Non Smettere Mai Di Sognare 5t354l

Chiara Di Paolo

NON SMETTERE MAI DI SOGNARE

I protagonisti, Kaliq e Adiba, vivono un'avventura magica nell'Antico Egitto, nei panni di due gatti innamorati; ma le circostanze impediscono loro di restare insieme. A distanza di secoli, i due si ritrovano a Vienna nelle vesti di un lupo norvegese e di una leonessa della Savana. Legati dalla ione per la ''magia'' della musica, affronteranno un importante cammino che li condurrà alla scoperta della vera "Energia"...

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Indice

Due gatti nell'antico Egitto La leonessa della Savana Il lupo della Norvegia La magia della musica Due giovani e la fenice Ringraziamenti

Due gatti nell'antico Egitto

Tantissimi anni fa, nell'antico Egitto vivevano due giovani gatti, Kaliq e Adiba. L'uno apparteneva ad una famiglia di scribi, l'altra era figlia di una ricchissima famiglia di nobili origini. I membri della famiglia di Kaliq, ovvero gli scribi, erano addetti a svolgere compiti amministrativi e alla copiatura dei testi religiosi. Alcuni di loro si erano specializzati in studi di medicina e altri ancora avevano finito per compiere studi di aritmetica, di geometria e di amministrazione, per diventare funzionari del Faraone o amministratori di un gran signore. In particolare, Kaliq si dedicava con molta ione agli studi matematici, cercando un nesso con la musica, con quei melodiosi suoni prodotti attraverso particolari strumenti. Dentro di sé, era fortemente convinto che quell'armonia percepibile attraverso i suoni fosse un prezioso punto di contatto con le divinità e fosse basato su un ordine dettato da precise regole matematiche. Come tutti gli scribi, Kaliq trascriveva su carta di papiro, perciò, ogni settimana, era solito recarsi lungo le rive del Nilo, presso degli artigiani, per fare rifornimento di papiro. Uno di quei giorni, si trattenne per qualche ora sulle sponde del fiume, a osservare l'acqua che vi scorreva e ad ascoltarne il suono rilassante. Mentre godeva di quell'atmosfera pacifica, intravide una sagoma femminile sulla sponda opposta del fiume. Kaliq avvertì immediatamente una strana sensazione, si sentì turbato. Man mano che la sagoma si avvicinava a riva, quella sorta di turbamento cresceva sempre di più, fino a raggiungere il culmine quando gli sguardi si incrociarono. I due gatti non si erano mai visti, eppure, Kaliq ebbe l'impressione di conoscere da sempre, nell'anima, quella giovane che si trovava di fronte, sulla sponda opposta del fiume. Si trattava di Adiba, che si era recata in quel posto per goderne della tranquillità e, invece, quel giorno, fu improvvisamente pervasa da quella stessa strana e forte sensazione di conoscere da sempre lo scriba, anche se non lo aveva mai incontrato prima. Ne rimase sconvolta, ma allo stesso tempo incuriosita. Era qualcosa che non aveva mai sentito e di cui non conosceva neppure l'esistenza. I due restarono qualche minuto fermi, semplicemente a guardarsi in contemplazione, immersi nella magia di quell'evento straordinario. Poi ognuno si allontanò per la propria strada, con l'immagine dell'altro impressa nella mente.

Adiba apparteneva ad una delle più nobili famiglie d'Egitto, ma non amava molto la vita nel suo palazzo, spesso preferiva uscire per ammirare la natura; in particolare le piaceva osservare le stelle durante la notte e porsi interrogativi di fronte all'ordine e alla bellezza che percepiva. Appartenendo ad una famiglia ricca, ebbe la fortuna di poter coltivare le sue ioni attraverso gli insegnamenti impartiti da alcuni studiosi di matematica e di astronomia. Nel tempo libero, era solita fare eggiate. Una delle mete preferite era il Nilo, ma essendo piuttosto distante dalla sua abitazione, raramente intraprendeva il lungo percorso che l'avrebbe condotta ad ascoltare la rilassante musica del corso d'acqua. Eppure, da quando vide lo scriba, tutti i giorni cercava di raggiungere quel posto, nella speranza di rivedere il giovane sconosciuto. Allo stesso modo, anche Kaliq si dirigeva al fiume molto più frequentemente che in ato, sperando di incrociare lo sguardo misterioso della giovane. Come se si fossero dati un appuntamento, si ritrovavano lì insieme, separati solo dal fiume, a percepire un filo invisibile di collegamento tra le anime, che non necessitavano di parole. I giorni avano e sia Kaliq sia Adiba non aspettavano altro che quel momento magico d'incontro, sulle rive opposte del Nilo. Tuttavia, sorgeva sempre più forte anche il desiderio di conoscersi meglio, così Kaliq si diede da fare per procurarsi una barca, in modo da raggiungere finalmente Adiba. Un artigiano, vecchio conoscente della famiglia di Kaliq, costruì una leggera imbarcazione e la consegnò al giovane scriba. Gli occhi di Kaliq brillavano, era impaziente di poter usare la sua nuova barca per attraversare il fiume. I giorni successivi, Kaliq e Adiba ebbero l'opportunità di conoscersi e di scoprire molte ioni in comune; insieme, eggiavano, parlavano e scherzavano. Stavano bene... insieme in armonia. Purtroppo, al padre di Kaliq giunsero voci riguardo agli incontri sul Nilo. La famiglia di Adiba non era ben vista da quella di Kaliq, così al giovane scriba venne vietato di recarsi ancora presso le rive del fiume. Ma nonostante le imposizioni del padre, Kaliq disobbedì e continuò a vedere Adiba nel solito ''posto magico''. La situazione andò avanti ancora per pochi giorni: una mattina, non appena Kaliq giunse alla riva del Nilo, venne improvvisamente afferrato e portato via da alcuni uomini, su ordinazione del padre. Kaliq tentò invano di dimenarsi davanti agli occhi disperati di Adiba, che guardava dall'altra parte senza poter intervenire. Poi, in lacrime, lei tornò a casa, chiedendosi se sarebbe stato possibile rivedere il suo misterioso amato. La notte sembrò infinita, essa fu tormentata e triste. Non appena il Sole iniziò a sorgere, Adiba si recò sul Nilo per aspettare il ritorno di Kaliq. Purtroppo, l'attesa fu vana. Ma Adiba non voleva

arrendersi e continuò a fare lunghe eggiate dal suo palazzo fino al fiume, tutti i giorni, con la speranza di rivedere Kaliq. Di fronte alle aspettative deluse, Adiba fece anche un tentativo estremo, attraversando il fiume e cercando, in qualche modo, di raggiungere l'abitazione dello scriba. Ma dei soldati la bloccarono e la ricondussero sull'altra riva. Ormai, stremata e logorata, Adiba decise di non recarsi più in quel che era ormai divenuto un ''posto doloroso''. Cercò di dedicarsi alle sue vecchie ioni; eppure, i pensieri la tormentavano: ''Perché era finita così? Come stava Kaliq? Perché non era più tornato da lei sulle sponde del Nilo? Le guardie glielo impedivano? O di sua spontanea volontà aveva abbandonato l'idea di quegli incontri?''. Adiba non sapeva darsi risposta; si sentiva sola e abbattuta ogni volta che ripensava all'accaduto; ma nonostante ciò, continuava a sperare che un giorno quel filo invisibile che percepiva avrebbe portato lei e Kaliq a riunirsi.

La leonessa della Savana

Erano ati molti secoli da quel magico e misterioso incontro, quando, nel 1801, nella Savana del Centro Africa nacque una bellissima leoncina, Acai. Sin da subito, venne ben accolta da tutto il branco dei leoni. In onore della piccola, i genitori, Naadhira e Tau, diedero una festa a cui parteciparono entusiasti gli abitanti della Savana. Con il suo sorriso conquistò subito la simpatia di tutti, tranne quella del giaguaro Fynn, che da sempre si sentiva in competizione con Tau per il dominio sul territorio. Ma questo, non rovinò l'infanzia di Acai, la quale crebbe in mezzo alla gioia degli animali che la circondavano. Tutti i giorni ava del tempo insieme ai suoi compagni, giocando, cantando, correndo ed esplorando le varie zone della Savana. Una mattina Acai giunse ai piedi di un albero molto più grande di quelli che solitamente vedeva; le sue foglie, viste dal basso sembravano muoversi in modo elegante. Acai incuriosita, si arrampicò lungo il tronco, fino a raggiungere i rami; cercò una posizione comoda e si adagiò per ammirarne meglio le foglie verdi. Scoprì che oltre al loro ondeggiare elegante, si poteva anche udire il loro piacevole suono, un fruscio che sembrava accarezzare dolcemente la pelle. Acai si stava beatamente rilassando in quella sorta di rifugio, quando all'improvviso notò un serpente vicino alle radici dell'albero. Immediatamente si allarmò, temendo che il rettile potesse farle del male; per un attimo, Acai si sentì solo un piccolo cucciolo indifeso. Il serpente, percependo la paura della leoncina, con voce rassicurante disse: ''Non temere! Non voglio farti del male!''. Ma Acai, ricordandosi delle ammonizioni dei genitori sugli sconosciuti, non riusciva a fidarsi e iniziò a ruggire per richiamare l'aiuto dei suoi compagni o di qualche leone più grande. Di fronte a ciò, il serpente insistette: ''Non temere! Non voglio farti del male! Prova a fidarti di me.''. Acai provò a calmarsi e ad osservare con più attenzione, seppure a distanza, lo sconosciuto. In fondo, ebbe l'impressione che si trattasse di un animale dall'animo buono. Il rettile, restando alla base dell'albero continuò: ''Io sono Ki e mi sposto alla ricerca di alberi da esplorare; mi piace conoscerli, salendo dalle loro radici, lungo i tronchi, fino alla loro bellissima cima!''. Il tono pacato delle parole di Ki, tranquillizzarono ulteriormente Acai, che ribattè: ''Il mio nome è Acai e oggi, per la prima volta, mi sono arrampicata sulla cima di questo albero per osservarne meglio le foglie.''. Allora Ki le domandò: ''E come

ti sembrano?''. ''Molto belle.'' rispose Acai. ''E poi?'' chiese ancora Ki. ''Muovendosi danno origine ad un suono melodioso.'' fu la risposta di Acai. Poi continuò: ''Sembra quasi che vogliano trasmettere qualcosa... un messaggio...''. Di fronte a queste parole, il serpente sorrise e suggerì: ''Forse hai ragione! La natura cerca di comunicarti qualcosa... forse ti sta dicendo che la melodia, la musica, l'armonia dei suoni sono qualcosa d'importante per gli esseri viventi. Potrebbero godere anche gli altri dello stesso stato di serenità in cui tu eri immersa poco fa.''. La piccola sorrise per quel pensiero, poi scese dall'albero, ringraziò Ki e lo salutò. Lungo il percorso verso casa, il discorso del serpente echeggiava in modo ancora vivo nella mente e percepì una leggera voce che le suggeriva: ''La musica! Cerca la musica!''. Giunta presso la sua abitazione, Acai raccontò ai genitori dell'accaduto e in particolare di quella sorta di ''voce'' interiore. Tau e Naadhira, vedendo quanto la giovane fosse entusiasmata, le suggerirono di intraprendere gli studi musicali. Acai avrebbe potuto cominciare i suoi studi in una piccola scuola della Savana e, successivamente avrebbe potuto continuare con approfondimenti prendendo lezioni, nelle scuole Viennesi, dai più grandi maestri di musica classica. Il cammino appariva arduo, ma Acai sentiva dentro di sé che valeva la pena di intraprendere quella strada. Un mese dopo, Acai si ritrovò a frequentare la scuola di musica e, ovviamente, a dover scegliere quale strumento musicale suonare. La scelta non era semplice, ogni strumento aveva delle peculiarità che andavano apprezzate. Dopo un'attenta analisi dei propri gusti personali, Acai si ritrovò indecisa sulla scelta tra due strumenti: pianoforte o violino. Tuttavia, in quei giorni, il maestro di pianoforte, un anziano ghepardo, fu chiamato ad insegnare in una scuola nel Sud Africa; così nella scuola frequentata da Acai non c'era più la possibilità di condurre studi di pianoforte e la piccola leonessa, senza esitare, intraprese gli studi musicali di violino. Acai conobbe compagni nuovi: zebre, giraffe, gnu, rinoceronti, cobra, tutti accomunati dalla voglia di intraprendere la strada della musica. Le lezioni erano interessanti, ma oltre all'interesse, esse ponevano pure difficoltà. Imparare era bello, ma non troppo semplice. Ogni giovane doveva affrontare degli ostacoli tipici dell'apprendimento e anche Acai si trovò di fronte a tale situazione. Dopo le prime lezioni teoriche sugli strumenti da utilizzare, si ò alla parte pratica, che risultò più complessa del previsto. Non appena prese il violino in mano, Acai pensò di riuscire immediatamente a controllare i suoni che emetteva. Purtroppo, non fu così, i primi suoni emessi non erano affatto melodiosi; anzi, erano rumori acuti e striduli. La leoncina provò ancora, cercando di migliorare,

ma non ottenne risultati positivi. Man mano che i giorni avano, di fronte ai tentativi vani, Acai diventava sempre più triste e si chiedeva se per caso non avesse intrapreso la strada sbagliata. Naadhira si accorse dello stato d'animo della figlia e le chiese il motivo di quella tristezza. La leoncina fece finta di non avere nulla di importante, ma una madre conosce sempre la verità a prescindere dalle parole dei suoi figli. Dunque, Naadhira insistette: ''Dai! Puoi dirmi cosa ti preoccupa; scommetto che si tratta delle lezioni di musica. Dimmi un po', ho indovinato?''. Acai scoppiò in un misto tra pianto e risata, contenta per la premura e la giusta predizione della madre, ma anche triste perché era stato toccato proprio il tasto dolente sulle lezioni di violino. Naadhira cercò di stare vicino alla sua piccola e le chiese: ''Sei sicura che la musica ti piaccia?''. Senza esitazione, la risposta di Acai fu: ''Certamente! Mi piace molto, ma trovo parecchia difficoltà nelle esercitazioni. Riesco a produrre solo suoni striduli e non so come risolvere il problema.''. Allora Naadhira, con un sorriso caloroso, la guardò e le disse: ''In tal caso non devi proprio preoccuparti. Credo che si possa facilmente trovare una soluzione al tuo problema. Innanzitutto, devi continuare ad esercitarti con la consapevolezza che, quando cerchi di imparare qualcosa di nuovo, solitamente occorrono vari tentativi prima di raggiungere buoni risultati. Inoltre, puoi chiedere aiuto anche ai tuoi maestri; loro sono lì a scuola proprio per insegnare ai più giovani, vedrai che ti aiuteranno volentieri. E poi, c'è un'altra cosa fondamentale; abbi fiducia in te stessa e cerca di mettere il massimo entusiasmo per realizzare il tuo sogno.''. Acai si sentì rassicurata da quel discorso e iniziò da subito a mettere in pratica i consigli ricevuti. Tornata a scuola, comprese quali fossero i suoi errori tecnici e apprese come migliorare il suono del violino. Tutto ciò fu uno stimolo ad esercitarsi di più e mettere una ione sempre maggiore nell'arte musicale. I risultati ottenuti furono ottimi e Acai si sentiva molto contenta. Anche la vita con i compagni andava molto bene; in particolare, Acai aveva stretto amicizia con una gheparda, di nome Aly. Si trattava di una cantante, dolce e sensibile, forte e coraggiosa. Presto divenne la sua confidente, la sua migliore amica, la compagna con cui condivideva un po' di tutto, dalle piccole disavventure alle gioie quotidiane. Dopo un paio d'anni, però, si iscrisse alla scuola di musica anche Lia, una pantera proveniente dalla giungla. Lia chiacchierava molto, sembrava parecchio espansiva, anche troppo, per i gusti di Acai. Aveva fatto conoscenza con tutti e, ovviamente, anche con Aly. Il fatto che la pantera cercasse spesso di are del tempo con Aly, anche fuori dalle ore di lezione, dava molto fastidio alla giovane leonessa. Temeva infatti che potesse venire improvvisamente abbandonata dalla sua migliore amica, o per spontanea

volontà della stessa Aly o perchè potesse capitarle qualcosa di non troppo piacevole, per via della pantera, che non le sembrava molto affidabile. Questo pensiero era diventato un tormento per Acai. La giovane gheparda era troppo importante, non avrebbe mai voluto perderla. Acai provò a convincersi che il suo timore fosse infondato: il rapporto con Aly era troppo forte per potersi rompere e comunque non sarebbe successo nulla di male alla gheparda, perché Acai le sarebbe sempre stata vicina, pronta a proteggerla da qualunque cosa. Tali ragionamenti, purtroppo, non erano sufficientemente forti da tenere a bada la gelosia, che un pomeriggio venne fuori in modo piuttosto violento. Una mattina Acai chiese ad Aly se le andasse di fare una eggiata nella Savana durante il pomeriggio; tuttavia, Aly rispose: ''Oggi non posso proprio permettermelo. Devo aiutare mia madre a preparare le torte per la festa del mio fratellino e poi, come sai, dovrò allenarmi con il canto, perché ho una prova a scuola. Magari possiamo uscire domani, se ti va.''. Acai ribattè: ''Giusto, avevo dimenticato. Allora sarà per la prossima volta. Tanti auguri per il tuo fratellino!''. Acai salutò la sua amica e tornò a casa. Nel pomeriggio pensò di portare un piccolo regalo di compleanno al fratellino di Aly e aiutarla nei preparativi della festa. Non appena arrivata vicino alla caverna in cui abitava Aly, Acai vide Lia davanti a sé, a pochi metri di distanza. La leonessa fu presa da un attacco di gelosia improvvisa, di scatto si allontanò, si diresse verso delle rupi e con rabbia iniziò a graffiare la roccia. Graffiò talmente forte che si fece perfino del male, spezzandosi un'unghia e ferendosi le dita. Poco dopo si rese conto di aver avuto una reazione esagerata, molto probabilmente Aly era stata sincera con lei al mattino, davvero sarebbe stata impegnata ad aiutare sua madre e poi con le esercitazioni musicali; forse la pantera Lia si trovava di aggio in quella zona e, così, aveva fatto un salto a casa di Aly. Dopo aver raggiunto finalmente un po' di calma, Acai cercò di pulirsi la ferita e trovò il coraggio di andare verso la caverna. Vedendola arrivare, la gheparda esclamò contenta: ''Ciao! Che bella sorpresa! Anche tu sei qui di aggio come Lia?''. Quelle parole servirono per tranquillizzare ulteriormente Acai, la quale con serenità rispose: ''Non proprio; in realtà, volevo portare un piccolo dono per il tuo fratellino e volevo darti una mano in cucina!''. Lia aggiunse: ''Fantastico! Posso aiutarvi anche io! Per un'ora potrò unirmi a voi, poi dovrò andare via per altri impegni.''; ''Certo, è un'ottima idea; insieme sarà sicuramente più divertente.'' fu la risposta di Aly. Quel pomeriggio, le tre giovani si divertirono molto e, tra una chiacchiera e l'altra, prepararono un mucchio di prelibatezze per la festa. Poi, Lia dovette lasciare le amiche; così, Acai ed Aly rimasero sole. La gheparda ad un certo punto, notò la ferita sulla zampa di Acai e le chiese cosa le fosse successo; la leonessa, con voce un po' titubante, disse di aver inciampato su una roccia. Ma Aly la conosceva troppo bene e dal tono intuì

che si trattava di una menzogna; allora proseguì: ''Non ci credo, ti conosco! Mi stai raccontando una bugia; dai, dimmi la verità!''. Acai si vide costretta a confessare ciò che era accaduto poco prima; Aly scoppiò a ridere: era dispiaciuta per la ferita dell'amica, ma la reazione esagerata di fronte alla rupe la divertiva. La gheparda sorrise e disse all'amica: ''Dunque sei gelosa, giusto?''. Acai, imbarazzata, abbassò lo sguardo; poi, Aly proseguì: ''Direi proprio che non hai motivo di preoccuparti; sai quanto io tenga a te... sarai sempre un amica importantissima nella mia vita.''. Acai l'abbracciò e le disse che pure per lei valeva lo stesso; infine, aggiunse: ''Comunque, oggi pomeriggio sono stata bene, devo ammettere che anche Lia mi è sembrata simpatica, potrebbe essere una buona amica!''. Aly annuì contenta. Da quel momento, le tre giovani iniziarono a vedersi più frequentemente e la loro simpatia fece allargare il gruppo anche ad altre allegre compagne e compagni, che insieme si divertivano ed affrontavano le difficoltà incoraggiandosi l'un l'altro.

Acai cresceva e gli studi di musica diventavano man mano più impegnativi, ma la ione per il violino e quella "voce", che sin da piccola la incitava a cercare la musica, le permettevano di non stancarsi mai.

Oltre alle solite lezioni del mattino, i giovani suonatori della scuola iniziarono anche a presentare dei concerti. Uno dei più importanti fu il concerto conclusivo degli anni di studio presso la Savana. In quell'occasione, i giovani musicisti avrebbero dovuto eseguire alcune tra le più belle e difficili composizioni di Mozart. Acai era molto eccitata per l'evento, provava un misto di tensione, paura, contentezza, gioia. Era quasi pronta per l'esibizione insieme ai suoi compagni, quando si accorse che le era stato fatto uno scherzo di pessimo gusto: qualcuno aveva tagliato le corde del suo arco di violino. In quel modo, le era impossibile suonare; Acai fu sommersa da un'enorme dispiacere, temendo di dover rinunciare alla sua parte nel concerto. Si chiese chi fosse il responsabile di un simile scherzo e perché lo avesse fatto. Ma, in fondo, quelle domande non erano così importanti in quel momento: Acai era principalmente presa dal fatto di non poter suonare il suo violino; aveva tanto desiderato che tutto andasse per il meglio e, invece, si ritrovò di fronte a quell'imprevisto sgradevole. Quando ormai, la giovane leonessa non riusciva più a trattenere le lacrime, il suo maestro la chiamò e le offrì un nuovissimo arco dicendole: ''Prendi! Te lo avrei regalato

più tardi, al termine dell'esibizione come ricordo degli anni di studio nella nostra scuola. Però credo che ti sia più utile in questo momento!''. Gli occhi di Acai si illuminarono di gioia alla vista del nuovo arco; le sue corde erano pregiate, composte dai materiali migliori che si potessero usare. Fece qualche piccola prova e scoprì con piacere che i suoni erano molto puliti; incoraggiata da ciò, Acai prese posto tra i suoi compagni e il concerto ebbe inizio. Le composizioni mozartiane interpretate dai giovani abitanti della Savana ebbero un grandissimo successo e furono seguite da applausi e festeggiamenti. Ad un certo punto, Fynn si avvicinò ad Acai e la guardò con occhi malvagi. Da tale osservazione, la leonessa capì che proprio quel giaguaro era stato il responsabile del torto subito, ma non ne comprendeva il motivo. Di fronte al dubbio, intervenne prontamente Tau, il quale disse: ''Figliola, purtroppo ci sono esseri che, presi dalla brama di potere, compiono gesti privi di senso. Tu non puoi farci niente!''. Acai si rattristò per quelle parole e ribattè: ''Mi dispiace davvero tanto se le cose stanno così. Però forse c'è una possibilità che anche degli esseri malvagi possano diventare buoni. Chissà... magari qualche evento bello potrebbe cambiare la loro vita o, forse, anche il potere della musica potrebbe avere su di loro un effetto positivo.''. Infine, Tau rispose: ''Il pensiero che hai appena espresso è stupendo, però sappi che si tratta di un'impresa ardua. Tuttavia, devo ammettere che vale la pena di sperare e di provare ad apportare certi cambiamenti.''. Incoraggiata dalla parte conclusiva del discorso, Acai affermò: ''Io voglio provarci... continuerò a studiare la musica, confidando nel fatto che i suoni melodiosi possano aiutare tutti a cogliere la bellezza dell'esistenza. Sai, papà... sono convinta che un giorno Fynn si pentirà dei suoi scherzetti sgradevoli e diventerà un giaguaro buono e generoso.''.

Il lupo della Norvegia

Nella terra fredda della Norvegia, lo stesso anno in cui venne alla luce Acai, una famiglia di lupi accoglieva con gioia un cucciolo appena nato. Mamma lupa e Papà lupo lo chiamarono Kevin; il cucciolo aveva occhi teneri, che sembravano sempre bisognosi di affetto. Kevin adorava stare insieme ai suoi genitori e al suo fratello maggiore, Erik. In particolare, nutriva per lui una grande stima; Erik rappresentava un prezioso punto di riferimento, il lupo da seguire come esempio. I due fratelli condividevano le giornate, con i giochi, la caccia, le corse in mezzo alla neve. Avventurarsi in lunghe e veloci corse era il atempo preferito di Kevin; in quel modo, aveva l'impressione di sperimentare la libertà assoluta; mentre correva, lasciava andare la mente all'immaginazione: improvvisamente iniziava a volare e stava davvero bene, si sentiva fuori da ogni sorta di pericolo, immerso in una luce purificante. Poi immaginava di sentire la presenza di un'amica, dallo sguardo molto dolce. Insieme continuavano a volare e a comunicare mentalmente, senza parole. Kevin non sapeva quale fosse l'aspetto fisico della sua amica immaginaria, riusciva a percepirne solo lo sguardo attraverso colori sfumati. Quegli occhi gli ricordavano qualcosa di antico e misterioso, ma non sapeva cosa; nella Norvegia non aveva mai conosciuto nessuno con quelle caratteristiche, eppure, c'era qualcosa di familiare in lei. Spesso Kevin correva anche con i suoi compagni; era molto veloce e ben presto, sulle orme del fratello maggiore, cominciò a gareggiare. Le gare di primo livello comprendevano percorsi piuttosto semplici, non troppo lunghi e su strade pianeggianti. I risultati riportati dal lupacchiotto erano eccellenti, così andò avanti con le gare di secondo livello, che prevedevano anche tratti di salita e traguardi un po' più lunghi da raggiungere. Ma la forza di volontà, spingeva Kevin a dare il meglio di sé in ogni corsa e ad ottenere sempre notevoli risultati. Voleva diventare bravo come Erik, il quale aveva ormai raggiunto l'ultimo livello previsto per le gare, affrontando percorsi lunghissimi dalla durata di intere giornate, con tratti di grande pendenza sulle cime delle montagne innevate. Erik era diventato un maestro da imitare e Kevin avrebbe fatto di tutto per diventare

come lui. La stima e il desiderio di raggiungere gli stessi traguardi del fratello, portavano Kevin ad affrontare a testa alta qualsiasi difficoltà incontrasse lungo i suoi percorsi di gara. Era diventato un lupetto forte, quando si apprestava ormai agli ultimi livelli, e sognava di poter correre, un giorno, anche con altri lupi del mondo.

Una mattina, Kevin, insieme ad un suo compagno di nome Dan, decise di fare una eggiata verso una montagna un po' lontano da casa. Venuta a conoscenza del fatto, Mamma lupa subito si allarmò e ammonì: ''Non potete allontanarvi così tanto, voi due da soli!''. Kevin, con tono di sfida, rispose: ''Siamo grandi; quindi possiamo andare da soli, sebbene la meta sia un po' lontana.''. Mamma lupa aggiunse: ''E' pericoloso, potrebbe fare molto freddo e, se la vostra eggiata dovesse rivelarsi più lunga del previsto, potreste essere costretti a tornare nel mezzo della notte. Mi mettete paura; per favore, non andate! Sarebbe sicuramente meglio fare una eggiata in posti più vicini.''. Tuttavia, Mamma lupa conosceva bene lo spirito avventuriero del figlio e, soprattutto, la sua testardaggine; così, dopo quei vani consigli, lasciò che i due giovani lupi sperimentassero sulla loro pelle il duro percorso che loro stessi volevano intraprendere. Kevin e Dan partirono agli albori del mattino, percorsero molti chilometri e giunsero nel mezzo del giorno ai piedi di una grossa montagna innevata. Appariva imponente e ripida; salire lì su avrebbe spaventato anche un lupo esperto di lunghe camminate. Tuttavia, i due lupacchiotti non si lasciarono intimorire; si incoraggiarono a vicenda e iniziarono l'arrampicata per un sentiero scosceso. La strada era molto faticosa, talvolta si incontravano anche lastre di ghiaccio su cui era facile scivolare. Occorreva prestare molta attenzione ad ogni o. I due impavidi, nonostante le notevoli difficoltà, erano quasi giunti in cima, ma altro tempo era trascorso e la vista del tramonto causò un leggero turbamento nell'animo di Dan. Notando l'espressione titubante dell'amico, Kevin disse: ''Dai! Manca poco; ormai siamo arrivati fin qui, dovremmo riuscire a raggiungere la cima di questa montagna prima che sia notte fonda.''. ''Certamente; però inizio ad avere un po' di paura. Forse dovremmo tornare indietro.'' fu la risposta di Dan. ''Invece, io credo che valga la pena di andare avanti. Abbiamo già percorso la maggior parte della strada. Pensa a quanto possa essere bello il panorama visto dalla vetta. Sono sicuro che insieme riusciremo a raggiungerla prestissimo.'' ribatté Kevin. Non appena terminò il discorso, i due svoltarono una curva del loro sentiero e si ritrovarono di fronte ad un magnifico laghetto ghiacciato. La tenue luce riflessa,

del sole che tramontava, dava un tocco di magia a quel posto. Dan esclamò: ''Uao! Che meraviglia! Devo ammettere che il seguito della nostra camminata è stata ricompensata''. Kevin sorrise e aggiunse: ''Già! Pensa che salendo ancora un po', potremmo avere un'altra sorpresa bellissima.''. Dan annuì e disse: ''Va bene, mi hai proprio convinto; però, voglio prima fare una rapida pattinata sul laghetto. Sarò velocissimo, voglio solo provare per pochi minuti.''. Così, Dan si diede una forte spinta e scivolò subito fino al centro del laghetto, ma uno scricchiolio giunse immediatamente alle orecchie di Kevin, il quale gridò: ''Dan, torna indietro!''. l lupacchiotti compresero che la situazione stava diventando pericolosa: il ghiaccio del laghetto era in procinto di rompersi e, in tal caso, Dan sarebbe caduto in acqua. Spaventato, Dan provò ad allontanarsi dal centro del laghetto e a raggiungere il suo compagno. Sfortunatamente, non fece a tempo ad uscire dal laghetto: quando era quasi giunto sulla sponda di partenza, il ghiaccio sottostante si ruppe e Dan cadde in acqua. ''Non aver paura, siamo vicini! Dammi la zampa!'' lo incoraggiò Kevin. Pur essendo piccola la distanza che separava i due amici, era comunque difficile riuscire a prendersi per la zampa: sembrava che Dan fosse rimasto incastrato nella buca che si era formata sotto di lui. Allora, Kevin, non vedendo altra soluzione, fu costretto ad avvicinarsi di più al lupetto in pericolo per aiutarlo. Dentro di sé, sperò con tutto il cuore che il ghiaccio non continuasse a rompersi anche sotto i suoi piedi e che entrambi potessero uscire fuori pericolo. Il desiderio si realizzò, ma, mentre tirava Dan fuori dalla buca, Kevin rimase ferito. Un pezzo di ghiaccio aguzzo aveva lacerato in profondità una zampa anteriore. Il freddo che diventava sempre più pungente, sul calar della notte, faceva sì che il dolore alla zampa non sembrasse poi così forte e, scampato il pericolo, i due lupi coraggiosi si avventurarono di nuovo in salita fino a raggiungere la vetta della montagna. Era notte e la luna piena offriva uno spettacolo meraviglioso: le altre montagne innevate risplendevano al chiaro di luna. ''E' stata un'avventura fantastica! Ho avuto paura prima, però trovo che questo panorama sia davvero una bellissima sorpresa! Sono contento di condividere questo cammino con te, Dan.''. Il compagno, entusiasta, lo abbracciò e infine aggiunse: ''Concordo pienamente! Adesso, però, è giunta l'ora di tornare a casa''. I due intrapresero la strada di ritorno e all'alba del mattino successivo giunsero presso le loro famiglie. Non appena arrivato nella propria abitazione, Kevin si addormentò, stanco per la lunga impresa affrontata. Al risveglio, si accorse di avere un forte dolore alla zampa anteriore: era la ferita che si era procurato sul lago ghiacciato. Gli effetti in quel momento si facevano sentire in modo più intenso che nella notte precedente. Un medico lo visitò e constatò che la ferita era piuttosto grave.

Kevin fu costretto a stare a riposo per diversi giorni senza sforzare la zampa. Quando il medico tornò per verificare la guarigione, Kevin disse: ''Ora cammino quasi bene e presto tornerò a correre.''. Il medico, di fronte a quelle parole, mostrò un'espressione di tristezza e specificò: ''Sì, Kevin; vedo che hai fatto progressi, la tua zampa è quasi guarita e presto potrai anche correre. Però, temo di doverti dare una notizia un po' dolorosa''. Il giovane lupo si preoccupò, poi chiese di cosa si trattasse. Il medico rispose: ''Temo che non potrai più sottoporre la tua zampa a sforzi eccessivi, per cui ti sconsiglio di continuare con le tue gare di corsa.''. Un brivido attraversò tutto il corpo di Kevin. Non voleva credere a quel che aveva appena sentito. Il suo desiderio era di correre, di diventare bravo come Erik e di gareggiare con altri lupi del mondo; ma , in quell'istante, si sentì privo di ogni forza. Per un po' di giorni non volle parlare, non volle uscire, non volle essere disturbato da nessuno. I suoi famigliari erano molto preoccupati, non sapevano cosa fare per alleviare la sofferenza interiore di Kevin. Dopo una decina di giorni di isolamento, finalmente, il lupetto trovò la forza di uscire e tentò di fare una breve corsa in un tratto pianeggiante. Ovviamente, non ebbe la possibilità di correre molto velocemente; doveva ricordarsi di prestare attenzione alla zampa anteriore; ma, nonostante tutto, fu un'uscita piacevole. Mentre percorreva la strada, Kevin ebbe di nuovo quella sensazione di libertà e di leggerezza, che negli ultimi periodi gli era mancata. Sentì di nuovo anche la presenza della sua amica immaginaria, che lo incoraggiava a non arrendersi. Sembrava che cercasse di comunicargli un messaggio del tipo: ''Forza Kevin! Sei un lupo fortunato... in fondo quell'avventura in montagna ti ha anche permesso di cogliere la bellezza della natura; guarda il lato buono! E poi... hai tante abilità, non sei solo un'atleta.''. La percezione dello sguardo misterioso e del messaggio diedero a Kevin una maggiore forza per reagire di fronte al triste accaduto. Ben presto riprese a frequentare gli amici e a parlare con i membri della sua famiglia. Un pomeriggio, Erik invitò il fratello minore ad andare ad un concerto; Kevin accettò l'invito e insieme andarono in teatro. Era la prima volta che Kevin sentiva dal vivo il suono melodioso degli strumenti musicali e ne rimase particolarmente affascinato. Al termine del concerto, Erik volle intrattenersi per salutare un suo vecchio amico, membro importantissimo dell'orchestra. Si trattava di John, che sin da piccolo si era allenato a suonare il pianoforte. Era un tipo gentile e, vedendo che Kevin guardava con ammirazione il pianoforte, gli disse: ''Se vuoi, puoi provarlo.''. Il lupacchiotto non si fece ripetere due volte l'invito. Si mise davanti a quel grosso strumento e ne iniziò a pigiare i tasti. Pur non avendo mai fatto prove, sembrava che avesse già confidenza con il pianoforte. Ciò destò meraviglia in John, il quale propose a Erik di iscrivere il

suo fratellino presso una scuola di musica. Lungo la strada verso casa, Kevin e Erik parlarono molto, a un certo punto il fratello maggiore chiese: ''Dimmi Kevin, stasera ti è piaciuto il concerto?''. Il più piccolo rispose: ''Sì, sono rimasto stupito, non pensavo che la musica fosse così bella.''. Allora Erik aggiunse: ''Che ne dici di provare a frequentare una scuola di musica?''. Kevin scoppiò a ridere e rispose: ''No, non posso. Io sono fatto per gareggiare, proprio come te; anche se, molto probabilmente, non potrò più ambire a diventare bravo come te, per via della ferita alla zampa.''. Erik insistette: ''Magari non è quella la tua strada; forse tu devi percorrere un sentiero del tutto nuovo, totalmente diverso dal mio. Prima John ti ha sentito suonare al pianoforte e mi ha suggerito che hai un talento particolare.''. Tali parole fecero commuovere Kevin, il quale domandò: ''E tu, fratellone? Credi davvero che io possa intraprendere questa nuova strada?''. ''Certamente, ho molta fiducia in te.'', confermò Erik. Infine, Kevin disse: ''Grazie! Non immagini quanto mi rendano contento le tue parole. Ti prometto che penserò meglio alla possibilità di andare in una scuola per musicisti.''. Quella notte, dopo tanti giorni, Kevin dormì tranquillo e sereno. In sogno sentì ripetere le parole della sua amica immaginaria: ''Hai tante abilità, non sei solo un'atleta...''. Al risveglio, il lupacchiotto comunicò a tutta la famiglia il suo desiderio di imparare a suonare il pianoforte. I genitori furono molto contenti di rivedere il sorriso sul volto di Kevin e il giorno stesso lo accompagnarono a scegliere un pianoforte nuovo. Pochi giorni dopo, il giovane lupo iniziò a prendere lezioni di musica e nella scuola conobbe molti compagni simpatici. Gli anni di apprendimento furono particolarmente lieti; Kevin divenne un eccellente pianista e dopo qualche tempo, il maestro gli propose di continuare i suoi studi presso una scuola Viennese.

La magia della musica

Il diciannovesimo secolo fu un periodo particolarmente florido per la musica in Europa; in particolare, a Vienna vi era una prestigiosa scuola, dove giovani musicisti potevano migliorare le proprie capacità, stando a contatto con i migliori compositori dell'epoca. Nel 1820, anche Acai, come Kevin, iniziò il suo nuovo percorso nella città dell'Austria. Si trovò improvvisamente proiettata in un mondo totalmente diverso rispetto a quello da cui proveniva. Si sentiva disorientata, le mancavano la famiglia e i suoi vecchi amici. Ma aveva un sogno da seguire: la musica. Dunque, anche se sarebbe stato difficile, avrebbe cercato di ambientarsi nella nuova città. Finalmente giunse il primo giorno di scuola e la leonessa raggiunse i suoi nuovi compagni. Erano numerosi e di tante specie differenti: aquile, elefanti, orsi, scimmie, gatti, tigri e altri ancora. Oltre ad apprendere le lezioni di violino, Acai avrebbe avuto la possibilità di stare a contatto con giovani provenienti da varie parti del mondo. Avrebbe avuto l'occasione di conoscere diverse culture; questa idea la incuriosiva e la eccitava. I giovani allievi vennero divisi in vari gruppi in base allo strumento musicale che suonavano. Acai era in una classe composta da quindici violinisti, tutti di ottima compagnia. Spesso si ritrovavano insieme, non solo durante le lezioni, ma anche nei fine settimana, per fare gite di esplorazione nella nuova città e nei dintorni. La paura e il disorientamento iniziale erano spariti e Acai si trovava davvero bene in quell'ambiente. La vita era ricca di eventi entusiasmanti, come, ad esempio, la preparazione del concerto natalizio che venne organizzato in collaborazione con gli allievi di tutta la scuola. La preparazione prevedeva, ovviamente, delle prove in cui i musicisti avrebbero imparato a coordinarsi seguendo le istruzioni di un maestro. Durante la prima prova, i vari membri dell'orchestra si radunarono in una grande sala. Prima di iniziare, c'era una gran confusione; gli animali erano presi dall'agitazione per i preparativi dell'importante esibizione, che avrebbe avuto luogo in un famoso teatro Viennese nel giorno di Natale. Acai, presa dalle chiacchiere, aveva poggiato il suo violino sulla coda di un pianoforte e, pochi minuti prima che iniziassero le prove, tornò a prendere il suo strumento. Davanti

al pianoforte si era seduto un giovane lupo; lui la guardò e rimase folgorato dalla leonessa, faceva difficoltà a parlare; solo dopo una decina di secondi riuscì a dire: ''Ciao! E' tuo il violino?''. Acai annuì e aggiunse: ''Perdonami. Lo avevo lasciato sulla coda del pianoforte mentre ero presa dalle chiacchiere.''; poi, la leonessa chiese: ''Qual è il tuo nome?''. Il lupo rispose: ''Mi chiamo Kevin. E tu?''; ''Io sono Acai'' rispose la giovane. ''Bene; allora buona fortuna Acai!'' continuò il lupo; Acai ringraziò e gli augurò altrettanto; poi, si allontanò e prese posto tra i suoi compagni di violino. Kevin si sentiva scosso da quell'incontro: gli occhi della leonessa erano identici a quelli della sua amica immaginaria e si chiese se, per caso, anche le sue qualità caratteriali rispecchiassero quelle dell'amica immaginaria. Successivamente, cercò di concentrarsi sugli spartiti, visto che le prove stavano iniziando. A una decina di metri di distanza, Acai cercava di mantenere la sua attenzione sulla parte da suonare; eppure, i pensieri andavano incontrollati verso quel nuovo incontro con il lupo. Acai aveva percepito qualcosa di strano, che non aveva mai sentito prima. Durante le prove, ebbe la tentazione di volgere lo sguardo verso il curioso pianista, ma evitò di voltarsi per paura di una distrazione eccessiva. Dentro di sé, però, sperava di avere l'opportunità di parlare un po' con Kevin e di capire meglio cos'era quella strana sensazione che sentiva. Terminate le prove, che avevano dato buoni risultati, i musicisti si apprestavano ad uscire dalla sala, quando uno di loro propose ad alta voce: ''Ragazzi, che ne dite se stasera cenassimo tutti insieme? Sarebbe bello conoscersi meglio.''. A Kevin piacque molto l'idea e fu il primo ad accettare la proposta. Subito dopo ci fu il consenso da parte di tutti e, così, il numeroso gruppo dei giovani musicisti cercarono insieme un posto dove restare per cena. Trovarono una locanda, che potesse ospitare tutti e, al momento di disporsi intorno ai tavoli, Kevin dentro di sé si diceva: ''Voglio prender posto vicino ad Acai, sono proprio curioso di conoscerla.''. Il desiderio del lupo si realizzò; Kevin e Acai finirono l'uno di fronte all'altro e parlarono a lungo, a volte delle loro esperienze personali e a volte, invece, si integravano nei discorsi dei loro compagni vicini. Tornato a casa, Kevin continuava a pensare ad Acai; in quella serata aveva scoperto di condividere molto con lei: la ione per la musica, l'interesse per le avventure in posti nuovi, le idee per il futuro e tanto altro. E poi c'era quell'intesa speciale che Kevin aveva percepito solo con la sua amica immaginaria.

Anche Acai, una volta tornata nella sua abitazione, continuava a pensare al lupo; quella sera, era stata davvero bene, aveva l'impressione che Kevin fosse suo compagno da sempre e che la conoscesse a fondo, come di solito solo una madre riesce a fare con i suoi figli. Ma un camlo d'allarme, all'improvviso, suonò nella mente di Acai: e se quello fosse stato l'inizio di un innamoramento? Bisognava fare molta attenzione; era giusto portare avanti un'amicizia, ma occorreva camminare sempre su quei binari. Non era lecito pensare a Kevin come a qualcosa di più; in fondo, lei era una leonessa, destinata a stare con i leoni, mentre lui era un lupo. Il mattino successivo, al termine delle lezioni, Kevin usciva dalla scuola. Il suo camminare era molto lento e, ad ogni o verso l'uscita, si voltava a destra e a sinistra sperando di trovare la leonessa. Quando era ormai sul punto di giungere all'esterno, udì una voce squillante alle sue spalle: ''Kevin! Aspetta vengo con te!''. Era Acai, che nonostante il camlo d'allarme, non riusciva a controllare la voglia di rivedere il lupo. Kevin, contento, rispose: ''Va bene! Ti va di fare una eggiata nel parco?''. La leonessa accettò e, insieme, si avventurarono su un prato lì vicino. arono diverse ore mentre si raccontavano le loro rispettive esperienze d'infanzia e, da una semplice eggiata nel parco, finirono per fare una lunghissima camminata attraversando decine di chilometri nella città. Alla fine, notando che ormai si era fatto buio, Kevin si offrì per accompagnare Acai fino alla sua abitazione. La leonessa, di fronte ad una simile situazione, avrebbe risposto orgogliosamente: ''Grazie! Ma non devi preoccuparti; sono una leonessa e posso andare da sola.''. Invece, quella sera, rispose: ''Grazie! Accetto volentieri di chiacchierare ancora un po' con te.''. Quel lupo aveva qualcosa di magico agli occhi di Acai ed era contentissima di parlare ancora un po' con lui. Anche per Kevin era esattamente lo stesso e, una volta raggiunta la casa della leonessa, fu molto difficile salutarsi e separarsi. Quella notte Acai fece un sogno: lei era un gatto di nobili origini nell'antico Egitto e, sulle rive del Nilo, aveva conosciuto un gatto appartenente ad una famiglia di scribi. Ogni giorno non aspettavano altro che di incontrarsi presso il fiume egiziano per stare insieme o, talvolta, anche semplicemente per guardarsi sulle due rive opposte, senza neppure parlare... ma sentendo comunque un collegamento magico. Purtroppo per via delle rivalità tra le famiglie, gli incontri tra i due giovani gatti furono drasticamente interrotti. Tuttavia, nonostante il are degli anni, la protagonista del sogno sperava di ritrovare, prima o poi, il suo compagno.

Al risveglio, Acai era pervasa dall'agitazione; in parte, si sentì scossa dal contenuto del sogno, ma soprattutto rimase sbalordita dal riconoscere nello sguardo dello scriba qualcosa che aveva colto attraverso lo sguardo di Kevin. Sembrava che i due fossero la stessa persona. Inoltre, anche la fortissima intesa percepita, sia con il gatto del sogno sia con il lupo, sembrava esattamente la stessa. Acai ne rimase turbata e, contemporaneamente, incuriosita. Scrisse una lettera alla sua cara amica Aly che, nonostante la distanza, era rimasta il suo punto di riferimento, la miglior confidente. Nella lettera, la leonessa narrava del lupo conosciuto e dello sconvolgente sogno. Acai teneva tantissimo a ricevere un parere da parte di Aly. Quest'ultima, sbalordita dal racconto, presto scrisse una lettera di risposta. Tra le righe, vi si leggeva: ''Sia il sogno che la realtà hanno qualcosa di speciale, ma anche qualcosa di triste... penso che faresti meglio a non are troppo tempo con Kevin; in futuro, potreste soffrire entrambi... ricorda che tu sei una leonessa, mentre lui è un lupo.''. I pensieri della dolce Aly rafforzavano il camlo d'allarme che la leonessa aveva già sentito. I giorni successivi, Acai andava a prendere lezioni di musica presso la scuola e al termine si dirigeva immediatamente verso casa, cercando di evitare la presenza di Kevin. Il lupo, che per un paio di settimane non aveva più incontrato la leonessa, decise di recarsi direttamente da lei in un pomeriggio per vedere come stesse. Acai fu colta di sorpresa; si era proposta di restare il più lontano possibile da Kevin, ma era troppo contenta di vederlo lì, davanti casa. Per un attimo, rimase senza parole, poi riuscì a dire: ''Ciao! Come stai? Come mai sei qui?''. Kevin, sentendosi imbarazzato, provò a mentire: ''Sto andando a fare delle compere''; ma alla fine, si corresse: ''Non è vero. Sono venuto fin qui per vederti e accertarmi che tu stessi bene.''. Quelle parole scaldarono il cuore di Acai, la quale subito gli corse incontro e lo abbracciò. Le emozioni presero il sopravvento e disse: ''Non immagini come sono contenta di rivederti.''. Il lupo poi chiese il motivo delle assenze; la giovane arrossì e si vide costretta a spiegare la verità: ''Sono venuta tutti i giorni a scuola di musica, ma non mi sono trattenuta al termine delle lezioni, perché...'' e si interruppe. Kevin riuscì a leggerle nel pensiero e proseguì: ''La razionalità ti suggerisce di starmi lontano, giusto?''. Acai fece cenno di sì e abbassò la testa. Kevin espresse il proprio parere: ''Anche a me capita esattamente lo stesso. Ma... mi fa male non poterti vedere. Avevo troppa voglia di stare qualche minuto con te e, così, sono arrivato fin qui.''. Acai , contenta e triste allo stesso tempo, ribatté: ''Anche a me fa molto piacere chiacchierare con te... di qualunque cosa. Ti voglio bene, anzi, molto più che bene e... questo mi spaventa.''. Il lupo comprendeva perfettamente lo stato d'animo dell'amica perché anche lui provava gli stessi sentimenti, ma si rendeva

conto della realtà: prima o poi, lui sarebbe tornato nella Norvegia, tra i lupi, e lei nella Savana, tra i leoni. ''C'è una cosa che devo raccontarti! Suppongo che ti lascerà senza fiato.'' proseguì Kevin. ''Dimmi pure'' rispose Acai e il lupo iniziò a raccontare dell'amica immaginaria, del suo sguardo e dell'incredibile somiglianza con gli occhi della leonessa. Acai, stupita aggiunse: ''E' davvero incredibile. Sembra quasi che il nostro incontro nasconda qualcosa di speciale.''. Poi raccontò del sogno nell'antico Egitto, che suscitò un grande stupore in Kevin. Quest'ultimo, ad un tratto, esclamò: ''Hai ragione! C'è qualcosa di speciale tra noi. La sensazione che ho è quella di conoscerti nel profondo dell'anima da sempre, forse ci conoscevamo già in qualche vita ata...''. La leonessa sorrise: ''A qualcuno potrebbe sembrare una fantasia, ma... d'altra parte, anche la mia percezione è esattamente quella che hai appena descritto tu.''. Poi tristemente aggiunse: ''Peccato che non potremo stare insieme a lungo.''. ''Sì, però possiamo stare bene insieme in questo periodo a Vienna. Promettimi che ci frequenteremo da buoni amici finché non termineranno i corsi di musica'' fu la risposta di Kevin. Infine, Acai, tra le lacrime, acconsentì: era felice di poter stare con il suo prezioso e misterioso amico, ma temeva una forte sofferenza al momento del futuro distacco. Il lupo disse: ''Non devi aver paura, sarebbe da sciocchi non godere al massimo della felicità che ci riserva questo periodo e poi... sono sicuro che un giorno ci rivedremo, seppure in un futuro lontano.''. arono tre anni e i due rimasero ottimi amici; spesso si esercitavano insieme sugli studi musicali, partecipavano insieme a diversi concerti, si aiutavano nei momenti di difficoltà, erano confidenti l'uno dell'altro; erano come fratelli, come amici, come compagni di vita... come un'unica persona con la stessa anima. Purtroppo, giunse il momento in cui gli studi presso Vienna si conclo; Kevin e Acai avrebbero sempre avuto un bellissimo ricordo della città, dei compagni di musica, delle faticose lezioni seguite dai grandiosi risultati dei concerti e, soprattutto, ci sarebbe stato un magnifico ricordo di quell'amicizia speciale, che sembrava provenire da un lontano ato. Kevin soffriva per il fatto di dover salutare la leonessa, la quale disse con estrema dolcezza: ''Su! Devi essere forte! Questa volta sarò io a dirti che un giorno ci incontreremo ancora e... sono certa che ci sarà sempre la stessa intesa tra noi. Ricorda che ti voglio tantissimo bene.''. Kevin, commosso, rispose: ''D'accordo! Sarò forte per te! Promettimi che anche tu farai altrettanto.''. ''Certamente.'' fu la risposta di Acai.

La leonessa tornò nella Savana e diventò insegnante di violino per i piccoli leoncini. Metteva il massimo impegno in quel lavoro; desiderava trasmettere qualcosa di bello attraverso la musica e voleva che i piccoli musicisti fero, a loro volta, lo stesso con gli altri. Qualcosa di simile fece anche Kevin, quando tornò nelle terre della Norvegia. Era stato in grado di organizzare concerti favolosi con i piccoli lupi musicisti, a cui aveva fatto da insegnante. Inoltre, con la sua creatività, era stato capace di comporre delle sinfonie che ebbero molto successo nella Norvegia. La musica era uno strumento che infondeva armonia nei cuori di chi la sentiva. In particolare Kevin e Acai, riuscivano a trasmettere agli ascoltatori un'emozione magica, simile a quella che loro avevano percepito quando erano stati insieme.

Erano ormai ati otto anni dall'esperienza di Vienna, quando Kevin, Acai e i loro vecchi compagni ricevettero una lettera d'invito per esibirsi in un concerto nella città austriaca. Letto l'invito, le zampe della leonessa iniziarono a tremare per la forte emozione. Era presa dall'entusiasmo di partecipare al concerto, ma soprattutto era emozionatissima per la possibilità di rivedere Kevin. Nelle regioni del Nord Europa, anche il lupo aveva ricevuto l'invito e, non appena prese atto di ciò che sarebbe potuto succedere, emise un lunghissimo ululato di gioia. Finalmente, si sarebbe presentata l'occasione di rivedere Acai. Giunsero i giorni delle prove per il concerto e i musicisti, che qualche anno prima avevano studiato a Vienna, si radunarono in quella stessa città. Kevin si avvicinò al gruppo e, in mezzo a tanti animali, intravide gli occhi di Acai. Il tempo si fermò, c'erano solo loro due: Kevin e Acai immersi in un'atmosfera magica e misteriosa. La sensazione percepita era quella di una volta, anzi era ancora più forte per effetto degli anni di lontananza. Dopo la prima prova per il concerto, il lupo e la leonessa fecero una lunga eggiata al sole, in un parco lì vicino. Si raccontarono delle loro vite, nella Norvegia e nella Savana rispettivamente, e parlarono della musica, del suo senso profondo. Ad un certo punto, Kevin disse: ''Ascolta! Anche il fruscio delle foglie di questo albero è musica.''. Quella melodia era familiare alla leonessa, sembrava proprio lo stesso fruscio che aveva sentito da piccola. Poi, si voltò verso la chioma dell'albero e vide un serpente che si affacciava per scrutare meglio i due

musicisti. Acai lo osservò attentamente ed esclamò: ''Io ti conosco! Tu sei Ki. Ti ricordi di me?''. Il serpente rispose: ''Ciao Acai! Mi ricordo benissimo di te e del messaggio che ti trasmetteva l'albero della Savana. Ora ascolta! Anche queste foglie, forse, cercano di dirti qualcosa e sembra che il messaggio riguardi anche il tuo amico.''. Il lupo si concentrò ad ascoltare il messaggio e riferì: ''Dice che io e Acai siamo stati fortunati a conoscerci, a condividere la preziosa esperienza della musica.''. Ki aggiunse: ''Si tratta di un pensiero bellissimo.''. Poi Acai, sorridendo, disse: ''Anche se tra pochi giorni dovremo salutarci, resteremo uniti tramite un filo invisibile.''. Infine Ki intervenne ancora: ''Non smettete mai di sognare...'' e tornò a nascondersi nella chioma in cima all'albero. I giorni successivi furono splendidi, tra prove, chiacchierate e eggiate insieme ai vecchi compagni. Il concerto fu seguito da clamorosi applausi degli spettatori, che avevano percepito la ''magia'' della musica. Il giorno dopo, il lupo e la leonessa si abbracciarono e si guardarono intensamente. Poi Acai sussurrò: ''Kevin, ricordati di essere speciale!''. Il lupo dolcemente disse: ''Anche tu lo sei, Acai. Ricordati per sempre di noi, magari nella prossima vita... ci incontreremo ancora e... le circostanze saranno quelle giuste...''.

Due giovani e la fenice

Qualche secolo dopo l'avventura di Kevin e Acai, in una mattina di primavera, una madre eggiava con la sua piccola in una città italiana. La bimba si chiamava Adiba e aveva solo un anno di vita. Dal eggino in cui si trovava, osservava attentamente ciò che le stava intorno. All'improvviso fu attirata dalla voce di un bimbo che giocava lì vicino. Adiba, incuriosita, si voltò verso di lui. Era un maschietto, sui cinque anni di età, che si stava esercitando con il suo yo-yo e contava ad alta voce il numero dei rimbalzi. Ad un certo punto, il filo dello yo-yo gli scivolò di mano e il giochino rotolò e rimbalzò nel eggino, finendo proprio tra le mani di Adiba. Il bambino, di nome Kaliq, si avvicinò al eggino con l'intento di riprendere lo yo-yo. Guardò la bambina e le disse: ''Ciao! Sono qui per riprendere il mio gioco''. Poi, Kaliq afferrò la parte tondeggiante dello yo-yo e cercò di riavvolgere il filo, la cui estremità era rimasta tra le dita di Adiba. Mentre arrotolava il filo, Kaliq alzò lo sguardo e incrociò i grandi occhi della bambina. Restarono entrambi a fissarsi... loro due alle estremità di un filo. La sensazione che provarono era strana e bella, molto bella: i due non si erano mai incontrati in quella città italiana, eppure... era come se si conoscessero già da un lungo tempo. Si sentivano circondati da una sorta di nube magica e riuscivano a comprendersi in fondo al cuore... senza bisogno di parole...

Gli anni arono, i due bambini crebbero e si ritrovarono a frequentare l'università. Adiba aveva intrapreso gli studi di fisica, mentre Kaliq si occupava di materie letterarie. Un giorno, durante una pausa si incontrarono casualmente in un bar universitario. Kaliq, non appena intravide Adiba, riconobbe subito in lei la bambina dagli occhi grandi che vide venti anni prima. Le si avvicinò ed esclamò: ''Ciao! Sei proprio tu!''. La ragazza, meravigliata, rispose: ''Non ti conosco, però...'' e Kaliq proseguì: ''Forse non ti ricordi nitidamente di me, perché eri molto piccola. Avevi solo un anno ed eri nel eggino quando io giocavo con lo yo-yo.''. Adiba rise e continuò: ''Effettivamente ho un vago ricordo, il tuo viso mi è familiare.''. I due erano curiosi di conoscersi meglio e

così decisero di prender posto ad un tavolino. Ordinarono dei dolci e il cameriere tornò da loro con un tortino al cioccolato fondente e uno al cioccolato bianco. Adiba amava il cioccolato bianco, ma per gentilezza lasciò che Kaliq scegliesse per primo il gusto del dolce. Lui afferrò proprio il tortino bianco e chiese: ''Per caso lo volevi tu?''. La giovane rispose: ''No, va bene il fondente.''; ma Kaliq, che era un attento osservatore, disse ridendo: ''Peccato che i tuoi occhi dicano il contrario!''. Spezzò a metà il tortino che aveva tra le mani e poi fece lo stesso con il tortino fondente. Adiba fu sorpresa da quel bellissimo gesto, oltre che dalla sfacciataggine del suo nuovo amico. Ognuno potè gustare una parte bianca e una nera. ''Visto? Abbiamo trovato la giusta via di mezzo! In medio stat virtus, come diceva Orazio.'' aggiunse Kaliq. Contenta, la giovane annuì. Terminato lo spuntino, i due si recarono verso le sponde del fiume che attraversava la città e rimasero per un po' a guardare le lievi increspature del corso d'acqua. Kaliq appariva pensieroso, poi espresse a voce alta i suoi interrogativi. Si domandava dove nascesse quel fiume, quale fosse il percorso e come potesse essere la foce. Adiba sentiva dentro di sé di potersi fidare del ragazzo che aveva di fronte; dunque propose di avventurarsi, a partire dalla sorgente, per poi esplorare alcuni tratti del fiume, fino a raggiungere il suo sbocco nel mare. L'idea allettò Kaliq, il quale subito accettò di intraprendere il percorso. Il giorno successivo, nelle prime ore del mattino, i ragazzi si recarono presso le sorgenti del fiume; si sentivano carichi di entusiasmo per il cammino che stavano cominciando insieme. Si guardavano intorno, osservando la natura che li circondava, prestando particolare attenzione a tutto ciò che vedevano e sentivano, agli odori e ai suoni. Dopo aver percorso solo pochi kilometri, si udì uno strano rumore provenire da un albero. Adiba disse: ''Sarà un colpo di vento!''. Invece, il rumore non svanì e, anzi, continuò a farsi sentire con insistenza, fino a quando dalla cima dell'albero si affacciò un serpente. Era Ki, che aveva attraversato tanti secoli e tanti posti, grazie al dono dell'immortalità. ''Ho saputo che vi state avviando verso la foce del fiume; vi aspetta un cammino molto lungo.'' sentenziò il rettile. Kaliq, che ricordava di aver già parlato con quel serpente da qualche parte, disse: ''Sì, è vero, si tratta di un tragitto piuttosto lungo e non sappiamo esattamente quanti giorni impiegheremo a raggiungere la nostra meta.''. Ki consigliò di spostarsi tramite un pulmann da un tratto all'altro del fiume e indicò quali parti del corso d'acqua valesse la pena di visitare a piedi, in modo da poter concludere il cammino entro un'unica giornata. Infine, il serpente aggiunse: ''Siete coraggiosi ad intraprendere questa avventura. Lungo il

tragitto incontrerete tanti animali, diversi l'uno dall'altro, eppure... tutti accomunati dalla stessa Cosa.''. I due intrepidi ringraziarono Ki per i consigli ricevuti e proseguirono per la loro strada. Incontrarono pesci che si lasciavano trasportare allegramente dal fiume, altri pesci che invece si muovevano contro corrente; videro girini in zone di acqua stagnante che si accingevano a trasformarsi in ranocchie. Vicino a loro arono dei caprioli che, con lunghi balzi, si spostavano lungo le rive; c'erano poi delle volpi frettolose; degli scoiattoli timidi che si nascondevano tra i cespugli; piccoli anatroccoli che seguivano la loro madre e altri animali ancora. Successivamente, Kaliq e Adiba giunsero ad un tratto di fiume che ava per un paesino; lì trovarono piccioni che si contendevano molliche di pane offerte da qualche ante; videro poi dei cagnolini che si divertivano a giocare insieme e, ancora, formiche che facevano provviste per l'inverno. Si udivano, inoltre, degli uccellini che cantavano in coro. Giunse poi la notte e il cammino proseguì lungo il fiume, alla scoperta di animali notturni, come pipistrelli e gufi, che talvolta emettevano suoni un po' inquietanti. Era trascorsa quasi un'intera giornata dal momento della partenza e i ragazzi accusavano un po' di stanchezza, ma erano quasi giunti alla loro meta, la foce del fiume. Continuarono a camminare, riflettendo in silenzio, ognuno per conto proprio. Entrambi ripensavano alle parole di Ki e a ciò che avevano visto: gli animali incontrati erano diversi tra loro, eppure qualcosa li accomunava tutti. Ma di Cosa si trattava? Ormai stava giungendo l'alba, quando Adiba esclamò: ''Guarda! Siamo arrivati alla foce!''. Kaliq annuì e aggiunse: ''Mi sento molto stanco per il lungo viaggio, ma ne è valsa la pena. Il percorso che abbiamo affrontato insieme è stato avvincente e interessante. E poi... il mare che si trova davanti a noi, con il Sole e il suo riflesso, è davvero meraviglioso.''. Adiba aggiunse: ''Non soltanto il Sole. Guarda! In un angolo del cielo anche la Luna è ancora visibile.''. La natura offriva uno spettacolo fantastico, Sole e Luna, insieme, all'alba del nuovo giorno. I due ragazzi si avvicinarono, si guardarono e si baciarono. All'improvviso, dall'orizzonte, spiccò il volo una magnifica fenice, dal collo di serpente, la testa d'aquila e delle grandissime ali, dai colori dorati e purpurei. ''Post fata resurgo, ovvero, il motto della fenice: dopo la morte torno a rialzarmi'' disse Kaliq. Poi intervenne Adiba: ''E' tutto così bello... si percepisce la magia della vita, dell'energia che vi scorre... dell'amore. E' la ricerca di questa stessa Energia che accomuna tutti gli esseri viventi che abbiamo incontrato prima.''.

I due giovani restarono sul posto per qualche minuto, a contemplare la bellezza di cui facevano parte, poi si guardarono intensamente e si dichiararono amore eterno. Per loro iniziò una nuova avventura da portare avanti insieme e da quel momento... vissero per sempre felici e contenti.

Ringraziamenti

Un grazie speciale al mio compagno Domenico, che mi ha spinto a scrivere questo libro, facendo sempre sentire la sua preziosa presenza. Grazie ai miei genitori, il cui parere sul mio lavoro è stato molto importante. Fondamentale si è rivelata anche la spinta morale della dottoressa Elisabetta Perilli, che ha apprezzato il contenuto del racconto. Un grazie a tutte le persone che hanno letto il libro ancora in forma di bozza o seguito il filo della storia tramite semplice ''racconto a voce''. Infine, rigrazio la "voce interiore", che mi ha spinto ad affrontare un importante e profondo cammino con coraggio.