwa e del bambino che presto sarebbe nato.
Il primo neonato arrivò tenendo stretta la mano di quella che sarebbe stata la sua sorellina. Tutti guardarono esterrefatti le due manine che si stringevano saldamente. Ma cosa ancor più sorprendente...sul polso di entrambi brillava, come fosse un tatuaggio di luce, il simbolo di Zaion. Uno dei medicanti riportò subito l'attenzione sullo stato di salute della madre che li stava lasciando. Stefi sperò con tutto il cuore di aver frainteso lo sguardo che i medicanti si erano appena scambiati ma, dopo qualche minuto, uno di loro le confermò che Riwa non sarebbe sopravvissuta quindi, sconvolta, chiese di essere lasciata sola con la figlia. Subito dopo giunsero Joseph e Vins che furono immediatamente al fianco della neo-mamma anche se lei non poté neanche notarlo. Joseph lasciò soli Riwa e Vins per andare incontro a Stefi e lei con una calma innaturale gli porse i bambini che teneva tra le braccia. Il cuore gli si colmò di gioia al solo vederli. Pensò che, fortunatamente, almeno i bambini stavano bene. Mentre li osservava, incantato dal loro tenero aspetto, Stefi li scoprì quanto bastava a permettergli di vedere cosa, poco prima, aveva sconvolto tutti. Immediatamente a Joseph sembrò di essere stato colpito da un pugno alla stomaco. «Che significa?» chiese con voce tremante mentre fissava il fiore capovolto che brillava sui piccoli polsi come fosse oro liquido. Quello che doveva essere un giorno memorabile stava invece per prendere una piega inaspettata. Riwa era sul punto di lasciarli per sempre e i bambini appena nati erano già una fonte infinita di interrogativi. Erano in perfetta salute?. Cosa aveva impedito ai medicanti di avere una visione chiara di ciò che stava accadendo e che di conseguenza aveva compromesso il buon esito del parto?. Per quale motivo avevano “inciso a pelle” il simbolo di Zaion?. Quel turbinio di domande si placò solamente quando Vins iniziò a gridare il nome di Riwa.
I medicanti si riversarono nuovamente nella stanza nell'estremo tentativo di fare qualcosa che potesse essere d'aiuto ma non facevano che ripetersi vicendevolmente e sottovoce che solo un gran quantitativo di Crion avrebbe potuto risolvere la situazione. Stefi li pregò nuovamente di lasciare la stanza mentre Vins si struggeva per la disperazione. «Non può...finire così...» gemeva con la testa fra le mani. «Joseph portali qui...» chiese Stefi «...vorrà sicuramente vederli». Tentare di mantenere quell'atteggiamento calmo per il bene di Riwa quando invece si sentiva straziare il cuore, al solo pensiero di essere sul punto di perderla, fu la cosa più difficile che dovette mai affrontare. Joseph si accostò al letto e una volta lì, con le lacrime agli occhi, posò i gemellini tra le braccia di Riwa e con l'aiuto di Stefi li sostenne in modo che almeno sua figlia potesse avvertirne la presenza. Quello che successe dopo nessuno seppe spiegarselo se non a distanza di anni. I bambini con dei gesti che, in un primo momento, parvero casuali si presero nuovamente per mano e il simbolo di Zaion, che avevano sui polsi, irradiò una luce così potente che tutti ne rimasero abbagliati. Riwa aveva capito che le forze la stavano abbandonando ma prima di smettere di lottare avrebbe tanto desiderato poter vedere le sue piccole creature. Nonostante lo volesse con tutte le forze, però, non riusciva comunque a compiere il benché minimo movimento o anche solo a pronunciar parola. Si sentiva come chiusa viva in un corpo morente. Poi se li sentì finalmente addosso... Erano caldi e profumati. Una lacrima le scivolò sulla guancia... Quanto avrebbe voluto stringerli a se... Improvvisamente una luce abbagliante inondò la stanza. L'istinto protettivo ebbe la meglio e senza neanche rendersi conto di potersi
nuovamente muovere a suo piacimento si strinse più forte i gemelli al petto. Poi, finalmente, tornò padrona di se stessa. Avvertì il sangue scorrere nuovamente nella giusta direzione... Respirò profondamente inebriandosi del piacere che l'odore di neonato le procurava. Qualche attimo dopo ebbe la forza di sollevare il capo e guardarli... Erano la cosa più bella su cui avesse mai posato lo sguardo. Due piccoli faccini la fissavano incoscienti di averle appena salvato la vita. Quando quella sgradevole sensazione di abbagliante cecità li abbandonò Stefi, Joseph e Vins non poterono credere ai propri occhi...Riwa era l'autentico ritratto della salute. «Mi hanno salvata...sono stati loro» disse dolcemente continuando a fissarli. Vins sbalordito ma entusiasta li strinse tutti e tre in un tenero abbraccio. Un attimo dopo anche Joseph e Stefi fecero la stessa cosa e poi per un pò ci fu solo silenzio perché tutti furono rapiti dai loro pensieri, incapaci di credere a quale dramma erano appena sfuggiti e a quale mistero lo avesse permesso. Quando Riwa diede segni di stanchezza Vins prese i bambini e Stefi ne approfittò per iniziare a fare un pò di luce su tutto quello che era appena accaduto. «Vorrei che questo momento non asse mai...ma abbiamo qualcosa da risolvere» disse. «I bambini hanno compiuto un vero prodigio e non appena si verrà a sapere saranno in grave pericolo» aggiunse Joseph. « Non lo dovranno sapere tutti...» intervenne Vins che aveva già intuito che la fine di quel discorso non gli sarebbe piaciuto affatto. «I medicanti capiranno cosa è successo non appena varcheranno la porta. E non dimentichiamo che hanno visto il simbolo di Zaion sui loro polsi...Cercheranno una risposta a queste stranezze» fece Joseph guardando sua figlia negli occhi. «Per quanto vorrei che non fosse vero...temo che tutto questo abbia a che fare con la profezia...» disse Riwa con la voce rotta dal pianto, «...Abbiamo sempre pensato che la profezia si riferisse a due oggetti ma non siamo mai stati sfiorati dall'idea che potesse non essere così. Non possono essere solo coincidenze...quei
simboli e...la mia ritrovata salute. Cosa faremo adesso?». «Penso che i bambini debbano essere portati al sicuro. Se Vanisia dovesse anche solo sospettare...» Stefi rabbrividì al solo pensiero di ciò che sua sorella avrebbe potuto fare. Vins arreso all'evidenza dei fatti chiese:« Cosa suggerite di fare?». Stefi girava per la stanza come un animale in gabbia lottando tra il desiderio di vedere sua figlia felice e quello che, ne era certa, avrebbe dovuto dire. Joseph intuì quale lotta interiore la stesse logorando. «Devi fidarti del tuo istinto!» le ricordò. «I bambini dovranno crescere lontano da qui!» tagliò corto Stefi. Vins e Riwa s'irrigidirono anche se avevano immaginato che quello sarebbe stato il suggerimento. «Qui...o ad Oceania...che differenza farebbe se Vanisia decidesse di raggiungerli?» s'intestardì Vins non volendo accettare una simile conclusione. «Quando mia madre dice lontano...Intende lontano da Zaion» gli spiegò Riwa che ancora stentava a credere che tutto questo stesse succedendo proprio a lei. « Non voglio perdere i miei figli prima ancora di averli conosciuti» disse Vins anche se si trattava solamente di un pensiero espresso ad alta voce più che di una vera e propria opposizione. « Non siamo ancora in grado di poter fermare un ipotetico attacco di Vanisia nel caso in cui decida di attaccarci per avere i bambini» disse Joseph tentando di convincere Vins a separarsi dai bambini facendo leva sul suo istinto di protezione per loro. Subito dopo si sentì un verme per aver tentato di raggirarlo a quel modo. Ma sapeva bene che con l'intraprendenza della gioventù difficilmente gli ostacoli e i pericoli venivano riconosciuti per quello che erano in realtà. A ventitre anni tutto poteva sembrare possibile e con il carattere di Vins uno scontro con Vanisia si sarebbe concluso, secondo lui, con la disfatta della strega.
Joseph ricordava bene di aver provato quelle stesse sensazioni di invulnerabilità e invincibilità ma allo stesso tempo non aveva dimenticato il senso di impotenza, che lo aveva pervaso, quando l'enorme onda d'urto era stata sul punto di ucciderlo. Ripensare a quei momenti gli fu utile per accantonare il senso di colpa e convincersi di aver agito al meglio per il bene dei nipoti. «Quando si spargerà la voce che siete improvvisamente spariti, subito topo la nascita dei bambini, tutti inizieranno a domandarsene la ragione. E noi cosa racconteremo?» chiese Vins. «Vorrà dire che, in questo caso, dovremo persuadere chiunque faccia troppe domande a credere che i bambini sono morti dopo il parto mentre Riwa si è ripresa grazie all'intervento dei medicanti». «Ho capito bene?.Stai dicendo che dobbiamo usare il nostro potere. Quindi anche i medicanti dovranno credere di avermi salvata?» fece Riwa incredula che la madre, sempre contraria all'uso di quel meschino mezzo per piegare la volontà altrui, adesso stesse andando contro i suoi stessi principi. Però la capiva perfettamente perché niente era più importante, al momento, che la sicurezza dei suoi figli!. «Esatto...hai capito perfettamente!» disse Stefi contenta di notare che Riwa le avrebbe di certo dato ascolto. «Ma allora...perché non possiamo semplicemente fargli dimenticare come sono andate veramente le cose e fargli credere che siano normalissimi bambini? Potremmo cancellargli il ricordo di questi simboli...» propose Vins nel tentativo estremo di non doversi separare da loro. «Oggi hanno salvato sua madre ma domani cosa potrebbe succedere?...» disse Joseph «...Quante di queste situazioni saremo in grado di poter nascondere?». «Tu sapevi qualcosa ancor prima che tutto ciò accadesse...» disse Riwa fissando sua madre «...e sai anche cosa dovremo fare quindi... devi dirci semplicemente come dobbiamo agire». Stefi non se lo fecce ripetere due volte per non prolungare ulteriormente
quell'agonia. « Joseph tu dovrai partire il prima possibile con i bambini. Io ti raggiungerò a breve...» iniziò a spiegare. «Dove andrete?» s'informò Vins sconfitto. «Sul pianeta Terra». Vins sospirò sconfitto. Non ò neanche mezz'ora che già Joseph era pronto per la partenza. I bambini erano stati avvolti in morbide copertine e Joseph aveva indossato sugli abiti da viaggio uno speciale mantello che manteneva costante la temperatura corporea. Anche se si fosse trovato in un luogo con cinquanta gradi sotto zero non avrebbero corso pericoli. «Potresti trovare parecchia neve al tuo arrivo ma così starete al caldo tutti e tre. Nella sacca troverai le sfere di fuoco perenne. Usale non appena sarai arrivato per scaldare gli ambienti della casa» spiegò Stefi. «Dove aprirai il portale?». «Non molto distante e poi lo renderò invisibile agli umani. Ma sarà sempre attivo per la nostra famiglia. Lo renderò inaccessibile a chiunque altro». Joseph attese che fosse Riwa a consegnargli i bambini e quando lo fece se li sistemò sotto il mantello. « Che nome vuoi dargli?» chiese prima di andare. «Lily e Alex...» rispose con decisione «...due nomi terrestri come i vostri» finì guardandoli entrambi. «Penseremo ad un modo per farvi are del tempo con loro. Ma dovremo essere prudenti e nessuno dovrà mai sospettare della loro esistenza. Almeno finché non saremo sicuri di poter tornare senza fargli correre rischi di alcun genere» disse Joseph.
«Vai adesso prima che io non abbia più la forza per lasciarli andar via» lo pregò Riwa che andò a stendersi desiderando di svegliarsi da un momento all'altro per scoprire di aver fatto solo un brutto sogno. Stefi aprì il portale proprio al centro della stanza e Joseph, fatto un cenno di saluto col capo, attraversò quella superficie riflettente e scomparve. Dopo circa dieci minuti dal suo arrivo sulla Terra stava già per lasciarsi alle spalle il folto del bosco. Giunse nella piccola radura, ricoperta di neve, al cui centro si trovava una graziosa casetta in pietra dal tetto spiovente in legno di rovere. Guardando la casa da quella distanza, con i fiocchi di neve che scendevano lenti, gli vennero in mente quelle piccole sculture racchiuse in sfere di cristallo che molti amavano agitare per simulare tormente di neve. In effetti pensandoci bene non era mai stato in quel luogo in quel particolare periodo dell'anno. Raggiunto il porticato tirò un respiro di sollievo. Immerso nei pensieri che lo avevano accompagnato quasi non si era reso conto dello sforzo che aveva compiuto per farsi largo tra la neve alta. Adesso, libero da ogni impedimento, raggiunse subito l'uscio ed entrò. Per prima cosa posizionò all'interno del camino un fuoco perenne in modo da riscaldare la stanza e nell'attesa si sistemò su una delle comode poltrone posizionate proprio lì davanti. A quel punto la stanchezza ebbe la meglio e ben presto si ritrovò a schiacciare un pisolino in compagnia dei nipotini. Fu un sonno disturbato da continui incubi e dopo poche ore fu risvegliato da leggeri vagiti. Si stiracchiò con i bambini ancora tra le braccia accorgendosi che erano svegli entrambi. Fu subito assalito dal panico!. Si rese conto di essere ancora solo con due neonati certamente affamati e che ben presto avrebbero dovuto essere cambiati. Non era preparato a niente di tutto questo. Aveva appena finito di farsi un elenco mentale di quelle che erano le sue
problematiche principali che sentì qualcuno varcare l'ingresso. «Oooh...giusto in tempo. Credo che abbiamo un problema» disse sollevato alla vista di Stefi. I giorni trascorrevano tranquilli in quell'angolo di paradiso e Joseph si diede parecchio da fare per riparare la staccionata che circondava la casa. Spalò il viale d'ingresso e sostituì qualche vecchia trave malconcia del porticato. Stefi si occupava a tempo pieno dei bambini e quando loro riposavano si organizzava in modo che Joseph non si trovasse in difficoltà nelle poche ore in cui si sarebbe dovuta assentare. A giorni alterni, infatti, si recava su Zaion per portare a Riwa notizie dei bambini e soprattutto per accertarsi che si stesse ristabilendo del tutto. Per quanto fosse chiaro a tutti loro che i bambini l'avessero salvata da morte certa era anche vero che non erano stati capaci, non sapendo controllare il loro strabiliante potere, di rimetterla in perfetta forma e Riwa avrebbe dovuto dunque attendere che la ripresa avvenisse giorno per giorno. Nel frattempo Stefi e Joseph si alternavano tra le cure ai nipoti e i doveri nei confronti dell'Impero. Così facendo trascorsero i primi quattro anni e nessuno si accorse, a loro parere, che gli Imperatori non fossero mai insieme agli eventi o cerimonie che ne richiedessero la presenza. Lily e Alex crescevano in perfetta salute e a sei anni ormai compiuti non facevano che are tutto il tempo all'aria aperta, anche se si erano accorti che Joseph per un motivo o per l'altro era sempre nei dintorni. I nonni erano infatti dell'idea che non dovevano allontanarsi troppo per non correre il rischio di perdersi nel bosco. Ma non appena si distraevano Alex trascinava la sorella tra le alte felci e lì, felicemente sdraiati sull'erba fresca, aspettavano, anche per ore, di essere trovati e quando uno dei nonni era abbastanza vicino da poterli sentire o vedere allora iniziavano a correre come matti verso casa sperando di non essere acciuffati. Fu durante una di queste corse che Alex, essendo più forte della sorella, la strattonò con un pò troppa energia facendola inciampare sui gradini del porticato. Lily fece un volo di due metri e cadde con violenza sbattendo contro la porta d'ingresso. Stefi non poté non udire quel tonfo e corse fuori per accertarsi che nessuno si fosse fatto male.
«Scusa Lily...non volevo farti cadere» piagnucolava Alex preoccupato di averle fatto male. « Lily tesoro dove avverti più dolore?» le chiese ansioso Joseph che finalmente li aveva raggiunti. «Fai vedere...» fece Stefi ma non finì di parlare perché rimase senza parole. Erano tutti così preoccupati e chiassosi che non si erano ancora accorti effettivamente di cosa stesse accadendo. Lily era l'unica che ancora non aveva proferito parola. Inizialmente aveva avvertito un fortissimo dolore al braccio perché aveva tentato di attutire la caduta, contro la porta di casa, proteggendosi il viso. Nell'urto si era provocata un lungo taglio che sanguinava copiosamente ma che, stranamente, non le faceva più alcun male. Alex e i nonni le erano attorno e non sapevano se essere più in pensiero per la ferita o per la strana reazione di Lily che, al contrario di loro, non aveva ancora detto neanche AHI. Eppure aveva già perso molto sangue che, scorrendole lungo il braccio, le aveva intriso la maglia e aveva iniziato a macchiare le assi del pavimento. Ma la ferita aveva qualcosa di strano... Stava avvenendo qualcosa di anormale!. Finalmente anche loro capirono cosa aveva Lily. Era incredula, tanto quanto loro, nel vedere che quel profondo taglio si stava cicatrizzando a vista d'occhio. Il sangue aveva smesso di scorrere e la ferita era già quasi del tutto guarita. In breve non rimase che un lieve rigonfiamento leggermente arrossato che di certo, con quel ritmo di guarigione, sarebbe sparito di lì a poco. Appena si fu ripresa dallo shock Stefi si rese conto di essere ancora con un piede dentro casa e l'altro sul portico. Si guardò intorno preoccupata che qualcuno avesse potuto accorgersi di cosa stava succedendo ma subito dopo ricordò che, da quelle parti, nessuno sospettava delle loro origini. Inoltre la casa più vicina si trovava al di là della pineta.
Doveva darsi una calmata!. «Joseph, per favore, portala dentro» disse. Lui la sollevò con delicatezza da terra e andò a sistemarla di fronte al fuoco che scoppiettava nel camino. Alex, con aria dispiaciuta, se ne stava distante a osservare la nonna che, per la prima volta da quando lui era nato, si agitava in silenzio senza saper bene cosa fare. Smise di andare avanti e indietro solo quando Lily tornò a parlare. «Ma cosa è successo? Sono forse una fatina? Come quelle dei libri che mi piacciono tanto e che possono compiere magie?». Stefi e Joseph si guardarono. Quella spiegazione non era poi tanto male, pensarono, anche perché non avrebbero saputo come chiarire l'accaduto. « Proprio così piccola. Ma non devi raccontarlo a nessuno. Sarà il nostro piccolo segreto. Questo vale anche per te Alex! Adesso andate a cambiarvi e tornate per la cena» disse Joseph. Lily entusiasta di aver scoperto che possedeva poteri magici scese velocemente dalla poltrone e afferrato suo fratello per la mano se lo trascinò dietro fino alla cameretta. «Chissà se puoi farlo anche tu?» la sentirono domandare. «E' incredibile!» esclamò Stefi. «Fino ad oggi non era mai successo che si ferissero seriamente...qualche bernoccolo magari ma... mai una cosa simile. Possono autoguarirsi!» disse Joseph euforico. «Non sappiamo se anche Alex...». «Sicuramente può farlo anche lui...sono gemelli!». «Questo significa che possiamo stare più tranquilli quando giocano all'aperto ma anche che non ci siamo sbagliati nel portarli qui. Se fosse successo su Zaion e qualcuno avesse visto...» tentò di ipotizzare Stefi ma non volle neanche terminare la frase.
Avevano fatto la cosa giusta e questo la consolò. «Qui nessuno sospetterà mai nulla e comunque questo potrebbe essere semplicemente il loro potere di nascita. Non succederà necessariamente dell'altro» tentò di tranquillizzarla. «Anche mia sorella poteva “semplicemente” sapere tutto di chiunque solo sfiorando i poveri malcapitati ma in seguito ha scoperto di avere un potere ancora più grande. Potrebbe succedere anche a loro» disse girandosi nervosamente l'anello nuziale. «Se sarà così saremo i primi a saperlo e agiremo di conseguenza. D'altronde non siamo qui per questo?» «Cosa racconteremo a Riwa? Forse è meglio non metterla al corrente di ciò che è successo. Sino ad oggi non si era verificato nulla di strano e presto avremmo potuti riportarli a casa... avrebbero finalmente conosciuto i genitori...» disse triste Stefi. «Invece devono saperlo. Così capiranno di avere agito nel modo giusto lasciandoli andare» disse Joseph e sebbene pensasse veramente ciò che aveva appena detto non poté fare a meno di sentirsi un egoista. «Ma non credo che si rassegneranno facilmente all'idea di dover aspettare ancora». «Troveremo una soluzione». Nel frattempo Lily seduta a gambe incrociate sul letto continuava incredula ad osservarsi il braccio. Del lungo taglio non era rimasta che una bianca cicatrice appena visibile. Era certa che l'indomani non avrebbe avuto neanche quella. Alex, seduto anch'egli, si fissava nervosamente le scarpe sporche di terra. «Scusa... non volevo che ti fi male». «Non sentirti in colpa per me. Pensa invece che se non fossi caduta chissà quando avremmo scoperto di cosa sono capace» rispose allegra. «Non ti ha fatto male neanche un po'?»
«Solo nell'istante in cui mi sono tagliata ma subito dopo ho avvertito solo una sensazione di prurito...specialmente mentre si richiudeva». Alex la guardava ancora un pò preoccupato ma non per lo stesso motivo di poco prima:«Non crederai davvero di essere una fata?» volle sapere sperando in una risposta negativa. «So bene che non credi a queste cose ma sono certa di essere...speciale. Lo siamo entrambi!» disse convinta. «Può darsi» fece Alex non del tutto sicuro. Era sinceramente contento di non essere caduto anche lui. Ma se solo fosse successo avrebbe avuto una conferma a quel dubbio. Lily capì dalla sua espressione cosa stesse pensando. Era sempre stato facile per loro intuire i pensieri dell'altro senza neanche doversi esprimere a parole. «Non essere sciocco!» disse vedendolo frugare nel cassetto del suo comodino. Ne estrasse una fionda che gettò sul letto. Una serie di tappi che collezionava da più di un anno. Dei vecchi calzini spaiati a cui era affezionato e che non aveva avuto il coraggio di buttare via. Infine trovò quello che stava cercando. La pietra triangolare, che aveva raccolto come souvenir il giorno in cui avevano visitato le cascate Maisano, luccicava tra pollice ed indice. Era appuntita quanto bastava. «Cosa vuoi fare?...» fece in tempo a domandargli che lui rispose:«Questo!». Così dicendo si provocò un profondo taglio nel palmo della mano sinistra che subito si riempì di sangue. «Sei impazzito?» gli urlò contro Lily. La voce di Joseph arrivò dalla stanza accanto:«Tutto bene?». «Si...Stiamo solo giocando» mentì subito Alex che poi si rivolse a sua sorella:«Non vorrai farli preoccupare inutilmente?!».
Tornò a fissarsi la mano. Lily non fece in tempo ad avvicinarsi per controllare che lui la alzò in aria sbandierandola per mostrarle il palmo perfettamente sano. Aveva l'aria trionfante e lei ne fu molto contenta. In fin dei conti non si era sbagliata e subito decise di prenderlo un pò in giro. «Bene adesso abbiamo la prova...che sei un fatino anche tu!» disse trattenendo a stento le risate. Poi sempre ridendo si lasciò cadere sul letto e Alex, che effettivamente tentò di immaginarsi con ali e gonnellino colorato, rise a sua volta per nulla offeso. Stefi li chiamò poco dopo per la cena ma prima che potessero recarsi in cucina un grande gufo reale volò attraverso la finestra aperta atterrando in malo modo sull'armadio. L'uccello aveva una zampa rotta quindi si aiutava come poteva facendo leva sull'ala. Lily e Alex osservarono il grande volatile che si era appena intrufolato nella loro camera. « AIUTO! » udì Lily che immediatamente corse a guardare fuori dalla finestra. «Cos'hai visto?» le chiese Alex. « Come ?... Non hai sentito? C'è qualcuno in pericolo!». «Ti assicuro che non ho sentito nulla» le confermò preferendo non dare le spalle a quel grosso rapace notturno.
«PER FAVORE AIUTAMI!». La voce fu ancora più chiara e lei non ci pensò su due volte e corse in cucina. Alex chiuse la finestra e seguì sua sorella sempre tenendo d'occhio l'animale sull'armadio. Una volta uscito dalla stanza decise di chiudere anche la porta in modo che l'intruso non potesse svolazzare per la casa. A lui avrebbe pensato più tardi. La cucina ed il salotto creavano un unico grande ambiente scaldato dal tepore del camino. Lì trovò Lily che ripeteva a Stefi ciò che era certa di aver sentito.
«Voi rimanete qui!» disse subito dopo ed uscì seguendo Joseph che reggeva in mano una grossa torcia. Una volta soli andarono ad affacciarsi alle finestre ma fuori era troppo buio. Poi in lontananza scorsero la fioca luce della torcia. «Non ho veramente sentito nulla» ripeté Alex a sua sorella. «Vorrà dire che oltre a potermi autoguarire...sento anche le voci!» fece Lily seccata dal fatto che non le credesse. Era certa di aver sentito qualcuno chiedere aiuto. Quindi attendeva solamente di vedere con chi sarebbero tornati Stefi e Joseph. Quando li vide rientrare soli e alquanto infreddoliti ne rimase delusa. Era pronta a litigare con suo fratello se solo avesse iniziato a prenderla in giro. Stranamente lui si limitò a fissarla pensieroso. «Abbiamo controllato bene tutto intorno alla casa ma...Niente!» fece sapere Joseph andando a riscaldarsi davanti al fuoco. «Mi sarò sbagliata...scusate» disse Lily poco convinta e poi aggiunse «C'è un grosso gufo ferito in camera nostra».
Il gufo fu rimesso in libertà e Joseph rimase molto colpito dalla facilità con cui il grosso rapace si fece prendere e portare all'esterno. Comportamento alquanto insolito per un animale selvatico. Ma la cosa ancora più strana era che quell'uccello, pur non facendosi mai vedere di giorno, ogni sera tornava alla loro casa per posarsi sul davanzale della cameretta e lì rimaneva per tutta la notte.
MUTAZIONI
La grotta in cui erano riuniti era buia e umida. L'acqua che sgorgava dalle pareti rocciose scivolava sino a dei solchi scavati nel pavimento che poi la convogliavano in cisterne che l'avrebbero resa potabile. Al grande tavolo sedevano silenziosamente gli uomini che Vanisia aveva scelto perché supervisionassero le attività che servivano a mandare avanti la Comunità. Ad essi si aggiunsero le spie che lei utilizzava per scovare potenziali futuri eroi ed inoltre erano presenti quattro uomini che riferivano periodicamente sulle
abitudini e gli spostamenti della famiglia Imperiale. Quando Vanisia entrò per prendere posto tutti chinarono la testa come improvvisamente interessati alle venature del tavolo. Nessuno osò guardarla ad esclusione di Nio che le sedeva accanto. «Datemi buone e nuove notizie!» ordinò prendendo posto. Terne che sedeva alla sua sinistra, senza neanche alzare lo sguardo, informò i presenti che la Comunità era cresciuta nell'ultimo anno di milletrecento unità arrivando così ad un numero complessivo di cinquemila persone. Di mese in mese infatti i parenti di coloro che già abitavano nella Comunità si univano ai propri cari che non vedevano da tempo e, una volta portati alla presenza di Vanisia, nessuno di loro aveva più voglia di tornare al luogo d'origine incrementando in questo modo quella già nutrita cittadina sotterranea. A seguire furono elencate le migliorie ottenute in campo agricolo, il numero dei nuovi alloggi ultimati e una serie di novità a cui Vanisia non prestò la benché minima attenzione. Da quando si era seduta nulla era stato più interessante per lei dell'acqua che, con il suo lento scorrere, levigava le pareti. Nessuno dei presenti poteva immaginare quanto poco la interessassero quei banali discorsi e la poca importanza che attribuiva alla vita di tutti quegli uomini, donne e bambini che aveva costretto a vivere lì sotto. Se non avesse creduto che gli sarebbero potuti servire contro Stefi li avrebbe lasciati marcire in quei tunnel da un momento all'altro. Quando si accorse che quell'interminabile serie di inutili parole era cessata si voltò per guardare Nio che le sedeva accanto. «Nessuna novità dunque!» disse con tono seccato. «Permetti che possa parlarti privatamente» le chiese. Vanisia non dovette neanche aprir bocca e senza distogliere lo sguardo da Nio fece un semplice gesto con la mano. I presenti non attesero che aggiungesse altro e con enorme sollievo li lasciarono soli. «Dunque?».
«Ho avuto una breve discussione con Pior, ex servitore del Governante Guan, e sono venuto a conoscenza di una strana contrattazione avvenuta tra gli Imperatori ed un certo Zoe... un' artigiano di queste terre» spiegò rapidamente soffermandosi solo al cambio di espressione di Vanisia. Finalmente aveva catturato la sua attenzione. Lei non gradiva essere tenuta sulle spine ma, allo stesso tempo, l'idea che ci fosse qualcuno capace di tenere desto il suo interesse la stuzzicava piacevolmente. «Continua» ordinò con voce morbida. «Nessuno sa con esattezza quale sia stato l'oggetto di scambio perché tutte le loro conversazioni si sono svolte privatamente. Sappiamo però che Zoe è un' artista dalla bravura indiscussa. Gli Imperatori hanno atteso che lui gli consegnasse qualcosa prima della loro partenza da Minio...ventisette anni addietro». Vanisia fu ben lieta di ricevere finalmente notizie che potevano esserle realmente utili e forse aveva trovato un indizio... Una traccia da seguire per giungere alla realizzazione della profezia. Ma di quanto si era avvantaggiata Stefi rispetto a lei?. Si alzò e ando di fronte a Nio andò a poggiare le mani contro la parete bagnata dandogli le spalle. Chi era questo Zoe e cosa aveva fatto di tanto importante per sua sorella da costringerla a posticipare la partenza dal quel fastidiosissimo e polveroso Continente?. Voleva delle risposte il prima possibile. Ormai su Zaion erano tutti al corrente dei suoi rapimenti quindi era una lotta contro il tempo. Doveva trovarlo subito!. Voleva conoscere la verità!. Le sarebbe bastato sfiorarlo e non ci sarebbero stati segreti o menzogne...solo la verità. Chiuse le mani grattando la dura roccia.
«Di che genere di artista parliamo?...Dipinge quadri o scolpisce?...Devo sapere di più anzi NO...Voglio parlargli!» disse pregustandosi l'incontro. Nio sorrideva contento di averle dato buone notizie e non poteva fare a meno di chiedersi se gliene sarebbe stata riconoscente. «E' bravissimo a lavorare i più svariati tipi di metallo e ad assemblarli tra loro creando pezzi unici nel loro genere...» s'interruppe per riprendere subito dopo al ricordo di un particolare che gli era stato raccontato da un anziana della comunità, «...dicono che sia nato in questa miniera e che vi sia rimasto intrappolato con la madre per alcuni giorni. O almeno fino all'arrivo dei soccorritori » finì. A Vanisia sembrò di aver ricevuto un colpo allo stomaco e s'irrigidì. Nio se ne accorse ma non seppe come interpretare la situazione anche perché lei gli dava ancora le spalle. Non poter sapere cosa stava macchinando lo rendeva nervoso. Oltretutto l'acqua, che inizialmente le bagnava solo le mani, adesso le gocciolava lungo tutto il braccio fino al gomito inzuppandole le maniche del vestito. Cosa le era preso?. Pur desiderando capire cosa le stesse succedendo non aveva il coraggio necessario per distrarla dai suoi pensieri. Era sempre preferibile per chiunque, lui compreso, evitare di farla infuriare. « Sai cosa produceva questa miniera?» gli chiese con voce roca. Lui ci pensò un attimo e poi il suo sguardo si illuminò... Forse aveva capito. « Forse lui sa come...» non finì la frase rapito dai suoi stessi pensieri. « Esatto! » fece Vanisia contenta che fosse giunto alla sua stessa conclusione. « Cosa dobbiamo fare adesso? » chiese elettrizzato all'idea di poterne sapere di più. « OOOH...» iniziò lei con voce strozzata e iniziando a tremare. Nio spaventato da quel suono gutturale e sovrannaturale indietreggiò di scatto di qualche o.
«...IL NOSTRO OBIETTIVO E' SEMPRE LO STESSO...» continuò Vanisia a cui si stavano inspiegabilmente schiarendo i capelli a vista d'occhio, «...CATTURARLA E UCCIDERLA MA...» e adesso la sua folta chioma riccioluta era diventata una liscia cascata bionda e la pelle delle mani non era più pallida ma sembrava abbronzata dal sole. Vanisia si voltò a fronteggiarlo :«...solo dopo che sarò diventata immortale!» disse con la voce di Stefi,« Ma prima troviamo Zoe ». Nio era sconvolto a tal punto che indietreggiò fino a urtare una grande sedia dove sedette per non crollare sulle sue stesse gambe che sembrava non avessero momentaneamente la forza per sorreggerlo. Non era più Vanisia la donna che lo fissava con aria trionfante. Era l'Imperatrice Stefi in carne ed ossa!. « Co...co...come è possibile?» balbettò. Vanisia/Stefi gli si avvicinò porgendogli una mano. « Non credo che sia tanto importante il “come” ma piuttosto il “quanto” questo possa venirci utile...» gli sussurrò. Bastò questo a dargli una nuova carica. Affascinato dai suoi poteri senza limiti le baciò la mano che gli porgeva e poi si alzò a sovrastarla con il suo metro e novanta di altezza. « Permetti che sia io a condurlo da te » quasi la supplicò. « Bene ma...» acconsentì lei, «...non maltrattarlo troppo. Fai in modo che sia ancora in grado di darmi le informazioni di cui ho bisogno...Poi ne farai ciò che vuoi» gli sussurrò all'orecchio.
INTERFERENZE
Da tre anni ormai Lily e Alex seguivano le lezioni che il nonno teneva tutte le mattine. Iniziavano studiando in casa e poi, quando fuori non faceva più troppo freddo, uscivano all'aperto e continuavano con le lezioni di geografia o
astronomia durante le notti estive. Per Lily il nonno era un vulcano di conoscenza. Sapeva tutto di ogni argomento si parlasse e aveva sempre una risposta ad ogni sua domanda. Lei adorava la letteratura mentre Alex prediligeva lo studio della natura. L'unica cosa che riusciva a metterli d'accordo era il desiderio di saperne sempre di più su stelle e pianeti. Nei mesi estivi avevano l'abitudine di trascorrere tutto il giorno a girovagare per i boschi. I nonni ormai li lasciavano liberi di scegliersi i atempi preferiti forse anche grazie al fatto che non sarebbero tornati a casa con qualche osso rotto. Alex e Lily a loro volta, per non perdere la fiducia conquistata, erano sempre attenti a tornare in anticipo per il pranzo o la cena. Quando la sera la temperatura rendeva impossibile dormire tra le lenzuola roventi andavano tutti insieme a stendersi sull'erba fresca del prato e così facendo osservavano il cielo. Joseph indicava un punto in particolare ed elencava le stelle che componevano quella particolare costellazione. « Credi che esistano altre forme di vita nell'universo?» chiese Alex assonnato al nonno che non aveva ancora finito di parlare. « Ne sono certo » fu la pronta risposta. « Come puoi esserne così sicuro? » domandò Lily che ormai era sul punto di addormentarsi. Joseph sapeva di non poter dire ancora la verità. « Non vorremo essere così egoisti da crederci i padroni dell'universo?! » disse. Alex si era ormai addormentato e Lily dopo aver fatto un grande sbadiglio aggiunse :« Spero proprio di no! Voglio dormire e sognare di popoli lontani e bambini dalle orecchie appuntite e magari...magari rivedrò la mamma...» finì di dire prima di sprofondare anche lei in un sonno profondo. « Cosa avrà voluto dire?» chiese Stefi già preoccupata. Joseph si poggiò su un gomito per poterla guardare meglio. « Non ne ho la minima idea. Ma non dovremmo stupirci più di tanto se ha trovato un modo, seppur immaginario, di avere un rapporto con una madre che non ha mai conosciuto ».
« Quindi si è fatta un'idea di come dovrebbe essere sua madre...e la incontra in sogno nella speranza che un giorno possa svegliarsi e trovarsela accanto?». Joseph ci pensò un attimo. « Si credo che sia così e...penso anche che sia arrivato il momento di farli incontrare ». Stefi sentì improvvisamente un nodo in gola.
Il momento dunque era giunto!. L'aveva atteso tanto che adesso quasi stentava a crederci. « Ma se scopriranno la verità vorranno senz'altro tornare alla loro vera casa e certamente non potremo impedirglielo» disse pensierosa. « Ho detto che dovranno incontrarsi...Ma non sapranno niente in più di quanto sarà necessario» spiegò Joseph che già pensava a come sarebbero dovute andare le cose. « Come faremo?» domandò curiosa. Le espose la sua idea e lei pensò che avrebbe anche potuto funzionare. La mattina seguente Lily e Alex furono informati che per quel giorno non avrebbero fatto lezione perciò erano liberi di fare tutto quello che desideravano. « Andiamo a fare il bagno al ruscello » propose allegro Alex. Lily lo guardò con aria stanca e senza neanche rispondergli uscì per sedersi sui gradini. « Cosa c'è che non va?» chiese un pò in pensiero. Per quanto poteva ricordare Lily era sempre stata la prima a correre ad indossare il costume ogni qual volta c'era in programma di andare al lago o alle cascate per un bagno rinfrescante. « Forza racconta » la esortò « Non vorrai farti pregare!?». Lily era titubante a parlarne. Alex l'aveva sempre vista come la sorella maggiore anche se in realtà era stato lui a nascere per primo. Ma per il suo modo di essere, pacata e riflessiva, al contrario di lui, temerario e istintivo, era sempre toccato a
lei prendere le decisioni più importanti e Alex si fidava ciecamente del suo giudizio. Ora che, per la prima volta, non sapeva come affrontare ciò che le stava accadendo si sentiva insicura. Alex la guardava paziente attendendo una risposta. Se non si confidava con suo fratello con chi altro avrebbe potuto farlo? « Ricordi la sera in cui Sbang è finito contro la nostra finestra?» gli domandò. Alex sorrise a sentire pronunciare quel nome. Sapeva che si stava riferendo al gufo che qualche anno prima era volato, attraverso la finestra aperta, fino a schiantarsi sui suoi libri preferiti. SBANG... era stato il rumore che aveva fatto. Da quando l'avevano liberato ritornava tutte le notti a posarsi sul loro davanzale. A volte aveva consumato proprio lì i suoi pasti notturni. Le mattine seguenti infatti, non di rado, era toccato a lui ripulire, da quelli che dovevano essere, i resti di piccoli roditori. « Si...è stato lo stesso giorno in cui abbiamo scoperto di poter rigenerare i nostri tessuti » rispose subito. Ora sapeva che quello era il termine adatto a spiegare il loro potere. « Quella sera ho creduto di sentire qualcuno che chiedeva aiuto e i nonni sono corsi fuori a controllare ma...Mi sbagliavo ». « In che senso? ». Non capiva dove volesse arrivare. « Ho continuato a sentire quella richiesta di soccorso tutte le notti da allora...». Lo guardò aspettandosi di vederlo scoppiare a ridere al pensiero che si fosse ammattita ma Alex era più serio che mai e non aveva alcuna intenzione di prenderla in giro. Per lui era chiaro come il sole che sua sorella, in quel particolare momento, aveva bisogno della sua attenzione. « E' Sbang...E' sempre stato lui. Ha una zampa rotta...ma ormai è troppo tardi per poter fare qualcosa e io l'ho capito solo questa notte ». Aspettò una reazione da parte di suo fratello ma lui per un pò si limitò a guardarla perplesso. « Un gufo parlante?...Io non l'ho mai sentito. E come fai a sapere che ha una zampa rotta?...In che senso l'hai capito solo questa notte?...» snocciolò una domanda dopo l'altra non sapendo bene cosa pensare.
« Inizialmente ho creduto che si trattasse della mia immaginazione e che ben presto non avrei più sentito nulla ma non è stato così. Quando la cosa si è protratta per alcuni mesi ho pensato di avere una nuova capacità ma ho atteso che anche tu potessi sentire. D'altronde è stato così anche la volta in cui mi sono ferita al braccio ma tu hai continuato ad andare a dormire tranquillo ed io mi sono costretta a far finta di nulla », si zittì aspettandosi qualche domanda ma Alex preferiva attendere di conoscere la storia fino ai minimi particolari dunque proseguì. « La settimana scorsa, mentre eravamo nel bosco con il nonno abbiamo incrociato quei cacciatori che avevano sparato ad una volpe...». « Si mi ricordo! » disse subito Alex. « ...era ancora viva». « Come fai a saperlo? Non ricordo di averla vista muoversi ». « Fidati...Era viva! Mi ha pregato di prendermi cura dei suoi cuccioli. Sono nella cavità dell'albero che si trova dove il ruscello curva a valle ». « Li hai trovati? » domandò sbalordito. « Si...ieri quando Joseph ci parlava delle conifere. Io vi ho chiesto di proseguire e che vi avrei raggiunto subito...Ho controllato ed erano veramente lì. Sono due e stanno benissimo. Solo in quel momento ho iniziato a credere di non essermi sbagliata ma avevo ancora qualche incertezza. Poi questa notte ho sognato la mamma e lei mi ha suggerito di avere più fiducia in me stessa. Le ho chiesto per quale motivo tu non hai ancora sviluppato questa capacità e mi ha spiegato che pur essendo gemelli non è detto che non possiamo avere capacità speciali ognuno per conto proprio » terminò sollevata. Alex adesso si sentiva, se possibile, più confuso di prima. Se non aveva capito male era ormai certo che sua sorella riuscisse a sentire e capire il linguaggio degli animali ma la parte del discorso in cui parlava di sua madre gli era ancora difficile da comprendere. Non l'avevano mai conosciuta e i nonni non ne parlavano mai. Doveva ammettere che le loro domande in tal proposito erano state poche e superficiali ma c'era da considerare la bravura con cui i nonni erano riusciti, ogni volta, a sviare la loro attenzione su argomenti che li avevano sempre distratti da quei pensieri. Oltretutto erano sempre stati circondati dal grande affetto di Joseph e
Stefi per cui raramente aveva sentito la necessità di cercare la presenza dei veri genitori. Questo lo portò a pensare che probabilmente per Lily le cose dovevano essere diverse. Forse a differenza sua, anche se non ne aveva mai parlato, sentiva la necessità di avere vicino la vera madre e doveva desiderarlo tanto da essersi convinta di poterle parlare...almeno in sogno. Iniziò a chiedersi come poteva essere stato così distratto da non accorgersi che Lily stesse soffrendo. « Scusa...Non mi ero mai accorto di quanto ti mancasse la mamma» disse sedendole accanto. « Non sto male. Con i nonni sono felice ma ammetto che vorrei tanto conoscerla » confessò. L'essersi liberata da tutti quei segreti la fece stare subito meglio. « Ti dirò anche io la verità. Mi sono chiesto spesso se somiglio a papà ma quando penso di domandarlo a Joseph, subito dopo, mi rendo conto che è meglio non parlarne ». « E' per questo che non ne ho mai fatto parola. Non voglio rattristarli » disse triste. Alex le prese una mano,« Lei com'è?». A Lily brillarono gli occhi. Era contentissima di poterne finalmente parlare:« E' bellissima. Alta come Stefi ma con i capelli corti e biondissimi. E' sempre sorridente ed ha un piccolissimo neo accanto all'orecchio destro...e quei bellissimi occhi verdi come i nostri » finì di dire con sguardo sognante. « Si...mi sembra quasi di poterla vedere. Quello che ti ha detto in sogno è molto sensato...Credi in te stessa perché sei unica! ». Lily poggiò la testa sulla spalla del fratello. Si sentiva come se le avessero tolto un macigno dallo stomaco. Rialzò il capo e con gli occhi chiusi respirò a fondo. Sentì l'odore dei ciclamini e dalla casa giunse il profumo della torta alle fragole che la nonna gli preparava spesso nei mesi estivi. Loro ne andavano matti!. Si sentiva decisamente meglio. Guardò Alex e disse:« Un bel bagno farebbe proprio al caso nostro. Facciamo a chi arriva prima al ruscello?» lo stuzzicò.
« Ci sto !» rispose scattando in piedi. « E prima di tornare ti mostro Macchia e Carotino ». Lui rimase nuovamente spiazzato. « Adesso di chi stiamo parlando? » chiese alzando le mani al cielo. Lily approfittò della sua momentanea distrazione e iniziò a correre verso il bosco. « Sono le mie amiche volpi » gridò correndo a tutta forza. Alex sorrise e si precipitò al suo inseguimento. Zigzagarono tra gli alti fusti di pino laricio finché questi non si mischiarono ai grandi faggi e lì seppero di essere vicini al ruscello. Alex aveva accorciato la distanza che lo separava da sua sorella e ben presto l'avrebbe superata. Lily sapeva di non essere veloce quanto lui quindi per vincere la corsa avrebbe dovuto trovare qualcosa che lo ostacolasse. Decise, quindi, di mettere alla prova il suo nuovo potere. Da quando era entrata nel bosco aveva avvertito la presenza di parecchi animali, anche se ben nascosti dalla vegetazione. Non era facile concentrarsi correndo ma riuscì a farlo quanto bastava per riuscire a capire di che animali si trattasse. Avvertì innanzi tutto due scoiattoli che si immobilizzarono al loro aggio e che, subito dopo, iniziarono a seguirli saltando di ramo in ramo. Un piccolo driomio si andò a nascondere in una buca nel terreno ed un gatto selvatico scappò in direzione opposta alla loro. Alex le era alle calcagna. « BISOGNO DI AIUTO? » sentì Lily nella sua testa. Era certa che fossero gli scoiattoli anche senza doversi voltare per accertarsene. « SI, GRAZIE » rispose euforica. Gli scoiattoli li superarono di parecchi metri e anche Alex li avrebbe visti se non fosse stato così impegnato a guadagnare terreno. Quando furono almeno quindici alberi più avanti rispetto ai ragazzi si fermarono. Alex era a poche falcate da Lily e quando entrambi si furono avvicinati abbastanza gli scoiattoli si lanciarono su Alex che spaventatissimo iniziò a gridare. Dunque dovette fermarsi per toglierseli di dosso.
Lily si avvantaggiò nuovamente di parecchi metri e dal punto che aveva raggiunto poteva finalmente sentire il rumore dell'acqua che scendeva a valle. Troppo curiosa di sapere cosa stesse facendo suo fratello si voltò a guardare. « Lo scherzetto è stato di tuo gradimento?» gli gridò ridendo. Gli scoiattoli erano di nuovo sugli alberi e da lì facevano da spettatori mentre Alex era piegato in due per la stanchezza dovuta alla corsa e la paura appena presa. Anche Lily aveva il fiato corto ed i polmoni le bruciavano ma quando vide suo fratello accasciarsi malamente al terreno iniziò nuovamente a correre per raggiungerlo. Alex sentì i i avvicinarsi velocemente e attese immobile. Con il vantaggio che si era presa quello era l'unico modo per vincere quella corsa. Lily si lasciò cadere al suo fianco urlando il suo nome e nello stesso istante lui scattò in piedi e iniziò a correre lasciandola a bocca aperta. « E del mio che ne pensi? » le urlò senza neanche voltarsi. Lo sbigottimento di Lily durò pochissimo e rimessa in piedi iniziò ad inseguirlo. Alex aveva quasi raggiunto l'acqua quando inciampò su un ramo nascosto dalle foglie. Cadde rotolando per qualche metro ma con un abile capriola si rimise subito in corsa. Lily era certa che se solo avesse allungato il braccio avrebbe potuto afferrarlo per la maglietta. Mentre rifletteva se fosse giusto rischiare di farlo strozzare avvertì la presenza di qualcuno che li osservava. Questa volta, però, non era certa che si trattasse di un animale. Era una sensazione nuova per lei quindi, dimenticata la corsa, si fermò di colpo per guardarsi intorno. Per le piccole creature del bosco, con cui aveva incrociato il cammino pochi attimi prima, le si era formata chiaramente in testa l'immagine del tipo di animale di cui si trattava...ma adesso era confusa. Chiuse gli occhi cercando di concentrarsi il più possibile ma l'immagine che le compariva era troppo sfocata per capire di cosa si trattasse. Però percepì perfettamente il posto in cui si trovava. Si voltò di scatto guardandosi alle spalle. Quella situazione non le piaceva affatto...specialmente perché non vide nessuno. Alex non sentendo più i i di sua sorella si fermò a controllare. Da dove si trovava poteva vedere perfettamente il ruscello. Dall'altro lato però c'era Lily. Ferma immobile con gli occhi ed i pugni serrati.
Cosa credeva di fare adesso?. Pensò subito che si trattasse di un'altra tattica per farlo rallentare. Poi, invece, la vide voltarsi per controllare qualcosa alle sue spalle e l'incertezza che le lesse in viso non gli piacque. Lily tornò lentamente sui suoi i guardandosi intorno con circospezione. Controllò dietro i tronchi più robusti e poi si diresse verso quello dietro cui, era certa, si nascondesse qualcuno. Si avvicinò lentamente non sapendo bene come comportarsi se avesse realmente trovato la persona che, sino a quel momento, li aveva seguiti e spiati. Poggiò una mano sul tronco rugoso e prese coraggio. « Cosa succede? » urlò Alex. Lily saltò per lo spavento e subito dopo si diede della stupida. Girò velocemente intorno all'albero... ma non vi trovò nascosta anima viva. Tirò un gran respiro di sollievo e si lasciò scivolare a sedere. Di cosa si trattava dunque?. Non sapeva più a cosa pensare perché, effettivamente, adesso quella sensazione era anche più forte di prima. Ma non si sentiva più in pericolo. Si ricordò che Alex la stava aspettando. « Tu vai pure. Io arrivo subito. Devo solo riprendere fiato » gridò. Alex, che dopo quella corsa era stanco e più accaldato di quando erano partiti da casa, non se lo fece ripetere due volte e corse finché non arrivò nella conca in cui il ruscello formava una piccola piscina naturale e poco profonda. Si tuffò con i vestiti ancora in dosso. Anche dal punto in cui si trovava Lily sentì l'impatto di suo fratello contro la superficie fresca dell'acqua. Il desiderio di un bagno rigenerante la spinse ad alzarsi e a proseguire con calma. Si fermò solo quando avvertì nuovamente la presenza dei due scoiattoli che l'avevano aiutata, poco prima, a rallentare suo fratello. Alzò lo sguardo e li vide sul ramo più basso dell'albero che stava alla sua destra. Erano due bellissimi esemplari dal manto nero, tipici dell'Aspromonte a quanto le aveva spiegato una
mattina il nonno. «GRAZIE ANCORA» pensò Lily sperando di poterli accarezzare. Il più grassottello si avvicinò quanto bastava per permetterle di potergli lisciare il morbido pelo che lo ricopriva. Lo trovò sofficissimo. Poi sotto la mano sentì qualcosa di strano. « PUOI AIUTARMI » pensò deciso lo scoiattolo. Lily lo fece salire sulle mani in modo da poter controllare meglio. Vide che aveva una grossa spina conficcata quasi per intero sotto pelle. Doveva essere molto doloroso, pensò. Adagio e con grande cautela la estrasse completamente. Lily tirò un gran respiro di sollievo...Non credeva di potergli essere d'aiuto. « PUOI FARE MOLTO DI PIU' » si sentì dire, come se lo scoiattolo le avesse letto pensieri e stati d'animo. Era davvero così grande l'unione che si era creata con queste creature?. Era così facile leggerle dentro?. « NOI TI SENTIAMO » la informò lo scoiattolo. « VOI...SCOIATTOLI? » chiese Lily titubante. « NO. TUTTI NOI ANIMALI AVVERTIAMO LA TUA PRESENZA... DA MOLTO LONTANO ». « MA...COME? PERCHE'? ». « DOVRAI SCOPRIRLO DA SOLA ». « PERCHE DA SOLA ? ». « PER CAPIRE CHI SEI VERAMENTE. APPRESCINDERE DA COSA GLI ALTRI SI ASPETTANO CHE TU FACCIA ». Lily non sapeva più cosa pensare. Aveva già impiegato molto tempo per ammettere a se stessa di poter capire il linguaggio degli animali. Ma pensare di poter intavolare con loro una vera e propria conversazione era addirittura impensabile. Inoltre, se non si sbagliava, quello scoiattolo conosceva cose di lei
di cui lei stessa era all'oscuro. Decine di domande iniziarono ad affollarle la mente e non appena lo scoiattolo lo intuì corse a nascondersi tra i rami. « TRANQUILLA...ADESSO CHE HAI ACCETTATO IL TUO POTERE TUTTO SARA' PIU' FACILE...ANCORA GRAZIE ». Lily cercò di non perderlo di vista ma il sole alto nel cielo, filtrando tra le foglie degli alberi, non le fu d'aiuto e ad un certo punto non lo vide più. Il suo amichetto era scomparso con lui. Adesso chi avrebbe risposto alle sue domande? Una volta che si fu rassegnata al fatto di non poter avere delle risposte decise di raggiungere Alex ma, fatti pochi i, notò due piccoli occhietti che la fissavano da una cavità che si trovava nel tronco dell'albero che le stava di fronte. Si avvicinò con enorme cautela. Aveva appena trovato l'origine di quella strana sensazione che l'aveva accompagnata fino a quel momento. La creatura, seppur nell'ombra della sua tana, si sentì scoperta e uscì velocemente per salire qualche ramo più su. Si trattava certamente di uno scoiattolo ma, stranamente, aveva il manto dorato con lunghe strisce argentee sulla coda. Lily rimase piacevolmente meravigliata. Neppure sospettava dell'esistenza di scoiattoli simili. La creatura la fissò per un' attimo e lei poté notare un nuovo particolare. Gli occhi erano di due diversi colori... uno azzurro e l'altro verde. Ma che razza di animale era?. Provò ad avvicinarsi di un altro o ma avvertì una sorta di fastidiosissima scarica elettrica al cervello. Non seppe cosa pensare non riuscendo a capire cosa le era appena successo. Non sapeva come spiegarsi quelle strane...interferenze. Interferenza!. Ecco la parola che stava cercando e anche l'unica che potesse esprimere al meglio quella sensazione. Per un' attimo le venne in mente il televisore di casa. Capitava spesso che perdesse il segnale e subito lo schermo veniva attraversato da tante linee scure orizzontali. Dopo qualche attimo tutto tornava a posto. Era proprio come si sentiva in quel momento...l'interferenza era ata così come era arrivata. Non appena lo scoiattolo scappò via l'interferenza scomparve con
lui. Lily avrebbe avuto bisogno di tempo per capire tutto quello che le era successo quella mattina e avviandosi verso il ruscello prese a ripercorrere con la mente gli ultimi avvenimenti. Appena arrivò vide che Alex era ancora in acqua e conoscendolo sapeva bene che non ne sarebbe uscito fino all'ora di pranzo. « Che fine hai fatto? » le chiese. « Credo di essermi stancata troppo durante la corsa...Tutto qua!» rispose entrando lentamente nella pozza fino a che l'acqua non le arrivò alle ginocchia. « Hai giocato sporco con quegli scoiattoli » le fece notare. Per lui vincere a quel modo la gara non fu affatto divertente quindi nuotò veloce verso Lily e appena fu abbastanza vicino iniziò a schizzarla a ripetizione. Lei che non aveva fatto in tempo ad allontanarsi a sufficienza si ritrovò, nel giro di pochi secondi, grondante d'acqua. Così conciata non le restava che seguire l'esempio di Alex e tuffarsi con tutti i vestiti. E infatti fu proprio quello che fece. arono le due ore successive a prendere rincorse per poi lanciarsi in acqua cercando di stabilire chi dei due arrivasse più lontano prima di risalire in superficie. La competizione tra loro era sempre ai massimi livelli ma neanche una volta era sfociata in un litigio. Joseph, infatti, non faceva che ripetergli che per la loro età potevano dirsi molto più maturi dei loro coetanei e loro ne erano sempre molto lusingati e mai avrebbero fatto nulla che avesse potuto deluderlo. Quando furono abbastanza stanchi si sdraiarono sull'erba per far asciugare i vestiti. In questo modo sarebbero potuti tornare a casa in perfetto ordine...o quasi. « Cosa credi che ci abbia preparato la nonna per pranzo? » chiese Alex affamato. « Non ne ho idea. Ma qualunque cosa sia sono certa che sarà buonissima. Le sue pietanze lo sono sempre!» gli rispose prima di avvertire un'altra interferenza. Aprì gli occhi per guardare tra le fronde degli alberi ma c'erano troppe foglie e non riuscì a scorgere ciò che cercava. Si chiese se avesse dovuto spiegare ad Alex tutto quello che le era successo nel bosco ma poi decise che prima di farlo avrebbe voluto capirne qualcosa in più.
« E' ora di andare » suggerì Alex che riscaldato dai raggi del sole stava per appisolarsi. Ripresero la strada di casa raccolti ognuno nei propri pensieri. Solo i brontolii dello stomaco vuoto di Alex li riportarono alla realtà. Avrebbero ancora dovuto percorrere un bel tratto e nel frattempo arono anche a controllare lo stato di salute delle due piccole volpi. « Cosa credi che abbia tenuto così occupato Joseph da impedirgli di farci lezione?» domandò Lily. « Non saprei... Ma certamente è qualcosa d'importante altrimenti adesso sarebbe qui con noi ».
Interferenza.
Lily si guardò intorno e Alex se ne accorse. « Sei parecchio strana oggi ». Lily finse di non sentirlo. « Devo aspettarmi l'attacco di un lupo? » aggiunse Alex fingendo di difendersi dall'attacco improvviso di qualche grosso animale. « No...» rispose decisa Lily « ...sono troppo lontani ». Alex si bloccò. « Riesci davvero a sentirli? » disse incredulo iniziando a guardarsi intorno a sua volta.
Lily capì di dovergli almeno qualche piccola spiegazione. « Non è che proprio li sento...Più che altro avverto la loro presenza e se solo
fossero più vicini riuscirei a sentire i loro pensieri...e loro i miei » concluse. Anche se non era certa di essere stata abbastanza chiara. Accidenti! pensò Alex. Sua sorella era proprio una forza della natura. « Ti prego fai attenzione a non desiderare una pelliccia...per lo meno... non prima che usciamo dal bosco. Non vorrei che qualche animale ci attaccasse per vendicarsi » le disse trattenendo le risate. Arrivarono alla radura e allungarono il o perché non c'erano più alberi a ripararli dal sole. Quando furono a poche centinaia di metri da casa ne videro uscire Joseph che andò a sedersi sul dondolo. Stefi lo seguì subito dopo e vedendoli arrivare si fermò sulla porta. Quando si spostò al suo fianco comparvero una giovane ragazza e quello che probabilmente era il suo compagno, perché la teneva per mano. Alex e Lily giunsero all'inizio del vialetto che terminava sotto il portico. « Chi saranno? » chiese Lily curiosa. « Sicuramente dei parenti » affermò Alex, con una tale certezza nella voce che lei si voltò a guardarlo. « Come fai ad esserne così sicuro? ». « Osserva gli occhi della ragazza...Sono identici a quelli di Stefi ». Lily non se lo fece ripetere due volte e constatò che Alex non si era affatto sbagliato. Quel verde era perfettamente visibile anche a quella distanza. « Ma...Piange!...» si accorse subito. « Si. Sarà emozionata di conoscerci...Oppure le abbiamo fatto una pessima prima impressione » scherzò Alex tirandole una gomitata. « Sei sempre il solito ». « Piuttosto guarda come sono vestiti. Sembrano provenire da qualche reparto speciale » commentò serio. Alex avrebbe tanto desiderato un'uniforme come quella. Da lontano era sembrata una muta da sommozzatore. Era scura e gli fasciava il
corpo come una seconda pelle. I polsini e lo scollo erano di tonalità più grigiastra. Una fascia larga pochi centimetri gli cingeva la vita che, nella parte frontale, presentava una serie di applicazioni metalliche. Avrebbero anche potuto indicare il grado in comando, pensò. Da quello che poteva vedere alcune zone del corpo, in particolare il torace, le spalle e gli avambracci, presentavano delle ulteriori protezioni. Che fossero dei rinforzi utili a bloccare i proiettili?. Più si avvicinavano e più si rendeva conto dell'imponenza dell'uomo. Avrebbe anche potuto fare il pugile considerata la mole fisica. Per un attimo desiderò di diventare come lui da grande ed effettivamente era la prima volta che trovava interessante un uomo che non fosse Joseph. Il suo volto aveva un'espressione fiera e orgogliosa. Sentì subito che sarebbero andati senz'altro d'accordo. Lily dal suo canto non distolse neanche un attimo l'attenzione dal viso della ragazza. Aveva lineamenti sofisticati che le davano un'aria principesca. Naso e labbra erano perfettamente proporzionati e la postura era regale. Sia lei che il ragazzo sembravano indossare la stessa divisa anche se la sua era resa più femminile da uno scollo più profondo e i polsini che finivano a punta sul dorso della mano. Vedere i suoi corti capelli biondi, che arrivavano appena al livello del mento, le fece avere una una strana sensazione di déjà vu. Senza neanche rendersene conto afferrò la mano di suo fratello e la strinse forte. Alex capiva come si sentisse senza neanche doverle chiedere nulla. Questo era il bello dell'essere gemelli. « Tranquilla » le disse. Non appena misero piede sotto il portico Stefi gli fu subito alle spalle e sospingendoli qualche o più avanti verso i nuovi ospiti disse: « Alex...Lily....Loro sono nostri parenti » e allungò il braccio per indicare la ragazza. « Lei è Riwa...» e poi indicando alla sua destra « ...e lui è Vins ». Joseph che fino a quel momento si era goduto la scena da seduto si alzò e disse:« Sono venuti da molto lontano per conoscervi. Trascorreranno il resto della giornata con noi ».
« Perché solo oggi? » sbottò Alex. Subito però si rese conto di non voler dare l'impressione del ragazzino capriccioso anche perché non lo era mai stato. Il suo desiderio di poterli conoscere meglio era troppo grande e un giorno non sarebbe certamente bastato dunque ci riprovò. « Ciao...Io sono Alex e sono veramente contento di conoscervi ». Riwa gli gettò subito le braccia al collo stringendolo forte a se mentre Vins gli scompigliò i capelli ancora umidi. « Qualcuno ha avuto il buonsenso di fare un piacevole bagno fresco » disse strizzandogli l'occhio. Non appena terminò l'effetto “spaccaossa” dell'abbraccio di Riwa, Alex propose speranzoso:« Domattina potremo farne uno tutti assieme. Io e Lily conosciamo un posto stupendo...Potremo anche provare a pescare qualche trota». « E tu non ti arrendi mai. Vero?» gli domandò Stefi. « Siamo spiacenti di dover ripartire ma non possiamo proprio farne a meno » disse Riwa. « E quando tornerete? » domandò Lily parlando per la prima volta. Avrebbe tanto voluto avere più tempo per sapere tutto dei nuovi arrivati. Non avevano mai ricevuto la visita di nessuno se si escludeva Davide, la Guardia Forestale amico del nonno. Quindi non avevano mai sospettato di avere altri parenti oltre i nonni. Ora per la prima volta Lily si rendeva conto di quanto vivessero isolati dal resto del mondo. Erano stati cresciuti tra l'affetto incondizionato di Stefi e Joseph, in mezzo alla natura incontaminata avevano appreso tutto ciò che altri bambini imparavano in molto più tempo da persone che non sempre erano interessate a far nascere in loro il desiderio di saperne sempre di più. Si era sempre sentita fortunata del fatto di aver avuto una famiglia splendida ma adesso aveva la strana sensazione di essere stata comunque privata di qualcosa di fondamentale come... il contatto con altre persone. Non conosceva nulla di Vins e Riwa. Chi fossero. Da dove venissero. Che cosa fero nella vita e perché fossero così emozionati di fare la sua conoscenza e quella di Alex. Forse avrebbe avuto poco tempo in quella giornata per avere risposte a sufficienza ma sicuramente si sarebbero incontrati altre
volte. Questo era certo perché lei lo avrebbe preteso!. Cercò lo sguardo di suo fratello per capire se anche lui provasse i suoi stessi sentimenti. Lui incontrò il suo sguardo. Si...anche lui percepiva che un legame forte li univa ai due stranieri. Dovevano saperne di più. « Cercheremo di venire a farvi visita il più spesso possibile. Sempre che a voi faccia piacere » disse Riwa prendendo tra le mani quelle di Lily. « Sarebbe meraviglioso! » acconsentirono subito Alex e Lily contemporaneamente. « Bene...Adesso che ne pensate di sederci a tavola? » propose Stefi entrando in casa. Vins poggiò le grandi mani sulle spalle di Lily e Alex e disse:« Fate strada ragazzi. Ho una fame che divorerei una macchia! ». « Vuoi dire una mucca » lo corresse prontamente Alex. « Si voleva proprio dire...mucca » disse Joseph divertito. Riwa li seguiva per ultima godendosi lo spettacolo che erano i suoi figli accanto all'uomo che amava. Aveva atteso anni per poterli incontrare e bruciava dal desiderio di potergli raccontare tutta la verità. Ma purtroppo il tempo per farlo non era ancora giunto e fino ad allora avrebbe dovuto accontentarsi di poterli vedere di tanto in tanto anche se questo avrebbe richiesto un'enorme sacrificio. Lei e Vins non volevano mentire ma sapevano che avrebbero dovuto farlo. Ma l'interrogativo che continuava a perseguitarli da anni era sempre lo stesso. Una volta raccontata la verità...Li avrebbero perdonati?. Abbandonò quei tristi pensieri solo quando Lily la prese per mano per invitarla a sedere accanto a lei. Quel lieve contatto le fece desiderare di poter cancellare dalla mente di tutti gli abitanti di Zaion il ricordo dell'esistenza della sua intera famiglia in modo da poter vivere felici in un luogo qualunque dell'universo, lontano da tutte le responsabilità che invece aveva ereditato per nascita. Ma poteva abbandonare un'intera civiltà alla mercé di Vanisia?.
Joseph approfittò di un attimo di distrazione dei nipoti per avvicinare Riwa. « Devi rilassarti. Sei tesa come una corda di violino. Hai atteso per anni questo momento. Non sprecare il poco tempo che hai a disposizione ponendoti inutili domande ». « Per te sono sempre stata un libro aperto. Ma non riesco ad evitare di chiedermi cosa penseranno di me dopo che gli avrò anche mentito » disse con voce tormentata. « Quando li avrai conosciuti meglio capirai quanto sono straordinari e perspicaci. Capiranno il sacrificio che avete dovuto affrontare » finì Joseph carezzandole il volto. « Credo che tu abbia perfettamente ragione » s'intromise Vins « Per tanto tempo mi sono immaginato questo incontro e poi...Tutto procede molto naturalmente. C'è un legame forte tra noi e i ragazzi ed è più che evidente che sono molto svegli e che dovremo fare molta attenzione a non farci smascherare ». Vins non aveva ancora finito di parlare che Alex e Lily portarono in tavola le pietanze ed era chiaro da come li scrutavano che erano curiosi di sapere di cosa stessero confabulando. « Ho l'impressione che le domande non tarderanno ad arrivare » disse Riwa. E così fu!. Non avevano ancora preso posto che già Lily chiese curiosa:« Da dove venite? ». « Da diciassette galassie e ventuno mila anni luce da qui » rispose Vins. Stefi e Joseph quasi si strozzarono con l'antipasto. « Buona questa. Con i vestiti che indossate potremmo anche crederci » fece allegro Alex con la bocca piena. « In realtà facciamo parte di gruppo di spedizione scientifica con campo base al polo nord. Queste...sono tute termiche che ci impediscono di morire assiderati!» mentì Riwa con molta difficoltà. « Spero per voi che siano anche auto-refrigeranti perché altrimenti con i
trentacinque gradi di oggi rischierete di sciogliervi!» li stuzzicò Lily. Fu chiaro a tutti che quella spiegazione non aveva convinto per nulla i ragazzi. « Riwa e Vins vi hanno portato dei regali » fece sapere Stefi, tentando così di spostare la discussione su qualcosa che li avrebbe piacevolmente distratti da quell'argomento. « Un giorno pranzando insieme a Joseph ci ha detto che tu adori le scienze naturali... » disse Riwa rivolta ad Alex, «...e tu preferisci leggere » terminò parlando a Lily. Alex non si fece sfuggire l'occasione. « E quando avete pranzato insieme? ». A Vins andò qualcosa di traverso e per poco non soffocò. Riwa fece finta di non aver sentito la domanda e gli consegnò un telescopio ultimo modello. Questo bastò per far sentire in colpa Alex per i tentativi che aveva fatto di metterli in difficoltà. « E per te...una bella scorta di libri » disse Vins a Lily. « Di cosa parlano? » chiese subito emozionata all'idea di conoscere quali erano i loro gusti. « Io ho preferito selezionarti alcune tra le più belle raccolte di poesie » spiegò Vins. « Io invece ti ho scelto libri di avventura ma in particolare questo... “Viaggio all'origine degli arcobaleni”. Quando avevo la tua età era il mio preferito e comunque non sapendo se ti sarebbe piaciuto ho voluto portare anche questo...Dalle nostre parti al momento è il più venduto s'intitola “Angel...»... non fece in tempo a finire che si rese subito conto di aver commesso un o falso. Sperò solo che nessuno ci avesse fatto caso. « Non immaginavo che gli eschimesi avessero questa grande ione per la lettura!» commentò con aria seria Lily. « Sorellina...mi hai rubato le parole di bocca!» l'appoggiò Alex. Gli adulti erano avvisati. Sia lui che sua sorella potevano anche far finta di credere a tutte le fandonie che avevano deciso di raccontargli ma non lo avrebbero fatto per sempre. Prima o poi la verità sarebbe dovuta venire a galla e fino ad allora
entrambi si sarebbero divertiti a mettere in evidenza ogni loro minimo errore. Troppe cose della loro vita non avevano una spiegazione. Erano cresciuti circondati da tanto amore...ma non da quello dei genitori. Avevano capacità al di fuori dal normale...ma non avevano il permesso di parlarne con nessuno. Vivevano in un luogo meraviglioso...ma il contatto con i loro coetanei era pari a zero se non si consideravano le sagre di paese e le festività ate sulla pista da sci. Infine, ma non ultimo, quello stranissimo motivo in rilievo che avevano sul polso e che erano costretti a nascondere con dei bruttissimi polsini in stoffa. Per non attirare l'attenzione!, aveva più volte spiegato Stefi che ad ogni compleanno gliene regalava di nuovi. Quegli stessi simboli che non avevano smesso di prudere un solo attimo da quando erano rientrati a casa. Alex si accorse solo in quel momento che anche Lily era tutta arrossata alle estremità del polsino. « Qualcosa non va?» gli domandò Riwa. Alex s'irrigidì. Sapeva di non poter mostrare cosa nascondeva. « E' tutto a posto!» fece. Riwa finse di non sentire la risposta e si allungò sulla tavola per afferrare con delicatezza la mano di Alex. Lui per un attimo non seppe che fare e in quell'attimo di esitazione Riwa gli sfilò la polsiera. Il simbolo di Zaion era ancora lì così come se lo ricordava. Alex istintivamente si coprì il polso con la mano libera e quasi si sentì in colpa per non averle saputo impedire di scoprirlo. Subito cercò lo sguardo di Stefi e Joseph convinto che li avrebbe visti delusi o in collera. Invece fu piacevolmente felice di notare che avevano un'espressione serena e quasi...sollevata. « Non dovresti grattarti a quel modo. Non farai altro che irritarti la parte!» gli disse Riwa portandosi al suo fianco. Una volta accanto a lui iniziò ad arrotolarsi la manica dell'uniforme. Così facendo scoprì un meraviglioso bracciale a fascia che riluceva come se la luce provenisse dal suo interno. A quanto poté vedere era formato da un unico pezzo, largo circa quattro dita, che le fasciava completamente il polso e su cui era incisa una grande lettera R. Si chiese come avrebbe fatto a sganciarlo.
« Cosa ne pensi di buttar via la tua...in cambio di questo?». Alex non credette alle proprie orecchie. « Sarebbe..» iniziò. Riwa ò due dita sulla parte superiore del bracciale che, come fosse costituito da metallo liquido, iniziò a muoversi e a cambiare forma. Lily, al pari di suo fratello, si ritrovò ad osservare la scena a bocca aperta. Il bracciale diventò un pezzo rigido che Riwa poté facilmente afferrare e posizionare sul polso di Alex. Riwa lo sfiorò, come già aveva fatto poco prima, e questo tornò a liquefarsi e a rimodellarsi in base alle dimensioni del polso di Alex. «...Magnifico!» esclamò in fine stupefatto. « Questo non ti darà alcun fastidio e poi...è personalizzato» sottolineò Riwa ando l'indice sulla grande A che adesso vi si leggeva al centro. Alex era al settimo cielo. Finalmente non avrebbe più dovuto indossare quelle orribili polsiere di stoffa. « Lily...Non è stupendo?» chiese euforico. Lei non fece in tempo a rispondergli. « Ce n'è uno anche per te... » fece Vins sollevando il braccio dal tavolo. Lily non aspettava altro. « Grazie...ma come funzionano?» chiese incuriosita. «...ma solo se prometti di smetterla con questo continuo interrogatorio! » finì lui. Lily ci pensò su un attimo e subito decise che avrebbe potuto accontentarli. Avrebbe messo da parte le domande per la prossima volta. Il pranzo proseguì tra gli innumerevoli complimenti alla cucina di Stefi e i racconti dei ragazzi che narrarono delle esperienze fatte nei boschi. Le ore insieme parvero volare via e ben presto Riwa e Vins li informarono che era giunto il momento di ripartire. A malincuore li salutarono promettendo di tornare presto a fargli visita. Da allora mantennero la parola facendogli puntualmente visita una volta al mese. Avevano capito che era un lasso di tempo sufficiente per avere la possibilità di seguire la crescita dei ragazzi e informarsi delle loro
rocambolesche avventure e allo stesso tempo, a fine giornata, Lily e Alex erano talmente stanchi da non pensare nemmeno lontanamente di porre scomode domande a cui Riwa e Vins avrebbero dovuto rispondere mentendo.
L'ORA DELLE FAVOLE...E DI MANUEL
« Da quando abbiamo conosciuto Riwa e Vins ho smesso di sognare la mamma » spiegò una sera Lily a suo fratello prima di addormentarsi. « Non mi sembra che ti dispiaccia dello scambio! » osservò lui contento di vederla, col are de tempo, sempre più serena. « Hai mai desiderato...» aggiunse, « ...Non sarebbe splendido se fossero loro i nostri veri genitori? ». Poi, improvvisamente, Alex si pentì di averlo detto. Finalmente Lily iniziava ad avere più fiducia in se stessa e da parecchio aveva anche smesso di parlare nel sonno. Ricordava bene di averla sentita spesso rivolgersi a qualcuno che chiamava mamma e le mattine successive era sempre triste e scontrosa. Dunque era meglio evitare di darle pensieri che avrebbero potuto farle venire nuovi dubbi o paure. Quindi cercò subito di riparare. « Ma non è così... E mi va bene ugualmente!. Non ho intenzione di riempirmi la testa di interrogativi...di “se” e di “ma” » disse. Dal giorno della corsa nel bosco le cose erano semplicemente migliorate e non c'era bisogno di crearsi nuovi problemi. Ma Alex non poteva fare a meno di chiedersi cosa sarebbe potuto succedere se Lily si fosse accorta, come era successo a lui, del piccolo neo, appena nascosto dai capelli, che Riwa aveva all'orecchio destro. Ricordava ancora le descrizione che Lily aveva fatto della mamma che spesso le aveva fatto visita nei sogni. Conoscere il nuovo particolare l'avrebbe portata a credere che dietro quei sogni si nascondesse un briciolo di verità?. Conoscendola si sarebbe posta troppe domande ma questa volta l'avrebbe senz'altro protetta da quella che, per lei, si sarebbe potuta rivelare una grossa delusione. « Cosa ne pensa Joseph del tuo nuovo dono? » le chiese sperando che lei avesse sorvolato sulle sue ultime impressioni.
« Non gli ho ancora raccontato nulla » rispose con un tono così tranquillo che anche Alex finalmente si rilassò. Allo stesso tempo però ne rimase meravigliato. « Non gli hai mai nascosto nulla...». « E non ho intenzione di cominciare adesso! Solo che ho avuto altre cose per la testa ». « Non vorrai consumare tutta la tua materia grigia parlando con i tuoi nuovi amici animali?» la prese in giro. « Molto spiritoso....Non ti farà piacere sapere che conversare con i piccoli mammiferi del posto è a volte più stimolante che intavolare una discussione con te! » disse con falso tono seccato per poi soffocare le risate nel cuscino. Seduti sotto il portico di casa Joseph e Stefi avevano fatto, in quegli anni, da spettatori al meraviglioso alternarsi delle stagioni terrestri. Il verde paesaggio estivo cedeva lento il o al rosso ruggine che, ad autunno inoltrato, dominava tutte le montagne circostanti, finché a Gennaio, con i primi soffici fiocchi di neve, un candido manto bianco ricopriva ogni cosa e questo magico scenario non mutava fino a Marzo quando, con l'arrivo della primavera, la natura riprendeva trionfante a dar vita a flora e fauna. Durante una di quelle serate, sorseggiando una tazza di cioccolata calda, si ritrovarono a fissare incantati il luccicare delle stelle che, assieme alla luna, rischiaravano il cielo. « Credo di capire perfettamente cosa intendesse Zoe...» fece Joseph fissando un punto preciso del cielo. « Lo senti anche tu ?» gli chiese Stefi malinconica. « Si! Zaion per me è un richiamo costante!». Ci fu un attimo di silenzio in cui entrambi ricordarono con nostalgia il pianeta d'origine che attendeva il loro definitivo ritorno. « Dobbiamo in qualche modo far sapere loro di Zaion » disse Stefi. « Cos'hai in mente?» gli domandò Joseph, a cui era chiaro che lei non intendeva che dovevano necessariamente raccontargli la verità. Ne parlarono per un pò tentando di trovare un compromesso.
Joseph era dell'opinione che a undici anni compiuti Alex e Lily fossero un pò troppo cresciuti per interessarsi ancora alle favole ma, dopo essere venuto a conoscenza della nuova capacità di Lily, dovette ammettere a se stesso che era senz'altro giunto il momento di metterli al corrente dell'esistenza di un pianeta di nome Zaion e della sua storia e lo avrebbe fatto una sera dopo l'altra appena finito di cenare. Contrariamente alle sue aspettative i nipoti si mostrarono molto interessati fin dal primo racconto e con il are del tempo li vide sempre più coinvolti nelle vicende che di giorno in giorno decideva di narrare. Spesso Stefi, a cui piaceva ascoltare come Joseph descriveva i suoi antenati, interveniva aggiungendo nuovi particolari ai diversi eventi oppure svelava i complotti che spesso si erano celati dietro le prese di potere che nei secoli si erano succedute.
« Alex svegliati!» disse una mattina Lily scuotendolo energicamente. Lei era in piedi già da tre ore e da qualche giorno ava il tempo libero tentando di trovare un modo per aiutare tutte le creature animali che settimana dopo settimana, a causa di ferite o malattie, avevano preso a radunarsi nel vicino sottobosco in attesa di essere aiutati. I nonni si occupavano ormai quotidianamente dei piccoli volatili o delle ferite superficiali riportate da volpi, scoiattoli e cinghiali. Ma linci e lupi non si facevano avvicinare da altri che non fossero Lily e Alex. Quella mattina però Joseph, appena uscito di casa, si era imbattuto in un grosso orso bruno che di certo aveva dovuto fare molta strada per poterli raggiungere. L'animale aveva una ferita d'arma da fuoco ad una delle zampe posteriori. Mostrava chiaramente i segni della presenza di una brutta infezione che aveva già causato la caduta del pelo tutto intorno all'arto. Anche la carne aveva iniziato a marcire e l'orso procedeva lentamente. Alex si mise finalmente seduto. « Vieni a vedere l'orso! » gli urlò Lily. Alex sgranò gli occhi e senza pronunciare parola si precipitò fuori in pigiama. Uscendo sentì in parte la conversazione che Stefi e Joseph stavano avendo in cucina. Lui proponeva di far intervenire la Guardia Forestale mentre lei preferiva evitare che qualcuno si accorgesse delle numerose specie animali che convivevano pacificamente in un area così ristretta.
Uscì e vide Lily inginocchiata al fianco dell'orso che, pur leccandosi la ferita, non le toglieva gli occhi di dosso. « Non credi sia il caso di allontanarti un pò? » le fece notare Alex. « Non ha cattive intenzioni...Vuole solo essere aiutato». Alex alzò gli occhi al cielo. Erano ormai centinaia gli animali giunti fin li con lesioni o strane malattie e tutti aspettavano che lui e sua sorella fero chissà quale magia per poterli aiutare. « Perché non ti fai dire cosa credono che possiamo fare per loro...Così magari potremo veramente essergli utili anziché are i giorni a chiederci quanti altri ne arriveranno!». « Ci ho già provato molte volte ma non fanno che ripetermi che dobbiamo trovare da soli una soluzione ». « Perché dici...dobbiamo?» le chiese sedendole accanto. Lily era pensierosa e molto confusa quindi inizialmente si limitò ad un'alzata di spalle. « Mi spremo le meningi da tempo ormai ma non sono venuta a capo di nulla » disse sconsolata. «Sarebbe bello se avessero la nostra stessa capacità di risanarsi », fece Alex e allungò una mano intorno alla ferita dell'animale per cercare di esaminarla meglio. Lily iniziò a lisciargli il pelo con la speranza di potergli dare conforto. « Vorrei tanto che guarisse!» disse Lily mentre una lacrima le rigava il volto. La sua mano sfiorò quella di Alex per un'istante e contemporaneamente una luce calda e argentea scaturì da sotto le polsiere e scese ad inondargli lentamente le mani. La luce scivolò fin sulla ferita dell'orso che iniziò a guarire e richiudersi fino a quando non scomparve del tutto sotto un nuovo manto peloso. Alex e Lily che nel frattempo non erano riusciti neanche a batter ciglio, assistendo alle magia che si era appena compiuta, si scossero improvvisamente
ritraendo le mani per osservarsele da vicino. La luce era scomparsa con la stessa velocità con cui era apparsa e l'unica traccia di ciò che era appena successo era un leggero calore che ancora avvertivano al centro del palmo ma che stava lentamente svanendo lasciandogli una sensazione di torpore. Si fissarono stupefatti con centinaia di domande che gli vorticavano in mente, inseguendosi e accavallandosi, ma che non riuscivano ad accordarsi per dar luogo ad una sola frase di senso compiuto. Avevano appena realizzato un vero prodigio curando un animale malato che probabilmente sarebbe morto molto presto ma l'avevano fatto inconsciamente e in un modo fuori dal normale. Anche fuori dall'immaginazione, pensò Alex. Ma come ci erano riusciti e perché solo adesso?. Non riuscivano a darsene una spiegazione. Il grande orso si alzò adagio e iniziò a gironzolargli intorno. Questo fu sufficiente per riportarli alla realtà. « Cosa abbiamo fatto? Cos'era quella luce?...E quel calore? Come ci siamo riusciti?» domandò Alex agitato. « Vorrei tanto saperlo!» rispose Lily con calma. Lei in realtà si sentiva più tranquilla rispetto al fratello. Da tempo ormai si chiedeva cosa avrebbero dovuto fare per risolvere quella situazione. Ed essendosi abituata a dialogare con gli animali si aspettava che, in un modo o nell'altro, la soluzione non sarebbe stata facilmente spiegabile. In realtà però aveva creduto di poter risolvere tutto con l'utilizzo di una qualche pozione, confezionata con erbe naturali raccolte nel bosco, oppure pronunciando qualche formula di antiche origini indiane scovate su Internet. Però neanche una volta aveva immaginato che sarebbe stata lei, insieme ad Alex, a risolvere quella situazione. Rimaneva un interrogativo. Cosa aveva scatenato quella reazione, nata senz'altro da loro, ma senza l'intenzione di volerla compiere?. Interferenza. « Forse so a chi chiedere!» disse improvvisamente Lily alzandosi in piedi.
Quello strano scoiattolo doveva essere ancora nei paraggi ma a lui avrebbe pensato più tardi. « Di chi parli? » chiese Alex alzandosi a sua volta con aria pensierosa. « Devo andare nel bosco... Tornerò più tardi!» gli fece sapere. « Tu non andrai da nessuna parte da sola! Verrò con te!» e prese a seguirla. « Non vorrai andare in giro in pigiama?» gli fece però notare Lily. « Accidenti! Hai ragione...» esclamò Alex fermandosi di colpo. Corse quindi a casa a cambiarsi di gran fretta perché sapeva che Lily non lo avrebbe aspettato e l'unica promessa che riuscì a strapparle fu quella di non allontanarsi troppo prima che lui l'avesse raggiunta. Entrando in casa trovò ancora i nonni che discutevano. Si fiondò in camera urlandogli:« Tranquilli l'orso non è più un problema...E' guarito!. Entrambi allora si precipitarono fuori per vedere cosa stesse accadendo ma l'unica cosa che videro fu l'orso che, decisamente ristabilito, giocava rotolandosi sull'erba assieme al cucciolo di casa. Alex ci impiegò meno di tre minuti per cambiarsi dopodiché corse nuovamente fuori per raggiungere sua sorella. Uscendo ò di corsa accanto ai nonni. « Ma cos'è successo? Dove corri?» domandò Joseph allarmato. « Torniamo subito! » rispose Alex senza fermarsi. Notò che Lily era quasi giunta al limitare del bosco. L'aveva quasi raggiunta ma si sentiva ancora gli occhi dei nonni addosso. Poi qualcosa lo fece rallentare. Centinaia di piccoli occhi li fissavano dalla zona scura sotto gli alberi. Altrettanti animali si portarono alla luce. Si trattava di conigli, scoiattoli, serpenti e alci, gufi, lupi e tantissimi altri. Tutti fermi e in fila come se adesso aspettassero il loro turno. Vedere creature docili come i cerbiatti accanto ad animali predatori per natura...faceva un certo effetto!. Erano moltissimi e una gran parte di loro aveva percorso grandi distanze per giungere fino a loro. Quando Lily li raggiunse le aprirono un varco per lasciarla are. Possibile che già sapessero?, si domandò Alex.
Lily camminava spedita e lui dovette fare altrettanto per stare al suo o. « Chi cerchiamo?» volle sapere. « Presto vedrai ». Nonostante Alex non potesse udire la voce mentale di sua sorella che chiamava a raccolta i suoi piccoli amici poté però notare che, seppur si fossero addentrati parecchio nel folto del bosco, furono costantemente osservati da numerose creature a cui se ne aggiungevano delle altre provenienti da chissà dove. « Dire che mi sento osservato sarebbe un semplice eufemismo!». Lily si bloccò « Ci siamo! » disse. Alex riconobbe subito il piccolo scoiattolo nero e robusto che scese giù dall'albero per andargli incontro. Era lo stesso che qualche tempo prima, per rallentare la sua corsa, gli era saltato addosso facendogli quasi venire un' infarto. « CIAO LILY. SAPEVO CHE CI SAREMMO RIVISTI! ». « A QUANTO HO POTUTO SENTIRE ARRIVANDO FIN QUI...TU SAI GIA' COSA E' ACCADUTO » disse Lily. « SI. LE NOVITA' VIAGGIANO ALLA VELOCITA' DEL VENTO...MA PERCHE' SEI COSI' SCOSSA? NON SEI SODDISFATTA DI CIO' CHE AVETE APPENA COMPIUTO?». « OVVIO CHE SONO CONTENTA MA...COME...COM'E' POTUTO SUCCEDERE? »gli chiese Lily che non riusciva a star ferma per l'agitazione. « ANCORA NON TI E' CHIARO?...» fu la domanda del piccolo scoiattolo che si portò più vicino a lei indicando con la zampetta il polso di Lily «..COSA NASCONDE QUESTO BRACCIALE?». Alex che nel frattempo non si era perso un solo battito di ciglia di sua sorella e il gesto dello scoiattolo, pur non potendo sentire la loro conversazione, intuì che la cosa sarebbe andata per le lunghe. Perciò si sedette ai piedi di un albero e attese pazientemente curioso di sapere quale spiegazione avrebbe potuto dargli il piccolo amico.
Nel frattempo Lily era più spazientita che mai. Era andata fin li per avere delle spiegazioni e non per essere sottoposta ad un interrogatorio!. « NIENTE D'IMPORTANTE!...E' SOLO UNA SPECIE DI TATUAGGIO CHE HO FIN DALLA NASCITA » disse controvoglia sperando di non dover rispondere ad altre domande, « MA CHE IMPORTANZA HA IN QUESTO CASO? MI INTERESSA SOLO CAPIRE COSA HA RESO POSSIBILE UNA REAZIONE COSI' FUORI DALL'ORDINARIO...» esplose ormai sopraffatta dalla ricerca della verità, « ...MA FORSE STO SOLO PERDENDO TEMPO E TU NON SAI COME AIUTARMI!» pensò sedendosi e prendendosi la testa fra le mani. Vedendo Lily così giù d'umore Alex s'irrigidì. Qualcosa gli diceva che avrebbe dovuto intervenire. « Lily tutto bene?...» chiese preoccupato poggiandogli una mano sulla spalla «...Tranquilla! Non c'è motivo di affliggerti!» le disse voltandosi a guardare accigliato lo scoiattolo paffuto. Poi un'idea gli balenò in testa.« Se non vuole aiutarci...troveremo qualcun altro che lo faccia. Non perdiamo tempo qui! Abbiamo ancora moltissimi animali da guarire...speriamo solo che non ne muoia nessuno nell'attesa di capire come dobbiamo fare per aiutare anche gli altri...» finì. Aiutò sua sorella a tirarsi su e lei lo abbracciò sussurrandogli: « Sei un genio!». « Speriamo solo che funzioni »fece Alex. E fecero per prendere la strada verso casa. « TU E TUO FRATELLO AVETE MOLTO DA SCOPRIRE ANCORA...». Lily si fermò ad ascoltare. «...E' STATA L'UNIONE DEI VOSTRI POTERI...MA SOPRATTUTTO L'INTENZIONE DI FAR DEL BENE CHE VI HA PERMESSO DI GUARIRE L'ORSO. CON IL ARE DEL TEMPO SARA' TUTTO PIU' NATURALE E NON AVRETE PIU' LA SENSAZIONE DI FARE DA SPETTATORI AL VOSTRO POTERE...SARETE VOI A DOMINARLO!». « GRAZIE » disse Lily riconoscente. « NON SMETTETE MAI DI CERCARE LA VERITA'!» le consigliò. Lily che da sempre cercava risposte alle mille stranezze che caratterizzavano la sua vita si chiese come fosse possibile che quello scoiattolo conoscesse così tante cose su lei e Alex.
Era stato davvero solo un caso fare la sua conoscenza? O c'era dell'altro dietro tutto quello che stava accadendo? « A COSA TI RIFERISCI?» tentò ancora di sapere. « FAI COME TI HO SUGGERITO E OTTERRAI MOLTE RISPOSTE...». « MA COME PUOI CONOSCERE DI NOI PIU' DI QUANTO SAPPIAMO NOI STESSI?» gli domandò. « IO NON SONO CIO' CHE CREDI...FIDATI SE TI DICO CHE NE HO VISTI ALTRI COME VOI NEL CORSO DELLA MIA LUNGA VITA...». « MA SEI SOLO UN PICCOLO SCOIATTOLO...QUANTI ANNI PUOI MAI AVERE?» lo interruppe Lily. « SONO STATO CONDANNATO A VIVERE IN QUESTO CORPICINO PER L'ETERNITA'...SENZA ALTERNATIVE...MA NON PARLIAMO DI ME! VI HO TENUTI D'OCCHIO DA QUANDO SIETE STATI PORTATI QUI E ADESSO SO CHE NON RAPPRESENTATE UN PERICOLO... ...ANZI VI SIETE RIVELATI UNA SALVEZZA...MA I TEMPI STANNO PER CAMBIARE...» s'interruppe pensieroso. « IN CHE MODO STANNO CAMBIANDO?» Lily doveva approfittare per saperne il più possibile prima che lui decidesse di aver detto anche troppo. « MADRE NATURA E' UNICA PER QUESTO E PER TUTTI I PIANETI DELL'UNIVERSO E QUANDO, IN UN LUOGO QUALSIASI, ESSA VIENE VIOLATA IL SUO GRIDO DI DOLORE SI AVVERTE OVUNQUE. QUANDO CIO' ACCADE LEI CI CHIAMA IN SUO SOCCORSO MA NON SEMPRE RIUSCIAMO NELL'INTENTO...» « PERCHE' DOVETE AIUTARLA VOI E NON CHI HA CAUSATO IL PROBLEMA?» « PERCHE' LE ORECCHIE DI QUESTE CREATURE SONO SORDE ALLA SUA RICHIESTA...SONO TALMENTE AVIDE DI CONQUISTE...ATTENTE SOLO A NON FARSI MANCARE NULLA...MA SI CIRCONDANO DI
FUTILITA' DANNEGGIANDO CIO' CHE LI CIRCONDA FINCHE'...». « FINCHE'?...» lo spronò Lily. Sapeva che forse stava forzando un pò la mano ma...avrebbe avuto un'altra possibilità per sapere? « POI LEI TROVA UNA SOLUZIONE...LA TROVA SEMPRE...IL TEMPO E' DALLA SUA PARTE E CHI L'HA FERITA LO RICORDERA' PER SEMPRE...» e così dicendo si guardò riflesso sulla superficie di una pozzanghera proprio sotto il ramo su cui si trovava. Rimase così immobile per qualche minuto ma lei non osò interrompere i suoi pensieri perché c'era ancora dell'altro...altre rivelazioni. Alex fece per domandarle qualcosa ma lei lo zittì con un gesto veloce della mano. Non voleva spezzare l'atmosfera che si era creata. « PRIMA DI VOI NE SONO STATI CREATI ALTRI...MA VOI SIETE I PRIMI NATI PER LA SALVEZZA DI...» non fece in tempo a finire. « Alex...Lily ...ma dove accidenti vi eravate cacciati? Cosa sta succedendo? Vi abbiamo cercato in lungo e in largo! » disse Stefi col fiatone . Gli animali si dispersero velocemente nel sottobosco. « Noooooooo.....» urlò Lily fuori di se. C'era arrivata così vicina eppure per l'ennesima volta avrebbe dovuto arrendersi al fatto di non poter conoscere tutto quello che voleva sapere. Come poteva dormire adesso sapendo di essere nata per la salvezza di chissà cosa?. Avrebbe potuto continuare a far finta che tutto rientrasse nella normalità?.
Interferenza.
Accidenti che fastidio! Ci mancava solo quella fastidiosa sensazione. Poi si ricordò di non aver posto una domanda importante.
« Perché abbiamo dovuto arrivarci da soli?» urlò con quanto fiato aveva in corpo. Lo scoiattolo non era più visibile ma lei avvertiva comunque la sua presenza non molto distante. Quindi ignorando lo sguardo interrogativo dei nonni si concentrò per porre la domanda nel modo giusto. Chiuse gli occhi e riformulò la domanda nella sua testa. Avrebbe avuto risposta?. Attese per alcuni secondi che le parvero interminabili...poi... « SOLO SE GUIDATI DALLA VOCE DEL CUORE E NON DA UN SEMPLICE CONSIGLIO AVRESTE POTUTO RIUSCIRE NELL'INTENTO. NON CERCARMI PIU'!. NON TOCCA A ME DARVI LE RISPOSTE CHE CERCATE!» finì di dire prima di scomparire per sempre. Lily respirò a pieni polmoni. Non avvertiva più la sua presenza ma lo scoiattolo dorato doveva essere molto vicino. Almeno aveva messo a posto qualche pezzo del puzzle. Durante il rientro a casa tutti camminarono in silenzio. Lily aveva la mente affollata dalle informazioni ricevute. Avrebbe preferito poterne parlare subito con Alex, che non faceva altro che lanciarle sguardi carichi di interrogativi, ma la presenza di Stefi e Joseph avrebbe complicato le cose e poi al momento era troppo in collera con loro per aver interrotto quella conversazione. Mentre loro facevano ritorno a casa c'era invece chi progettava di abbandonare la propria...per sempre. « Corri...corri codardo. Ma prima o poi dovrai tornare a casa!» sghignazzò Leo. Aveva rincorso il fratellastro fino a che ne aveva avute le forze ma come sempre non era riuscito ad acciuffarlo. Si voltò a controllare dove fossero andati a finire suo fratello e i suoi amici. « Accidenti! Ma quanto siete lenti?» gli urlò. Avevano perso per l'ennesima volta l'occasione di dar fastidio a quell'essere inutile che era, il loro fratello acquisito, Manuel. Ma per l'esattezza avrebbe dovuto dire “zio acquisito”. Si perché in realtà Manuel era stato trovato dalla nonna, nel bosco, una notte autunnale di tredici anni prima e da allora lo aveva allevato come fosse stato figlio suo. Leo
era nato l'anno successivo e il fratellino quello dopo ancora. La nonna aveva sempre avuto per quel trovatello delle attenzioni in più rispetto ai suoi veri nipoti e questo non aveva giocato in suo favore. Fin da piccoli Leo e Carl lo isolavano di proposito e non perdevano occasione per fargli ogni genere di dispetto. Crescendo le cose peggiorarono perché Manuel essendo un bambino molto carino e intelligente riusciva sempre a conquistare senza il minimo sforzo la simpatia di chiunque. Al contrario dei cugini che non solo non amavano applicarsi a scuola ma erano sempre malvestiti e scompigliati. La loro unica ione era quella di are il tempo a dar fastidio ai vicini rovinandogli orti e recinzioni. avano il tempo a danneggiare, con i tre amici che si erano fatti durante il campo estivo, qualunque cosa si trovasse sul loro cammino. E ogni qualvolta se ne presentava l'occasione infastidivano Manuel prendendolo in giro sulle sue origini ignote. A volte gli preparavano delle vere e proprie imboscate durante il rientro a casa dalla scuola. Un giorno si erano arrampicati sui rami degli alberi e al suo aggio avevano iniziato a lanciargli addosso il fango raccolto accanto al ruscello. Nonostante Manuel fosse molto agile non riuscì a sfuggire a quell'azione così ben organizzata e arrivò a casa sporco dalla testa ai piedi. Non raccontò alla nonna di quell'accaduto, come di molti altri, per non darle un dispiacere. Ma lei era una donna molto sveglia e si accorgeva sempre quando era successo qualcosa d'insolito. Quindi al momento dei pasti o nelle festività Manuel era sempre quello che riceveva la porzione maggiore o i regali migliori. Lui le era grato per tutte le sue amorevoli attenzioni ma, allo stesso tempo, sapeva che avrebbe dovuto stare in guardia ogni giorno per non subire la vendetta dei due nipotastri. Il giorno in cui Manuel compì dieci anni fu anche quello in cui morì la nonna e da allora per lui le cose non migliorarono affatto. Sebbene lei non avesse mai potuto difenderlo dalle angherie dei nipoti sapeva però come confortarlo. Adesso a Manuel non era rimasto nessuno per cui valesse la pena di sopportare quei continui maltrattamenti per cui decise che avrebbe dovuto trovare un posto in cui avrebbe potuto vivere sereno. Anche se non avesse avuto la fortuna di trovare qualcuno che lo amasse come la nonna almeno sperava di poter trovare un luogo dove poter crescere tranquillo. Aveva ormai deciso da un pezzo di andar via da quella casa sebbene ci fossero nella sua memoria dei bei ricordi legati a quelle quattro mura. Poi però trovò un motivo per restare!.
Adesso Manuel correva veloce verso il bosco sicuro che ben presto Leo e gli altri si sarebbero stancati di cercarlo. Era sempre stato molto agile e rapido nei movimenti per cui gli era molto facile sfuggirgli ma da qualche mese a questa parte aveva scoperto di poterli osservare pur non essendo visto. Proprio come stava facendo adesso, osservandoli dall'alto mentre arrancavano lungo il pendio della montagna. La loro unica forza era quella di rimanere uniti nel compiere le vigliaccate ai danni dei più deboli ma presi singolarmente non sarebbero stati capaci di far del male ad una mosca. Con ciò Manuel sapeva che doveva comunque evitare di stuzzicarli per non ritrovarsi a doverli fronteggiare tutti assieme. Non si sarebbero fatti problemi a rompergli qualche osso! « Corri mostriciattolo!...» urlò Carl cercando di scorgerlo in mezzo agli alberi. « Vai...Scherzo della natura...Vai pure... Tanto non potrai sfuggirci per sempre!» continuò Leo tra gli sghignazzi degli amici. Manuel avrebbe potuto star li ad osservarli tutto il giorno o ad ascoltare i loro stupidi discorsi ma non sarebbe servito a nulla, perciò si diresse nel posto in cui era certo di trovare ciò che invece lo interessava. Aveva già percorso metà della strada quando udì un rumore di rami spezzati alla sua sinistra. Si fermò un attimo per accertarsi di aver sentito bene. TRAC. Ancora quel rumore. Si diresse allora in quella direzione per vedere di cosa si trattasse e giunse allo stretto sentiero che, ormai conosceva bene, collegava la casa dei Saviani ad uno spiazzo erboso al centro del quale cresceva un'enorme quercia secolare. Prima di giungervi intravide Joseph scostare un ramo, che gli ostacolava il aggio, per poi tranciarlo completamente. Si fermò per non farsi notare. Ecco chi aveva prodotto quel rumore!. Aveva imparato a conoscere Joseph nell'ultimo anno. Era un uomo saggio che
non dimostrava affatto la sua vera età così come Stefi che, per molti atteggiamenti, gli ricordava la sua cara nonnina. Si sentiva parecchio in colpa per il modo in cui era entrato nelle loro vite. Furtivamente senza che nessuno mai si fosse accorto della sua presenza. Ma con loro si sentiva veramente in famiglia...Quella famiglia che avrebbe sempre voluto avere. Aveva ato interi pomeriggi con Alex e Lily nei boschi e aveva ascoltato tutte le spiegazioni di Joseph sulle stelle che brillavano alte nel cielo. Pensò spesso di farsi conoscere così da non dover più rubare quei preziosi momenti di vita familiare senza il loro consenso. Con il are del tempo però scoprì che molte stranezze caratterizzavano la loro vita e decise di mantenersi nell'ombra sebbene si sentisse già parte di quel piccolo nucleo familiare. Ma loro si sarebbero fidati abbastanza di lui da renderlo partecipe di ogni loro avventura e scoperta?. Alex era sempre stato l'amico che aveva desiderato. In base a come cercava di proteggere la sorella, da tutto ciò che avrebbe potuto farla soffrire, era chiaro che sarebbe stato anche un amico leale e sincero. Per quanto riguardava Lily...bé...per lui era semplicemente...la dolce e intelligente Lily. La stessa Lily che cercava continuamente risposte a qualunque cosa e che provava da sempre di aiutare ogni animale ferito cercasse il loro aiuto. L'unica...che riusciva ad avvertire la sua presenza!. Si era sentito perso dopo la morte della nonna ma poi loro erano entrati nella sua vita. Anche se era più corretto dire che era stato lui ad entrare nelle loro. E quando erano iniziate le stranezze si era sentito ancora più solo...più diverso. Avevano forse ragione a chiamarlo mostro?. Forse! Ma lui non si sentiva così e non si sentiva più solo da quando lei riusciva ad avvertire la sua presenza. L'aveva anche visto un giorno...ma non era il modo giusto...quello che avrebbe desiderato... Fu talmente rapito dai suoi stessi pensieri che quasi perse di vista Joseph. Lo raggiunse cercando di fare il minor rumore possibile e poi rimasse di sasso
difronte a qualcosa che non aveva mai visto nella sua vita e che tanto meno sospettava potesse esistere. Nella corteccia della quercia apparve improvvisamente un vortice argenteo che si allargò fino a consentire a Joseph di oltrearlo e che subito dopo scomparve. Dopo lo sbigottimento iniziale Manuel uscì allo scoperto e andò a controllare cosa poteva aver generato quel aggio nel tronco dell'albero. Tastò, osservò e ci girò tutto intorno tentando di capirne qualcosa ma...nulla!. Decise quindi che avrebbe voluto saperne di più e che per farlo non poteva smettere di continuare a spiarli. Sapeva che non era corretto farlo ma forse loro erano più simili a lui di quanto non avesse immaginato fino a quel momento. Comunque non aveva senso rimanere lì non sapeva quando Joseph sarebbe tornato perciò decise di tornare indietro. Lily e Alex erano come sempre nel praticello di fronte a casa. Lei dovette avvertire subito il suo arrivò perché iniziò a guardarsi intorno ma, non potendolo vedere, continuò in ciò che stava facendo. « Tocca a te! » disse Alex indicando un coniglietto con l'occhio sinistro gonfio e sanguinante. Questo si fece subito avanti e, come gli animali prima di lui, fu guarito. Già da tre giorni Lily e suo fratello non facevano altro ma gli animali feriti non sembravano diminuire... anzi. «Quindi se come dici tu...Si è sparsa la voce...Questo vuol dire che non faremo altro per il resto della vita?» chiese Alex alludendo al numero sempre maggiore di animali che giungevano fin la. « Io avevo altri progetti » disse Lily che ancora, non avendo fatto l'abitudine al prurito alla mano non faceva altro che grattarsi. « E di cosa si tratta? » volle sapere. « Costruiamo una casa sull'albero nel bosco e ne facciamo il nostro campo base. Gli animali ci seguiranno lì e qui tornerà un pò di normalità » propose. « Effettivamente alla nonna faremmo un gran favore. E' molto agitata al pensiero
che qualcuno possa accorgersi di cosa sta avvenendo qui. Anche se dubito che possano immaginarlo!». « Sono stanca. Non possiamo proseguire con questo ritmo. Dovremmo farlo gradatamente. Facciamo una pausa fino a pomeriggio?» quasi lo pregò Lily mettendosi in piedi. Alex non se lo fece ri petere due volte e si alzò anch'egli sgranchendosi la schiena. « Condivido in pieno! Andrò a fare un giro per scegliere un albero che faccia al caso nostro. Vieni anche tu?». « No grazie. Ho un libro da finire » e così dicendo tirò fuori dalla tasca Viaggio all'origine degli arcobaleni e si diresse, come tutte le volte, ai piedi di un grosso e contorto castagno sotto cui si sedeva quando voleva are qualche momento da sola. Per tutto il tragitto si guardò spesso intorno. Una volta giunta a destinazione si sistemò con le spalle contro il robusto tronco che sembrava fosse stato creato appositamente a quel modo per consentirle di stare comoda. Una volta incrociate le gambe iniziò a leggere. L'interferenza che aveva percepito quella mattina non l'aveva abbandonata un attimo e adesso si era fatta più forte. Lo scoiattolo era da qualche parte e la osservava immobile.
« POTREMMO ANCHE FARE AMICIZIA...CHE NE PENSI?» domandò Lily lanciando qualche occhiata furtiva da sopra il libro. A Manuel sembrò che qualcuno gli avesse urlato attraverso le orecchie dritto fin dentro il cervello. « PERCHE' CONTINUI A SEGUIRMI SENZA FARTI VEDERE? IO NON TI FAREI MAI DEL MALE!» continuò Lily. Manuel si portò le zampette alle orecchie e cadde a terra quasi stordito. Un tonfo fece sussultare Lily che scattò in piedi per vedere cosa fosse stato. Sdraiato al terreno c'era un ragazzo che, in stato confusionale, tentava di mettersi in piedi. Per un attimo non seppe cosa fare ma poi corse subito in suo aiuto. L'interferenza era scomparsa.
Lo aiutò a rimettersi in piedi e lo fece appoggiare ad una roccia. Lui vi si sedette con ancora gli occhi stretti in due fessure e le mani attaccate alla testa. « Stai bene? Cosa ti è successo? » gli chiese ansiosa. Manuel che pian piano si stava riprendendo dallo stordimento iniziò a pensare a quante volte aveva immaginato di presentarsi a lei. Ma mai avrebbe creduto che sarebbe successo così. Con lui che si rotolava a terra come un verme. Che figuraccia!, pensò. « Mi sento meglio...Grazie dell'aiuto...» le rispose guardandola finalmente in viso. Lily fece un o indietro e per poco non inciampò in un ramo. Manuel fu subito pronto a sostenerla evitandole una brutta caduta. A Lily sembrava di aver già visto quegli occhi così strani...uno verde e l'altro azzurro. Ma per quanto si sforzasse non riusciva a ricordare. Manuel capì subito che Lily aveva reagito a quel modo a causa dei suoi occhi. Adesso anche lei lo avrebbe considerato un mostro?!. « Mi dispiace devo andare! » le disse subito volgendo lo sguardo ovunque fuorché verso di lei. « Aspetta. Non mi hai detto neanche come ti chiami » protestò Lily che aveva subito capito che il ragazzo si vergognava di qualcosa. « Io... Io mi chiamo Manuel » disse contento di constatare il suo interessamento « Sto bene...grazie ancora ».
« Ehi Lily mi era sembrato di sentirti parlare con qualc...» s'interruppe Alex alla vista del ragazzo dall'aria scompigliata. « Che succede?... » si allarmò subito « Stai bene?» chiese a sua sorella ponendosi tra i due. « Si. Va tutto bene. Lui è Manuel e deve essersi sentito male improvvisamente.
L'ho trovato a terra che si lamentava ». La spiegazione bastò a tranquillizzare Alex che subito tornò del suo solito umore solare. « Vieni a casa da noi. La nonna ti darà qualcosa da bere e vedrai che starai subito meglio » lo invitò Alex al quale non dispiaceva fare la conoscenza di un suo coetaneo. « No...Veramente sto già molto meglio...» ma mentre rispondeva pensò che quella sarebbe stata una buona occasione per conoscerli meglio e iniziare un'amicizia. D'altronde attendeva da tantissimo tempo un opportunità del genere. Subito si pentì di aver rifiutato. « Insistiamo!» tentò ancora Lily. Manuel non si fece pregare oltre e accettò di andare insieme a loro. « Comunque...Io mi chiamo...». « Alex...Si lo so » disse Manuel che subito dopo avrebbe voluto mordersi la lingua, «...Ho sentito tua sorella chiamarti così...Mentre tu sei?...» chiese voltandosi verso Lily. « Il mio nome è Lily » rispose lei sebbene fosse più che certa di non aver fatto neanche una volta il nome di suo fratello in presenza del ragazzo. C'era qualcosa che non quadrava e voleva scoprire cosa. « Non ti avevo mai visto. Cosa stavi facendo da queste parti? ». Manuel ci pensò su un attimo e poi decise di provare. « Effettivamente non abito qui vicino ma stavo cercando un albero su cui costruire una piccola casetta. Poi mi sono sentito improvvisamente male» spiegò a metà tra la verità e la menzogna. Alex non poteva credere a tanta coincidenza. « Il caso vuole che io e mia sorella abbiamo da poco deciso di fare la stessa cosa. Tu come te la cavi con chiodi e martello?». Lily non poteva credere che Alex lo stesse invitando a fare il lavoro assieme. E cosa gli avrebbero raccontato in merito a tutto il resto?.
Aveva forse dimenticato quale era il loro scopo?. Lo guardò allucinata. Manuel dal suo canto non riusciva invece a credere di aver fatto centro. Quello era proprio il risultato a cui ambiva. Li avrebbe conquistati piano piano e forse un giorno sarebbero stati inseparabili. « Alex...Non puoi costringerlo ad unirsi a noi. Magari lui ha altro da fare. Non è così?» gli domandò sperando che dicesse di si. « Niente affatto!. Sarebbe splendido darvi una mano...Io non ho amici...» si lasciò sfuggire e immediatamente se ne pentì. Alex e Lily si guardarono. Capirono che non stava mentendo e in fondo potevano capire come dovesse sentirsi e furono dispiaciuti per lui. Lily pensò che in fin dei conti avrebbero potuto are tranquillamente del tempo insieme come dei ragazzini normali e in sua assenza avrebbero continuato a curare gli animali. « Quella è casa nostra!» gli indicò Alex contentissimo all'idea di poter assaporare un attimo di autentica normalità. In quel momento non erano nient'altro che tre amici che avrebbero ato del tempo insieme. La nonna accolse calorosamente il nuovo arrivato e dopo avere ascoltato ciò che gli era successo servì a tutti e tre un abbondante merenda. Sei un pò sciupato. Forse non ti nutri abbastanza, gli aveva detto Stefi. Ed effettivamente era proprio la verità. Ma Manuel non aveva voglia di riportare a galla tutti i dispiaceri che aveva avuto nell'ultimo periodo. Quello era un giorno speciale e doveva significare una svolta. Solo questo desiderava. arono il resto del pomeriggio a parlare del più e del meno camminando per il bosco e in fine per concludere in bellezza trovarono l'albero che avrebbero adibito a loro seconda casa. Quando fu quasi ora di cena si salutarono dandosi appuntamento per il giorno successivo. Lily e Alex si diressero verso casa e Manuel nella direzione opposta. Appena furono abbastanza distanti Manuel con un balzo raggiunse il ramo più vicino. Sotto forma di scoiattolo avrebbe fatto senz'altro prima e magari sarebbe riuscito a cenare prima del ritorno dei fratellastri. Finalmente saltava da un ramo all'altro con nuova energia. Stentava ancora a credere che finalmente non era più
solo. Avevano da poco salutato Manuel che già Alex fantasticava su cosa li attendeva il giorno seguente.
Interferenza.
Lily si bloccò di scatto voltandosi per guardarsi alle spalle. Aveva quasi scordato come era iniziato quel pomeriggio. Lei che cercava di instaurare un dialogo con quello strano scoiattolo dorato dagli occhi... Ecco dove aveva visto quegli occhi!. Ma come era possibile? « Cosa c'è ?» le domandò subito Alex che cercava di capire cosa stesse guardando. Pensò subito che avesse udito qualche richiesta d'aiuto. « Non crederai a cosa sto per raccontarti!» gli disse Lily ancora insicura di aver fatto i giusti collegamenti. Alex la guardò inarcando un sopracciglio. « E' con me che stai parlando. Stupiscimi se ci riesci! » la invitò. Lily non perse tempo e gli raccontò subito delle strane interferenze che avvertiva da un anno a quella parte e del presentimento che Manuel avesse a che fare con ciò che le accadeva. Quegli occhi poi...non potevano essere solo una coincidenza. « Credo che dovremo chiedere a Joseph. Anche perché questa storia riguarda anche loro. Se non ti sbagli ci ha tenuti d'occhio per un bel pezzo!». Quando giunsero a casa ne parlarono subito con i nonni che non si scomposero più di quanto loro si sarebbero aspettati. Sembrava quasi che non ci fosse nulla che potesse stupirli. Che tutto quel susseguirsi di stranezze, per loro, rientrasse nella normalità.
« A me è sembrato un ragazzino così per bene...Non credo che dovreste dubitare di lui » disse Stefi. Alex e Lily non riuscivano a credere che la nonna gli stesse dicendo di fidarsi di una persona che, per così tanto tempo, aveva violato la loro privacy. « E tu che ne pensi?» chiese Alex a Joseph che non si era ancora pronunciato in tal proposito. « Io mi fido ciecamente del giudizio di tua nonna. Credimi...lei vede molto lontano! E quando vi sarete conosciuti meglio e vi avrà raccontato la verità potremo capire cosa lo ha spinto ad agire così. E un'altra cosa...quando sarete in confidenza...potete chiedergli di mostrarsi anche in forma di scoiattolo dorato? Deve essere uno spettacolo!» concluse pregustandosi l'incontro. Quest'altra opinione inaspettata lasciò Lily e Alex alquanto confusi sul da farsi. Quella sera dopo le favole del nonno su Zaion andarono a letto ma non riuscirono a prender sonno facilmente. « Anche tu pensi che possiamo fidarci di lui?» chiese Lily. « Non credo che abbia cattive intenzioni e poi può darsi che ci stiamo sbagliando e si tratti solo di coincidenze». « E' vero ma c'è un modo per essere certi che non mi sbaglio ». « Non vorrai andare a parlare con quello scoiattolo “schizzato” dell'ultima volta?!» le domandò Alex . « Non era affatto pazzo anzi ci ha dato un grande aiuto!». « Comunque se quello che ti ha raccontato è vero... di certo deve averla combinata grossa e se ancora non è del tutto pazzo lo diventerà a furia di vivere per l'eternità nel corpo di uno scoiattolo» concluse Alex ridacchiando. « In ogni caso mi ha chiesto di non cercarlo più. Stavo pensando ad un altro modo per sapere se non mi sbaglio...» « Qual'è?» la interruppe.
« Domani vedrai! ». Ma come è vero che la notte porta consiglio Lily, dopo aver ato gran parte della nottata a decidere sul da farsi, si convinse ad aspettare un pò di tempo e di concedergli il beneficio del dubbio. D'altronde anche loro nascondevano un segreto. Dunque si addormentò nella speranza di non aver fatto la scelta sbagliata.
GIUSTO IN TEMPO
« Ma dove accidenti sarà andato a finire?» sbottò Zoe. Cercava il punteruolo da oltre venti minuti ma non era ancora riuscito a trovarlo. Non gli capitava da anni di perdere un attrezzo. E sebbene fosse il primo ad ammettere di essere la persona più disordinata mai esistita era anche vero che, in quell'enorme confusione che era il suo laboratorio, sapeva sempre dove trovare ciò che gli necessitava. La sua ultima creazione era costituita da un gran pezzo di dura corteccia concava a cui, una volta levigato l'interno, avrebbe dovuto avvitare quattro splendidi piedini che aveva già ricavato modellando il metallo a forma di spirale, come fossero piccoli serpenti attorcigliati su se stessi. Il tutto era completato da due meravigliosi manici con le estremità lavorate in modo da apparire come teste di drago, i cui denti affilati andavano a conficcarsi nel legno. Al posto degli occhi Zoe aveva pensato bene di incassare due bei rubini che davano alle creature un aspetto di affascinante ferocia. A lavoro ultimato quel gran centrotavola avrebbe senz'altro superato di gran lunga le aspettative di chi glielo aveva commissionato. Durante la ricerca del punteruolo notò che fin troppi attrezzi erano fuori posto e un atroce dubbio iniziò a farsi strada. Qualcuno si era intrufolato nel laboratorio durante la sua assenza?. Viveva in quella miniera abbandonata da parecchi anni e ormai tutti sapevano che aveva eletto quel posto a sua dimora personale e chiunque avesse voluto vederlo non doveva fare altro che fermarsi nell'ingresso e chiamare il suo nome. Le vecchie condutture, che anni addietro erano servite per spingere l'aria fin nelle gallerie più profonde, adesso fungevano da citofono con l'esterno. Era sfruttando questo meccanismo che Zoe sapeva sempre se qualcuno stesse ammirando le sue opere poste all'inizio della galleria principale. Mentre tentava di capire se si fosse trattato di una bravata compiuta da ragazzi o di un inutile tentativo di furto sentì un lieve rumore di i in avvicinamento. Un orecchio ben allenato come il suo non poteva sbagliarsi. Non era solo in quella miniera!. Subito dopo sentì anche dei bisbigli e s'irrigidì. Il suo sesto senso gli diceva che qualcosa non andava. Per controllare cosa stesse succedendo avrebbe dovuto uscire da quella stanza e andare incontro agli intrusi ma era quasi certo che non si trattava di una visita di cortesia. D'altronde nessun ospite entrava in casa di chi lo aveva invitato in punta di piedi e sussurrando. Affinò l'udito e riuscì a
distinguere i i di tre distinte persone, anche abbastanza robuste di corporatura. Le cose prendevano una piega sempre peggiore. Inoltre uno dei tre continuava a battersi nel palmo della mano quello che sarebbe potuto essere, in base al rumore che produceva, un bastone o un manganello. Improvvisamente, e per la prima volta nella sua vita, la stessa miniera che lo aveva fatto sentire al sicuro in tutti quegli anni adesso lo fece sentire in trappola. Sapeva di dover uscire da lì oppure poteva tentare di nascondersi ma era certo che quegli uomini non erano degli sprovveduti e certamente lo avevano tenuto d'occhio e adesso sapevano esattamente dove si trovasse. Chi erano e cosa volevano da lui?. Era sempre stato un tipo solitario e gli unici contatti con le altre persone erano giustificati esclusivamente da scambi commerciali. E mai nessuno aveva avuto da ridire sul suo lavoro. Mai una lite o anche un semplice battibecco con chi che sia. Cosa volevano dunque da lui? « Ve lo ricordo per l'ultima volta. Vanisia lo vuole tutto intero!» sentì e il gelo calò su di lui. Non ci mise però molto ad immaginare cosa Vanisia potesse volere da lui e il dubbio divenne certezza. Doveva scappare da lì perché essere catturato dai suoi uomini sarebbe stato anche peggio che deludere le sue aspettative. Si...forse lo avrebbero condotto da lei ancora intero. Ma cosa sarebbe successo dopo che avesse soddisfatto le sue richieste? L'avrebbero di certo ucciso!. Cercò di pensare il più in fretta possibile ma non era facile ragionare con la paura crescente generata dalla consapevolezza che ad ogni secondo gli intrusi si avvicinavano sempre di più. Per prima cosa doveva andargli incontro. La stanza in cui si trovava era, infatti, l'ultima della galleria principale. Poteva solo sperare di essere ancora in tempo per svoltare nel tunnel più vicino che era lo stesso da cui partivano i carrelli che
scendevano fino a cinquecento metri sotto terra. Zoe non aveva mai ispezionato bene la miniera. Si era limitato a visitare alcune gallerie da cui riusciva ancora ad estrarre qualcosa di utile ai suoi lavori. Se ne pentì amaramente. Probabilmente non sarebbe riuscito a trovare un aggio per aggirarli ed uscire prima di essere acciuffato. Molto adagio abbassò la maniglia e sbirciò nella galleria. Adesso riusciva a sentire meglio i i che si avvicinavano. Guardò verso il tunnel più vicino che era distante circa venti metri e pensò che poteva farcela se era abbastanza veloce e silenzioso. Avrebbe aspettato il loro aggio e non appena fossero entrati nel suo laboratorio lui si sarebbe fiondato verso l'uscita il più velocemente possibile. Uscì ad agio e si richiuse la porta alle spalle cercando di non far rumore e poi si diresse verso il primo tunnel a destra. Era sicuro che non sarebbe mai riuscito a raggiungere quello successivo senza farsi vedere. Erano troppo vicini!. Aumentò l'andatura per non rischiare di aver fatto male i calcoli ma la scarsa visibilità gli dava una possibilità in più di are inosservato. SBANG!. « Sei uno stupido!...» si infuriò qualcuno. « Ormai ci avrà sentito. Muovetevi andate a prenderlo!». Questa proprio non ci voleva, pensò Zoe, che nel frattempo si era immobilizzato per lo spavento. Gli uomini che poco prima procedevano lentamente, nell'inutile tentativo di non farsi sorprendere, adesso arrivavano spediti nella sua direzione. Zoe prese coraggio e cominciò a correre. Non aveva altre alternative ma, mentre correva, qualcosa di luccicante, in terra davanti a lui, attirò la sua attenzione. Mancavano dieci metri al tunnel e nel frattempo capì cos'era quell'oggetto che aveva visto. Nel argli accanto si abbassò per raccoglierlo. Era il punteruolo che aveva tanto cercato!. Lo tenne stretto e continuò a correre senza neanche riprendere fiato. Gli mancavano circa tre metri prima di svoltare ma gli uomini che correvano verso
di lui lo videro e accelerarono. Zoe per un secondo fu sopraffatto dal panico e stringendo troppo forte il punteruolo si ferì la mano. Questo bastò a farlo tornare in se. Subito riprese a correre più veloce anche perché non aveva più senso evitare di far rumore. Imboccò il tunnel e ò accanto a degli attrezzi abbandonati, poggiati alla parete, che pensò bene di far cadere per ostacolare i suoi inseguitori. La cosa fruttò i suoi risultati in quanto sentì qualcuno schiantarsi a terra malamente. Alle prime urla di dolore seguirono minacce di vario genere che fecero spuntare il sorriso sulle labbra di Zoe. L'adrenalina stava aumentando e con essa anche la sensazione che forse ce l'avrebbe fatta. In effetti li aveva già distanziati parecchio. Il terreno iniziava ad essere in pendenza e poco più avanti riuscì a scorgere i primi carrelli sulle rotaie arrugginite. « Dove credi di andare? Sei solo un topo in trappola e se anche riuscirai a seminarci...dovrai uscire prima o poi!» si sentì gridare alle spalle. Era vero, pensò improvvisamente Zoe. Fino a quel momento aveva dato per scontato che sarebbe riuscito a trovare un modo per tornare indietro, da qualche altro tunnel parallelo, per poter uscire incolume da quella situazione. Ma se qualcuno lo attendeva all'uscita?. Se si trattava di un uomo solo avrebbe anche potuto provare a difendersi...ma se fossero stati di più?. Ci pensò mentre toglieva il freno dal carrello su cui era salito. Li avrebbe affrontati comunque. Meglio morire tentando di difendersi piuttosto che dopo le torture che certamente lo aspettavano se solo fosse stato condotto da Vanisia. Oltretutto c'era un segreto che non poteva assolutamente rischiare di farle scoprire...il ciondolo di Crion in possesso di Stefi. « Montiamo su questa!» ordinò un uomo al suo compagno e si spinsero all'inseguimento. Zoe notò che il carrello che gli stava alle costole procedeva più velocemente a causa del peso eccessivo dei due uomini. Non sapeva cosa fare e poi, un attimo prima che fosse troppo tardi, si ricordò di un piccolo aggio che conduceva ad una camera con una capsula di risalita. Era stata usata per estrarre dalle
profondità tredici minatori rimasti bloccati molti anni addietro. Il carrello prendeva sempre più velocità e ad un certo punto svoltò bruscamente a sinistra. Zoe per poco non fu scaraventato fuori e gli uomini dietro di lui, che videro la scena, per non rischiare di ribaltarsi frenarono anche a costo di perdere terreno. Le rotaie su cui scivolava il carrello però, come Zoe ebbe l'opportunità di notare, s'interrompevano a non molta distanza. Tirò un respiro di sollievo notando che non si era sbagliato. Proprio davanti a lui, sulla parete destra, si apriva un piccolo varco. Non aveva alternative. Se avesse frenato per scendere sicuramente quegli uomini gli sarebbero stati addosso in ben che non si dica, quindi, decise di saltare. Cercò di fare un rapido calcolo per non rischiare di mancare l'imboccatura del aggio andando a schiantarsi contro la parete. Mise un piede sul bordo del carrello e, quando pensò di trovarsi nel punto giusto, saltò con tutta la forza che gli era rimasta. Fortunatamente si lanciò dritto dentro il piccolo corridoio. La caduta però fu tremenda. Rotolò più volte su se stesso sbattendo pesantemente con la schiena contro un barile. Nel saltò si ferì alla caviglia e si ruppe il braccio sinistro. Per un attimo pensò che sarebbe morto e forse, considerato i dolori lancinanti che lo attanagliavano, non ci sarebbe voluto ancora molto. Non fece in tempo a completare il pensiero che sentì quasi contemporaneamente un urlo. «Adesso!». Subito dopo uno schianto e l'inconfondibile rumore di ossa che si frantumavano. Non riusciva a crederci. I due uomini che lo inseguivano lo avevano imitato nel salto e, in base al rumore tremendo che aveva udito, a loro era andata molto peggio. Cercò di rimettersi in piedi ma ogni minimo movimento gli causava dolori atroci e fu quasi sul punto di rinunciarci. Poi però sentì dei lamenti. « La pagherai per questo stupido scherzetto...Come vedi ti è andata male!» disse qualcuno non molto distante che stava cercando di raccogliere le forze per terminare ciò che aveva cominciato. Zoe non si era quasi ucciso per poi rinunciare all'ultimo momento. Strinse i denti e si tirò su. Dovette fare subito i conti con dei brutti capogiri che per poco non lo costrinsero a sedersi nuovamente, ma non avendo tutto il tempo che voleva a sua
disposizione cominciò a camminare più veloce che poteva poggiandosi al muro con la mano destra. Non sentiva più l'uomo nel corridoio dietro di lui ma sapeva che era vivo e questo era sufficiente per spronarlo a proseguire. Se Vanisia gli aveva dato l'ordine di farlo prelevare per essere condotto alla sua presenza questo è quello che il suo uomo avrebbe fatto anche a costo di inseguirlo una vita intera. Adesso quella era la sua missione e l'avrebbe portata a termine in un modo o nell'altro o sarebbe morto nel tentativo di riuscirci. Zoe raggiunse la piccola stanza in cui ricordava ci sarebbe dovuta essere la capsula. Guardò bene in giro ma l'oscurità era quasi totale per cui cominciò a procedere tastando intorno. La stanza era quasi sgombra ad eccezione di qualche piccone poggiato al muro ed un barile vuoto. Con sconforto notò che non c'era traccia della capsula. E se si era sbagliato?. Non poteva neanche tornare indietro perché così facendo avrebbe dovuto battersi contando solo su una gamba e un braccio ancora in condizioni discrete. Solo in quell'eventualità il suo punteruolo sarebbe finalmente stato davvero utile. Mentre si preparava, mentalmente rassegnato, a questa evenienza sentì aria fresca che arrivava dall'alto. Allungò subito il braccio in alto e toccò qualcosa di curvo e metallico. Una nuova speranza nacque in lui perché aveva appena trovato quello che stava cercando. Controllò meglio e notò di essersi fermato proprio nel punto in cui la capsula doveva toccare il fondo. Purtroppo, per qualche strano motivo, si trovava almeno due metri più su. Non perse tempo e tornò indietro fino a dove ricordava di aver urtato contro quello che doveva essere un barile. Per un attimo gli balenò il pensiero che l'uomo che l'aveva inseguito potesse saltargli addosso da un momento all'altro ma subito volle scacciare quell'idea che lo avrebbe distratto e rallentato. Finalmente trovò il barile e con non poca fatica lo spostò fin sotto la capsula. Vi montò su e una volta chiusa la piccola porticina metallica iniziò a cercare la pulsantiera. Fortunatamente, tanti anni prima, aveva usato l'elettricità che faceva funzionare quell'elevatore per illuminare il suo
laboratorio e di conseguenza quella linea elettrica era ancora in funzione. Trovò con gran sollievo la pulsantiera e notò subito che c'erano due soli pulsanti. Non potendo credere a quanta fortuna lo stesse accompagnando pigiò il tasto che aveva in rilievo la freccia verso l'alto. Un rumore metallico iniziò ad aumentare di volume e questo era segno che gli ingranaggi avevano iniziato a funzionare. Zoe guardò in alto, sebbene fosse circondato da nient'altro che tenebre, sperando di iniziare a muoversi da un momento all'altro ma una mano gli si strinse sulla caviglia appena rotta. Urlò per il dolore e la paura. L'uomo l'aveva raggiunto e, salito anch'egli sul barile, aveva infilato la mano attraverso le sbarre quasi a volerlo tirar giù con tutta la capsula. Questa ondeggiò e urtò lateralmente contro le pareti di roccia. Zoe cercò di liberarsi da quella presa tentando di sollevare la gamba ma lo spazio era ridottissimo e l'uomo non ne voleva sapere di lasciarlo andare. Proprio in quel momento si ricordò del punteruolo e lo calò con tutta la forza possibile nel polso dell'uomo che subito lo lasciò andare urlando di collera e dolore. La capsula, libera di muoversi, ebbe uno slancio in verticale e Zoe, grondante di sudore, si lasciò andare ad una risata isterica. Sul display della pulsantiera iniziarono ad illuminarsi dei numeri e da ciò capì che si trovava a settantatré metri dalla superficie. Dopo un lasso di tempo relativamente breve aveva già risalito metà del percorso e le urla dell'uomo erano ormai diventate un lieve sussurro. Il cuore tornò a battergli nel petto alla normale velocità. Le tempie non pulsavano più come qualche attimo prima e anche la respirazione non era più affannosa. Iniziò a rilassarsi e a riflettere su cosa gli era appena accaduto. Di certo Vanisia era in qualche modo venuta a conoscenza del fatto che solo lui poteva lavorare il Crion a suo piacimento. Ma non avrebbe mai lavorato per lei!. Rivivendo, con la memoria, i momenti in cui aveva consegnato il ciondolo all'Imperatrice ricordò anche della spilla che aveva ricevuto in cambio e che da allora portava sempre con se. Perfino adesso l'aveva indosso e ne andava fiero, perché a suo modo, era riuscito ad opporsi ai piani di Vanisia. Ma quanto prima
avrebbe dovuto mettere a conoscenza gli Imperatori di cosa era appena successo. Non finì di godersi quello che credeva fosse un lieto fine che si sentì scuotere e ondeggiare in modo innaturale. Capì subito che qualcuno stava scuotendo il cavo a cui era appesa la capsula. Mancavano quindici metri all'arrivo ma la luce che giungeva dall'alto non gli diede il conforto sperato perché non sapeva chi lo stesse attendendo. Iniziò a sudare freddo e tentò perfino di far tornare indietro la capsula ma la pulsantiera era stata disattivata. Non era più lui a gestire la situazione e questo aumentò la sensazione di essere spacciato. « Credevi davvero di potercela fare?» chiese Nio attraverso l'imboccatura da cui sarebbe dovuta sbucare la capsula. Zoe si portò la mano al petto convinto che sarebbe morto d'infarto da un momento all'altro. Ormai riusciva perfino a respirare l'aria che arrivava dall'esterno e che portava con se il profumo delle piante in fiore. Sarebbe potuto sembrare come un ritorno alla vita per chiunque altro ma a lui di tutto lo aspettava fuorché qualcosa che potesse essere visto positivamente. Nel massaggiarsi all'altezza del cuore ò la mano sulla spilla che gli aveva donato l'Imperatrice e...all'improvviso ricordò!. La capsula, arrivata agli ultimi dieci metri dall'imboccatura, iniziò a rallentare e sussultare leggermente. Non doveva far altro che... “non dovrai fare altro che strofinarla. Verremo noi da te”...gli aveva detto Stefi. Senza perdere tempo strofinò la spilla come se volesse consumarla e attese sperando che succedesse un imminente miracolo. Stefi aveva appena finito di spiegare a Joseph che avrebbe dovuto recarsi subito nella Tesoreria del Palazzo Imperiale per trovare un indizio di fondamentale importanza per l'interpretazione della profezia. Lui stava ancora cercando di capire cosa avrebbe dovuto effettivamente cercare che Stefi si immobilizzò come fosse caduta in stato di trance. Durò giusto un attimo e poi i suoi occhi, prima persi nel vuoto, tornarono a fissare quelli di Joseph. « Presto non c'è tempo da perdere! » disse portandosi al centro del salotto, « E' Zoe ed è in grossi guai. Dovrai afferrarlo il più velocemente possibile e portarlo
da questa parte!» finì di spiegare. Joseph avrebbe voluto qualche dettaglio in più ma lei gli fece capire che non potevano perdere neanche un secondo e infatti era già in procinto di attivare un portale. Joseph capì la gravità della situazione. Sapeva che se non fosse stata a rischio la vita di qualcuno Stefi non avrebbe mai corso il rischio di attivare un portale dentro casa rischiando di essere scoperti dai ragazzi quindi si portò subito di fronte al portale pronto a tutto. Durante gli ultimi cinque metri la capsula si mosse ad una lentezza snervate e Zoe era ormai arreso al fatto che nessuno lo avrebbe tratto in salvo. Poteva già scorgere il sorriso beffardo stampato sul volto di Nio, che per tutto quel tempo se ne era rimasto lì ad attendere che l'artigiano gli si consegnasse senza fare il minimo sforzo. Nio si scostò dall'imboccatura e andò a poggiarsi contro il muro per attendere che la sua preda venisse a lui spontaneamente. Zoe aprì lentamente il portello con l'aria di chi stava per salire al patibolo e... un lampo argenteo diede vita ad un vortice che si aprì in tempo perché delle braccia robuste lo afferrassero e lo strapero da quello spazio ristrettissimo per trascinarlo da tutt'altra parte. L'urlo di rabbia di Nio fu l'ultima cosa che riuscì ad attraversare il portale un attimo prima che questo si richiudesse fulmineamente. « Joseph stai bene?» si preoccupò subito Stefi. Joseph si ritrovò sdraiato in terra con Zoe addosso che si lamentava. Forse lo aveva tirato via con un troppa forza dal luogo in cui si trovava ma non aveva avuto il tempo per preoccuparsi delle conseguenze. Nel rialzarsi, però, vide in che condizioni era stato ridotto. Ripensandoci forse erano arrivati giusto in tempo. Con accortezza tentarono di farlo alzare ma si accorsero subito che era ancora sotto shock quindi si preoccuparono per prima cosa di medicare le ferite superficiali in attesa che si riprendesse e potesse spiegare chi o cosa lo avesse ridotto in quello stato. Dopo qualche ora Zoe, sorseggiando una tisana calda, iniziò a raccontare, nei minimi dettagli, del tentato rapimento da parte degli uomini di Vanisia e di tanto in tanto rabbrividiva all'idea di averla scampata proprio all'ultimo minuto. Decisero di condurlo a Palazzo perché potesse essere curato dai medicanti.
Inoltre, solo lì, sarebbe stato al sicuro. Non potevano correre il rischio che Vanisia mettesse le mani sul ciondolo di Crion e tanto meno che se ne fe fare uno uguale con la gemma in suo possesso. Stefi, approfittando dell'assenza dei ragazzi, azionò un portale proprio al centro del salotto e accompagnò Zoe personalmente. Al suo ritornò Joseph sarebbe stato pronto per la nuova ricerca nella Tesoreria. Lei gli augurò di ottenere i risultati in cui speravano per porre fine alle sofferenze di Zaion. Poche ore più tardi Joseph partì per la missione che lo attendeva senza la minima idea di ciò che avrebbe dovuto aspettarsi. La Tesoreria del Palazzo si trovava nei sotterranei di Savio ed era protetta costantemente da diciassette esuli che si alternavano nel corso del tempo. Si trattava di un'unica immensa camera che si estendeva circolarmente sotto il perimetro dell'intero edificio. Il suo contenuto era di valore inestimabile tanto da aver attratto, nel corso dei secoli, l'interesse di molti uomini potenti, alcuni provenienti addirittura da altre dimensioni, ma il Corpo di Guardia e il potere degli esuli avevano sempre reso vani tutti i tentativi di furto. Ciononostante Joseph e Stefi non si interessarono mai ai tesori accumulati dai loro predecessori soprattutto perché ottenuti con metodi che loro non avevano mai condiviso. Erano altre le ricchezze che intendevano preservare come le immense distese verdi e pianeggianti di Vallisia, le acque cristalline di Vander e Oceania o gli altissimi Bongi di Verdia. Appena Joseph si presentò alla porta blindata un uomo esile e minuto, raccolto in meditazione, si alzò per andargli incontro e alla sua vista s'inchinò. « Imperatore...Quale onore incontrarvi. Perdonatemi ma non eravamo stati avvisati della vostra visita...» cercò di scusarsi l'esule. Adesso avrebbero dovuto farlo attendere per togliere il campo protettivo che si estendeva sulla Tesoreria. « Tranquillo non ho alcuna fretta. Inoltre nessuno è a conoscenza del fatto che mi trovo qui e non c'è motivo che si sappia in giro » spiegò Joseph. L'esule fece segno col capo di aver capito e si ritirò subito in meditazione. Dopo qualche secondo iniziò a soffiare in uno strumento a fiato producendo una melodia di particolare bellezza che però altro non era che un sistema per richiamare l'attenzione degli altri esuli che vivevano e sostavano di guardia, a non molta distanza gli uni dagli altri, per tutta la lunghezza di quell'interminabile
galleria sotterranea. Al termine della melodia la porta blindata iniziò ad aprirsi lentamente lasciando intravedere solo alcune delle ricchezze che custodiva. Joseph entrò e subito si pentì di non aver mai incaricato qualcuno di sistemare e catalogare tutto ciò che vi era contenuto. Infatti gli sembrava quasi di essere tra gli articoli di un mercatino di paese in cui tutto viene buttato alla rinfusa o esposto ammucchiando le mercanzie. L'unica vera differenza consisteva nel fatto che l'ottanta per cento di ciò che si presentava davanti ai suoi occhi era in realtà d'oro massiccio o comunque di un metallo nobile e tempestato di pietre preziose. La confusione era indescrivibile e gli venne voglia di mettersi le mani tra i capelli. Da dove avrebbe dovuto iniziare?. Decise di sedersi per cercare di mettere in ordine le idee. Era circondato da scrigni di ogni genere e grandezza traboccanti di gioielli e monili. Alle pareti erano stati appesi dipinti e arazzi che ritraevano paesaggi mozzafiato o scene di battaglie in cui combattenti impavidi guidavano altri uomini alla conquista di nuovi territori. C'erano tappeti finemente intessuti stesi, uno dopo l'altro, su tutto il percorso che si apriva alla vista e su cui erano ammassate statue in marmo e piccole riproduzioni in scala delle opere monumentali più importanti del pianeta. Joseph iniziò a camminarci in mezzo sperando che qualcosa in particolare attirasse maggiormente la sua attenzione. Dopo aver camminato per oltre mezz'ora arrivò in un punto dove era stata raccolta una serie infinita di mobili e sedie...tutte completamente in oro. Decisamente di cattivo gusto, pensò. Più avanti trovò qualcosa di molto più interessante. Si trattava di tutte le armi dietro cui, in un modo o nell'altro, si erano create, grazie anche a chi le aveva brandite, una o più leggende che si erano poi tramandate nel tempo di padre in figlio. Impugnò subito la spada di Ramded il Potente per sollevarla e farla roteare in aria come preparandosi ad un duello. Era sempre stato attratto da armi e armature tanto è vero che sin da piccolo aveva desiderato diventare il capo delle guardie imperiali.
Rise a quei ricordi che, effettivamente, si erano poi trasformati in realtà regalandogli nell'arco del tempo molte soddisfazioni. Depose l'arma con attenzione su un piedistallo da cui aveva appena tolto una bruttissima statua a mezzo busta scolpita a immagine e somiglianza di Vanisia. A lei sarebbe sicuramente piaciuta, pensò. Qualunque cosa potesse lasciare una sua traccia nel tempo le era gradita. Joseph lasciò are quei pensieri e si soffermò ad osservare la gran quantità di libri impilati l'uno sull'altro a creare veri e propri muri divisori. Sperava di non doverli spulciare uno per uno perché altrimenti avrebbe anche potuto impiegarci un'eternità. Per scoprire cosa comunque?. Stefi gli aveva detto che avrebbe trovato qualcosa di utile per comprendere meglio la profezia ma era come cercare un ago in un pagliaio. Inizialmente aveva creduto si trattasse di qualche arma particolare o di un oggetto dalle capacità misteriose di cui quella camera era piena. C'erano infatti migliaia di mensole su cui erano posti amuleti e sostanze dalle origini ignote ma che per trovarsi li erano senz'altro capaci di compiere incantesimi o fatture. Fortunatamente notò che esisteva una sezione speciale che conteneva, sotto chiave, gli oggetti che erano stati catalogati come “POTENZIALMENTE PERICOLOSI”. Continuò a girovagare attratto da tutto e da nulla per tutto il resto della giornata. E così facendo arono molti giorni senza che però venisse a capo di nulla.
LA CASA SULL'ALBERO
« Credi che faremo in tempo a finirla prima che arrivi l'inverno?» domandò Alex. Manuel tirò su l'ultima asse per il pavimento che gli era appena stata ata e alzò lo sguardo ad osservare il cielo. Effettivamente le nubi scure promettevano acqua in abbondanza ma le previsioni meteorologiche per quella giornata non erano state delle peggiori. Le foglie degli alberi, in autunno avanzato, erano quasi tutte rossastre e dal punto in cui si trovavano il panorama, rosso ruggine, era da togliere il fiato. Si soffermò per ammirarlo ma un tuono non molto distante lo fece sussultare. « Lily dovresti salire a vedere che spettacolo...Da qui la visuale è da capogiro!» la invitò nella speranza che la vista di quel paesaggio potesse farla sciogliere un pò di più nei suoi confronti. Al contrario di Alex, infatti, lei non si fidava granché di lui. Lo aveva capito fin dal primo giorno. Non faceva altro che fissarlo e tartassarlo di continue domande. Sperava seriamente che, quanto prima, anche lei iniziasse a vederlo come un buon amico perché fino a quando non lo avesse accettato come tale non c'era modo di potersi confidare del tutto e svelare il suo segreto. Se non gli avessero voluto bene a sufficienza non lo avrebbero mai accettato nella loro vita. « ...Incredibile!» esclamò Alex una volta al fianco di Manuel. Non aveva affatto esagerato nell'entusiasmarsi alla vista della natura che li circondava. Poi guardò giù e capì che Lily non aveva alcuna intenzione di raggiungerli. Stava infatti preparando altro materiale da mandargli su con la corda. « Dalle un pò di tempo e vedrai che imparerà a fidarsi ». « Lo spero proprio...Comunque sarà meglio sbrigarci a costruire il tetto perché presto inizierà a nevicare!». E proseguirono senza sosta fino al tramonto quando iniziò a piovere a dirotto.
« Presto da questa parte. Conosco un posto dove possiamo metterci al riparo » urlò Manuel per farsi sentire nonostante il fragore del temporale. Corsero per parecchie decine di metri costeggiando il fiumiciattolo che aveva iniziato a rigonfiarsi d'acqua e a scorrere in maniera impetuosa. Giunsero in uno spiazzo aperto dove il torrente incontrava profondità diventando un piccolo laghetto. La bassa sponda opposta aveva ceduto il o ad un'alta parete rocciosa ricoperta di muschio. Manuel fermatosi di colpo indicò un aggio proprio a pelo d'acqua. « Mi ci sono riparato altre volte. E' una piccola grotta naturale scavata all'interno del massiccio. Solo che di solito c'è meno acqua da attraversare...ma una volta dentro potremo aspettare che smetta di piovere. Che ne dite?». Alex acconsentì subito ma Manuel, che non voleva fargli correre il rischio di essere trasportati via dall'impetuosità del torrente, fu il primo a mettere piede in acqua per accertarsi di trovare il giusto aggio. Come le volte precedenti avanzava posizionando i piedi su massi ben precisi che erano grossi a sufficienza per impedirgli di scivolare ma, a differenza delle altre volte, l'acqua gli arrivava già alla vita ed era più fredda di quanto si aspettasse. Per un attimo pensò che forse avrebbero dovuto trovare un altro posto per ripararsi ma non ne conosceva altri e comunque una volta dentro avrebbero potuto accendere un fuoco per asciugarsi con i fiammiferi e la legna che aveva raccolto e sistemato lì dentro una settimana prima quando, ancor prima di conoscerli, aveva deciso di andar via dalla casa in cui non era più bene accetto e di trascorrere in quel luogo qualche periodo prima di andar via definitivamente. Fu talmente preso dai ricordi che non sentì l'urlo di avvertimento che gli lanciarono Alex e Lily. Un grosso ramo trascinato dalla corrente lo travolse in pieno facendolo finire sott'acqua. Forse per la sua natura per metà animale o probabilmente per qualcosa che ancora non aveva scoperto ma non era mai stato un grande nuotatore perché c'era sempre stato qualcosa dell'acqua che lo rendeva nervoso. Veniva trascinato sul fondo nonostante fe di tutto per rimanere a galla. Aveva bevuto talmente tanta acqua che era certo che sarebbe morto da un momento all'altro. Tentava di rimanere lucido sebbene venisse sbattuto continuamente contro le rocce a cui tentava disperatamente di rimanere aggrappato, almeno il tempo necessario per poter riprendere fiato. Era in questi brevissimi tratti di tempo che udiva le urla di terrore di Lily e quelle di Alex che
lo incitavano a resistere. Gli bastò un attimo per capire che Alex si era gettato in acqua per tentare di soccorrerlo. Non voleva che gli succedesse qualcosa a causa sua perciò tentò di andargli incontro per evitare che anche lui si allontanasse troppo dalla riva. Riuscì ad aggrapparsi ad una radice che si protendeva nella sua direzione e gli urlò di tornare indietro ma Alex non volle saperne e continuò a correre con l'acqua alla vita finché non scivolò e sparì anch'egli tra i flutti. Manuel lasciò andare la presa e, tirato un gran respiro, si fece trascinare dalla corrente sperando di essere spinto verso l'amico. Nel frattempo, però, l'ossigeno iniziò a scarseggiare e anche le forze lo stavano abbandonando. Convinto che quella sarebbe stata la sua fine si addolorò per aver trascinato con se una delle poche persone a cui aveva voluto veramente bene. Poi urtò qualcosa a cui subito si tenne stretto... era Alex che annaspava!. Desiderò con tutto se stesso che una mano invisibile li tirasse fuori da quella situazione e nello stesso istante una spinta giunta dal fondo li spinse fino alla sponda più bassa. Di più!, desiderò Manuel. Un potente getto d'acqua, simile ad un geyser, li spinse in aria. Ricaddero pesantemente sul terreno fangoso sputando acqua e tossendo per poter riprendere a respirare regolarmente. Erano ancora a terra quando Lily si gettò su di loro stringendoli forte entrambi. Piangeva come una bambina e tremava ancor più di loro. « Cosa è stato? » urlò Alex per farsi sentire. Manuel non sapeva cosa rispondergli però, dentro di se, era certo di aver provocato la spinta che li aveva salvati. Desiderò di poterlo rifare e sentì uno strano brivido percorrergli il braccio destro fino alla mano. Subito se la portò al volto per guardarla meglio. Al movimento del braccio corrispose un movimento dell'acqua che dal fondo del torrente venne spruzzata verso l'alto come se fosse stato lui stesso a spingerla in aria. Se ne accorsero tutti e tre e rimasero a bocca aperta.
« Rifallo!» ordinò Lily ad un Manuel ancora frastornato. Lui finse di spingere un muro e una piccola parete d'acqua di circa due metri si alzò per andare ad infrangersi contro la parete rocciosa sulla riva opposta. « Grandioso!» fece Alex ancora scosso dai brividi. L'unico che ancora non riusciva a capacitarsi di cosa stesse succedendo era proprio Manuel che, come un automa, continuava a muovere la mano in varie direzioni a cui seguivano diversi giochi d'acqua sulla superficie del torrente. Aveva già dovuto accettare l'idea di poter essere anche uno scoiattolo... ma questo era molto più inquietante!. Lily gli prese dolcemente la mano tra le sue e lo costrinse a guardarla. « Va tutto bene. Hai salvato entrambi. Forse per te è la prima volta ma noi abbiamo già visto parecchie stranezze fino ad oggi...Ma tu questo lo sai già...piccolo scoiattolo dorato...Vero?» gli chiese. Manuel la fissò in silenzio. Lei sapeva!. Forse lo sapeva dal primo momento che si erano incontrati eppure non lo aveva giudicato male. Avrebbe anche potuto farlo d'altronde lui li aveva spiati per così tanto tempo... Accidenti sapeva anche questo!. Ora capiva il perché di tutto quel distacco...forse stava solo aspettando che lui si decidesse a raccontargli la verità. Ma ormai era tardi. Ripensò a tutte le volte che se ne era rimasto per ore a fissarla leggere o le volte che era rimasto in loro compagnia durante i pomeriggi nei boschi. Lei sapeva tutto e sicuramente anche Alex però lo avevano accettato comunque. Perché?
Nel frattempo aveva smesso di piovere e il vento stava diminuendo. « Scusa...scusate...eravate l'unica famiglia che avevo. Non vi disturberò più! » disse dandogli le spalle. Fece per andarsene ma Alex lo fermò prendendolo per un braccio. « Dal giorno in cui ti abbiamo soccorso nel bosco sappiamo tutto ma a noi va bene così. Mi hai salvato la vita...Non so ancora come...Ma l'hai fatto!. Siamo certi che sei una persona buona. Quando sarai pronto ci racconterai quello che ancora non sappiamo». E lui che pensava che non avrebbero più voluto vederlo!. Tirò un respiro di sollievo e guardò il cielo. « Ha smesso ma riprenderà a breve. Andiamo ». Li guidò nel punto da cui era iniziato tutto. « Non avrete intenzione di riprovarci?» chiese Lily incredula. « Questa volta faremo diversamente! » disse Manuel mettendo i piedi in acqua. Una volta lì iniziò a far ondeggiare mano e polso e così facendo sull'acqua si formarono e poi scomparvero dei rigonfiamenti simili ad enormi bolle. Ripeté nuovamente il gesto e questa volta corse poggiando i piedi su quelle grosse bolle d'aria che, oltre a non scoppiare, gli davano la spinta per il salto successivo. Giunse velocemente all'imboccatura della grotta e vi entrò. Non si era mai sentito così euforico. Riusciva a manovrare e modellare l'acqua a suo piacimento. Chissà cos'altro avrebbe imparato a fare con un pò di esercizio. Si sporse e fece segno ad Alex e Lily di imitarlo e in ben che non si dica ricomparvero le bolle che lo avevano aiutato ad attraversare il torrente. In breve furono di nuovo tutti riuniti ma fradici. Accesero subito il fuoco e vi si sedettero intorno per asciugarsi. « Vi devo tante di quelle scuse...Non saprei da dove iniziare...». « Non devi farlo per forza...» iniziò a dire Lily.
« Ma io voglio farlo!.Vi devo almeno questo » disse Manuel che però non sapeva veramente da dove iniziare. Si prese un attimo di tempo per raccogliere le idee e cominciò a narrare partendo da quello che gli aveva raccontato sua nonna sul giorno in cui lo trovò sull'uscio di casa e quando ebbe finito si sentì svuotato e allo stesso tempo ripulito. « Adesso non mi rimane che questo!» disse mostrando loro un ciondolo che portava appeso al collo a forma di triangolo. « E' un regalo di tua nonna? » volle sapere Lily. « No. In realtà lo avevo al collo già il giorno in cui mi trovò ». « Pensi abbia qualche significato particolare? » chiese Alex. « Deve averne senz'altro! Perché altrimenti me l'avrebbero lasciato?. Ma l'unica che poteva darmi delle spiegazioni ormai non c'è più. Non conoscerò mai quali sono le mie origini ». Rimasero in quella grotta per tutta la notte finché il mattino seguente non poterono fare rientro a casa dove Stefi era quasi impazzita per la preoccupazione. Dovettero tranquillizzarla prima di poter mettere qualcosa sotto i denti e una volta rifocillati vennero informati che le lezioni sarebbero state sospese a tempo indeterminato. « Perché? » chiese subito Lily. « Joseph è partito per raggiungere Riwa e Vins...Tornerà il prima possibile! » mentì non potendo confessargli che in realtà avrebbe ato i prossimi giorni tra libri, tesori, monili, dipinti e chi più ne ha più ne metta. « Però se vi fa piacere la sera potremo continuare con i racconti su Zaion...puoi rimanere anche tu se ti va » disse rivolta a Manuel. « Grazie. Rimarrò senz'altro!» accettò entusiasta, « Non vedo l'ora di sapere come va a finire la storia degli Imperatori alle prese con i Batim alati...» si lasciò sfuggire. Si zittì improvvisamente ma subito dopo ricordò che erano tutti a conoscenza del suo piccolo segreto quindi non c'era più motivo di stare attento ad ogni minima
parola. Vedendoli sorridere si rilassò all'istante e prese la tazza di cioccolata che Stefi gli porgeva. Le cose non sarebbero potute andare meglio di così. La serata continuò infatti con la narrazione del viaggio degli Imperatori di Zaion attraverso i vari Continenti sino alla nascita della piccola erede al trono. Con il proseguire delle storie avanzava l'inverno ma il freddo e la neve non impediva ai ragazzi di incontrarsi tutti i giorni nella casa sull'albero che ormai era stata ultimata e arricchita di tanti piccoli particolari da essere unica e preziosa ai loro occhi. Vi avevano anche trascorso nottate intere con il permesso della nonna che ultimamente era stata sempre più distratta e assente. Trascorrevano le mattine a gironzolare per trovare i pendii migliori da cui lanciarsi con gli slittini e poi dedicavano del tempo alla cura di animali feriti. Quando iniziavano a sentire troppo freddo tornavano all'albero e accendevano un fuoco all'interno di un tegame in modo da avere calore a sufficienza ma senza mandare nulla a fuoco. La sera, dopo cena, si stendevano nei sacchi a pelo e ascoltavano Lily che leggeva i libri scelti per lei da Riwa e Vins che non dimenticavano mai di portargliene di nuovi. Da quando trascorrevano le giornate insieme tutti i problemi possibili o le stranezze che li interessavano erano ate in secondo piano e la felicità generata dalla nuova amicizia dava a tutti e tre l'impressione che al mondo esistessero solo loro. « Siamo i padroni del mondooooo...» gridò un giorno Alex mentre, seduto sul tetto della casetta, osservava l'intera distesa di alberi innevati che li circondava. Lily e Manuel seduti al suo fianco si guardarono sorridendo e poi subito lo imitarono alzando le braccia al cielo. Manuel continuava a guardare Lily che sorrideva felice, con lo sguardo rivolto all'orizzonte, perché gli piaceva l'idea, anche se consapevole che si trattasse solo di un'illusione, che solo loro tre potevano godere delle meraviglie del mondo intero. Lily si sentì osservata e voltandosi capì di non essersi sbagliata e arrossì. « Tra qualche giorno sarà il nostro compleanno » ricordò Lily ad alta voce. Ma mentre i tre amici, dall'alto della nuova dimora, scoprivano la felicità che poteva derivare dal condividere segreti e poteri sconosciuti al resto del mondo, a una distanza inimmaginabile alle loro menti e a parecchi metri sotto la superficie, Nio sperimentava tutt'altri sentimenti. Avrebbe, infatti, preferito essere morto anche lui in quella miniera, come i suoi compagni, piuttosto che dover riportare a Vanisia la notizia di aver miseramente fallito. E comunque c'era sempre la possibilità che fosse lei stessa a mettere fine alla sua esistenza una
volta scoperto che l'artigiano Zoe gli era stato sottratto da sotto il naso da quel buon annulla dell'Imperatore. Ma stranamente quel giorno Vanisia non volle riceverlo. « Ho necessità di conferire con lei immediatamente!» insistette Nio rivolgendosi a Boindra, la donna che era al fianco di Vanisia da sempre. Lei però non batté ciglio e gli chiese di attendere altrove finché non fosse stata lei a richiedere la sua presenza. Attese per sei giorni di fila, dietro la sua porta, allontanandosi solo la notte per andare a dormire. Non voleva che fosse qualcun' altro a portarle la notizia del suo fallimento e soprattutto non riusciva a darsi una spiegazione per tale comportamento. Ciò nonostante non poteva fare a meno di attendere. I mesi avano e di Vanisia neanche l'ombra. L'unico incarico che gli venne assegnato nel frattempo fu quello della costruzione di una immensa fortezza che doveva sorgere e circondare l'entrata della miniera. Doveva essere una costruzione abbastanza grande da poter contenere l'intera popolazione della comunità riunita all'aperto. L'opera doveva essere ultimata il prima possibile e tutti avrebbero dovuto partecipare ai lavori. Nio fece del suo meglio per non deluderla ancora una volta. Capì che era un modo per metterlo alla prova ma soprattutto era l'opportunità per farsi perdonare il suo ultimo insuccesso. Questa volta non l'avrebbe delusa!, pensava. Si diede da fare circondandosi degli uomini che avevano già esperienza in costruzioni simili. E con un pratico sistema a rotazione, che permetteva di sfruttare tutta la manodopera disponibile, i lavori iniziarono subito e proseguirono senza nessuna interruzione. Con il are delle settimane venivano scavate fondamenta e innalzati i primi muri. Tutto procedeva speditamente e senza incidenti con la collaborazione dell'intera comunità che prestava la massima attenzione e forniva tutta la forza lavoro di cui c'era bisogno. Lavoravano in silenzio e instancabilmente come tante formiche operaie con un' unico obiettivo...piegarsi al volere della regina.
La nuova costruzione non ò affatto inosservata. Da quando il congresso aveva ricevuto quel netto rifiuto di Vanisia all'apertura di una trattativa, che potesse portare ad una convivenza pacifica, tutta l'area attorno alla miniera era stata costantemente pattugliata e monitorata dall'Esercito Imperiale. L'inizio dei lavori aveva lasciato tutti un pò perplessi perché non era chiaro a cosa si stessero preparando ma quando la struttura iniziò a prendere forma, e fu chiaro che Vanisia stesse facendo edificare qualcosa di imponente, allora il Governante Guan cercò subito l'aiuto dei Continenti. « E' una fortezza ben progettata. Ha molte torrette e muri altissimi, inoltre la pianta è talmente larga che potrebbe contenere un'intera cittadina. Sta preparando qualcosa di grosso. Dobbiamo fermarla il prima possibile!». « Non possiamo aprire il fuoco su uomini e donne senza che ci sia un motivo per farlo. Non sono loro che dobbiamo fermare...» rispose Riwa al Governante Guan per cercare di farlo calmare ma pur condividendo le sue preoccupazioni. « Se non ci fosse nulla da temere mi chiedo allora a cosa servano i numerosi esuli che si aggirano attorno alle mura!» controbattè lui con un tono leggermente più isterico di quanto avrebbe desiderato. « Magari vogliono appunto evitare di essere attaccati preventivamente. Non sono stupidi e avranno calcolato quest'eventualità...o per lo meno...Vanisia l'avrà considerata di certo!» disse Vins rivolto ai partecipanti al congresso. « Dove sono gli Imperatori? » volle sapere Tenzim. « Eccomi!» disse Joseph piombando nella stanza. Finse che fosse più che normale trovarsi li da solo senza la sua sposa e prese posto. Era stato informato da Juno della riunione che si sarebbe svolta a breve nella Sala Congressi e di quale sarebbe stato l'argomento trattato. In qualunque altro momento Joseph avrebbe lasciato volentieri e di gran fretta la Tesoreria, in cui trascorreva tutte le sue giornate ormai da mesi, ma proprio qualche attimo prima si era imbattuto in uno scrittoio che aveva attirato la sua attenzione e non perché fosse particolarmente bello anzi tutt'altro era vecchissimo e malconcio e non era neanche prezioso. Proprio per questi motivi si chiese come mai quel mobile così anonimo si trovasse li. Si era avvicinato incuriosito e aveva soffiato su una targhetta che portava inciso un nome. Si sollevò un gran polverone che lo fece starnutire un paio di volte ma dopodiché riuscì a leggere Arcibuld Limel. Quasi
non credette ai propri occhi e subito iniziò a domandarsi se potesse essere vero che quel mobile appartenesse a Limel. Però Juno, che non si era mosso di un solo o, rapito dalle ricchezze che lo circondavano, gli ripeté che era atteso altrove. Joseph per la prima volta da settimane avrebbe voluto poter rimanere di più in quel posto perché aveva la netta sensazione di aver trovato qualcosa. Ma qualunque cosa fosse avrebbe, purtroppo, dovuto attendere.
« Se ho capito bene sarà meglio prepararci al peggio...Ma non saremo noi ad attaccare per primi » puntualizzò Joseph. Guan alzò le mani al cielo e sedette sconfitto. « A che punto sono i lavori sulle nuove divise?» chiese Joseph. « I prototipi resistono bene a tutte le armi in nostro possesso e potrebbero salvare la vita in caso di attacco diretto di Vanisia... ma non da distanza ravvicinata! » spiegò subito Juno. « La sorveglianza dovrà essere costante ed esigo che le nuove divise vengano messe subito a disposizione dell'Esercito Imperiale che al momento staziona a Minio. Subito dopo verranno inviate alle Armate Continentali...» « Ma i prototipi non sono stati ultimati...» lo interruppe Juno. I dati che gli erano stati forniti provenivano da studi di laboratorio ma nessuna di quelle uniformi era stata realmente testata direttamente contro il potere di Vanisia. Joseph capiva benissimo quali erano i dubbi che lo assillavano. Erano gli stessi che assillavano lui. «...Sono sicuramente più adatte di quelle già in dotazione. E non sapendo di quanto tempo disponiamo prima che accada qualcosa di irreparabile sarà meglio fornire la massima protezione possibile a tutti i nostri uomini!» finì. Finito di parlare salutò i presenti e tornò a ciò che aveva lasciato in sospeso, qualche momento prima, nella Tesoreria.
Tutti a Zaion conoscevano Arcibuld Limel e per svariati motivi. I più giovani venivano a conoscenza della sua vita attraverso lo studio della storia mentre gli anziani univano alla conoscenza del suo operato, come coniatore delle prime monete, anche le dicerie sul suo conto che lo volevano un veggente ultracentenario. L'unico che aveva avuto il coraggio di predire, durante il periodo in cui Vreus il Terribile era Imperatore di Zaion, la decadenza e le problematiche che il pianeta avrebbe dovuto subire e affrontare a causa dell'egoismo e manie di grandezza di chi al potere. Da allora di lui si persero le tracce. Ci furono solo sporadici avvistamenti o racconti di chi lo aveva ospitato durante la sua infinita fuga iniziata per tentare di sfuggire alle grinfie di quei Saviani che avrebbero voluto la sua veggenza piegata ai loro servigi. Ma se tutte le voci che lo riguardavano corrispondevano al vero, a conti fatti, Arcibuld Limel avrebbe dovuto avere, al momento della sua scomparsa definitiva, almeno cinquecento anni. Questo portò molti a sospettare perfino della sua esistenza. Dal momento in cui però Gordon fu incoronato Imperatore le cose iniziarono a cambiare. Furono fatte molte spedizioni nella ricerca di sue tracce o per lo meno nella speranza di scovare il luogo che aveva scelto per riposare in eterno. Tutte le ricerche, sia che si trattasse di quelle volontarie o di tipo finanziato dai Saviani, portarono comunque allo stesso risultato ovvero ad un nulla di fatto. Joseph era nuovamente di fronte allo scrittoio ma questa volta era solo e anche certo che nessuno lo avrebbe disturbato. Il mistero che aveva circondato da sempre l'esistenza di Arcibuld Limel l'aveva incuriosito come poche altre cose nella sua vita ma le energie spese per difendere la sua famiglia e il resto degli zaioniani, dai problemi accumulati nel corso del tempo e dal desiderio di Vanisia di governarli, lo avevano costretto ad accantonare il desiderio di saperne di più. Adesso aveva finalmente l'occasione di scoprire qualcosa o comunque di avere almeno confermata qualche incertezza. Si sedette e iniziò a sfogliare i pochi libri che quello scrittoio conteneva insieme ad una piccola scatola in legno chiaro. Fu proprio quella che attirò la sua attenzione e che dunque fu al centro di ogni suo pensiero anche mentre sfogliava quei vecchi manoscritti. La prese e fu nuovamente colpito dalla sua semplicità. Aprendola notò che il suo contenuto era costituito unicamente da antiche monete consumate. Le osservò con attenzione una per volta e si accorse che due di esse presentavano delle anomalie rispetto alle altre. Arcibuld, per motivi ignoti, era stato colui che aveva deciso quale sarebbe stato lo stemma di Zaion, il fiore capovolto, e di conseguenza lo stesso che compariva tutt'ora su tutte le monete in circolazione e che accompagnava l'immagine dell'Imperatrice. Nel corso del tempo la sola parte che
veniva aggiornata era quella che ritraeva l'Imperatore. Adesso si rigirava tra le dita quelle due strane monete. Erano state incise a mano. La cosa più strana consisteva nel fatto che sulla prima moneta la parte della corolla era molto marcata rispetto al pistillo, appena visibile, e nella parte posteriore era stato inciso il numero uno. Nella seconda moneta il pistillo era in rilievo rispetto alla corolla che si distingueva a malapena. Sul retro vi era inciso il numero due. Joseph si chiese quale fosse il significato di quei numeri ed il perché delle differenze di rilievo tra la prima e la seconda moneta. Non poteva trattarsi di un semplice caso!. Nulla era mai un caso se aveva a che fare con Arcibuld. Il simbolo di Zaion era inoltre legato alla famosa profezia e se quel particolare avesse potuto portare ad una pur minima spiegazione valeva la pena tentare di scoprire tutto il possibile. Si infilò le due monete in tasca e decise che le avrebbe mostrate a Stefi.
UN'ALTRA ME
Stefi sentiva di aver temporeggiato anche troppo. Ma sapere di doversi separare dal suo preziosissimo ciondolo era una cosa che non gradiva affatto. Era ata già una settimana da quando si era svegliata con la consapevolezza di dover rientrare a Palazzo ma... senza il camlo di Crion!. Quando ne aveva parlato con Joseph anche lui era rimasto sbalordito di fronte a quella novità. Nessuno dei due aveva preso di buon occhio l'idea di doversi distaccare dall'unica vera certezza in merito alla profezia e nessuno avrebbe potuto tenerla più al sicuro di Stefi. D'altronde le bastava volere che nessuno glielo portasse via. Era questo il bello di essere un Saviani anche se questo potere si trasmetteva solo da genitore in figlio. Stefi cercava da giorni un modo per risolvere il problema del Crion. Neanche Joseph infatti, che non era di stirpe imperiale, avrebbe potuto tenere il ciondolo al sicuro quanto lei quindi... Stefi conosceva la risposta. Sperava solamente che col are dei giorni avrebbe trovato un'alternativa perché al momento l'unica che aveva era quella di consegnare il ciondolo ai nipoti. Da un lato era certa che lo avrebbero custodito gelosamente, pur non conoscendone l'enorme valore, ma dall'altro aveva paura di metterli in qualche modo in pericolo. Fortunatamente Vanisia non sapeva ancora nulla della loro esistenza ma aveva tentato di far rapire Zoe e questa cosa non era da sottovalutare. Continuava a chiedersi quale era la cosa più giusta da fare ma, nonostante i suoi tentennamenti, sapeva di dover dare ascolto alle indicazioni che aveva avuto. Aveva sempre odiato quel “potere a metà” che non le aveva consentito di salvare la vita a suo padre o di potersi opporre con decisione e definitivamente nei confronti di sua sorella. Si era sempre sentita usata e mai padrona di poterlo gestire a suo piacimento. Adesso che avrebbe voluto qualche
certezza in più si sentiva invece disorientata come non mai. Si sedette sotto il porticato coprendosi con un caldo maglione di Joseph. Erano ati cinque giorni da quando si erano visti l'ultima volta. Quella continua ricerca, che stava portando avanti da mesi ormai, non stava fruttando i risultati sperati. Un 'inverno era volato via ed un' altro aveva fatto capolino ma niente era cambiato sulla Terra mentre su Zaion la fortezza di Vanisia era quasi al termine. Cosa aveva in mente adesso?. Stefi rabbrividì ma non a causa del freddo. In ogni caso decise di rientrare. Si fermò davanti al camino ad ammirare le foto dei ragazzi che avevano già compiuto il loro quattordicesimo compleanno. Era strano constatare con quanta velocità era ato tutto quel tempo. Sorrise al ricordo dei bei momenti trascorsi insieme seppur fossero stati momenti vissuti lontano da Zaion. A volte non poteva negare a se stessa che, tutto sommato, sua sorella aveva già vinto!. Costringendoli a fuggire, nascondersi e mentire. Non era la vita che aveva immaginato di vivere!. Strinse forte nel pugno il ciondolo perché aveva appena preso una decisione. Lo avrebbe affidato a Lily solo il tempo necessario per accertarsi di cosa stesse accadendo su Zaion. Inoltre sapeva bene che nessuno poteva sottrarglielo se lei non avesse voluto. Anche essendo all'oscuro del suo potere avrebbe funzionato comunque. Decise che nell'attesa che i ragazzi tornassero a casa gli avrebbe preparato degli ottimi sandwich. Arrivarono con l'ormai inseparabile amico Manuel al seguito. « Ci sono dei sandwich squisiti che aspettano solo voi » gli comunicò subito e loro non se lo fecero ripetere due volte perché si fiondarono sulla merenda con un appetito fuori dal normale. Come ebbero finito i ragazzi tornarono a divertirsi all'aperto mentre Lily si sistemò nella poltrona di fronte al camino per leggere e Stefi colse al volo l'occasione per parlarle. « Lily vorrei che mi fi un piccolo favore » iniziò slegando il cordoncino che aveva legato al collo, « Dovresti tenermi questo per un pò...se non ti dispiace » disse porgendole il camlo di Crion. « Da quanto posso ricordare... lo indossi da sempre e non te ne separi mai.
Perché adesso vuoi che lo tenga io?» chiese. « Perché sono certa che ne avrai gran cura ». Lily fu orgogliosa di sapere che la nonna aveva così tanta fiducia in lei che non riuscì a farle ulteriori domande. Anche perché era certa che qualunque fosse stata la risposta non sarebbe stata del tutto sincera. Prese il ciondolo dalle sue mani e se lo legò al collo. Stefi tirò un respiro di sollievo e decise che era ora di scoprire cosa l'aspettava su Zaion. Purtroppo però avrebbe dovuto attendere il ritorno di Joseph il giorno seguente. La mattina dopo leggeri fiocchi di neve avevano iniziato ad imbiancare il paesaggio. Stefi era tesa come poche volte le era capitato da quando vivevano lì ed era certa che non sarebbe riuscita ad attendere il ritorno di Joseph. Preparò quindi la colazione ai nipoti e attese che la consumassero prima di avvisarli che sarebbe uscita per fare ritorno entro sera. Li salutò affettuosamente, come faceva tutte le volte che doveva assentarsi anche solo per poche ore, e si avviò. Il percorso fino alla quercia sembrò interminabile ma finalmente la raggiunse e attraversò il portale. Come sempre si ritrovò immediatamente nella grande camera matrimoniale del Palazzo ma questa volta intorno a lei c'era solo oscurità. Forse non avevano ancora aperto le finestre per fare entrare un pò di aria fresca, pensò. Da quando vivevano sulla Terra aveva dovuto far credere alle domestiche, addette alla pulizia di quelle camere, che loro non si fossero mai allontanati da lì e per farlo aveva dovuto usare, seppur controvoglia, il suo potere. Dopo pochi secondi dal suo arrivo, quando la vista si fu abituata all'oscurità, notò che era stato posizionato nella camera uno specchio che rifletteva perfettamente la sua immagine. Fece qualche o avanti ma rimase pietrificata nell'accorgersi che la Stefi riflessa allo specchio non si era mossa minimamente, anzi, se ne era rimasta semplicemente immobile ad osservarla. Si bloccò sui suoi i continuando a fissare l'immagine riflessa. Forse si era sbagliata. Non aveva senso quello che aveva visto quindi sollevò lentamente la mano destra per vedere cosa sarebbe successo ma...niente. L'immagine non si mosse e ora Stefi iniziò a temere che ci fosse qualcosa di altamente sbagliato in quella camera. Prese coraggio e si diresse ad aprire le imposte per far entrare un pò di luce. Scostò con un gesto rapido le pesanti tende e la stanza si illuminò a giorno. Con uno scatto si voltò per guardarsi alle spalle e... vide un'altra Stefi in carne ed ossa che la osservava dall'altro lato della camera con un sorriso di vittoria dipinto in volto. Tutte le domande che le si
formavano in mente automaticamente le morivano in bocca. Cosa stava succedendo? « Ciao sorellina » disse la perfetta copia di se. E sebbene le somigliasse come una goccia d'acqua non c'era modo di confondere quella voce. Era Vanisia!. « Vedo che hai finalmente perso la lingua. E' per l'emozione di rivedermi immagino... anzi no! E' perché ti somiglio come una goccia d'acqua? Capirai senz'altro che se non avessi fatto così non sarei mai stata la benvenuta...a casa mia!». « Cosa hai fatto agli altri? » riuscì finalmente a chiederle. « Ancora niente se proprio ci tieni a saperlo. A proposito come sta Zoe? Mi sono quasi offesa quando ha deciso di rifiutare il mio...chiamiamolo invito» disse ridendo. Stefi che si era quasi ripresa dallo shock iniziale capì che avrebbe dovuto prendere tempo o nessuno si sarebbe accorto del pericolo incombente. « I tuoi uomini per poco non lo hanno ucciso! » le urlò contro Stefi. Sperò che qualcuno le sentisse parlare. « Forse lo avrebbero fatto comunque dopo averlo condotto da me...ma tu hai ben pensato di salvargli la pellaccia. Perché? Cos'ha fatto per te? Ha a che fare con il Crion vero? ». « Non è nulla che potrebbe interessarti. Adesso vattene!» disse Stefi pur sapendo che se aveva osato arrivare fin lì non se ne sarebbe mai andata a mani vuote. « Credi davvero di potermi dare degli ordini? » esplose Vanisia che assalita dalla rabbia perse la concentrazione e tornò ad avere il suo solito aspetto. Dopo lo scarsissimo risultato ottenuto da Nio aveva deciso di tornare finalmente a Palazzo per tentare di ottenere personalmente qualche informazione utile ai suoi scopi.
Certo non avrebbe mai immaginato di essere così fortunata da incontrare sua sorella in persona. Era infatti venuta a conoscenza del fatto che sia lei che l'Imperatore si assentavano spesso e per lunghi periodi di tempo. « A proposito... Puoi innestare nella mente dei tuoi inservienti qualunque ricordo in cui tu e tuo marito comparite giornalmente tra le mura del Palazzo e puoi convincerli tutti...ma non me!. So distinguere fra i ricordi veri e quelli modificati » e così dicendo le andò incontro per toccarla. Stefi aveva capito fin dal primo momento che avrebbe tentato di estorcerle qualche informazione quindi non provò neppure a scostarsi ma piuttosto cercò, se possibile, di racchiudere tutti i suoi ricordi più importanti in una specie di cassaforte mentale dove lei non potesse giungere per scoprire l'esistenza di Lily e Alex. Solo loro le erano più a cuore in quel momento!. Le mani di Vanisia le si chio prepotenti sulle braccia e si sentì cadere in un vortice senza fine tanto è vero che quando si riprese si accorse di trovarsi sdraiata sul soffice tappeto. Sentì Vanisia parlare tra se e se con tono esaltato e contrariato allo stesso tempo ma era ancora troppo stordita per comprendere a cosa si stesse riferendo. « Come hai fatto a resistermi? Nessuno ci era mai riuscito...ma non ha importanza adesso. Dimmi solo dove si trova il posto in cui hai lasciato il ciondolo!». Stefi che già respirava a stento si sentì morire al pensiero di aver completamente dimenticato di nascondergli anche quel dettaglio. Quello a cui sua sorella mirava più di tutti. Era ancora sofferente quando le mani di Vanisia si posarono nuovamente su di lei e la trascinarono in un nuovo turbine di visioni. « Accidenti! Smettila di resistermi!» ringhiò Vanisia. « Che posto è? Rispondimi!» le ordinò fissandola negli occhi.
Per un attimo la vista di Stefi si offuscò poi tutto tornò a posto. « Dovresti sapere che questi trucchetti non possono funzionare con me » disse a stento Stefi soffocando una risata. Era vero, pensò Vanisia. Era talmente abituata ad utilizzare il suo potere, per ottenere una risposta veritiera ad ogni domanda, che ormai non si accorgeva neanche più di farlo continuamente e con chiunque. Con sua sorella avrebbe dovuto usare un altro metodo. « Ti conviene non farmi perdere la pazienza o qualcuno ne pagherà le conseguenze...Ho bisogno di quel ciondolo e tu me lo darai o le persone che ami moriranno...» la minacciò. Stefi era cosciente di essere con le spalle al muro ma non poteva consegnarle l'unica possibilità di salvezza di Zaion. « Le tue minacce non spaventano più nessuno. I tuoi informatori non ti hanno ancora avvertito delle nuove uniformi? ». Vanisia non sapeva a cosa sua sorella si stesse riferendo ma bastò il tono deciso e quell'improvviso atteggiamento soddisfatto a farla tentennare. « Di co...cosa stai parlando?». Stefi la vide perdere sicurezza e questo le diede una certa soddisfazione. Ma quanto sarebbe durata?. Se avesse capito che le aveva mentito come avrebbe reagito?. Continuò a fronteggiarla con coraggio. « Abbiamo nuovi equipaggiamenti che non temono il tuo potere. Non hai più alcun vantaggio su di noi. Ti sarebbe convenuto accettare la nostra offerta. Ti consiglio adesso di seguire il mio suggerimento...vattene e non tornare più e lascia libera tutta la gente di cui ti sei circondata con l'inganno!». Vanisia indietreggiò di qualche o disorientata da quelle parole.
Era consapevole che in tutti quegli anni, durante i quali aveva portato avanti il suo progetto di ricerca d' immortalità e di messa in piedi di un numerosissimo esercito, nessuno aveva avuto il coraggio di affrontarla per paura d'imbattersi contro la sua arma più potente. Ma se adesso avevano trovato un modo per difendersi...come avrebbe potuto portare avanti i suoi piani?. Il nuovo stato delle cose non le piaceva affatto e sentirsi addosso lo sguardo di Stefi, soddisfatta di essere riuscita a metterla fuori gioco, la stava innervosendo ulteriormente. Non si era data tanto da fare per poi arrendersi al fatto che non avrebbe mai avuto il potere su Zaion!. Non aveva vissuto tanti anni nelle viscere della terra per nulla!. Aveva dalla sua parte tutti gli eroi del pianeta ed era arrivata ad un soffio dal possedere il Crion tintinnante... Se solo fosse riuscita a capire dove era stato nascosto... Vanisia si bloccò improvvisamente tornando a fissare dubbiosa sua sorella che, impercettibilmente, tornò ad essere di nuovo nervosa. Se davvero non la temevano più perché aveva nascosto il Crion e per quale motivo lei e l'Imperatore erano costretti ad allontanarsi continuamente da Zaion?. Da dove arrivava Stefi?. La stessa Stefi che aveva sempre evitato di piegare la volontà degli altri e che poi in realtà modificava i ricordi delle domestiche... I conti non tornavano!. Doveva ammettere che nonostante in quegli anni avesse infiltrato delle spie ovunque, anche a Palazzo, erano molte le cose di cui non era al corrente e Stefi era stata abbastanza abile da organizzare il tutto. E se oltre al Crion avesse trovato anche le due parti indicate dalla profezia?.
Il solo pensarlo la faceva impazzire!. Stefi adesso la fissava silenziosamente ma, a notar bene, non dava più l'impressione di chi aveva in pugno la situazione. Stefi...che non aveva mai avuto poteri speciali o anche lontanamente portentosi come i suoi... Poteva essere davvero ad un o dal realizzare la profezia?. O forse le aveva semplicemente mentito?, pensò. « Non credo ad una sola parola di ciò che hai appena detto!. Se fosse vero mi avreste già attaccato!». Stefi che fino a quel momento non aveva potuto far altro che osservarla e attendere, nella speranza di averla convinta abbastanza da farla allontanare almeno momentaneamente, dovette arrendersi al fatto che nulla l'avrebbe mai fatta desistere dall'ottenere ciò che bramava. Era una guerra persa in partenza e quella speranza che, seppur per breve tempo, si era impossessata di lei e che le aveva fatto credere di poter averla vinta su Vanisia l'abbandonò definitivamente. Vanisia notò subito, dal cambio di espressione di Stefi, di aver colto nel segno. « Dimmi dov'è!» le ordinò avendo ottenuto di nuovo il controllo della situazione. « Non te lo direi mai...Neanche sotto tortura!» rispose comunque certa che non sarebbe mai arrivata a tanto. Poi però le tornò in mente il giorno in cui insieme a Joseph stava per morire sotto l'onda energetica che le aveva schiantato contro. Subito si pentì di aver parlato a quel modo. Dei i si udirono provenire dal corridoio ed entrambe si voltarono verso la porta. La maniglia si abbassò ma la porta rimase chiusa. « Dove sono le chiavi della mia camera?» chiese Joseph a qualcuno della servitù. Stefi avrebbe voluto chiedergli aiuto ma in quel modo avrebbe messo in pericolo anche lui.
A Vanisia invece balenò subito un'idea e aprì all'istante un portale nel bel mezzo della camera. « Prima tu! » le ordinò con un gesto della mano. Quando Stefi, a quel comando, scosse la testa e fu tentata di scappare lei alzò la mano volgendola verso la porta dietro la quale si trovava Joseph. Stefi vide delle piccolissime scariche elettriche e scintille fuoriuscirle dal palmo. Le fu chiaro che se non l'avesse seguita sicuramente sua sorella non si sarebbe fatta scrupoli a scaricare il suo potere contro Joseph. Non ci mise molto a decidersi su cosa fosse meglio fare e a testa china attraversò il portale. Giunse in una camera molto simile a quella che aveva appena lasciato con la sola differenza che alle pareti non c'era alcuna finestra. Dal soffitto pendevano rudimentali contenitori al cui interno bruciavano i fuochi perenni. Improvvisamente avvertì che c'erano parecchi gradi in meno in quel posto e rabbrividì. Vanisia si diresse verso una porta e fece chiamare qualcuno. Un attimo dopo arrivò un uomo minuto che indossava una specie di lunga camiciola di sacco. Certamente si trattava di un'esule pensò Stefi sconfortata, che in questo modo vedeva svanire l'occasione di poter fuggire alla prima disattenzione della sorella. Avrebbe dovuto immaginare che non le sarebbe stata data un opportunità simile. Vanisia si rivolse all'uomo guardandolo fisso negli occhi. « Sai quello che devi fare. Non guardarla in volto!». Detto questo uscì e li lasciò soli. Stefi non provò neanche a tentare di manipolare l'esule. Lo stato d'animo in cui si trovava non le avrebbe permesso di manipolare neanche un piccolo animale domestico. Per cui si sedette sull'enorme letto per tentare di calmarsi e di ragionare con calma anche perché non sapeva bene quanto tempo avrebbe avuto a disposizione per farlo. Doveva riacquistare il solito controllo anche per poter resistere ad eventuali tentativi di Vanisia di sottrarle ulteriori informazioni. La sua priorità al momento erano Alex e Lily e fortunatamente in quel momento Joseph doveva essere già con loro. Adesso, finalmente, aveva capito perché aveva dovuto separarsi dal ciondolo ma non riusciva a rassegnarsi all'idea che non era riuscita a salvare se stessa dal finire in quella situazione.
Cosa sarebbe successo adesso?. Quanto tempo sarebbe ato prima che decidessero di andare a cercarla proprio là?. Aveva appena iniziato a tartassarsi di domande, a cui non poteva comunque dare una risposta certa, che Vanisia tornò con un espressione di gioia crescente in viso. « Seguimi!» le disse precedendola lungo una serie infinita di gallerie e corridoi. Per tutto il tempo Stefi tentò di memorizzare il percorso già fatto, in caso di fuga senza l'uso dei portali, ma dovette arrendersi all'evidenza e ammettere che non sarebbe mai riuscita a scappare da lì senza l'aiuto di qualcuno. Inoltre un cattivo presentimento si stava facendo strada in lei. « Dove mi stai conducendo? Non puoi tenermi qui per sempre! Quando si accorgeranno che sono scomparsa inizieranno a cercarmi...e cominceranno da qui!» tentò di intimorirla. Vanisia in realtà non aveva mai preso in considerazione l'idea di sfruttare la possibilità di mutare in Stefi in modo da poter prendere il suo posto. Non avrebbe tratto alcuna soddisfazione nel dover fingere, per tutto il resto della vita, di essere una persona che non stimava affatto e che, per lo stesso motivo, aveva tentato più volte di spodestare. Doveva essere lei l'Imperatrice!. Ma doveva essere riconosciuta da tutti come l'Imperatrice Vanisia. Le dava comunque un enorme piacere pensare che Stefi stesse considerando quell'eventualità e che soffrisse al solo pensiero di saperla al fianco delle persone che amava di più quindi decise di lasciarglielo credere. « Potrebbe anche succedere che non se ne accorga nessuno...». Per Stefi fu come avere conferma ai suoi più atroci dubbi. Doveva andar via da lì ed il prima possibile. Si guardò alle spalle e per un attimo fu tentata di correre e tornare indietro ma si accorse che erano seguiti, a non molta distanza, dall'esule di poco prima accompagnato da altri due uomini.
« Non esiste modo di uscire da qui senza che sia io a volerlo...Siamo quasi arrivati » finì Vanisia riprendendo a camminare. Stefi per il momento non aveva altre alternative che continuare a seguirla. Qualche centinaio di metri più avanti la semioscurità dei corridoi fu rischiarata da luce naturale chiaramente proveniente dall'esterno. Era già visibile lo sbocco verso uno spazio aperto o quasi. Più avanzavano e più l'aria che respirava portava con se il calore dell'ambiente che li sovrastava. Dopo pochi minuti Stefi giunse finalmente alla fine del corridoio e ciò che vide non le piacque affatto. Fu bloccata infatti, dalla mano di Vanisia, sull'orlo di un enorme pozzo di cui non era possibile vedere il fondo. Vanisia ritrasse la mano. Se non fosse stata legata a lei probabilmente avrebbe approfittato di quell'occasione per spingerla di sotto. Il pozzo senza fondo saliva verso l'alto per decine di metri fino al punto in cui si apriva all'esterno. Dal punto in cui si trovava Stefi aveva ancora a disposizione per avanzare un piccolo corridoio che girava tutto intorno al pozzo e in cui erano seduti a pochi metri di distanza l'uno dall'altro numerosi esuli raccolti in meditazione. La cosa che terrorizzò maggiormente Stefi, però, non fu nulla di tutto questo ma fu la piccola cella sospesa al centro del pozzo che, ondeggiando leggermente, era stata appesa ad un esile catena. Ad un gesto di Vanisia la porta della cella si aprì e una stretta erella si allungò fino al bordo del pozzo. « Accomodati. E' tutta tua!» disse Vanisia felice del terrore che leggeva in faccia a sua sorella. « Non puoi lasciarmi qui» quasi la pregò Stefi. « Sarà solo fin quando non ti deciderai a dirmi dove si trova il Crion tintinnante o finché non lo troverò...perché poi non avrò più bisogno di te!...» disse gettando lo sguardo al fondo del pozzo per farle intendere quale fine l'aspettasse.
« Sai bene che non ti converrebbe...» disse Stefi poco convinta. « Come sempre non vedi mai oltre...Quella profezia non è solo l'unica soluzione per salvare Zaion ma è sopratutto l'unico modo che ho per ottenere l'immortalità...e il meritato distacco da te!». Stefi non capiva a cosa sua sorella si stesse riferendo ma l'impressione che le aveva dato era di chi sapeva bene di cosa stesse parlando e, se era veramente così, allora voleva dire che la sua vita era legata alla sua capacità di scovare al più presto il ciondolo. Di certo non sarebbe stata lei a fornirle le indicazioni che potevano esserle utili a tale scopo e che, per di più, avrebbero messo in serio pericolo le vite che fino a quel momento aveva fatto di tutto per proteggere. Si girò e cercando di non pensare alla voragine che aveva sotto i piedi percorse la erella a testa alta.
DECISIONI DIFFICILI
Lily camminava al centro tra Alex e Manuel stringendo la mano sul ciondolo che portava al collo. Stavano risalendo lentamente un ruscello che, di li a poco, li avrebbe fatti giungere alla casa sull'albero. Nel frattempo Manuel li intratteneva esibendo il suo nuovo potere. Mentre procedevano, infatti, con continui movimenti delle mani, creava vortici e mulinelli, spruzzi e giochi d'acqua di ogni genere e quando incrociarono un piccolo cinghiale che non riusciva a raggiungere la sponda, a causa della neve alta in cui sprofondava continuamente, non fece altro che creare un nastro d'acqua che s'innalzava dal ruscello e che tra giri, spirali ed evoluzioni di vario genere, si allungò fino a giungere dal piccolo animale assetato che, come abbeverandosi ad una magica fonte, riuscì finalmente a dissetarsi. Lily e Alex che avevano assistito silenziosi alla sua opera, come spettatori entusiasti alla fine di un magnifico spettacolo di magia, applaudirono la sua bravura e Manuel, contento che avessero gradito, sprofondò in un inchino. Ridendo continuarono il viaggio ma fecero improvvisamente silenzio al suono di rumori provenienti dalla loro sinistra. Si fermarono per tentare di capire di cosa si trattasse e Manuel ebbe subito la spiacevole sensazione di riconoscere il suono di quelle voci. Fece subito segno agli altri di seguirlo in silenzio. arono sotto degli alti pini dai rami carichi di neve e appena dietro un' alta parete rocciosa videro, una decina di metri più sotto, alcuni ragazzi intenti a lanciare sassi e rami
nello stagno sottostante dove erano ben visibili alcune grosse trote che tentavano di schivare i loro colpi. Dalla confusione che facevano Lily si era convinta che sarebbe stato un gruppo numeroso ma, in realtà, si trattava solamente di sei ragazzini. Mentre quattro di loro si erano dedicati al “tiro alla trota” gli altri due si stavano divertendo a fare un pupazzo di neve. « Ehi...Indovinate a chi somiglia? » domandò quello che doveva essere il loro capo. Aspettò impaziente che gli altri si decidessero a fargli un nome ma siccome li vide abbastanza inebetiti si guardò intorno e dopo aver trafficato un attimo con uno zainetto si portò nuovamente di fronte a quell'orribile pupazzo. Quando, di nuovo, fece la stessa domanda i suoi amici sghignazzando e contorcendosi per le risate urlarono all'unisono. « E' quel vigliacco di Manuel!». « I dettagli sono stati fondamentali! » commentò uno di loro indicando i due bottoni, uno verde e l'altro blu, posizionati al posto degli occhi e la pietra triangolare conficcata nel petto del pupazzo. Manuel che aveva assistito alla scena strinse forte i pugni sulla neve e cambiò colore in volto. Lily se ne accorse e gli posò una mano sulla spalla. Lui la guardò e vide che aveva le lacrime agli occhi. Bastò questo perchè tutta la rabbia che fino a poco prima sembrava volerlo fare esplodere svanisse nel nulla. Era preoccupata e triste per lui!. Lily non sapeva che ormai ci era talmente abituato che non avrebbe mai pensato di attaccar briga con quei perditempo anche se, dovette ammettere a se stesso, aveva reagito peggio delle volte precedenti forse anche perchè non voleva che i suoi unici amici assistessero a quell'ennesimo tentativo di umiliarlo. Avrebbe preferito non essere preso in giro davanti ai suoi migliori amici. Dietro di Lily anche Alex lo guardava scuotendo lentamente il capo con la tacita intenzione di invitarlo a non reagire a quelle stupide provocazioni. Manuel gli strizzò un occhio e loro tirarono un respiro di sollievo. Poi gli fece segno col capo di tornare indietro in modo da potersi allontanare senza attirare l' attenzione. « Si può sapere che fine ha fatto il fuggitivo? » domandò un ragazzetto tutto brufoloso e con le gambe corte che si era seduto a mangiare ai piedi di un albero e che continuava, ininterrottamente, a lanciare sassi nello stagno. A quella domanda Lily e Alex, che avevano iniziato ad allontanarsi lentamente,
si bloccarono straniti. « Se n'è andato finalmente!. E senza neanche ringraziare...Quel mangiapane a tradimento. Ha solo scritto due righe a mio padre...l'unico che, a parte la nonna, lo trattava da essere umano». « Devi ammettere che però ci ha fatto divertire in tutti questi anni. Se non fosse stato per lui...chi avremmo infastidito durante il tragitto dalla scuola?» disse il mingherlino del gruppo. « Questo è vero...Credo proprio che adesso verserò qualche lacrima per lui...» disse Leo, fingendo di stropicciarsi gli occhi. « E guardate cos'ha lasciato a casa nostra...» fece Carl sbandierando un pezzo di carta. Tutti gli andarono intorno per vedere di cosa si trattasse. Alex e Lily nel frattempo tornarono verso Manuel che aveva le labbra strette in una sottile fessura e il volto paonazzo. « Perché non ci hai detto nulla?... » esplose Lily urtandolo, « ...Che amici siamo se non chiedi il nostro aiuto quando ne hai più bisogno?» continuò seppur con un tono di voce che non permettesse a Leo e la sua banda di poterla sentire. « E' successo solo una settimana fa e da allora vivo nella casa sull'albero...Non ve l'ho detto perché non volevo mettervi in pensiero o costringervi a farmi spazio in camera vostra ». « Sei uno stupido! » finì Lily prima di voltarsi per tornare sul percorso che li aveva condotti fin li. Alex la lasciò fare perché, in fin dei conti, anche lui la pensava a quel modo ma allo stesso tempo capiva come doveva sentirsi in quel momento il suo amico. « Cosa c'è scritto in quel foglio?» gli chiese indicando la carta che Carl stava mostrando agli amici. Manuel scosse la testa. Non ne aveva la benché minima idea e la cosa lo incuriosì parecchio. Leo strappò il foglio di mano a suo fratello e lo guardò da diverse angolazioni
per poi mimare alcune strane pose che fecero scaturire una gran numero di risate. « Il padre di Manuel doveva essere proprio un grande artista per dipingere così...delle...delle...cosa sono queste? Sirene?...» chiese ridendo a sua volta «...doveva essere un'inutile ubriacone per vedere donne mezze nude in un lago. Questo lo darò in pasto alle trote...se ancora ce n'è rimasta qualcuna viva...». Così dicendo si avvicinò allo stagno per lanciarvi dentro quello che, adesso era chiaro, nient'altro era che un dipinto. Manuel che non aveva mai saputo dell'esistenza di quel dipinto rimase di sasso e fu Alex a scuoterlo. « Cosa facciamo? Se davvero è tuo non possiamo permettergli di gettarlo in acqua ». Manuel cercava di pensare a qualcosa da fare ma non gli veniva in mente niente che poi non si sarebbe risolto con un inseguimento nel bosco che avrebbe potuto causare problemi a se stesso e ai suoi amici. Non poteva permettersi di rischiare tanto ma il pensiero di perdere l'unica cosa appartenuta a sua padre lo faceva star male. « Leo getta anche questa!. E' la lettera che nonna aveva lasciato per Manuel...non credo gli interesserà più!» disse Carl porgendo una busta a suo fratello che si apprestò ad appallottolare assieme al dipinto. Poi li lanciò proprio al centro dello stagno. Manuel agì d'istinto e con un movimento repentino saltò un pò più giù, rispetto a dove si erano riparati per poter osservare senza essere visti, e con una spinta della mano un guizzo d'acqua fece rimbalzare la pallina di carta dritta nelle sue mani. C'era riuscito!. « Manuel via prestò!» gridò Alex. Manuel si voltò e vide che, purtroppo, il suo gesto non era affatto ato inosservato e adesso erano tutti in piedi pronti a lanciarsi all'inseguimento. Si voltò a controllare Alex che aveva già iniziato a correre per raggiungere e avvertire Lily.
Lui ò dietro un albero e mutò forma in modo da non essere visto e recuperare terreno. Il gruppo di ragazzi aveva perfino abbandonato giubbotti e zaini sotto gli alberi per non perdere tempo o essere in qualche modo impacciati nei movimenti. Manuel prese la direzione opposta ad Alex e dopo pochi metri mutò nuovamente aspetto per farsi vedere dagli inseguitori. Aspettò che gli fossero abbastanza vicini, o che comunque non decidessero di inseguire Alex, e scattò nuovamente verso il folto del bosco. Corse velocemente e senza voltarsi, contando solo sul suo buon udito per accertarsi di averli ancora alle calcagna e quando pensò di essersi allontanato abbastanza mutò in scoiattolo e salì sul castagno più vicino per osservarli dall'alto. Gli bastò vederli arrancare tra la neve alta col fiato corto per sentirsi di nuovo meglio ma quando si accorse che all'appello mancavano Leo e Carl subito il cuore iniziò a battergli nuovamente troppo forte. Forse aveva commesso uno sbaglio a non controllare prima di allontanarsi tanto da Lily e Alex. Quando vide i quattro inseguitori gettarsi a terra per riprendere fiato allora decise di tornare subito sui suoi i per cercare gli altri. Subito si ricordò che c'era un altro modo per rintracciare Lily anche se una sua risposta gli avrebbe senz'altro fatto molto male. Non poteva, però, rischiare che i suoi “fratellastri” li trovassero prima di lui!. « LILY DOVE SIETE? ». « ALLA GROTTA. CI INSEGUONO... MA A LORO PENSO IO! VEDIAMOCI ALLA CASA SULL'ALBERO ». Manuel, come aveva immaginato, si ritrovò stordito ai piedi dell'albero su cui si era arrampicato poco prima ma almeno adesso era tranquillo che al momento tutti erano al sicuro o quasi. Si alzò adagio e poggiandosi ai tronchi degli alberi iniziò a recarsi al loro rifugio. Procedette piano e soffermandosi più volte, aspettando di riprendersi completamente, per poter nuovamente mutare aspetto e procedere più velocemente. Fortunatamente non gli ci volle molto e, in ben che non si dica, giunse a destinazione dove già l'aspettavano i suoi amici. Erano entrambi ai piedi della scaletta che portava alla casa. Non appena Lily lo vide gli corse incontro per abbracciarlo.
« Scusa...scusa non volevo farti male » gli disse cosciente che rispondendo alla sua chiamata lo aveva stordito. Ma a Manuel non importava perché Lily lo stava stringendo forte e si era preoccupata per lui. Che importanza aveva tutto il resto? pensò. « Tranquilla io sto bene...ma voi piuttosto come avete fatto a seminarli? » le chiese staccandosi malvolentieri da lei. Alex sorrise guardando sua sorella. « Mi sono ricordato di un vecchio scherzetto che Lily mi fece, tanto tempo fa, per vincere una gara e beh...Ha funzionato meravigliosamente anche questa volta!» spiegò raggiante. I tre si arrampicarono fin sulla casetta. Avevano molto di cui parlare. Chiarito subito il fatto che da quella stessa sera Manuel sarebbe andato a vivere con loro si dedicarono al bottino ottenuto in battaglia. Aveva iniziato di nuovo a nevicare quindi, per prima cosa, Alex accese un piccolo fuoco nel solito tegame mentre Manuel che era ancora in ansia, sapendo che il gruppetto di teppistelli si aggirava ancora in quelle zone, andò a raccogliere la scaletta e chiuse la botola. Il fuoco fu sistemato al centro della stuoia intorno a cui Lily aveva posizionato dei grossi cuscini e tutti e tre presero posto. Sebbene non ne avessero parlato fino a quel momento erano molto emozionati all'idea di scoprire qualcosa del ato di Manuel e lui non stava più nella pelle. Si tolse la carta appallottolata dalla tasca e la tenne nel palmo della mano per qualche secondo colto da un attimo di esitazione. E se avesse scoperto di essere peggiore di quanto immaginava?. Quale spiegazione plausibile avrebbe potuto spiegare tutto ciò che lui era o di cui era capace? Lily e Alex lo fissavano ma non gli fecero alcuna fretta. Manuel prese un gran respiro e, fattosi coraggio grazie anche alla presenza dei suoi amici, iniziò a dispiegare la pallina umidiccia. Il dipinto, straordinariamente, era ancora in perfetto stato. Non mostrava, infatti,
nessun segno di spiegazzatura o macchie e lesioni. Lo poggiò in terra per poterlo osservare bene e anche Lily che lo fissava incuriosita rimase parecchio meravigliata. «Non ho mai visto questo materiale...di certo non è carta o tela » disse Alex dopo averla toccata e osservata bene. « E' incantevole » sentenziò Lily affascinata dall'immagine che stava guardando. Si trattava di una bellissima donna sdraiata in modo da potersi specchiare nell'acqua di un piccolo laghetto durante una notte rischiarata dalla luce lunare. Aveva il corpo avvolto da una leggerissima stoffa bianca che ne metteva in risalto le curve. I lunghi capelli scuri cascavano lisci a toccare l'acqua nello stesso punto in cui il suo volto si rifletteva. Tutto intorno a lei era nient'altro che natura incontaminata che faceva da cornice alla meravigliosa sconosciuta. « Credi davvero che l'abbia fatto tuo padre? » domandò Alex. « Non ne ho idea e non so neanche chi sia “lei”... ». « E' una ninfa... » disse Lily e poi, vedendo i loro sguardi curiosi, continuò,«...Sono creature leggendarie legate all'acqua. Mi dispiace...ma non credo che abbia legami con te ». Manuel rimase visibilmente deluso. « C'è ancora questa!» disse cercando di aprire la lettera che la nonna aveva lasciato per lui e che per poco non aveva perso. Tentò di aprirla lentamente per evitare che si strape perché purtroppo era molto bagnata. Già si notavano alcune macchie d'inchiostro che si erano allargate rendendo illeggibili parecchie parole. Quando ebbe finito si fecero tutti più vicini per poterla leggere. CRASCCC!. Il rumore di vetri andati in frantumi li fece spaventare. Si voltarono di scatto e videro che la piccola finestra alle loro spalle era tutta rotta. Non fecero in tempo a domandarsi cosa fosse successo che un'altra pietra volò dentro la casetta colpendo Lily alla testa. Cadde in ginocchio con la testa sanguinante fra le mani. Manuel le si gettò addosso per paura che qualche altro
oggetto potesse colpirla. Alex invece, benché preoccupato per la sorella, sapendo che la ferita presto non le avrebbe fatto più male e che si sarebbe rimarginata corse a tentare di scoprire chi aveva lanciato quei sassi. Non fece in tempo ad arrivare all'altra finestra, quattro volte più grande della prima, che questa gli esplose in piena faccia. I cocci di vetro schizzarono verso di lui ad una velocità impressionante e l'avrebbero senz'altro tagliato se, all'improvviso, a pochi centimetri da lui, non avessero urtato contro un invisibile muro d'aria per poi scivolare in terra ai suoi piedi. Alex non riusciva a credere di aver visto bene e di essere scampato a quel pericolo ma non riusciva a spiegarsi come fosse stato possibile. Un grido potente, proveniente da più punti sotto di loro, si levò e, a seguire, un altra mitragliata di sassi attraversò le vetrate ormai inutili e andò a schiantarsi sulle prime cose che incontrò. Metà degli oggetti sistemati in quel piccolo rifugio andarono distrutti. Per quanto tentassero di trovare un modo per mettersi al riparo, c'erano talmente tanti pezzi taglienti sul pavimento che stare sdraiati, per non essere colpiti, era quasi impossibile, anzi, rischiavano perfino di provocarsi nuove ferite. « Dobbiamo fare qualcosa! » urlò Manuel per sovrastare le urla di Leo e la sua banda. Alex si guardava intorno nel tentativo di trovare un'idea ma sul più bello qualcosa di molto più grosso di un sasso attraversò l'apertura circolare che si trovava sul lato frontale della casetta. Era un ammasso di petardi legati insieme con del nastro adesivo. Alex se lo vide arrivare proprio diretto addosso. D'istinto si voltò per difendere se stesso e Lily che gli stava accanto e, come già era successo qualche attimo prima, i petardi urtarono contro qualcosa di trasparente che li avvolgeva come un bozzolo e finirono dritti dentro il tegame con il fuoco. Non fosse che la miccia dei petardi era già stata accesa Alex si sarebbe sentito parecchio in colpa per ciò che stava per succedere. Manuel si lanciò al fianco dei suoi amici. « Vi dispiace se ci entro anch'io? » urlò tenendosi un braccio da cui perdeva parecchio sangue.
« Di che parli? » domandò Alex ma lo scoppiettio dei petardi riempi la stanza e rese l'aria irrespirabile. In quella confusione Lily tentò di trascinarsi verso la botola. Non appena tentò di aprirla capì che, in qualche modo, era stata bloccata. Il panico ebbe la meglio e alzandosi di colpo si graffiò il collo contro una lanterna appesa alla parete. « E' bloccata...Hanno bloccato la botola! » urlò disperata. I ragazzi da sotto dovettero sentirla perché altre grida di eccitazione ed euforia si aggiunsero alle prime. In quel momento un'altra sassaiola fece capovolgere il tegame sulla stuoia che prese immediatamente fuoco. Alex e Manuel si gettarono a loro volta sulla botola tentando, in due, di farla aprire ma quella non si mosse di un solo millimetro. « Di sopra! » si ricordò improvvisamente Manuel e iniziò a tastare il tetto alla cieca sapendo dove avrebbe trovato il piccolo aggio che gli aveva consentito, tante altre volte, di uscire all'aperto per ammirare il paesaggio. Alex fece come lui e trovò subito ciò che cercava. Appena aprì il aggio aiutarono Lily ad uscire per prima e dopodiché la seguirono. Una volta sul tetto si riempirono i polmoni di aria fresca e pulita e poterono, finalmente, guardarsi di nuovo in viso. Non erano un grande spettacolo!. Erano ricoperti di graffi e sangue e avevano gli occhi arrossati dal fumo che aveva riempito molto velocemente la piccola stanza. « Lily il tuo ciondolo! » notò subito Alex allarmato. Sapeva l'importanza che aveva per lei ma ancora di più quella che aveva per la nonna. Lily si portò le mani al collo e non trovandovi il cordoncino con il ciondolo, di scatto, si alzò per tornare dentro. « Non essere sciocca...» la bloccò Alex per un polso, « ...potresti morire cercandolo!». Lily, però, non voleva saperne di ascoltare suo fratello quindi Manuel, con gran velocità, mutò aspetto e si lanciò nuovamente dentro il aggio da cui ormai usciva un denso fumo scuro.
« Noooo!» urlò Lily ma era troppo tardi perché lo scoiattolo era già rientrato. Alex si gettò con il viso dentro il aggio per tentare di vedere qualcosa ma gli fu impossibile, inoltre il calore era già aumentato notevolmente. Tutta la neve che si trovava intorno a loro non avrebbe impedito a quella casa di bruciare completamente. Manuel, una volta dentro la stanza, cercò velocemente guardandosi intorno ma in tutta quella confusione aveva anche dimenticato di aver lasciato il suo dipinto e la lettera. Ormai non c'era più traccia di nessuna delle due cose e la consapevolezza che le sue domande sarebbero rimaste per sempre senza risposta fu peggio di qualunque altra ferita subita, in quegli anni, per mano dei suoi fratellastri e la loro banda di teppisti. Non avevano solamente messo in pericolo la sua vita e quella delle persone a cui teneva di più ma gli avevano addirittura impedito di poter scoprire qualcosa sulle sue vere origini. Il livello del calore nella stanza era ormai diventato insopportabile decise dunque di rinunciare ed uscire il prima possibile. Un tintinnio improvviso attirò la sua attenzione. Un leggero soffio di vento aveva fatto vibrare la lanterna che avevano appeso ad una parete e a cui, si accorse con gioia, era attaccato il cordoncino con il ciondolo a cui Lily teneva tanto. Si lanciò in quella direzione per afferrarlo ma vide allo stesso tempo, a qualche metro nella direzione opposta, la lettera di sua nonna che veniva sospinta da un filo di vento verso una finestra in fiamme. Distinto fu tentato di prenderla al volo ma le fiamme che lo circondavano non gli avrebbero permesso di portare in salvo anche il ciondolo. Si ritrovò dunque a dover fare una scelta. Da un lato c'erano con gran probabilità le risposte alle sue tante domande e dall'altra il ciondolo a cui Lily teneva tanto. Scelse di far felice la sua amica!. Stretto fra i denti il cordoncino verde si lanciò verso il aggio che portava all'esterno. Nel compiere il salto si bruciò le zampe posteriori tanto che, una volta al fianco di Lily e Alex, mutò nuovamente forma tra urla strazianti di dolore. Leo e Carl che, ai piedi dell'albero, non potevano immaginare cosa stesse succedendo sul tetto della casetta, in alto alle loro teste, intuirono dalle urla di aver raggiunto il loro intento anche se tutto ciò non gli bastava ancora.
« Leo...forse questa volta abbiamo esagerato. Moriranno bruciati tutti e tre!» fece Nic, un ragazzino dai capelli rossi che iniziava a rendersi conto della gravità del pericolo a cui avevano esposto Manuel e i suoi amici. Guardava preoccupato i suoi compagni sperando che anche gli altri la pensassero come lui e decidessero di far qualcosa per aiutarli. Ma a quanto capì, dalle loro espressioni esaltate e del tutto disinteressate a come si sarebbe conclusa quella vicenda, gli fu chiaro che non avrebbero mosso un dito in loro aiuto e, preso dal panico, scappò via. « Codardo! Scappi proprio adesso che arriva il meglio? » gli urlò Leo soddisfatto di essere finalmente riuscito a farla pagare una, volta per tutte, a quel mostro di Manuel. Mentre l'albero e la casa venivano consumati dalle fiamme ripensava a tutte le volte in cui sua nonna lo aveva preferito a lui e suo fratello e quelle in cui, a scuola o a casa, il suo parere era stato tenuto più in considerazione del loro. Ricordò anche tutti i recenti tentativi di metterlo in ridicolo, di fronte ai ragazzi della sua banda, ma che erano falliti grazie alla sua incredibile abilità di scomparire tra gli alberi quasi fosse parte stessa del bosco. Ma questa volta non poteva scappare!. Era in trappola!. Adesso i suoi amici non avrebbero più riso dei suoi fallimenti o messo in dubbio il fatto che solo lui poteva essere il capo!. Nic si era ormai allontanato parecchio dall'albero in fiamme ma non aveva ancora smesso di correre. Come aveva potuto prendere parte ad un'azione di quel genere?, si domandava. Si tormentava al pensiero di cosa sarebbe successo ai tre ragazzi circondati dalle fiamme e a cosa avrebbe raccontato quando la verità sarebbe venuta a galla. Non voleva essere causa di dolore per la sua famiglia, o quella di altri, ma ormai cosa poteva fare?. Correva a perdifiato voltandosi di tanto in tanto nella speranza di risvegliarsi da un brutto sogno ma la colonna di fumo, che si alzava alta in cielo, continuava a dargli conferma di essere sveglio ed in parte colpevole di ciò che stava
accadendo. Nel voltarsi nuovamente andò a schiantarsi contro qualcosa che gli bloccò la corsa. Si bloccò di colpo accorgendosi di aver urtato contro un uomo che nello scontro aveva perso qualcosa. « Accidenti! » esclamò l'uomo piegandosi sulla neve per raccogliere delle strane monete che si erano sparse un pò ovunque. L'uomo si accorse dell'agitazione del ragazzo e guardò nella sua stessa direzione. « Come hai fatto ad appiccare un incendio con tutta questa neve?» « Mi...mi...mi dispiace... io non volevo!... Ho cercato... ma loro non ascoltano...Moriranno...Moriranno tutti e tre! » urlava isterico. Joseph spalancò gli occhi e afferrato il ragazzo per le spalle lo costrinse a guardarlo negli occhi. « Calmati! Cosa hai fatto? A chi ti riferisci? Chi morirà? » chiese in preda ad un forte cattivo presentimento. Il ragazzo tremava e continuava a dimenarsi nel tentativo di fuggire. Joseph non mollò la presa, anzi, strinse ancor più forte e prese a strattonarlo nel tentativo di farlo tornare in se. Nic urlò per il dolore alle braccia e smise di dimenarsi. « C'erano tre ragazzini nel bosco...No!...Una era una ragazza...Non so perché...ma abbiamo iniziato ad inseguirli finché non ne abbiamo perso le tracce nel bosco...» piangeva e singhiozzava allo stesso tempo, « … poi abbiamo trovato il loro nascondiglio e abbiamo lanciato pietre e petardi e...e...e...Moriranno...Moriranno bruciati!» finì accasciandosi ai piedi di Joseph che era rimasto impietrito. Qualche secondo dopo, lasciato il ragazzo nello stesso posto in cui vi si era imbattuto, iniziò a correre in direzione della colonna di fumo sperando con tutto se stesso di arrivare prima che fosse troppo tardi. « Avete visto? Sono saltati giù! » esclamò Carl incredulo indicando un punto dritto di fronte lui. Ormai si erano dovuti allontanare a causa del calore generato dall'albero che bruciava ma erano ancora tutti lì e, per nulla pentiti, continuavano ad esultare sperando che la neve che si stava sciogliendo attorno a loro
permettesse all'incendio di espandersi. Lily e suo fratello si lanciarono su un piccolo cumulo di neve che non si era ancora sciolto del tutto e che, perciò, gli attutì la caduta ma, nonostante il dolore per il brutto atterraggio, la loro prima preoccupazione fu per Manuel. Qualche attimo prima, mentre era ancora trasformato in scoiattolo, avevano tentato di curarlo con i loro poteri ma ci erano riusciti solo in parte. Adesso lo videro a qualche metro da loro che si contorceva in terra. Gli furono subito accanto e, mentre i tagli che si erano provocati cadendo iniziavano a cicatrizzarsi, si preoccupavano di capire cosa ci fosse di strano in Manuel. Non aveva potuto saltare dal tetto della casetta sotto forma di scoiattolo perché il dolore per le ferite non gli aveva consentito di concentrarsi a sufficienza e il terribile impatto con il terreno gli aveva causato, ne erano certi, la rottura della gamba destra. Manuel era furioso per tutto quello che i suoi fratellastri gli avevano fatto e soprattutto era fuori di se al solo pensiero di aver messo in pericolo anche Alex e Lily. Li sentiva accanto a se ma la strana sensazione che si stava impadronendo di lui e che gli percorreva il corpo a ondate regolari glieli faceva avvertire come fossero a chilometri di distanza. Si sentiva teso e pronto ad esplodere ma non riusciva a calmarsi, anzi, era come essere all'inizio di una lunga discesa...e lui ci si era lanciato a capofitto!. Improvvisamente la voce dei suoi amici, che gli chiedevano come si sentisse, era troppo forte e l'odore di bruciato lo stava soffocando. Si portò le mani alla gola perché respirare era diventato difficoltoso... e la rabbia cresceva a dismisura... e tutto il corpo gli doleva da impazzire... gli sembrava di stare per soffocare... l'ira era diventata incontenibile. Era come se il suo stesso corpo non riuscisse più a contenerlo.
Lily urlò di dolore. Una pietra l'aveva di nuovo colpita al volto e, anche se con gli occhi annebbiati, Manuel la vide portarsi le mani alla fronte da cui iniziò a sanguinare. Fu davvero la goccia che fece traboccare il vaso. Smise di opporsi ai dolori e alle scariche che lo percorrevano da capo a piedi e le lasciò libere di sfogare. Un terrificante bramito squarciò l'aria circostante e l'enorme orso dorato si erse in tutta la sua altezza. Manuel stava lentamente tornando a sentirsi meglio non più costretto nel suo piccolo corpo da umano. Adesso guardava, la scena che lo circondava, dai suoi tre metri e mezzo di altezza e, avvertendo la forza e la potenza che la sua nuova forma conteneva, si sentì nuovamente bene e immensamente potente. Lily e Alex lo fissavano ammutoliti ma per nulla spaventati da ciò che avrebbe potuto fargli. « Ve lo dicevo che non era nient'altro che un mostro!» urlò Leo indicandolo con entrambe le mani per nulla spaventato. La sua voce scatenò una violenta reazione in Manuel che fu tentato di avventarglisi contro per vendicarsi di ciò che aveva dovuto subire e perdere a causa sua. Avvertì nuovamente la rabbia montargli dentro e per poco la parte animale che c'era in lui non ebbe il sopravvento. Fu la mano di Lily, che si posò sulla sua zampa, a farlo tornare in se. « Non dobbiamo fargli del male. Tutto sommato siamo sani e salvi» disse tentando di calmarlo. Leo seppur non appoggiato più dalla sua banda, che aveva iniziato ad indietreggiare terrorizzata alla vista dell'enorme bestia, prese la mira con la sua fionda e lasciò partire un colpo diretto contro Lily. Un nuovo bramito fece tremare la terra sebbene la pietra scagliata da Leo non la colpì mai. Lily si stupì nel vederla schiantarsi e bloccarsi a pochi centimetri da lei. Per un
attimo non seppe cosa pensare ma poi si sentì prendere per mano. Era suo fratello che le sorrise facendole l'occhiolino. « Tu? » gli chiese strabiliata. Lui assentì fiero di averla protetta ma allo stesso tempo preoccupato di non riuscire a far calmare Manuel. Quel nuovo attacco verso Lily era stato un chiaro tentativo di provocazione che in un altro momento avrebbero potuto lasciar correre ma Manuel non lo avrebbe fatto adesso!. Come avrebbe fatto Lily a farlo ragionare adesso che aveva quello sguardo feroce e puntava Leo ringhiandogli contro?.
L'UNO E IL DUE
« Andiamocene! Calmati amico...in questo stato potresti ucciderlo e poi te ne pentiresti per il resto della vita!» cercò di farlo riflettere Alex, benché fosse certo che Manuel non gli avesse prestato il minimo ascolto. Lo vide infatti avanzare un o dopo l'altro diretto verso Leo che, solo adesso, sembrava iniziare a rendersi conto di aver dato inizio ad una missione suicida. L'orso, seppur di un colore insolito che sarebbe piaciuto a chiunque, era mostruosamente grosso e proseguiva senza tentennamenti anche a pochissima distanza dall'albero in fiamme. Niente lo avrebbe fermato accecato com'era dalla ferocia animale. « Fermati! » gli gridò Alex che decise di tentare di fermarlo in qualunque modo...anche a costo di doversi mettere tra i due. Ma Lily, che ancora gli stringeva la mano, gli impedì di allontanarsi da lei. Aveva percepito al volo le intenzioni di Manuel. « Ci penso io! » disse a suo fratello e poi si rivolse a Manuel, « TI PREGO... FERMATI ». L'orso si accasciò improvvisamente sulle zampe posteriori ma continuò a fissare
il suo obiettivo senza scostare lo sguardo. Leo smise di indietreggiare scambiando il momentaneo malessere di Manuel per resa. « Sapevo che non ne avresti avuto il fegato!» urlò. L'orso mostrò la dentatura in un ringhio terrificante. Quella frase non prometteva nulla di buono e Lily non poteva credere che quel ragazzo fosse così sciocco da continuare a sfidarlo anche adesso che, in uno scontro tra i due, era certo che non avrebbe avuto alcuna speranza di uscirne incolume. A peggiorare la situazione si aggiunse una leggera pioggerella che non fece altro che peggiorare l'umore di Manuel. « Chiama gli animali...Chiamali tutti!...Dobbiamo spaventarli e farli andar via il prima possibile. Non credo che riuscirai a tenere a bada Manuel ancora a lungo...» le disse Alex preoccupato dal fatto che l'amico non avesse ancora smaltito la rabbia a sufficienza da riacquistare il suo normale aspetto. Lily chiuse gli occhi e chiamò in loro soccorso tutti gli animali del bosco che, immediatamente, si raccolsero a breve distanza attendendo sue istruzioni. Nel frattempo l'orso, sebbene non avesse smesso un solo attimo di mostrare la terribile dentatura, divenne visibilmente più mansueto. « Vile figlio di un ubriacone! » gli urlò Leo con lo sguardo carico di follia e voglia di scontrarsi una volta per tutte. « NO! » gridò Lily sentendo in quell'istante di aver perso qualunque tipo di controllo su Manuel. Il legame che aveva creato per tentare di fermarlo era stato bruscamente interrotto da una nuova ondata di collera crescente. Una furia cieca si era impossessata di lui e Lily riusciva a percepirla perfettamente come fosse stata parte stessa di Manuel. La nuova e sconosciuta sensazione la lasciò brevemente costernata ma subito, sollecitata da Alex, tentò nuovamente di bloccarlo. « FERMATI! LASCIA FARE A ME! » fece Lily ma questa volta non ebbe alcun effetto su di lui. L'orso si issò con forza sulle possenti zampe e bramì così forte da scuotere gli
alberi tutti attorno. Alex vide le espressioni dei ragazzi mutare da beffarde a mortalmente terrificate e per una frazione di secondo ne fu quasi contento ma non poteva permettere al suo amico di commettere uno sbaglio e dunque, non curante del pericolo a cui stava per esporsi, scattò nella sua direzione intenzionato ad affrontarlo per tentare di farlo tornare in se. Gli fu subito accanto ma non fece in tempo ad aprir bocca che l'orso, sentitolo arrivare, lo spinse via con una zampata che lo fece atterrare a cinque metri di distanza. La caduta non fu rovinosa ma Alex urlò quando sentì incrinarsi una costola e Lily gli fu subito accanto. L'orso cambiò improvvisamente atteggiamento. Fissò i suoi amici per qualche attimo e poi rivolse nuovamente l'attenzione verso Leo. La pioggia adesso cadeva più forte quasi a ferire i volti di tutti ma quando l'orso sollevò le zampe al cielo tutte le gocce che prima colpivano Leo e il suo gruppo, semplicemente bagnandoli, si trasformarono in pesante grandine. Furono colpiti uno ad uno e, nonostante cercassero di proteggersi la testa e il viso, non ottennero risultati, anzi, rimediarono solo un gran numero di tagli a mani e braccia. «Vai continua così...» fece Alex divertito ma Lily lo interruppe bruscamente con sguardo incredulo. « Pensavo che noi fossimo “i buoni”...». « Questa volta se la sono proprio meritata! » insistette Alex. L'orso si voltò a guardarlo. Alex capì subito che il suo amico era preoccupato per lui e allo stesso tempo in collera con se stesso per averlo colpito poco prima, ma nonostante le sembianze da orso non si era del tutto abbandonato al suo istinto animale. Alex gli mostrò un pugno e subito dopo sollevò il pollice. Era tutto ok. Non sarebbe stato quell'episodio a rovinare la loro amicizia!. Dopo tutto la costola era già tornata a posto.
L'orso capì ed euforico di felicità gli strizzò l'occhio per poi tornare a concentrarsi nuovamente. La grandine che prima cadeva dritta verso il suolo adesso iniziò a rimbalzare su tronchi e sassi per colpire i ragazzi da tutte le direzioni. Loro, doloranti e terrorizzati, scapparono via a gambe levate. La quiete tornò a regnare in quell'angolo di bosco scandito soltanto dallo scoppiettio dell'albero che veniva divorato dalle fiamme. L'orso si accasciò sulla neve e lentamente iniziò a mutare fino a riacquistare le sue vere sembianze. Il rumore di un ramo spezzato li fece voltare tutti e tre. Joseph, immobilizzato per lo stupore, li stava osservando ammutolito e Lily, contenta di vederlo, gli corse incontro e lo abbracciò. «Oh...Non immagini cosa è successo...» iniziò Lily «...Stai bene?...Noi stiamo benissimo...». Forse Joseph stava ascoltando ma non lo diede a capire preoccupato com'era per ciò che aveva appena visto. Alex lo vide fissare Manuel allo stesso modo in cui una persona potrebbe osservare un ciclone che sta per abbattersi sulla propria casa. Non capiva perché avesse un'aria così preoccupata considerato il fatto che era già al corrente che Manuel poteva mutare forma. In fin dei conti neanche lui e sua sorella erano del tutto normali. « Possiamo spiegarti tutto! » gli disse volendolo tranquillizzare. A quelle parole Joseph si scosse e iniziò a guardarsi attorno. « Voi...Voi come state? » chiese andandogli vicino. « Non devi preoccuparti per noi. Piuttosto dovremmo portare subito Manuel a casa per medicarlo...lui non possiede le nostre capacità...» stava ricordando Alex. « No...questo è vero. Ma a quanto pare ha dei poteri di cui non ero al corrente! »
lo interruppe Joseph. Nonostante il suo tono risultò più seccato che entusiasta Alex pensò che dipendesse dalla preoccupazione per il loro stato di salute. Scambiò velocemente uno sguardo dubbioso con sua sorella che era stata colpita dalla strana reazione del nonno tanto quanto lui. « Voglio che mi raccontiate tutto...a cominciare dal ciondolo che porti al collo » disse a Lily mentre si inginocchiava al fianco di Manuel che, dopo la trasformazione, era svenuto. Lo prese tra le braccia e iniziò ad incamminarsi verso casa ma non prima di aver gettato un'ultima occhiata a ciò che era rimasto della casa sull'albero.Il percorso sembrò lunghissimo ma allo stesso tempo bastò affinché Lily avesse il tempo di raccontare di come la nonna le aveva consegnato il prezioso ciondolo e della mattinata iniziata con una semplice eggiata nel bosco e terminata con la messa in fuga degli stessi ragazzi che li avevano messi in pericolo di vita. Joseph ascoltò in silenzio per tutto il tempo senza mai interromperla ma erano ancora molte le cose che non tornavano e, mentre sentiva di essere ad un o dal risolvere un grande enigma, allo stesso tempo temeva di aver appena scoperto che una nuova minaccia era sorta per mettere in pericolo il loro Impero su Zaion. Ma quanto di tutto questo fosse premeditato e quale parte avesse Manuel era tutto da stabilire. « In quale occasione ha deciso di mostrarvi le sue capacità con l'acqua?» volle sapere. Fu Alex a parlare questa volta. « Non lo ha deciso lui... E' successo e basta. L'ha scoperto mentre era insieme a noi e tutto è avvenuto mentre tentavamo di salvarci la vita a vicenda». Attese una qualche reazione ma, vedendo che il nonno aspettava solamente una spiegazione, decise di raccontargli del giorno in cui si ripararono nella grotta e del modo in cui Manuel gli salvò la pelle. Sapeva che avrebbe dovuto raccontare quella storia molto tempo prima ma molte cose erano cambiate nell'ultimo anno iniziando dalla conoscenza di Riwa e Vins, ando per la nuova e tanto attesa amicizia con Manuel, e finendo con le ultime settimane caratterizzate dalla prolungata assenza del nonno. Quando finì di spiegare attese di sapere quali fossero le impressioni di Joseph ma lui si limitò a dire: «Bene». Lily e Alex non capivano il perché di quella domanda e del suo stranissimo atteggiamento. Avrebbero compreso se gli avesse fatto una ramanzina per tutti i
rischi corsi ma l'unica cosa che invece sembrava interessarlo era Manuel ed i suoi poteri. Quando quest'ultimo riprese i sensi vide subito i suoi amici accorrere al suo fianco e subito sorrise contento di capire che si trovavano tutti al sicuro e che, alla fine, non aveva fatto del male a nessuno. Joseph lo osservò qualche secondo e poi si diresse sotto il portico lasciandoli soli. Dopo le lunghe notti trascorse da Manuel nel sacco a pelo, nella casa sull'albero, adesso dovette ammettere a se stesso che niente era comodo come quell'accogliente divano. Cercò di ricordare tutto ciò che era successo nel bosco ma molti ricordi erano come offuscati. Ne dedusse che certamente era per via della nuova mutazione. Non si pose alcuna domanda sul perché di una sua reazione così eccessiva. Ricordava ancora perfettamente quando la prima pietra colpì Lily. Non aveva mai provato tanta rabbia in vita sua!. Era stata senz'altro la rabbia l'elemento scatenante ma chi o cosa stabiliva la forma che avrebbe assunto era ancora qualcosa da scoprire. Questi pensieri gli fecero ricordare che nell'incendio erano andati perduti gli unici due oggetti che potevano aiutarlo a risalire alle sue origini. Tutta l'eccitazione che aveva provato quella mattina, nello scoprire di avere ancora un'opportunità di capire da dove provenisse e chi fossero i suoi veri genitori, si stava trasformando in dolorosa perdita. Lily, notata quell'espressione triste, gli prese la mano e lui, guardandola in volto, sebbene ancora sporco di fuliggine e con qualche cicatrice non del tutto scomparsa, pensò che tutto sommato erano stati fortunati. Voleva scusarsi con entrambi per tutto ciò che era successo ma il solo tentare di parlare era come compiere uno sforzo enorme. Aprì la bocca ma non riuscì a farne uscire alcun suono. Alex gli porse un bicchiere colmo d'acqua e lo aiutò a sorseggiare. « Dovresti riposare » gli disse con tono da fratello maggiore. Ma Manuel sentiva di dovergli almeno delle scuse.
« Mi...Mi dispiace...» riuscì a dire e si sentì subito privato di tutte le forze. « No! Non credere neanche per un attimo che sia tutta colpa tua. Se non ti avessi spinto a fare qualcosa mentre li osservavamo di nascosto...non ci avrebbero mai scoperti! ». Alex indugiò un attimo giusto il tempo per aggiungere, «...ma la prossima volta che provi a colpirmi dovrai vedertela con la mia sfera protettiva». Manuel sorrise divertito al pensiero di chi avrebbe avuto la meglio se la forza animale dell'enorme orso o la bolla trasparente di Alex. Fino a quel momento, infatti, aveva quasi dimenticato che oltre a ciò che gli era successo anche il suo amico aveva molto su cui riflettere. Anche in quel caso, però, la spiegazione era estremamente semplice. Così come non avevano mai scoperto per quale motivo potevano guarire così velocemente da tagli o fratture, allo stesso modo, non potevano di certo capire come mai avesse questa nuova capacità ma gli era estremamente chiaro perché quel potere si fosse manifestato. Il senso di protezione per se stesso e la sorella!. Trascorsero le ore successive ripercorrendo con la memoria tutte le azioni della giornata. Esaminando ed elencando quelle che, secondo loro, avevano scatenato le reazioni, seppur inconsapevoli, del loro essere. Manuel che avrebbe impiegato parecchio tempo per riprendersi completamente da quella nuova esperienza, durante la conversazione, non riuscì a fare altro che stare ad ascoltare e fare qualche cenno di assenso con il capo. Nella posizione in cui si trovava però, a differenza dei suoi amici, non poté fare a meno di notare l'aria assorta di Joseph che, forse attendendo il ritorno di Stefi, se ne stava in piedi sotto il portico osservandoli attraverso le grandi vetrate. Il modo in cui lo fissava gli fece quasi desiderare di poter tornare a dormire nella casa sull'albero. Joseph, dopo ciò a cui aveva assistito nel bosco, era ormai certo di cosa fosse Manuel e non potendo essere sicuro che la sua presenza, proprio in quel luogo dove avevano deciso di trovare un nascondiglio lontano da Zaion, fosse completamente frutto di un insolito destino decise che avrebbe dovuto seguirlo da molto vicino per evitare, in ogni modo, conseguenze che avrebbero messo a repentaglio il futuro del suo pianeta ma che, soprattutto, potesse far soffrire Alex e Lily.
Pensare a loro gli fece ricordare le monete che aveva in tasca. Le estrasse per l'ennesima volta nell'arco di quella giornata e tornò ad osservarle. Improvvisamente un sorriso gli si allargò sul volto...tutte le domande che lo avevano ossessionato, sul perché di quelle differenze di rilievi e dei numeri che si leggevano sul retro, avevano finalmente una spiegazione. Dovette ammettere a se stesso che se non fosse stato per l'episodio di quel pomeriggio forse non sarebbe mai giunto a svelare quel mistero. Tornò con la mente al preciso momento in cui dopo aver corso come un matto, tra la neve alta, per raggiungere il punto da cui si alzava l'altissima colonna di fumo e fiamme rimase immobilizzato dal terrore al pensiero che i suoi nipoti non avrebbero potuto uscire incolumi da quell'incendio. Per un breve istante aveva anche pensato che non li avrebbe più rivisti ma, fortunatamente, nello stesso istante in cui formulò quel pensiero li vide poco distanti dall'albero ardente. Alex aveva preso sua sorella per mano giusto in tempo per proteggerla dal colpo di fionda di Leo. Non sarebbe stato facile immaginarlo senza esserne stati testimoni. Aveva visto chiaramente il sasso lanciato dalla fionda diretto contro Lily. A pochissima distanza da lei il sasso rimbalzò contro un'impenetrabile superficie invisibile. Una bolla di sicurezza, pensò in un primo momento. In seguito però capì che il modo per descriverla meglio era... Scudo protettivo!. Joseph fissava Manuel e contemporaneamente gettava un'occhiata a quelle vecchie monete. Adesso allontanò il pensiero del nuovo, inatteso, ospite dalla sua mente e tornò a fissare la moneta in cui la corolla dello stemma di Zaion era più marcata. Con il pollice coprì il pistillo e ciò che rimaneva di quel fiore altro non era che...uno scudo!. Girò la moneta e osservò il numero uno.
Il primo nato!, pensò subito. Nella mano sinistra stringeva l'altra moneta quella con il numero due. Guardò Lily attraverso le vetrate. Venuta al mondo qualche attimo dopo il fratello, tenendolo addirittura per mano, ma comunque seconda rispetto a lui. Capire il significato di quel pistillo ben evidenziato non sarebbe stato per nulla semplice se quel giorno non avesse notato due cose. Le vide una di seguito all'altra. Come già era successo innumerevoli volte nel corso di quegli ultimi anni aveva visto Lily comunicare, nel modo che solo a lei era consentito, con gli animali del bosco. Questa volta era toccato a lei richiedere il loro aiuto ma da molto tempo, ancor prima che riuscissero a capirne il perché, Lily era sempre stata un richiamo per loro. Ricordò improvvisamente Sbang il grande gufo che per molto tempo stazionò fuori dalla camera dei nipoti. Tutti gli animali, specie quelli feriti o in difficoltà, si sentivano attratti da lei come parti opposte di una calamita. D'altronde la sua capacità di capirli era la loro unica speranza per essere guariti. Probabilmente Lily era un richiamo vivente per qualsiasi essere in difficoltà. Qui entrava in campo il ciondolo che le vide al collo qualche ora prima. Quale miglior modo per rappresentare un richiamo se non con un...Camlo?!. Proprio in quell'istante un suono di campane, trasportato da un lieve venticello, giunse dalla Chiesa situata più a valle. Batteva la mezzanotte e come le notti precedenti non avrebbero più suonato sino al mattino successivo. Quello era proprio il più classico dei richiami che riuniva e attirava a se, ogni domenica, numerose anime. Era solo una coincidenza che Joseph fosse giunto a quelle conclusioni proprio nel momento in cui suonarono le campane?. Non poteva esserne certo ma credeva che si trattasse di una specie di conferma alle sue teorie.
« Si! Non può essere diversamente. Ma come poteva Arcibuld Limel sapere...» sussurrò. Le risate provenienti dal salotto lo distrassero dai quei pensieri. Vide Alex teso e immobile nel chiaro tentativo di ricreare la sfera protettiva. Non era semplice senza essere realmente in pericolo quindi Lily aveva iniziato a bersagliarlo con colpi di cuscino. Dopo qualche minuto una sfera, sufficientemente resistente, fece rimbalzare il cuscino dritto in faccia a sua sorella che, non aspettandosi il colpo, finì dritta distesa sul tappeto accompagnata dalle risate dei presenti. Joseph sorrise a sua volta. La notte di quattordici anni prima, quando arrivò in quella casa per la prima volta con i suoi nipoti, non avrebbe mai immaginato quante sorprese gli avrebbero riservato. Era già stato sorprendente scoprire che i loro tessuti potevano autorigenerarsi subito dopo un evento traumatico e quando poi iniziarono a guarire anche gli animali fu chiaro che avevano fatto bene a tenerli lontani da Zaion e soprattutto da Vanisia. Tutte le incognite sorte al momento della loro nascita stavano lentamente ottenendo risposta. Tutto era iniziato con il simbolo di Zaion, impresso sui loro polsi, che si era illuminato, al punto da abbagliare i presenti, nel momento in cui Riwa fu riportata in vita. La velocità con cui si succedettero i due eventi e il poco tempo che ebbero a disposizione per trovare una spiegazione logica a ciò che stava accadendo non gli consentì di poter far altro che dedurre che tutto aveva a che fare con la profezia. Per quanto avessero preferito sbagliarsi il tempo stava, invece, dando conferma a quei pochi dubbi che ancora persistevano. Mentre Lily e Alex crescevano scoprivano le loro nuove capacità ed era sempre più chiaro quale dovesse essere il loro destino. Joseph non poteva non chiedersi perché tale compito fosse spettato proprio a loro. Era forse un modo per fare ammenda ai gravi danni causati a Zaion dai loro antenati?. Ne avevano discusso spesso con Riwa e Vins ma come sempre nessuna loro domanda poteva avere una risposta certa. Solo il futuro avrebbe potuto dare una spiegazione e l'unica nota positiva in tutto quello che stava succedendo era che nessuno su Zaion, ed in particolar modo Vanisia, sospettava che le due parti citate dalla profezia, in realtà non indicassero
due semplici oggetti ma che, in effetti, fossero...persone. Riwa, seppur molto preoccupata per ciò che li attendeva, era comunque orgogliosa che toccasse a loro compiere i prodigi che avrebbero risollevato le sorti del pianeta. « Chi se lo sarebbe mai aspettato che sarebbe toccato ai miei figli?» disse un giorno con sguardo fiero ma torturandosi le mani per l'ansia che il pensiero le causava. Joseph ricordò improvvisamente quella frase. Riwa l'aveva pronunciata subito dopo aver appreso che i suoi figli avevano iniziato a guarire gli animali che da mesi avevano iniziato a radunarsi nelle vicinanze della casa. Già allora erano certi di aver fatto bene ad agire per la protezione dei ragazzi allontanandoli dal pianeta d'origine ma quando sarebbe stata informata del nuovo potere di Alex ne avrebbe avuto la conferma definitiva. Adesso che ci pensava bene c'era un altro interrogativo che finalmente aveva trovato risposta. Per molto tempo Riwa si era chiesta per quale motivo i medicanti avessero avuto una visione schermata dei bambini durante la sua gravidanza. Finalmente Joseph poteva darle una risposta. Era stato lo scudo di Alex!. Aveva reso lui e sua sorella invisibili ai poteri dei medicanti. Per quanto piccolo...non poteva dirsi indifeso!. Joseph sorrise divertito al ricordo di quanto si sentissero stupidi i medicanti in quel periodo. Tornò ad osservare i nipoti attraverso la vetrata e quel sorriso, appena nato, scomparve improvvisamente. Era ora di raccontare la verità ad entrambi!. Ma quale era il modo migliore per farlo?. E soprattutto...Chi lo avrebbe fatto?. Avrebbe dovuto parlare al più presto con Vins e Riwa ma non prima di aver informato anche Stefi. Guardò l'orologio che portava al polso. Era l'una di notte.
Aveva chiesto centinaia di volte a Stefi di non tornare così tardi da Zaion ma era capitato spesso che accadesse che qualche inconveniente la trattenesse oltre il previsto. Poi si rese conto che certamente, quel pomeriggio, l'avrebbero messa al corrente sulle decisioni prese durante il congresso. Joseph si era trattenuto così a lungo su Zaion, a causa di quella snervante ricerca, che c'erano parecchie cose di cui Stefi doveva essere messa a conoscenza. In un certo senso però sarebbe stato più contento se avesse potuto spiegarle personalmente tutto quello che stava accadendo ed inoltre non stava più nella pelle all'idea di poterle mostrare le monete. Voleva che sapesse al più presto cosa aveva visto quel pomeriggio e le conclusioni che ne aveva tratto. Guardando dentro casa vide Lily poggiare sul tavolino un vassoio con quattro tazze fumanti. Era certamente cioccolata calda... la sua preferita in giornate fredde come quelle. Lei gli fece cenno di unirsi a loro e lui le rispose strizzandole l'occhio. Tirando le somme Vanisia stava perdendo la battaglia con un punteggio di 0 a 2. Erano in possesso del ciondolo di Crion tintinnante... e anche le due parti della profezia erano al sicuro. Ma c'era qualcosa di troppo nell'immagine che aveva di fronte agli occhi. Cosa avrebbe dovuto fare con Manuel?. Se non fosse stato certo che Vanisia non sospettava neanche lontanamente che si fossero rifugiati in quel luogo, così lontano da Zaion, avrebbe anche potuto pensare che ci fosse il suo zampino dietro l'arrivo del ragazzo. Ma era davvero capace di allearsi ad un nemico così antico e potente solo per ottenere il trono?. Alex tamburellò sul vetro e gli fece segno di raggiungerli. Joseph lasciò andare quei pensieri e si diresse verso l'entrata. Quel pomeriggio aveva finalmente ottenuto risposta a domande che si poneva da anni e dunque non aveva voglia, almeno per quella sera, di ricominciare a farsene delle altre. Avrebbe semplicemente tenuto d'occhio il comportamento di Manuel e nel caso avesse ritenuto che i suoi dubbi fossero fondati allora avrebbe riunito il Gran Consiglio!.
Prima di rientrare si voltò a guardare il bosco avvolto dall'oscurità. Non c'era ancora traccia di Stefi. Aprì la porta a vetri che dava nel salone e respirò l'odore di cioccolata che gli stuzzicò l'appetito. « Ehi nonno guarda! Riesco a controllare il nuovo poter...». Alex non finì la frase che una cuscinata di Lily lo fece piegare in due. Scoppiarono tutti a ridere. « Bhè penso che dovrai esercitarti un bel pò prima di esserne così sicuro!» lo prese in giro Joseph.
NON SOLO SOGNI Stefi se ne stava seduta a fissare le pareti della sua prigione da tanto di quel tempo che le sembrava fossero ati anni. In realtà era li dentro solamente da due giorni. Infatti, sebbene non avesse la minima idea di ciò che stava succedendo ai suoi cari, l'unica cosa di cui poteva essere veramente certa era l'alternarsi del giorno e della notte. Dalla luce che entrava nel pozzo, in cui si trovava sospesa la cella, sapeva che fuori era quasi pieno giorno. Non aveva chiuso occhio da quando sua sorella aveva sigillato la piccola porticina e suo unico collegamento con l'esterno. Non appena dentro aveva subito provato a creare un portale da cui poter fuggire ma, come già aveva immaginato, non ci riuscì. Gli esuli tutti attorno stavano facendo bene il loro lavoro!, pensò. Iniziò a camminare nervosamente in circolo finché non fu troppo stanca per continuare. Sapeva di non dover perdere la speranza e che, molto presto, si sarebbero accorti che il suo prolungato assentarsi da casa non era volontario. Allo stesso tempo però temeva che tutto il tempo che sarebbe ato fino ad allora potesse andare a vantaggio di Vanisia. Il pensiero che i suoi nipoti fossero in pericolo le toglieva il respiro. Si portò le mani al collo e si guardò attorno. Purtroppo le ridottissime dimensioni di quella cella non la aiutavano di certo nel tentativo di calmarsi. Il pavimento aveva un diametro di circa tre metri e, come le pareti, era costituito da un metallo riflettente che le permetteva di specchiarsi in qualunque direzione. Tutto intorno alla cella si apriva una piccolissima feritoia che le consentiva di poter sbirciare fuori. Lo aveva fatto, per la prima volta, proprio quella mattina quando, dopo aver rifiutato di toccar cibo per l'ennesima volta, le era balenata un'idea. Una donna le aveva appena portato la colazione ma lei si era rifiutata di consumarla e, anzi, le aveva chiesto di portarla indietro accompagnata dai suoi saluti per la cara sorellina. Subito dopo si lanciò verso la feritoia con l'intenzione di soggiogarla e fare in modo di portare un messaggio alla sua famiglia. Però non fece in tempo perché la donna aveva appena lasciato la erella che collegava la cella al corridoio che circondava il pozzo. Stefi si diede della sciocca per non averci pensato prima ma subito si ripromise che ci avrebbe riprovato la volta seguente. ò le ore successive a decidere come procedere
perché, comunque, non voleva mettere in pericolo la vita di quella povera donna. Avrebbe atteso il suo ritorno ferma in quel punto per non perdere l'opportunità di agganciare subito il suo sguardo. L'avrebbe fatta tornare in sé, spezzando il legame che la teneva sotto il controllo di Vanisia, e sempre in silenzio le avrebbe ato le informazioni che doveva trasmettere all'esterno il prima possibile. Ovviamente si sarebbe preoccupata di metterla in guardia dal non farsi scoprire mentre eseguiva i suoi ordini. In quegli anni era venuta a conoscenza del modo in cui Vanisia reclutava nuovi uomini e donne. Decise dunque che, per dare al suo piano anche solo una possibilità di riuscire, doveva puntare sul desiderio della sorella di avere al suo comando un esercito sempre più numeroso. La donna si sarebbe recata da Vanisia con la richiesta di poter rivedere la sorella ed i sette nipoti, agricoltori a Vallisia. Vanisia non l'avrebbe privata dell'opportunità di vederli e soprattutto non avrebbe negato a se stessa di avere sette uomini giovani e forti, temprati dal duro lavoro dei campi, che si sarebbero rivelati senz'altro utili ai suoi scopi. Una volta fuori da Minio la donna, seguendo le sue nuove direttive, si sarebbe recata diritta a Palazzo direttamente dall'Imperatore. Aveva ormai pensato a tutto...alla velocità con cui soggiogarla per evitare che gli esuli si insospettissero, a come farla sembrare convincente di fronte a Vanisia e all'entusiasmo che avrebbe dovuto dimostrare subito dopo, alla prospettiva di avere di nuovo vicino il resto della famiglia che presto si sarebbe voluta unire alla comunità. Fissava ormai da ore il aggio da cui sarebbe dovuta arrivare la donna. Quella parte del pozzo però era ancora completamente in ombra per cui le sarebbe stato possibile vederla solo una volta che fosse giunta al punto in cui la erella si sarebbe allungata verso la cella. Nell'attesa, benché immobile, tentò d'incrociare anche lo sguardo di qualche esule anche se era certa che li avrebbe senz'altro trovati raccolti in meditazione e quindi ad occhi chiusi. Scrutò a destra e sinistra ma non scorse anima viva. Però sapeva che non si erano allontanati perché non aveva smesso un attimo di tentare di creare un portale e ogni volta aveva avvertito il campo protettivo che le avevano creato attorno. La cosa la infastidita non poco ma avrebbe continuato a tentare perché non doveva lasciare nulla di intentato.
Magari una breve distrazione...o il verificarsi di un evento che poteva metterli nella condizione di dover spostare la loro attenzione altrove...e quel breve istante sarebbe bastato al suo scopo!. Avvertiva la loro presenza ma non poteva vederli e ciò la innervosiva. Avrebbe voluto andare a sbirciare sul lato apposto della cella, dove la luce del sole le avrebbe permesso di vedere, ma l'ora del pranzo era vicina e non voleva rischiare di dover attendere nuovamente fino a cena. Rimase immobile. Il tentativo di soggiogare tutti quegli esuli non aveva speranza di riuscita ma ci avrebbe provato appena gliene fosse capitata l'occasione. Le ombre andarono diminuendo molto lentamente e Stefi seguì attentamente il loro arretrare finché solo il tunnel di fronte a lei rimase buio. Forse era solo uno scherzo della mente ma le sembrò di udire finalmente il rumore di i che si avvicinavano. Tese l'orecchio e quasi smise di respirare. TOC...TOCTOC...TOC...TOCTOC....
Pensò che era uno strano modo di procedere. Qualcosa si mosse all'interno del suo campo visivo e sebbene non volesse distogliere la sua attenzione dal punto che fissava ormai da parecchie ore non poté fare a meno di notare un piede che si era appena mosso. Doveva senz'altro appartenere ad un'esule seduto in terra. A breve lo avrebbe finalmente visto in faccia. TOC...TOCTOC...TOC...TOCTOC.... La donna era più vicina ma questa volta non fu solo il rumore dei i che attirò la sua attenzione. Non ne era certa ma avvertì anche una specie di suono gutturale provenire dalla stessa direzione e la cosa non le piacque affatto!. TOC...TOCTOC...sigh...TOC...TOCTOC...sigh... Se solo fosse stata più attenta le volte precedenti adesso avrebbe saputo cosa aspettarsi ma più attendeva e più le si fece chiaro il perché di quell'andatura altalenante e di quello che ormai ne era certa era un lieve singhiozzare. Iniziò a
sospettare che non sarebbe andato tutto come aveva progettato e questa sgradevole sensazione si trasformò subito in certezza non appena la donna arrivò alla fine del tunnel e fu illuminata dalla luce del sole. Stefi la vide e chiuse gli occhi come se le fero improvvisamente male. Abbattuta si poggiò contro la parete e si sorresse infilando le mani nella feritoia che fino a quel momento le aveva dato almeno un filo di speranza. Tornò a guardare fuori e la donna aveva già attraversato la erella e adesso le si trovava proprio davanti. Solo quella fredda parete metallica le separava. « Cosa ti hanno fatto? » chiese Stefi in ansia per la donna non riuscendo però a mascherare anche una nota di delusione. Se ne accorse e si schiarì la voce. Aveva riposto tutte le sue speranze in lei ma non voleva sembrare falsamente interessata anche perché non aveva mai voluto che qualcuno soffrisse per causa sua. La guardò e fu presa da un moto di rabbia. Era una donna minuta ed esile. Era stata bendata perciò metà del viso era completamente nascosto. Tremava visibilmente sebbene avesse smesso di singhiozzare. Un piede era completamente fasciato fino al polpaccio... Ecco perché zoppicava! « Come ti sei ferita e perché...». « Vostra sorella! Si è accorta che non ero sotto il suo potere...». « Com'è possibile? E perché allora ti trovi qui?» la interruppe Stefi che sentiva di volerle fare mille domande.La donna finse di trafficare con le pietanze e spiegò: « Non sono la sola. Siamo in molti a non essere stati soggiogati ma lei è talmente presa dai suoi piani...Così disinteressata a noi che neanche si accorge di ciò che le succede attorno. Come me altri sono rimasti solo per continuare a stare accanto alle proprie famiglie...nella speranza di essere salvati. Ma qualcuno deve averla informata sul mio conto. Ha voluto che le fi i nomi di quelli che, come me, sono ancora in grado di pensare liberamente... ma ho subito mentito!. Ho continuato a farlo anche dopo che ha usato su di me il suo potere » spiegò toccandosi il piede fasciato,« Ma in fin dei conti lo ha fatto solo per dare un
messaggio a voi. Se davvero avesse voluto sapere...allora le sarebbe bastato toccarmi. Invece è rimasta seduta tutto il tempo. Vuole farvi sapere che non si fermerà davanti a nulla e nessuno. Non c'è più speranza ormai. Vero? Ora che anche voi siete qui...chi potrà fermarla?» chiese sconsolata. Stefi non sapeva cosa risponderle perché non conosceva la risposta a quella domanda ma sapeva di doverle dare una speranza. Alla povera donna disperata che aveva di fronte e a tutti coloro che da anni erano costretti a vivere nel terrore di essere scoperti o di perdere qualche caro. « Non dovete perdere la speranza proprio adesso. Rimanendo uniti possiamo tentare di ostacolarla...». « Non ci siete riusciti fino ad ora... Ormai ha una fortezza e un esercito di migliaia di uomini. Con i suoi poteri, non appena scaglierà l'attacco, nessuno potrà fermarla. E' solo questione di tempo ormai! » disse la donna interrompendola. Stefi rimase senza parole non sapendo ancora nulla della fortezza di cui le aveva appena parlato. Effettivamente sua sorella aveva tutte le carte in mano per spodestarla ed ottenere finalmente il potere su Zaion ma Joseph e Riwa non si sarebbero fatti da parte senza combattere e con le nuove uniformi forse c'era ancora qualche speranza. La donna spinse dentro la cella, attraverso un'apertura che si era aperta ai piedi della parete, il vassoio con il pranzo. Stefi la vide risollevarsi con una smorfia di dolore sulle labbra ma non fu tanto quell'espressione di sofferenza che la spinse a parlare quanto il notare, nell'insieme della postura e dalle parole appena sentite, che la donna si stava arrendendo. Ben presto, era certa, lo avrebbero fatto anche tutti gli altri. Parlò prima ancora di sapere cosa avrebbe dovuto dire e lo fece in un modo talmente convincente che quando terminò rimase sbalordita dalle sue stesse parole. Soprattutto perché sapeva, nel profondo di se stessa, di non aver mentito solo per compiacerla ma perché era nient'altro che la verità...o almeno in parte. « Abbiamo tutte le parti per far si che la profezia si realizzi ma voi dovete organizzarvi ed essere pronti a qualunque evenienza!»disse tutto d'un fiato. Non poteva credere di avere finalmente accettato il fatto che, con grande probabilità, gli unici che potevano realmente portare un cambiamento sul suo pianeta madre
erano Alex e Lily. Si era ostinata, in quegli anni, a far finta che tutto rientrasse nella normalità o, per lo meno, quella che poteva essere la “normalità” su Zaion dove tutti i figli di Saviani nascevano con particolari capacità. Non si era, però, mai concessa di soffermarsi a pensare che sarebbe toccato a loro affrontare tutti i rischi e i pericoli. Non aveva voluto pensare a quell'eventualità... Come se il non pensarlo potesse allontanare il momento in cui avrebbero dovuto farlo. Ma ora che guardava la donna capiva di essere stata solamente un egoista che, seppur aveva agito per proteggere la sua famiglia, aveva lasciato il resto del pianeta ai suoi problemi. Si chiese cosa avrebbe pensato suo padre di questo suo modo di governare. Che razza d'Imperatrice era stata?. Improvvisamente si sentì in colpa per coloro che, per tutto quel tempo, erano rimasti senza protezione e che avevano iniziato a pensare che forse non ci sarebbe mai stato un lieto fine. Poi un barlume di speranza si fece strada in lei innescato dall'istantaneo sorriso che si andò allargando sul volto della donna alla notizia appena ricevuta. Solo il pensiero che la profezia potesse avverarsi e una nuova luce si riaccese nel cuore della donna. « Perché non lo avete detto subito? Questo cambia tutto. Forse possiamo ancora farcela. Chiuderemo il capitolo Vanisia e anche Zaion avrà finalmente una vera rinascita...». La donna continuò a parlare con entusiasmo crescente dando sfogo a sentimenti di speranza repressi da tempo. Stefi ascoltandola la fissava e pensava che il cambiamento repentino appena avvenuto era meravigliosamente contagioso e che, in realtà, avrebbe voluto poter vedere quello stesso atteggiamento, di rinato ottimismo, sullo sguardo di tutti i suoi sudditi. Subito dopo aver parlato della profezia, per un attimo, aveva temuto di aver fatto
il o più lungo della gamba ma adesso sapeva di aver fatto bene. Era come risvegliarsi da un prolungato letargo perché forse era proprio questo che le era successo vivendo per così tanto tempo sulla Terra. Aveva messo da parte la vera vita, con tutti i doveri che ne facevano parte, e si era come assopita. Ma gli altri erano andati avanti e avevano dovuto continuare a lottare anche senza il suo aiuto e sostegno. Era giunto il momento di prendere nuovamente in mano la situazione e di agire prontamente anche perché al contrario di ciò che aveva fatto lei...Vanisia non aveva mai perso tempo nella sua ricerca. Proprio il tempo e la sua lunga assenza da Zaion avevano giocato a suo favore della sorella ma adesso era lì e forse non solo per una scelta di Vanisia. Era vero che l'aveva fatta prigioniera...ma non era forse stato il suo potere a condurla su Zaion quel giorno? E per di più senza ciondolo?!. Sapeva di dover pensare e riflettere con calma e non avrebbe potuto farlo se quella donna rimaneva lì a parlare. « Abbassa la voce o ci sentiranno...». « No. Loro non sono un problema in tal senso ma anche se non può ascoltarci lei...ci vede!» spiegò spostandosi di fianco e dandole così la possibilità di vedere ciò che prima le ombre del pozzo le avevano nascosto. Non appena la donna si fece da parte Stefi posò lo sguardo sull' esule seduto qualche metro più indietro e subito inorridì. Arretrò disgustata da ciò che vide e quasi inciampò nei suoi stessi piedi. « Imperatrice state bene? Scusate non volevo...». « No...Va tutto bene ma...» non sapeva trovare le parole. Tornò a sbirciare dalla feritoia e vide di nuovo l'uomo raccolto in meditazione. Camminando tutto intorno alla cella constatò che anche gli altri esuli erano stati sottoposti alla stessa tortura. Facevano perfettamente il loro lavoro ma le palpebre gli erano state cucite su cavità ormai vuote. Gli occhi di ognuno di loro erano stati conficcati nella parete rocciosa sopra le loro teste. Le venne improvvisamente da vomitare alla vista di quegli occhi vivi che continuavano a fare ancora il loro dovere muovendosi e osservando in qualunque direzione. Tornando nel punto in cui aveva lasciato la donna si accorse che tutti
quegli occhi ruotavano per seguire ogni suo minimo movimento. « Ma come è possibile? » chiese con un fil di voce. « Non lo sappiamo ma così saprà di certo ciò che fate quindi... agite con prudenza. Ora ditemi se c'è qualcosa che posso fare per esservi d'aiuto ». « Esiste un modo per portare un messaggio fuori da qui?». « Purtroppo no! Non ci è concesso uscire in sua assenza o comunque senza autorizzazione...». « Perché lei dov'è? » chiese con nuova preoccupazione. « Nessuno lo sa... neanche Nio...». « Nio...Ho già sentito questo nome...Ma si certo!. E' il figlio del Governante Sense. Quando saprà che suo figlio sta bene ne sarà entusiasta...» poi s'interruppe perché per un attimo aveva quasi dimenticato di essere in trappola « Che fine hanno fatto tutte le persone rapite? ». « Stanno tutti bene ma non sono stati soggiogati perché in quel modo non agirebbero spontaneamente e dunque non sarebbero utili alla profezia. Non fosse stato per questo sarebbero già morti. Nessuno può rimanere senza contribuire al mantenimento della comunità. Quelli come me fingono per non essere scoperti o per non arrecare problemi ai propri cari ma quei poveri uomini soffrono per la lontananza da casa. Ci sono anche due bambini!». « Si. Lo so! » disse Stefi ricordando il giorno in cui sparirono dopo aver soccorso i piccoli compagni. « Ma con Nio è stato diverso. L'ha soggiogato e ne ha fatto il suo braccio destro. Qui nessuno ne parla per paura ma tutti sanno che lui ne è perdutamente innamorato anche se ovviamente nessuno crede all'autenticità di tale sentimento. Chi potrebbe amare un mostro? » smise di parlare rabbrividendo all'idea ma poi subito riprese « Appena sapranno...» disse al solo pensiero di poter essere lei a portare ai prigionieri la notizia che ben presto sarebbero stati liberati. Ma Stefi la interruppe subito.
« Non devi parlarne con nessuno. Tu sei stata coraggiosa e hai saputo affrontarla mentendo ma non sappiamo quanti altri abbiano la stessa forza. Devi tenere il segreto per te e cercare, se possibile, di non permetterle di toccarti...Devi prometterlo!». « Ma...». La delusione s'impossessò della donna che però capì perfettamente che l'Imperatrice aveva ragione. « Farò come volete ma vi supplico di fare in modo che nessuno debba più sopportare mostruosità del genere » disse indicando alle sue spalle. « Farò il possibile ma ora vai...Non voglio metterti ulteriormente nei guai ». Stefi aveva bisogno di rimanere sola per raccogliere le idee e tentare di trovare una via d'uscita. La donna la salutò e si allontanò. Sebbene le fosse stato chiesto di mantenere un enorme segreto e lei avesse accettato sarebbe stato chiaro a chiunque l'avesse incontrata che una nuova speranza era nata in lei. Era bello per Stefi vederla animata da una nuova forza tanto che, seppur bendata, quasi volò attraversando la erella e scomparve dentro il tunnel senza neanche zoppicare. La speranza poteva fare miracoli, pensò Stefi mettendosi a sedere sulla panca che circondava la cella. Sbadigliò. Il sonno stava avendo la meglio nonostante le numerose preoccupazioni. Non sapeva da dove iniziare per trovare una spiegazione a tutte le domande che le avano per la mente. Si chiedeva come mai sua sorella fosse diventata col tempo così superficiale da lasciare che persone non soggiogate al suo potere vivessero insieme alle altre. Poi pensò a Nio. Era più che chiaro che il suo amore per Vanisia non era reale ma perché lei lo avesse permesso era un mistero. Forse era attratta da lui e allo stesso tempo era cosciente che nessuno avrebbe potuto amare la persona che era diventata. Le tornarono in mente le parole della donna che l'aveva descritta come un mostro e tutto sommato sapeva di non poterle dare torto. Era triste, anche solo il pensiero, che per farsi amare Vanisia avesse dovuto usare i suoi poteri. Stefi pensò a Joseph e si sentì immensamente fortunata. Le palpebre nel frattempo si erano fatte più pesanti e pensare era quasi difficoltoso. Si sdraiò su un fianco tirando un respiro di sollievo. Quella si che era una posizione comoda!, pensò. Per un attimo smise di pensare e si limitò a guardare la sua immagine riflessa. Era ormai una donna adulta eppure non mostrava più di trentanni. Non ci avrebbe mai fatto caso se non avesse vissuto per tanto tempo sulla terra dove le
persone invecchiavano più velocemente. Su Zaion, invece, la crescita subiva un rallentamento subito dopo i trentacinque anni e per qualche tempo sembrava addirittura arrestarsi. Arrivava perfino un momento in cui tre generazioni di parenti potevano ritrovarsi sembrando niente più che fratelli e sorelle. Tutto ciò era molto affascinante ai suoi occhi e dovette ammettere che nonostante sua sorella fosse una persona orribile era anche l'unica che era riuscita a compiere qualcosa di altrettanto meraviglioso. Era riuscita a far mutare i suoi lineamenti fino a fargli assumere quelli desiderati. Se solo avesse applicato i suoi poteri per la salvezza di Zaion... Quanto tempo avrebbero guadagnato?. E quanti risultati si sarebbero potuti raggiungere?. Ma le sue scelte l'avevano portata invece ad isolarsi piano piano un giorno dopo l'altro. Con costanza e perseveranza aveva potenziato i suoi poteri ed era riuscita straordinariamente a generarne di nuovi. All'opposto di lei che invece non possedeva nient'altro che, come lo aveva definito qualche anno prima, un “potere a metà”. Un potere che non le aveva permesso di difendere suo padre... o i suoi nipoti... Senza pensare al fatto che, come Imperatrice, era stata un vero e proprio fiasco!. Le sfuggì una risata isterica mentre una lacrima le scivolava sulla guancia. Possedeva solo un potere che qualche volta era servito a metterla in guardia. Come la volta in cui aveva scoperto Vanisia rubare la gemma di Crion. Oppure le aveva regalato qualche indizio. Come la volta in cui l'aveva condotta da Zoe... Ma per il resto le aveva anche fatto commettere il più grande degli errori... L'aveva condotta in trappola!. Stanca chiuse gli occhi e non poté fare a meno di porsi domande. Cosa sarebbe successo se avesse allenato il suo potere?. Ma conosceva bene la risposta. Nulla di fatto!
Il suo non era un potere fisico. Non c'erano energie da canalizzare o sembianze da assumere. Non sapeva neanche come descrivere il suo potere. Erano più che altro intuizioni...o meglio...strane sensazioni unite ad altrettanti strani e confusi sogni premonitori. Non aveva mai desiderato come in quel momento di poter avere il pieno controllo di quelle sensazioni per poterle fare finalmente sue e piegarle al suo volere fino a gestirle a suo piacimento. L'ultimo suo pensiero prima di addormentarsi fu quello di non voler più essere parte iva in quella storia. Il sogno che iniziò subito dopo non aveva nulla di straordinario. Si trovava sempre dentro la piccola cella e se ne stava seduta compostamente a specchiarsi nella parete di fronte. I capelli però erano stranamente raccolti in una semplice acconciatura e i vestiti erano diversi da quelli che era certa di indossare. Poi l'immagine riflessa le fece un sorriso. Stefi trattenne il respiro per qualche secondo incerta su ciò che aveva visto. Guardò meglio e si accorse che c'erano delle leggere, seppur determinanti, differenze di lineamenti tra lei e quelli dell'immagine riflessa. Si chiese che senso avesse quel sogno e subito capì che si trattava di un nuovo indizio... ma questa volta si sarebbe opposta!. Non voleva che qualcuno le dicesse cosa fare. Voleva essere lei a fare qualcosa di utile!. Decise che avrebbe voluto svegliarsi e la vista le si offuscò per qualche secondo. Quando riuscì a vedere di nuovo bene si accorse di essere ancora addormentata. Questa volta si trovava in mezzo ad un grande prato verde in cui spiccavano bellissimi papaveri rossi. Si guardò attorno finché non vide la stessa ragazza di poco prima. Aveva già capito di essersi sbagliata credendo di essersi specchiata sulla lucida parete di quella minuscola prigione. « Sei decisa dunque? » chiese la ragazza andandole incontro. « Chi sei? » chiese Stefi. « Giusto! E' ora che ti dia qualche spiegazione anche perché ormai sei decisa a fare di testa tua e non accetteresti più il mio semplice aiuto » disse facendole
cenno di accompagnarla. « Sei tu? Allora sei sempre stata tu ad indirizzarmi...Ma perché non lo hai mai fatto in maniera chiara?... Perché hai aspettato così tanto...e perché proprio adesso?...». « Frena frena...Avrai tutte le risposte che cerchi ma cominciamo dall'inizio... » disse sedendosi nel prato e Stefi fece lo stesso non togliendole mai lo sguardo di dosso. «...Prima che tu nascessi questo pianeta e la sua popolazione avevano pochissima prospettiva di sopravvivere allo scempio perpetrato dai tuoi antenati. Ma questo ovviamente lo sai già...». Stefi assentì senza interromperla. « Un giorno un uomo si presentò a Palazzo con la richiesta di parlare all'Imperatore. Generalmente non gli sarebbe stato consentito, o per meglio dire, nessun Imperatore si sarebbe interessato alle lamentele di un povero vecchio. Ma il caso volle che il nuovo Imperatore fosse stato da poco incoronato e che, al contrario dei suoi predecessori, avesse l'intenzione di portarsi dalla parte del popolo e di impegnarsi per il recupero della situazione catastrofica in cui versava il pianeta. Non voleva che le persone continuassero a fuggire e si diede prontamente da fare per porre in qualche modo rimedio. Quel giorno, però, pagò un prezzo troppo alto. Decise, infatti, di ascoltare ciò che il vecchio aveva da dirgli ma tutto si aspettava fuorché che l'uomo gli scagliasse contro una maledizione. Maledisse infatti la stirpe dei Saviani per tutto il dolore che avevano causato alla sua famiglia. Predisse all'Imperatrice la nascita di discendenti che avrebbero lottato per tutta la vita per ottenere il trono, logorando così dall'interno quel che restava dei legami familiari. La donna fu sconvolta dalle parole dell'uomo a tal punto da preferire di non avere discendenti. Un anno dopo, però, rimase incinta di tre gemelli. Non si dava pace al pensiero che i futuri figli avessero dovuto odiarsi per sempre dando vita a continue dispute per ottenere il potere di un pianeta morente. Ebbe nove mesi per trovare una soluzione e alla fine trovò una vecchia fattucchiera che le garantì una scappatoia. In cambio però le chiese qualcosa di prezioso. La donna voleva uno dei bambini. Lo avrebbe utilizzato come sacrificio per riottenere la perduta giovinezza. Una vita in cambio dell'annullamento della maledizione. L'Imperatore rifiutò fin dal principio non credendo alle parole della vecchia strega e non volendo doversi separare da nessuno dei figli. Decise che li avrebbe cresciuti insegnandogli ad
apprezzare le bellezze della natura affinché crescendo avessero a cuore le sorti del pianeta anziché quelle del trono. L'Imperatrice credeva nelle maledizioni e sapeva che, anche con tutti gli sforzi possibili, non avrebbero potuto evitare che si realizzasse. Dopo lunga riflessione l'Imperatrice strinse un patto segreto con la strega. Quest'ultima s'impegnava a sciogliere la maledizione nello stesso istante in cui avesse ricevuto, in cambio del suo lavoro, una vita fatta dello stesso sangue dell'Imperatrice. Il giorno della nascita dei nuovi Saviani la donna giunse per riscuotere il suo compenso. L'Imperatore, alla sua vista, diede ordinare di ucciderla ma la moglie, per paura di ritorsioni nei confronti delle future eredi, glielo impedì. Subito dopo aver dato alla luce le bambine chiese all'Imperatore di perdonarla e si tolse la vita. Il suo sangue, la sua vita in cambio della salvezza delle bambine. La strega si sentì ingannata perché sebbene una vita era andata persa, una vita che aveva lo stesso sangue delle bambine, non era, però, quella che lei aveva previsto di poter sacrificare. La strega perse quindi la possibilità di tornare giovane ma dovette comunque rispettare il patto fatto con l'Imperatrice. Iniziò a parlare in una strana ed antica lingua e quando finì se ne andò sghignazzando e farneticando » la ragazza fece una pausa per riprendere fiato. « Dunque erano femmine e non maschi come tutti si aspettavano. L'Imperatrice sacrificando la sua vita ha dato alle sue figlie la possibilità di una vita serena...O non è così? » chiese improvvisamente Stefi dubbiosa al cambio di espressione della ragazza. « La strega mantenne il patto solo in parte. L'Imperatrice era stata scaltra a proporre il patto in modo che la vecchia non potesse reclamare diritti sulle nuove nate ma anche la strega non era da meno. Una delle bambine scomparve improvvisamente e nessuno seppe mai spiegarsi come fosse stato possibile e le altre due sono cresciute con interessi e aspirazioni diverse tanto da divenire nemiche...». « Che fine fece la terza bambina? » volle sapere Stefi. « Vive una vita-non-vita. Ad un o tra il modo dei vivi e quello dei morti. Alla fine dei conti la strega ebbe la sua rivincita!» disse la ragazza sospirando e con lo sguardo immensamente triste.
« Sei tu!...Quella bambina... » sussurrò Stefi. « Si...sono io e...sono tua sorella! » concluse la ragazza. Stefi la fissò sopraffatta da centinaia di sensazioni contrastanti ma il desiderio più grande fu quello di stringerla a sé. Finalmente molte cose avevano un senso!. La morte di sua madre di cui suo padre non aveva mai voluto parlarle...la sensazione di non essere mai sola e l'istinto che la portava a fidarsi ciecamente di ogni cosa le venisse suggerita in sogno. Adesso tutto aveva una spiegazione!. Tentò di afferrarle una mano ma non gli fu possibile perché la ragazza aveva la stessa consistenza dell'aria. La guardò nuovamente in viso e si accorse che anche lei aveva una lacrima che le rigava il volto. Ora si spiegava anche la grande somiglianza che le accomunava. « Perché hai aspettato tanto per farmi sapere la verità? ». « Ti sono sempre stata accanto perché mi sento molto simile a te... e inoltre non ho mai sopportato i dispetti a cui Vanisia ti sottoponeva fin da piccola! ». « Già Vanisia...quasi dimenticavo. Anche lei sa di te? ». « No e non ho intenzione di approfondire la conoscenza. Ha fatto del male a troppe persone e non ha mai apprezzato nulla di ciò che a me è stato negato!...» s'interruppe rendendosi conto di non voler dare una cattiva impressione di se, « Scusa è solo che a volte mi domando come sarebbe stato se solo fossimo cresciute insieme ma ormai è acqua ata e in fin dei conti...finalmente ti sei decisa a prendere posizione!. Ti confesso che se non fosse stato così forse non avremmo mai avuto questa possibilità. Ho sempre tentato di aiutarti ma neanche per me è stato facile farmi capire. Quando invece, poco fa, mi hai respinta qualcosa si è spezzato. O forse è meglio dire che ti sei aperta a me ad un livello più alto. Hai deciso di interagire anziché fare da ricevente. Bene!. Ma c'è una cosa che dovresti sapere...Io non so come aiutarti! ».
Stefi aveva quasi dimenticato come mai si trovava lì e come era iniziato quel sogno. « Accidenti! » sbottò Stefi lasciandosi andare sull'erba fresca. « Mi dispiace ma non posso comunicare con gli altri come faccio con te. Sarebbe bello e lo avrei già fatto ma semplicemente...non so come fare. Forse con te ci riesco per il semplice fatto che siamo pur sempre sorelle » spiegò. « Gemelle! » precisò orgogliosa Stefi e contenta di non essere più sola in quell'eterna lotta contro Vanisia. « Qual'è il tuo nome? » volle sapere subito. « Papà mi diede lo stesso nome di mamma...Coral ». « Avrei dovuto immaginarlo. Bèh Coral, siamo in un bel pasticcio! Dimmi un'altra cosa...quindi io non posseggo alcun potere... tranne quello, ovviamente, di poter soggiogare la mente altrui?» chiese triste conoscendo già la risposta. « No. Non che io sappia almeno. Anche per questo dobbiamo ringraziare la cara vecchia strega. Ha trasferito tutti i poteri in un'unica bambina...Quella che aveva più propensione verso il suo lato oscuro. Quale miglior vendetta se non quella di assicurare al trono una folle capace di mandare il pianeta alla malora?». « Già! Non si può dire che non ci abbia messo tutto l'impegno possibile affinché ciò si avverasse...e a quanto pare ci è quasi riuscita» finì di dire Stefi con un sospiro. Aveva sempre saputo di non avere poteri speciali. Ma non averne affatto... Tutto sommato però non era delusa più di quanto si sarebbe aspettata anzi era entusiasta di aver scoperto di avere un'altra sorella. Rimasero in silenzio per qualche tempo ognuna rapita dai propri pensieri e insieme ammirarono la bellezza del panorama che le circondava. Quando si piegarono per toccare un fiore che spuntava proprio tra di loro le mani si sfiorarono per un attimo ed ambedue poterono avvertire una scossa attraversare i loro corpi. Ritrassero d'istinto la mano e subito ci riprovarono ma la seconda volta non successe nulla.
« Cosa è stato? » chiese Coral. « Non ne ho idea ma...» Stefi rimase un' attimo in silenzio e poi chiese «...a cosa pensavi poco fa quando hai toccato il fiore?». « Che mi sarebbe tanto piaciuto coglierlo ». « Proprio quello che pensavo io!». Si guardarono brevemente prima di ritentare. Accostarono le mani al fiore ma questa volta non le ritrassero neanche quando la scossa si ripeté con una maggiore intensità rispetto a poco prima. Un attimo dopo il fiore si trovava nelle loro mani ed entrambe si guardarono con aria trionfante. « Inizio ad avere qualche idea » fece subito Stefi. « E io credo che la strega abbia sottovalutato il legame tra sorelle gemelle quando ha deciso quale fine avrebbe voluto far fare al nostro Impero ». Risero, finalmente assieme per la prima volta, e poi lo sguardo complice dell'una si perse in quello dell'altra. « Abbiamo molto da fare...» iniziò Stefi. « ...e pochissimo tempo per farlo dunque iniziamo subito!» finì Coral.
INCOMPRENSIONI
Alex non aveva smesso nemmeno per un attimo di allenare il suo nuovo potere e, dopo soli tre giorni dall'incendio che aveva divorato la casa sull'albero, già lo padroneggiava pienamente. Doveva comunque molto anche a sua sorella che lo aveva aiutato parecchio. Si allenava mattina e pomeriggio davanti al portico di casa incitato a fare sempre meglio dall'amico Manuel e da Joseph che ormai non li lasciava soli un attimo. Voleva essere presente nel caso si fosse verificato un altro evento in cui potessero rimanere nuovamente feriti, diceva lui. Ma a nessuno dei tre sfuggì il modo in cui si soffermava costantemente a fissare Manuel e pensarono che, in realtà, il nonno fosse più preoccupato del fatto che se si fosse trasformato di nuovo, senza ancora essere riuscito a controllare la sua forza, avrebbe potuto fare danni irreparabili. Tutto sommato non potevano biasimarlo anche se Manuel, che non si era ancora ristabilito a pieno e aveva nostalgia della sua perduta indipendenza, avrebbe volentieri fatto un giro di alcune ore per il bosco...da solo!. In realtà erano anche altri i motivi per i quali Joseph aveva deciso di non allontanarsi più e in quei giorni aveva fatto del suo meglio per essere d'aiuto ai nipoti e per far sentire a suo agio il nuovo arrivato. Da quando aveva tratto le sue conclusioni, riguardanti i nipoti, aveva ritenuto opportuno non perdere ulteriormente tempo e non era ata una sola sera senza che continuasse a narrare le storie di Zaion. Le domande sempre più interessate dei nipoti gli avevano perfino fatto credere che forse avessero iniziato a capire che dietro quelle storie si nascondesse la verità. Personalmente riteneva fosse giunto il momento di svelare tutta la verità, anche perché su Zaion le cose stavano prendendo una piega imprevista e un attacco di Vanisia era qualcosa di ormai altamente probabile. In quel caso lui avrebbe voluto essere al suo posto a capo dell'esercito. Pensare a tutto ciò che doveva essere programmato gli fece scoppiare un brutto mal di testa e l'unica cosa che lo tranquillizzava era il pensiero che Vins era un ottimo sostituto e che i ragazzi erano ancora al sicuro. Ma che fine aveva fatto Stefi?. Non era da lei prolungare a tal punto le visite su Zaion senza prima avvertire o facendogli perlomeno avere aggiornamenti a riguardo. Oltretutto l'idea che si
fosse separata dal ciondolo di Crion non lo rassicurava, anzi, si chiese spesso a cosa potesse servire lasciarlo in custodia a Lily ma non riuscì a darsi una risposta. Con il are delle ore e poi dei giorni Joseph ò da lievemente ansioso a tremendamente preoccupato. Al terzo giorno di assenza di Stefi avrebbe voluto fare subito ritorno su Zaion per accertarsi che fosse tutto a posto ma non poteva farlo per non lasciare soli i ragazzi. Anche loro d'altro canto avevano chiesto più volte di lei e Joseph non aveva potuto far altro che mentire mentre lo sguardo di Manuel, alle sue risposte, assumeva espressioni che non era in grado di decifrare. La mattina del quarto giorno mentre si trovavano a tavola per il pranzo Lily vide, attraverso le vetrate, che Stefi stava finalmente facendo ritorno. Corse entusiasta alla porta seguita da Alex e Joseph. Quando lei li vide fermi sulla soglia si bloccò e li guardò come se li vedesse per la prima volta ma poi sorrise e gli andò incontro. Non appena giunta sotto il portico si ritrovò tra le braccia dei nipoti che per la prima volta non ricevettero il classico abbraccio spezza-costole della nonna che, anzi, quasi se li scrollò di dosso senza smettere di fissare Joseph. « Ragazzi potete lasciarci soli? » chiese lui. Alex e Lily rientrarono in casa malvolentieri e vi trovarono un agitatissimo Manuel che aveva improvvisamente iniziato a camminare avanti e indietro come un animale in trappola. « Si può sapere cosa accidenti ti è ato per la testa? Sparire per tutto questo tempo senza degnarti di farmi avere qualche notizia...». « Calmati! » ordinò lei fissandolo. « E adesso dovrei anche calmarmi? Torno da mesi di ricerca e non ti trovo a casa...e per poco i ragazzi non morivano bruciati...». « Quei ragazzi? » chiese lei indicando dentro casa. Le era sembrato strano che avesse continuato a parlargli con quell'atteggiamento nonostante gli avesse ordinato di calmarsi. « Sei forse impazzita? Si, quei ragazzi! Quelli che dovremmo proteggere...».
« E perché mai dovremmo ? Mi sembrano abbastanza grandi e...». « Non so a che gioco stai giocando ma non abbiamo tempo per questo...». Joseph la guardò come se avesse di fronte una sconosciuta. Non era da lei comportarsi a quel modo e fingere di non sapere quali fossero le loro priorità o non preoccuparsi alla notizia che i nipoti avessero rischiato la vita. Mentre Joseph si voltò per rientrare in casa lei lo afferrò per un braccio e lo costrinse a guardarla. « Siamo rimasti isolati qui per anni...Spiegami perché e cosa potremo mai ottenere da questo isolamento!». Joseph la guardò per qualche secondo e poi scuotendosi di dosso le sue mani gli diede le spalle e la lasciò sola. Lei non ne rimase sorpresa. Aveva capito... « Lucidium! » disse tra se e se prima di entrare in casa. Il Lucidium era quasi una leggenda. In molti l'avevano cercato ma nessuno era riuscito ad impossessarsene. Nessuno a parte i Saviani!. In base a ciò che poteva ricordare, infatti, si trattava di un'alga che cresceva nei profondi canyon sottomarini di Oceania. La prima volta che aveva letto del Lucidium era ancora bambina e si trovava con suo padre e sua sorella all'interno della Tesoreria. Gordon le aveva condotte lì per mostrargli le ricchezze dell'Impero ma soprattutto per fargli capire come tutti i tesori di Zaion non potessero comunque aiutarlo nell'impresa di risolvere i problemi del pianeta. Come sempre una sorella era più interessata dell'altra e pendeva dalle labbra del padre che, a sua volta, era orgoglioso di constatare che almeno una di loro aveva compreso l'importanza di avere come priorità il benessere del popolo anziché la sua sottomissione. Mentre proseguivano i seccanti discorsi padre-figlia lei ne approfittò per godere delle meraviglie che la circondavano. Oro e affreschi facevano da padroni in quell'interminabile corridoio delle meraviglie ma ciò che attirò particolarmente la sua attenzione fu un mobile antico che conteneva sotto chiave un gran numero di pozioni e amuleti ognuno accompagnato da una targhetta descrittiva. Sulla mensola più alta si trovavano strani calici e brocche
dalle più svariate forme ma purtroppo non era alta a sufficienza per poter leggere cosa contenessero. Si rassegnò subito attratta dalle pietre, dai colori brillanti, poste su piccoli cuscini del secondo ripiano. La maggior parte di esse proveniva da altri pianeti mentre delle altre aveva già sentito parlare o ne aveva vista l'immagine su qualche libro della biblioteca. Guardò immediatamente più sotto dove trovò un'infinita esposizione di ampolle di ogni genere che contenevano tutti i tipi di pozioni desiderabili: Una per ottenere l'immediata obbedienza. Non che a loro servisse!. Una per far dire tutta la verità. Idem come sopra!. Un'altra per poter vivere sott'acqua. Altre proteggevano da qualunque malattia e altre ancora garantivano di vivere almeno cinquecento anni... Iniziò a pensare quante cose avrebbe potuto fare se solo avesse potuto vivere tutto quel tempo. Poi vide un ampolla più piccola delle altre, di vetro trasparente, che permetteva di vedere galleggiare al suo interno piccolissime foglioline verdi che sembravano vibrare. Lesse subito il cartellino appeso al collo dell'ampolla.
Alga Elle. Una volta infusa e bevuta nelle notti di luna piena consente a chiunque di resistere ai poteri dei Saviani per trenta giorni.
Una scritta a mano aggiungeva.
Aiuta a rimanere lucidi – Anche detta alga Lucidium.
Rimase molto colpita. Non aveva mai sentito parlare di qualcosa che potesse limitare i poteri di famiglia. Gordon si accorse che la sua attenzione era stata rapita da quell'oggetto e le spiegò che erano le ultime alghe rimaste. Le voci sull'esistenza di quell'alga avevano fatto il giro del pianeta e avevano poi sconfinato su altri mondi. In molti si erano messi alla ricerca di quell'unico elemento che potesse proteggere dai soprusi dei Saviani ma i sirenidi non permettevano a nessuno di varcare la soglia del loro territorio. Per molto tempo si pensò che lo fero per poter essere gli unici a godere di tale immunità ma ben presto si scoprì che ormai erano già tutti sotto il controllo dell'Imperatore. Controllando loro... proteggeva se stesso da possibili future ribellioni. Solo con la salita al trono di Gordon i sirenidi tornarono liberi di decidere come gestire un bene così prezioso. Decisero che l'Imperatore era meritevole di fiducia e di conseguenza l'uso di quell'alga diveniva superfluo. Circolò la voce che tutta l'alga L fosse stata raccolta e data in pasto ai pesci ma molto più tardi qualcuno sospettò che forse i sirenidi avessero mentito in modo da divenire gli unici possessori di tale bene e quindi gli unici in grado di resistere alla famiglia imperiale. Erano ati anni da quel giorno ma le era chiaro che quell'ampolla non si trovava più su quello scaffale. Alex e Lily parlavano sottovoce in modo che la nonna non potesse sentirli ma lei li vide mentre la indicavano. Forse il suo guardarsi in giro, come se vedesse quella casa per la prima volta, li preoccupava. All'improvviso Manuel, che fino a quel momento era rimasto seduto sul divano come fosse preda di una logorante lotta interiore, saltò in piedi ringhiandole contro trattenuto solamente all' ultimo istante dai suoi amici che lo afferrarono per la maglia. Joseph a sua volta si lanciò immediatamente tra lui e Stefi per proteggerla ma non ce ne fu bisogno perché Manuel svenne con la stessa velocità con cui era balzato in piedi.
« E' tutto a post...» iniziò a dire Joseph ma si zittì vedendo Stefi che, per nulla spaventata, era tutta protesa in avanti con il braccio destro dritto verso il ragazzo. Lei, vedendosi osservata, si ricompose subito e chiese: « Cosa gli prende? ».
« Si sono verificate parecchie novità durante la tua breve assenza ma non è il momento migliore per discuterne » disse Joseph trasportando Manuel in cameretta. Alex e Lily, preoccupati per lui, smisero di pensare a Stefi e seguirono il nonno. Rimasero tutti in silenzio per parecchio tempo, ognuno immerso nei propri pensieri, finché non fu Lily a parlare. « Cosa gli è saltato in mente? » chiese mentre si tormentava il polso in cui portava il bracciale regalatogli da Vins. « Non ne ho idea... Cos'hai? » le chiese Joseph. « Mi prude terribilmente! » rispose lei riferendosi al simbolo nascosto. « Anche a me. Piuttosto...non credete che a Manuel serva un dottore? » chiese Alex. « No! Presto starà bene. Deve solo riposare » rispose Joseph pensieroso, « Vorrei però che faceste attenzione. Se vorrà continuare a frequentarvi dovrà imparare a controllarsi!» finì e finalmente ricordò in che occasione i suoi nipoti avevano già sofferto per quello strano prurito. Era accaduto all'arrivo di Riwa e Vins da Zaion. Ma perché adesso? « Ma non era mai successo prima di oggi...e lui non ha nessuno oltre noi!» esplose Lily. Secondo lei il pensiero di doverlo allontanare non era neanche da prendere in considerazione ma forse il nonno non era dello stesso parere. Lui la guardò con l'espressione di chi sapeva bene cosa stesse provando. Allo stesso tempo il pensiero che quel sentimento di affetto avrebbe potuto diventare, col tempo, qualcosa di più grande lo spinse a credere che allontanarlo era senz'altro la cosa più giusta da fare.
« Conosco qualcuno che saprà aiutarlo...» iniziò prima di capire di aver fatto un o falso. Lily e Alex si scambiarono un'occhiata veloce che non gli sfuggì. « Qualcuno che non lo prenderebbe per uno scherzo della natura? Qualcuno a cui potremmo chiedere anche il perché di tutte le nostre stranezze? Perché se forse non ve ne siete accorti non c'è nulla di normale in noi...Ma questo lo sapete benissimo! Fino a quando vorrete tenerci all'oscuro di tutto? Abbiamo diritto di sapere! » finì di sfogarsi Lily con le lacrime agli occhi ma con la ferma intenzione di non lasciarle andar via. Erano lacrime di rabbia non di debolezza. Joseph si alzò e a spalle curve lasciò la stanza. « Perché non hai detto niente? So che anche tu la pensi così!. Anche tu vuoi delle risposte tanto quanto me...O forse non è così?» chiese ormai stanca e confusa sedendosi sul letto. « Sai bene che è così ma...Io mi fido dei nonni!. Qualunque cosa stanno facendo sono certo che è per il nostro bene e poi...tutta la loro vita è incentrata su di noi. Abbiamo avuto un'ottima formazione e goduto del contatto con una stupenda natura incontaminata. Certo...non saprei spiegare il perché di questi continui racconti su Zaion, con la descrizione nei minimi particolari dei protagonisti di ogni nuova storia, ma devo ammettere che non riuscirei più a farne a meno. La stessa cosa vale per il modo in cui Vins e Riwa sono entrati nella nostra vita ed hanno iniziato a farne pienamente parte » prese fiato e allo stesso tempo alzò il polso dove il bracciale nascondeva il simbolo di Zaion, « Senza parlare di questo!. Ho controllato in Rete e del resto...sono certo che hai fatto la stessa cosa. Non esiste niente di lontanamente simile a questo bracciale in tutto il mondo. Per quanto riguarda invece le nostre capacità...Posso dirti che in molte culture esistono persone che possono compiere guarigioni o trasformazioni...». « Non prendermi in giro...Stai forse parlando dei santoni? o dei vampiri? Sai meglio di me che non c'è nulla di vero in quelle storie. Ma noi...Noi siamo reali tanto quanto i nostri poteri!. Nelle tue ricerche hai forse letto di qualcuno che capisce e comunica con gli animali come faccio io? Oppure hai trovato qualcun' altro capace di difendersi come fai tu?. Per non parlare di quello che siamo riusciti a fare con gli animali feriti che si sono presentati alla nostra porta. No! Non credo che tu abbia trovato nulla di minimamente simile a noi. Anzi una persona c'è ed è a meno di due metri da te!...» disse indicando Manuel che continuava a dormire profondamente,«...Ma invece di capire se c'è qualcosa che ci accomuna vogliono allontanarlo da noi!. Non è giusto!».
Alex era pensieroso e le pressioni di Lily non lo aiutavano. « Joseph è solo preoccupato che non ci accada qualcosa di grave ed effettivamente dobbiamo tentare di capire cosa ha fatto scaturire quella reazione in Manuel. Tutto sommato il nonno è affezionato a lui, tanto quanto noi, e non credo dicesse sul serio. Era talmente in ansia per la lontananza di Stefi che lo strano comportamento di quando è arrivata lo ha mandato un pò fuori di testa...». « Però non credo che stesse scherzando quando parlava di qualcuno che possa aiutare Manuel. Sai bene che non si fidano di nessuno quindi deve trattarsi di una persona che è a conoscenza delle sue capacità o che addirittura può spiegare quali possano essere le sue origini. Ci hai pensato?...». « In effetti la cosa mi ha dato da pensare ma rimango dell'opinione che dobbiamo aspettare che siano loro a decidere di spiegarci cosa ci succede...» finì di dire Alex interrotto da un colpo di tosse di Manuel. Lily si arrese e decise che per quella sera avrebbe parlato d'altro anche se l'argomento rimaneva tutt'altro che chiuso. « Che fate? » chiese Stefi piombando in camera. « Niente. Stavamo appunto dicendo che sarebbe ora di andare a letto. Tu come stai? Sei stata via parecchio questa volta. Dove sei andata?» le domandò Alex a cui sembrava strano vederla curiosare tra gli oggetti raccolti sulla sua scrivania. « Che domanda buffa e dove se non a Zaion? » rispose divertita. « Si certo! Perché non ci ho pensato prima? » sbottò Lily per nulla divertita dalla risposta della nonna. Stefi continuò a frugare sulle mensole accanto alla porta. « Cerchi qualcosa in particolare?...perché sai bene che ho smesso di collezionare funghi velenosi!. Sei stata molto chiara nello spiegarmi quali danni potrebbero provocare » disse Alex guardandola. Stefi rise e smise di controllare in giro. « Come sta il ragazzo? » chiese per nulla interessata ma avvicinandosi ugualmente al letto. Lo squadrò da testa a piedi prima di scompigliargli i capelli. Rimase ferma per qualche secondo con la bocca spalancata prima di prendergli il
polso. « Crediamo stia meglio. Perché...Cosa succede? » chiese subito Lily. Stefi continuò a toccargli la fronte e poi la base del collo e poi di nuovo la fronte. « Nonna rispondi...» disse Alex. Stefi si drizzò di colpo e per un attimo lo guardò con espressione sorpresa ma subito rispose « Credo che vada tutto bene...Le cose iniziano ad avere un senso ». « Quindi pensi che presto si riprenderà? » domandò Lily. « Completamente! » rispose Stefi che tornò a fissare Manuel e che sembrò essere stata attraversata da un brivido di freddo. « Nonna se senti freddo vado ad aggiungere della legna al fuoco » propose Alex distogliendola dai suoi pensieri. « Sei così caro ma non preoccuparti non ce n'è bisogno » disse avvicinandosi a lui per abbracciarlo. « Ehi! Guardate si sta svegliando...» disse Lily sollevata e Alex corse subito accanto a lei e Manuel. « Scu...Scusa...Stefi...Non capisco cosa mi sia preso...» balbettò Manuel ancora frastornato. Lily si chinò verso di lui per tastargli la fronte e il ciondolo che portava al collo scivolo fuori dalla maglietta impigliandosi nella copertina ricamata che teneva Manuel al caldo. « Il mio ciondolo...Dammelo...Potresti danneggiarlo! » esplose Stefi rossa in viso. « Sei stata tu a darglielo o te ne sei già dimenticata? Lily è stata molto responsabile e lo ha custodito nel migliore dei modi. Meglio di quanto potresti desiderare...e questo anche grazie a Manuel! » disse Joseph comparso
improvvisamente sull'uscio della stanza, « Come ti senti? » aggiunse rivolto al ragazzo. « Molto meglio grazie e vorrei scusarmi ancora per i problemi che vi sto causando...». « Non devi preoccuparti di nulla. Voglio solo che tu mi prometta di rimanere così come sei...senza i vari cambiamenti. Almeno fin quando non ti sarai ristabilito e riuscirai a dominarti completamente. Credo che comprenderai il perché di questa mia richiesta. Puoi farlo? ». Manuel comprendeva perfettamente e avrebbe accettato qualunque condizione pur di poter rimanere con loro ma sapeva che sarebbe stata dura. La sua parte animale era viva in lui tanto quanto la parte umana. Non sarebbe stato affatto semplice mettere una di esse da parte e riuscire a dominare il forte desiderio di farla venir fuori. Era come dover reprimere una parte di se stesso. Proprio quella che, per motivi che non riusciva bene a comprendere, gli chiedeva di essere liberata e scatenata. « Lo prometto » disse a malincuore. « Posso avere qualche spiegazione? » disse Stefi agitata. Joseph le fece segno di precederlo in cucina e lei non se lo fece ripetere due volte. C'erano troppe cose che non riusciva a comprendere. Prima di lasciare la stanza Joseph fece l'occhiolino a Lily che si sforzò di rendere credibile un sorriso invece forzato. « Cosa ti è saltato in mente? Dire che sei stata a Zaion! Avresti anche potuto dire di aver fatto un giro intorno alla luna!. Davvero non ti capisco. Hai visto l'espressione di Lily quando le hai chiesto di restituirti il ciondolo. Ha quasi rischiato la vita pur di non perderlo e Manuel...ancora non si è rimesso del tutto!...». « Quindi lei sa del Crion? » chiese Stefi. « No! Ovviamente non le ho raccontato nulla ma ormai sono certo che è finalmente nelle mani giuste...». « Che vuol dire? Come fai ad esserne certo? » chiese versandosi dell'acqua con
mani tremanti. « Sai anche tu che è giusto così!...». « No! Non può essere così. Non potrò far realizzare la profezia. Mi serve il suo potere. Cosa può mai fare una bambina? E quel... Manuel poi...». Rabbrividì nuovamente voltandosi a gettare un'occhiata in direzione della stanza in cui avevano lasciato soli i ragazzi. « Non lo...vedo bene... » disse con lo sguardo carico di odio. « Ti è sempre piaciuto prima di oggi » le ricordò Joseph. « Adesso non più!. Dobbiamo liberarcene! » disse risoluta. « Liberarcene... Lo dici quasi come fosse un oggetto. Non so cosa è successo su Zaion ma cerca di tornare in te perché la nuova Stefi non è affatto la stessa che ho sposato. Il nostro matrimonio e l'Impero hanno attraversato periodi difficili ma li abbiamo sempre affrontati con grinta e senza mai aggirare gli ostacoli. Adesso mi chiedi di abbandonare un ragazzo che probabilmente non ha la minima idea di cosa sia in realtà...». « Quindi le mie impressioni non sono sbagliate? ». « No. E non capisco come tu possa aver capito qualcosa così velocemente. Io l'ho capito solo dopo l'episodio di oggi pomeriggio...». Stefi era agitatissima e andava su e giù per la stanza in preda ad un numero sempre maggiore di domande che le affollavano la mente. « Perché cosa è successo? » chiese bloccandosi. « Tu non mi ascolti. Non ha importanza cosa è successo...ma il modo in cui affronteremo i problemi che ne deriveranno...e il tuo atteggiamento adesso non è dei migliori. Forse dovresti ripos...». « Dimmi cosa successo! Dimmi di Manuel! » ordinò torturandosi le mani e fissandolo come se volesse strappargli la risposta con le sue stesse mani. Poi, furiosa come non lo era da anni, picchiò i pugni sul tavolo.
« E' un manovratore d'acqua! » disse finalmente Joseph dandole ciò che voleva. Poi scuotendo la testa la guardò afflosciarsi su di una sedia accostata al tavolo e si avviò verso la porta di casa. « Non può essere...» riuscì a dire lei prima di perdere del tutto la parola e poi lo guardò uscire nella notte.
SPIATI
Alex e Manuel non avevano fatto che parlare per ore dopo che i nonni li avevano lasciati in camera per andare a discutere in salotto. Era la prima volta che li sentivano litigare. Non erano riusciti a capire cosa dicessero ma era chiaro che Joseph aveva fatto di tutto per tenere la conversazione su un tono quasi normale. Stefi invece si era lasciata prendere da un impeto di rabbia. Avevano anche sentito richiudersi la porta di casa dopo che Joseph era uscito e aveva camminato fino a scomparire nel buio della notte. Dalla finestra lo avevano visto allontanarsi ma non avevano avuto il coraggio di fermarlo. Forse una eggiata sarebbe servita a farlo sbollire. Lily non si era più mossa di lì. Era rimasta immobile a fissare l'oscurità della notte che circondava la casa ma non era riuscita ad allontanare dalla mente, neanche per un attimo, le parole della nonna. Stringeva il ciondolo nel pugno e pensava a quello che avevano rischiato affinché non venisse divorato dalle fiamme. Non si era mai rivolta a lei con quel tono accusatorio e non riusciva a spiegarsi cosa avesse fatto per meritarselo. « Mi dispiace che tu non possa trasformarti per qualche tempo » disse Alex. « Non sarà un problema » mentì Manuel. Non voleva che si preoccuero per lui più di quanto non fosse necessario, « Lily cosa c'è che non va? Vedrai che domani andranno già d'amore e d'accordo » aggiunse. « Si ne sono certa ma c'è un'altra cosa che non capisco » disse interrompendosi improvvisamente e irrigidendosi. « Di cosa si tratta? » chiese Alex portandosi al suo fianco per osservare fuori dalla finestra nel punto in cui Lily aveva concentrato la sua attenzione, « Non vedo nulla ». « Neanche io ma gli animali sono agitatissimi e non riesco a capire perché. Non mi rispondono » spiegò. Alex alzò le spalle e andò a sdraiarsi.
« Questa è certamente una serata particolare ma non stare in piedi tutta la notte. Ci penseremo domani mattina. Buona notte » disse sbadigliando. Lily seguì il suo consiglio e ben presto andò a letto anche se era certa che non avrebbe dormito bene. Manuel divideva provvisoriamente la camera con lei e Alex ma Joseph aveva già iniziato a darsi da fare per costruire una dependance. Nel frattempo la convivenza non dispiaceva a nessuno dei tre che trascorrevano ore a parlare e fantasticare prima di addormentarsi. Quella notte però, come già aveva previsto, non fu affatto tranquilla. Non fece altro che rigirarsi sotto le coperte appisolandosi di tanto in tanto ma senza mai riuscire a dormire veramente. Manuel allo stesso tempo non faceva che emettere strani suoni soffocati dal cuscino ma molto simili al ringhio di un animale. Forse almeno in sogno era libero di assumere le forme che preferiva. Alex, invece, le poche volte che aveva emesso dei rumori lo aveva visto irrigidirsi nel sonno e, subito dopo, portarsi le mani alla testa. Per quanto poteva aver notato, nei momenti di veglia, la cosa si era verificata almeno cinque volte e in due occasioni le era sembrato di sentire il rumore della maniglia della porta che veniva abbassata ma nessuno era entrato in camera. Nonostante le venisse complicato riuscire a dormire era stanchissima. Decise di ignorare qualunque rumore e, infilando la testa sotto il cuscino, tentò di isolarsi dal resto del mondo. All'alba, ovvero solo tre ore dopo che Lily era riuscita a prender sonno, Alex era già sveglio seguito a distanza di pochi minuti da Manuel che non nascose il desiderio fortissimo di poter uscire subito di casa. Attesero in silenzio che anche lei si svegliasse e nel frattempo videro, attraverso la finestra, che Joseph stava per rientrare. Alex capì subito, dai vestiti uguali a quelli della sera precedente, che Joseph aveva dormito fuori casa. Questo voleva dire che i nonni non avevano avuto il tempo per chiarirsi e la situazione non era certamente migliorata rispetto al giorno precedente. « Si può sapere cosa vi è preso questa notte ragazzi? Ci ho messo ore per addormentarmi e poi...Chi ha chiuso la porta a chiave? » chiese Lily stiracchiandosi. « Io no! » risposero contemporaneamente. « Impossibile perché questa notte qualcuno ha tentato di entrare non riuscendoci » e così dicendo si alzò e andò a controllare personalmente. La porta si aprì
subito. « Non capisco...ho visto ben due volte la maniglia abbassarsi...eppure non è entrato nessuno...». « Forse lo hai solo sognato » disse Alex. « O forse è statala nonna...d'altronde Joseph è appena tornato » aggiunse Manuel. Lily si stupì a quella notizia e dovettero spiegarle ciò che avevano visto. « Comunque se ti può essere di conforto anche io ho ato una nottataccia » spiegò Alex calzando gli scarponi da neve, « Ho sognato di essere solo nel bosco e inizialmente era tutto molto bello poi, improvvisamente, ho iniziato a sentirmi braccato e nonostante tentassi di allontanarmi e scappare...quella sensazione tornava ad intervalli regolari e l'unica cosa che potevo fare era difendermi con le mie sfere protettive ». « Chi ti braccava? » volle sapere Manuel. « Non ne sono certo. All'inizio era una splendida mattinata e poi... ha iniziato a calare la nebbia e a diventare sempre più fitta. Non riuscivo a vedere più nulla se non la base degli alberi...Anzi no!. C'era qualcuno...doveva essere una donna. Erano scarpe da donna quelle che portava ai piedi ». « E hai creato delle sfere protettive per difenderti » continuò Lily ricordando di averlo visto irrigidirsi nel sonno. « Si proprio così. Spero che il sogno non si ripeta perché non mi è piaciuto affatto. La donna, non riuscendo a raggiungermi, ha allungato una mano...Ho visto il suo palmo premere contro la superficie trasparente della sfera...Una piccola cicatrice lo attraversava completamente in orizzontale. E' stato inquietante non riuscire a vedere altro che il palmo di quella mano e le scarpe. Tutto il resto era circondato da nebbia fittissima » finì Alex. « Accidenti! » esclamò Manuel « Quindi sono l'unico ad aver fatto un bel sogno ». « Sputa il rospo e non tenerci sulle spine » fece Alex. « Ero all'aperto e correvo a perdifiato, respirando i profumi trasportati dal vento,
finché non ho avvertito un cattivo odore e la vista ha iniziato ad offuscarsi. Un animale grosso quanto me ha iniziato a ringhiarmi contro. Non sono sicuro che si trattasse proprio di un orso ma era comunque molto grosso e feroce. Non vedendo molto bene ho atteso immobile e quando ho sentito il suo fiato a pochissima distanza da me l'ho attaccato...e non ho smesso di farlo fino a quando non l'ho costretto alla ritirata » spiegò soddisfatto. « Uno a zero per l'orso dorato » fece Alex. « Meglio che Joseph non sappia di questo sogno » aggiunse Lily con aria preoccupata. « Concordo appieno. O per lo meno...digli che ti sei trasformato in scoiattolo. Sai bene che da orso lo innervosisci! » disse Alex serio prima di lasciarsi andare ad una risata accompagnato dagli atri due. Nel frattempo un profumino delizioso si sparse per la casa. Era senz'altro un buon segno!. Se la nonna aveva ripreso a viziarli, con la vecchia e consolidata abitudine, preparando per loro cornetti caldi a colazione voleva dire che si era tranquillizzata e che, di conseguenza, la quiete sarebbe presto tornata a regnare in quell'angolo di paradiso. « Mi prenoto già da ora per il bis! » disse Manuel scattando in piedi ma dovette tornare a sedersi quasi subito a causa dei capogiri. « A cuccia belva... » lo prese in giro Alex, «...Qui non siamo nel mondo dei sogni quindi dovrai rimetterti in salute prima di poter tornare a reggerti in piedi da solo ». Manuel tirò un gran sospiro. Per quanto Alex avesse colto nel segno non voleva are tutto il tempo nel salotto. Aveva bisogno del contatto con la natura!. « Ok, ma mi porterete fuori? Proprio non riesco a pensare un modo migliore per riprendermi che non sia quello di sdraiarmi a contatto con la terra ». «Non c'è problema! E poi abbiamo molto da fare . Ci sono animali da guarire... e non parlo di te!» fece Lily ironica rivolgendosi all'amico. Risero alla battuta
mentre si recavano in cucina pregustando la colazione preparata da Stefi. Purtroppo vi trovarono solamente Joseph che stava sorseggiando una tazza di caffè. Sul tavolo un sacchetto di carta fumante. « Ragazzi, fatevi avanti. Ho comprato degli ottimi cornetti caldi che sono certo vi piaceranno » li invitò Joseph. Nonostante fossero rimasti alquanto delusi, dal fatto di non aver trovato l'atmosfera sperata, divorarono ugualmente i cornetti al cioccolato che erano buonissimi. « Dov'è Stefi? » domandò Lily finendo di bere il suo succo d'arancia. « Non lo so...pensavo poteste dirmelo voi » fu la pronta risposta di Joseph. Ma tutti e tre si limitarono a scuotere la testa. Finirono di fare colazione e decisero di uscire all'aperto. Il panorama era mozzafiato. Tutto era innevato e candido e le uniche macchie scure erano rappresentate da altrettanti piccoli animali fermi ad attendere che arrivasse il loro turno. « Scusateci ma il lavoro ci attende » scherzò Alex e seguito da Lily lasciarono Joseph e Manuel alla costruzione della dependance. Insieme si diressero verso il bosco. Lì arono gran parte della mattinata a far rimarginare ferite e sanare zampe rotte ma molti animali erano diffidenti nei loro confronti al contrario di come erano sempre stati. Non parlavano con Lily e si avvicinavano lentamente, cercando di lasciarsi aperta una via di fuga, in caso qualcosa li avesse spaventati improvvisamente. « Si può sapere qual'è il problema? » chiese Alex a sua sorella, « Non si sono mai comportati così. Ne abbiamo soccorsi migliaia e fino a qualche tempo fa erano loro a venire da noi...Oggi sembra quasi che vogliano essere inseguiti...Proprio non capisco!». Mentre diceva così la salamandra, che avevano appena guarito, scappò via velocemente nel sottobosco. Adesso una cerva con il suo cucciolo era ferma a qualche metro di distanza. Aveva un occhio gonfio che le sanguinava. « Credo stia soffrendo terribilmente » fece Lily. « Si ma non sembra che voglia avvicinarsi » aggiunse Alex. Erano entrambi seduti per terra, come tutte le volte che avevano ato le giornate a guarire i
piccoli e grandi animali che si recavano fin li per essere aiutati, ma questa volta le cose procedevano lentamente e non a causa loro. Il piccolo cerbiatto spinse, col bianco musetto, la mamma verso i ragazzi che attesero osservando quello strano comportamento. Sembrava quasi che la cerva temesse di fare anche solo un o in più mentre il suo piccolo insisteva affinché si fe aiutare. Alex era nervoso. Non riusciva a spiegarsi il perché di tale comportamento. « Continuo a domandare ad ognuno di loro cosa abbiamo fatto per spaventarli a tal punto ma non vogliono rispondermi » spiegò Lily. Quindi, stanca di aspettare, si alzò per andare in contro all'animale ferito e lo stesso fece Alex. L'animale non si mosse nonostante tremasse vistosamente. Lo toccarono vicino all'occhio ferito e, come sempre, il calore che s'irradiò dalle loro mani lo guarì del tutto. Lo stavano ancora accarezzando quando la cerva scappò via seguita dal suo piccolo. Lily si voltò di scatto avvertita dall'animale e guardò tra le ombre create dagli alberi. Alex seguì il suo sguardo e scorse subito Stefi che, chissà da quanto, se ne stava poggiata al tronco di un castagno intenta ad osservarli. « Stefi ? » chiese Lily. Lei si mosse, uscendo dall'ombra, per raggiungerli e lo fece applaudendo. « Bravissimi » disse sorridendo. « Non è la prima volta che ci vedi fare una cosa del genere quindi a cosa è dovuto l'applauso? » volle sapere Lily. « E' solo che sono molto fiera di voi. Forse non ve lo avevo mai detto? ». « Si spesso solo che...» fece Alex. « Solo cosa? » chiese Stefi poggiandogli una mano sulla spalla. « ...Nonna quando ti sei procurata quella cicatrice? ». Stefi strinse immediatamente il pugno per riaprirlo subito dopo. « Di quale cicatrice parli? » domandò mostrandogli la mano che Alex stava indicando. Era una mano sanissima d'altronde non aveva mai avuto nessun'altra cicatrice che quella sulla guancia sinistra. Alex rimase momentaneamente senza parole.
« Per un attimo ho creduto di vedere una cicatrice sul tuo palmo ma evidentemente mi sono sbagliato ». « Cosa c'è? » chiese Stefi, questa volta rivolta a Lily che aveva ripreso a grattarsi il polso, « Fai vedere! ». « Non ce n'è bisogno. erà presto» fece Lily ma il prurito aumentò così tanto, quando Stefi la prese per la mano, che immediatamente ò due dita sul bracciale. Questo liquefacendosi cadde in terra e lei fu libera di grattarsi il simbolo arrossato che adesso brillava un pò più forte del solito. Stefi fissava il simbolo senza parlare e solo quando Lily terminò di grattarsi le prese nuovamente la mano per controllare da vicino. « Va meglio? » chiese ando le dita sulla parte arrossata ma ugualmente lucente. « Si ma a volte preferirei non dover indossare quel bracciale ». « Capisco... » disse prima di tornare a rivolgere la sua attenzione verso Alex, «...Posso vedere anche il tuo?». Così come aveva fatto sua sorella anche Alex strisciò due dita sul bracciale che iniziò a muoversi fino a diventare rettangolare e rigido. Anche il suo simbolo luccicava e la parte era tutta arrossata. Stefi allungò nuovamente la mano per tastare il simbolo ma non appena lo sfiorò venne sbalzata a oltre dieci metri di distanza. Volò in aria come fosse una piuma e per poco non andò a schiantarsi contro un albero. Alex, a sua volta, si portò le mani alle tempie che sembravano voler esplodere e si accasciò lamentandosi sulla neve fredda che, subito, gli fu di sollievo. Lily, pur non avendo capito cosa fosse successo, corse immediatamente verso la nonna che giaceva ancora in terra. Nel cadere aveva sbattuto la testa contro un grosso masso coperto dalla neve alta e del sangue le scendeva dal sopracciglio destro. « Nonna stai bene? » chiese subito Lily in parte sollevata dall'avere constatato che non aveva perso i sensi. Le porse una mano per aiutarla a rialzarsi.
« Non mi serve aiuto! » disse Stefi rimettendosi lentamente in piedi. Lo fece adagio e in modo disarticolato ma ci riuscì senza essere aiutata. Poi poggiandosi al tronco che le stava di fianco si soffermò ad osservare Alex che, a sua volta, la guardava con aria colpevole. « Che cosa mi hai fatto? Come hai osato? » urlò carica di rabbia. Alex la fissava non riuscendo a trovare delle parole che potessero esprimere il dispiacere che provava nel vederla ferita e spaventata...tutto per causa sua!. Muoveva le labbra senza emettere alcun suono e non smise finché non fu Lily a parlare al suo posto. « Non voleva farlo!. Solo che ancora non controlla bene il suo nuovo potere. Ma lo sapresti già se ti prendessi la briga di interessarti un pò più a noi e un po' meno ai tuoi misteriosi viaggi che ti tengono così tanto lontana da casa. Non ci hai mai guardato così! Non ci hai mai parlato così! Ma evidentemente qualcosa è cambiato...è colpa nostra?. Non siamo più all'altezza di ciò che ti aspettavi da noi? O più semplicemente...siamo diventati un problema difficile da gestire?...» le urlò contro Lily furiosa per il modo in cui Stefi l'aveva scansata e per lo sguardo pieno d'odio che aveva rivolto a suo fratello. « Lily basta...Va tutto bene » cercò di tranquillizzarla Alex che non ricordava di averla mai vista più scossa e agitata di così. « No! Non c'è più nulla che vada bene e ce ne siamo accorti tutti ma è ora di capire perché » prese fiato e continuò decisa, « Voglio sapere il perché di questi simboli...E dei nostri poteri...E del nostro isolamento...e di tanto e tanto altro ancora ». Smise di parlare guardandola a testa alta attendendosi nient'altro che delle risposte esaurienti. Il tempo di fare i bravi ragazzi, attenti solo ai sentimenti degli altri, era finito!. Era certa che fosse arrivato il momento di pretendere risposte anche a costo di calpestare i sentimenti altrui!. Stefi era cambiata ma lo era anche Lily e gli avvenimenti degli ultimi giorni avevano contribuito a renderla più forte. Era pronta ad affrontare qualunque fosse stato il suo destino.
Stefi la guardò per un' attimo con un espressione di misto orgoglio e timore. « Hai carattere ragazza! Il sangue dei tuoi antenati scorre fiero nelle tue vene ma...non ho tutte le risposte che cerchi e comunque anche se così non fosse non credo che te le darei » disse Stefi scuotendosi di dosso parte della neve che le si era attaccata ai vestiti e poi si voltò e procedette verso il folto del bosco senza fretta ma con o deciso. Lily rimase immobile e inebetita. Aveva dato sfogo ai suoi sentimenti, ai suoi dubbi e timori, ma per l'ennesima volta non aveva ottenuto risultati. Qualche secondo dopo sentì le mani di suo fratello posarsi adagio sulle spalle e improvvisamente si sentì tornare con i piedi per terra e il nervosismo e l'ansia l'abbandonarono completamente. « Non capisco cosa mi sia preso. Non mi ero mai rivolta così a lei. Non avrei dovuto ...» quasi balbettò Lily in preda a nuovi sensi di colpa. « Non sei più colpevole di me. Avevi bisogno di sfogarti e lo strano comportamento che la nonna ha dimostrato in questi giorni non aiuta nessuno di noi. Tranquilla che ci erà su e domani sarà già tutto dimenticato » tentò di consolarla Alex. « Non lo so...Credo che dovremo parlare con Joseph...». « Di cosa? » volle sapere subito. « Di questa notte...Dei sogni...Dell'avvertimento del cerbiatto e di ciò che è appena accaduto anche se non so se possa servire a qualcosa. Forse lui troverà un collegamento fra tutte queste cose anche se...potrebbe sempre decidere di non darci alcuna spiegazione ». « So di averti sempre detto di portare pazienza e di fidarti dei nonni... Lo penso ancora, però, credo che in questi giorni si sia creata una frattura tra di loro e questo lo sta portando ad avere dei dubbi su tutte le decisioni che ci riguardano. L'ho visto molto pensieroso ultimamente e dopo la tua sfuriata dell'altra sera era terribilmente combattuto. Credo che non manchi molto prima che decida di aprirsi a noi. Quindi andiamo a parlargli! » finì Alex. Lily non poteva credere alle proprie orecchie perché, se suo fratello non sbagliava, presto tutto avrebbe avuto un senso.
Con entusiasmo contagioso, nonostante l'incidente con Stefi e il battibecco che ne era seguito, Lily riprese la strada di casa con Alex che teneva a malapena il o ma che si sentiva orgoglioso di se stesso per essere riuscito a tirar su di morale sua sorella.
TORMENTI E ALLENAMENTI
Una volta giunti a casa corsero a cercare Joseph e Manuel ma non li trovarono neanche nella dependance. Tornarono in salotto dove videro un biglietto che in un primo momento non avevano notato. La scrittura era di Joseph:
“Siamo alle cascate Maisano”
« Che saranno andati a fare fin lì? Manuel non avrebbe dovuto fare tutta quella strada » disse Alex un pò confuso. « Beh ci avrà pensato il nonno. Cosa aspettiamo a raggiungerli?» propose Lily ansiosa di incamminarsi. Alex non se lo fece ripetere due volte e un minuto dopo erano già sul sentiero che li avrebbe condotti fino alle cascate. Nonostante il freddo e la neve alta non ci misero più di una mezz'oretta per raggiungere il posto. Di solito vi si recavano solo in estate per fare il bagno e non era raro che vi incontrassero i turisti arrivati dall'assolata città. Dapprima non videro nessuno quindi iniziarono a guardarsi intorno e subito dopo Alex richiamò l'attenzione di Lily e indicò verso l'alto. La caratteristica del luogo stava proprio nel fatto che l'acqua scendendo a valle formava una prima cascata che si gettava in un piccolissimo laghetto, questo a sua volta dava vita ad una seconda e più alta cascata che di nuovo generava un laghetto con cascata. Il tutto si sviluppava al centro di alte pareti rocciose che ormai non avevano più segreti per loro. Conoscevano tutti gli anfratti e le insenature utili per poter arrivare in poco tempo alla cascata che stava più in alto. Il rumore creato dall'acqua era così potente che, dal punto in cui si trovavano, non riuscivano a sentire di cosa stessero parlando Joseph e Manuel e allo stesso tempo era impossibile richiamare la loro attenzione con urla o schiamazzi. Decisero di arrampicarsi. La prima parte della salita era sempre stata la più facile e anche nel secondo tratto non c'erano grandi difficoltà. Già a metà strada capirono con quale intenzione il nonno aveva condotto Manuel in quel posto.
Durante una breve sosta si soffermarono qualche minuto a osservare la scena sovrastante. Manuel, mutato dapprima in scoiattolo, si arrampicò sui rami di un albero. Questi si allungavano sul laghetto e da lì Manuel tentava di frenare la caduta dell'acqua nel lago sottostante. Dopo vari tentativi, che terminarono con scarso successo, lo videro mutare in orso ma l'intento era sempre lo stesso sebbene i risultati migliorarono notevolmente. Joseph intanto non smetteva di incitarlo a fare sempre meglio. Ripreso fiato Alex fece segno a sua sorella di proseguire riprendendo la salita. Questa volta fu lui ad andare avanti per primo e Lily lo seguiva utilizzando i suoi stessi appigli. Mancavano pochi metri all'arrivo tanto che anche Joseph si accorse di loro. Poi improvvisamente la radice che aveva appena sostenuto il peso di Alex cedette sotto il peso di Lily che, per qualche secondo, rimase appesa alla parete rocciosa soltanto con la mano destra. Fece appena in tempo ad urlare che la dura roccia le provocò un profondo taglio alle dita. Lily lasciò andare la presa precipitando direttamente sulla fredda superficie sottostante. Sarebbe senz'altro stata una caduta mortale, a causa della scarsa profondità delle acque, se le cascate non avessero improvvisamente bloccato la loro corsa per poi scorrere all'inverso. Il livello del laghetto, in cui stava per precipitare, iniziò ad alzarsi ad una velocità impressionante. L'impatto fu violento ma Lily riaffiorò immediatamente aiutata da un'invisibile spinta dal basso. Appena tornata in superficie trovò subito suo fratello pronto a tirarla sulla sponda. Si aggrappò a lui con tutte le forze e si ritrovò completamente bagnata tra le sue braccia. Tremava come una foglia ma non sapeva dire se era per la paura che aveva avuto di morire annegata, battendo la testa sul fondo del laghetto, o per il freddo tagliente che le stava torturando le ossa. Svenne e tutto si placò. Riaprì gli occhi davanti al fuoco del camino di casa. Era sdraiata sul comodo divano di stoffa della nonna e qualcuno l'aveva coperta fino al mento. Ricordò quello che era successo e capì di essere stata molto fortunata. Stefi sarebbe stata furiosa al suo ritorno non appena messa al corrente dell'accaduto. Le aveva sempre proibito di recarsi alle cascate in inverno. Stava ancora pensando alla reazione che avrebbe avuto Stefi quando sentì della voci provenire da fuori e
tese l'orecchio per tentare di capire di cosa stessero parlando. Alex stava complimentandosi con Manuel per il modo che aveva escogitato per salvare la vita a sua sorella. Anche Joseph era orgoglioso di come, in pochissimo tempo per decidere, Manuel avesse agito accelerando il flusso di acqua che si gettava nel laghetto, in cui stava precipitando Lily, e bloccato, allo stesso tempo, la cascata che avrebbe potuto svuotarlo. I metri d'acqua erano raddoppiati, in pochi secondi, impedendole di ferirsi urtando contro il fondo. « Abbiamo tentato un' impresa del genere per tutto il giorno. Ti ho incitato e spinto a fare sempre meglio ma a quanto pare...dai il meglio di te solo quando ci sono coinvolti i veri sentimenti...» disse Joseph. Lily sorrise e quasi subito si riaddormentò sentendosi completamente al sicuro. Più tardi si sentì sollevare e trasportare nel suo accogliente letto dove dormì tranquillamente per tutta la notte. La stessa cosa non poteva dirsi per Alex. Non fece che cambiare posizione continuamente riuscendo ad addormentarsi di tanto in tanto per poi risvegliarsi, ogni volta, in un mare di sudore e con un fastidiosissimo mal di testa. Manuel, al contrario, dormì come un sasso esausto per la giornata, particolarmente movimentata, che desiderava trascorrere da ormai troppo tempo. Era finalmente tornato a contatto con il suo mondo ed in special modo con la sua parte animale forzatamente assopita da giorni. Nonostante la stanchezza si sentiva meravigliosamente bene e i sogni che fece dovevano essere altrettanto divertenti perché Alex lo sentì ridere parecchie volte durante la nottata. La stessa cosa accadde nelle settimane che seguirono durante le quali furono totalmente occupati dalle quotidiane prove a cui Joseph sottoponeva Manuel. Lui, però, le accoglieva con entusiasmo crescente sempre pronto a mettersi alla prova per scoprire quali fossero i traguardi che poteva raggiungere. Appena svegli consumavano una veloce colazione preparata da Joseph, che sveglio da ore aveva già lavorato alla dependance, e partivano verso qualsiasi luogo avesse un corso d'acqua o un lago. Durante il tragitto continuavano i racconti, tanto attesi dal trio, sulle sorti del pianeta Zaion e dei suoi Imperatori e sudditi. Joseph aveva dovuto modificare qualche nome considerato che ormai era giunto a narrare la storia contemporanea del suo luogo d'origine limitandosi a lasciare immutato solo quello di Vanisia. Le storie erano talmente apionanti
e cariche di colpi di scena che a malincuore iniziavano gli esercizi richiesti dal nonno. Poi, per il resto del giorno, attendevano con ansia che giungesse il tramonto per poter riprendere la strada del ritorno e la continuazione della storia lasciata in sospeso. Per giorni questa fu la routine dei ragazzi e di Joseph. Quest'ultimo era unicamente impegnato a scoprire quanto più possibile sulle capacità di Manuel e i suoi punti deboli che, per il momento, erano limitati unicamente alla stanchezza e all'inesperienza. Era comunque sicuro di poter affermare con certezza che non c'era nulla di costruito o premeditato dietro il fatto che anche lui fosse nato e cresciuto proprio lì in quella parte di Terra scelta per tirar su, in sicurezza, Alex e Lily. Joseph non si spiegava, però, il perché di tale coincidenza. Non poteva di certo trovare spiegazione ai modi di agire del destino che a volte, secondo lui, si prende gioco delle sue pedine. E adesso erano molte quelle in gioco pronte a fronteggiarsi nello scontro finale. Da una parte Vanisia con i suoi minacciosi poteri e un esercito certamente a lei devoto e numericamente temibile... Dall'altra gli Imperatori a capo delle fedeli Armate Continentali. Oltre i due schieramenti però si scorgeva la presenza di un giocatore mascherato. Sarebbe stata una pedina leale?... o avrebbe atteso la fine della battaglia per dare il colpo di grazia al vincitore ormai stremato dallo scontro?. Questa domanda lo ossessionava. Se solo si fosse sbagliato nelle valutazioni conducendolo su Zaion e innescando così una nuova serie di catastrofici eventi, già noti alla storia del pianeta, sarebbe stata solo colpa sua!. Non poteva permettersi di compiere un errore così grande. Sino a quel momento, però, le decisioni le aveva sempre prese assieme a Stefi. La stessa che ormai non faceva che viaggiare costantemente fra i due mondi assentandosi completamente di giorno per rientrare a tarda notte. Per di più non faceva che gironzolare per la casa con un atteggiamento che di certo non lo invitava al dialogo. Le cose stavano prendendo una brutta piega su Zaion e il peso delle responsabilità, lo capiva benissimo, gravava come un macigno sulle spalle dell'Imperatrice che sarebbe stata, in caso di vittoria su Vanisia, a capo della rinascita o, al contrario, la colpevole della fine di ogni speranza.
Tutte queste problematiche non aiutavano a risanare la rottura che si era pian piano formata tra di loro e la mancanza di dialogo non faceva che peggiorare la situazione. Lei si ostinava a stargli lontana e al contempo stava allontanandosi dai ragazzi ma ben presto si sarebbe comunque dovuta decidere a raccontare a che punto era la situazione a Palazzo. Era fondamentale per Joseph decidere come agire rispetto a Manuel ma non aveva dimenticato che c'era un esercito da guidare...e il suo posto era proprio a capo di esso!. Nel momento decisivo non avrebbe voluto essere da nessun'altra parte. Perciò, a breve, avrebbe dovuto parlarne con Stefi o sarebbe stato costretto a recarsi personalmente su Zaion per essere aggiornato sui fatti. I giorni avano veloci e mentre Manuel acquisiva padronanza delle sue capacità Alex era sempre più stanco e distratto e difficilmente si faceva coinvolgere da qualunque discussione, quasi fosse sempre sul punto di addormentarsi. Inizialmente Joseph pensò che la cosa fosse dovuta al fatto che gli intensi allenamenti, con lo scopo di rendere più stabile e duratura la sua sfera protettiva, lo avessero messo a dura prova ma il prolungarsi del disturbo iniziò a preoccuparlo seriamente. Tutto durò fino a quando, molto preoccupato, non ne parlò con Alex. Il ragazzo si decise finalmente a raccontare delle strane fitte alla testa che disturbavano le sue nottate a cui si aggiungevano continui incubi completamente opposti ai sogni fatti da Manuel in quello stesso periodo. Joseph gli fece parecchie domande e ascoltò con molto interesse anche più di quanto Alex si sarebbe aspettato. Una sera decise quindi di rimanere sveglio per controllare di persona il comportamento di Alex durante la notte e di conseguenza si recò più volte in camera dei nipoti trovandoli, ogni volta, tutti addormentati. Poté in ogni caso constatare che Alex era agitato e non faceva che rigirarsi sul materasso come stesse lottando con qualcuno. Per quanto invece riguardava Lily e Manuel dormivano meravigliosamente. Nel controllare per l'ennesima volta gli parve, però, di notare qualcuno che fissava dentro la cameretta attraverso la finestra. Richiuse immediatamente la
porta preoccupato e uscendo sotto il porticato afferrò un grosso martello, il primo attrezzo che trovò e che usava tutte le mattine per gli ultimi lavoretti nella dependance. Armato solo di esso iniziò a camminare silenziosamente intorno alla casa tentando di fare il minimo rumore. La neve che si era accumulata in quei giorni, a cui si era aggiunta quella scivolata dal tetto proprio quella mattina, non gli permetteva di essere libero nei movimenti quanto avrebbe desiderato. In caso di intrusi avrebbe dovuto puntare sull'effetto sorpresa. Girò il primo angolo di casa e la notte, rischiarata da una bellissima luna piena, gli permise di constatare che su quel lato non c'era nessuno. Si affrettò quindi a giungere sul lato posteriore su cui affacciava la finestra dei ragazzi e proprio mentre stava per voltare l'angolo un prolungato ululato gli fece quasi scivolare il martello di mano. Ovviamente, con la sua ottima preparazione militare, non temeva gli scontri corpo a corpo ma la scelta, fatta anni prima, di non tenere armi in casa e che allora gli era stata difficile da accettare adesso gli appariva oltremodo errata. Quello che lo preoccupava maggiormente era il non sapere con quante persone aveva a che fare e sopratutto da dove provenissero. Per un secondo quasi si pentì di non aver svegliato Manuel. Sarebbe bastato farlo trasformare per far impaurire e mettere in fuga qualunque vagabondo ma... se si trattava invece di qualcuno mandato proprio per catturare loro?... Uomini di Vanisia?. Una volta girato l'angolo e vista la strada libera giunse velocemente alla finestra dei ragazzi e guardò dentro. Dormivano. Si guardò per l'ennesima volta intorno, sforzando la vista in modo da vedere il più lontano possibile, nonostante fosse notte fonda. Prima di riprendere a camminare intorno alla casa gettò un'ultima occhiata all'interno della stanza e vide che era tutto a posto. Per un attimo si diede dello sciocco. Forse aveva solo immaginato di vedere qualcuno... Un'ombra comparve ai piedi della porta dei ragazzi. A Joseph si bloccò il respiro. Prima di uscire aveva lasciato la luce accesa in corridoio quindi non poteva sbagliarsi.
C'era qualcuno in casa!. Vide la maniglia abbassarsi e in quella breve frazione di tempo si chiese se sarebbe stato meglio correre in casa o piombare dentro a sorpresa direttamente dalla grande finestra a vetri di fronte cui si trovava. La porta non si aprì ma Joseph vide Alex stringersi la testa tra le mani. Di nuovo la maniglia si abbassò e di nuovo Alex ripetè lo stesso gesto. Chiunque si fosse intrufolato in casa non riusciva ad entrare nella camera dei ragazzi!. Non attese oltre e facendo il minimo rumore possibile rientrò. Sollevò in aria il martello prima di mettere piede in corridoio. C'era silenzio e l'unica luce proveniva proprio da lì quindi avrebbe avuto il tempo di vedere chi stava per aggredire. Decise di agire velocemente e, spingendo la porta con il piede, avanzò rapido calando nel frattempo il martello nella direzione in cui sapeva che avrebbe incontrato l'intruso. Era deciso a colpire per ferire e non per uccidere ma era anche consapevole di non poter commettere errori perché non sapeva se disponeva di una seconda possibilità di prendere l'uomo alla sprovvista. Si mosse fulmineo e per poco non spezzò una spalla a Stefi con il martello che, proprio all'ultimo istante, deviò traiettoria. Lei assunse immediatamente posizione di difesa alzando entrambe le braccia. Joseph, contento di essersi sbagliato e felice di essere riuscito a bloccarsi, si lasciò scivolare il martello dalle mani e il nervosismo accumulato esplose in una risatina isterica. « Cosa accidenti stai facendo? » chiese Stefi su tutte le furie con ancora il braccio destro puntato contro di lui. Joseph capiva di averla spaventata ma non si aspettava che gli si rivolgesse a quel modo. « Tento solo di difendere i ragazzi. Quello che dovresti fare anche tu invece di osservarli dalla finestra...Quando sei arrivata?...e soprattutto...si può sapere cosa stavi facendo li fuori?» volle sapere a sua volta.
Stefi non era però interessata a fornire spiegazioni e, come se lui non esistesse, continuò ripetutamente ad abbassare la maniglia della porta senza che quest'ultima si decidesse ad aprirsi. Era così arrabbiata che iniziò a provare con entrambe le mani. « Perché è sempre chiusa a chiave? Aprila subito! » disse a Joseph che non aveva smesso un secondo di fissarla. Era sembrato sollevato nel constatare di essersi preoccupato inutilmente ma dopo averla accusata di essere troppo assente il suo sguardo era stato attraversato da un lampo di sorpresa e subito dopo di sospetto. Lei, però, non era interessata ai suoi stati d'animo. Aveva cose più urgenti a cui prestare attenzione. Continuò a tentare di forzare la porta ma non ottenne risultati. « Aprila tu o la distruggo! ». Joseph non si mosse. Restò semplicemente a fissarla in modo totalmente inespressivo. « Sono quasi portato a credere che tu possa farlo davvero. Ma non credo che ce ne sia bisogno perché la porta non è mai stata chiusa a chiave » disse con voce fredda e distaccata. Finito di parlare le fece segno di lasciargli spazio. Allungato un braccio posò la mano sulla maniglia e la abbassò di scatto. La porta si socchiuse. « Hai visto...Non è stato così difficile » disse canzonatorio. Recuperò di nuovo il martello dal pavimento e stringendolo forte le si avvicinò per sussurrarle all'orecchio, « Sono certo che tu sappia fare meglio di così ». Lei spinse la porta adagio iniziando a sbirciare dentro la camera. La porta che opponeva resistenza e Joseph che la squadrava con due occhi ridotti
a minuscole fessure la stavano innervosendo. All'improvviso un ruggito scosse la casa e un enorme orso si lanciò su di lei con le fauci pronte a staccarle la testa. Il martello scese dritto sul testone peloso e l'orso si accasciò su Stefi rischiando di ucciderla sotto il suo peso. Strillando dalla rabbia iniziò a trascinarsi via tra urla che erano un misto di paura e totale repulsione. Sperava che Joseph fosse stato abbastanza forte da ucciderlo ma allo stesso tempo lo ricoprì di insulti per aver portato in casa un mostro di tale ferocia. Joseph, però, non le prestò la minima attenzione essendo più interessato allo stato di salute di Manuel. Controllò per prima cosa di non avergli inferto un colpo troppo violento. Fortunatamente constatò di essere riuscito solamente a stordirlo. Ordinò subito a Lily, che svegliatasi di colpo osservava incredula quante attenzioni il nonno stesse prestando a Manuel invece che a Stefi, di portargli del ghiaccio. Chiese inoltre ad Alex, che si sentiva eccessivamente confuso, di aiutarlo a trasportare Manuel in salotto ma nonostante avessero fatto entrambi del loro meglio, impiegando tutte le loro forze, non riuscirono a spostarlo di un solo centimetro. « Adesso basta! Vattene! » urlò Joseph tentando di sovrastare la voce isterica di Stefi che non aveva smesso un attimo di accusarlo di voler mettere tutti in pericolo e di essere un irresponsabile. Alex e Lily si osservarono ammutoliti e increduli. Fino a qualche mese prima non avrebbero mai immaginato di sentirli litigare a quel modo. Il movimento involontario e rapido di una zampa dell'enorme orso fu sufficiente a far decidere Stefi una volta per tutte che, con espressione disgustata, rasentò velocemente il muro per allontanarsi il prima possibile. Lo fece fissando Joseph con lo sguardo carico di odio profondo. Giunta in salone puntò lo sguardo sul ciondolo che Lily portava al collo. « Dammelo! » disse con voce gelida allungando una mano ma non osando muoversi da dove si trovava. L'orso, di nuovo sveglio, tentò di rimettersi in piedi con un movimento maldestro che lo portò ad urtare una parete. Stefi spaventatissima lasciò la casa e scomparve nella notte.
Un attimo dopo una leggera scossa di terremoto fece vibrare tutto. Durò qualche secondo ma fu sufficiente per far cadere dalle mensole tutti i libri e i portafoto che andarono in mille pezzi. Alex e Lily si fissavano immobili senza sapere bene come comportarsi e soprattutto spaventati che un' ulteriore scossa avrebbe potuto far crollare l'intera casa. « Tranquilli il peggio è ato e non ci saranno altre scosse » disse Joseph tentando di rasserenarli. « Come puoi esserne così sicuro? » domandò Manuel rimettendosi in piedi e massaggiandosi nel frattempo la testa. « Perché non si trattava di un semplice terremoto...Come va la testa?» rispose avvicinandosi per controllare personalmente. « Sto benissimo... » disse Manuel scrollandoselo di dosso, «... Ma cosa ho fatto per meritarmi una botta simile? ». « Ah...Ti devo delle scuse...Quel colpo non era indirizzato a te...ma devo ammettere che hai un pessimo tempismo! » disse ridendo di cuore come non avveniva ormai da settimane. « Cosa c'è da ridere... » esplose Alex, «...Vuoi forse dire che avresti voluto colpire la nonna?» chiese incredulo. Joseph divenne nuovamente serio avendo capito come poteva sembrare la situazione agli occhi dei nipoti. « No! Certo che non avrei mai fatto del male a Stefi ma...». Non sapeva da dove iniziare per spiegare come stavano le cose anche perché neanche lui aveva ancora avuto abbastanza tempo per riflettere bene e capire come si erano cacciati in quella situazione. Adesso che i ragazzi erano al sicuro per prima cosa voleva accertarsi che anche Stefi stesse altrettanto bene. « Ascoltate bene quello che sto per dirvi...» disse ancora indeciso sul da farsi, «...So che molte cose vi sono sempre apparse strane e che ad ogni domanda che ci avete posto abbiamo finto di non ascoltare ma è giunto il momento che abbiate
tutte le risposte che desiderate...prima, però, vi chiedo di fidarvi di me e di avere ancora un pò di pazienza. Devo allontanarmi da casa ma voglio essere tranquillo di sapervi al sicuro finché non sarò tornato. Manuel conosci un posto abbastanza lontano ma da cui è possibile tener d'occhio la casa?». Lui ci pensò qualche minuto e poi lo sguardo gli si illuminò. « Si certo! Si trova...» iniziò a dire ma fu interrotto.« No! Non dirlo. Mi basta sapere che sai dove condurli. Quando vedrete del fumo uscire dal camino vorrà dire che sarò tornato e potrete rientrare. Solo allora potrete sapere la verità...che siano d'accordo oppure no!. Tanto...non siete più al sicuro qui di quanto non lo sarete nella vostra vera casa » concluse pensieroso. « Di quale casa parli?...quale pericolo?...e chi dovrebbe decidere cosa dobbiamo o non dobbiamo sapere?» domandò Lily frastornata prima che Alex le si parasse davanti prendendole entrambi le mani per tenerle fra le sue. « Ci siamo!. Finalmente sapremo tutto...Cosa ci costa attendere fino al tramonto?» disse non essendo mai stato più serio in vita sua e poi si rivolse a Joseph. « Vai pure. Noi saremo pronti tra pochi minuti ». Dieci minuti più tardi erano tutti preparati per la partenza e si ritrovarono sull' uscio di casa. « Allora...a questa sera. Siate prudenti e fidatevi dei vostri poteri » disse Joseph prima di incamminarsi. « I miei...per poco non ti hanno reso vedovo » fece notare Manuel ancora perseguitato dai soliti sensi di colpa. Joseph gli scompigliò i capelli pur sapendo che Manuel non gradiva affatto il gesto. « Avremo modo di parlarne ma fate come vi ho chiesto e non correrete rischi. Fidatevi di me ». « Ci fidiamo » fece Manuel risistemandosi i capelli. Al contrario di quanto aveva fatto credere gli piaceva quando qualcuno gli toccava i capelli ma non nel modo che tutti potevano immaginare. Per lui era, più che altro, come la sensazione
piacevolissima che avverte un cane quando viene accarezzato sulla pancia. Se ne starebbe lì per ore a farsi grattare. Ma siccome capiva che non si trattava di una sensazione del tutto “umana” se ne vergognava terribilmente e mascherava il piacere con degli sguardi infastiditi. « Fai attenzione » lo pregò Lily. « Ma se non fi in tempo a tornare...» iniziò a chiedere Alex. Joseph lo interruppe subito. « Tornerò! ».
CATTIVE NOTIZIE Joseph prese il sentiero che conduceva alla grande quercia ma prima di addentrarsi nel fitto del bosco si voltò un'ultima volta per controllare la direzione presa dai nipoti. Non aveva idea di dove stessero andando ma forse era meglio così. Se tutti i dubbi che aveva si fossero trasformati in certezze allora era meglio che nessuno sapesse dove trovare i ragazzi. Soprattutto non lo avrebbe saputo Vanisia se anche avesse deciso di toccarlo per estorcergli quell'importante informazione. Ancora non riusciva a credere a ciò che aveva visto eppure quell'immagine si era riproposta ai suoi occhi svariate volte da quella stessa mattina. Tutte le stranezze che avevano caratterizzato l'atteggiamento di Stefi, in quelle ultime settimane, non erano state sufficienti a fargli sospettare nulla. Le aveva attribuite allo stress e agli eccessivi impegni che l'avevano tenuta tanto impegnata. Ma la piccola cicatrice sulla guancia sinistra era scomparsa e riapparsa per ben due volte nell'arco di pochi secondi mentre, nervosa come mai, aveva tentato di forzare la porta dei ragazzi. Lo stress non cancella le cicatrici!. Si diede dello stupido per non aver intuito prima che qualcosa non andava e comunque non riusciva a spiegarsi come erano riusciti a venirne fuori senza che qualcuno si fosse fatto male. Camminava speditamente con l'intenzione di giungere a Zaion il prima possibile. Doveva parlare al più presto con Riwa e Vins per capire se anche loro avevano notato quei cambiamenti ma più ripensava alle volte in cui aveva avuto una discussione con Stefi più gli era chiaro che era stato ingannato. Da quando aveva lasciato il ciondolo a Lily sua moglie non era più stata la stessa... Si bloccò improvvisamente sperando di essere in errore. Un terribile e serpeggiante dubbio si stava insinuando tra i suoi pensieri. Riprese a camminare lentamente scostando i rami carichi di neve. Una parte di lui aveva un'idea molto chiara di cosa stava succedendo ma l'altra si rifiutava di accettare una simile eventualità perché ciò poteva voler dire che Stefi adesso si trovava in grave pericolo.
Si sentì terribilmente in colpa al pensiero di non essere stato abbastanza attento da notare che quel modo di parlare, come fossero comandi, e quel distacco da lui e Manuel, come vera e propria repulsione, non erano tipici del modo di fare e pensare di Stefi ma piuttosto rispecchiavano perfettamente i modi di agire di Vanisia che, da sempre, impartiva ordini a chiunque utilizzando il suo potere anche quando non era necessario. Per lui, inoltre, non aveva mai avuto la benché minima simpatia come per tutti coloro che preferivano Stefi a lei. Ripensò poi a Manuel e a tutti gli episodi in cui le aveva ringhiato contro o quando addirittura aveva tentato di aggredirla. Non era mai successo nulla di tutto questo con la “vecchia” Stefi. Era terrorizzato all'idea di cosa poteva esserle successo e allo stesso tempo in collera con se stesso per aver permesso a Vanisia di intrufolarsi impunemente nel loro piccolo mondo. Una parte di lui era stata sul punto di colpirla quella mattina. Senz'altro era stata la sua parte militare e calcolatrice quella che non si faceva coinvolgere emotivamente e che valutava gli eventi in base ai fatti che li caratterizzavano. La stessa parte a cui era sembrato troppo strano il modo in cui Vanisia-Stefi lo aveva fissato dritto negli occhi per costringerlo ad aprire quella porta prima che lei, come aveva minacciato, l'avesse distrutta. Ma certo!, pensò Joseph. Improvvisamente gli ritornavano alla mente tanti altri episodi come quello. Come la volta in cui aveva ordinato a Lily di consegnargli il ciondolo di Crion. Lo aveva fatto perfino qualche ora prima ma la paura che provava nei confronti di Manuel era stata più forte. Però c'era qualche altra cosa che non riusciva a spiegarsi. Come avevano fatto tutte le altre volte a resistere al suo potere?. E ancora...perché non aveva semplicemente preso con la forza ciò che voleva?. Poteva essere stata la semplice curiosità di voler scoprire quanto più possibile su Alex e Lily?. O in tutta quella storia centrava anche Manuel?. Joseph non sapeva più cosa pensare ma era appena giunto alla quercia in cui si attivò il portale. Tirò un' ultima boccata di aria fresca e oltreò.
Mise piede sul bellissimo pavimento in marmo della sua camera a Palazzo e il chiacchiericcio che giungeva dal corridoio attirò subito la sua attenzione. Uscì dalla camera intenzionato a recarsi immediatamente da Vins e Riwa ma dovette cercarli parecchio. Il gran numero di persone che correvano a destra e sinistra per i corridoi gli diedero la sensazione che il Palazzo fosse stato preso d'assedio. Riconobbe alcuni Ministri intenti a discutere accanto alle grandi finestre. Ovunque c'erano uomini in divisa con in mano le armi più improbabili e tutti non facevano che vantarne le qualità. Da quanto riuscì a capire erano lì per proporre le loro strategie per l'imminente battaglia. « Immaginate le facce dei Cavergati appena si troveranno di fronte al nostro esercito...» sentì dire da un giovane alla sua destra mentre gli altri lo invitavano a imitarne qualcuno. Poi qualcun' altro, infastidito dal chiasso che avevano causato, li richiamò per ricordargli che non c'era nulla di divertente in uno scontro che avrebbe potuto portare alla morte di altri Zaioniani per di più soggiogati. Joseph avrebbe voluto complimentarsi con l'uomo per le parole pronunciate ma andava di fretta e avrebbe pensato in un secondo momento al discorso da fare alle truppe. Nel frattempo giunse davanti alla Sala Congressi e subito l'uomo che stava alla porta s'inchinò e lo fece accomodare. Fin ora era stato l'unico ad accorgersi della sua presenza. Anche nella stanza in cui entrò sembrava ci fossero più persone di quante poteva in realtà contenerne e fu proprio Vins ad accorgersi per primo del suo arrivo. Gli si fece subito incontro con un'espressione che era un misto di preoccupazione e rabbia. « Ma cosa sta succedendo? » chiese subito Joseph guardandosi intorno. « E' la stessa cosa che volevo chiederti io! Il cristallo è ancora azzurro ma stavamo iniziando a preoccuparci non avendo avuto vostre notizie. Inoltre...tra l'esercito da coordinare e Riwa che sta poco bene non so proprio più come gestire la situazione » spiegò. A quelle notizie Joseph vide i suoi timori più grandi prendere vita. Ricordò il cristallo a cui Vins aveva appena fatto riferimento. Il suo doppione stava sulla mensola del camino. Era un mezzo che utilizzavano per capire se le cose sulla Terra andavano bene. Se al contrario nasceva un problema o qualcuno si trovava in pericolo non dovevano fare altro che tenere stretto tra le mani il cristallo terrestre e quello su Zaion avrebbe assunto una colorazione rossastra. Joseph però non aveva lontanamente sospettato quale grave pericolo stavano
correndo ultimamente e il pensiero di toccare quel cristallo non lo aveva neppure sfiorato. Al pericolo fatto correre ai ragazzi, per quanto aveva potuto capire, si aggiungeva il fatto di aver lasciato tutti gli impegni in mano a Riwa che aveva problemi di salute di cui era all'oscuro. Si sentì per l'ennesima volta in colpa. « Stefi sta bene? » chiese Vins con l'espressione di chi è al corrente di qualcosa di strano. « Penso che sia in pericolo ma qualcosa mi dice che tu hai già un sospetto in merito. Dobbiamo parlare ma...non qui!. Sono successe molte cose e dobbiamo decidere come agire prima che sia troppo tardi. Inoltre... i ragazzi sono soli! » . Vins sgranò gli occhi ma non fece in tempo a proferire parola perché Joseph lo trascinò fuori dalla Sala e per i lunghi corridoi. Ovunque c'era gente che non attendeva altro che essere ricevuta. Dopo svariati minuti trascorsi nel vano tentativo di trovare un luogo tranquillo in cui poter parlare privatamente Joseph si arrese e alzò le mani al cielo. Vins a questo punto gli chiese di seguirlo e lo condusse in una camera posta in cima alla settima torre. L'unica in cui non era concesso ai visitatori di accedere liberamente. Subito si preoccupò di scostare leggermente le grandi tende. La luce che attraversò la stanza permise a Joseph di notare il letto posto al centro di essa. Una donna si agitava nel sonno. Fatti due i in quella direzione capì subito che si trattava di Riwa. La vide sudata e parecchio dimagrita. Si lamentava e sussurrava frasi incomprensibili. « Cosa le è successo? » volle sapere Joseph prendendole una mano che lasciò andare quasi subito, « E' gelida! ». « Si lo so. E' di questo che volevo parlarti » fece Vins. « I medicanti cosa dicono? » chiese Joseph cercando di coprire Riwa con la grande coperta raccolta ai piedi del letto.
« E' inutile!» lo fermò Vins, « Non la vuole. E per quanto riguarda i medicanti...bèh abbiamo perso Fermus di cui ci fidavamo ciecamente...» « Dov'è andato a finire?» lo interruppe Joseph. « A Gandios. Sua moglie per seguire la famiglia è diventata seguace di Vanisia e lei col tempo ha trascinato lì anche lui. Comunque...loro ritengono che, nonostante stia perdendo peso, non è in pericolo di vita e credo che sia vero. La cosa che non riesco a capire è che credo stia conversando con Stefi » s'interruppe per guardarlo dritto in faccia. « Come è possibile? ». Joseph scuoteva la testa e scostata una sedia dal muro si sedette tentando di riordinare le idee. « Ricordi la ricerca che mi ha portato a rovistare nella Tesoreria per un tempo infinito? » chiese attendendo una risposta e quando Vins fece segno di ricordare proseguì, « Ho trovato degli indizi che ritengo siano strettamente collegati ai ragazzi...Indizi che li legano direttamente alla profezia...Ho trovato le prove che dimostrano che abbiamo fatto bene a portarli lontano da qui...o almeno fino a quando Stefi non è venuta qui qualche settimana fa guidata da una sua particolare sensazione...». « Ma di cosa parli? Non la vediamo da tempo! ». « Credo che abbia lasciato la Terra mentre io vi facevo ritorno ma non ci siamo incontrati e da quel momento è cambiato tutto! ». Sospirò profondamente prima di iniziare a raccontare tutti gli avvenimenti che avevano caratterizzato quel periodo di tempo. Raccontò del nuovo atteggiamento di Stefi che sembrava odiare qualunque cosa di lui e dei ragazzi sebbene loro la incuriosissero parecchio. La ricordava particolarmente interessata ai loro poteri e ai simboli sui polsi. Ma la cosa che voleva di più era il ciondolo di Crion!. Lo stesso che, prima di partire, aveva consegnato a Lily con le sue stesse mani. « Il Crion tintinnante? Ne siete in possesso? Ma da quando? » chiese incredulo. Joseph raccontò anche di quell'episodio per tornare poi subito a ciò che lo
interessava. Spiegò orgoglioso del nuovo potere di Alex e degli allenamenti fatti per potenziarlo. Da lì ò a narrare delle sue nottate disturbate da tremendi incubi e mal di testa. Tutti episodi intensificati dalla presenza di Vanisia che, inoltre, aveva scatenato il lato più inconscio e selvaggio di Manuel. Vins ascoltava in silenzio sebbene avesse voluto interromperlo più di una volta, per approfondire qualche argomento, ma non lo fece perché gli sembrò più che chiaro che anche Joseph stava traendo parecchie conclusioni da quel suo lungo narrare. Fu quando iniziò a spiegare di Manuel e di ciò che, sicuramente, era la sua natura che Vins si sentì mancare il respiro e dovette a sua volta sedersi. Continuò ad ascoltare silenziosamente senza interromperlo mai. La fiducia che Joseph aveva riposto in quel ragazzo lo preoccupava nonostante si fidasse del suo giudizio che aveva sempre ritenuto impeccabile. Quando Joseph giunse al punto in cui Stefi osservava i ragazzi dalla finestra non riuscendo però ad entrare in camera ad entrambi si illuminò il volto. « La sfera protettiva di Alex! » esclamarono quasi contemporaneamente. « Ma si certo! Seppur inconsciamente ha protetto se stesso e sua sorella! » disse Vins entusiasta. « E Manuel l'ha aggredita perché inconsciamente deve aver percepito che non si tratta di Stefi. Ma io l'ho capito solo quando ho visto scomparire quella cicatrice...» disse Joseph in preda ai sensi di colpa. « Dove sono adesso i ragazzi? » chiese Vins allarmato. « Con Manuel lontani da casa. Rientreranno solo ad un mio segnale » spiegò. « Se Vanisia vi ha trovati non potete più stare sulla Terra. Dovete rientrare al più presto e questo vorrà dire che i ragazzi sapranno finalmente la verità! » disse Vins che attendeva quel momento da anni. « Sono perfettamente d'accordo con te ma dobbiamo anche considerare che sentendosi smascherata potrebbe reagire scatenando questa scongiurata guerra. Inoltre non sappiamo ancora cosa ha fatto a Stefi. Sicuramente non l'ha uccisa...ma conoscendo i suoi precedenti sappiamo che in un attimo di rabbia
potrebbe anche farlo ». « Però c'è un'altra cosa che non so spiegarmi... perché vuole il Crion? Ha sempre ambito al trono ma mai alla salvezza del pianeta. E perché non è riuscita a soggiogarvi? Perché non ha usato la forza?» domandava Vins mentre ava un piccolo quadrato di stoffa bagnata sulla fronte, madida di sudore, di Riwa. Lei improvvisamente si irrigidì e una voce differente dalla sua le uscì dalla bocca spalancata. « Lucidium! » disse e immediatamente tornò nello stato di incoscienza in cui si trovava poco prima. Vins spaventatissimo da quella strana reazione, tanto quanto da quella voce rauca e profonda, arretrò guardandola preoccupato.
« Ha detto... » iniziò Vins poco convinto su ciò che aveva sentito.
« Ha detto Lucidium! » finì Joseph per lui e subito dopo gli fece segno di seguirlo.
Uscì dalla stanza e con andatura spedita si diresse alla Tesoreria. Doveva essersi già sparsa la voce che l'Imperatore era rientrato a Palazzo perché, nonostante fosse ancora più affollato di prima, c'era molto più silenzio nei corridoi e tutti stavano compostamente allineati lungo le pareti dei lasciandogli libera la strada e inchinandosi al suo aggio. In pochissimo tempo giunsero ai sotterranei. Di fronte al grande portone attesero trepidanti che gli esuli compissero la loro magia.
Una volta dentro Vins seguì Joseph fino al punto in cui si trovavano le vetrinette contenenti tutte le pozioni e gli amuleti tenuti sotto chiave. Erano in perfetto ordine, come sempre, ma uno spazio vuoto attirò subito la loro attenzione.
Mancava un ampolla ma la targhetta descrittiva era ancora lì con su scritto: Alga Elle. Al suo fianco c'era un biglietto e Joseph lo prese per leggerlo. Al suo interno c'era scritto:
“Prendo in prestito quest'alga nella speranza che le sue proprietà non mi siano necessarie. Stefi.”
« Ecco com'è stato possibile! Con questa ci ha protetti contro il suo potere! » disse Joseph indicando la targhetta.
« Si d'accordo ma che senso ha scrivere questo messaggio. Tutto ciò che è contenuto qui dentro è di sua proprietà. Non ha senso prendere in prestito qualcosa che gli appartiene già! ». « Stefi non ha mai creduto al fatto che i sirenidi abbiano eliminato definitivamente tutta l'alga Elle in loro possesso e come sempre aveva ragione. Prima che Gordon morisse, e che quindi lei gli succedesse, l'Imperatore le svelò di un patto segretamente stipulato con l'allora Governante di Oceania. Quell'alga doveva essere utilizzata esclusivamente per difendere i membri della famiglia Imperiale dalla possibilità che qualche parente, altrettanto dotato, ambisse a conquistarne il trono. In quel modo loro avrebbero garantito all'Imperatore una quantità di alga sufficiente solo a tale esigenza. Se al contrario fosse stata usata per finalità diverse, come era avvenuto in ato, nessuno avrebbe più potuto contare sul possedere una tale arma difensiva. Ovviamente il patto fu possibile perché Gordon ispirò la fiducia dell'allora Governante Shark...un tipo tutt'altro che cordiale! Comunque questo messaggio di Stefi è per Fish affinché sappia la verità nel caso in cui le cose si mettano male, e lei non possa più avere l'opportunità di parlargli personalmente, che il patto non è stato infranto» finì di spiegare Joseph,« Devo trovarla ad ogni costo ». « La troveremo! Non credo che Riwa sapesse dell'esistenza di quest'alga o per lo meno del fatto che Stefi l'avesse portata via con se. Quindi non mi spiego per quale motivo l'abbia nominata...» disse prima di soffermarsi qualche secondo.
Joseph attese sapendo che qualcosa gli frullava per la testa. « Però è anche vero che mi è sembrato di sentirla parlare con Stefi...E se fosse realmente così? Se ovunque Stefi si trovi adesso ha trovato il modo per farci sapere tramite Riwa il luogo in cui è tenuta nascosta?» si domandò a voce alta. « E' possibile. Non ho mai sentito di nulla del genere ma da quando sono nati i ragazzi niente sembra più avere un senso. Torniamo da Riwa. Dobbiamo fare in fretta e tentare di scoprire il più possibile in modo che stia di nuovo bene quando tornerò con i ragazzi. Avrete molto di cui parlare! » concluse mentre erano già a metà strada verso la settima torre.
Intanto Stefi e Coral, dopo innumerevoli tentativi, avevano capito che se unite dallo stesso desiderio di compiere la medesima azione questa automaticamente diventava possibile. Il problema più grande consisteva nel riuscire ad agire unitamente per portare un messaggio all'esterno di quel pozzo. C'erano due grossi ostacoli da superare. Per prima cosa Coral poteva agire sulla mente di Stefi solamente durante le sue fasi oniriche. Seconda cosa Stefi era rinchiusa in una cella strettissima e appesa all'interno di un pozzo di cui non era possibile vedere il fondo. Inizialmente non pensarono ai limiti fisici di quella missione e si concentrarono sullo sforzo da compiere per potersi unire in un' unica persona. Coral aveva spiegato a Stefi che le era possibile avvicinarsi tanto a lei perché legate dallo stesso sangue. Quindi le volte in cui aveva voluto comunicarle qualcosa le era apparsa in sogno per poi trasportarla molto vicino alla sua dimensione. La stessa in cui avevano colto insieme il primo fiore. Sempre lì avevano continuato ad impegnarsi per raggiungere altri traguardi...come trattenere dell'acqua di torrente fra le mani giunte o specchiarvisi sulla superficie liscia e riflettente. Tutte cose che Coral, essendo inconsistente, non aveva mai potuto fare. In seguito Stefi volle provare a trasferire questa loro nuova capacità sul piano fisico e reale che la circondava. Da giorni, infatti, l' unico contatto con il mondo reale era limitato ai momenti in cui Breal le portava colazione, pranzo e cena. Per il resto del tempo Stefi non faceva che rimettersi a dormire.
Un pomeriggio, vedendo che Breal non stava più nella pelle per l'attesa che
finalmente la profezia si avverasse, le spiegò che per fare le cose bene c'era bisogno di tempo e attenzione per i dettagli. La donna voleva saperne di più ma capiva che sarebbe stato troppo pericoloso per Stefi svelarle più di quanto non era necessario che sapesse. Si limitava quindi a rispondere a tutte le domande che l'Imperatrice le poneva. Tutti elementi utili per conoscere il più possibile circa gli equipaggiamenti dell'esercito di Vanisia e sul numero degli uomini che ne facevano parte. Nei rari casi in cui Breal non sapeva cosa risponderle iniziava a tormentarsi e a sentirsi inutile.
« Non sentirti in colpa! » le disse Stefi più di una volta durante le loro brevi conversazioni, « Mi hai già dato parecchie e preziose informazioni ». Così dicendo batteva con una mano sulla tasca dell'abito e a Breal tornava il sorriso.
Una notte Stefi e Coral decisero che era il momento di tentare qualcosa di nuovo. « Pensi davvero che possa funzionare? » domandò Coral per nulla convinta dal piano di Stefi. « Mi hai guidato più di una volta mentre agivo come sonnambula. Adesso sarò comunque addormentata ma...Cosciente!. Possiamo farcela!» disse ottimista. Era notte e si trovavano una di fronte all'altra. Si fissarono concentrandosi su ciò che avrebbero dovuto fare perché era essenziale che avessero lo stesso obiettivo. Coral lentamente si scostò e, portandosi alle spalle di Stefi, entrò in lei. Stefi si sentì sospingere da aria fresca ed energica che le premette contro la schiena per poi attraversarla. Si concentrò e tentò di trattenere quell'energia dentro di se. Adesso non erano più in due ma una sola!. Si allontanarono fluttuando dal pozzo in cui si trovavano e attraversarono spazi e luoghi di cui Stefi non immaginava neanche l'esistenza. Era come se fero parte di tutto e di niente allo stesso tempo finché davanti ai loro occhi si materializzo il Palazzo Imperiale. Il cuore di Stefi, che era al contempo quello di Coral, vibrò di gioia.
Fin lì Coral aveva fatto la sua parte egregiamente ma adesso toccava a Stefi. Mosse una gamba per varcare l'enorme ingresso ma qualcosa la ferì provocandole un dolore lancinante al piede destro e per un secondo attorno a lei tutto iniziò a vibrare. Tentò di mantenere la concentrazione avendo già capito quale era stato il suo errore. Per un attimo, colta dall'entusiasmo, aveva quasi scordato di non essere lì fisicamente. Non poteva raggiungere il suo obiettivo camminando normalmente. Doveva farlo con il pensiero!. Prese respiro meravigliandosi di poter distinguere il profumo delle rose che crescevano rigogliose accanto al grande portone. Un' altra cosa che rischiò di farle perdere la concentrazione!. Non permise, però, che ciò accadesse e tentò di visualizzare il posto che voleva raggiungere. In ben che non si dica si ritrovò in camera di Riwa. La osservò dormire tranquillamente inconsapevole di ciò che stava per succederle. Stefi, guardandola, non sapeva se il piano avrebbe funzionato ma lo avrebbe scoperto molto presto. Riwa aveva il suo stesso sangue e in base a ciò che Coral le aveva spiegato era molto probabile che quello fosse l'unico modo per mandare un messaggio chiaro alla famiglia. Stefi si concentrò ulteriormente e tutto intorno a loro tornò a vibrare. ato qualche secondo riuscì, nuovamente, a vedere sua figlia. Lei la guardava come se non riconoscesse del tutto la donna che adesso le stava davanti. « Riwa riesci a vedermi e sentirmi? Sono tua madre! » le disse non riuscendo a credere di esserci riuscita. « Si certo...» fu la risposta. Ma Stefi, nel desiderio di abbracciare la figlia, si avvicinò a lei nel modo sbagliato ferendosi all'altro piede. Questa volta perse la concentrazione e risucchiata da un vortice, che la portò a fare il percorso inverso a quello che l'aveva condotta al Palazzo, si ritrovò a stringersi tra le mani un piede sanguinante. Era di nuovo sveglia e, come aveva già immaginato, il bicchiere da cui solitamente beveva era a qualche centimetro da lei rotto in mille pezzi.
Ecco cosa era successo!. Perdendo la concentrazione si era mossa nella piccola cella facendo piccoli i in avanti e così facendo aveva colpito il bicchiere che rompendosi le aveva ferito, a distanza di poco, entrambi i piedi. Strappò subito della stoffa dal lungo abito per poi ricavarne delle bende con cui fasciarseli. Nel frattempo già pensava al tentativo successivo. La prossima volta non poteva fallire perché mentre lei scopriva come comunicare con l'esterno sua sorella abbandonava Gandios per andarsene chissà dove. Le volte seguenti tutto fu più semplice e quasi naturale. Coral la guidava fino a Palazzo e nei sogni di Riwa mentre lei si preoccupava di arle le informazioni in suo possesso. Sembrava andare tutto per il meglio se non fosse che Riwa una volta sveglia non ricordava nulla di ciò che aveva sognato. Con il are del tempo diventò sempre più irritabile e inappetente fino a quando non chiese l'intervento dei Medicanti che le riscontrarono subito problemi del sonno. Le diedero una cura che le avrebbe consentito di riposare meglio e che in effetti l'aiutò a capire cosa le stesse succedendo. Riwa diventò più ricettiva nei confronti della madre ma allo stesso tempo rimase quasi bloccata nella dimensione in cui si incontravano non riuscendo più a svegliarsi completamente. L'unico momento in cui cambiò qualcosa fu quando Vins e Joseph si trovarono a conversare nella sua camera da letto. Quando riuscì ad indirizzarli all'Alga Elle. Ciò che ancora loro non sapevano, Riwa compresa, era il fatto che quella stessa mattina Vanisia, nervosa come mai lo era stata in tutta la sua vita, si era presentata alla cella di Stefi e aveva minacciato di ucciderle, entro sera, nipoti e marito. Una volta che Stefi ebbe raccontato tutto a Riwa lei decise che avrebbe voluto interrompere quello strano modo di comunicare e che l'aveva costretta, con il are del tempo, a trascorrere la maggior parte del giorno e della notte su quel letto quasi fosse prigioniera di se stessa. Stefi sapeva che, effettivamente, quello era l'unico modo per permettere che tutte quelle informazioni non andassero
perdute. La salutò e scomparve definitivamente. Si ritrovò nella sua piccola cella di nuovo sveglia. Di nuovo sola! Aveva fatto tutto il possibile per avvertirli del pericolo. Si mise una mano in tasca. Era vuota. Rise.
E' L'ORA!
Un attimo dopo che Joseph e Vins entrarono nella sua camera Riwa riuscì a mettersi seduta sul letto con uno scatto. Lo sforzo che dovette fare per contrastare la forza che le impediva di abbandonare il luogo in cui si trovava fu enorme, ma la volontà di mettere in salvo i suoi ragazzi e di correre in soccorso di Stefi ebbe la meglio. Si mise immediatamente in piedi ma sarebbe caduta ai piedi del letto se non fosse stato per la prontezza di riflessi di Vins, che le fu subito accanto per sorreggerla. Era estremamente debole ma fortemente motivata e decisa ad agire prontamente. Scomparve e riapparve nel giro di pochi secondi. « No...Non provarci più! » tuonò Vins preoccupato che l'utilizzo del suo potere potesse compromettere ulteriormente il suo, già delicato, stato di salute. « Calmati... Dovevo solo controllare che i ragazzi non fossero in pericolo » lo tranquillizzò Riwa. « Erano a casa ? » chiese Joseph allarmato. « No. Ma volevo esserne certa e soprattutto dovevo controllare che Vanisia non fosse nei paraggi». Prese a camminare su e giù per la stanza prima di infilare una mano nella tasca della veste. Ne estrasse dei fogli accuratamente ripiegati che esaminò prima di consegnarli a Vins. « Non c'è un minuto da perdere. Analizza queste mappe e organizza un piano d'attacco » disse e poi rivolgendosi a Joseph aggiunse, « Porta qui i ragazzi il prima possibile. Il rifugio non è più un posto sicuro...Vanisia ha minacciato di uccidervi. Non capisco cosa l'abbia trattenuta dal farlo fino ad ora ma possiamo ritenerci fortunati che siate ancora tutti vivi. Fino ad oggi abbiamo agito seguendo l'istinto di Stefi...Adesso seguiremo il mio!. Porta con te degli uomini armati e indossate le nuove uniformi ma non perdere un secondo in più del necessario. Se non sarete di ritorno entro un' ora manderò l'esercito». Finito di impartire ordini si guardò attorno e non vedendo nient'altro che il grande letto e
qualche sedia disse: « Vado a prepararmi ». Un secondo dopo nella stanza non rimanevano che Joseph e Vins. « Cosa credi abbia in mente? » domandò Joseph. « Non ne ho idea ma guarda queste...» rispose Vins, mostrandogli i fogli che teneva in mano. A Joseph bastò un'occhiata per capire cosa avevano in mano e subito si sentì straordinariamente fortunato. Era la mappa della miniera di Gandios con indicati, nei minimi particolari, tutti i aggi e tunnel che collegandosi tra loro, avevano dato vita alla più grande città sotterranea mai costruita. Guardandola era chiara l'attenzione e la maestria di chi incaricato alla realizzazione di tale opera. A parte la luce naturale tutte le persone che vivevano in quelle cavità non mancavano di nulla. I disegni mostravano chiaramente che si trattava di una struttura dalla forma conica che a partire dai tunnel principali, posti a poche centinaia di metri dalla superficie, procedeva a spirale verso profondità sempre maggiori. Una pagina in particolare era completamente dedicata al pozzo in cui si trovava prigioniera Stefi. Era stato disegnato con minuzia di particolari allo stesso modo in cui erano state evidenziate le camere appartenenti a Vanisia. L'ultima mappatura riguardava la costruzione più recente ovvero la Fortezza edificata in superficie. Un sorriso si allargò sul viso di Joseph che incontrò quello, altrettanto interessato, di Vins. Anche lui aveva notato tutte quelle piccole linee rette che dai primi tunnel si congiungevano alla superficie. « Adesso abbiamo più di un ingresso! » dissero all'unisono. Joseph guardò l'orologio che portava al polso. Aveva già perso una decina di minuti. « Riunisci il Gran Consiglio e avvisa le Armate Continentali di tenersi pronte al trasferimento su Minio...Io tornerò il prima possibile ma il tempo che mi rimane non sarà senz'altro sufficiente per rientrare nell'orario previsto da Riwa. Ho bisogno almeno del doppio del tempo quindi avvisala di non preoccuparsi se ritarderemo di qualche minuto » spiegò dirigendosi alla porta. Prima di uscire però volle togliersi una curiosità che lo accompagnava da quando era arrivato.
« Prima che vada...chi sono i Cavergati? ». Vins fece un mezzo sorriso. « I ragazzi dell'esercito usano questo nomignolo per indicare i loro avversari...gli uomini di Vanisia. E' l'unione tra “Cavernicoli” e “Soggiogati”. Lo trovano divertente! ». Joseph ci pensò qualche secondo e concluse che quel nome in fin dei conti rappresentava perfettamente ciò che indicava. Non fece in tempo a pensare ad altro perché un boato scosse il Palazzo. Corse subito in direzione del rumore seguito da Vins e da tutti i ragazzi in divisa presenti nei corridoi. Solo le cameriere e gli inservienti cercavano di farsi strada per allontanarsi il più possibile. Prima di riuscire a giungere all'ingresso principale un ulteriore crollo fece tremare le fondamenta. Joseph si bloccò nei corridoi del piano terra da cui già poteva intravedere, attraverso le vetrate andate in frantumi, chi era all'origine di quel caos. Un portale era attivo nella Grande Piazza e Vanisia, circondata da uomini che indossavano uniformi interamente grigie con una piccola V in rilievo sul petto, aveva fatto crollare la facciata del Palazzo e parte della prima torre. Joseph uscì allo scoperto e le andò in contro senza timore seguito da decine di uomini pronti ad aprire il fuoco. Mentre si faceva largo tra le macerie ne vide altrettanti appostarsi per tenere sotto mira i nuovi arrivati. « Consegnami i ragazzi e il ciondolo di Crion e nessuno si farà male! » ordinò senza perdere tempo e senza essere minimamente intimidita dall'evidente inferiorità numerica in cui si trovava. « Sai bene che non lo farei mai! » rispose prontamente Joseph fronteggiandola. Poi, ad un comando di Vins, gli uomini appostati aprirono il fuoco. Metà dei Cavergati risposero all'attacco senza perdere tempo e la parte restante si chiuse a scudo intorno a Vanisia per permetterle di riattraversare il portale mettendosi in salvo. Joseph a metà strada tra i due fuochi non riuscì a fare altro che ripararsi dietro il busto di un'enorme statua che per secoli aveva caratterizzato la facciata del
Palazzo Imperiale. I suoi numerosi tentativi di far smettere quello scontro furono resi vani dal rumore delle armi da fuoco e dagli ordini di Vins che continuava ad incitare i suoi ragazzi a non deporre le armi finché gli intrusi non si fossero ritirati o arresi. Non appena il portale scomparve tutto cessò. Joseph si rimise in piedi e guardandosi intorno fece una breve conta. Tre uomini giacevano in terra morti ed erano tutti uomini di Vanisia. Una decina erano invece i feriti tra i componenti dell'Esercito Imperiale. Andò immediatamente su tutte le furie e scavalcati i detriti fece segno a Vins di seguirlo. Si infilarono nella prima camera vuota e richio la porta. « Si può sapere cosa credi di fare? Pensi forse... ». « Penso che è il momento di smettere di subire e di iniziare a dettare le regole!. Tutti conoscono bene quali sono gli ordini. Nessuno avrebbe colpito a morte Vanisia ma dovevamo allontanarla prima che demolisse l'intero Palazzo. Il popolo non ne può più di vivere nel terrore e nell'attesa che lei decida quando eliminarci definitivamente per prendere possesso del trono. Solo nell'ultimo mese cinquantatré portali non autorizzati sono stati aperti nei vari Continenti. E' ricominciata Joseph!. Il popolo ha iniziato a fuggire da Zaion...Di nuovo! E' ora di reagire!. Ecco cosa ha in mente Riwa! Ecco cosa abbiamo deciso da mesi ormai. Attaccheremo Gandios!. L'avremmo fatto anche senza queste...» disse stringendo nel pugno le preziose mappe della miniera, «...ma adesso abbiamo un'opportunità in più di riuscire! ». Joseph sapeva nel profondo di se stesso che Vins aveva perfettamente ragione e che forse avrebbero dovuto prendere quella decisione parecchio tempo prima. Ma il pensiero di Vanisia, in giro chissà dove, gli faceva temere ulteriormente per i ragazzi e per Stefi. Non se la sentì di contraddirlo ma pensò a cosa fare nell'immediato. « Se è venuta qui a cercare i ragazzi vuol dire che ha già controllato sulla Terra. Non avendoli trovati deve aver concluso che si trovassero a Palazzo ». S'interruppe alla vista di alcune uniformi e una strana arma poggiati su di un lungo tavolo. Vins lo invitò ad indossarne una prima di recarsi al rifugio. Joseph non se lo fece ripetere due volte e appena pronto uscì dalla stanza diretto al portale.
Era talmente concentrato su ciò che avrebbe dovuto fare che non ascoltò ciò che Vins gridava alle sue spalle. E mentre lui tornava per l'ultima volta sulla Terra Riwa si recava a o svelto da Vins per informarlo della decisione che aveva appena preso.
Quando quella mattina Manuel iniziò a camminare con o deciso verso il bosco, seguito dai suoi ormai inseparabili amici, sapeva che avrebbe dovuto trovare il modo di tenerli occupati e al sicuro per il resto della giornata. Non sapeva cosa sarebbe successo al loro ritorno e quali verità gli sarebbero state svelate ma era ancora limpido nella sua memoria il aggio luminescente attraverso cui, tanto tempo prima, Joseph era scomparso. Bastava quel ricordo a dargli la certezza che nulla di terrestre c'era realmente nella vita dei suoi cari compagni di viaggio. E in parte ne era geloso. Questo spiegava il perché di molte loro caratteristiche. La stessa cosa non poteva dirla per se stesso!. Da tutti giudicato uno scherzo della natura... Un mostro!. Solo chi non conosceva la sua vera natura o chi lo aveva conosciuto veramente a fondo, come la nonna e la famiglia di Alex, non era intimorito o disgustato da ciò che poteva diventare. Decise che non appena si sarebbe conclusa quell'avventura, che con grande probabilità avrebbe dato risposta ai mille quesiti di Lily e Alex, solo allora avrebbe intrapreso il viaggio alla scoperta delle sue origini. Però adesso aveva un solo obiettivo e cioè evitare che le ore della giornata assero lente e tormentose tra i tanti dubbi che, era certo, al momento li assillavano. Toccava a lui rendere quella gita spensierata e magari divertente. Nonostante camminasse più velocemente di loro non aveva bisogno di voltarsi per accertarsi che lo stessero seguendo perché, grazie al formidabile udito che aveva sviluppato, poteva rilevare la presenza di chiunque si muovesse nel raggio di centinaia di metri e sapeva, dunque, che si trovavano a poche decine di metri da lui. Erano a poca distanza l'uno dall'altra. Procedevano in silenzio rapiti entrambi da chissà quali pensieri. Non avrebbe voluto vederli tristi o pensierosi quindi pensò brevemente a quale poteva essere il modo migliore per distrarli.
« Forza pigroni o di questo o non arriveremo da nessuna parte! » li spronò. « Non credo che dovremmo allontanarci molto... » iniziò Alex. « Si lo penso anch'io e poi Joseph potrebbe avere bisogno di noi...» aggiunse Lily con tono preoccupato voltandosi a guardare in direzione della casa. « Joseph non ha bisogno di nient'altro che sapervi al sicuro!» disse serio. Poi assunse in tono più scherzoso.« …E sono onorato che si sia rivolto a me per questo pericolosissimo incarico ». A Lily e Alex tornò subito il sorriso. « E cosa avresti intenzione di fare oggi? » domandò Alex curioso. Manuel gli strizzò l'occhio prima di trasformarsi. Ci impiegò un attimo e subito dopo l'orso dorato si accucciò ai loro piedi per permettere ad entrambi di accomodarsi sulla possente schiena pelosa. « ANDIAMO HO QUALCOSA DA MOSTRARVI ! ». Lily fece segno ad Alex di sedersi dietro di lei. Una volta pronti si strinsero forti a lui che si lanciò in una corsa sfrenata tra i maestosi alberi che crescevano secolari sul territorio. In brevissimo tempo attraversarono selvaggi canyon e, con balzi spettacolari, saltarono interi specchi d'acqua in cui si riversavano le acque delle cascate che, salto dopo salto, procedevano il loro percorso verso il mare aperto. « CHE POSTO E' QUESTO? » chiese Lily stupefatta dalla bellezza del luogo. « SONO LE CASCATE GALASIA MA SOSTEREMO QUI PIU' TARDI SE NE AVREMO IL TEMPO...VOGLIO MOSTRARVI ALTRI POSTI!» fece sapere Manuel senza interrompere la folle corsa. Rallentava solo in prossimità di luoghi da fare ammirare ai suoi eggeri. Difficilmente qualcuno si sarebbe potuto accorgere del loro aggio perché schizzavano tra i rami bassi ad una velocità impressionante. Ciononostante neanche una volta Lily e Alex rischiarono di cadere o di urtare le fronde che sembravano protendersi verso di loro. Con movimenti fulminei e armoniosi Manuel aggirava le enormi rocce o saltava i torrenti che sembravano volerlo
rallentare. Quando arrivò a destinazione li lasciò scendere e attese un loro commento. Alex poggiò subito le mani su delle antichissime ed insolite rocce. Ve ne erano sette in tutto e la loro forma gli ricordò il pentolino in cui Stefi aveva l'abitudine di scaldare il latte per la colazione. Lily stava senz'altro pensando la stessa cosa e Manuel che ancora manteneva la forma animale lo capì al volo. « LE CHIAMANO “CALDAIE DEL LATTE”. UNA ANTICA LEGGENDA NARRA CHE QUI VENIVA A CIBARSI UN DRAGO APPARTENENTE AD UNA VECCHIA STREGA... » iniziò a spiegare Manuel prima che Alex lo interrompesse. « Non vorrei disturbare la vostra conversazione ma interesserebbe anche a me qualche spiegazione...» disse ironico sapendo di aver interrotto qualcosa di interessante. Manuel mutò, riacquistando il solito aspetto, e si diresse verso una radura poco distante. « ...E questa è “La roccia del drago”...» disse indicando un'imponente roccia dal profilo adunco e minaccioso che ricordava perfettamente la testa di un drago dalle dimensioni titaniche. Rimasero ad osservarla per qualche minuto finché non notarono che l'orso dorato era nuovamente pronto a condurli altrove. Ripartirono velocemente riuscendo ad intravedere, di tanto in tanto, la corsa dei lupi che a distanza di sicurezza li seguivano curiosi. Tentavano di stare al o con Manuel ma ben presto rinunciarono. Una coppia di aquile, che stava sorvolando i pendii a bassa quota, si avvicinò in picchiata per capire cosa stesse accadendo. Li accompagnarono per un breve tratto finché non decisero di tornare a volare verso vette più alte. « DOVE STIAMO ANDANDO? ». « E' UN POSTO CHE SONO CERTO TI INTERESSERA' ». Percorsero parecchi sentieri, scorgendo di tanto in tanto pittoresche radure, finché non giunsero in una secolare pineta dove sorgeva una costruzione in pietra. Poco più in là, circondato da un'inferriata, un vecchissimo pino svettava su tutti gli altri.
« Io so che posto è questo!... » esclamò Alex guardandosi intorno, « ...E' il Mausoleo costruito in onore di Garibaldi!». « L'eroe dei due Mondi... » aggiunse Lily estasiata dalla bellezza del posto. « Esatto! » disse Manuel, « E qui... è dove si accasciò ferito ». « Joseph ci ha narrato dello scontro d'Aspromonte...Questo posto è carico di storia!. Era da molto tempo che volevo venire a dare un'occhiata » confessò Lily. Manuel nascose un sorriso e si sedette a riposare lasciandoli curiosare in giro. La stanchezza, però, ebbe il sopravvento e si addormentò. A pomeriggio inoltrato lo svegliarono. « Forse è meglio andare. Da qui non è possibile vedere la casa e non sappiamo se Joseph è già rientrato » fece Alex. « Giusto. Andremo in un posto da cui potremo vedere casa e molto...molto altro ancora ». Ripartirono velocemente. Per parecchio tempo Manuel non fece che salire sempre più in alto fino a raggiungere la cima più alta. Quel giorno sia Lily che Alex videro molti luoghi. Uno più bello e interessante dell'altro ma nulla di tutto ciò li aveva preparati ad assistere allo spettacolo che si presentò ai loro occhi. Nel silenzio più totale girarono su se stessi per osservare un panorama a trecentosessanta gradi. Scorsero delle piccolissime isole e i due mari che bagnavano la terra su cui posavano i piedi. « Le isole Eolie » spiegò Manuel. Seguendo i punti da lui indicati videro un piccolo isolotto che, osservato più attentamente, si rivelò essere un piccolo vulcano emerso. Subito dopo indicò alla sua sinistra dove svettava un grandissimo vulcano dalla cima innevata. « L'Etna! » esclamò Lily rapita. Si sedettero ai piedi di un albero e per un pò continuarono a contemplare tutto ciò che li circondava.
A Lily sembrava di essere in Paradiso. Non poteva immaginare un posto più bello e mentre il cielo si colorava di sfumature rosa e arancioni si rilassava grattando il grosso muso peloso di Manuel. « GRAZIE. E' STATA UNA GIORNATA INDIMENTICABILE » disse con espressione serena. Lui, felice di vederla contenta, continuò ad osservare il tramonto. Si accorse però che Alex era tornato ad essere irrequieto. Infatti, nonostante avesse apprezzato il paesaggio, non riusciva a nascondere il fatto che regolarmente il suo sguardo tornava a cercare sempre lo stesso punto. Era quasi buio ormai e mentre il sole scendeva adagio oltre le dolci curve montuose l'oscurità si faceva lentamente largo riportando i tre ragazzi alla dura realtà. Non erano soli!. E soprattutto...la vita non era solo una semplice e allegra avventura vissuta tra le meraviglie della natura. Il pensiero che Joseph non avesse ancora mandato un segnale che gli consentisse di poter rientrare iniziò nuovamente a tormentarli. Manuel mutò. « Tra poco sarà notte. Come vedremo il fumo del camino? » chiese Lily preoccupata. Alex alzò l'indice al cielo dritto ad indicare la grossa luna piena che, ancora pallida, aveva preso il suo posto all'orizzonte. Con il are dei minuti e l'aumentare dell'oscurità la sfera argentea divenne straordinariamente luminosa riuscendo a rischiarare la notte. « Joseph la sa lunga! » esclamò Manuel. Non arono che pochi minuti prima di iniziare a scorgere una sottile linea di fumo salire dalla piccolissima casa posta al centro della radura parecchio distante da loro. Osservata da tanto lontano...sembrava un piccolo capolavoro in miniatura. « E' il segnale! Andiamo! » disse Alex scattando in piedi.
Un attimo dopo erano già lanciati in una spericolata corsa verso casa.
RITORNO A ZAION Joseph non aveva mai impiegato così poco tempo a coprire la distanza che andava dal portale nascosto dall'imponente quercia alla casa dove vivevano. Altrettanto velocemente superò il vialetto che conduceva al porticato ed entrò in casa ignorando i numerosi oggetti andati in frantumi quella stessa mattina. Nel chinarsi di fronte al camino calpestò diversi vetri rotti e cocci di ceramica. Quando si protese per accendere il fuoco qualcosa di duro gli premette sotto il ginocchio poggiato al pavimento. Scostò i resti di un vaso e sotto vi trovò il cristallo blu. Lo ripulì e se lo infilò in tasca. In quel momento una nuova e quasi impercettibile scossa tellurica fece vibrare le fiamme che avevano iniziato a vibrare al centro del camino. Pensò al fumo che era già certamente visibile dall'esterno e si pentì di non aver prelevato i ragazzi qualche ora prima. Sentì qualcuno salire lentamente i gradini che portavano all'ingresso e stranamente gli tornò il ricordo di Vins che gli urlava dietro di portare con sé degli uomini di scorta. Per la fretta di prelevare i ragazzi se ne era completamente dimenticato. Inoltre aveva dato per scontato che Vanisia non sarebbe più tornata a cercare i ragazzi sulla Terra. Aveva, infatti, pensato che ormai li credesse a Palazzo e che proprio da questo fosse scaturito l'attacco di poco prima. Si diede dello stupido per aver sottovalutato il desiderio di Vanisia di scovarli. Sentendo che la persona alle sue spalle era ormai vicina si alzò lentamente ruotando il polso destro di novanta gradi. Quel semplice gesto attivò l'arma inserita all'interno dell'uniforme che veniva utilizzata per combattimenti a brevi distanze. Si voltò adagio mascherando tutta l'agitazione che in realtà lo stava torturando. Si aspettava di dover fronteggiare Vanisia o uno dei suoi uomini ma in realtà si trovò di fronte a Stefi che, ferita e sanguinante, riusciva a stento a trascinarsi verso di lui. Rimase spiazzato ma le andò in contro per soccorrerla. « I ragazzi...stanno bene?...Sono in salvo? Dove sono? Voglio vederli subito! » pronunciò a stento. Di nuovo un comando... seppur mascherato da buone intenzioni, pensò Joseph. Con un movimento fulmineo la lasciò andare e si lanciò dietro il pesante tavolo in pino tirandoselo dietro. Con il braccio destro diretto contro Vanisia aprì il fuoco con la speranza di ferirla
al primo colpo. Dei raggi blu elettrico esplosero dall'uniforme in direzione di Vanisia che, però, assunto già il suo solito aspetto non si fece prendere alla sprovvista e si difese scagliandogli contro una piccola onda d'energia. Fu sufficiente a deviare i colpi di Joseph ma non abbastanza potente da far crollare la casa... ...non finché lei era ancora dentro!. Per nulla timorosa delle armi in possesso di Joseph decise che lo avrebbe fatto confessare. In un modo o nell'altro. « Cosa ho sbagliato questa volta? » chiese lanciando un'altra ondata contro il tavolo rovesciato dietro cui Joseph si era rifugiato. Il tavolo lo riparò da un colpo senz'altro letale e fu sospinto di oltre due metri contro la parete di fronte. Joseph fu trascinato insieme al tavolo. « Com'è possibile che per quanto io possa somigliarle...non riesca comunque ad ingannarti?» domandò gelida ripensando alle poche volte in cui avevano parlato. Pur credendola Stefi avevano comunque litigato!. « Devi arrenderti al fatto...che non c'è alchimia tra di noi!» rispose Joseph sarcastico tentando di prendere tempo. Doveva tirarsi fuori da quella situazione e possibilmente prima dell'arrivo dei ragazzi. La sua risposta però non piacque affatto a Vanisia che esplose un altro colpo più violento del precedente. Il tavolo questa volta si mosse con più forza e non fosse stato per le quattro gambe che urtarono contro la parete Joseph ne sarebbe rimasto di certo schiacciato. « Hai perfettamente ragione quindi non c'è motivo che io provi pietà per te ». Joseph capì che stava per lanciare il colpo finale ma volle tentare. « Cosa ti fa pensare che mi aspetti un trattamento di riguardo? Vista la pietà che hai dimostrato verso tuo padre immagino che per te il legame tra cognati non rappresenti un'attenuante!» disse un attimo prima di lanciarsi con un salto attraverso la finestra che gli si trovava di fronte.
Nell'urto i vetri andarono in mille pezzi ma grazie all'uniforme ne uscì integro. Un secondo dopo sentì il rumore del tavolo che esplodeva riempendo la stanza di schegge vaganti. Non perse tempo e corse sul lato opposto della casa per tentare di prenderla alle spalle anche se sapeva che colpirla con il solo scopo di ferirla era più complicato che farlo con l'intenzione di ucciderla. Vanisia, dal suo canto, non si sarebbe fatta scrupoli di farlo fuori alla prima occasione. Un'esplosione potente e il rumore di crollo che ne seguì gli fecero capire che non si era disturbata ad uscire dalla porta d'ingresso. L'esplosione fu talmente potente da echeggiare nelle vallate circostanti fino a raggiungere le vette più alte e distanti. « Cos'è stato? » chiese Lily. « Arriva dalla stessa direzione in cui siamo diretti! » fece Alex. Manuel avvertì la preoccupazione nelle loro voci e aumentò l'andatura. Mancava pochissimo alla casa. Joseph stava per voltare l'angolo che gli avrebbe permesso di controllare lo spiazzo antistante casa quando le pietre che ne rivestivano la facciata saltarono in aria sotto l'ennesimo colpo di Vanisia. Ne fu investito in pieno volto. Per un attimo il mondo attorno a lui vibrò e prima che si oscurasse capì di aver fallito. Vanisia si fece largo fra i detriti e lo raggiunse. Un sorriso beffardo le si allargò sul viso sporco di polvere. Si sentiva di ottimo umore pur non avendo trovato ciò che cercava. Adesso aveva una notizia da portare a Stefi. Ma prima di tornare da lei volle essere certa di averlo ucciso. Joseph era riverso su un fianco e lei lo spinse con un piede per farlo voltare. Non reagì e tanto meno tentò di difendersi. La divisa che indossava era strappata in più punti e il volto era diventato una maschera di sangue. Rimase a fissarlo per qualche minuto concludendo che con un solo gesto aveva ottenuto più di un solo risultato. Per prima cosa aveva la prova che le nuove uniformi, di cui l'Esercito Imperiale andava tanto fiero e che avrebbero dovuto resistere ai suoi attacchi, erano del tutto inutili. Seconda cosa...aveva appena eliminato l'Imperatore!. Una pedina in meno, pensò soddisfatta.
E con l'Imperatrice in trappola chi le avrebbe impedito di salire al trono?. Pensò che, tutto sommato, se non fosse stata occupata per tutti quegli anni a ricercare il modo di avere l'immortalità avrebbe potuto ottenere quel risultato parecchio tempo prima. Decise che era l'ora di tornare per prendere definitivamente posto a Palazzo. Con Stefi nelle sue mani sarebbero stati i ragazzi a recarsi da lei...magari nella falsa illusione di poterla salvare. Un rumore proveniente dal limitare del bosco la costrinse a voltarsi. Non riusciva a distinguere cosa si stesse muovendo ma qualcosa di enorme si stava dirigendo a gran velocità proprio verso di lei. Il feroce orso sbucò dall'oscurità correndo con una luce folle negli occhi neri e profondi. Sulle imponenti spalle sedevano, aggrappati al pelo folto, Alex e Lily. Aveva tanto sperato di trovarli li ma non in compagnia del manovratore d'acqua. La storia di Zaion parlava chiaro e i suoi poteri non erano sufficienti a fermarlo però...non c'era acqua nei paraggi e forse avrebbe potuto tentare. La sfera d'energia, che le scaturì dalla mano, attraversò rapida l'aria fredda della sera rasentando il suolo. Al suo aggio la neve si sciolse e la poca erba sottostante bruciò lasciando una sottile linea di fuoco. L'orso se ne accorse e tentò una veloce sterzata rischiando di far cadere i ragazzi che già si reggevano a stento. Capì ben presto che non avrebbe potuto evitare il colpo quindi si issò in tutta la sua altezza pur di evitare che i suoi amici potessero rimanere feriti. L'onda d'urto si schiantò a qualche centimetro dal petto dorato dell'orso che ne avvertì solamente lo spostamento d'aria. Vanisia urlò di rabbia e provò una seconda volta. Solo dopo aver scagliato il colpo si rese conto che uccidendo Alex e Lily avrebbe potuto rischiare di veder sfumare il desiderio di un'intera vita. I ragazzi erano legati alla profezia anche se in un modo che ancora non comprendeva. Ma come altre volte le era capitato non era riuscita a dominarsi!. Una seconda e più larga striscia di fuoco si tracciò parallela a quella precedente ma anche quest'ultima si schiantò contro il trio lasciandoli illesi. Vanisia non riuscì a capacitarsi di ciò a cui aveva appena assistito e per un attimo rimase
impietrita. Appena la belva inferocita le si precipitò incontro aprì velocemente un portale e vi scomparve attraverso. Giusto in tempo perché l'orso non le strape la testa con una zampata. La corsa di Manuel terminò a pochi centimetri dalla superficie riflettente attraverso cui era fuggita la donna, che senza alcun motivo, aveva tentato di ucciderli. Lily e Alex non sapevano cosa pensare alla vista della loro casa andata distrutta e di cui era rimasta in piedi solo la dependance... il resto era solo un cumulo di macerie fumanti. Per di più avevano appena assistito a qualcosa che era completamente fuori dall'ordinario e senza senso. « Cosa è successo?...Chi era quella furia?...E' stata lei a fare questo? » domandò Lily pur sapendo che nessuno poteva darle delle risposte. Recuperò dalle macerie una foto che li ritraeva tutti assieme felici come lo erano stati fino a qualche mese addietro. Manuel guardandosi attorno si rivolse ad Alex che gli aveva appena salvato la vita. « Grazie ». « Non era certo che ci sarei riuscito...Eravamo in tre...Siamo stati fortunati! ». « Non dire così! Sei stato bravissimo. Non capisco cosa ci abbia scagliato contro...» disse Lily guardando la terra bruciata alle loro spalle, «...ma è chiaro che senza di te saremmo morti ». « Presto correte! » urlò Manuel che aveva fatto un giro intorno a ciò che rimaneva della casa. Quando lo raggiunsero lo trovarono inginocchiato accanto ad un uomo che giaceva in terra con il viso ricoperto di sangue. Lo osservarono senza sapere bene come comportarsi. « Dovremmo spostarlo da qui » propose Alex. « Credi che sia morto? » domandò Lily che non osava toccarlo.
« Ragazzi...» fece Manuel senza però avere la forza per finire la frase. « Cosa c'è?» chiese Alex confuso dalla titubanza dell'amico. « E'...è Joseph » finì tristemente. « Non è possibile! Come puoi esserne certo? » urlò Lily gettandosi al fianco dell'uomo e iniziando a ripulirgli il viso. Per quanto fosse terrorizzata di scoprire che Manuel non si fosse sbagliato non riusciva comunque a fermarsi. Continuò a rimuovere strati di sangue e polvere finché non le fu chiaro che si trattava veramente di Joseph. Solo allora iniziò a scuoterlo in preda al panico. Alex, che fino a quel momento era rimasto immobile ad osservare, riuscì finalmente a muoversi e gli si inginocchiò accanto. Gli mise una mano sul capo e l'altra sul petto. Poi strinse forte gli occhi tentando di concentrarsi. Solo allora Lily, vedendolo calmo e padrone di se, si tranquillizzò e, avendone intuito le intenzioni, lo imitò. Rimasero così per parecchio tempo ma il loro sforzo non sembrava dare risultati. Il calore che emanarono raggiunse perfino Manuel che, seduto poco distante, attendeva speranzoso. Dopo ancora qualche minuto, di nulla di fatto, decise di farli smettere. Era chiaro che non potevano fare nulla. Si portò in mezzo ai suoi amici e si poggiò a loro. Alex e Lily se lo scrollarono di dosso con movimenti repentini delle spalle ma senza proferire parola o smettere di tentare. Manuel quindi attese ancora. Quando si accorse delle lacrime che rigavano il viso di Lily non riuscì più a trattenersi. « E' umano...E' già stato difficile quando avete dovuto guarire me...». In quello stesso istante Joseph inspirò profondamente e aprì gli occhi. Lily sorrise prima di scivolare al suo fianco sfinita. Alex fece la stessa cosa ma Manuel fu pronto a sorreggerlo. « Non riesco a credere che ci siate riusciti! » esclamò incredulo, « Joseph come ti senti? Cosa è successo?». Joseph si accorse subito di non riuscire a parlare. Grazie ai poteri dei suoi nipoti era ancora vivo ma...in che condizioni?.
Tentò di muoversi ma l'unica cosa che riuscì a fare fu serrare le mani. Ruotò a malapena la testa per tentare di guardarsi attorno. Vide la distruzione che lo circondava e i suoi nipoti al suo fianco stanchi e provati. Ricordò che l'ultima cosa che stava per fare era l'estremo tentativo di colpire Vanisia...poi il nulla!. Respirò a pieni polmoni l'aria gelida della sera. Nonostante avesse l'impressione di avere mille spade conficcate nel petto sapeva che, tutto sommato, poteva ritenersi fortunato specialmente perché anche i ragazzi stavano tutti bene. Nel frattempo Manuel aveva aiutato Lily a tirarsi su. Subito dopo raccolse, qua e la, tutti i cuscini che riuscì a trovare e li posizionò sotto le spalle di Joseph nel tentativo di farlo stare un pò più comodo. « Cosa facciamo adesso? » domandò Lily preoccupata. Abitavano a parecchi chilometri dal più vicino centro abitato e nessuno dei tre aveva mai guidato un'auto. « Z...Z...Za...» tentava di dire Joseph non riuscendo a mettere insieme le parole. Ogni tentativo di parlare o muoversi gli provocava dolori lancinanti. « C'era una donna qui poco fa. Credo abbia tentato di ucciderci. Non so bene come abbia fatto ma non essendoci riuscita ha pensato bene di fuggire prima che Manuel l'afferrasse. E' ata attraverso una superficie lucida...» spiegò Alex pur sapendo che Joseph non avrebbe potuto dargli spiegazioni, « … Ma la tua uniforme mi fa capire che forse sai già a cosa mi sto riferendo». « Va...Va...Za...Za...» tentò nuovamente Joseph cercando di prendere qualcosa da un taschino. Lily capì che non ci sarebbe riuscito da solo e quindi infilò le dita nella tasca dell'uniforme e ne estrasse una pietra blu. « E' il cristallo che tenevamo sul camino! » esclamò confusa. « Me! » disse Joseph aprendo una mano. Lily gli consegnò il cristallo e lui lo strinse con tutte le sue forze. « Cosa vuoi fare? » domandò Alex frustrato da tutte quelle stranezze e soprattutto dal fatto di non poter avere risposte. Lo stato in cui versava Joseph,
oltretutto, lo preoccupava più di ogni altra cosa. Erano riusciti a salvarlo ma le sue condizioni rimanevano molto gravi. Se non avessero fatto qualcosa al più presto forse sarebbe peggiorato. Decise, dunque, che avrebbe raggiunto la diga. Lì avrebbe senz'altro trovato qualcuno a cui chiedere aiuto ma a piedi ci avrebbero impiegato delle ore... « Manuel puoi correre alla diga per chiamare i soccorsi? Tu ci arriveresti in poco tempo ». « Hai ragione. E' la soluzione migliore! » fece Lily, « Se nel frattempo quella donna dovesse tornare...Alex ci difenderebbe. L'ha già fatto!. Per favore Manuel fai il più in fretta possibile » lo implorò. Manuel però li guardava con aria combattuta. « Cosa c'è che non va? » chiese Alex che non capiva cosa stesse aspettando, « Parla! Almeno tu...non tenermi sulle spine. Se hai un'idea migliore dillo pure ma non c'è tempo da perdere!». Manuel si avvicinò a Joseph. « C'è il pericolo che torni?» domandò. Joseph fece segno di si con il capo. « ZA...ZA...» ripetè. Alex capì che Manuel non li avrebbe mai lasciati soli senza protezione ma non potevano attendere oltre. « Se non ci vai tu allora lo farò io!. Ci impiegherò di più...ma forse è meglio così e loro con te saranno al sicuro. Manuel lo ignorò completamente. Il suo sguardo era totalmente perso in quello di Joseph. « Zaion? » domandò quasi certo della risposta. Joseph annuì. « Era Vanisia?» chiese ancora una volta sicuro di ricevere un altro “si” come risposta.
A Joseph si dipinse un lieve sorriso sul volto ancora sporco e poi assentì di nuovo. Mentre Alex e Lily si fissavano confusi, non essendo certi di aver colto il vero senso di quelle domande, a Manuel invece tutto adesso era perfettamente chiaro. « Zaion...Vanisia...Joseph non sta bene...Ma tu? Non dovresti assecondarlo con queste assurdità! Non adesso » disse Lily se possibile anche più preoccupata di prima. « Sa qualcosa che noi non conosciamo!» lo accusò Alex che ancora non era riuscito a togliersi dalla mente lo strano attacco che avevano da poco subito. Manuel lo guardò con aria colpevole prima di rivolgersi di nuovo a Joesph. « Un giorno ti ho visto mentre attraversavi un aggio che si era creato sul tronco di una quercia. Era molto simile a quello oltreato dalla donna poco fa » spiegò Manuel. Joseph con un grande sforzo gli afferrò il braccio sgranando gli occhi. Manuel capì di aver colto nel segno. « Se riesco a condurti fin li...troveremo qualcuno che potrà aiutarti?». « Ssssi! » riuscì a dire Joseph con espressione finalmente sollevata. « Quindi è tutto vero? » fece Lily parlando più a se stessa che ad altri. Joseph perse di nuovo i sensi. « Dobbiamo sbrigarci! » disse Alex raccogliendo da terra il cristallo scivolato dalla mano del nonno. « Perché ce lo hai tenuto nascosto? » chiese Lily. « Fino ad oggi ho sempre creduto di aver sognato. Neanche allora riuscivo a credere ai miei occhi...ma adesso sappiamo che è tutto reale...». « Tutti quei racconti...Non erano favole ma la storia del nostro luogo d'origine...Ora quasi tutto ha un senso! » fece Alex.
« Non resta che scoprire la fine del racconto e quale sia il nostro posto! » disse Lily risoluta come non mai. Seguendo le istruzioni di Manuel qualche minuto più tardi erano già pronti a partire. Joseph era stato sistemato sulle larghe spalle dell'orso che li guidò facendosi largo tra gli alberi carichi di neve. Alex e Lily lo seguivano silenziosi. Durante la lenta marcia parecchi occhietti spuntarono qua e la dietro i grossi tronchi e li osservarono are. Parecchi animali iniziarono perfino a seguirli pur tenendosi a debita distanza. « COSA SUCCEDE? » volle sapere Manuel. « LI ABBIAMO SOCCORSI IN QUESTI ANNI ATI. VORREBERO SOLTANTO RENDERSI UTILI MA AL MOMENTO NON C'E' NULLA CHE POSSANO FARE ». Di tanto in tanto Alex allungava il o per accostarsi a Manuel e controllare le condizioni di Joseph. « Quanto manca ancora? » chiese preoccupato. « SIAMO QUASI ARRIVATI ». « Non molto » disse Lily. Camminarono ancora per circa tre chilometri seguendo uno stretto sentiero che ad un certo punto terminava di fronte ad una quercia dall'aria secolare. « IL POSTO E' QUESTO » disse Manuel facendo scivolare delicatamente Joseph sulla neve soffice e riassumendo le sue normali sembianze. « Il aggio era proprio qui! » spiegò tastando la corteccia dell'albero. « Però adesso non c'è...» disse Lily iniziando a ripercorrere con la memoria tutte le storie narrate da Joseph ed in cui aveva parlato di “portali” che potevano essere aperti dai Saviani per condurli ovunque volessero andare. « Ehi, guardate... » esclamò Alex mostrando il cristallo che aveva stretto in mano durante tutto il tragitto, « ...E' diventato rosso!».
« Non può essere solo un caso » disse Manuel tendendo una mano per poterlo osservare meglio. « Tieni...Magari hai una risposta anche a questo! » disse Alex scontroso consegnandogli il cristallo prima di avvicinarsi alla corteccia. Manuel e Lily si scambiarono un'occhiata. Poi lei andogli accanto gli sussurrò: « Tranquillo. Gli erà presto». Anche lei poi si avvicinò alla quercia per controllarne la ruvida superficie. « Non capisco...Oppure?...» fece Alex pensieroso. « Cosa? » domandò Lily. « Se dobbiamo realmente basarci sui racconti del nonno la cosa più logica è pensare che lui sia un mezzofiglio o ...». « Un Saviani! » esclamò Lily sbarrando gli occhi. « L'unico modo quindi...E' quello di portarlo più vicino possibile all'albero. Il portale così dovrebbe apparire... ». « Oppure potreste tentare voi...D'altronde siete suoi nipoti! » propose Manuel. Quest'eventualità non era neanche ata per la mente dei due ragazzi che però trovarono l'idea alquanto allettante. Alex e Lily si guardarono solo per un attimo che però fu sufficiente a fargli ripercorrere tutti i momenti, le avventure e le scoperte fatte assieme. Si presero per mano e avanzarono di qualche o verso l'albero finché non urtarono alcune grosse radici. Una superficie lucida comparve di fronte a loro come fosse un grande specchio liquefatto. Entrambi trattennero il respiro per poi guardarsi entusiasti. Erano Saviani!. Manuel rise compiaciuto dietro di loro. « Ci devi delle spiegazioni! » disse Alex con tono serio pur non essendo più in collera con lui.
« Non saprei proprio cosa dirvi. Ne so quanto voi ma sono certo che al di la del aggio troveremo qualcuno che potrà darvi tutte le risposte che avete sempre cercato...Adesso andiamo!» disse prima di trasformarsi nuovamente. Aspettò che lo aiutassero a prendere Joseph sulle spalle e si accovacciò. « QUESTA VOLTA TOCCA A VOI FARE STRADA! ». Lily gli carezzò il pelo in mezzo agli occhi. « Vuole che siamo noi a guidarlo adesso » spiegò nervosa a suo fratello. Alex, che capiva perfettamente cosa provasse, la prese per mano. Non sapevano a cosa andavano incontro perché le loro uniche certezze stavano per lasciarsele alle spalle ma la forza che li attirava verso quel portale era forte. Come un richiamo che giungeva da enorme distanza e che li reclamava a gran voce. Più attendevano e più sentivano di non poter resistere un solo secondo in più. « Torniamo a casa! » disse Alex guidandola verso la luce. Lily lo seguì ma un attimo prima di attraversare si bloccò. « Auguri Alex » disse sorridente. Lui per un attimo sembrò non capire. Era stata proprio una lunga e strana giornata però poi ricordò e ricambiò il sorriso. « Buon compleanno anche a te ». Attraversarono.
ATTACCO A GANDIOS
Riwa si materializzò proprio sotto la grande arcata che era l'ingresso della nuova fortezza di Gandios. Il vocio proveniente dall'interno dimostrava che la vita della comunità era molto attiva e, come poté constatare più tardi, anche bene organizzata. Molte volte aveva desiderato di potersi mescolare tra quella gente per tentare di ottenere informazioni utili per l'imminente scontro ma non era mai riuscita ad ottenere il benestare del Gran Consiglio. Però con la scoperta della prigionia dell'Imperatrice la situazione era radicalmente cambiata e con le mappe dettagliate della miniera in mano all'Esercito Imperiale non fu difficile studiare una strategia d'attacco che mettesse d'accordo tutti i membri del Consiglio. Il tempo a loro disposizione, però, non era molto e l'attacco subito a Palazzo fece capire a tutti che un'azione repentina e improvvisa aveva molte più possibilità di riuscita. Riwa dovette insistere parecchio per vedere accettata la sua proposta. I Governanti erano dell'opinione che lei non avrebbe dovuto in nessun caso prendere parte alla battaglia. Secondo loro era già impensabile non poter salvare l'Imperatrice ma perdere anche l'erede al trono, rischiando nuove lotte per il potere, era fuori discussione. Riwa però fu determinata e irremovibile. Nell'arco di pochi minuti aveva sistemato sotto le alte mura parecchie cariche pronte ad esplodere e quando fu pronta picchiò forte contro il grande portone. Si udì rumore di i che si avvicinavano in fretta e poi qualcuno si affacciò allo spioncino. « Qui non c'è nessuno » urlò la guardia tornando indietro. Riwa bussò di nuovo e il vociare improvvisamente cessò. Questa volta numerosi uomini sbirciarono dall'alto dei muraglioni e fecero segnale agli altri di stare all'erta . Riwa ripeté il gesto altre quattro volte e quando pensò di aver innervosito abbastanza le guardie decise di fare detonare le cariche. L'eco delle esplosioni percorse le grandi distese desertiche che circondavano Gandios. L'attacco era iniziato e lei continuò a seguire il piano che era stato deciso poche ore prima. Apparve nell'armeria e nelle decine di Sale Comuni dove fu vista dai Cavergati che immediatamente fecero scattare l'allarme.
La cosa che stupì Riwa fu la compostezza e l'organizzazione con cui ognuno si dirigeva verso le varie aree di raccolta e nel giro di pochi minuti quasi tutti gli uomini e le donne avevano già indossato le tipiche uniformi color pece. Nel frattempo vide apparire quasi ovunque ologrammi di Vanisia che si rivolgeva alla Comunità. Il suo volto aleggiava in ogni aggio ed i suoi occhi verdi spiccavano come fari sulle pareti scure. « Siamo stati attaccati!. Mantenete la calma e prendete posizione. Il nostro desiderio di vivere liberi dall'oppressione dell'Impero non è stato rispettato. E' il momento di rispondere con la forza!. Difendete la Fortezza e la vostra vera Imperatrice. Insieme otterremo la nostra rivincita e il potere su Zaion. E ricordate... Il sacrificio di pochi sarà la liberazione di molti...». Il messaggio si concludeva con il sorriso più falso che Riwa avesse mai visto e che la lasciò senza parole. Dunque erano tutti convinti di essere vittime dell'Impero!. Notò che molti uomini, una volta essersi fermati per ascoltare le parole di Vanisia, ripartivano più motivati di prima e con la tipica espressione di chi era stato appena soggiogato. Capì dunque che, attraverso quel metodo per comunicare con la comunità, Vanisia si assicurava una costante devozione nei suoi confronti. Una volta notato questo particolare, però, si accorse che molti altri avano dritti e senza rallentare con il viso rivolto altrove per non incontrare quello sguardo magnetico e ingannevole. Non tutti erano sotto il suo controllo e questo le risollevò il morale. La confusione generata in così poco tempo era stata voluta intenzionalmente per spostare l'attenzione dei Cavergati all'esterno della Fortezza mentre lei si occupava della fuga di Stefi. Nel frattempo l'Esercito Imperiale si preparava ad attraversare gli oltre settanta portali che si sarebbero aperti, di li a breve, nelle vicinanze della Fortezza. Prima di partire per quella missione Riwa si era preoccupata di imparare a memoria tutti i aggi e tunnel che le avrebbero permesso di raggiungere la cella in cui
Stefi era stata reclusa. Evitò di materializzarsi durante quel percorso per non cadere in qualche pozzo non segnalato nelle mappe. Approfittava del suo potere solo per accorciare i percorsi che gli apparivano troppo lunghi o per superare piccoli gruppi di uomini armati che pattugliavano i tunnel. Ben presto si trovò all'imboccatura del pozzo e vi sostò qualche attimo in penombra. Era giunto il momento di scoprire se era in grado di oltreare la barriera eretta dagli esuli. Chiuse gli occhi e, attenta a non produrre alcun rumore, scomparve dallo stretto corridoio per riaprirli ad un o da sua madre. Stefi, per lo spavento, quasi non cadde dalla panca su cui era seduta. Appena l'ebbe riconosciuta le saltò al collo. Riwa la strinse a sua volta facendole però segno di non parlare. Era pronta per portarla fuori di la quando udirono il rumore di i che si avvicinavano velocemente. Riwa fu tentata di andare a sbirciare per scoprire di cosa si trattasse ma l'istinto la spinse a fuggire prima che potesse essere troppo tardi. Afferrò Stefi per un polso e chiuse gli occhi. Una sensazione di soffocamento, mai provata prima, le impedì di spostarsi anche di un solo o. Confusa ritentò una seconda volta fallendo nuovamente. Terrorizzata si accostò alla feritoia e subito capì cosa era riuscita a frenarla. Agli esuli seduti attorno alla cella se ne erano uniti degli altri. Erano troppi!. Non sarebbero più riuscite a fuggire da li!. « Non avresti dovuto venire fin qui! » sussurrò Stefi che già si era pentita di averle fornito le indicazioni che le avevano permesso di raggiungerla. « Il mio è solo un tentativo. Tra poco arriverà l'esercito. Non ci resta che aspettare e nel frattempo continueremo a tentare » le spiegò estraendo da una tasca un cristallo blu.
« Fermi! Non vi muovete! » ordinò un' uomo armato. Avevano appena attraversato il portale quando Alex e Lily si trovarono in un'enorme e bellissima camera costruita in pietra bianca come l'avorio. L'eleganza del luogo però stonava con la presenza di oltre venti uomini in divisa militare che, accerchiandoli, gli intimarono di non fare alcun movimento. Si bloccarono di colpo ma, appena un secondo dopo, dovettero scostarsi per far spazio al maestoso orso che li seguiva. Al solo vederlo furono tutti pronti ad aprire il fuoco. Attendevano solo l'ordine per poterlo abbattere. « Alex...Lily...Siete arrivati finalmente! ». Tutti si voltarono quando Vins si fece largo per andargli incontro. Da quindici anni attendeva quel momento!. « Presto chiamate i medicanti...E' l'Imperatore! » urlò qualcuno alle loro spalle. Vins lasciò andare i ragazzi, che stava abbracciando, e si precipitò al suo fianco. « Cosa è successo? » domandò rivolto ad Alex. « Possiamo raccontarti cosa abbiamo visto ma credo che siate voi a doverci delle spiegazioni...» iniziò prima di zittirsi improvvisamente e di rivolgersi a sua sorella, «...Lo senti anche tu?». Lily fissandolo assentì senza però capire cosa le stesse succedendo. Avvertivano entrambi una strana sensazione. Era paragonabile ad una forte esplosione interna. Un enorme carica vitale che stava aumentando a dismisura. Sembrava che ogni singola cellula del loro corpo fosse appena rinata con una forza superiore a quella precedente. « E' così intensa! » disse Alex sentendosi attraversare il corpo da continue ondate di energia. Adesso la tensione in quella stanza era quasi palpabile. Gli uomini che li circondavano non sapevano come comportarsi e si scambiavano veloci sguardi d'intesa senza però muovere un solo muscolo. L'Imperatore era giunto in fin di vita sulle spalle di un mostro mai visto prima su
Zaion e i due ragazzi che li avevano condotti fin li sembravano sotto l'effetto di un sortilegio. Sebbene la preoccupazione per la sorte di Joseph fosse maggiore rispetto alla curiosità di sapere da dove stesse arrivando quel gruppetto male assortito non smisero un solo attimo di tenerli sotto tiro. Quando l'Imperatore fu trasportato in un'altra camera Manuel era praticamente circondato. « Abbassate le armi! E' tutto a posto! » ordinò Vins, « E voi, figli miei, potete stare tranquilli...Ci aspettavamo che vi sarebbe successo qualcosa di simile ». A quelle parole Lily e Alex non furono i soli a rimanere a bocca aperta. « Lasciateci soli » ordinò Vins alle guardie che a stento erano riuscite a distogliere lo sguardo dall'orso. Manuel pensò bene di trasformarsi e lo fece lasciandoli tutti senza parole. Vins non riuscì a nascondere quanto le espressioni dei suoi uomini lo divertissero e scoppiò a ridere. « Adesso potete stare tranquilli. Non mi succederà nulla. Nel frattempo radunate le truppe. Vi raggiungerò fra poco ». Gli uomini stavano per lasciare la camera quando Vins aggiunse, « Riunite il Gran Consiglio. Voglio qui tutti i Ministri e Governanti. E' l'ora che conoscano i miei figli! ». Quando rimasero soli Manuel si sedette su un'enorme poltrona da cui era possibile guardare i giardini che circondavano il Palazzo. Avrebbe preferito lasciarli soli perché avevano molto di cui parlare ma Lily aveva intuito le sue intenzioni e, nel modo in cui solo loro potevano comunicare, gli aveva chiesto di rimanere. Adesso anche lei fissava fuori in silenzio. Troppe cosa stavano avvenendo e troppo velocemente. Non era semplice accettare tutte quelle novità senza prima fermarsi un attimo.
« Perché ? » chiese Alex spezzando il silenzio. « Per proteggervi!. Vi abbiamo tanto desiderati ma alla vostra nascita è successo qualcosa di inspiegabile...». « Si. Abbiamo seguito con attenzione i racconti di Joseph...ma non abbiamo mai sospettato che si trattasse di noi » disse Lily continuando a dargli le spalle. « Speravamo di esserci sbagliati ma con il are del tempo sono arrivate solamente conferme ai nostri dubbi. Siete legati alla profezia e non sappiamo con certezza a quali pericoli possiate essere esposti » cercò di spiegare Vins. « Vanisia ha comunque trovato il modo di rintracciarci!. Non fosse stato per Alex adesso saremmo già morti. La nonna è scomparsa e Joseph... » esplose Lily con le lacrime agli occhi, ripensando alla donna che li aveva attaccati. Vins tentò di avvicinarsi per stringerla fra le braccia ma lei non glielo permise. Fu dunque Alex che le si avvicinò. « La sensazione di poco fa...Noi facciamo parte di Zaion...adesso siamo a casa. Credo nelle loro buone intenzioni e sono certo che potremo recuperare il tempo perso...ma non sarà possibile se non gli darai l'opportunità di farlo». « Neanche per noi è stato facile...» le spiegò Vins, «...Riwa parla di voi ogni giorno. E' l'unico modo che ha per non sentirsi sola ». « Sola! Sai quante volte mi sono sentita così? Hai una vaga idea di quante volta l'ho sognata? » domandò Lily andandogli incontro. « Non erano sogni » la interruppe Vins, « Veniva a parlare con te ogni notte. Tu sapevi tutto ma al mattino dimenticavi...Non potevamo fare diversamente ». Lily allora ricordò...i sogni...l'incontro con Riwa e Vins sotto il portico di casa...la sensazione di averla già vista. « Sapevate che altrimenti saremmo voluti tornare » concluse Alex. « Esattamente. Ma non metteremmo mai in pericolo la vostra vita. Siete troppo importanti per noi...e per Zaion » disse Vins stringendolo forte. Alex ricambiò il gesto.
In segreto aveva sempre sperato in quella conclusione. « Riwa dov'è? » chiese Lily che fremeva dal desiderio di vederla. Vins le si avvicinò e questa volta lo lasciò fare. « Vanisia ha catturato Stefi parecchio tempo fa. Abbiamo tentato per anni di evitare lo scontro ma a questo punto non sarà più possibile. Riwa è già li e tenterà di portarla in salvo prima dell'inizio della battaglia... ». « L'hai lasciata andare li da sola? » tuonò Lily incredula. « Difficilmente lascia che siano gli altri a decidere per lei. Avrai modo di conoscerla meglio e di constatare quanto sia testarda » disse Vins estraendo dalla tasca un cristallo rosso. « E' simile al nostro! » fece Alex mostrando quello che aveva portato con se. Era di nuovo blu. « Li usiamo per comunicare. Quando il cristallo gemello, di quello che stringi in mano, è diventato rosso ci siamo subito preparati a raggiungervi ma voi eravate già al portale » spiegò Vins. « Ecco perché abbiamo trovato il comitato di benvenuto! » scherzò Manuel che fin dal primo momento aveva intuito che se Joseph era in possesso di quella pietra doveva senz'altro esserci un motivo. Poi però si zittì nuovamente e tornò ad essere quasi invisibile. Era contento che si stessero chiarendo. « Adesso il tuo cristallo è rosso. Chi ha l'altro? » chiese Lily temendo di conoscere già la risposta. « Riwa! Qualcosa non è andata secondo le previsioni...» disse Vins non riuscendo più a nascondere la preoccupazione. Manuel parlò di nuovo ma questa volta era serio. « Se Stefi è tenuta prigioniera vuol dire che la donna che fino alla fine si è spacciata per lei in realtà...». « Era Vanisia! » ammise Vins con aria sconfitta, « Avete corso un grande pericolo ma lo abbiamo scoperto solamente oggi. Non avevamo notizie dalla
Terra da molto tempo e scioccamente ci siamo affidati ai cristalli. Siamo stati così presi dalla costruzione della nuova Fortezza che...sapevamo che se qualcosa avesse richiesto la nostra presenza i vostri nonni ci avrebbero avvertiti ». « Perché non siete più venuti a trovarci? » chiese Alex. « Come ho appena detto...la Fortezza...e la salute di Riwa che andata via via peggiorando dal momento del rapimento di Stefi. Vostra nonna ha trovato il modo per comunicare con lei per metterci in guardia dai piani di Vanisia ma tutto questo la stava indebolendo a vista d'occhio finché oggi Joseph ha deciso di tornare. Lo strano atteggiamento di Stefi lo ha fatto insospettire ». « Solo che non era davvero Stefi » lo interruppe Manuel. « Proprio così! » confermò Vins. « Ecco perché volevi sempre aggredirla! » concluse Alex. « Ed ecco anche spiegati quegli strani sogni. Manuel riusciva a dare libero sfogo al suo istinto animale che aveva fiutato il pericolo...Mentre tu usavi lo scudo per difenderti da una minaccia molto vicina ma ben nascosta...Lei voleva questo...» disse Lily stringendo il ciondolo che portava al collo, «...Deve aver tentato di portarmelo via di notte ma tu non glielo hai permesso » finì Lily fissando Alex. Poi iniziò subito a visionare meglio il ciondolo rigirandoselo tra le mani. « Non è un semplice camlo. Di cosa si tratta? ». « Non ne sono certo. Solo Stefi lo sa con esattezza ma credo abbia a che fare con il Crion tintinnante » spiegò Vins. « Ancora la profezia! » fece Alex pensieroso. « Infatti! Ora capite perché è stato necessario portarvi sulla Terra?. Per tenervi al sicuro da tutto questo...o almeno queste erano le nostre intenzioni. Siamo stati attenti e abbiamo preso tutte le precauzioni possibili. Per evitare che Vanisia venisse a sapere della vostra esistenza abbiamo dovuto mentire davanti a tutto il pianeta e piangere la vostra prematura scomparsa. Ci siamo separati da voi...ma neanche questo è servito!. A volte penso che non esista un modo per fermarla veramente » spiegò Vins con aria stanca. Questa volta fu Lily ad abbracciarlo.
« Avete fatto il possibile ma forse è veramente il destino a volere che non siate voi a fermarla » disse decisa. Vins s'irrigidì al suono di quelle parole e la sua preoccupazione aumentò dopo aver notato lo sguardo d'intesa che i figli si scambiarono di sfuggita. « No! Non pensateci neanche lontanamente! Starete lontani dal campo di battaglia...Non abbiamo sacrificato una vita insieme a voi per spingervi, alla fine, tra le sue braccia » tuonò furibondo. Questa volta fu Alex a parlare. « Lily ha ragione. Inizialmente avete fatto delle scelte che ci hanno tenuti lontano e in seguito avete capito di aver agito nel modo più appropriato...ed è proprio così! Ma siamo legati alla profezia. I nostri poteri non sono una semplice coincidenza. Avevate capito tutto fin dall'inizio quindi...perché continuare ad opporci al nostro destino? A cosa potrebbe servire? A cosa è servito tenerci lontano da Zaion se poi siamo riusciti comunque a trovare il modo per tornare?». Vins non sapeva cosa dire. In effetti tutti i tentativi di nascondergli la verità sulle loro origini erano stati vani. « Perché questo è il nostro destino! Lo è sempre stato! » fece Lily mentre Vins continuava a scuotere la testa. « Per proteggerci Joseph è quasi morto e Stefi è stata fatta prigioniera. Adesso anche Riwa è in pericolo...quante vite ancora dovremo rischiare di perdere? » domandò Alex ostinato. Vins ascoltò in silenzio ma non avrebbe mai accettato di esporli ad altri rischi. « Quante saranno necessarie! » continuò ostinato «Voi non siete la soluzione a tutto questo!. Nessuno su Zaion metterebbe mai in pericolo la vostra vita. Siete troppo importanti...per me e per Riwa...e per tutto l'Impero...». Vins non finì di parlare perché un medicante bussò alla porta e comunicò che l'Imperatore si era aggravato. Si precipitarono tutti fuori dalla stanza per raggiungerlo. Il gruppo di persone che attorniava il letto dell'Imperatore fece spazio a Vins e i ragazzi. Alex e Lily non persero neanche un secondo di tempo.
« Adesso possiamo farcela » disse Alex. « Si. Qui siamo più forti » aggiunse Lily sovrapponendo le mani a quelle del fratello. Per la seconda volta nella sua vita Vins fu accecato da una luce potentissima che riempì la stanza. Come quindici anni addietro aveva visto i suoi figli salvare la vita di Riwa adesso li osservava mentre salvavano quella di Joseph che, nell'arco di qualche minuto, sembrò rinato. Quando tutti poterono riaprire gli occhi, senza rischiare di rimanere abbagliati, nella camera esplose il finimondo. Nessuno riusciva a darsi una spiegazione per ciò che era successo. I Medicanti rimasero spiazzati e nessuno riusciva a distogliere lo sguardo dai due ragazzi. Alex e Lily questa volta, per nulla stanchi, aspettavano con ansia che Joseph dicesse qualcosa. Lui con calma si mise seduto guardandosi intorno. « Queste divise non servono a nulla!...» fece all'improvviso, «...ma fortunatamente abbiamo un asso nella manica ». Così dicendo strinse forte a se i due nipoti che a loro volta lo abbracciarono ridendo. « Dov'è Manuel? ». « Sono qui » rispose facendosi largo tra le persone che avevano occupato ogni angolo della stanza. « Ti devo delle scuse...» iniziò Joseph, « inizialmente ti ho creduto un alleato di Vanisia...». Un mormorio riempì la stanza ma s'interruppe quando l'Imperatore continuò a spiegare. «...in realtà ti sei rivelato un fedele amico. Hai protetto i miei nipoti e portandomi qua mi hai salvato la vita...Grazie! ». Poi Joseph si rivolse a tutti coloro che li osservavano. « Signori Governanti...come avrete capito siete di fronte ai futuri successori al trono di Zaion e...al loro amico Manuel...Lui è un manovratore d'acqua! » spiegò orgoglioso.
Tutti fecero improvvisamente un o indietro. Vins gli si avvicinò per sussurrargli qualcosa all'orecchio. « Capisco che adesso ci sarebbero parecchie cose da spiegare ma purtroppo dobbiamo rimandare ad un secondo momento. Riwa ha dato inizio allo scontro ma ora tocca a noi. Attivate i portali perché è giunto il momento di ristabilire l'equilibrio su Zaion ». Al suo ordine la stanza si svuotò e rimase solo in compagnia dei ragazzi e Vins. « In realtà le divise funzionano benissimo...solo che tu hai indossato quella sbagliata. Ho tentato di avvisarti prima che ti recassi sulla Terra ma evidentemente non mi hai ascoltato » disse Vins. Joseph fu subito contento di saperlo perché questo voleva dire che non avevano perso l'importante arma di difesa su cui avevano tanto lavorato. « Sei veramente un manovratore d'acqua? » chiese poi rivolto a Manuel. « Vorrei poterti dare una risposta ma prima dovrei capire che cosa significa “manovratore d'acqua” » rispose confuso. La dichiarazione appena fatta da Joseph, infatti, lo aveva lasciato di stucco. Non sapeva che le persone che, come lui, potevano far muovere l'acqua a loro piacimento fossero chiamate così. A dire il vero non pensava nemmeno che esistessero altri che possedessero quella stessa capacità!. « Possiamo stare tranquilli? » chiese Vins a Joseph. « Si. Non corriamo pericoli » fu la risposta decisa dell'Imperatore. « Vi ricordo che sono ancora qui...» fece Manuel,«...e vorrei capirci qualcosa anch'io...se non vi dispiace!». Anche Alex e Lily erano incuriositi da quello scambio di battute dietro cui si nascondevano chissà quali verità però, stranamente, non erano più assetati di sapere come lo erano stati nei quindici anni già trascorsi. Adesso capivano che era inutile tentare di dare una spiegazione sensata a situazioni che comunque si
sarebbero rivelate lontane dalla loro immaginazione. « Ti spiegherò personalmente tutto ciò di cui sono a conoscenza e che probabilmente ti aiuterà a capire “cosa” o “chi” sei realmente...Ma non adesso! » gli fece sapere Joseph che nel frattempo aveva indossato una nuova divisa. « Anche se non prenderete parte alla battaglia dovrete indossarle anche voi. Non sappiamo come si metteranno le cose...quindi cerchiamo di non darle troppe opportunità per danneggiarci ». « Voglio venire con voi! » disse Manuel. « Hai senz'altro grandi capacità ma rimani comunque un'adolescente...dunque rimarrai qui! » lo frenò subito Vins. « Ho un conto in sospeso con lei » insisté Manuel. « Capisco perfettamente ma devi sapere che tutti noi...e mi riferisco ad un numerosissimo numero di zaioniani...abbiamo almeno un motivo per vederla sconfitta ». « Se proprio volete rendervi utili...c'è qualcosa che potete fare » s'intromise Joseph catturando la loro attenzione. « Di che si tratta? » domandò Alex poco convinto. « Durante lo scontro in molti rimarranno feriti. Purtroppo non possiamo evitare che ciò avvenga ma abbiamo intenzione di soccorrere tutti...Cavergati compresi! ». « Questo vi fa onore » disse Manuel. « Non c'è onore nelle guerre ed è bene che tu lo sappia. Non c'è componente delle Armate Continentali che non abbia almeno un parente a Gandios. Dunque puoi immaginare con quale stato d'animo i nostri ragazzi affronteranno lo scontro. I Cavergati senz'altro non avranno pietà per fratelli o cugini...ma non agiscono per libera scelta dunque l'obiettivo che ci siamo prefissati è quello di fare il maggior numero possibile di prigionieri. E' l'unico modo per liberarli dal legame che li unisce a Vanisia. Li renderemo nuovamente liberi e padroni del loro destino...Pensavo che in questo avreste potuto aiutarci » finì Joseph.
« Non devi fare altro che spiegarci cosa fare » disse Lily pronta a fare qualsiasi cosa pur di salvare delle vite. « Dei campi saranno allestiti ai confini di Minio e dei gruppi di uomini avranno il solo compito di trasportarvi tutti i feriti che incontreranno sul loro percorso o di recarvi chiunque cercherà un rifugio sicuro...». « A me sembra solo un modo per tenerci lontano...» iniziò a dire Manuel prima che Alex lo afferrasse per un braccio e lo trascinasse in un angolo della stanza. « Ascoltami bene! Non conosci Joseph bene come noi. Se vuole saperci al sicuro non ci sarà modo di avvicinarci a Gandios...ma se collaboriamo avremo sicuramente l'opportunità di arrivarci comunque. Dobbiamo solo lasciargli credere che ce ne staremo buoni ad aspettare la fine di tutto » gli suggerì Alex. Manuel non sembrava del tutto convinto. « Inoltre non puoi farle del male senza farne allo stesso tempo anche a Stefi. Non credo tu voglia davvero questo e neanche noi quindi dobbiamo capire come agire prima che anche uno solo della nostra famiglia debba rimanere ferito ». Alex avrebbe potuto continuare per ore ma Manuel aveva finalmente capito che in fin dei conti aveva perfettamente ragione. Avrebbe dovuto aspettare e tentare di rendersi utile come meglio poteva senza rischiare di ostacolare i loro piani. Tornò dunque da Joseph. « Cosa vuoi che facciamo? ». « Proteggerai i miei nipoti mentre usano i loro poteri per salvare delle vite. La vita degli eredi al trono di Zaion è nelle tue mani. Non mi hai deluso la prima volta e so che anche adesso farai del tuo meglio... » disse Joseph. « Però potrebbe anche aiutare a trasportare i feriti da Gandios ai campi di assistenza medica...In sua assenza ci sarà Alex con me » lo interruppe Lily. Se fosse stato Alex a proporre la cosa di certo avrebbero immaginato che dietro quella proposta si nascondeva l'intenzione di unirsi alla battaglia ma nessuno avrebbe sospettato di Lily e lei lo sapeva. « Non è una cattiva idea » fece Vins, « L'orso in cui ti trasformi riuscirebbe a
trasportare fino a cinque uomini contemporaneamente ». Joseph era titubante ma alla fine cedette. « E va bene ma devi promettermi di non avvicinarti troppo alla Fortezza lasciando Alex e Lily senza protezione». Manuel ci pensò un attimo e incrociò lo sguardo dei suoi amici che, con movimenti quasi impercettibili del capo, lo invitavano ad accettare. « Lo prometto » disse finalmente. « Bene...allora è deciso » esclamò Joseph che prima di lasciare la stanza seguito da Vins gli ricordò di indossare le uniformi. « Posso sapere cosa avete in mente? Ho promesso di non lasciarvi soli...Come arriverò alla Fortezza? » volle sapere Manuel. « Semplice...Noi verremo con te! » spiegò Alex. « Ho anche promesso di difendervi... ». « Vorrà dire che non ci separeremo » concluse Lily che guardando fuori dalle vetrate, « Sarà una lunga giornata...e pensare che, poco fa, sulla Terra aveva appena tramontato...».
« Dov'è la tua uniforme? » chiese Alex a Manuel quando si ritrovarono nella Piazza Grande. « A me non serve! » rispose velocemente guardandosi attorno. La facciata del Palazzo era già stata in parte ricostruita dopo l'attacco di Vanisia e la maestosità dell'edificio aveva lasciato i due ragazzi senza parole. Le alte mura, in liscia pietra bianca, racchiudevano il cuore della principale residenza dei Saviani. All'interno sei alte torri ne accerchiavano una settima, ancor più imponente delle altre, che svettava su tutto il resto.
Nel complesso il Palazzo Imperiale era visibile da grandi distanze ma non era dotato di nulla che potesse difenderlo da un attacco nemico perché i peggiori nemici dei Saviani erano stati, sempre e solo, i Saviani stessi. « Curioso come abbiano deciso di vivere su questo pianeta » fece Manuel che non smetteva di guardare in ogni direzione. « Cosa intendi dire? » chiese Alex mentre un gruppo di ragazzine si fece da parte per lasciarli are. Tutte lo fissavano e lo additavano sorridendogli e la cosa non gli dispiacque affatto. « Non mi dire che non hai notato che hanno tecnologie avanzatissime ma le loro abitazioni o...il loro modo di vestire...Portano le spade accanto ad armi mai viste prima!...E' tutto così...così...Medievale! » concluse Manuel. La voce dell'esistenza di Lily e Alex si era già sparsa ovunque e, nonostante la Piazza fosse gremita di uomini pronti a partire per Gandios tutti gli sguardi erano rivolti verso i nuovi eredi che si dirigevano verso il grande palco. Molti si inchinavano al aggio di Alex mentre altri arretravano alla vista di Manuel. « La cosa inizia a scocciarmi. In fin dei conti non ho mai fatto del male a nessuno! » sbottò. « E' tutto così strano. Fino a qualche ora fa potevo contare sul palmo di una mano tutte le mie conoscenze...Adesso un intero pianeta sa chi sono » fece Alex continuando a camminare incerto su come comportarsi di fronte a tutti quegli inchini. Trovandosi di fronte a delle ragazze, che chinarono appena il capo, fece a sua volta una specie di inchino mal riuscito e appena ato oltre se ne pentì. Le ragazze ridacchiavano di gusto. « Non so proprio come comportarmi » disse rosso in viso. « Tranquillo...» lo confortò Manuel a cui non erano sfuggiti i commenti delle fanciulle, «...ti trovano interessante! ». « Oh...Bene...Meglio così. E di te che dicono? ».
« Niente di nuovo ma piuttosto vorrei capire perché mi temono così tanto ». « Se oggi andrà tutto bene inizieremo a fare delle ricerche...anche se pensò che sarà sufficiente domandare un pò in giro. Sono certo che troveremo delle risposte ». Intanto sul palco erano presenti le più alte cariche di Zaion e l'Imperatore ne era circondato. Gli fece cenno di affrettarsi. Manuel aumentò l'andatura e Alex lo seguì a ruota. « Vorrei proprio sapere dov'è finita Lily » fece Manuel preoccupato continuando a guardarsi intorno. Poi la vide mentre saliva sul palco accompagnata da un ragazzo in uniforme. Manuel aumentò l'andatura e una volta che l' ebbe raggiunta le poggiò una mano sull'avambracio con fare possessivo. « Da qui ci penso io! » ringhiò quasi in faccia al povero ragazzo che senza parlare si bloccò sull'ultimo gradino. Lily si limitò a sorridere. Raggiunsero finalmente Vins e Joseph che li attendevano. Quando l'Imperatore iniziò a parlare tutti tacquero improvvisamente e gli occhi si rivolsero al maxi ologramma che aleggiava sulla Piazza e che, a breve, avrebbe permesso anche ai più distanti di poter vedere e ascoltare ciò che avrebbe detto. Altri ologrammi avrebbero mostrato la stessa scena anche a Verdia, Argua, Caluria ed il resto dei Continenti. « E' giunta l'ora! Lo scontro che abbiamo sempre tentato di rinviare è ormai inevitabile. Sappiamo tutti che questa è la battaglia peggiore che ci troveremo mai a combattere. Fratello contro fratello. Famiglia contro famiglia. Ma devo ricordarvi di non esitare... I Cavergati non avranno timore o pietà per noi. Non possono averne!. Se vi sarà possibile risparmiare la vita di altri zaioniani...fatelo!. Ma fate anche quanto in vostro potere per disarmare e mettere fuori combattimento chiunque vi ostacoli. Tutti i feriti saranno soccorsi...senza distinzioni!. Le uniformi che indossate vi garantiscono un'ottima protezione ma, come ben sapete, il potere di Vanisia è
sempre più forte quindi agite con prudenza. Sono fiducioso del fatto che a breve l'Imperatrice siederà nuovamente sul suo trono. Abbiamo atteso tanto ma finalmente abbiamo la SOLUZIONE... ai mali che affliggono il nostro amato pianeta...» disse orgoglioso stringendo a se Lily e Alex che lo fiancheggiavano, «...I mali di Zaion hanno le ore contate! » terminò. La tensione accumulata durante i preparativi per lo scontro sfociò finalmente in un'esplosione di urla di liberazione e incitamento. Al frastuono della Piazza Grande si unì quello degli altri Continenti. « Attivate i portali! » ordinò Vins. Settanta membri della famiglia imperiale, che al momento erano sparsi per tutti i territori di Zaion, attivarono i portali che avrebbero consentito alle Armate Continentali di giungere rapidamente su Minio. Quando gli uomini iniziarono ad avanzare verso la Fortezza la sabbia rossa del deserto iniziò a sollevarsi sotto i loro piedi fino a nasconderli alla vista dalla vita in giù. Il rumore di quel marciare rapido e coordinato creava un suono sordo e altalenante che li accompagnò fin quasi sotto le alte mura nere dove, improvvisamente, si bloccarono in attesa dell'ordine che avrebbe dato il via all'assalto.
IL CAMPO DI BATTAGLIA
Nio correva verso le stanze di Vanisia convinto di trovarla pronta a guidare i suoi uomini. La confusione, scaturita al momento delle esplosioni, era già un vecchio ricordo e, mentre i bambini si trovavano al sicuro nei bunker, uomini e donne in divisa, con la piccola V scarlatta sul petto, erano tutti schierati fianco a fianco lungo i tunnel che risalivano in superficie. In silenzio e con lo sguardo perso nel vuoto attendevano l'ordine di sbucare in superficie. Nio picchiò forte contro la porta ma non ottenne risposta. Bussò nuovamente e con più forza ma nessuno lo invitò ad entrare. Pensò quindi di andare a controllare nella Sala Riunioni quando udì delle voci provenire dall'interno delle stanze. « Boindra apri! » urlò Nio. Nessuna risposta. Nio sapeva che se Vanisia era di cattivo umore entrando nelle sue camere, non invitato, avrebbe rischiato grosso ma la situazione in cui si trovavano richiedeva la sua presenza dunque non c'era tempo da perdere. Non la incontrava da mesi. Il loro era sempre stato un rapporto complicato fatto di complicità e obbedienza. Non riusciva a spiegare a se stesso cosa effettivamente lo legasse a lei ma tutte le volte che la domanda gli si presentava alla mente automaticamente quella forte attrazione si rinnovava. Si sentiva come un satellite intorno alla sua stella. Per quanto le vorticasse intorno, sapendo in fondo di doversi allontanare per non mettere in pericolo la sua stessa incolumità, non riusciva in alcun modo a staccarsi da lei. Con decisione aprì la porta ed entrò. La confusione che regnava all'interno lo lasciò di stucco. Solitamente l'ordine in quelle camere regnava sovrano. Si bloccò sull'uscio confuso. Improvvisamente Boindra gli sfrecciò davanti rincorrendo un bambino che chiaramente non voleva farsi acciuffare. Nio l'afferrò per un polso. « Vanisia dov'è? ».
« La nostra padrona sarà qui a breve...» disse tentando di divincolarsi, « Ti prego lasciami andare. Se al suo ritorno non saremo pronti...mi ucciderà » terminò implorando. Nio subito la lasciò andare e si voltò per uscire. Il suo percorso però era bloccato dalla presenza del bambino che lo fissava incuriosito. « Chi sei? » domandò con vocina infantile ma ferma. Nio non avrebbe mai perso del tempo prezioso per soddisfare la curiosità di quel birbante ma la risposta a quella domanda gli scaturì dalle labbra senza che fosse riuscito a bloccarla. « Il mio nome è Nio... sono Capo delle Guardie ». Il bambino sembrò cambiare espressione e iniziò a fissarlo con minor impudenza. A Nio sembrò di scorgere un pizzico di ammirazione nel suo piccolo sguardo. Era carino con quei biondissimi capelli ricci e il visetto paffuto in cui spiccavano dei furbetti occhi verde smeraldo. A Nio non erano mai interessati i bambini, tanto che ogni qual volta cercava di ignorarli o evitarli, ma quel visino aveva qualcosa di magnetico e familiare. Quasi non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. « Visius per favore indossa questa maglia » lo pregò Boindra avvicinandosi e riportando tutti alla realtà. « Aspetta! » disse il piccolo alzando una mano. Boindra si bloccò di colpo. « Mi si è slacciata una scarpa. Puoi legarmela? » domandò a Nio. « Io devo scapp...» fece per rispondergli. « Adesso! ». Nio subito si inginocchiò alla sua altezza e allacciò la scarpetta. Mentre era ancora piegato Nio notò che effettivamente c'era qualcosa di strano. Il piede del bambino era troppo grande per la sua età. Quella sproporzione non gli piacque affatto. Un brivido gli attraversò la spina dorsale. C'era qualcosa di sbagliato in
quel bambino. In ogni caso non aveva intenzione di scoprire quale problema avesse. Aveva altro a cui pensare. Si precipitò nuovamente nel tunnel da cui era arrivato e dove lo attendeva il suo vice. « Le cose si mettono male. Sono molto più numerosi di noi...». « Non mi dici nulla di nuovo. Sapevamo che sarebbe stato così! » lo interruppe Nio seccato. « Si ma se attaccheranno su tutti i fronti contemporaneamente gli esuli presenti sui bastioni non basteranno a resistergli ». « Di quanti esuli stiamo parlando? » chiese Nio senza smettere di camminare. « Dieci ». Nio si bloccò. « Dovrebbero essere almeno il doppio...Dove sono tutti gli altri?». « Sorvegliano l'Imperatrice. E' stato un'ordine di Vanisia dopo l'attacco a Palazzo...forse si aspettava qualcosa del genere » spiegò Biork quasi a volersi scusare per colpe non sue. Nio lo conosceva da tutta una vita. Erano amici fin dall'infanzia e anche lui prima di seguirlo, decidendo di vivere alla Fortezza, era stato un grande cacciatore di Bisciop. Ma la vita in quella Comunità lo aveva irrimediabilmente cambiato. Aveva perso gran parte della massa muscolare e da qualche tempo soffriva di una lieve forma di claustrofobia. Per quanto riguardava l'aspetto emotivo era sempre di cattivo umore e, a differenza dal ato, difficilmente eseguiva gli ordini senza prima contestarli. A parte questo era rimasto, per Nio, il buon amico di sempre. « Forse dovremmo arrenderci prima che sia troppo tardi » si azzardò a proporre Biork e nonostante Nio avesse sgranato gli occhi, incredulo a ciò che le sue orecchie avevano appena ascoltato, prese coraggio e continuò, « Stiamo mandando questi uomini e donne a morte certa ». Nio fece per aprir bocca ma Biork non glielo permise.
« Hanno nuove uniformi che resisteranno ai nostri colpi e armi studiate appositamente per combattimenti in luoghi chiusi e con pericolo di crolli...». « Come fai a sapere tutte queste cose? » domandò Nio sospettoso. « Lo sanno tutti » rispose in fretta. Non gli piaceva mentire ma lo consolava il fatto di avergli raccontato solo una mezza bugia. Era vero che tutti sapevano di quelle armi o delle nuove uniformi ma...solo coloro che non erano sotto il controllo di Vanisia e che, alla prima occasione, se la sarebbero data a gambe levate. « Comunque non dovresti neanche lontanamente pensare ad una resa...se solo Vanisia ti avesse sentito...Saresti già morto! » esplose guardandosi alle spalle,« Noi abbiamo lei! Nessun' altro su Zaion ha poteri simili e prima che ce ne renderemo conto avremo già vinto questa guerra contro l'Impero. Però io ho bisogno di te al mio fianco...come i vecchi tempi. Non mi fido di nessun' altro ». Biork, nonostante scuotesse il capo, si arrese. Sapeva fin dall'inizio che sarebbe stata una battaglia persa in partenza...ma almeno ci aveva provato. Era il suo migliore amico e per nessun motivo lo avrebbe lasciato solo. Sarebbe sceso in campo...ma solo per difendersi e per difendere Nio fino a quando non avrebbe deciso di arrendersi. Discutendo erano giunti sui bastioni e da li poterono guardare fuori dalle mura. Sebbene fosse stato informato che la Fortezza era stata circondata Nio per un attimo trattenne il fiato. La sabbia rossa si stava ridepositando lentamente al suolo e le centinaia di migliaia di uomini immobili, che accerchiavano le mura, sembravano morti usciti dalle viscere della terra. « Riporta subito qui tutti gli esuli che c'erano di guardia!. Quelli che resteranno nel pozzo saranno più che sufficienti » ordinò a Biork. « Ma Vanisia s'infurierà » esplose lui. « Se riusciranno ad entrare...forse neanche lei riuscirà a tenergli testa » disse ripensando a cosa aveva appena affermato pochi minuti prima nei tunnel. La fiducia aveva iniziato a vacillare ma non voleva darlo a vedere. Era convinto che l'unico modo per uscire vincitori da quella situazione era quello di impedire ai nemici di varcare il limite posto dagli esuli.
Solo rimanendo a quella distanza sarebbero facilmente crollati sotto i colpi di Vanisia che avrebbe potuto agire indisturbata. « Fai presto! » intimò. Biork, però, non fece in tempo a rientrare che un grido d'incitamento, seguito da un repentino ordine di attacco, si udì chiaramente ed echeggiò ovunque. La risposta delle Armate Continentali non si fece attendere. Gli uomini risposero all'unisono con urla di eccitazione che spaccarono l'aria e sembrarono voler scuotere le fondamenta. Le prime file di arcieri mirarono e da ognuno dei loro archi vennero scoccati dieci colpi contemporaneamente. Una pioggia di frecce, blu elettrico, fendettero l'aria ed esplosero in milioni di scintille al contatto con lo scudo eretto dagli esuli. Quest'ultimo mostrò subito delle crepe che, alla seconda ondata di frecce, si lasciarono attraversare senza grossi problemi. « Corri! » urlò Nio a Biork che scomparve dentro un aggio nel terreno. Poi fece segno ai suoi uomini di rispondere all'attacco. Migliaia di piccole fessure si aprirono nelle spesse mura e luci turchesi scoccarono iniziando una corsa che si bloccò contro gli scudi dell'Esercito Imperiale. « Usate i pozzi e non risparmiate nessuno! » disse Vanisia con voce fredda e ferma per nulla allarmata da ciò che sarebbe inevitabilmente accaduto a breve. Nio si voltò al suono della sua voce e, dopo averla fissata per qualche secondo, tutte le esitazioni e le incertezze lo abbandonarono. « Diamo inizio alla nostra rinascita! » disse scomparendo a sua volta all'interno di un tunnel seguito dai suoi uomini.
Riwa e Stefi sedevano in silenzio una accanto all'altra. Quando la terra aveva tremato e la cella aveva iniziato a dondolare all'interno del pozzo avevano capito che l'attacco era stato lanciato.
Riwa non aveva mai smesso di tentare... ma fuggire da quella prigione... era impossibile!. La loro unica fortuna consisteva nel fatto che ancora nessuno si era accorto della sua presenza. Quando un uomo arrivò, con l'ordine di far risalire in superficie metà degli esuli, entrambe ricominciarono a sperare. Gli esuli iniziarono ad abbandonare il pozzo due per volta in modo da non interrompere la protezione intorno alla cella che altrimenti avrebbe potuto cessare improvvisamente. Era un meccanismo lento e frustrante che Riwa e Stefi conoscevano perfettamente. Riwa tentò subito di smaterializzarsi ma, ovviamente, non ci riuscì. Attesero tenendosi per mano. Non riuscivano a credere di essere sul punto di poter volatilizzarsi da quello spazio soffocante. « Come hai fatto a resistere tanto a lungo qui dentro? » domandò Riwa sottovoce. Stefi sorrise. « Ho avuto un'ottima compagna di viaggio ». Riwa stava per domandarle a chi si stesse riferendo ma Stefi la zittì con un segno della mano. Altri due esuli si stavano dirigendo verso il tunnel. Riwa provò di nuovo. Avvertì solo un lieve capogiro ma nulla di più. Guardò sua madre scuotendo il capo. « Tranquilla riproveremo tra qualche minuto » disse sorridendole. Stefi la guardò preoccupata. « Sei così sciupata ». « Sono state le nostre conversazioni » le fece sapere Riwa ma subito capì di aver fatto male a dirle la verità. L'espressione di rinato ottimismo, che aveva conquistato il viso dell'Imperatrice all'idea di poter fuggire da li, fu immediatamente sostituito da un'enorme senso di colpa. Ancora due esuli si staccarono dalle pareti per recarsi all'aperto. Mentre loro uscivano Nio arrivò di corsa per scambiare qualche parola con Biork. Tentarono
di cogliere il senso di quella conversazione ma ne Stefi e tanto meno Riwa, che non poteva sbirciare dalla feritoia per non essere vista, udirono nulla. Nel frattempo il settimo e l'ottavo esule lasciarono il pozzo. La cella vibrò a causa di alcune forti esplosioni. « Hanno già aperto i pozzi » disse Nio. « Vanisia è stata informata di cosa stiamo facendo? » chiese Biork sempre più preoccupato. Nio parve offeso da quella domanda. « Ho sempre agito per il bene della Comunità e neanche Vanisia oserebbe dire il contrario » tuonò. « Questo lo so » fece Biork, « Ma riponi troppa fiducia nella sua riconoscenza. Non dovresti fidarti così di lei...nessuno dovrebbe farlo » concluse. Qualcosa, all'interno della cella, attirò la sua attenzione. Biork era certo di aver colto due ombre, ben distinte, muoversi all'interno. Adesso fissava dritto negli occhi terrorizzati dell'Imperatrice. Stefi sapeva che la presenza di Riwa non era più un segreto. Stava per soggiogare l'uomo quando lui la sorprese facendo finta di nulla. Fece segno a due esuli di lasciare il pozzo. La terra ormai tremava di continuo. Riwa afferrò sua madre per un polso e chiuse gli occhi ma Stefi la pregò di attendere. « Biork...mi deludi! » fece Nio. Ma non riuscì ad aggiungere altro perché la voce di Vanisia attraversò il buio aggio annunciandone l'arrivo. « Chi ha dato l'ordine? » urlava colma d'ira. Nio, per la seconda volta nell'arco di poche ore, dovette ammettere a se stesso che forse Biork non aveva tutti i torti. « Vattene prima che arrivi! Le parlerò io » ordinò Nio all'amico. « Non ti lascio qua! » obiettò Biork.
« Vai ho detto. Ti raggiungerò a breve sul campo ». Biork eseguì l'ordine e lasciò il pozzo seguito da due esuli. « Dobbiamo approfittarne adesso » disse Riwa che finalmente era certa di poter uscire di lì. « Dammi ancora un' attimo » la implorò Stefi. « Cosa vuoi aspetta... » s'interruppe improvvisamente Riwa quando Vanisia giunse all'ingresso del tunnel. Era una furia e arrivando di corsa per poco non cadde all'interno del pozzo. Fu Nio a trattenerla dal precipitare. « Non toccarmi traditore! » esplose,« Riportali tutti qui!...Lei è ancora li dentro? » chiese indicando la cella. « Certo » rispose Nio con un fil di voce. Era tutto vero!... Biork aveva ragione!... A lei non interessava nulla di tutti coloro che vivevano in quella Comunità!... Era solo ossessionata dalla sorella e dal desiderio di spodestarla e liberarsene riuscendo ad ottenere l'immortalità!, capì finalmente. « Ho dovuto agire così. Stavano per spezzare lo scudo. Una volta entrati non saresti mai riuscita a fermarli tutti...» cercò di spiegarle. « Non dirmi cosa posso o non posso fare! » urlò Vanisia mentre incontrava, attraverso la fessura della cella, lo sguardo di sua sorella. « Se a causa tua perderò il vantaggio di averla finalmente in trappola...» iniziò rivolta a Nio. Ma non finì la frase perché, accanto agli occhi di Stefi, vide spuntare altri due occhi verdissimi. L'urlo di rabbia che scaturì dalla sua bocca spalancata fu peggio delle esplosioni che si susseguivano in superficie. « Ma cosa...» farfugliò Nio nel momento in cui, anche lui, notò quel secondo
paio di occhi. Vanisia lo afferrò con forza per il mento costringendolo a fissarla dritta negli occhi. « Vai fuori a combattere. Ti voglio in prima linea! ». « Subito » rispose Nio che immediatamente imboccò il tunnel. Vanisia non perse tempo e mentre faceva esplodere un colpo contro la cella urlò con quanto fiato aveva in corpo. « Oggi, vive o morte, tu ed io rimarremo qui per sempre! » urlò rivolgendosi a sua sorella. Ma prima che la prigione di Stefi esplodesse precipitando nel vuoto gli occhi che la fissavano con disprezzo ebbero il tempo di scomparire. Prima di scappare Riwa fece l'occhiolino a Vanisia e le urlò a sua volta. « E' la seconda volta che fai i conti senza di me!». Riwa e Stefi si materializzarono all'esterno della Fortezza. Proprio al centro tra i due fuochi. « Da questa parte! » urlò una voce familiare. Era Vins che tentava di farsi sentire mentre intorno a loro era scoppiato il finimondo. Riwa scomparve dal punto in cui si trovava portando con se Stefi che ogni volta lottava contro le sgradevole sensazione di precipitare nel vuoto. Si spostarono abbastanza da rientrare nella zona protetta dell'Esercito. A Riwa bastò guardarsi intorno con un'occhiata per capire che le cose non stavano andando come previsto. C'erano troppi corpi in terra. « Che succede? ». Vins però non le rispose ma le indicò una direzione. Riwa afferrò anche lui per la mano e scomparvero. Riapparvero a parecchi chilometri di distanza dove brillava un grande portale. « Stefi tu raggiungi i ragazzi e cerca di tenerli lontani da qui...» iniziò Vins.
« I ragazzi sono qui? » esclamarono all'unisono Riwa e Stefi anche se non si poteva dire chi delle due fosse più entusiasta e chi più preoccupata. « Si ma è una lunga storia e vi spiegherò tutto dopo...». « Giusto! » lo appoggiò Riwa mettendo per un attimo da parte la felicità di sapere che i suoi figli si trovavano a pochi metri da lei. « Perché c'erano così tanti feriti tra i nostri uomini nonostante non siate ancora riusciti ad espugnare la Fortezza? ». « Esistono migliaia di pozzi sotto i nostri piedi. Circa la metà non è segnalata nelle mappe. Li hanno usati per lasciare uscire degli insetti talmente piccoli da essere quasi invisibili. Chiunque è stato punto si è accasciato al suolo. Sono vivi ma stiamo tentando di portarli tutti qui il prima possibile. Anche Alex e Lily stanno facendo del loro meglio. Riescono a rimetterli in piedi nonostante i Medicanti non siano ancora riusciti a capire di quale tossina si tratti » s'interruppe con espressione orgogliosa quando un nuovo portale si aprì a poca distanza. « Anche Manuel sta dando un'enorme contributo » aggiunse indicando il grosso orso che gli andò incontro con quattro uomini sdraiati sulla schiena. Quando l'orso fu ad un o da Stefi le leccò una guancia. Poi scomparve attraverso il portale. « Anch'io sono contenta di vederti » gli disse Stefi. « Comunque...» riprese Vins, « ...siamo riusciti ad entrare nella miniera proprio attraverso quegli stessi pozzi. Continueremo così...almeno finché non riusciremo ad abbattere definitivamente il loro scudo che a quanto pare si sta rafforzando ». « E non ci riusciremo mai se non fermerò gli esuli che sono stati inviati a dar man forte a quelli che già difendono le mura » disse Riwa pensierosa. « Però...adesso che l'Imperatrice è salva possiamo anche far rientrare le truppe. Non siamo costretti a...». « Si che lo siamo Vins! » lo interruppe Stefi,« Non tutti sono stati soggiogati.
Vivono da anni nell'attesa di essere liberati. Non possiamo abbandonarli adesso. Non voglio neanche immaginare cosa potrebbe succedergli quando lei scoprirà che mi hanno aiutata...» si soffermò un' attimo, « ...Quindi avete avuto le mappe della miniera?». « Si...Non so come avremmo fatto senza! E per quanto riguarda i Cavergati...hai perfettamente ragione!. Ho visto anch'io come molti di loro evitavano lo sguardo di Vanisia...So cosa fare!» disse Riwa e poi sparì. Vins non poteva credere che lo avesse fatto di nuovo ma non fece in tempo a distogliere lo sguardo dalla spazio vuoto che la vide riapparire in compagnia di un esule. Subito Stefi si preoccupò di liberarlo dal legame che lo univa a Vanisia. « Tranquilla ci ho già pensato io » la informò Riwa. Era sul punto di scomparire di nuovo che Alex e Lily attraversarono il portale seguiti da Manuel. « Non potevo tenerli all'oscuro di tutto » spiegò sorridente. Lily si precipitò fra le braccia di Riwa che la strinse con tutte le sue forze. Poi Alex le abbracciò entrambe. « Potrete perdonarci? » domandò Riwa tra i singhiozzi e con il cuore colmo di gioia. « Non avete nulla da farvi perdonare » le risposero. Riwa che attendeva quel momento da una vita dovette, a malincuore, staccarsi da loro. Si asciugò il viso e prese le loro mani tra le sue. « Abbiamo molte cose da raccontarci ma...». « ...ma non è il momento adatto. Lo sappiamo! » concluse Lily. « Stefi come ti dicevo tu dovrai rimanere con i ragazzi. Per il momento non è sicuro rientrare a Palazzo perché è rimasto senza protezione...» stava spiegando Vins. « Non me ne starò qui mentre il mio popolo combatte per me! » si oppose.
Vins si limitò a scuotere la testa sapendo che sarebbe stato inutile insistere quindi guardò Manuel. « Lo so...lo so...Li proteggerò io! » disse subito avendo intuito cosa stava per chiedergli. Riwa scomparve insieme a Stefi e Vins. « Manuel tu sai dove sono diretti...Sei l'unico che può condurci fin lì! » disse Lily. « Sapevo che me lo avreste chiesto ma credetemi...non c' è nulla che possiate fare lì...se non rimetterci la pelle ». « Penso esattamente la stessa cosa! » disse inaspettatamente Alex. Lily lo fissò incredula. « Qui sei più al sicuro. Noi due potremo difenderci meglio se non dovremo pensare anche a te...» continuò Alex. « Non pensateci neanche! » tuonò Lily,« Non mi lascerete qui. Non ho intenzione di aspettare nell'attesa di vedervi tornare su qualche barella. Ci andremo insieme e lo faremo subito!». « Sapevo che sarebbe stato inutile tentare » fece Manuel con un'alzata di spalle. « E' pericoloso! » disse Alex serio prendendo sua sorella per le spalle e fissandola dritto negli occhi. « Ne sono cosciente...ma il nostro posto è accanto alla famiglia ». Alex si arrese. Sapeva che qualunque cosa le avesse detto non sarebbe servito a farle cambiare idea. « Quando volete ragazzi...ma vi faccio divieto assoluto di allontanarvi da me » disse Manuel prima di trasformarsi. « Facciamo in fretta prima che ci impediscano di abbandonare il campo » li esortò Alex che si sistemò dietro sua sorella. Manuel partì di corsa compiendo balzi che, di volta in volta, accorciavano la
distanza che li separava dalla miniera. Dopo una decina di minuti, infatti, iniziarono a scorgere in lontananza un'imponente costruzione scura che s'innalzava nella sterminata linea desertica. Parecchie colonne di fumo salivano da centinaia di punti attorno alla Fortezza e prima che giungessero dove la lotta infuriava, capirono che lo scontro ormai era proprio in pieno svolgimento. Riwa doveva aver portato a termine la sua missione perché era chiaro che gli scudi di Vanisia erano crollati. Alcuni cingolati si fecero largo tra i combattenti e una volta sotto le mura iniziarono a sparare grossi dischi circolari che si conficcavano nelle pareti in modo da formare lunghissime scale. Adesso c'erano più vie di accesso verso l'interno e le Armate ne approfittarono subito per l'assalto finale. « Non riesco a vedere dove sono gli altri » fece Alex cercando di distinguerli in mezzo alla massa di corpi che combattevano ovunque intorno a lui. « JOSEPH E' GIA' DENTRO. E' STATO IL PRIMO AD ENTRARE...POI NON L'HO PIU' VISTO ». « Joseph ha guidato gli uomini all'interno attraverso i pozzi » spiegò Lily ad Alex non riuscendo a mascherare la preoccupazione che provava in quel momento. « Via di li! » gridò qualcuno alle loro spalle. Un pozzo esplose proprio sotto di loro e, mentre tutti li diedero per spacciati, rotearono all'interno di una sfera invisibile sospinti in aria da fiamme altissime fino a quando non tornarono al suolo dove Manuel cadde sulle quattro zampe con ancora i due amici ben stretti a lui. « Alex sei un fenomeno! » si complimentò Lily. « Dove sono gli Imperatori? » chiese Alex allo stesso uomo che poco prima li aveva messi in guardia. « L'Imperatore è diretto al terzo livello » spiegò ma capì subito, dalle loro espressioni, che non sapevano a cosa si stesse riferendo,« Le camere di Vanisia!» specificò e tornò a combattere lasciandoli con mille interrogativi.
Improvvisamente Lily scivolò giù dalle spalle dell'orso per soccorrere una donna che si era appena accasciata al suolo. Manuel andò su tutte le furie sebbene già si aspettasse una cosa simile. Anche per Alex era difficile fingere di non vedere tutti quei feriti che, un pò per volta, venivano trasportati via. Era impossibile rimanere a guardare sapendo di poterli soccorrere. Anche lui corse vicino alla donna. « Fa parte dell'esercito di Vanisia » si accorse subito notando la V che aveva sul petto. Poi osservandola meglio rimase senza parole. « E' una ragazzina! » esclamò Lily sconvolta. La ragazza aveva perso i sensi a causa di una ferita alla testa ma era ancora viva. Alex le fece poggiare il capo sulle sue gambe e con le mani giunte sulla sua fronte iniziò a guarirla. Lily lo lasciò fare senza intervenire. Ci sarebbe riuscito anche da solo. Constatare come Vanisia approfittasse della sua Comunità lo aveva reso furioso e questo bastava a renderlo abbastanza determinato da poter agire anche senza aiuto. La ferita si cicatrizzò e dopo alcuni secondi la ragazza aprì gli occhi terrorizzata. « Tranquilla va tutto bene » cercò di spiegarle Alex mentre lei si rimetteva frettolosamente in piedi. « Ti ha guarita » aggiunse Lily. La ragazza non sembrò averli ascoltati e raccolta una grossa pietra da terra tese subito il braccio pronta a scagliarla. Delle mani l'afferrarono alle spalle e la costrinsero a voltarsi. La ragazza rimase immobile per qualche attimo e poi lasciò andare il sasso. Subito dopo si gettò tra le braccia della sua salvatrice. A Riwa era bastato guardarla negli occhi per liberarla. « Corri in quella direzione. Troverai uomini che ti porteranno al sicuro » le spiegò. « Ma la mia famiglia...» iniziò a preoccuparsi la ragazza. « Penseremo noi a loro » insisté Riwa che quando capì che la ragazza non
sarebbe mai andata via senza le persone a lei care la afferrò per un polso, « Poi toccherà a voi quindi non muovetevi da qui! » disse con tono di rimprovero e scomparve insieme alla ragazza. « Mi dispiace doverle disubbidire ma se non ci allontaniamo di qui il prima possibile tornerà per portarci in un luogo da cui, certamente, non riusciremo a fare ritorno » disse Alex aiutando Lily a salire sulle spalle dell'orso. Prima di salire a sua volta raccolse da terra un auricolare e se lo sistemò all'orecchio. « DOVE? » chiese Manuel che in attesa di indicazioni dovette schivare due colpi esplosi dai Cavergati. « La direzione! » urlò Lily. Alex, che era concentrato ad ascoltare le notizie che gli giungevano all'orecchio, indicò verso l'interno. Manuel non attese oltre e si diresse veloce in direzione del grande varco che era stato aperto con gli esplosivi. Prima che potesse attraversarlo vide un'intera folla impaurita dirigersi velocemente nella loro direzione. A guidarli c'era Stefi che avanzava sorreggendo una donna zoppicante. La confusione e il rumore provocato da crolli ed esplosioni rendeva quasi impossibile comunicare normalmente senza dover urlare. Quando Stefi si accorse della loro presenza, al contrario di quanto si sarebbero potuti aspettare, la sua espressione fu di assoluto sollievo. Lily fu contenta di constatare che non era in collera perché le avevano disubbidito gettandosi in mezzo alla battaglia. Sembrava quasi che sapesse che li avrebbe trovati li!. Manuel, per non intralciare il aggio di quella gente in fuga, si fece da parte. Lily corse incontro a Stefi per aiutarla a sostenere la donna. « Puoi pensare a Breal solo qualche attimo? ». « Certo » rispose Lily che aveva già iniziato a curarla. Stefi si arrampicò sulle macerie di un muro ormai crollato e iniziò ad indicare, sbracciandosi, la direzione che anche gli altri avrebbero dovuto seguire.
« Non sono pericolosi? » chiese Alex. « No! Non sono mai stati di Vanisia. Aspettavano solo il momento per fuggire » spiegò Stefi facendo segno, agli ultimi della lunga coda, di affrettare il o. Alex iniziò ad imitarla e ad incitarli a correre più velocemente. Il caos generato dalla battaglia non fu però sufficiente a nascondere ciò che stava avvenendo. Molti Cavergati, seppur coinvolti in scontri corpo a corpo, si accorsero della fuga di massa e iniziarono a colpire anche i fuggitivi. « Alex puoi fare qualcosa? » chiese Stefi impotente. « Sono troppi » esclamò Alex convinto che non sarebbe mai riuscito a proteggerli tutti. « Prova! » lo esortò. Alex si concentrò e immediatamente sentì formarsi la sfera protettiva. Poi, poco alla volta, iniziò ad espanderla facendogli inglobare sempre più persone. Un Cavergato, avendo capito cosa Alex stesse tentando di fare decise di eliminarlo. Manuel però, ponendosi tra i due, era pronto a difenderlo. L'uomo non si scompose e aprì il fuoco contento di potersi liberare di entrambi. Manuel, che fortunatamente si trovava all'interno della sfera, vide i lampi turchesi infrangersi a pochi centimetri dal suo naso. Stefi corse in testa alla fila di persone, che ormai aveva quasi completamente abbandonato la Fortezza, e aprì un portale. « Via! Adesso! » ordinò. Riwa apparve al fianco di Stefi ed il portale raddoppiò le dimensioni. Il flusso in movimento iniziò a diminuire ma ormai tutti sapevano cosa stava accadendo.
LA TORRE NERA
Improvvisamente la terra tornò a tremare e la parte centrale della pavimentazione, all'interno delle mura, iniziò a disgregarsi precipitando verso il cuore stesso di Gandios. Tutti urlarono di terrore, vedendo la miniera ripiegarsi su se stessa, e iniziarono a dirigersi, il più in fretta possibile, verso le brecce aperte dall'Armata Continentale. I canali usati per assaltare la Fortezza adesso erano divenuti l'unica via di fuga dall'interno. Dalle viscere della terra iniziò ad innalzarsi verso il cielo una stretta e sottile torre che, in breve, superò di gran lunga i muri stessi della Fortezza. Chiunque non riuscì ad allontanarsi il più in fretta possibile precipitò nelle viscere dell'antica miniera. Manuel capì che non tutti ce l'avrebbero fatta a raggiungere il portale quindi si diresse rapido verso la coda di quella calca in movimento e permise a molti di montargli in spalla o, più semplicemente, di aggrapparsi al folto manto. Fece ripetutamente lo stesso tragitto avanti e indietro finché non si accasciò al terreno senza più fiato. Riwa, a sua volta, aveva portato in salvo quante più persone era riuscita a raggiungere. « Dove sono Vins e Joseph?» le chiese Alex appena se la trovò vicino. Lei non rispose e si limitò a scuotere la testa lasciando trasparire tutti i suoi timori. Nel frattempo la torre giunse in posizione e la terra smise di tremare. Lily fissava in alto ma il peggio le sembrò essere ato...almeno finché non vide un portale azionarsi proprio in cima alla nuova costruzione. Vanisia apparve dal portale con aria soddisfatta e, da quella posizione, iniziò a colpire ovunque sotto di lei. L'aria vibrava ad ogni suo attacco e chiunque veniva colpito era scagliato ad una tale distanza che cadeva rovinosamente perdendo la vita. In parecchi aprirono il fuoco ma nessuno riuscì a colpirla. Nessuna arma riusciva ad oltreare le sue onde d'urto.
« Non sparate! » gridò l'Imperatore temendo per la vita di Stefi. Proprio in quel momento era comparso alle spalle di sua moglie. Era ferito ma nel suo sguardo brillava la fiamma del combattente. « Fate crollare quella torre! » ordinò. « Potrebbe morire durante il crollo » gli fece notare Vins. « Non correrà questo pericolo...» disse guardando Stefi. Lei assentì. Erano entrambi certi che sarebbe fuggita prima del crollo. «...al contrario da lassù potrebbe sterminare i nostri uomini in pochissimo tempo » finì. Mentre spiegava a Vins come agire Vanisia si accorse di loro e della fuga di massa dei suoi uomini. Agì prima ancora di pensare e colpì in direzione del portale aperto da Stefi. Migliaia di persone si gettarono a terra sapendo di essere sul punto di morire ma l'onda di energia si schiantò e premette contro lo scudo di Alex che, straordinariamente, resistette. Vanisia non credette ai propri occhi. Non riusciva a spiegarsi cosa aveva potuto bloccare il suo potente attacco contro quei vili traditori. Guardando meglio in mezzo alla gente, che correva in preda al panico, scorse due occhi che la fissavano senza timore. Alex la stava sfidando! Vanisia colpì di nuovo ma questa volta tutto il suo potere era concentrato su di lui. L'onda di energia fu attraversata da alcuni colpi di armi al laser. Chi ebbe il coraggio di fermarsi a guardare riuscì a vedere la dimensione e il movimento di un muro d'aria blu che scendeva veloce a premere contro lo scudo. Quest'ultimo, in un primo momento, resistette all'urto quasi respingendolo ma subito dopo iniziò a cedere. Tutti coloro che si erano bloccati ad osservare l'evento iniziarono, nuovamente, a dirigersi verso il portale. La parte più alta dello scudo si abbassò di qualche metro per poi tornare ad espandersi respingendo il colpo di Vanisia.
Urla di contagioso entusiasmo nacquero un pò ovunque echeggiando nella rossa distesa di Gandios. « NON DOVEVA FARLO! LA STREGA HA UN CONTO IN SOSPESO CON ME...E' L'ORA CHE PAGHI...» pensò Manuel fuori di sé. « Nooooooo...» gridò Lily. Ma Manuel aveva già abbandonato il suo posto sicuro, all'interno dello scudo, per lanciarsi contro la torre. Durante quella folle e breve corsa Manuel non fece altro che ripensare alle volte in cui la sua natura animale lo aveva avvisato su quella donna... ...tutte le volte in cui aveva voluto saltarle alla gola... e di conseguenza tutte le volte in cui si era dovuto trattenere!. Poi però l'ultimo ricordo!. Quello in cui aveva tentato di ucciderlo mentre era in compagnia dei suoi amici. Ruggì e corse ancora più veloce. Tutto intorno a lui sembrò fermarsi e scomparire. Non esisteva nient'altro che lui e la donna sulla torre. E la torre sarebbe caduta! Quando colpì la base della torre tutto vibrò attorno alla Fortezza e uno squarciò iniziò ad aprirsi nella dura roccia nera. La crepa percorse tutta la torre fin sulla cima e la spaccò completamente in due parti sebbene si reggesse ancora in piedi. Vanisia aveva tentato di colpirlo ma aveva miseramente fallito. L'orso aveva schivato tutti i suoi colpi uno dopo l'altro. Manuel era stato veloce ma non era riuscito nel suo intento di far crollare tutto. Iniziò dunque a compiere giri circolari, sempre più larghi, saltando le voragini che si erano formate nel terreno e che ad ogni giro minacciavano di inghiottirlo. Più velocità acquisiva e più si allontanava. Arrivato alla distanza che ritenne opportuna si lanciò nuovamente
verso la base della torre. Nell'esatto punto in cui era già andato a sbattere poco prima e l'esercito nel frattempo colpiva la crepa nella speranza che la struttura crollasse al più presto. Vanisia girava su se stessa tentando di abbattere l'orso definitivamente. Quel fastidiosissimo orso!, pensò. L'unico ad intuire, subito, qualcosa sulla sua vera identità e che fin dal principio aveva tentato di ostacolarla. Avrebbe dovuto toglierlo di mezzo molto tempo prima!. Adesso, per prima cosa, avrebbe rimediato a quell'errore. « Loro sono gli ultimi » disse Vins scortando le ultime persone in fuga dalla Fortezza. Stefi e Riwa poterono finalmente disattivare il portale. Nel deserto di Gandios, intanto, gli scontri proseguivano su tutti i fronti sebbene la schiacciante superiorità numerica delle Armate Continentali lasciava ben sperare sull'esito del conflitto. Improvvisamente Vanisia iniziò a sentirsi impotente. Vedeva i suoi uomini accerchiati dai membri dell'Esercito e tutti i suoi tentativi di liberarsi dal manovratore d'acqua non stavano ottenendo risultati. A complicare le cose iniziò a cadere una sottile pioggerella che non le permetteva di vedere cosa stesse succedendo sotto i suoi piedi. Iniziò a colpire in ogni direzione sperando così di liberarsi dell'orso e di non perdere il vantaggio che si era creata potendo agire indisturbata da quella postazione. Molti uomini caddero sotto i suoi colpi e quando se ne accorse fu pervasa da nuova energia e speranza. « Porta i ragazzi lontano da qui! » urlò Vins a Riwa. Lily che non aveva staccato lo sguardo da Manuel nemmeno un secondo non
aveva la minima intenzione di andarsene senza di lui. Prima che Riwa la raggiungesse iniziò a correre verso l'amico tentando di non scivolare nel fango che si stava formando a causa della pioggia che cadeva sempre più forte. L'attenzione di Vanisia fu subito catturata da quell'unica persona che, come l'orso invece di fuggire, correva nella sua direzione. La riconobbe subito e la sua attenzione fu immediatamente rapita dal nastro verde che portava legato al collo. Appeso ad esso il ciondolo di Crion sembrava reclamarla. Doveva averlo!. Al solo vederlo si sentì rinascere. Aveva sempre saputo che presto o tardi sarebbe giunto a lei. Adesso doveva solo prenderlo. Tese il braccio dirigendo il colpo ai piedi di Lily. Doveva tenerla lontana dall'orso che altrimenti avrebbe fatto di tutto per proteggerla...e che aveva già complicato le cose più di quanto non si fosse aspettata. Una caduta fu a Lily provvidenziale per sfuggire al colpo scaturito dalla mano di Vanisia. Per nulla spaventata si rimise velocemente in piedi continuando la sua corsa. « Puoi proteggerla da qui? » domandò Joseph ad Alex. Lui provò subito ad espandere ulteriormente lo scudo ma non riuscì a raggiungerla. Senza pensarci troppo iniziò ad inseguirla. « Torna qui! » urlò Riwa alle sue spalle. Vedendo che Alex non aveva alcuna intenzione di ascoltarla decise di andare a prenderlo. Alex, che era già a poca distanza da Lily, avvertì improvvisamente la strana sensazione di precipitare nel vuoto e si ritrovò di nuovo al fianco di Vins con la mano di Riwa stretta ad una spalla. « Resta qui! A lei penso io! » gli ordinò prima di scomparire. Proprio in quel momento però Vanisia riuscì a colpire Lily che rimase quasi schiacciata dall'energia che la spinse al suolo. Manuel bloccò la sua corsa per dirigersi in suo soccorso ma il colpo successivo di Vanisia fu diretto proprio a lui che, distratto dal pensiero dell'amica in pericolo, non si accorse dell'onda d'urto
che lo centrò alle spalle. L'impatto lo fiondò in direzione di Lily. Quando gli cadde accanto, seppur ferito, fu felice di notare che anche lei era ancora viva. Riwa apparve accanto a loro ma questa volta anche lei fu colpita in pieno. Non fu spazzata via solo perché Manuel la trattenne impedendole di precipitare nella voragine che si era creata nel terreno a poca distanza da dove si trovavano. Vanisia era fuori di se dalla gioia. Quasi non le importava che la torre traballante su cui si trovava stesse per collassare sotto le continue esplosioni. Con tre soli colpi aveva finalmente il ciondolo a portata di mano... Si era ripresa la rivincita su Riwa che troppe volte aveva osato sfidarla e per finire era riuscita ad arrestare la corsa del manovratore d'acqua, anche se era certa che avrebbe dovuto fare di meglio per toglierselo dai piedi una volta per tutte. D'improvviso, però, tutta la sua euforia scomparve sostituita da un dolore pungente che la colpiva ovunque. Piegata in due vide il suo stesso sangue scivolare sul freddo pavimento nero della torre trasportato dall'acqua che le inzuppa i vestiti. Non riusciva a capire cosa la stesse ferendo. Osservandosi le mani vide che le gocce di pioggia, poco prima di bagnarla, si trasformavano in sottilissime schegge ghiacciate che le laceravano la pelle ovunque la colpissero. Capì subito chi c'era dietro ciò che le stava accadendo. Si affacciò per guardare sotto e vide che l'orso la stava fissando intensamente. Un altro dei suoi colpi e l'orso vibrò per l'ultima volta come attraversato da potenti scariche elettriche. Gli occhi di Manuel incrociarono quelli di Lily che si riempirono di lacrime. Le ferite della ragazza si erano già rimarginate ma aveva ancora delle costole incrinate e respirare le faceva molto male.
« RIMANI CON ME » lo implorò. Ma gli occhi dell'orso avevano già iniziato a velarsi. « LI...LI...». Lei, compiendo uno sforzo enorme, tentò di mettersi seduta. Non riuscendoci iniziò a trascinarsi verso di lui. Non era certa che, nello stato in cui si trovava, sarebbe riuscita ad aiutarlo. Ma certamente avrebbe tentato!. Lo raggiunse e gli posò una mano sul grosso faccione peloso. Poi sarebbe stato il turno di Riwa. Si voltò per controllare cosa era stato degli altri e vide Joseph e Vins combattere, a capo dei pochi uomini rimasti all'interno della Fortezza, contro un gruppo di Cavergati appena usciti allo scoperto. Alex e Stefi erano appena stati messi spalle al muro e l'unica cosa a proteggerli era lo scudo di Alex contro cui le armi dei Cavergati erano inutili. Alex incontrò lo sguardo di sua sorella. Sperava di poterla raggiungere prima che fosse stato troppo tardi. Lily lo vide mentre sussurrava qualcosa all'orecchio di Stefi. Manuel si mosse accanto a lei. Era vivo ed era di nuovo umano. Fece per ritrarre la mano ma lui la trattenne. Adesso Lily aveva il palmo premuto sulla sua guancia e il dorso accarezzato dalla mano di Manuel. « Grazie » disse non senza fatica. « Shhssss » gli fece lei. Un portale si aprì accanto a loro e si trovarono entrambi a trattenere il respiro senza avere la forza per reagire. Videro Stefi precipitarsi al loro fianco. Lily fu felicissima di vederla perché per un attimo aveva temuto si trattasse di Vanisia. Adesso, con Manuel al suo fianco, era disposta a seguirla. Anche Alex stava per raggiungerli quando, ad un tratto, la torre crollò. Le due parti, in cui ormai si divideva, caddero su due lati opposti rischiando di
schiacciare tutti coloro che ancora combattevano nelle vicinanze. Una delle due metà cadde proprio nella porzione di terreno che separava Alex da Lily e dei detriti finirono contro il portale da cui era appena sbucata Stefi. Le macerie si sparsero ovunque alzando polvere e fango. « Stai bene? » chiese Manuel a Lily. Lui si era rimesso perfettamente ma la stessa cosa non poteva dirsi per lei. « Si tranquillo » rispose mentre veniva aiutata a sedersi con le spalle poggiate contro un macigno. « Lei è morta? ». « No! » rispose Stefi che si trovava al fianco di Riwa. L'uniforme l'aveva protetta ma avrebbe preferito essere morta assieme a sua sorella piuttosto che continuare a veder soffrire la sua famiglia. Manuel tentò di mutare ma si accorse di non riuscirci. Guardò Lily. « Mi dispiace... ma non sono riuscita a fare meglio di così » si scusò, « Se solo ci fosse stato anche Alex...». « E' tutto a posto! » disse Manuel che non voleva sembrarle ingrato. Era però preoccupato perché non poteva contare sulla forza che la mutazione in orso gli garantiva. Cosa avrebbe fatto adesso?. Iniziò ad arrampicarsi sulle macerie che gli ostacolavano la visuale per controllare che anche Alex stesse bene. Se solo avesse attraversato il portale dopo di Stefi sarebbe morto schiacciato. Giunto sul punto più alto lo vide mentre correva nella loro direzione. Ricordò di aver impiegato solo pochi secondi a raggiungere la torre ma Alex non poteva trasformarsi e quindi ci avrebbe impiegato ancora qualche minuto prima di raggiungerli. Si voltò per tornare indietro quando Lily lo avvisò urlando. « Attento! ». Manuel non provò neanche a voltarsi per capire quale fosse il pericolo. Saltò,
invece, giù dal lato opposto. La roccia, da cui stava osservando Alex, esplose in centinaia di frammenti. « Non toccarla! ». Manuel riconobbe la voce di Stefi. Intuì che Vanisia doveva trovarsi a pochi i da Lily. Cercò di trovare velocemente il modo migliore di agire quando notò una fessura tra le macerie e, prima ancora di pensarci, si ritrovò a arci attraverso. Trasformarsi in scoiattolo non era stato un problema. Percorse il aggio fino a trovarsi a poca distanza dalla veste di Vanisia. « Questo lo prendo io! » esclamò soddisfatta. Aveva appena strappato il ciondolo di Crion dal collo di Lily che, impotente, era rimasta immobile. « Mi dispiace » mormorò in direzione di sua nonna. Quel gioiello le era stato consegnato affinché lo proteggesse invece non aveva saputo fare di meglio che consegnarlo a Vanisia su un vassoio d'argento. « Hai avuto quello che volevi » disse Stefi, « Adesso lasciali andare...Tutti quanti! ». « Forse non te ne sei accorta...ma non sei nella posizione di dettare le regole. Piuttosto...come sta tua figlia? » chiese scoppiando a ridere indicando il corpo di Riwa che giaceva a pochi metri di distanza. Manuel avrebbe voluto colpirla di nuovo con le schegge di ghiaccio ma la preoccupazione di poter rischiare di ferire anche Lily era troppo grande. Lei intanto si era accorta della sua presenza e con un cenno della testa lo invitò ad allontanarsi. Il lieve movimento non sfuggì a Vanisia che girò velocemente su se stessa tendendo il braccio. Un altra nuvola di frammenti rocciosi riempì lo spazio vicino a Manuel che però era già riuscito a portarsi al riparo. « Maledetta bestiaccia! » sbraitò Vanisia e riprese a colpire la parte di torre caduta dove, era certa, si nascondeva lo scoiattolo. « Vai via di qui! » gridò Lily sperando che Manuel si decidesse a darle ascolto.
Nel frattempo Stefi, approfittando dell'attimo di distrazione della sorella, si era avvicinata alla nipote con l'intenzione di portarla via da li. Una roccia esplose proprio tra le due. Vanisia fissava Stefi. « Non pensarci neanche! » la minacciò mostrandole il palmo della mano. Manuel intanto aveva trovato un'altra via d'uscita. Non poteva più rimanere li dentro!. L'acqua piovana, infatti, aveva iniziato a scorrere tra le rocce e a raccogliersi negli spazi chiusi. Fermasi li stava diventando più rischioso che tentare di schivare i colpi di Vanisia. Si chiese quanto ancora ci avrebbe impiegato Alex a raggiungere sua sorella. Non molto, pensò. Decise quindi di attirare l'attenzione di Vanisia altrove. Sperava che lei iniziasse ad inseguirlo, spostandosi quanto bastava, per permettere ad Alex di proteggere la sua famiglia con lo scudo. L'unica cosa a preoccuparlo era il fango che ormai ricopriva tutto. Piccolo com'era avrebbe potuto essere ostacolato nella corsa. Il cielo era buio da ore ormai a causa del temporale e la pioggia continuava a cadere fitta. Nonostante ciò un'ombra eggera oscurò ulteriormente la cavità in cui si trovava. Sbirciò fuori e gli parve di notare qualcosa muoversi sinuosamente in cielo. Il rumore di un crollo lo fece sussultare. Capì che non aveva il tempo di aspettare per sapere cosa aveva attraversato l'aria sulle loro teste ma, appena messo il muso all'aperto, vide ciò che poco prima gli era sfuggito. Un enorme e lunghissimo serpente alato sorvolava la Fortezza. Non aveva mai visto nulla di simile ma ricordò di averne sentito parlare nei racconti di Joseph. Non avrebbe mai immaginato che qualcosa di così sorprendente potesse esistere davvero. Tentò di ricordare il nome di quella creatura ma non ci riuscì. Il potente scrosciare della pioggia non gli avrebbe più consentito di udire alcun avvertimento ma un raggio di sole, riuscito a fare breccia tra le nuvole, gli fu provvidenziale. Un bagliore alla sua sinistra lo riportò alla realtà e con uno scatto rapido balzò giù dal nascondiglio che esplose dietro di lui. Adesso correva lungo la torre caduta procedendo verso la sua base in parte
rimasta ancora in piedi. Era nient'altro che una costruzione interamente formata da blocchi di pietra circolari posti l'uno sull'altro. Ne erano rimasti in piedi ancora una decina. Nessuno avrebbe potuto salire in cima senza una scala. Solo Vanisia attraverso uno dei suoi portali. Dietro di lui continue onde d'urto scuotevano l'aria sollevando grandi quantità di fango che lo colpivano ripetutamente. Per fortuna la pioggia lavava via tutto. Per accanirsi contro di lui Vanisia aveva perso di vista ciò che accadeva alle sue spalle. Alex aveva raggiunto sua sorella. Adesso anche Riwa e Stefi erano al sicuro. Un suono metallico attirò nuovamente la sua attenzione. Joseph e Vins avevano appena raggiunto il piccolo gruppetto quando a quest'ultimo scivolò di mano la spada. Vins tentò di allungare un braccio per recuperarla ma Vanisia fu più lesta. Sotto il suo colpo la spada fu sollevata in aria ma lui, fortunatamente, era ancora all'interno dello scudo. « E' la spada dei nostri antenati! » urlò impotente. Non avrebbe voluto che andasse perduta ma era certo che urtando contro lo scudo di Alex sarebbe scivolata lungo la sua superficie. Una parte dello scudo purtroppo limitava con una voragine che sprofondava nella terra a perdita d'occhio. Sapeva, comunque, di dover essere grato ad Alex per averlo protetto e già stava tentando di rassegnarsi all'idea di dover perdere la sua fedele compagna di avventure. Zaion possedeva armi innovative ma ogni zaioniano era fedele alla propria spada. Quella di Vins roteò più volte in aria e poi iniziò la ricaduta. Venne giù diritta. Proprio al centro dello scudo come aveva temuto. Vins attese il momento dell'impatto trattenendo il fiato... ma non arrivò. La spada attraversò una piccola e invisibile apertura, sulla sommità dello scudo, prima di finirgli dritta nel palmo della mano. L'afferrò al volo. Non riuscendo ancora a crederci guardò Alex stupefatto. « Se è di famiglia...non potevo rischiare che andasse perduta. Prima o tardi sarà
mia » disse Alex soddisfatto. Riwa, che stava di nuovo bene, fissò Vanisia come volesse invitarla ad una nuova sfida. I suoi figli avevano solo quindici anni ma le stavano dando del filo da torcere. Vanisia rimase di sasso nel vedere cosa era appena successo e la rabbia che le logorava l'anima aumentò a dismisura. Adesso non poteva più colpirli perché Alex li proteggeva « Lurida palla di pelo...E' tutta colpa tua! » urlò in direzione di Manuel che stava arrampicandosi sulla parte di torre rimasta in piedi. Vanisia aprì un portale e vi sparì attraverso. « Manuel torna indietro » gli ordinò Joseph, « La battaglia è finita e lei è rimasta sola. Non possiamo fermarla...non oggi. Andiamo via di qui! ». Manuel riuscì a sentirlo nonostante fossero molto lontani solamente perché qualunque altro rumore era cessato. Niente più crolli. Nessuna esplosione. Solo il rumore della pioggia. Avrebbe potuto scappare da lì e mettersi in salvo ma un' idea gli era balenata nel cervello. Quel qualcosa a cui non sapeva dare un nome gli aveva dato un'idea. Quando un portale si aprì, a breve distanza da lui, saltò giù da dove si trovava. Aveva iniziato ad arrampicarsi con il solo scopo di attirare Vanisia...e ci era appena riuscito!. Quando si fu allontanato a sufficienza da ciò che rimaneva della torre nera si voltò e vide Vanisia che tentava di ripararsi il volto dalla pioggia che cadeva con sempre maggior intensità. Non attese di essere trovato.
Alzò le zampine al cielo e all'improvviso le gocce d'acqua bloccarono la loro caduta rimanendo sospese in aria. Un attimo dopo iniziarono ad attrarsi le une con le altre. Un lungo nastro d'acqua vibrava sulle loro teste e muovendosi sinuosamente cresceva in dimensioni a vista d'occhio. Pochi secondi dopo un colossale serpente d'acqua, con la testa di drago, scendeva vorticando proprio nel punto in cui si trovava Vanisia. Lei finalmente vide Manuel ma ci riuscì soltanto perché il ragazzo aveva riacquistato il suo naturale aspetto. Non era più uno scoiattolo. Rimase colpita da questa sua scelta ma era sicura che qualcosa si nascondesse dietro quella decisione. Non era così stupida da sottovalutarlo!. Fin dal primo momento lo aveva temuto ma vista la sua tendenza a farsi coinvolgere in legami affettivi, che potevano distrarlo o giocare a suo sfavore, aveva iniziato a credere che non sarebbe stato difficile eliminarlo. Lo fissava, mentre in mano stringeva forte il cordoncino a cui era appeso il piccolo camlo, non riuscendo a capire cosa stesse facendo. Manuel muoveva mani e braccia come a voler imitare il sinuoso strisciare di un serpente. Lo osservava rapita da quei movimenti. Il braccio sinistro di Manuel si bloccò. Vanisia non riusciva a distogliere lo sguardo!. La mano e il braccio destro curvarono e salirono lentamente verso l'alto. I movimenti erano lenti ma netti. La mano sinistra iniziò ad ondeggiare a destra e sinistra...destra e sinistra...destra e sinistra... La mano destra si piegò e anche il braccio seguì il polso che iniziò a
ridiscendere. Era completamente ipnotizzata dai suoi occhi. Uno verde. L'altro azzurro. Quei movimenti fluidi ma decisi... Però quella mano... Quell'ondeggiare la inquietava.
Quella specie di.. di... di... SALUTO!. Alzò lo sguardo al cielo giusto in tempo per vedere la bocca del drago che si spalancava per inghiottirla. Tese il braccio in alto e colpì con tutta la forza del suo potere. L'onda d'energia entrò nelle fauci del drago non riuscendo a far altro che aumentarne le dimensioni. Il drago la inghiottì e si solidificò non riuscendo a nascondere, tra le sue trasparenti spire, l'amaro boccone. Una tomba di ghiaccio racchiuse per sempre il timore per Vanisia!. Il tombale silenzio durò un attimo prima che urla di gioia si sollevassero da ogni parte di Gandios unendosi in una sola voce. ZAION LIBERO! ZAION LIBERO! ZAION LIBERO!
Manuel si ritrovò improvvisamente stretto in un abbraccio soffocante. Erano Lily e Alex a cui si unirono Riwa e Vins. Joseph gli scompigliò i capelli. « Sapevo che non mi avresti deluso! » disse orgoglioso. Stefi era l'unica ad essere rimasta in disparte. Immobile fissava il serpente di ghiaccio che avvolgeva Vanisia. « Com'è possibile che io sia ancora viva? » chiese con un fil di voce. « Non è morta. E' ibernata » spiegò Manuel pensieroso. Stefi non perse tempo e lo strinse forte a se immensamente riconoscente ma subito lo sentì distaccato. Guardandolo capì che qualche altra cosa gli frullava in testa. « Forse...» fece Manuel sovrappensiero. « Forse...cosa? » domandò Joseph che si sentiva sulle spine. « Non so se... ». « Fidati del tuo istinto! » gli suggerì l'Imperatrice . Manuel fissò il cielo. Stava schiarendo e la pioggia era diminuita. Intorno a lui tutti gli uomini deponevano le armi. C'erano feriti ovunque e i corpi senza vita non si contavano. Migliaia di occhi lo fissavano. « Ho un'altra idea...Può funzionare! » disse e poi fece segno a Lily e Alex di seguirlo. Mutò velocemente in scoiattolo e si arrampicò sulla scultura di ghiaccio da lui stesso creata. Vanisia teneva stretto in mano il cordoncino verde da cui pendeva, libero dal ghiaccio, il camlo di Crion. Afferrò il ciondolo tra i denti e lo staccò dal cordoncino. Tornando dai suoi amici lo consegnò a Lily che istintivamente lo ringraziò con un bacio sulla guancia. « Bene “eroe”!. Ma non avrai portato qui anche me...per farmi assistere a come conquistare una donzella? » scherzò Alex.
Lily gli assestò una gomitata alle costole. « Dobbiamo salire in alto » spiegò Manuel guardandosi intorno e fingendo di non averlo udito. Una sola parete della Fortezza era ancora perfettamente in piedi ma non c'erano scale che permettessero di giungere in alto. « Riwa puoi aiutarci? ». Lei li raggiunse subito. « Dove? » chiese. Manuel le indicò il punto. Un' attimo dopo erano sulle mura da cui potevano vedere tutta la distruzione che quella lunga giornata si era lasciata alle spalle. « Qui dovrebbe andar bene ». « Cos' hai in mente? » chiese Alex mentre Riwa li lasciava soli. Manuel spiegò le sue intenzioni. Riwa era di nuovo al fianco di Vins e degli Imperatori. « Non so cosa succederà ma credo che tutti debbano vedere. Il pianeta ha bisogno di credere di nuovo in qualcuno » . Così dicendo un numero infinito di portali comparvero ovunque in ogni Continente per permettere a tutti di essere presenti a ciò che stava per accadere. Probabilmente l'evento che tutti aspettavano. Gli occhi di Zaion adesso potevano assistere a ciò che sarebbe accaduto. Manuel si posizionò tra i due amici e li prese per mano. Insieme ci sarebbero riusciti.Le mani libere di Alex e Lily si spalancarono e la luce potente che ne scaturì salì dritta al cielo. Il ciondolo, che Lily aveva conservato in tasca, iniziò a vibrare finché non ne schizzò fuori bloccandosi a mezz'aria davanti ai loro occhi. Era una cosa non prevista ma tentarono di non farsi distrarre. Anche il ciondolo s'illuminò e delle piccole lettere iniziarono a comparire sulla sua liscia superficie proiettandosi in cielo.
Un inconsapevole eroe guiderà le parti la cui unione sarà la cura ad ogni male...
Lo sbigottimento e la meraviglia di chi osservava sfociarono in esclamazioni di gioia. Nessuno aveva più dubbi. Manuel era l'eroe lungamente atteso e Alex e Lily le due parti in cui si era sempre sperato. Le lettere si formavano velocemente una accanto all'altra, in rilievo, dando vita alla profezia. La pioggia non era più incolore. Manuel stava usando il suo potere di manovratore d'acqua per potenziare l'azione curativa di Alex e Lily.
Il Crion tintinnante è la chiave di svolta...
I bracciali che portavano ai polsi iniziarono a liquefarsi finché non caddero ai loro piedi, lasciando scoperti i simboli che li accompagnavano dalla nascita. Rossi come il fuoco furono finalmente visibili a tutti e i ragazzi non dovettero più preoccuparsi di tenerli nascosti.
Il simbolo di Zaion indicherà la strada.
Il ciondolo di Crion scattò veloce ed entrò nel petto di Manuel. Alex e Lily, spaventati da ciò che sarebbe potuto succedere all'amico, pensarono di fermarsi ma lui percepì la loro preoccupazione e strinse ancora più forte le loro mani. « Non sono mai stato meglio! » li rassicurò in un sussurro.
Decisero, dopo essersi scambiati una veloce occhiata, di portare a termine il loro compito e tornarono a concentrarsi. Goccia dopo goccia la pioggia, che cadeva dal cielo illuminato dal potere dei ragazzi, iniziò a scendere sotto forma di sottilissimi aghi di luce che guarivano qualunque cosa bagnassero. Era una pioggia rivitalizzante che immediatamente iniziò a curare le ferite di qualunque creatura viva o inanimata. L'intero pianeta assisteva senza parole a ciò che stava accadendo ma la meraviglia più grande fu vedere i corpi senza vita tornare a respirare. Quando i ragazzi smisero di utilizzare i loro poteri riaprirono gli occhi. Gandios non era mai stato così verdeggiante!. L'infinita distesa di sabbia rossa era ricoperta da piccoli steli d'erba verde. « Erba nel deserto... » fece Alex incredulo. « Non durerà » disse Manuel. « Allora che senso ha?» domandò Lily. « E' un segno. Anche Zaion ha delle ferite che richiedono il vostro intervento » spiegò. « Il nostro!...» lo corresse subito Lily, «...di noi tre...Tutti e tre?». Manuel non sarebbe mai riuscito a dirle di no anche se adesso sentiva che la sua sete di sapere era aumentata notevolmente. Voleva scoprire tutto di se stesso e voleva farlo il prima possibile... ma quello sguardo che lo fissava implorante attendeva ancora una risposta. « Si. Tutti e tre ». « Andiamo ragazzi...la nostra famiglia ci attende! » disse Alex contento.
« Boindra dove andiamo? » piagnucolava Visius. « Devo condurti al sicuro ». « Ma sono stanco di camminare! ». « Devo fare come mi è stato ordinato ». Visius smise di camminare. Boindra era stanca di lottare contro i capricci di quel ragazzino ma sapeva che non doveva abbandonarlo...anzi doveva occuparsi di lui e proteggerlo fino a....fino a quando?. Non sapeva darsi una risposta. Era molto confusa e la sua unica certezza consisteva nel fatto che una volta attraversato il portale, nascosto dalla quercia, non doveva fare altro che seguire lo stretto sentiero. Alla fine di esso avrebbe trovato una piccola casetta appena ricostruita ma che nessuno avrebbe rivendicato. Per chiunque altro quella casetta non esisteva. Avrebbero dovuto attendere li!. « Boindra guardami » disse Visius. Boindra sapeva di non doverlo fare. Era stata messa in guardia ma, allo stesso tempo, era così stanca.... Lo guardò. « Torniamo indietro! ». « Subito » obbedì la donna facendo strada.