Occhi rivelatori
Luigi Lucantoni
Edizione digitale: dicembre 2013
ISBN: 9788868851644
Edizione digitale realizzata da Simplicissimus Book Farm srl
Contenuto
Occhi rivelatori
Occhi rivelatori
“Valeria sono le sette ate!... Valeria!”,
“Ho capito papà”.
Così era cominciata quella mattina fatidica. Appena scesa dal letto Valeria aveva in mente poche cose scontate per la testa: era sabato, il litigio del giorno prima con Sara, la sera da are al pub. Probabilmente Sara non sarebbe venuta; solo in sua assenza avrebbe dato il suo assenso a Luca. Lui era l’organizzatore ufficiale delle serate di baldoria. Fisicamente non era un granché e il suo spirito allegro compensava in parte la sua sfortuna con le ragazze. Mentre andava al bagno Valeria si stava domandando proprio sé e quanto spesso Luca avesse rimuginato delle avance da rivolgere a lei: normalmente gli era andata male con ragazze belle in media quanto lei.
HEI?!!!!... Esclamò all’improvviso; una volta alzato il capo davanti allo specchio del rubinetto. Si stropicciò la faccia e si avvicinò al vetro... erano castani!! Sì proprio così. I suoi occhi erano di un assurdo castano nocciola. Pensò per un istante alla confusione che segue al risveglio e al fatto che si stenti a credere all’irrealtà dell’ultimo sogno fatto. Ma erano già ati troppi minuti perché avesse quel tipo di smarrimento. La sua lucidità era sufficiente per escludere un vuoto di memoria totale.
Fino al giorno prima le sue iridi erano di quel loro familiarissimo verde erba con un piccolo anello bruno che bordava le pupille; e che forse abbellivano ancor più il suo viso delicato e regolare. Era già tardi e quell’assurdità l’aveva trattenuta al bagno abbastanza; si precipitò per non fare tardi all’istituto d’arte e senza dire
niente al padre.
Era una giornata tipica di fine maggio. Nell’istituto regnava quella confusione allegra tipica della fine dell’anno scolastico. Normalmente tutto quel baccano Valeria lo tollerava volentieri; anche perché accresceva in tutti “ specialmente nei maschi “ quel comportamento frivolo, dal quale le ragazze più attraenti avevano molto da guadagnare. Ma quel sabato l’inquietudine, scaturita in lei per quel fenomeno assurdo, si sommava alle vertigini che le davano il vocio e le risate dei compagni di scuola. D’altronde quel baccano non era un male se preferiva che nessuno si accorgesse dei suoi occhi castani; inoltre Sara non le avrebbe rivolto la parola comunque. Cristina era meno suscettibile e litigare con qualcuno le riusciva difficile; sarebbe venuta senz’altro quella sera al pub e avrebbe svelenito la tristezza di chiunque. Benché fosse anche lei sua amica era troppo spensierata perché ci si conversasse di cose abbastanza serie. Quella mattina l’aveva intravista chiacchierare con brio come suo solito e pertanto non conveniva più di tanto svelare a lei quella sua strana metamorfosi cromatica.
Mentre tornava a casa Valeria trovò il tempo sufficiente per tornare col pensiero al pomeriggio del giorno prima. Sara l’aveva presa da parte all’uscita della biblioteca per confidarle una faccenda delicata: il sabato precedente era stata a letto con Giorgio “ uno dei belli del quartiere. Fin dalle prime parole di quella confessione Valeria aveva avvertito un blocco allo stomaco ed aveva cominciato a sentire un formicolio di rabbia alle meningi. Giorgio piaceva anche a lei; anzi sentiva di nutrire per lui qualcosa di più. Non conoscendolo bene non si trattava certo di amore, ma era comunque da classificare nel novero delle “sbandate forti”. Lì per lì Valeria aveva desiderato non litigare, anche perché il suo umore era stato buono fino a quel momento. L’aveva lasciata parlare ancora per un po’. Alla fine Sara arrivò al nocciolo, e le chiarì che Giorgio non le interessava; almeno da un punto di vista sentimentale. Quella mattina aveva dovuto dirglielo chiaramente all’uscita da scuola e lui non l’aveva presa bene; probabilmente perché aveva mire ben più ambiziose di un semplice incontro amoroso. Mentre Sara diceva queste cose Valeria sentiva che la sua irritazione si stava leggermente abbassando, poiché cominciava a capire dagli sguardi dell’amica che Giorgio come persona non sembrava poi tanto raccomandabile. Probabilmente “ lasciava intendere Sara “ le aveva proposto di diventare sua
partner più per vanto che per altre ragioni. In effetti Sara era bella, quasi quanto lei, ma era anche alta ed atletica, e la sua presenza in mezzo ai coetanei era assai più dirompente. In questo senso Giorgio era molto simile a lei (anche lui era alto e sportivo). La sua avventura con Sara sembrava, ormai, quasi giustificata nelle congetture di Valeria. Ma ad un tratto dalla bocca dell’amica uscì qualcosa di decisamente bruciante:
“Però Valeria sapevo già da qualche mese che ti piaceva...”.
Quella frase l’aveva letteralmente presa alla sprovvista. Non se l’aspettava proprio e cominciò a provare una rabbia doppia. Si sentì come se fosse stata violata la sua privacy, ed allo stesso tempo beffata sul tempo da una rivale che doveva essere sua amica. A quel punto esplose e le rivolse ingiurie di ogni tipo, accusandola di essersi approfittata di lei. Sara era imbarazzata, cercava di scusarsi e di dire che le dispiaceva. Ma quando ad un certo punto Valeria sbraitò “allora sei solo una puttana!!”, Sara la guardò furibonda e le rispose “Non ti voglio più vedere!”; si voltò e se ne andò.
Una volta rincasata ci aveva ripensato e si rendeva conto che l’avvilimento per Giorgio l’aveva quasi dimenticato; tuttavia la reazione offesa di Sara non l’aveva minimamente scossa se non nel perpetuare il risentimento nei suoi confronti. Quell’inaspettato raggiro la faceva ormai sentire assai poco competitiva come seduttrice e assai meno bella dell’amica. Queste sensazioni sommate non facevano che accrescere l’astio per Sara e d’istinto sentiva che si fosse aperta una vera sfida tra loro due.
La casa era vuota “ il padre era fuori per lavoro “ e Valeria si era diretta adagio in camera, presa dal litigio della sera prima. Si era quasi dimenticata del fenomeno di quella mattina; aveva aperto le ante dell’armadio per riflettere su cosa indossare quella sera al pub. Alzando lo sguardo sul suo viso riflesso allo specchio dello sportello notò di nuovo qualcosa nei suoi occhi. Prese dal comodino l’abatjour, se lo avvicinò al viso e puntò il raggio di luce sui bulbi
oculari... Da non crederci! Adesso le iridi erano diventate marrone carico.
Quindi ora si erano anche scurite; la luce forte dava loro una sfumatura uniforme e quasi fulva: praticamente era il colore degli occhi di Cristina. Si sedette sul letto a riflettere e tentò in tutti i modi di trovare una spiegazione razionale. Le tornò in mente il racconto di Luisa “ sua cugina “ che molti anni prima le aveva accennato al fatto che un suo compagno di scuola con gli occhi celesti aveva preso una forte botta in faccia (probabilmente un colpo di pallone) ed aveva subito l’annerimento di una delle iridi. Ma non era l’indizio adatto a fornire una spiegazione. Entrambe le sue iridi avevano subito un graduale e rapidissimo aumento del pigmento. Le venne in mente il fatto che questa trasformazione avviene sia nelle persone che in alcuni animali in fase di crescita: molti bambini hanno gli occhi chiari solo nei primi mesi di vita, come anche i cuccioli dei gatti. Valeria concluse che doveva esserle accaduta la stessa cosa, anche se in circostanze eccezionali “ all’età di 18 anni e nell’arco di una giornata.
Tutto sommato quelle congetture l’avevano rasserenata abbastanza da indurla a riprendere in considerazione il programma di quella sera. Prese il cellulare e selezionò la voce “Cristina” all’interno della rubrica dei numeri telefonici:
“Pronto Vale?”
“Ciao!”
“Ma Sara stava tanto incazzata oggi! Avete litigato?”
“Si si, ma le erà spero... Senti stasera con chi vai al MONDO PERDUTO?”
“Mi accompagna Mauro, a a prenderci in piazza”
“Ma Sara ci viene?”
“Dovrebbe... Adesso la chiamo e glielo chiedo. Tu vieni con noi?”
“Beh... Si... Non lo so... Senti mi potresti richiamare fra un po’che te lo dico?”
“Ok, ma è per Sara vero?!”
“Beh... si...”
“Ho capito, ho capito!”
Sicura che Sara avrebbe detto di no, Valeria si fece una doccia rapida, fumò uno spinello (tanto era sola) e iniziò a prepararsi. Si sentiva stranamente euforica. In un modo o nell’altro quegli occhi scuri erano una novità (avrebbero destato lo stupore di tutti), al pub si sarebbe divertita e magari si sarebbe presa una rivincita: se avesse incontrato Giorgio cosa le avrebbe impedito di adescarlo?! Finalmente arrivò lo squillo che attendeva... era ancora Cristina, e le confermava che Mauro avrebbe accompagnato solo loro due.
Quella sera al pub Giorgio c’era eccome. Diversamente dal solito era assai
impegnato a chiacchierare animatamente con i suoi amici; la delusione che gli aveva dato Sara sembrava stampata sul suo volto. Forse la sua “ex amica” non era venuta anche per non attirarsi le maldicenze della cerchia di amici che lo attorniava al bancone delle bibite. Valeria aveva riflettuto per un po’; mentre Luca, Cristina e Mauro avevano cominciato a ballare del tutto distratti. Non si erano accorti dei suoi occhi e dirglielo a voce sarebbe stato meno divertente; al momento c’era di meglio da fare. Aveva dunque cominciato a fissare ammiccante Giorgio, per indurlo almeno ad avvicinarsi a lei. Sembrava aver raggiunto il suo scopo poiché ad un tratto quello spilungone di almeno 25 anni aveva fatto un cenno con la mano, come per salutarla. Stava per alzarsi dallo sgabello del bancone quando sopraggiunse un suo amico appena arrivato che sembrava avere qualcosa d’importante da dirgli. Valeria ne approfittò per andare al bagno e verificare l’efficacia del suo look. Appena aprì la porta però si trovò faccia a faccia con Sara:
“Ah avevi detto a Cristina che non venivi! Chi ti ha accompagnata?”
“Questi non sono affari tuoi e poi guarda che ti ho vista, speravi di fare la spiritosa?”
“Ah adesso sei tu la gelosa!! Non dicevi che in fondo Giorgio non t’interessava?!”
“Senti volevo solo cercare di fare la pace e...” (Valeria la interruppe e replicò ancor più sarcastica)
“Davvero?! Credevo che fossi venuta per farti pagare la marchetta di sabato scorso!!!”
Quelle parole lasciarono Sara sbigottita. Con le labbra tremanti e le lacrime agli occhi le uscì prima un flebile gemito e poi : “come puoi dire delle cose così brutte?!”. Ma Valeria non rispose e continuò a fissarla con un espressione rabbiosa e quasi sarcastica. A quel punto Sara corse via singhiozzando.
Valeria entrò nel bagno; “ma si vattene al diavolo!” borbottava tra sé e sé. Non era ancora troppo tardi per sfogarsi e riprovarci con Giorgio. Cominciò a specchiarsi per valutare quanta audacia poteva ancora esibire il suo viso, ma ecco che di nuovo i suoi occhi riflessi la distolsero da quei pensieri. Sembravano più chiari di prima, ma, anziché essere di quel curioso “ anche se “naturale” “ castano nocciola, adesso erano fulvi. La loro tonalità ricordava quella del mogano. Valeria cominciò a dubitare che ci fossero persone con un simile colore di occhi, se non forse gli albini. Una volta infatti le era capitato di osservare da vicino un uomo con quella sindrome. Si era dovuta avvicinare per osservarlo da vicino e scorgere la tonalità bruno-rossastra delle sue iridi; finché l’uomo, con un una guardataccia risentita, non l’aveva obbligata a farsi i fatti suoi. Ma lei non era albina e sapeva che non lo si poteva diventare all’improvviso. Sentì per la prima volta, in quelle ultime e interminabili 24 ore, che quel “disturbo” tornava a perseguitarla ogni volta che meno ci pensava. Era come se i suoi occhi vivessero una vita propria e le indicassero qualcosa d’indefinito. Poteva essere il sintomo di un male grave, ma il suo istinto le diceva che la sua salute era buona e non poteva peggiorare all’improvviso con un sintomo così inverosimile.
Improvvisamente quella serata di allegria si era svuotata del suo fascino e la sola cosa che Valeria si sentiva di fare era tornare a casa e continuare a rifletterci sopra. Ormai aveva perso anche la voglia di parlarne con i suoi amici. Era dunque più opportuno lasciarli perdere mentre si divertivano e andarsene in silenzio, senza attirare l’attenzione di nessuno. Non era ancora mezzanotte e almeno l’ultimo autobus sarebbe ato per la fermata di fronte al pub.
Rientrata a casa, Valeria udì dalla stanza da letto del padre il russare sonoro di quest’ultimo. Silenziosamente salì le scale, si lavò al bagno e si andò a coricare. Dopo qualche minuto si rialzò e si andò a sedere davanti allo specchio che usava
per truccarsi. Il rosso delle sue iridi sembrava ulteriormente intenso e ormai neanche un albino avrebbe potuto vantare un colore simile. Per la prima volta e a voce alta Valeria esclamò “Ma che accidenti mi sta succedendo?...”; ma la sua gemella riflessa non poteva certo risponderle. Improvvisamente si sentì assalita da un unico pensiero martellante: il timore di perdere progressivamente la sua bellezza. Quegli occhiacci rossi, qualunque malattia presagissero, erano forse solo l’inizio di una metamorfosi più ampia. Pensò alla circostanza che in un modo o nell’altro Sara avrebbe tratto consolazione dalla sua rovina e magari, con ipocrisia, sarebbe tornata a chiederle una tregua. Valeria tornò a letto cominciò a piangere di rabbia; quella possibilità le sembrava così reale.
Vero o non vero che fosse poteva ovviare ad una simile umiliazione. In fretta e furia si rivestì, si diresse in cucina, prese un coltello da carne ed uscì di casa. Non era ancora l’una del mattino e Sara poteva non essere ancora rincasata. Valeria si mise a correre verso una meta precisa. La casa della sua ex amica era più vicina man mano che gli isolati scorrevano dietro le sue falcate nervose. Mancavano ancora poche centinaia di metri quando riconobbe la sua sagoma alta con i capelli biondi, rischiarati dalla luce dei lampioni:
“Ti faccio vedere io!!!!”
urlò Valeria pochi istanti prima di scagliarsi contro Sara. Quest’ultima fece appena in tempo a voltarsi atterrita, per poi stramazzare al suolo sotto il peso dell’assalitrice. Il coltello da cucina cominciò a disegnare sul volto cereo della vittima copiosi canali scuri di sangue. Al primo urlo che la ragazza riuscì ad emettere, prontamente Valeria conficcò la lama dritta nella sua trachea. Uno zampillo caldo fuoriuscì all’istante dalla bocca della poveretta e andò a bagnare la fronte dell’aggressore.
A quel punto Valeria si ritrasse, constatando che in pochi secondi aveva fatto molto più che sfregiare il viso dell’amica. Non era ancora morta, ma il rantolo che aveva cominciato a sprigionarsi da quella bocca pregna di sangue non
lasciava molte speranze. Improvvisamente il suo corpo cominciò a tremolare e le braccia si sollevarono inermi a implorare aiuto. Ai piedi di Valeria giaceva quello che sembrava ormai un insetto morente nell’atto di muovere le zampine senza soluzione di continuità. Quel paragone le scatenò un terrore incontrollato, come se sotto di lei ci fosse una bestia stordita ma ancora pericolosa. Con un ultima ondata d’impeto si scagliò di nuovo su Sara e le affondò il coltello sul petto come un rampino. L’arma penetrò profondamente attraverso lo sterno, finché non si udì la punta della lama scalfire il marciapiede. Ma dal manico Valeria avvertiva ancora delle vibrazioni... solo il corpo della vittima poteva emettere. In una frazione di secondo Valeria ruotò la lama e la mosse orizzontalmente dal punto dell’affondo. Forse quel coltello era dannatamente affilato, forse l’impeto e la paura della carnefice erano al massimo. Con quel movimento la lama squarciò come un budino tutto il torace di Sara. A quel punto Valeria si bloccò e restò a fissare la fessura verticale che si stagliava sotto i suoi occhi. Si era socchiusa come un’enorme palpebra che svelava le interiora scarlatte dell’amica. La luce bianca del lampione si rifrangeva sui rivoli del suo sangue e sembrava renderlo accecante. La testa straziata di Sara ruotò leggermente; poi non ci fu più nulla.
Fu proprio quell’ultimo movimento a rianimare in Valeria una fiaccola di lucidità. Aveva ucciso con una foga incontenibile la sua migliore amica. Solo da quel momento le fu difficile accettare la realtà di quanto aveva fatto. La sua rabbia l’aveva allontanata anni luce da quanto di umano c’era ancora in lei. Dal nulla sentì emergere una pena infinita e un sentimento di tenerezza per quella persona che sentiva di aver amato. La rivide sorridente dal buio delle sue palpebre: le aveva chiuse per non guardare il cadavere.
Un singhiozzo incontenibile la assalì a partire dallo stomaco, fino a fuoriuscirle dalla bocca... gemeva come un bambino.
Quando riaprì gli occhi Sara era sparita e con essa il buio della notte. Sotto di lei, al posto del cadavere, giacevano le lenzuola sgualcitedel letto. La luce del giorno le investiva la faccia e il corpo zuppi di sudore.
“Il sogno più brutto della mia vita!... Ti voglio bene Sara!!”
Queste le frasi che le uscirono flebilmente di bocca; mentre frastornata e tremante si dirigeva al bagno. Aperta la porta un urlo assordante sembrò sbalzarla da terra e le ci volle qualche secondo per rendersi conto che era stata lei stessa ad emetterlo.
Davanti a lei, riflesso sopra il rubinetto, la fissava un volto orrendo. Non aveva il setto nasale, solo due ampie fosse triangolari, la pelle ocra scuro era raggrinzita come quella di un feto abortito. La bocca enorme era espansa in un enorme ghigno giallo, rischiarato dalla luce che riluceva sui denti smangiati. Due enormi voragini la fissavano al posto degli occhi. Dentro quei enormi fori orbitali sembrava esserci un abisso fatto di rosso fuoco, che emergeva luminoso come il fascio di luce da un faro. Cos’era quella creatura? Per evitare la sua vista Valeria abbassò lo sguardo e constatò che di fronte a lei non c’era che lo specchio, quel mostro era lei.
LUNEDI MATTINA:
“Avete litigato anche sabato sera?” chiese Cristina a Sara mentre mangiavano con Luca alla mensa.
“Bah!!... Per favore non ne parliamo!” rispose Sara stizzita.
“Ma le è successo qualcosa sapete?!” Intervenne Luca.
“Che vuoi dire?” chiese Cristina.
“Oggi il padre ha chiamato la polizia, pare che non sia tornata a casa sabato sera!” precisò Luca.
“Mio Dio, non lo sapevo!!!” esclamò Cristina allarmata.
“A me non me ne frega proprio niente! Che se ne vada pure all’INFERNO!!!” proruppe Sara avvilita.