L’Ipocondria Analisi e Cura
Valerio Ingravalle
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INDICE Introduzione Caratteristiche Generali Il profilo Soggettivo Criteri Diagnostici Diagnosi Differenziale Epidemiologia Le Forme dell’Ipocondria La Prospettiva Psicoanalitica Trattamenti terapeutici Bibliografia
INTRODUZIONE
L’ipocondria è un disturbo legato alla psiche che influisce in modo negativo sul percepire se stessi, non solo nel corpo ma anche nell’immagine di sé. Ne deriva un problema con se stessi che si ripercuote però sul modo di relazionarci agli altri diventando, quindi, un problema con diverse implicazioni personali, sociali e lavorative. La persona affetta da ipocondria è convinta di avere una malattia, nonostante i risultati medici diano responso negativo e vive nell’angoscia e nella paura della malattia stessa. La preoccupazione della malattia diviene un elemento centrale e sempre presente nei suoi pensieri, si trasforma in argomento di conversazione abituale ma, soprattutto, influisce sul modo di guardare se stesso. Si osserva ossessivamente il proprio corpo, cercando anche i minimi segni che sembrano dare ragione della propria preoccupazione, si fanno visite costanti dal medico anche se le diagnosi mediche non servono a placare la propria convinzione, si chiedono continue rassicurazioni ai propri familiari, esasperando i rapporti interpersonali. Le motivazioni possono essere diverse: talvolta, infatti, l’immagine di una persona fragile, vulnerabile e debole che l’ipocondriaco ha di sé riflette l’immagine di debolezza della figura d’attaccamento; un genitore eccessivamente protettivo, teso a mettere in costante allarme il bambino contro pericoli e malattie, può trasmettere una sensazione d’ansia e para che in età adulta si presenta sotto forma di ipocondria. Tensioni diverse e complesse si riversano, quindi, sul corpo fino a casi di somatizzazione della supposta malattia. Rispetto al trattamento e alla cura dell’ipocondria ci viene incontro la terapia cognitivo-comportamentale che ha dato ottimi risultati sul campo grazie a percorsi guidati dallo specialistica nell’affrontare le cause del disagio e ristabilire un equilibrio della persona. Consultare un terapeuta, quindi, è importante per superare l’ipocondria e non diventare schiavi delle proprie preoccupazioni. L' ipocondria è un altro disturbo fobico-ossessivo tipico dei nostri tempi e della nostra società occidentale post-moderna, dove l'eccesso di controllo, in questo caso sulla propria salute fisica, spesso porta alla percezione di perdita di controllo. In sostanza il soggetto cosiddetto ipocondriaco vive in uno stato di costante preoccupazione per la propria salute, perennemente all'ascolto del proprio corpo in cerca di segnali che possano permettergli di prevenire l'insorgenza di malattie gravi. La trappola sta proprio nel fatto che “chi cerca trova”, poiché chi ascolta le proprie sensazioni fisiche al fine di rilevare i sintomi di possibili malattie crea la trappola patologica di alterare veramente i parametri fisiologici. Ad esempio, la persona che ha paura dell'infarto e fa attenzione continuamente al proprio battito cardiaco crea un paradosso psicofisiologico per cui i battiti si alterano veramente e dunque la paura aumenta, fino a creare un'escalation che può arrivare al panico con la sensazione
di avere un infarto. Gli ipocondriaci, spesso con l'inconsapevole collusione del medico di base, effettuano di continuo analisi e visite mediche specialistiche per rassicurarsi rispetto alla possibilità di avere una grave malattia. Il problema sta nel fatto che dopo ogni esito negativo di un esame clinico la tregua dal dubbio fobico dura poche ore, o pochi giorni, e poi tutto il circolo vizioso riparte. In alcuni casi più gravi non c'è nessuna tregua, poiché l'esito negativo di un esame porta direttamente questi soggetti a pensare che l'esame sia sbagliato o insufficiente e che sia necessario farne immediatamente altri più accurati.
CARATTERISTICHE GENERALI
Il termine "ipocondria" deriva dalla denominazione greca della zona superiore dell'addome ( gli ipocondri "sotto le coste), cioè la sede del fatidico "mal di pancia", laddove si fanno sentire le ioni viscerali. I Greci, infatti, intravedevano nell'ipocondria, che spesso collegavano alla melanconia, uno squilibrio delle ioni causato da una particolare disfunzione degli ipocondri. L’Ipocondria è un Disturbo che si manifesta con la preoccupazione o la convinzione da parte dell’individuo di avere una grave malattia (cancro, cardiopatie, leucemie etc.); tutta la vita è orientata verso questo timore pregiudicando significativamente la qualità della vita del soggetto e dei propri familiari. L’ipocondriaco presta particolare attenzione a qualsiasi segno o sintomo che in qualche modo possano “provare” i propri timori; egli “scannerizza” continuamente il proprio organismo focalizzandosi ed interpretando erroneamente ogni minima variazione (battito cardiaco, respirazione, colorito del viso, lievi mal di testa o dolori vari ecc.), questa iperattenzione ovviamente aumenta il rischio che qualche sintomo o segno inevitabilmente viene trovato confermando, in una sorta di circolo vizioso, le preoccupazioni iniziali. L’Ipocondriaco è sempre alla ricerca di rassicurazioni, che tipicamente hanno un effetto blando mentre stressano cronicamente i familiari e quanti gli stanno vicino, e di specialisti in grado di diagnosticare la malattia temuta. Le continue visite mediche e i possibili effetti iatrogeni possono peggiorare il quadro in quanto l’assunzione di medicine o gli effetti degli eventuali interventi chirurgici possono indebolire l’organismo; generalmente l’ipocondriaco rifiuta l’invito a rivolgersi ad uno specialista della salute mentale. Le relazioni sociali e lavorative vengono significativamente compromesse poiché l’ipocondriaco richiede continuamente rassicurazioni, non si sente compreso, pretende un trattamento privilegiato, monopolizza le discussioni su tematiche inerenti la propria malattia, troppe assenze dal lavoro. L’individuo affetto dal disturbo ipocondriaco orienta selettivamente la propria attenzione sugli stimoli che richiamano la propria preoccupazione (come un articolo di giornale, la notizia che un conoscente o un personaggio famoso si è ammalato della stessa malattia ecc.) a cui fa seguito uno slancio emotivo esagerato. Storie di gravi malattie o la morte di qualche persona significativa nell’infanzia sembrano predisporre al disturbo. Insieme all’Ipocondria spesso si trovano associati altri disturbi come i Disturbi d’Ansia, i Disturbi dell’Umore (soprattutto Depressione Maggiore e Distimia) o altri Disturbi Somatoformi. La caratteristica essenziale della ipocondria è, dunque, la preoccupazione legata alla paura di avere, oppure alla convinzione di avere, una grave malattia, basata
sulla errata interpretazione di uno o più segni o sintomi fisici. La persona attribuisce questi sintomi o segni alla malattia sospettata ed è molto preoccupata per il loro significato e per la loro causa. Le preoccupazioni possono riguardare numerosi apparati, in momenti diversi o simultaneamente. L'aspetto principale dell'ipocondria è che la paura o la convinzione ingiustificate di avere una malattia persistono nonostante le rassicurazioni mediche. I sintomi della ipocondria sono riconducibili a preoccupazioni nei confronti di: funzioni corporee (per es. il battito cardiaco, la traspirazione o la peristalsi); alterazioni fisiche di lieve entità (per es. una piccola ferita o un occasionale raffreddore); oppure sensazioni fisiche vaghe o ambigue (per es. "cuore affaticato", "vene doloranti"). In alternativa ci può essere preoccupazione per un organo specifico o per una singola malattia (per es. la paura di avere una malattia cardiaca). Visite mediche ripetute, esami diagnostici e rassicurazioni da parte dei medici servono poco ad alleviare la preoccupazione concernente la malattia o la sofferenza fisica. Per esempio, un soggetto preoccupato di avere una malattia cardiaca non si sentirà rassicurato dalla ripetuta negatività dei reperti delle visite mediche, dell'ECG, o persino della angiografia cardiaca. I soggetti con l'ipocondria possono allarmarsi se leggono o sentono parlare di una malattia, se vengono a sapere che qualcuno si è ammalato, o a causa di osservazioni, sensazioni, o eventi che riguardano il loro corpo. La preoccupazione riguardante le malattie temute spesso diviene per il soggetto un elemento centrale della immagine di sé, un argomento abituale di conversazione, e un modo di rispondere agli stress della vita. Spesso nell'ipocondria la storia medica viene presentata con dovizie di dettagli e assai estesamente. Sono comuni "l'andare per medici" e il deterioramento della relazione medico-paziente, con frustrazioni e risentimento reciproci. I soggetti ipocondriaci spesso ritengono di non ricevere le cure appropriate, e possono opporsi strenuamente agli inviti a rivolgersi ai servizi psichiatrici. Complicazioni possono derivare dalle ripetute procedure diagnostiche, che possono di per sé comportare dei rischi e che sono costose. Tuttavia, proprio in quanto questi soggetti hanno una storia di lamentele multiple senza una chiara base fisica, c'è il rischio che ricevano valutazioni superficiali, e che venga trascurata la presenza di una condizione medica generale. Le relazioni sociali vengono sconvolte per il fatto che il soggetto ipocondriaco è preoccupato della propria condizione e spesso si aspetta considerazione e trattamento speciali. La vita familiare può diventare disturbata poiché viene focalizzata intorno al benessere fisico del soggetto. Possono non esserci effetti sul funzionamento lavorativo dell'individuo, se questo riesce a limitare l'espressione delle preoccupazioni ipocondriache al di fuori dell'ambiente lavorativo. Più spesso la preoccupazione interferisce con le prestazioni e causa assenze dal
lavoro. Nei casi più gravi, il soggetto ipocondriaco può divenire un completo invalido. Malattie gravi, specialmente nell'infanzia, ed esperienze pregresse di malattia di un membro della famiglia sono facilmente associate con il manifestarsi della Ipocondria. Si ritiene che certi fattori psico-sociali stressanti, in particolare la morte di qualche persona vicina, possano in alcuni casi precipitare l'Ipocondria. Il disturbo risulta equamente distribuito tra maschi e femmine. A tutti può accadere in qualche occasione di preoccuparsi in maniera eccessiva di una sensazione insolita o di un dolore fisico inaspettato e di temere, di conseguenza, che esso possa essere segnale di una qualche grave malattia. Ciò che differenzia l'ipocondria dal normale timore di essere affetti da qualcosa di grave è il modo in cui la paura si manifesta: non sporadica bensì sistematica e prolungata, accompagnata da un'insistenza che diviene per lo più ossessionante. La caratteristica più evidente è costituita da un'eccessiva attenzione alle sensazioni corporee, peraltro vissute come sgradevoli ed inquietanti, che si amplificano finché tutta l'energia del soggetto viene assorbita in questo ascolto abnorme di un corpo sentito come "malato". I cosiddetti ipocondriaci accusano una varietà infinita di sensazioni abnormi, che vanno dai banali capogiri, sbandamenti, disturbi visivi, formicolii, a sensazioni più complesse e bizzarre, come parti del corpo "rimpicciolite, ingrandite, appiattite, gonfiate, rinsecchite, raggrinzite, spostate, modificate," o sensazioni come di acqua che scorre internamente, con ribollimenti, scricchiolii, gorgogliamenti, ecc… Questa eccessiva preoccupazione per le sensazioni corporee, nel suo amplificarsi, finisce per causare una sorta di ritiro dal mondo e dalle relazioni interpersonali. La collocazione nosografica dell'ipocondria, dal punto di vista psicopatologico, è sempre stata controversa: da alcuni è considerata come un sintomo a se stante, da altri come un sintomo secondario che accompagna, in maniera periferica, le più diverse entità nosografiche, dall'isteria alla schizofrenia. In ogni caso quando si parla di ipocondria, sia che essa sfiori la dimensione nevrotica o quella psicotica, la lucidità del soggetto, soprattutto per quanto riguarda la percezione del proprio stato corporeo, risulta almeno in parte compromessa. L'ipocondria infatti è un disturbo psicogeno che mette provocatoriamente in ballo il rapporto del soggetto con il proprio corpo, e, di conseguenza, il suo modo di percepirsi nel mondo. Dal punto di vista psicoanalitico Freud annovera l'ipocondria fra le nevrosi attuali, la collega cioè ad un ingorgo libidico, e, in quanto non interpretabile simbolicamente, la considera un sintomo non analizzabile. Ferenczi compie il primo o nell'indagare l'ipocondria in una prospettiva sostanzialmente relazionale, che troverà numerosi seguiti (Bion, Kohut): tale sintomo viene da lui considerato il segno di un fallimento precoce che sarebbe avvenuto nelle relazioni fra il bambino e il suo ambiente. Più nello specifico riguarderebbe un
incidente relazionale, una mancanza di empatia dei genitori avvenuta _ e presumibilmente ripetuta _ in situazioni particolarmente stressanti o dolorose per il bambino. Una freddezza affettiva da parte delle figure genitoriali, insieme all'incapacità di riconoscere i bisogni del bambino ne costituirebbero le premesse. Un esempio esplicativo: il bambino avverte un trauma, un dolore psichico, lo verbalizza, ma i genitori, con l'intenzione di rassicurarlo, negano la cosa, affermando "che non è successo niente". Tale fallimento empatico caebbe, nella soggettività nascente nel bambino, un vissuto di catastrofe incombente, corrispondente al rischio di disintegrazione del Sé che, nel caso dell'evoluzione ipocondriaca, verrebbe spostato sul corpo. L'aspetto più importante che emerge da queste osservazioni è il collegamento che sussiste in maniera diretta tra una sana coesione del Sé e l'esperienza soggettiva di "abitare il proprio corpo", nel senso di "sentirsi a casa", accolti in uno spazio che ci riconosce e ci contiene, e ci permette di sperimentarci in un benessere psicofisico, che caratterizza la nostra esistenza, il nostro stare al mondo. L'ipocondria, al contrario, è la situazione per eccellenza in cui il corpo _ e quindi il proprio Sé _ è vissuto come luogo insidioso, inabitabile, frammentato in mille parti scoordinate, mancante della coesione necessaria per sentirsi bene, a proprio agio, sufficientemente contenuti nella propria pelle e sanamente aperti verso l'esterno. Da un punto di vista fenomenologico l'ipocondria esprime una sorta di autoriflessione esasperata (un "crampo autoriflessivo"), che spinge verso una crescente oggettivazione del corpo (il corpo come "cosa") fino a ridurlo ad oggetto fra altri oggetti, realtà anonima, scollegata dal resto dell'esistenza. Viene da chiedersi quale visione del mondo porti in sé celata tale esperienza, in questa indagine tormentata entro un "corpo malato" in cui il soggetto si rifugia quasi fosse l'unica condizione di percepirsi al mondo. E' evidente che si tratta di una visione dell'esistenza in cui la malattia ha assunto un valore primario: infatti l'ipocondria si fonda su una condizione particolare, in cui è andata perduta "l'ovvietà naturale del vissuto di integrità corporea". Essere malato, essere frammentato, essere cosa smarrita tra altre cose, è diventato norma, non accidente. In questa prospettiva l'ipocondria rappresenta allora una delle condizioni esistenziali in cui il soggetto, nel fare l'esperienza arcaica del "male" _ il male di vivere, il mal-essere quale esperienza umana universale _ torna a sentirsi irrimediabilmente solo, gettato in una crisi radicale che gli fa perdere il contatto con se stesso e con gli altri significativi, nonché il senso di continuità con altri momenti ed altri stati di ben-essere, in un'alienazione dal mondo in cui finisce per vivere come assoluto l'accidentale. L'ipocondria esiste da quando l'uomo ha avuto consapevolezza del proprio corpo e del suo funzionamento tanto che, in potenza, ognuno di noi corre il rischio di diventare un malato
immaginario. Vero e proprio disturbo psichico, l'ipocondria è costante ansia e immotivata paura del proprio stato di salute. E' ipocondriaco colui che ha la certezza di essere affetto da patologie più o meno gravi, sulle quali si documenta fino ad averne una conoscenza tecnica e accurata. L'ipocondriaco a gran parte del suo tempo consultando medici e specialisti, cercando fondamento concreto ai propri timori e all'interpretazione scorretta di normali sensazioni corporee. Ecco perché l'ipocondria non è pericolosa in sé, ma lo diventa in relazione alle conseguenze che sviluppa sulla vita sociale del soggetto: l'ipocondriaco modifica le proprie abitudini mettendo al centro del vissuto il corpo e la sintomatologia ad esso connessa. La reale vittima dell’ipocondria è la quotidianità: la routine viene sovvertita e anziché ruotare intorno ai reali bisogni, pone al centro una vasta sintomatologia di disturbi veri o presunti. Ne consegue che il soggetto ipocondriaco necessita di costanti rassicurazioni e totale comprensione da parte di famigliari e amici: essi diventano valvole di sfogo per preoccupazioni infondate e problemi fisici che, non trovando soluzione, diventando gli argomenti di conversazione prediletti.
IL PROFILO SOGGETTIVO
L’ipocondria rappresenta il timore ancestrale della malattia e della morte, timore che, però, viene vissuto in maniera angosciosa ed ossessiva. L'ipocondria ricorre nel 2-3% della popolazione e si presenta più frequentemente negli anziani e nelle donne, soprattutto se queste ultime sono colpite anche da depressione. La paura della malattia è una convinzione quasi irremovibile e penosa per chi la sopporta. Non si esce in maniera semplice dall'ipocondria, non bastano esami ripetuti per tranquillizzare il paziente delle sue buone condizioni di salute fisica dal momento che questo tipo di paura è la manifestazione di molti altri problemi emozionali che si focalizzano sul corpo. Possono essere problemi esistenziali o di tipo ansioso depressivo dove un po' inconsciamente c'è una scelta del linguaggio del corpo per esprimere un certo tipo di disagio o di paura. Però, anche se per un lungo periodo non si presenta realmente nessun disturbo organico, l'ipocondria, come tutte le forme di tipo somatico, può causare più facilmente un circuito fra psiche e soma con l'emergere di una malattia reale con il trascorrere degli anni. Un po' come se l'aspetto psichico facilitasse la comparsa di un disturbo organico vero e proprio. Fra le tante paure che ricorrono nell'immaginario delle persone colpite da queste fantasie, quella che l'ipocondriaco teme di più è il tumore, soprattutto all'intestino, subito seguito dalla paura dell'infarto. Il timore è che la neoplasia non si veda nemmeno con l'endoscopia e che non si riesca a scoprire con le indagini diagnostiche anche se più volte ripetute. Quello che lo differenzia dal normale timore di essere affetti da qualcosa di grave è che la paura non si manifesta sporadicamente ma in modo sistematico e protratto per mesi o anni. Il malato così acquista uno stile di comportamento che lo condiziona nelle abitudini e nelle relazioni sociali. Sempre intento a cogliere ogni minimo sintomo, vive in modo angosciato, ascoltando moltissimo il suo corpo, e così sensibilizzato la sua soglia del dolore si abbassa. Avverte con maggiore intensità gli stimoli organici; quindi quello che per una persona normale può essere un banale mal di pancia per l'ipocondriaco diventa un dolore realmente insopportabile. Nei comportamenti sociali crea dei rituali. Condizionato dal sospetto che alcuni alimenti possano nuocergli elimina senza ragione determinati cibi o fa delle diete rigide. La guarigione, peraltro non è semplice né breve. E' possibile certo, ma non tanto con la somministrazione di farmaci: l'approccio terapeutico migliore è fornire alla persona una chiave di lettura diversa di questi disturbi. Bisogna comprendere, secondo la psicanalisi, il significato simbolico ed inconscio della sintomatologia fisica. Ad esempio una tachicardia può rappresentare in maniera latente un disagio affettivo, le vertigini potrebbero rappresentare un'insicurezza profonda, ecc. Un percorso terapeutico è utile anche a chiarire tali connessioni. Esistono due errori tipici che
l'ipocondriaco commette. 1) Un solo dato - L'ipocondriaco si fissa su un solo sintomo o su un solo dato (per esempio un valore di un'analisi del sangue). Anziché cercare di correlarlo ad altri sintomi o ad altri dati, "è certo" che quell'unico dato sia collegabile biunivocamente alla terribile patologia. Un mal di testa viene correlato alla presenza di un tumore al cervello, un'alterazione nelle transaminasi a un cancro al fegato e così via. Manca persino la volontà di accertarsi se esistono gli altri fattori diagnostici. In altri termini, all'ipocondriaco non interessa verificare che esistano tutti i sintomi e tutti i riscontri clinici della patologia, riscrive la medicina: per lui ne basta UNO. 2) La ricerca - L'ipocondriaco spesso si bea nel tormento della paura della grave patologia. Procede per eliminazione, ma parte dalle patologie meno gravi, riservandosi quelle più gravi. Quando cade un'ipotesi marginale, sembra dirsi "ecco, avevo ragione, probabilmente ho un tumore...". Manca cioè la logica di partire con l'indagine della grave patologia temuta. Spesso basterebbe un semplice esame del sangue o un semplice esame radiografico per fugare ogni dubbio, ma l'esame è speso rimandato preferendo strategie che comunque non risolvono il problema. Un tratto ricorrente negli ipocondriaci è la alexitimia, cioè l’assenza di parole per esprimere le emozioni, in altre parole, la difficoltà a vivere, identificare e comunicare il proprio vissuto emozionale. Questo tipo di persone descrivono e emozioni che provano in termini corporei: la rabbia, ad esempio non è più considerata come un semplice stato d’animo, ma viene vissuta attraverso le sue manifestazioni fisiologiche, che possono essere l’irrequietezza motoria e la tensione muscolare. Sembrerebbe che più si sale nella scala sociale, più aumenta la paura di ammalarsi. Tra i divi di Hollywood, Barbara Streisand e John Travolta, non muovono un o senza il proprio medico personale al seguito, e Tom Cruise, oltre ad averne uno per sé, ne ha arruolato uno che si dedica completamente alla figlioletta. In secondo luogo, i soggetti ipocondriaci tendono a mettere in atto comportamenti disadattivi con l’obiettivo di alleviare le proprie sofferenze e paure. Tra i più importanti comportamenti di coping maladattivi vi è la ricerca costante di rassicurazione (dai medici, dagli amici o da altri significativi) oppure tramite il controllo continuo del proprio corpo. Questi comportamenti tendono a ripetersi e perpetuarsi nel tempo perché, nel breve termine, riducono l’ansia del
soggetto (Lucock et al, 1998). Nel lungo periodo, però, tali comportamenti mantengono in vita il disturbo. Vediamo come: - Maggiore è la quantità di tempo che il soggetto trascorre discutendo della propria salute, maggiore è la quantità di informazioni che raccoglierà circa eventuali condizioni mediche gravi e maggiore, di conseguenza, sarà la sua preoccupazione. - Rivolgendosi costantemente agli altri significativi per chiedere aiuto e rassicurazione, i soggetti ipocondriaci rinforzano un’idea di sé stessi in quanto deboli, vulnerabili, fragili e bisognosi degli altri - Chiedere rassicurazione ai propri medici circa l’essere o meno affetti da una determinata patologia, espone a maggiore rischio di subire procedure diagnostiche (a volte non necessarie) che acutizzano l’ansia - Comunicare ai propri pazienti da cosa non sono affetti (“Non hai problemi di cuore”) senza dare loro un’adeguata spiegazione dei loro sintomi e delle loro preoccupazioni (“Stai avendo normali alterazioni della frequenza dei battiti cardiaci per via dello stress, che tendi a notare più del dovuto perché concentri la tua attenzione su questi fenomeni”) favorisce il mantenimento del disturbo - Non poter dare al paziente l’assoluta certezza dell’assenza del disturbo (raramente i test medici sono sicuri al 100% ma lo sono, magari, al 99%), lascia al paziente spazio per dubitare dell’accuratezza della diagnosi medica (“Il dottore dice che il test è negativo ma forse ha sbagliato qualcosa”). Le persone incapaci di tollerare l’incertezza delle diagnosi mediche spesso persistono nel cercare rassicurazione nella speranza di ottenere test o diagnosi che possano fornire dati certi al 100%. Ovviamente, l’impossibilità di ottenere una diagnosi sicura al 100% non fa altro che alimentare la necessità di cercarla. L’ipocondriaco è una persona sensibile soggetta all’ansia con difficoltà relazionali di rapporto e di adattamento agli altri e all’ambiente. Ha delle forme di timidezza, di rigidità comportamentale e tende ad essere ossessivo per mitigare e controllare l’ansia che si auto-genera nel vivere quotidianamente. Non tollera le frustrazioni che si generano con gli altri, e come se non avesse sviluppato un’immunità psicologica ed emotiva. In questo quadro usa senza volerlo, ma in automatismo neurologico, il corpo come organo bersaglio delle sua personali immaturità nel non riuscire a gestirsi le difficoltà della vita che
s’incontrano nella vita. Così facendo si predispone alle sofferenze psicologiche e fisiche che generano angosce profonde e fobie. Se non s’interviene ad irrobustire le difese psicologiche ed emotive l’individuo con il trascorrere del tempo rischia di ammalarsi davvero. Vi sono inoltre i soggetti patofobici simili agli ipocondriaci, che hanno difficoltà a convivere con la presenza di una patologia organica accertata, che non minaccia di per sé la funzionalità e la qualità della vita, se costantemente curata e controllata, ma tuttavia per l’individuo ormai sensibilizzato, genera ansie e angosce di pericolo costante. L’organo malato, nel tipo patofobico, si presta ad una sorta di nevrosi psico - organica, viene caricato senza volerlo di forte emotività ed investito di continue ansie e timori spaventevoli di aggravamento e di mortalità. Ne sono esempio, alcuni soggetti che soffrono di ipertensione, di diabete, di gastrite, di scompensi tirodei, cardiaci, di forme asmatiche ecc... che hanno difficoltà a convivere psicologicamente con queste patologie. Quando una persona è affetta da Ipocondria, diventa ossessionata dall’idea di avere un problema di salute molto grave che non è stato ancora diagnosticato. L’idea causa elevati livelli d’ansia che si protrae per mesi o più, anche in assenza di una prova medica del fatto che questa malattia esista realmente. Sebbene sia normale essere attenti alla propria salute, l’ipocondria è talmente invalidante da compromettere la vita lavorativa, le relazioni interpersonali ed altri aspetti della vita. Nonostante l’ipocondria sia una condizione a lungo termine, è importante sapere che la terapia cognitivo comportamentale è riconosciuta come il trattamento d’elezione per i sintomi ipocondriaci ed è in grado di portare ad un miglioramento significativo della qualità di vita dell’individuo. I fattori che possono incrementare il rischio di sviluppare l’Ipocondria includono: •Avere avuto un problema di salute grave durante l’infanzia •Avere avuto parenti affetti da patologie gravi •La morte di una persona cara •Essere affetti da un disturbo d’ansia •Credere che godere di buona salute significhi essere privi di sintomi fisici o sensazioni strane ed insolite •Avere parenti stretti affetti da Ipocondria
•Sentirsi particolarmente vulnerabili a patologie o malattie •Aver subito abusi o essere stati trascurati dai genitori Il carattere ipocondriaco è costituito da alcuni tratti significativi. Un primo aspetto importante è la meticolosa autosservazione delle proprie funzioni somatiche, che spesso finiscono per concentrare gran parte dell'attenzione del soggetto. Questa autosservazione, che ha spesso caratteri di coazione, finisce per tramutarsi in un controllo continuo delle proprie funzioni cardiache, intestinali ecc. Il corpo viene vissuto come qualcosa di negativo, di pericoloso che bisogna continuamente controllare: il corpo è un altro da sé, con il quale si è però costretti a convivere. C'è come una sorta di scissione tra l'Io e il corpo, tra soma e psiche. A volte, questa tendenza può tramutarsi in una sorta di stile di vita che tende a stabilizzarsi, assumendo connotazioni di tipo ossessivo. Sono soggetti che finiscono per crearsi una specie di loro mondo ove vivono con tutta una serie di precauzioni e di abitudini di tipo igienico, fermi in questo rigoroso, quasi sadico controllo della funzionalità del proprio corpo. Questi caratteri, se non sono assurdamente esagerati, finiscono comunque per essere compresi e giustificati all'interno di una dimensione che è abbastanza accettata dal nostro mondo culturale. La nostra società tende infatti a privilegiare questo aspetto del controllo (più o meno sadico) del corpo: il peso, il dimagrire, il controllo delle funzioni intestinali ecc. Certe persone che ano la maggior parte del tempo a curare l'aspetto esteriore o che danno all’aspetto estetico il massimo dell'importanza sono caratteri ipocondriaci: in questi, l'aspetto estetico non è usato in maniera seduttiva, ma come modalità difensiva. Questo è l'aspetto fondamentale che differenzia l'ipocondriaco dall'isterico. Inoltre nell'isterico sono colpite parti o funzioni del corpo visibili, che quindi sono utilizzate come modalità di comunicazione, anche se simbolica. Nell'ipocondriaco invece l'organo o la funzione malata sono nascosti; invisibili: ,non vengono utilizzati come comunicazioni, ma come mezzo per allontanare e controllare l'altro. In genere, accanto a questa tendenza all'autosservazione ed al controllo del proprio corpo (che di solito viene poi reso obbligatorio codice: di comportamento per tutto il gruppo familiare), compaiono altri tratti del carattere ipocondriaco. Un tratto importante è la diffidenza e l'ostilità nei confronti degli altri, tratti che nascono da una unica base: quella di una sfiducia di fondo, nel confronti degli altri. L'ipocondriaco non ha la rabbia, come l'isterico, ma una precisa ostilità intesa come tendenza al rifiuto e alla negazione dell'altro: il corpo, vissuto come scisso dal proprio Io viene utilizzato non come mezzo di comunicazione, ma come una difesa dall'altro, come una barriera che eviti il contatto con l'altro. In
questo senso l’uso del corpo da parte dell'ipocondriaco è nettamente diverso da quello dell'isterico. L'isterico utilizza il proprio disturbo per mettersi in contatto, per aprire un rapporto anche se inibito e mediato dal corpo; l'ipocondriaco utilizza il disturbo per tener distante l'altro, anzi per giustificare a se stesso perché non è interessato al rapporto con l'altro. I caratteri sopradescritti spesso evidenziano un'altra tendenza molto frequente, quella del fare tutto da soli: l'ipocondriaco in genere è molto orgoglioso, tende a risolvere fondamentalmente i problemi da solo. Per questo, l'ipocondriaco chiede solo apparentemente aiuto: il carattere ipocondriaco mostra l'aspetto di un'estrema freddezza e chiusura che, unita ad una certa sospettosità, avvicinano il carattere dell'ipocondriaco a quello del paranoico. Il carattere ipocondriaco può rimanere più o meno stazionario per tutta la vita, anche se in genere esso va quasi sempre incontro, in certi particolari momenti della vita, ad un intensificarsi di certe angosce, che possono, per periodi più o meno brevi, emergere come vere angosce ipocondriache. I momenti della vita più importanti sono in genere fasi di riassestamento o di transizione, come la pubertà o la menopausa, fasi che comportano oltre che un nuovo assestamento sul piano psicologico, anche un reale coinvolgimento somatico, nel senso di un cambiamento di alcuni aspetti somatici. A volte, invece, il carattere ipocondriaco tende a trasformarsi in una struttura di tipo psico-nevrotico evidente, con l'emergenza di chiari sintomi ipocondriaci: questa sintomatologia può insorgere rispetto a situazioni conflittuali e traumatiche. Ma spesso anche per un'evoluzione più o meno lenta: cioè, un po' alla volta, le caratteristiche dell'ipocondriaco tendono a mutarsi in una situazione sintomatica chiara. In genere, le situazioni traumatiche sono costituite da eventi che rendono consapevole il paziente dell'impossibilità di prevedere tutto: così, un infortunio, una malattia (sia personale, sia più spesso di qualche persona significativa) scuotono questa apparente sistematicità e sicurezza del mondo dell'ipocondriaco. L'emergenza del caso, dell'imprevedibile, lo sconvolge ed egli comincia ad aver paura della malattia, trasformando una possibilità in certezza. In questi casi, l'episodio ha le caratteristiche dell'ipocondria, però il disturbo può essere più o meno transitorio, salvo magari ripresentarsi ad un nuovo avvenimento traumatico. Ma bisogna chiedersi come si arriva alla costituzione del carattere ipocondriaco che chiaramente rappresenta una situazione psicopatologica, anche se non conclamata. La causa fondamentale è la situazione di abbandono o, in genere, di rifiuto che il bambino ha vissuto negli anni più importanti della sua formazione. Spesso c'è una situazione di disinteresse o di abbandono reale da parte di persone importanti, in genere la madre come ad esempio la scomparsa di questa per morte. Questa situazione di carenza affettiva genera nel bambino un progressivo ripiegamento su se stesso, sul proprio corpo. Questi comportamenti
sono stati frequentemente osservati da A. Freud in bambini rimasti orfani: questi tendevano ad un ripiegamento sul proprio corpo e soprattutto ad una maggiore attenzione o cura per le proprie funzioni somatiche. Il corpo diventa come una parte di sé scissa, con la quale il bambino, in mancanza di altri rapporti significativi, cerca di stabilire un rapporto. Questa sorta di dissociazione spiega un tratto caratteristico dell'ipocondriaco che è quello della mancanza di unità tra psiche e soma ed il vivere il corpo come qualche cosa di distaccato. È chiaro che in una situazione di questo genere viene meno qualsiasi possibilità di fiducia e quindi di rapporto con gli altri: il soggetto tenderà ad essere sospettoso ed ostile, preferirà affrontare tutto da solo. Questi aspetti carenziali e deficitari presenti nel carattere ipocondriaco non debbono mascherare la presenza di impulsi ostili ed aggressivi: in altra sede ho affermato che l’ipocondriaco tratta sadicamente il proprio corpo come l’ossessivo tratta la propria mente. Osservando questi malati ipocondriaci non è difficile notare come l'ansia e soprattutto l'ostilità sono continuamente sviate dal mondo esterno e dirette contro il corpo del paziente, sono per così dire concretizzate in forma somatica. È evidente anche che queste parti del corpo possono stare simbolicamente al posto di persone verso le quali il paziente ha sempre avuto un rapporto di ostilità. Questo aspetto, che avvicina in parte l'ipocondriaco al depresso, tende più facilmente a presentarsi laddove, anziché esserci stata una situazione carenziale sul piano affettivo, c’è stata una situazione apparentemente opposta. Si tratta di casi di bambini che invece sono stati ipercontrollati ed ai quali è stata richiesta, in genere, una situazione di prestazioni al di sopra delle loro reali capacità. In questo caso il rifiuto emotivo ed affettivo da parte dei genitori, anziché essere chiaro, è stato veicolato da questa iperprotettività svolta nei riguardi di supposti bisogni somatici del bambino, al quale non è comunque sfuggito il significato profondo di rifiuto. Questi bambini hanno una possibilità molto limitata di sviluppo psichico: essi si fermano a tappe precedenti la situazione edipica. Questa situazione, da adulti, comporterà un equilibrio piuttosto instabile che si manifesterà sia con la tendenza al ripiegamento su se stessi, sia e soprattutto con una reale incapacità di rapporto con gli altri. L 'ipocondriaco tenderà, così, ad evitare non questo o quel tipo di rapporto interpersonale, ma qualunque rapporto che possa minimamente coinvolgerlo emotivamente e personalmente. In questo senso, si può notare una falsa socialità dell’ipocondriaco che tratta gli altri come oggetti che gli appartengono, senza tener conto dei loro sentimenti, in una assenza di autenticità e di simpatia. Per questo motivo, spesso, l'ipocondriaco, che sfugge ogni reale rapporto duale, tende a rivolgere i propri interessi a situazioni collettive. Non è raro trovare questo carattere tra persone che hanno ruoli e funzioni anche importanti, nell'ambito di gruppi o comunità: ma è evidente che questa è una
situazione di fuga e di difesa. Quando l'ipocondriaco tende poi a stabilire un rapporto duale, non riesce a stabilirlo se non con le stesse modalità con le quali lui è stato trattato, e con le quali tratta il proprio corpo. Cioè una tendenza ad un rigido, spesso sadico, controllo dell'altro, che diventa una parte di sé e che egli può trattare a suo piacimento: di qui una dinamica che è sempre di tipo sadomasochistico. Questa stessa dinamica tende a presentarsi anche all'interno del rapporto medico-paziente, se il medico non è in grado di saperlo gestire correttamente. L'ipocondriaco è un individuo piuttosto fragile: è come se l'esperienza ipocondriaca avvolgesse in un guscio un nucleo psicotico, frenando una ulteriore disintegrazione. In questo senso l'ipocondria può rappresentare una difesa, ma anche un aggio verso forme psicotiche: è quanto succede in certe forme iniziali schizofreniche ove i primi sintomi possono essere sensazioni di trasformazione peggiorativa corporea.
CRITERI DIAGNOSTICI
La diagnosi dell’ipocondria è alquanto complessa, tanto che il disturbo nella sua complessità è stato ampiamente interpretato da vari studiosi. Perché sia tale, il disturbo deve esplicitarsi in una severa preoccupazione legata alla paura, o anche alla convinzione seppure infondata, di avere una grave malattia, e questo disturbo deve perdurare per almeno 6 mesi senza soluzione di continuità. L’errata convinzione persiste nonostante venga confutata da pareri medici e dal risultato di indagini strumentali e deve altresì essere causa di un disagio clinico ed esistenziale in grado di condizionare seriamente la vita del soggetto. Infine, la preoccupazione, il disturbo in sostanza, non deve essere legato ad altre manifestazioni o patologie di ordine psicologico, deve insomma essere un disturbo percettivo a se stante, anche se scatenato da condizioni particolari. Bisogna partire dalla consapevolezza che il nostro corpo è in un certo senso una entità rumorosa, ovvero ci parla continuamente, comunicandoci tutte quelle sensazioni che avverte e che possono essere la conseguenza di percezioni esterne o di un disagio metabolico, insomma un malanno, lieve o serio che possa essere. Il soggetto ipocondriaco interpreta queste comunicazioni, potremmo dire, come degli eventi negativi, assolutamente negativi, legati ad una malattia che sta lentamente minando il suo organismo e della quale lui vuole prendere coscienza per cercare di correre per tempo ai ripari. Ma ovviamente questa malattia esiste solo nella sua convinzione, a causa della sua errata interpretazione dei segnali che gli giungono chiari e precisi e che ad un certo punto risulteranno essere sempre più erroneamente amplificati. E allora ecco che ricorre continuamente al suo medico, per cercare di trovare una soluzione al suo problema e, non essendo ovviamente soddisfatto della diagnosi, continuerà a rivolgersi ad altri specialisti quasi nella speranza di avere finalmente una diagnosi anche se infausta. Ma per l’ipocondriaco esiste ancora un’altra risorsa, una risorsa moderna e attuale, che negli anni ati non era disponibile e che quindi non aggiungeva preoccupazione a preoccupazione, stress a e stress. Stiamo parlando, ovviamente, di internet, di quella infinita banca dati di notizie che oggi sono praticamente alla portata di chiunque abbia un PC e una connessione alla rete. Ovviamente, per chi sa cosa cercare, per il professionista in sostanza, internet è una risorsa insostituibile, che è in grado di risolvere una miriade di problemi grazie alla facilità e, soprattutto, alla rapidità con cui si accede alle informazioni. Per le modalità diagnostiche richieste ci si riferirà prevalentemente al DSM-IVTR. L’ipocondriaco vive nel continuo terrore o convinzione di possedere una grave malattia da almeno 6 mesi. La convinzione si basa sull’errata interpretazione dei propri sintomi fisici (l’affanno dopo aver fatto le scale
potrebbe essere inteso come l’allarmante indice di infarto). In genere viene scelta una malattia socialmente diffusa dai mezzi di informazione come per esempio il tumore o l’AIDS. Spesso l’ipocondriaco ha un ruolo periferico nel sistema familiare. L'Ipocondria viene diagnosticata solo quando le preoccupazioni di un individuo per la salute non risultano meglio attribuibili a Disturbo d'Ansia Generalizzato, Disturbo Ossessivo-Compulsivo, Disturbo di Panico, Episodio Depressivo Maggiore, Disturbo d'Ansia di Separazione, o un altro Disturbo Somatoforme. Una diagnosi separata di Disturbo Ossessivo-Compulsivo viene emessa solo quando le ossessioni o compulsioni non si limitano alle preoccupazioni riguardanti la malattia (il rituale di controllo delle serrature). Nel Disturbo di Dismorfismo Corporeo la preoccupazione risulta limitata all'aspetto fisico della persona. A differenza della Fobia Specifica (di malattia), in cui il soggetto ha paura di essere esposto a una malattia, l'Ipocondria è caratterizzata dalla preoccupazione di avere una malattia. Nell’Ipocondria la convinzione patologica non raggiunge proporzioni deliranti (il soggetto può prendere in considerazione la possibilità che la malattia temuta non sia presente), diversamente dai deliri somatici che possono manifestarsi nei Disturbi Psicotici (Schizofrenia, Disturbo Delirante, Tipo Somatico, e Disturbo Depressivo Maggiore con Manifestazioni Psicotiche). Per poter formulare delle ipotesi interpretative e un adeguato piano di intervento si ritiene sarebbe utile raccogliere ulteriori informazioni attraverso alcuni colloqui di valutazione con l’obiettivo di comprendere il funzionamento globale della persona. Le aree cui si potrebbe rivolgere l’attenzione sono molteplici, in tal caso se ne valuteranno alcune. In particolare nel caso dell’ipocondria è importante chiedersi che cosa simboleggia la malattia elettiva temuta (cioè quale eventuale parte del Sé sentita come minacciosa) e quali vantaggi ottiene l’utente dall’apparire malato. In particolare è interessante sapere quale significato e vissuto viene associato alla malattia all’interno del sistema familiare. E’ opportuno quindi indagare il conflitto, i bisogni e le paure espressi attraverso il timore della malattia ed esplorare eventuali sentimenti autodistruttivi e autopunitivi che potrebbero essere simboleggiati dalla malattia stessa. Il soggetto che tende a somatizzare ha difficoltà a mentalizzare, a simbolizzare il conflitto che perciò sposta sul piano fisico. Sembra opportuno indagare se l’utente pone la richiesta di terapia esclusivamente su un piano di sofferenza fisica o se riesce a formularla anche a livello di conflitto psichico. A questo proposito è opportuno sapere da chi il soggetto è stato invitato e per quali ragioni (generalmente l’utente si è prima rivolto a un medico) e come mai richiede un aiuto psicologico proprio ora. Le aspettative consapevoli del soggetto riguardano solo una guarigione fisica o è disposto ad affondare un lavoro sulla psiche? Appare quindi decisivo indagare il
livello di motivazione al trattamento terapeutico. E’ importante esplorare il conflitto espresso e convertito sul piano somatico; indagare i bisogni e le pulsioni che l’utente sta esternando attraverso i sintomi fisici e capire da quale disagio sta cercando di difendersi. Ci si deve chiedere per quale motivo il soggetto investe proprio quell’organo o quegli organi e quale significato gli attribuisce. Spesso la somatizzazione può rappresentare una difesa dal timore di un’oscura minaccia che va indagata. Inoltre tali disturbi comportano diversi vantaggi secondari come l’attirare l’attenzione, la giustificazione, in quanto malati, per non affrontare determinate situazioni che si temono o non si desiderano, l’avvicinamento o l’allontanamento di alcune persone significative ecc. Appare quindi opportuno individuare tali vantaggi in quanto mantegono e rafforzano la sintomatologia. È essenziale sapere da quanto tempo si manifesta la sintomatologia, come era il comportamento e funzionamento premorboso, quali sono state le circostanze di insorgenza del sintomo, quali sono state le strategie messe in atto dall’utente per rispondere al disturbo e il grado di compromissione delle funzioni generali della persona. I criteri diagnostici per l’Ipocondria secondo il DSM-IV-TR sono i seguenti: - La preoccupazione legata alla paura di avere, oppure alla convinzione di avere, una malattia grave, basate sulla erronea interpretazione di sintomi somatici da parte del soggetto. - La preoccupazione persiste nonostante la valutazione e la rassicurazione medica appropriate. - La convinzione di cui al Criterio A non risulta di intensità delirante (come nel Disturbo Delirante, Tipo Somatico) e non è limitata a una preoccupazione circoscritta all’aspetto fisico (come nel Disturbo di Dismorfismo Corporeo). - La preoccupazione causa disagio clinicamente significativo oppure menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo, o in altre aree importanti. - La durata dell’alterazione è di almeno 6 mesi. Ciascun paziente può presentare solo uno o due di questi elementi o sperimentare diverse combinazioni di essi in momenti differenti. Perché si possa parlare di ipocondria è però necessario che l’intensità della loro manifestazione sia eccessiva e sproporzionata rispetto all’oggettivo rischio medico in atto, danneggi il funzionamento sociale o occupazionale e sia fonte rilevante di
disagio interiore. Tipicamente gli ipocondriaci rifiutano la possibilità di avere un problema psicologico, e tendono a male interpretare la serietà di innocue e naturali fluttuazioni corporee e a sovrastimare la serietà di sintomi riferibili a condizioni mediche generali. Possono riportare sintomi altamente specifici o malesseri vaghi, aspecifici e generalizzati. Fra i sintomi specifici più comuni possiamo citare il dolore localizzato, problemi intestinali (modificazioni dell’alvo) e sensazioni cardio-respiratorie (ad es. l’oppressione al petto). Le paure ipocondriache sono di due tipi: la paura di avere una malattia, e la paura di poter contrarre una malattia in futuro e il paziente può nutrirle entrambe perché entrambe associate alla paura della morte. Può terrorizzarsi o entrare in ansia se esposto a stimoli che ritenga correlati alle malattie quali sensazioni corporee o altri cambiamenti somatici, ma anche se esposto a informazioni relative alle malattie come programmi medici televisivi, persone che appaiano malate o siano legate al mondo degli ospedali e della medicina. E’ importante distinguere tra le due forme di paura perché determinano reazioni comportamentali diverse: la ricerca di rassicurazione e il checking piuttosto che l’evitamento e la fuga. La paura di avere già una malattia è infatti maggiormente associato con la ricerca di rassicurazioni mediche, la richiesta di effettuare test e analisi, il ricorrente autoesame corporeo, la ricerca di materiale informativo medico, e il ricorso a preparati farmaceutici o fitoterapici. I pazienti possono adottare in maniera stabile il “ruolo di malato”, vivendo come invalidi ed evitando sforzi occupazionali o responsabilità personali. Possono lamentarsi persistentemente della loro salute e discutere le proprie preoccupazioni in gran dettaglio con chiunque si mostri disponibile ad ascoltarli e possono diventare interlocutori difficili per i propri medici di famiglia. Il rapporto con i medici può risultare pesantemente compromesso laddove il paziente ipocondriaco senta che il proprio medico non è in grado di spiegare in maniera soddisfacente i suoi sintomi e di trattarli. Questo può condurre a quello che è stato definito “doctor shopping” ovvero una continua girandola fra medici nella speranza di trovare aiuto. La paura di contrarre una malattia è associata invece prevalentemente all’evitamento e alla fuga da stimoli che il paziente ritiene correlati alla malattia. Egli potrà ad esempio evitare ospedali, persone che appaiano malate, o limitare contatti con persone esposte alle malattie come medici e infermieri. Potrà inoltre evitare tutto ciò che ha a che fare con la malattia quali quotidiani, riviste, programmi televisivi e così via, comprese le indagini mediche di routine a fini preventivi. Il paziente talvolta ricorre a varie forme di auto-diagnosi e di autotrattamento riducendo i contatti con il sistema sanitario. Ritornando all’idea di malattia, possiamo dire che nel vero ipocondriaco il
contenuto è sempre plausibile e spesso corredato da nozioni scientifiche esatte: logicamente ha scarsa importanza l’esistenza di un reale disturbo organico ed è perciò assurdo parlare di una ipocondria “cum materia, o sine materia”. Per quanto riguarda le caratteristiche formali, nel vero ipocondriaco l’idea di malattia assume un aspetto delirante anche se apparentemente sembra poter essere rettificata dall’esperienza e permeabile alla critica. Nello psichismo del vero ipocondriaco che Cardona definisce paranoicheggiante, si scorgono infatti piuttosto spesso tracce di un pensiero dereistico inteso nell’interpretazione estensiva post-bleuriana. Questa osservazione può sembrare azzardata, perché spesso non si nota nell’ipocondriaco vero, né l’assurdità del contenuto né una assoluta impermeabilità alla critica, ma spesso l’idea di non integrità fisica assume un carattere delirante. Il Bumke a proposito delle idee degli ipocondriaci parla di “idee deliranti oscillanti” o “rappresentazioni deliranti mobili”. Inoltre una accurata indagine psicologica mette in evidenza delle caratteristiche proprie della personalità paranoicale: si tratta di individui chiusi, poco espansivi, analizzatori, cavillosi, diffidenti, egocentrici. Il rapporto dell’ipocondriaco con il medico è impostato chiaramente in chiave di un gioco sadomasochistico. Il paziente sembra affidarsi completamente al medico, lo cerca continuamente e con insistenza fino ad essere inopportuno, intraprende con questi lunghi monologhi sui vari sintomi. Pur proclamando la massima fiducia nell’abilità del terapeuta e cercando iterativamente sempre nuove cure, alla fine annuncerà e con una certa ostentazione e soddisfazione, che le terapie hanno fallito lo scopo e continuerà a chiedere nuovi rimedi votati costantemente all’insuccesso. Se questo in genere è il rapporto del vero ipocondriaco con il medico, non è infrequente che tale rapporto trai in un atteggiamento ostile nei riguardi del medico che viene vissuto come figura persecutoria. Ciò accade soprattutto quando il terapeuta tende a minimizzare o addirittura a contestare i sintomi riferiti. In effetti contestare all’ipocondriaco l’affermazione dello stato peggiorativo del proprio corpo è come contestare al delirante il suo delirio; tale comportamento del medico non viene vissuto come semplice incomprensione, bensì come una vera ostilità e persecuzione. Dal punto di vista globale, questi pazienti presentano una caratteristica notevole: pur manifestando una sintomatologia soggettiva che può essere definita, in senso lato nevrotica, finiscono con il vivere come psicotici per il loro totale distacco dalla realtà che viene allontanata o vissuta, a volte, in maniera persecutoria, mentre tutta loro attività sì svolge nell'ambito del corpo che diventa la loro unica realtà, perdendo così ogni funzione di tramite con il mondo. Dice H. Ey: “…l'ipocondria è un'esperienza delirante che a per il mio corpo e l'attraversa ed investe tutte le percezioni, per cui io sento il mio corpo integrato alla mia esistenza in
condizioni peggiorative: è un delirio corporale. Tale è l'essenza fenomenologica dell'ipocondria che le conferisce una realtà che non è quella dell'affezione organica, né di quella neurologica, ma quella di una struttura psicopatologica dell'esistenza”. Essendo essa una malattia psicosomatica, gli esperti sono spesso concordi nell'affermare che, oltre ad una predisposizione a stati ansiosi, un soggetto sviluppa l'ipocondria a seguito di eventi traumatici quali la morte di un parente o un caro amico. Da non sottovalutare, comunque, è un’irrisolta componente narcisistica e il bisogno di mantenersi al centro dell'attenzione per sentirsi amati e accettati dal prossimo. Tuttavia, guarire dall'ipocondria è possibile. Per lasciarsi alle spalle il sopracitato disturbo è di fondamentale importanza una presa di coscienza: il soggetto colpito deve prima di tutto rendersi conto di soffrire di un disturbo psichico e solo dopo potrà focalizzare l'attenzione non solo sul proprio corpo ma sui reali bisogni della psiche, da troppo tempo accantonati. Dal punto di vista diagnostico, è stata evidenziata la necessità di disporre di un numero maggiore di “categorie” per classificare i disturbi ipocondriaci (Taylor e Asmundson, 2004) e in particolare per dare un nome a tutte le forme di eccessiva ansia per la salute che non soddisfano i criteri del disturbo ipocondriaco. Nello specifico, è stato proposto di concepire un’ulteriore sottocategoria diagnostica dell’ipocondria ovvero la categoria dell’”ansia eccessiva connessa allo stato di salute” (Health Anxiety) che possa essere utile per diagnosticare tutte le forme subcliniche di Ipocondria che non soddisfano i criteri diagnostici DSM per intensità o per durata. L’eccessiva ansia per la salute, ad esempio, a differenza dell’ipocondria, può avere una durata inferiore ai 6 mesi e può essere meno debilitante per il soggetto. Inoltre, nel caso dell’ansia eccessiva connessa allo stato di salute, la convinzione o la paura di essere gravemente ammalati può essere verosimilmente meno resistente che nell’ipocondria. Di fatto, però, ipocondria e ansia eccessiva connessa allo stato di salute rappresentano estremi diversi del medesimo fenomeno clinico. Tipicamente, il soggetto ipocondriaco attibuisce sensazioni corporee sgradevoli alla presenza di una malattia grave e, nel tentativo di scongiurare questa possibilità, cerca costantemente rassicurazioni sia da parte dei medici che lo hanno in carico che attraverso la ricerca frequente di informazioni sulla malattia da fonti diverse. I soggetti ipocondriaci spesso si oppongono all’ipotesi di avere o di un soffrire di un disturbo psicologico. I pazienti ipocondriaci, spesso, adottano uno stile di vita simile a quello di un malato cronico o di un invalido ed evitano attività che richiedono degli sforzi nel timore che questo possa nuocere alla loro salute. Soffrono molto e si lamentano della propria salute parlandone
lungamente con chiunque li ascolti. Queste modalità d’interazione con gli altri conducono spesso il paziente ipocondriaco ad un progressivo logorio delle relazioni interpersonali, sia al di fuori che all’interno del nucleo familiare. Rabbia e frustrazione sia da parte del paziente che da parte del medico che lo ha in carico sono frequenti e portano spesso il paziente a cercare aiuto e rassicurazione da parte di medici diversi.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
E' importante distinguere l'ipocondria dal disturbo ossessivo-compulsivo da contaminazione, che è caratterizzato non tanto dal timore di avere una malattia, ma dalla paura eccessiva e irrazionale di ammalarsi o di far ammalare qualcun altro tramite contagio e, in genere, da rituali di lavaggio e evitamenti volti a scongiurare tali paure. La psicoterapia è una disciplina molto poco omogenea; esistono decine di forme di psicoterapia individuale, familiare, di coppia e di gruppo. Nel trattamento dell'ipocondria, la forma di psicoterapia che la ricerca scientifica ha dimostrato essere più efficace, nei più brevi tempi possibile, è la "cognitivo-comportamentale". Si tratta di una psicoterapia breve, a cadenza solitamente settimanale, in cui il paziente svolge un ruolo attivo nella soluzione del proprio problema e, insieme al terapeuta, si concentra sull’apprendimento di modalità di pensiero e di comportamento più funzionali, nell’intento di spezzare i circoli viziosi dell'ipocondria. In ogni caso il trattamento dell'ipocondria può risultare particolarmente difficoltoso, in quanto i soggetti non sono mai del tutto convinti che la causa dei loro mali sia soltanto di tipo psicologico. Generalmente la psicoterapia è possibile in quei casi in cui la persona si preoccupa incessantemente di avere delle malattie, ma si rende conto, almeno in parte, che le sue preoccupazioni sono eccessive e infondate. L’ipocondria è presente in molti disturbi psichiatrici ed è caratterizzata dalla convinzione di essere ammalati senza, però, avere giustificabili basi di realtà. Le preoccupazioni relative al proprio corpo possono essere presenti in modo diverso: si va da timori che si manifestano in certe condizioni o momenti della vita, ad esempio di fronte alla notizia della malattia di un coetaneo, fino a timori più strutturati in soggetti con Disturbi di Personalità più o meno gravi. Gli ipocondriaci lamentano di solito sintomi che coinvolgono molti organi, più comunemente gli apparati gastrointestinale e cardiovascolare, e sono prevalentemente costituiti dalla presenza di dolore. Sono spesso convinti di soffrire di una grave malattia che non è ancora stata individuata e non si lasciano facilmente convincere del contrario. La convinzione, anzi, resiste anche di fronte all’esito negativo degli esami effettuati, il decorso benigno dei disturbi e le rassicurazioni del medico. Reazioni ipocondriache transitorie possono manifestarsi a seguito di gravi stress, più comunemente dopo la morte o una grave malattia di una persona importante. In tali casi dura di solito meno di sei mesi. L’ipocondriaco tende ad interpretare banali alterazioni, quali ad esempio una cefalea da tensione, un’extrasistole o un’infezione respiratoria virale, come prove della presenza di una grave malattia. Accade di frequente che i timori si concentrino su un solo organo, il cui funzionamento diventa fonte di estrema preoccupazione.
Il convincimento non è solitamente di grado delirante, cioè resistente a qualunque tipo di valutazione critica ed il paziente è capace, in certi momenti, di ammettere la possibilità di non avere nessuna grave malattia. Ansia, depressione e tratti ossessivi della personalità sono comunemente associati all’Ipocondria. Interrogati circa il loro stato di salute, gli ipocondriaci spesso danno rispostefiume, esprimendo delusione per le cure ricevute e sottolineandone l’inadeguatezza. Il disturbo di solito esordisce nell’adolescenza, ma può non rendersi manifesto fino alla quarta decade nel maschio e alla quinta nella femmina. Ha andamento cronico, caratterizzato da variazioni d’intensità, per cui risulta fluttuante anche il grado di alterazione del funzionamento sociale e lavorativo. Nei casi più gravi il paziente può arrivare ad adottare uno stile di vita da invalido. L’Ipocondria deve essere differenziata dalle malattie organiche, specialmente da quelle che interessano diffusamente molteplici apparati, come i disturbi endocrini e quelli del tessuto connettivo. Va anche differenziata dal disturbo depressivo: i pazienti depressi possono presentare sintomi ipocondriaci, ma il quadro clinico è dominato dai sintomi della serie depressiva quali disperazione, idee suicide e abbassamento dell’autostima. Sintomi ipocondriaci sono presenti anche nel Disturbo da Attacchi di Panico Disturbo e nel Disturbo d’Ansia Generalizzato: nel DAP si manifestano solo durante gli attacchi, mentre nel GAD non costituiscono il disturbo dominante, ma una delle possibili espressione dell’ansia. Alcune ossessioni e fobie possono somigliare all’Ipocondria, ma in tali casi i pazienti sono consapevoli del fatto che i disturbi non hanno una base realistica e sono esagerati. L’Ipocondria si differenzia dal Disturbo di Somatizzazione in quanto in quest’ultimo comincia prima dei trent’anni e non sono presenti la paura o la convinzione di avere una grave malattia. L’ipocondria è considerata un disturbo cronico con possibilità di guarigione assai limitate. Nell’osservazione a lungo termine un quarto degli ipocondriaci ha miglioramenti molto modesti, mentre circa i due terzi hanno un decorso cronico fluttuante. La maggior parte dei bambini ipocondriaci di solito ha una remissione verso la tarda adolescenza o la prima età adulta. Il trattamento può aiutare una percentuale significativa di pazienti. La prognosi migliora nel caso di un livello culturale medio-alto, di un esordio acuto, dell’assenza di Disturbi di Personalità, dell’età giovanile e dell’assenza di malattie organiche. Secondo alcuni studi l'ipocondria va intesa come un sintomo, una condizione trasversale rispetto all'intero ambito della psicopatologia. In tal modo viene prestata esclusiva attenzione ai multiformi vissuti psicopatologici centrati sul corpo in diversissime condizioni cliniche. Con questo assunto di base aspetti della patologia ipocondriaca coprirebbe un ampissimo settore della
psicopatologia che si estende dagli stati di depersonalizzazione somatopsichica a certe sindromi fobico-ossessive, da alcune tematiche deliranti melanconiche ai più bizzarri deliri somatici caratteristicamente schizofrenici. Come osserva Callieri (1987) a proposito dell'ipocondria delirante «il problema molto confuso: sotto il nome di delirio ipocondriaco vengono compresi tutti i deliri che hanno come oggetto il corpo [...] Il punto di riferimento dell'ipocondria si sposta dalla malattia al corpo, diviene cioè più vago». In questa prospettiva trasversale, che ha comunque il merito di confrontarsi con l'ubiquità clinica del disturbo, l'ipocondria sembra doversi accontentare di essere collocata nei «dintorni» di una qualche sindrome «forte» della psichiatria. Il quesito intorno all'autonomia nosografica dell'ipocondria viene affrontato e differentemente risolto nelle successive versioni del DSM. Nel DSM III (1980) l'ipocondria figura nell'ambito dei disturbi somatoformi (insieme al disturbo di somatizzazione, al disturbo di conversione, al dolore psicogeno e ai disturbi somatoformi atipici), definendo un'area nosografica specifica, ma ristretta e quasi puntiforme. L'ipocondria viene inserita fra i disturbi somatoformi: 1) come nevrosi ipocondriaca per quanto riguarda la sua espressività nevrotica; come Disturbo Delirante di tipo somatico per quanto riguarda la sua espressività psicotica. Nel corso dell'evoluzione di questo modello l'insieme di sintomi che corrisponde fondamentalmente alla forma nevrotica dell'ipocondria rafforza progressivamente la propria identità nosografica, mentre la grande ipocondria (o ipocondria maior) stempera grandemente la propria autonomia nosografica, configurandosi semplicemente come una delle possibili varianti tematiche dei deliri sistematizzati cronici. Va segnalato inoltre che nel DSM-III (1980) e nel DSM-III R.(1987) queste due forme vengono contrapposte in base ad un criterio non sufficientemente definito, ed epistemologicamente sospetto, quale il grado di "intensità" del convincimento ipocondriaco. Il DSM-IV (1994), che introduce l'elemento discriminante dell'insight, presente o assente a seconda delle due varietà, si discosta ben poco dal precedente. Nell'intento di circoscrivere meglio l'area dell'ipocondria e di evidenziare il suo peculiare profilo psicopatologico, che nelle ultime classificazioni andato via via sbiadendo, ci proponiamo di ribadire la centralità strutturale che l'ipocondria occupa nella psicopatologia clinica. Ma soprattutto dell'ipocondria intendiamo approfondire le arcaiche stratificazioni specificamente connesse al problema del «male» nella sua più peculiare accezione antropologica. Lo studio dell'ipocondria rappresenta infatti, appunto per queste sue estese e sotterranee ramificazioni, uno dei possibili varchi alla comprensione antropoanalitica del fenomeno psicopatologico.
EPIDEMIOLOGIA
Nonostante alcune incongruenze, la maggior parte degli studi concorda nell’affermare che l’ipocondria è ugualmente distribuita tra uomini e donne. Le stime suggeriscono una prevalenza nella popolazione generale del 1-5% e del 27% tra i pazienti dei servizi di medicina generale (APA, 2000). L’ipocondria può esordire ad ogni età, sebbene si sviluppi prevalentemente nella prima età adulta. Tipicamente esordisce quando la persona è sotto stress, seriamente malata o in fase di convalescenza per una malattia seria o quando ha subìto la perdita di un familiare. L’ipocondria può anche insorgere quando una persona è esposta a informazioni mass-mediatiche relative alle malattie. L’ipocondria è una malattia psicosomatica caratterizzata dalla preoccupazione per il proprio stato di salute. La maggior parte dei pensieri si concentra sulla percezione di tutti i segnali che provengono dal corpo cercando segnali di disfunzione: la conseguenza è un’interpretazione cognitiva errata. Le preoccupazioni sono tali che l’ipocondriaco cerca continuamente delle rassicurazioni mediche e si sottopone a svariati esami. La malattia si trova in percentuali simili tra uomini e donne e comincia a manifestarsi nella tarda adolescenza (all’ingresso della vita da adulto), anche se la massima percentuale si ha tra i 30 e i 40 anni. E' sconosciuta la percentuale di diffusione del disturbo nella popolazione generale, ma nella pratica medica generale va dal 4 al 9%. L'ipocondria può esordire a qualunque età, ma si pensa che l'età più comune di esordio sia la prima età adulta. Il decorso è solitamente cronico, con i sintomi che vanno e vengono, ma talora si verifica una completa remissione. A causa della sua cronicità alcuni ritengono che il disturbo sia soprattutto espressione di tratti di carattere (cioè preoccupazioni di lunga durata riguardanti i problemi fisici e la focalizzazione sui sintomi somatici). L’Ipocondria può insorgere a qualsiasi età anche se si sviluppa più spesso nella prima età adulta (American Psychological Association, 2000). E’ ugualmente comune in uomini e donne (Creed & Barsky, 2004) e tipicamente insorge durante periodi di intenso stress, durante o dopo una grave malattia oppure dopo la perdita di un familiare (Barsky & Klerman, 1983). L’ipocondria ha spesso un decorso cronico, persiste per anni nel 50% dei casi e presenta una comorbidità con disturbi d’ansia, disturbi dell’umore e disturbi somatoformi (American Psychological Association, 2000). Studi recenti su gemelli monozigoti e dizigoti indicano che la componente genetica gioca un ruolo modesto nel dare conto dell’origine dell’Ipocondria e dell’ansia per la salute. I gemelli monozigoti e dizigoti, infatti, non ottengono punteggi molto differenti su scale che misurano l’ansia per la salute (Taylor et al., 2006). Le determinanti più importanti sembrano dunque essere quelle ambientali. Fattori ambientali importanti sembrano essere tutte le esperienze precoci di apprendimento (episodi
di malattia, aver ottenuto cure o altri tipi di rinforzo solo se malati, aver osservato figure significative avere a che fare con la malattia) che portano il soggetto a formulare e convalidare credenze disfunzionali sulla propria debolezza e su quanto siano pericolose le perturbazioni e le sensazioni del corpo.
LE FORME DELL’IPOCONDRIA
L’ipocondria può ovviamente coinvolgere anche i medicinali come fonte di danno all’organismo. Il soggetto con ipocondria da “panico” temerà una reazione acuta e violenta che può farlo morire. Il soggetto ossessivo avrà invece paura di produrre danni irreparabili anche con una sola assunzione, o di innescare processi non controllabili che poi non potranno tornare indietro. - Una forma poco conosciuta di ipocondria è quella “psichica”, cioè la paura di perdere il controllo delle proprie funzioni mentali. Comuni sono la preoccupazione di non avere memoria, che produce l’ossessione di controllarla, con l’ovvio risultato di concludere che funziona male, o non perfettamente. Il “non perfettamente” diviene, controllo dopo controllo sempre più grande, cosicché il paziente si presenta dicendo “non ricordo niente”, “non ho memoria”, “non riesco a memorizzare”. Rispetto alle verifiche che pretendono un funzionamento “a comando” della memoria, ovviamente questa risulterà difettosa. Questa pseudo-amnesia ipocondriaca è una forma diffusa e rispetto a cui i pazienti hanno scarsa capacità critica, poiché a differenza dell’ipocondria riguardante altri organi, poiché il cervello qui è sia fonte che oggetto della preoccupazione. Altra forma comune è la paura di diventare “matti”, per esempio nel senso di potersi aggravare fino a diventare “schizofrenici” o “dementi”, secondo un ragionamento paradossale (il solito delle ossessioni) per cui se non si ha il controllo la situazione potrebbe degenerare senza che possiamo farci niente. La paura di avere “una psicosi” è per esempio una forma comune di ipocondria ossessiva, in cui il paziente anziché preoccuparsi, e anche seriamente, di curarsi l’ossessione, si preoccupa di discutere il contenuto dell’ossessione, cioè la malattia che lo spaventa e che teme di poter sviluppare. Spiegare al paziente il perché il rischio di diventare matto o demente non c’è, è in realtà controproducente, perché rinforza la sua convinzione che ci sia un rischio che deve essere spiegato e discusso per poter esserne rassicurati. - C’è poi il tema ipocondriaco della depressione, che consiste nella lamentela, fino alla convinzione, che il proprio corpo funzioni male o sia in decadenza. I pazienti amplificano i propri limiti, li ritengono segno di invecchiamento, decadimento, origine della loro depressione. Il paziente depresso tipicamente amplifica i sintomi in senso negativo, affermando ad esempio che “non dorme” quando invece ha un sonno spezzettato e superficiale, che “non riesce ad andare di intestino” quando invece va ma sforzandosi o non regolarmente. In questo l’atteggiamento somiglia a quello dell’ipocondria ossessiva, con la differenza che il depresso non cerca spiegazione o rassicurazione, anzi pare rifiutare ogni
commento rassicurante, non perché non lo soddisfa ma perché ritiene che le cose vadano per il peggio, e non può accettare altri punti di vista. Nel delirio depressivo, i pazienti possono arrivare ad affermare di non avere più parti del corpo, o che queste non funzionano più, addirittura che sono già morti. Il paziente depresso ipocondriaco non tende a correggere il presunto malfunzionamento, o a fare accertamenti, ma si adatta ivamente alla presunta inabilità, ad esempio mangiando cibi liquidi perché sostiene di non digerire altro, non camminando perché sostiene di non aver forza nelle gambe, facendosi fare clisteri perché non riesce a liberare l’intestino da solo, e così via. Alcune persone, seguendo questo delirio, possono progettare il suicidio per anticipare quella che immaginano come una morte dolorosa, o per evitare agli altri la pena di assistere alla propria fine. Sostanzialmente, dalla lamentela al delirio, nella depressione la persona sembra intenta a confermare e a giustificare i propri sintomi e la propria malattia presunta, con scarso interesse sia a chiarirla, sia a trattarla. - Forma più rara, ma comunque possibile, è il delirio ipocondriaco come componente di altre psicosi. In queste forme il paziente è convinto di avere una malattia e senza troppi accertamenti, anzi tendendo a non effettuarli neanche, si cura o si fa operare affermando sintomi inequivocabili. Sua preoccupazione è di risolvere una malattia che è convinto senza motivo di avere, ma con un fine comprensibile rispetto al delirio. Il fatto che i medici non abbiano posto mai diagnosi, o neghino la diagnosi non serve a convincere il paziente, che si comporterà secondo la sua convinzione. In alcuni casi però, queste persone vanno “a doppio binario”, il che non è strano rispetto ad una psicosi: da una parte infatti sono convinte di avere “un male incurabile” o semplicemente una malattia che li rende invalidi, dall’altra però continuano a vivere palesemente in contrasto con questa presunta invalidità o “condanna”. L’idea di malattia perde quindi ogni significato reale e diviene convinzione completamente autonoma e isolata.
LA PROSPETTIVA PSICOANALITICA
Freud, a partire dagli ultimi anni del secolo scorso, mette a disposizione dell'osservatore il potere di risoluzione dello strumento psicoanalitico, cercando a più riprese di fornire chiavi interpretative per spiegare l'apparente inderivabilità psicologica di diverse condizioni cliniche, ivi compresa la condizione ipocondriaca. Freud si è occupato a più riprese dell'ipocondria, ma in modo tutto sommato poco sistematico e con alcune resistenze che tradivano un certo imbarazzo personale. Egli se ne occupa negli scritti più antichi (1894, 1895), in un epoca in cui, come risulta dalle lettere a Fliess, egli viveva questo problema angosciosamente su di sé. In un aggio della lettera 39, del 19 aprile del 1894, sembra confessare il proprio coinvolgimento diretto e le proprie difficoltà: «E' troppo penoso per il medico che si arrabatta per tutte le ore del giorno nel comprendere le nevrosi non sapere se lui stesso soffre di una depressione logica o ipocondriaca [...]. I monelli e mia moglie stanno bene; a lei non ho confidato i miei deliri di morte». Fin dal 1894 Freud individua come singole entità cliniche la nevrosi d'angoscia, l'ipocondria e la nevrastenia, che vengono così scorporate dall'unico, onnicomprensivo concetto di "nevrastenia" usato da Beard (1880). Egli le considera direttamente connesse con «una serie di pratiche nocive e turbamenti derivanti dalla vita sessuale». Queste forme, successivamente raggruppate nella categoria delle "nevrosi attuali", costituirebbero per l'Autore «il nucleo e la fase preliminare del sintomo psiconevrotico». Per Freud l'ipocondria è una nevrosi attuale e il sintomo ipocondriaco non è interpretabile simbolicamente, non ha un significato nascosto, ma invece il segno dell'accadere di qualcosa di fisico («ingorgo libidico») che sfugge all'elaborazione psichica. Scorporato rispetto alla catena dei rimandi simbolici il sintomo ipocondriaco è pertanto inanalizzabile. Con l'«Introduzione al narcisismo» (1914) Freud introduce la variabile rappresentata dalla libido narcisistica e ravvisa nell'ipocondria «una modificazione della ripartizione della libido (oggettuale e narcisistica)» e un'alterazione del grado di erogeneità degli organi del corpo. Per Freud l'organo ipocondriaco rappresenta il luogo e il risultato di uno squilibrio libidico, una «nuova zona erogena» colonizzata e inventata dal sovraccarico narcisistico della libido del paziente (organo-dolorosamente-teso = organogenitale-in-stato-di-eccitazione). Freud stesso, comunque, si dichiara insoddisfatto delle sue teorizzazioni sull'ipocondria e in una lettera a Ferenczi dice: «Ho sempre sentito che le oscurità nella questione dell'ipocondria sono una disgraziata lacuna nel nostro lavoro» (Jones, 1953). Evidentemente Freud che in alcune situazioni appare tanto "saturante" e sistematico nelle sue dimostrazioni e spiegazioni, ha sentito lo strumento psicoanalitico impotente di fronte alla oscura elusività della problematica ipocondriaca. Ferenczi (1919) raccoglie il discorso
freudiano dell'ipocondria come nevrosi attuale spingendosi oltre. Pur non offrendo una diversa interpretazione metapsicologica del fenomeno ipocondriaco egli propone un punto di vista diverso da cui osservare il problema. e indica nell'ipocondria il segno di un fallimento delle più precoci relazioni fra il bambino e il suo ambiente. Nel 1931, parlando di quel particolare trauma rappresentata dalla freddezza affettiva e dalla mancanza di ascolto dei bisogni del bambino da parte dei genitori, Ferenczi precisa che l'evento peggiore si verifica quando il bambino avverte un trauma, un dolore psichico e lo dice, ma i genitori «dicono che non successo niente». Ritroviamo queste intuizioni di Ferenczi in un lavoro di Anna Freud (1952) che descrive i drammi del bambino, il quale particolarmente attento alla propria salute soltanto perché non c'è nessuno che se ne occupi per lui. Sono idee che si collegheranno successivamente ai fondamentali lavori di Bion (1963) sulla funzione alfa della madre, che soccorre, ascolta e metabolizza le ansie del bambino, e alle successive teorizzazioni di Kohut. La difettosa interazione fra il bambino e le figure genitoriali costituisce un elemento fondamentale nel pensiero di Kohut (1971) che non dedica all'ipocondria contributi specifici, ma ne parla spesso nei suoi scritti. Egli si occupa di un'area particolare delle relazioni umane precoci, quella fra il soggetto e i suoi «oggetti-Sé», dominata da bisogni di conferma narcisistica. Kohut colloca l'ipocondria in un momento preciso della storia del Sé in rapporto ai suoi oggetti. Un Sé difettoso, prodotto di una serie di esperienze traumatiche con l'«oggetto-Sé» rappresentato dai genitori, se ferito nella sua aspettativa idealizzante di unione narcisistica con l'«oggetto-Sé», può disgregarsi. Compare allora per Kohut l'ipocondria, segno che qualcosa di terribile sta accadendo e precisamente la perdita del proprio significato e del proprio valore narcisistici.
TRATTAMENTI TERAPEUTICI
La terapia farmacologica dell'ipocondria, ammesso che la persona accetti di prendere dei farmaci senza temere che arrechino dei danni al proprio organismo, si basa fondamentalmente sugli antidepressivi, sia triciclici che SSRI. Quest'ultima classe presenta, rispetto alle precedenti, una maggiore maneggevolezza e minori effetti collaterali. Dato che l'ipocondria viene spesso assimilata al disturbo ossessivo-compulsivo, considerando le preoccupazioni del paziente come delle ossessioni di malattia, la terapia farmacologica rispecchia le linee guida per tale disturbo, con alti dosaggi di antidepressivi ad azione serotoninergica assunti per periodi prolungati. Nelle forme lievi la prescrizione di sole benzodiazepine può essere sufficiente, ma generalmente non è risolutiva e ottiene soltanto di placare l'ansia a breve termine. In alcune situazioni sono utilizzate anche basse dosi di sulpiride e levosulpiride. L’ipocondria è una malattia che provoca una eccesiva preoccupazione, per di più infondata, sulla proprio salute che porta il soggetto colpito ad essere sicuro che una visita medica possa far scoprire una serie di patologie ancora ignote. Un sinonimo di ipocondria si può ritrovare nella parola “patofobia”, cioè una paura fobica delle malattie. In realtà un ipocondriaco è come un malato immaginario, che il più delle volte lamenta mancate attenzioni; se il problema non è grave può essere superato aiutando la persona a non vedere sempre il lato negativo della vita, a sorridere e ad essere più ottimisti guardando al futuro e alle cose belle che la vita ci propone. Se il disturbo però diventa quasi un ossessione, è assolutamente necessario una psicoterapia più o meno lunga. Per curare l’ipocondria non si possono utlizzare solo farmaci, ma si necessita di un accompagnamento psicologico che consenta di riavvicinarsi alla propria sfera emotiva. L’ipocondriaco non si rivolge volentieri a psichiatri e psicologi, mentre il medico resta il punto di riferimento preferito. L’avvio della terapia comincia generalmente grazie al suo intervento: è il medico che dopo aver escluso cause e patologie fisiche, convince della necessità di un percorso psicologico. La terapia generalmente più utilizzata è quella cognitivo-comportamentale: una terapia breve che prevede un ruolo attivo nel paziente a cui si abbina una terapia farmacologica a base di antidepressivi. La Terapia Cognitivo Comportamentale aiuta a riconoscere e bloccare i comportamenti compulsivi associati con l’ansia, come il controllo costante dei problemi corporei. La psicoterapia consiste anche in tecniche di esposizione in cui la persona affronta le proprie paure in una ambiente sicuro ed impara a
gestire le sensazioni di disagio che insorgono. È importante inoltre sottolineare l’importanza della cosiddetta psicoeducazione. In questa fase, la persona e i suoi familiari imparano a conoscere meglio cosa sia l’Ipocondria, come funziona e soprattutto come si può affrontare: Non esistono farmaci veri e propri per la cura dell’ipocondria, ma la causa e la soluzione di questo disturbo vanno ricercate in ambito psicologico. Esistono specifici percorsi terapeutici che consentono all’ipocondriaco di riappropriarsi della propria mappa emotiva, tornando a saper attribuire alle sensazioni che prova una valenza reale e oggettiva. Il medico di famiglia dovrebbe riconoscere per primo il paziente ipocondriaco e importante intervenire adeguatamente, per evitare che si cronicizzi. L’ipocondriaco non è cosciente del fatto che il malessere che prova è di origine psicologica e quindi solitamente non si rivolge da solo allo psicologo. L’interlocutore privilegiato rimane il medico: Il percorso terapeutico incomincia nell’ambulatorio e dopo aver escluso patologie organiche, interviene per aiutare il paziente a creare confini più definiti tra ciò che è corporeo e ciò che è psichico. Anche parenti e amici, possono aiutare l’ipocondriaco a mettere in luce la natura ripetitiva del suo malessere fisico. La forma di psicoterapia più utile per questo tipo di disturbo è la terapia cognitivo comportamentale, una psicoterapia breve, dove il paziente ha ruolo attivo e aiutato dal terapeuta cerca di apprendere un pensiero e un comportamento più funzionale. Il trattamento non sempre è facile e risolutivo perché molto spesso, la persona ipocondriaca, non è convinta che i suoi disturbi siano di origine psicologica. Gli ipocondriaci tendono ad evitare il trattamento psichiatrico, intrapreso solo dai più motivati e più dotati di capacità introspettiva. Alcuni lo accettano solo se finalizzato alla riduzione dello stress ed è gradita la psicoterapia di gruppo perché è in grado di fornire il o sociale e le interazioni di cui necessitano. I controlli medici periodici sono utili allo scopo di rassicurare i pazienti sul fatto di non essere trascurati e che i loro disturbi sono presi sul serio. Dal momento che gli ipocondriaci si rivolgono di solito al medico generico, è questi che ha le migliori opportunità di aiutarli. Ma per farlo deve modificare la sua idea di curare, nel senso di alleviare i sintomi, ed essere in grado di accettare e “contenere” paure e lamentele. Inoltre non deve sentirsi frustrato o irritato ed è necessario che mantenga una elevata sensibilità ai bisogni sociali e psicologici del paziente. La buona relazione con il medico riduce l’ansia del paziente, riduce la paura delle malattie e migliora il funzionamento sociale e lavorativo. Il medico dovrebbe proporre appuntamenti periodici ad intervalli regolari ed evitare procedure diagnostiche e terapeutiche non necessarie. Discreti risultati possono essere ottenuti con tecniche di rilassamento corporeo e con interventi psicoterapeutici a breve termine fondati sulla rassicurazione e sulla chiarificazione del significato dei sintomi. Il trattamento
Cognitivo-comportamentale si basa sulla presentazione di un modello che preveda alternative al problema e che possa essere adottato dal paziente in sostituzione del modello basato sulla malattia. Da un certo punto di vista, l’intero trattamento può essere interpretato come un’estesa e dettagliata costruzione di un modello alternativo di comprensione dei sintomi corporei spiacevoli che il paziente sperimenta (Wells, 1999). Spesso I pazienti ipocondriaci provano vergogna nel parlare delle malattie che temono di avere. Sia i pazienti che i terapeuti cominciano la terapia con aspettative molto diverse l’uno dall’altro. I terapeuti credono che il paziente sia cosciente di avere un problema psicologico e ritenga che la terapia sia l’unica cosa di cui ha bisogno. I pazienti, invece, sono convinti di avere un problema medico e che la terapia sia l’ultima cosa di cui hanno realmente bisogno. Con queste premesse qualsiasi “aggancio terapeutico” risulta essere problematico. Prima di iniziare l’assessment, dunque, è molto importante che il terapeuta conosca molto bene il funzionamento del disturbo e sia preparato e consapevole delle criticità che la terapia di un paziente ipocondriaco presenta e delle difficoltà che si troverà ad affrontare. E’ molto importante, inoltre, che il paziente si senta compreso e avverta che i suoi problemi e le sue preoccupazioni sono stati considerati in maniera appropriata. Il terapeuta non dovrebbe mai dimenticare di riconoscere al paziente che i sintomi che egli sperimenta sono reali e devono essere presi sul serio. Questi pazienti, infatti, si sono sentiti ripetere probabilmente per lungo tempo che i loro sintomi sono “tutti nella mente” quando, in verità, i sintomi che sperimentano sono assolutamente reali. I pazienti ipocondriaci interpretano erroneamente le sensazioni corporee e le informazioni relative al proprio stato di salute attribuendo loro una pericolosità di gran lunga superiore a quella che in realtà hanno. Spesso, non prendono neppure in considerazione l’ipotesi meno pericolosa e più probabile in grado di dare conto dei sintomi che sperimentano. Il nucleo fondamentale della terapia del paziente ipocondriaco consiste nell’ aiutarlo a “dismettere” un’interpretazione dei sintomi basata sulla credenza dell’esistenza di una malattia fisica e di costruire insieme a lui un’ipotesi alternativa tramite delle specifiche tecniche cognitive e comportamentali. In generale, però, i pazienti Ipocondriaci si rivolgono difficilmente ai professionisti della salute mentale e ancora più difficilmente si impegnano in un percorso psicologico. Un intervento psicoeducativo, a tale proposito, può costituire un “aggio intermedio” utile per il paziente sia nel caso che egli decida di rivolgersi poi ad una psicoterapia, sia per i benefici che esso stesso può offrire al paziente nel caso in cui egli non decida di intraprendere un percorso terapeutico. La psicoeducazione consiste in linea generale in alcune sessioni (condotte spesso in gruppo) che hanno l’obiettivo di fornire al paziente informazioni specifiche
sul disturbo e nel farlo in maniera mirata. Il paziente e il clinico, all’interno del setting psicoeducativo, si trasformano in allievo e insegnante. Una recente ricerca ha evidenziato l’efficacia della psicoeducazione di gruppo nel trattamento di alcuni disturbi (Lukens & McFarlane, 2004), rilevando che la psicoeducazione soddisfa i criteri per essere classificata all’interno della Categoria 2 (intervento probabilmente o potenzialmente efficace) tra gli interventi terapeutici di comprovata efficacia (Chambless & Hollon, 1998). Da un punto di vista cognitivo comportamentale, la psicoeducazione rappresenta di per sé un intervento di “riattribuzione” molto importante che consiste nel fornire al paziente un modello di funzionamento del disturbo e un razionale di quella che potrebbe essere la terapia senza però intraprendere con lui un reale percorso psicoterapeutico. Il primo obiettivo è quello di modificare l’interpretazione che il paziente dà del suo stesso disturbo più che alleviare i suoi sintomi. Un’ imponente meta analisi degli studi sui trattamenti psicosociali e farmacologici per la terapia dell’ipocondria è stata condotta nel 2005 da Steven Taylor e Gordon Asmundson. La ricerca scientifica dimostra che la terapia cognitivocomportamentale abbinata alla fluoxetina possa essere ritenuta il trattamento d’elezione per la terapia dell’ipocondria e di forme “attenuate” (abriged). La psicoeducazione risulta essere comunque indicata quanto la terapia cognitivo comportamentale nel trattamento di forme di ansia legata alla salute meno severe o che, per qualche motivo, non soddisfano pienamente i criteri diagnostici dell’ipocondria. Il modello cognitivo dell’interpretazione e della cura dell’ipocondria si basa prevalentemente sul modello di Salkovskis che prevede che il disturbo sia innescato e mantenuto dall’interpretazione erronea di normali manifestazioni corporee che vengono valutati “arbitrariamente” come prove delle presenza di una malattia grave e spesso mortale. Per alcuni versi il modello dell’ipocondria può essere considerato simile a quello dell’attacco di panico: entrambi i disturbi vengono innescati da interpretazioni “catastrofiche” di normali funzioni somatiche con la differenza che nell’attacco di panico l’esito della catastrofe (morte o impazzimento) e percepito come immediato mentre, nell’ipocondria, la catastrofe e dilazionata nel tempo assumendo la forma di una intensa preoccupazione per la morte e la sofferenza della malattia. Spesso il disturbo è scatenato da un evento casuale quale può essere la malattia e/o la morte di una persona cara, una propria malattia, notizie legate a particolari malattie. Questi eventi attivano false credenze circa il proprio stato di salute che si manifestano attraverso immagini (Nat) spaventosi che causano l’interpretazione errata di manifestazioni corporee normali in pericolosi sintomi di malattie mortali. Le
immagini o Nat possono, ad esempio, riguardare: Immagini del cuore palpitante che esplode Immagini dei polmoni che non si riempiono completamente d’aria Immagini di emorragie cerebrali Immagini del corpo devastato dal cancro Immagini di sofferenze atroci legate alla devastazione del corpo. Il modello cognitivo attribuisce grande importanza ai fattori di mantenimento che contribuiscono, in maniera determinante, a cronicizzare il disturbo ipocondriaco; questi fattori possono essere identificati in specifiche classi: fattori cognitivi, emotivi, distorsioni cognitive, comportamenti di ricerca di sicurezza, fattori comportamentali e modifiche fisiologiche. Uno degli scopi centrali che la terapia cognitiva si prefigge è quello di favorire l’accettazione del rischio di potersi ammalare spostando l’accento dal rischio al terrore di potersi ammalare. La non accettazione del rischio di potersi ammalare è uno dei fattori che differenzia l’ipocondriaco da chi è realmente malato; chi è alle prese con una grave malattia conclamata deve prendere atto è accettare il nuovo stato. L’ipocondriaco è invece gravato dalla minaccia di potersi ammalare è questo ne ostacola l’accettazione poiché ha ancora la “speranza” di poter evitare il danno attraverso il ricorso alla rassicurazione e altri comportamenti prudenziali come il “ pensiero magico” ( se smetto di preoccuparmi, se abbasso la guardia mi ammalo davvero). Inoltre questo atteggiamento è spiegato dagli “scopi” iperinvestiti e minacciati ( non essere ammalato, non essere un debole) che guidano la condotta dell’ipocondriaco. Altro obiettivo fondamentale della cura consiste nel “ricostruire” in termini più positivi la rappresentazione che il paziente ipocondriaco ha di se stesso, rappresentazione che spesso si basa su valutazioni di debolezza, gracilità, vulnerabilità alle malattie. Questa rappresentazione di debolezza viene spesso innescata da emozioni negative che vengono interpretate, in una sorta di circolo vizioso, come la prova di questa vulnerabilità; uno degli scopi della terapia è quello di modificare questa assunzione focalizzando l’attenzione del paziente sulle credenze disfunzionali che ne influenzano il giudizio. In quest’ottica, aiutare il paziente a generare ipotesi alternative rispetto all’ipotesi “catastrofica” di avere una grave
malattia costituisce una valida strategia finalizzata a ridurne il timore; questa operazione va sostenuta dalla ricerca di “prove” e “controprove” tese a confermare o a disconfermare le varie ipotesi, ad esempio si può chiedere al paziente che teme di avere un cancro di monitorare i sintomi per tutto l’arco della giornata (per un periodo stabilito) e trascrivere le variazioni dei sintomi (intensità, frequenza) su un diario, allo stesso modo gli si chiede di annotare qualsiasi fattore in grado di ridurre (ad esempio, la rassicurazione) o intensificare ( ad esempio, l’esposizione ad informazioni sul cancro) i sintomi. Si invita inoltre il paziente a fare attenzione a come la focalizzazione su sintomi aumenti le ruminazioni ( preoccupazioni, timori) e di conseguenza i controlli sul corpo innescando un sorta di circolo vizioso.
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