La Sindrome Depressiva Analisi e Cura
Agnese Vittorini
Copyright Published by ALVIS Editions at Smashwords © 2012 Alvis Ed.
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Smashwords Editions License Notes This e-book is licensed for your personal enjoyment only. This e-book may not be re-sold or given away to other people. If you would like to share this book with another person, please purchase an additional copy for each recipient. If you're reading this book and did not purchase it, or it was not purchased for your use only, then please return to smashwords.com and purchase your own copy. Thank you for respecting the work of this author.
INDICE Introduzione Caratteri Generali La Sintomatologia La Diagnosi I Disturbi Associati L’Epidemiologia La Fenomenologia L’Eziologia Depressione e Sesso Depressione e Senilità Le Cure Farmacologiche La Psicoterapia L’Elioterapia
Introduzione
La depressione è un’alterazione cronica dell’umore contraddistinta da tristezza, riduzione dell’interesse e delle attività, senso di solitudine, senso di colpa e incapacità di provare piacere . Chi ne è colpito prova un senso di noia continuo, di difficoltà nello svolgimento delle normali attività, tutto sembra essere difficile e privo di interesse. Il distacco affettivo verso i familiari e le persone care diventa sempre più forte così come la sensazione di sentirsi aridi e vuoti, privi di sentimenti. Lo stato depressivo si manifesta con una riduzione dei movimenti spontanei e con un irrigidimento della mimica; anche il linguaggio diventa più sterile, le risposte sono brevi e concitate e gli argomenti di cui trattare si riducono al minimo. Diventa tutto pesante e faticoso, muoversi, parlare, esprimere le proprie idee. Le origini di questa malattia non sono ancora del tutto note, ma in un gran numero di casi sembrerebbero risiedere nella vita relazionale e sociale del soggetto, insieme a fattori biologici e genetici. Quando le cause sociali e relazionali non sono evidenti, il motivo potrebbe stare nella scarsa propensione della persona a raccontare di sé. In questo caso, lo psicologo è avvantaggiato e meglio equipaggiato, rispetto ad altri professionisti. Molti specialisti sono convinti che la cura migliore per questa malattia consista in un'efficace psicoterapia, ata nelle fasi iniziali da una somministrazione controllata di farmaci. L'uso del "tampone" farmacologico consente di ristabilire uno stato accettabile di salute nel paziente che, a sua volta, permetterà allo psicoterapeuta di svolgere in maniera ottimale il suo lavoro.
Caratteri Generali
Col termine depressione si intende descrivere uno stato d'animo che tutti prima o poi possono provare. È normale sentirsi tristi o depressi ogni tanto, ma generalmente questi sentimenti tendono a are velocemente, e con essi la causa che li ha dato origine. Questo può creare confusione, e spesso sottovalutare o sopravvalutare quelli che sono i sintomi che ci fanno capire di trovarci davanti a una diagnosi di depressione. Coloro a cui viene diagnosticata una “depressione” soffrono di un grave malessere che influisce non solo sull'umore, ma anche su alcune delle normali funzioni fisiche. Le persone depresse si sentono spesso tristi, indifese, inutili ed irritabili. La durevolezza e l'intensità delle emozioni provate, distingue la depressione, come malattia mentale, dalle normali variazioni di umore. A differenza delle normali esperienze emotive di tristezza, la depressione clinica persiste nel tempo e può interferire significativamente con la capacità di funzionamento dell'individuo. La depressione può incidere negativamente su tutti gli aspetti della vita quotidiana, comprese le relazioni familiari, le amicizie e la capacità di lavorare o di andare a scuola. Ogni persona, in qualche momento della propria vita, dall’infanzia fino all’età più avanzata, può sentirsi triste, privo di slancio, incapace di provare piacere, portata a ritirarsi dai rapporti interpersonali. Questo particolare stato d’amo penoso può durare un tempo breve, spesso solo poche ore; quando tale situazione si dissolve, la persona incredibilmente si sente sollevata e avverte uno stato euforico. Quando siamo depressi tendiamo a darci tanto da fare senza concludere assolutamente nulla, iamo molto tempo seduti, fissando il vuoto: siamo stanchi, abbiamo voglia di dormire, non reagiamo alle sollecitazioni dell’ambiente esterno; non notiamo le cose che ci circondano. Agiamo come se il nostro corpo fosse anestetizzato. Può capitare a tutti, comunque, sporadicamente di sentirsi di umore triste, abbattuti e svogliati e non sapere il perché. Molto spesso però si è depressi per qualche motivo: la separazione da una persona cara, un insuccesso scolastico o professionale, la perdita del posto di lavoro (preoccupazione molto diffusa in questo periodo storico), il distacco da un luogo familiare, la perdita della stima di noi stessi, la perdita del ruolo sociale, il fallimento di un progetto che da tempo abbiamo perseguito, ecc. Tutti questi sono avvenimenti che provocano quella reazione che il linguaggio comune chiama dolore, tristezza, avvilimento e un profondo dispiacere. La solidarietà degli altri o la partecipazione alla vita sociale aiutano a superare più attivamente questo drammatico momento. In genere chi ha una maggiore ricchezza di interessi nella vita riesce a trovare con maggior facilità un
compenso e a riprendersi più velocemente. Nell’epoca attuale la sofferenza depressiva è estremamente diffusa. Non sempre, fortunatamente, raggiunge le forme della depressione grave, si manifesta come disagio, malessere, incapacità di provare gioia: diventiamo apatici e indolenti; siamo incapaci di fare le cose elementari di cui ci rallegriamo. Siamo sempre tristi e scoraggiati ci mettiamo persino a gridare senza motivo. Privarci continuamente di ogni cosa ci deprime. Possiamo sentirci tagliati fuori dalla possibilità di una soddisfazione, e più ci sentiamo calpestati meno facciamo per ottenerla. Una donna che sente che il marito non l’ama ma che probabilmente l’ama ma non sa esprimere l’amore, soffre di un continuo senso di privazione che la porta verso la depressione. La noia che spesso è confusa con la fatica, conduce alla depressione. Presi da una trama di inattività e di noia, cominciamo a sentire che la vita sta ando su di noi. Prestiamo meno attenzione alle cose perché, nella nostra attività sempre uguale, si richiede meno attenzione. Cominciamo a perdere di vista ciò che potrebbe darci il sentimento di soddisfazione: e così la nostra depressione aumenta. Oltre alla “chiusura” con ogni attività, sono evidenziabili, in questo quadro clinico, una serie di disagi fisici particolarmente significativi (stanchezza, insonnia, inappetenza, stipsi, mal di testa, mestruazioni irregolari, palpitazioni, ecc.). Chi soffre di questo malessere è tormentato continuamente da forti sensi di colpa, si rimprovera costantemente di qualcosa e cerca di continuo di “rimettere” a posto tutte le cose (vive nel ato ed è incapace di futurizzarsi). In esso l’aggressività non è rivolta all’esterno, ma bensì verso se stesso. Il depresso, quindi, cerca di evitare tutto ciò di cui non ha l’approvazione generale e nasconde di conseguenza i propri impulsi aggressivi attraverso una condotta “impeccabile”. Esiste, inoltre, in questo disagio un problema invalidante: quello della responsabilità. La paura di assumersi delle responsabilità (non nel senso del merito o punizione, fortuna o sfortuna, giustizia e ingiustizia oppure della colpa, ma semplicemente di agire liberamente, di poter scegliere) si manifesta in particolar modo quando deve affrontare una nuova fase della propria vita (e sono tante le fasi significative di cambiamento che incontriamo nella nostra vita!). Tutto ciò crea dipendenza: devono inevitabilmente appoggiarsi su altre persone. Nel disagio depressivo si è profondamente dipendenti: si teme di aggredire l’oggetto da cui si dipende e quindi ci si vede costretti a non manifestare mai apertamente l’aggressività, per cui si finisce per autoaggredirsi e, inevitabilmente, rendersi “inattivo”. Quando costruiamo la nostra sicurezza su dei punti di riferimento esterni (famiglia, lavoro, partner, ecc.) diventa particolarmente facile sperimentare esperienze depressive quando tutto ciò viene
a mancare o viene modificato. La depressione scaturisce anche da una “storia” chiusa tra noia ed infantilismo. Nella menopausa quando gli estrogeni (ormoni femminili) diminuiscono e, quindi, aumentano gli ormoni maschili (testosterone) si verifica, in chiave psicosomatica, una perdita di “territorio” e si colpevolizza. Quando invece c’è aumento degli ormoni femminili rispetto a quelli maschili ci sarà una depressione maniacale o isterica. Nel corso della depressione l’attività scolastica o lavorativa della persona può diminuire in quantità e qualità soprattutto a causa dei problemi di concentrazione e di memoria che tipicamente presentano i soggetti depressi. Questo disturbo, inoltre, porta al ritiro sociale, che, col are del tempo, a sua volta porta a problemi di tipo relazionale con partner, figli, amici e colleghi. L’umore depresso condiziona anche il rapporto con se stessi e con il proprio corpo. Tipicamente, infatti, chi è depresso ha difficoltà a lavarsi, curare il proprio aspetto, mangiare e dormire in modo regolare.
La Sintomatologia
Il sintomo più evidente è un umore depresso per la maggior parte del giorno, persistente e accompagnato da una forte diminuzione di interesse o piacere per tutte le attività. Sentimenti di inadeguatezza, inutilità, disperazione e colpa. Stanchezza immotivata e spesso ansia. Difficoltà di concentrazione, pensieri di morte. I disturbi del sonno, spesso presenti si manifestano come insonnia oppure come ipersonnia, ossia con la tendenza a dormire in modo particolarmente prolungato. In genere nella depressione minore i sintomi sono costanti nell'arco della giornata o tendono a peggiorare nelle ore pomeridiane e serali, mentre nella depressione maggiore sono più intensi al mattino. Nella depressione maggiore, inoltre, il vissuto di disperazione appare insensibile a qualsiasi tentativo di conforto di familiari e amici. I Sintomi più comuni e frequenti dell’ intero spettro depressivo sono i seguenti: - Irritazione. Uno dei sintomi primari della depressione, è un’eccessiva irritazione e l’incapacità di rispondere con gentilezza e pacatezza alle domande che ci vengono rivolte. Questo crea delle relazioni difficili con la famiglia, nel mondo del lavoro e con gli amici. Altre persone, al contrario, diventano eccessivamente accondiscendenti, incapaci di reagire alle offese, agli attacchi esterni; si installa una sorta di ività che non è normale. - Insonnia. Molte persone vedono arrivare la depressione quando la notte sono incapaci di riposare, e di ricuperare le forze fisiche e psichiche. Il problema nasce a causa di pensieri che arrovellano il cervello e che impediscono alla persona di prendere sonno. Ma l’insonnia pian piano cronicizza e diventa un’abitudine nociva. - Ossessioni. I pensieri negativi hanno il potere di generare uno stato mentale negativo continuo e di insediarsi nella mente in modo permanente. Questi pensieri negativi, che generalmente hanno poca attinenza con la realtà, diventano una sorta di ossessione; la persona diventa dunque incapace di considerare la realtà con verità, e ha una visione deformata della propria situazione. Non ha più la capacità di giudicare oggettivamente le cose, ma soppesa ogni situazione dal proprio personalissimo punto di vista negativo. - Pianto irragionevole. La persona depressa ha una tendenza al pianto immotivato, che non è nemmeno generato da vere situazioni di disagio. - Autocommiserazione. La persona depressa è convinta di essere al centro di una
congiura, di essere vittima delle circostanze, della propria famiglia, del proprio destino, della società, del mondo del lavoro. Si instaura così nei suoi pensieri una forte autocommiserazione, un compatimento irragionevole del proprio stato, dei propri comportamenti (anche quelli sbagliati). Chiunque cerchi di portare equilibrio in questi errati ragionamenti, viene immediatamente tacciato di insensibilità, di freddezza, di egoismo e spesso viene azzittito con sarcasmo. - Incapacità di gestire le proprie emozioni. La persona depressa è travolta dalle emozioni, dai sentimenti ed è incapace di trattenere il pianto, il riso, le urla, ecc. Infatti il depresso può are in poche ore da uno stato di euforia irragionevole, a momenti di tristezza profonda, di ansia illogica. Questo stato emotivo altalenante affatica moltissimo e provoca nella persona forti stress. - Distacco dalla vita reale. La persona depressa, a causa di questi stati emotivi abnormi, è stanca della vita. Anche se non arriva ad avere pensieri suicidi, è tentata di distaccarsi pian piano dalla vita reale, dalle proprie occupazioni familiari o dal mondo del lavoro. Non riuscendo a gestire lo stress, preferisci pian piano ritirarsi in un proprio mondo irreale, in una calma fittizia. - Compiacimento nella sofferenza. Anche quando si cerca di aiutare la persona depressa, cercando di riportarla su un livello di normalità, per godere della vita, ci si scontra con un muro di ività. Essa è convinta, inconsciamente, che sia un bene soffrire e che nulla possa tirarla fuori dal proprio stato di sofferenza. In alcuni casi si osserva quasi un piacere nel dolore, una forma di masochismo. - Malattie psicosomatiche. Talvolta la depressione psichica si manifesta con delle strane malattie: palpitazioni (che fanno pensare a malattie cardiache), asma (che fanno presupporre delle allergie o malattie polmonari), bocca secca e gravi difficoltà a deglutire (che fanno pensare a un cancro alla gola), violenti mal di testa (che inducono a pensare che si abbia un cancro al cervello), problemi digestivi, gastrite, reflusso gastrico (che inducono a credere che si abbia un cancro allo stomaco), ecc. La persona depressa è convinta che tutti questi sintomi, più o meno gravi, siano appunto l’inizio di una grave malattia; così diventa ipocondriaca e comincia ad andare dal medico per fare delle indagini accurate del proprio stato di salute, oppure si ritira in un isolamento gravissimo perché è convinta che stia per morire. Essere triste o avere un umore depresso di per sé non segnalano la presenza di un disturbo depressivo. Anzi, si tratta di emozioni complesse che hanno la funzione
di segnalarci che abbiamo perduto qualcosa di importante per noi: la possibilità di realizzare uno scopo importante (per esempio, una promozione a lavoro o ad un esame), una relazione affettiva significativa (per esempio, la fine del matrimonio o di un'amicizia), uno status sociale (per esempio, i figli vanno a vivere per conto loro e si sente di non avere più tutti quei compiti genitoriali fino ad allora così impegnativi o ci si laurea e non si è più studenti). La tristezza e l'umore depresso non solo ci permettono di accorgerci che è avvenuta una perdita importante, ma ci motivano ad un momentaneo ripiegamento in noi stessi, utile ad accettare la perdita, riorganizzare i nostri scopi, i nostri progetti, la nostra vita e a riprendere le energie per ripartire di nuovo. Quando però, non riusciamo proprio ad accettare quella perdita, l'umore depresso aumenta e con esso i comportamenti di ripiegamento in noi stessi, come per esempio il desiderio di stare da soli, una maggiore ività, la demotivazione alle attività. Può succedere allora che lo stesso umore depresso e quei comportamenti di maggiore ività possano essere interpretati come segnali di un "difetto" di se stessi. Si può pensare che stare così vuol dire che si è dei perdenti o dei falliti. Allora l'umore depresso aumenta e con esso tutti i comportamenti ivi, fino a divenire disturbo psicologico e a compromettere aree importanti della vita. Per non disorientare l’opinione pubblica sul significato, spesso contrastante, dato alla depressione (da “malattia del cervello” a condizione di disagio esistenziale) possiamo dire che non esiste la “depressione”, ma “le depressioni”, cioè una varietà di condizioni depressive, che si manifestano in maniera differente, che vengono prodotte da combinazioni differenti di fattori biologici, psicologici e sociali, e che si curano in maniera differente. Questa varietà di condizioni depressive può essere rappresentata come un “continuum”, che porta agli estremi due quadri tipici: - la depressione maggiore melancolica; - la depressione minore ansiosa. Nella pratica clinica si incontrano diversi quadri depressivi che si avvicinano più o meno esattamente all’una o all’altra di queste due condizioni tipiche, ma anche diversi quadri che presentano caratteristiche intermedie o miste. La tipica depressione maggiore melancolica è caratterizzata dai seguenti aspetti: Profonda depressione del tono dell’umore. La persona esprime verbalmente e manifesta con la mimica e il comportamento un vissuto di profondo dolore
psichico, prostrazione e disperazione. Questo vissuto è insensibile alle influenze esterne (per esempio, una parola di incoraggiamento o di conforto di un familiare o di un amico non è in grado di alleviarlo). •Marcata riduzione o scomparsa dell’interesse e del piacere in tutte le attività. Tutto ciò che abitualmente interessa quella persona e gli piace (per esempio la compagnia del partner e degli amici, la musica, lo sport) non gli provoca più alcuna emozione significativa. •Marcato rallentamento psichico e motorio. La persona parla poco, risponde a monosillabi, si muove poco e lentamente (più di rado si osserva invece affollamento delle idee nella mente ed agitazione). •Mancanza di energia, faticabilità. •Sentimenti di inadeguatezza, di inutilità, di disperazione. Nei casi più gravi, ci possono essere idee di colpa (la persona si accusa di gravi azioni che in realtà non ha commesso) o di rovina (il soggetto si convince che egli stesso e i suoi familiari siano destinati al fallimento). •Mancanza di appetito e perdita di peso (più raramente può aversi invece aumento dell’appetito e del peso). •Disturbi del sonno (in genere insonnia, per lo più consistente in un risveglio mattutino precoce; più raramente aumento della durata del sonno). •Difficoltà a concentrarsi e a ricordare. •Pensieri di morte. Nei casi più gravi, ci sono propositi e al limite tentativi di suicidio. •Variazione diurna della sintomatologia (peggioramento mattutino). •Decorso episodico (la patologia si presenta, cioè, in periodi circoscritti, con un inizio ed una fine abbastanza ben distinguibili). Spesso gli episodi non sono preceduti da eventi scatenanti. Oltre ad uno o più episodi depressivi, la persona può avere, nel corso della sua vita, uno o più episodi di eccitamento maniacale (con euforia immotivata, iperattività, loquacità eccessiva, idee grandiose, affari incauti o spese esagerate, aumento del desiderio sessuale), nel qual caso si parla di “disturbo bipolare”.
La tipica depressione minore ansiosa è caratterizzata dai seguenti aspetti: •il vissuto depressivo può essere parzialmente e transitoriamente sensibile alle influenze esterne (una parola di incoraggiamento o di conforto di un familiare o di un amico può alleviare in parte e brevemente lo stato d’animo della persona); •ansia accentuata (in parte somatizzata, cioè espressa attraverso dolori e fastidi fisici a varia localizzazione, di cui il soggetto si lamenta ripetutamente ed appare assai preoccupato); •irrequietezza motoria; •tendenza ad autocompiangersi e ad incolpare gli altri delle proprie condizioni; •pessimismo, sentimenti di incapacità ed inutilità (ma mai idee di colpa o di rovina); •astenia e affaticabilità; •insonnia (per lo più, difficoltà ad addormentarsi e fragilità del sonno, con incubi e risvegli frequenti); •irritabilità ed apprensività; •disturbi della concentrazione e sensazione di “mente vuota”; •assenza della variazione diurna della sintomatologia (oppure peggioramento nelle ore pomeridiane e serali); •decorso continuo o subcontinuo (con esacerbazioni e remissioni in rapporto ad eventi esistenziali). Accanto alla tristezza, alla disistima, al disinteresse e alla scarsa capacità di iniziativa, sono spesso presenti nel depresso sentimenti di insicurezza, senso di indegnità, irrequietezza, ansia; quasi costanti l'insonnia (risvegli precoci), la diminuzione del desiderio sessuale, l'affaticabilità; frequenti i disturbi neurovegetativi (mal di testa, vertigini, turbe funzionali cardiovascolari). Spesso, specie nelle forme maggiori, si accompagna a fantasie autolesive che possono sfociare in tentativi di suicidio. Una classificazione delle d. permette di distinguere forme maggiori (d. endogena) e forme minori (d. nevrotiche e
reattive). Le prime rientrano nell'ambito delle psicosi e sono caratterizzate da un andamento ad accessi, con episodi depressivi di durata variabile, che possono intercorrere più volte nella vita del paziente: l'angoscia di questi depressi è disperata, incomprensibile e non riconducibile a un evento esistenziale penoso (anche se talvolta esiste un fattore scatenante), sono presenti un senso di dolore e di vuoto interiore ineluttabile, coesistono convinzioni deliranti e autoaccusatorie, rimorso e bisogno di espiazione. Il rischio del suicidio in questi casi è molto elevato. Viceversa, le forme minori sono sempre riconducibili a conflittualità interiori del paziente, ovvero a difficoltà di adattamento a vicissitudini esistenziali: il malessere non raggiunge mai il livello psicotico di vera e propria alienazione, tutto appare ancorato a eventi della vita che rendono i sintomi della depressione relativamente comprensibili; prevalgono scontento, irritabilità, lamentosità, pessimismo.
La Diagnosi La depressione è uno dei disturbi psicologici più diffusi: colpisce ogni anno circa 100 milioni di persone nel mondo. Se pensiamo che può portare a gravi compromissioni nella vita di chi ne soffre, che non riesce più a lavorare o a studiare, a interessarsi e mantenere relazioni sociali e affettive, a provare piacere in alcuna attività ricreative, ci rendiamo conto quanto sia importante riconoscere il prima possibile questo disturbo e curarlo efficacemente. Questo impegno diviene ancora più urgente per i clinici e i ricercatori, considerando che i casi di depressione sono sempre più in aumento tra le persone giovani, adolescenti e giovani adulti, e quindi nell'età in cui si costruiscono i mattoni della vita futura, come studiare e trovare un lavoro, fare amicizie, trovare un amore, metter su famiglia, e così via. La depressione è una condizione patologica, a cui va incontro nel corso della sua esistenza tra il 5 e il 15 per cento degli esseri umani. Essa può insorgere anche del tutto spontaneamente (cioè, può non essere preceduta da alcun evento spiacevole). In altri casi, un evento scatenante c’è, ma la reazione della persona appare sproporzionata, per intensità e/o durata, rispetto all’evento. Il quadro clinico non comprende soltanto la tristezza, ma anche diversi altri aspetti. Il funzionamento sociale e lavorativo è compromesso in maniera più o meno significativa. Le distrazioni e i viaggi non hanno alcun effetto sullo stato d’animo della persona oppure hanno un effetto molto limitato. Un adeguato trattamento farmacologico e/o psicoterapeutico è in grado invece, nella grande maggioranza dei casi, di migliorare in maniera molto significativa o di risolvere la situazione. Non è necessario presentare tutti questi sintomi per ricevere una diagnosi di depressione maggiore. La sintomatologia tipicamente è più intensa al mattino e migliora nel corso della giornata, ma vi sono delle eccezioni. La depressione può manifestarsi con diversi livelli di gravità. Alcune persone presentano sintomi depressivi di bassa intensità, legati ad alcuni momenti di vita, mentre altre si sentono così depresse da non riuscire a svolgere le normali attività quotidiane. Le forme gravi sono caratterizzate da un numero più elevato di sintomi, una maggiore intensità e durata nel tempo della sintomatologia ed una maggiore compromissione delle attività quotidiane. Si tratta di uno dei disturbi psicologici più diffusi nella popolazione e può colpire chiunque, indipendentemente dall’età, dal sesso, dal livello culturale e dallo status socioeconomico. Dagli studi scientifici emerge che si manifesta maggiormente nelle donne rispetto agli uomini: compare nel 25% delle donne e nel 12% degli uomini. Questa differenza
sembra essere dovuta al fatto che le donne, rispetto agli uomini, hanno più frequentemente sentimenti di tristezza, sono più autocritiche e vengono maggiormente educate ad essere dipendenti. Gli uomini, invece, sembrano reagire ai vissuti depressivi soprattutto con comportamenti disfunzionali quali, ad esempio, l’uso di alcol e di droghe. Chi ha avuto un episodio di depressione, rispetto a chi non l’ha mai sperimentato, ha maggiori probabilità di presentare altri episodi depressivi nel corso della sua vita. Alcune condizioni si sono rivelate capaci di scatenare depressione. con una certa frequenza: il climaterio (probabilmente per una sorta di declino del proprio ruolo socio-familiare o delle proprie capacità di performance), l'età avanzata (almeno in parte per effetto dell'isolamento e della perdita di una finalità esistenziale identificata in un ruolo), la gravidanza o il periodo del puerperio e dell'allattamento (per una duplice componente biologica e psicologica). In tutte le forme gli analisti riconoscono un ruolo determinante alla «perdita», riferita a un vasto numero di oggetti di investimento affettivo (la perdita può dunque essere una separazione, una rottura di legami, una proibizione, ecc.): la psicanalisi sottolinea l'importanza di lutti inconsci infantili o precoci, la cui mancata elaborazione può costituire la premessa della depressione adulta clinicamente manifesta.
I Disturbi Associati
E' comunemente riscontrabile nella pratica clinica una forte relazione tra ansia e depressione. Dozois e Westra (2004), citando un lavoro di Brown e Barlow del 2002, affermano che il 55% dei pazienti con un disturbo d'ansia o dell'umore soddisfano i criteri diagnostici per un concomitante disturbo d'ansia o depressivo; esaminando le diagnosi nel corso della vita, il tasso riportato dagli autori era addirittura stimabile al 76%. I disturbi più comunemente in comorbilità tra loro sono il disturbo depressivo maggiore, la distimia, il disturbo post-traumatico da stress e il disturbo d'ansia generalizzata (Dozois, Westra, 2004). La comorbilità tra ansia e depressione è generalmente associata con una sintomatologia più grave, maggior disagio psicologico e complessivo indebolimento. Rispetto ai soggetti con un solo disturbo, questi pazienti manifestano inoltre una disabilità funzionale più marcata, un più grave deterioramento nell'area sociale e lavorativa, una maggiore quantità di sintomi e, solitamente, rispondono meno al trattamento (Lecrubier, 1998; Nutt, 2000; citati in: Dozois, Westra, 2004). L'umore della persona con depressione non è sempre triste. Anzi, spesso sensazioni di rabbia e aggressività si associano alla depressione, si diventa irritabili e non si riesce a sopportare niente e nessuno. Inoltre, come purtroppo riportano gli episodi di cronaca sul suicidio di persone depresse, non è raro che prima di uccidersi si uccidano anche altre persone. E anche se nel biglietto di addio l'omicida-suicida si scusa, affermando che l'intenzione era di proteggere le sue povere vittime dalle infamie della vita, è evidente che togliere la vita a qualcun altro è un atto d'aggressione, il più aggressivo che si possa concepire. Spesso è difficile sapere se queste persone avessero o meno conti in sospeso, reali o immaginari, con quelle vittime, ma è certo che chi compie un gesto simile ragiona con una logica: "me ne vado, ma tu vai prima di me". E’ noto che vivere da soli può aumentare il rischio di problemi di salute mentale negli anziani e nei genitori single, ma poco si sa circa gli effetti del vivere da soli sulle persone in età lavorativa. I ricercatori finlandesi hanno monitorato 3500 uomini e donne in età lavorativa per un periodo di sette anni e hanno confrontato la loro situazione di vita con i fattori di rischio psicosociali, socio-demografici, e di salute, tra cui fumo, alcolismo, bassa attività fisica, uso di antidepressivi. Secondo Laura Pulkki-Raback, che ha condotto la ricerca, questo studio dimostra che le persone che vivono sole hanno un rischio maggiore di andare incontro a depressione: complessivamente non sono state differenze di genere nel rischio di sviluppare depressione, ma le condizioni abitative disagiate
(soprattutto per le donne) e la mancanza di sostegno sociale (in particolare per gli uomini) si sono dimostrati i fattori che principalmente contribuiscono a questo aumento del rischio. Inoltre questo studio identifica chiaramente alcuni dei fattori che aumentano il rischio di depressione per le persone che vivono da sole, ma più della metà di questo aumento del rischio è ancora inspiegabile: ricercatori suggeriscono che questo potrebbe essere dovuto a sentimenti di alienazione dalla società, a mancanza di fiducia, o a difficoltà derivanti da eventi di vita critici. La depressione invernale è un disturbo stagionale, che colpisce le persone di salute mentale normale, le quali, attraverso il resto dell’anno, vivono cambiamenti dell’umore quando cambiano le stagioni. I sintomi classici delle depressioni invernali sono simili ad altri disturbi dell’umore: - Un cambiamento nel ritmo del sonno – dormire troppo o poco - Scarsi livelli di energia - Un desiderio di cibi dolci o ricchi di carboidrati - Meno attività - Nessun piacere in attività interessanti, solitamente vissute con anticipazione - Sentimenti di confusione - Possibile alternanza umorale - In casi gravi, possono insorgere sentimenti di suicidio. Gli studiosi credono che una delle possibili cause delle depressioni invernali, sia una carenza di serotonina, che è il regolatore chimico dell’umore, nel cervello. Più serotonina hai più contento ti sentirai. Nei mesi invernali, quando le giornate si accorciano, il corpo secerne più proteine nel cervello, che assorbono la serotonina, causando una caduta dell’umore ed un inizio delle depressioni invernali. Le cure per le depressioni invernali sono varie. Alcune persone scelgono di
spostarsi verso zone climatiche più miti, durante i mesi invernali. Altre aggiungono delle luci in casa, per la diminuzione di luminosità dovuta all’inclinazione della Terra durante il solstizio invernale. Aumentare le attività fisiche può aiutare a rialzare il livello di serotonina nel cervello, riducendo, possibilmente, alcuni degli effetti delle depressioni invernali.
L’Epidemiologia
Abbiamo imboccato, da alcuni anni, il terzo millennio con spirito incerto e confuso. Le previsioni, infatti, inducono al pessimismo, mentre uno stato d’animo di profondo malessere, d’inquietudine e di solitudine, si sta diffondendo in un mondo che cambia con estrema rapidità. Si guarda al futuro, occultato da una fitta nebbia, con cupo fatalismo. Il “percorso” che si è iniziato è dunque un viaggio alla cieca. Le ragioni per sentirsi inutili e frustrati, con la sensazione di essere in balia degli eventi e di non poterli determinare, sono molteplici (personali, sociali, culturali, ecc.). Lo scenario mondiale con i suoi conflitti è pieno d’incognite. La situazione economica per alcune classi sociali continua a essere preoccupante: il rischio è di ritornare a condizioni di vita modeste se non addirittura povere. Ma è soprattutto la sensazione di vagare in un mondo frantumato e privo di certezze, dove tutto si logora e si corrompe, che aumenta il tasso di frustrazione. Le droghe, pur cambiando nome, continuano a essere spacciate e a mietere vittime nell’area giovanile. La violenza della criminalità comune non si è per nulla attenuata. Premettendo che la depressione, in generale, è presente un po’ su tutti i lati della società, anche se si crede che solo chi ha una vita disagiata, con relazioni personali difficili e con un lavoro precario, ne può essere affetto, ci sono specifici tipi di disturbi, come quello bipolare, che appartengono, soprattutto, ad alcune classi sociali e figure lavorative. Un manager, un leaderschip, come possono essere i politici, o lavoratori in carriera, o gli artisti del ato, hanno più probabilità di soffrire di depressione bipolare. Inoltre, altra caratteristica in via di studio, è la compresenza, oltre al disturbo in esame, di altre patologie, come il diabete, l’obesità, l’ipercolesterolemia, malattie cardiovascolari, problemi ormonali. I motivi di queste associazioni sono oggetto di ricerca da parte dei ricercatori, che sottolineano come la depressione debba essere considerata una patologia vera e propria, che deve essere proprio per ciò, saputa diagnosticare e curare. La Depressione Maggiore è un grave disturbo che colpisce ogni anno circa il 5 % della popolazione. Diversamente da una normale sensazione di tristezza o di un eggero stato di cattivo umore, la Depressione Maggiore presenta caratteristiche di persistenza e può interferire pesantemente sul modo di pensare di un individuo, sul suo comportamento, sulle condizioni dell’umore, sull’attività ed il benessere fisico. Una considerevole parte (oltre la metà) di coloro che sono stati colpiti da un primo episodio di depressione potranno presentare altri episodi depressivi durante il resto della vita. Alcune persone sono colpite da più episodi durante l’anno; in questo caso si parla di Depressione Ricorrente. I dati statistici hanno sottolineato lo stile di vita dei
pazienti depressi, come riescono a gestire i problemi sul posto di lavoro, a rapportarsi con gli altri. In ato molti lati della depressione erano un mistero e per questo motivo non si riuscivano ad identificare le persone che ne erano affette. Ora, grazie ai i avanti della ricerca questo è possibile, e mediante i sondaggi si possono quantificare: nell’ultimo anno, secondo uno studio, un italiano su dieci ha convissuto con la patologia. Altre ricerche hanno, invece, cercato i motivi scatenanti grazie alle quali è anche emerso che, per quanto riguarda una differenza nel sesso, le donne risultano le più colpite, mentre per l’età anagrafica, sono i giovani a soffrirne di più. Una recente ricerca finlandese ha sottolineato quanto sia elevato, come fattore stressogeno, un lavoro quotidiano di circa 11 ore, con difficoltà nell’organizzare il poco tempo a disposizione per mantenere tutto sotto controllo: casa, famiglia, lavoro. In questo quadretto si rispecchiano, appunto, le donne. Per quanto riguarda i giovani, secondo gli studiosi, il motivo per cui l’età di insorgenza della depressione si sta abbassando è lo stile di vita che ormai spopola tra i ragazzi (alcol, fumo, droga), il lavoro precario, o addirittura la disoccupazione. Vari fattori che incidono sulla psiche e causano i disturbi in esame. La depressione è un disturbo classificabile tra le alterazioni psichiche non lesionali e tra i disturbi dell'umore. Sebbene l'età dell'insorgenza non sia stata precisata, si tratta di una sfida difficile per ogni fase della vita ed è così diffusa che nel corso dell'esistenza colpisce almeno una volta una persona su cinque. Circa il 10% delle assenze dal lavoro è dovuto ai sintomi della depressione, mentre il 50% dei pazienti depressi non viene diagnosticato. Se si hanno dei parenti diretti malati di depressione il rischio di malattia può essere il triplo rispetto alla popolazione normale. Ogni tre persone ammalate, due sono donne. Ogni anno due donne su cento si ammalano, mentre per gli uomini l'incidenza è di uno a cento. Va ricordato che, oltre ad avere un'aumentata possibilità di ammalarsi nel corso della vita, le donne tendono a riferire, rispetto agli uomini, un maggior numero di sintomi. Le differenze epidemiologiche tra i due sessi tendono a scomparire nell'infanzia e nell'età senile. La vulnerabilità delle giovani generazioni sembra aumentata, probabilmente per l'influenza di più fattori: uso di sostanze, dieta e cambiamenti occorsi nella struttura familiare, sociale e occupazionale, uniti al generale incremento dell'urbanizzazione. L'aspetto comunque più allarmante è che per tutti, il rischio di ammalarsi è aumentato durante tutto l'arco del XX secolo.
La Fenomenologia
Sentirsi depressi significa vedere il mondo attraverso degli occhiali con delle lenti scure: tutto sembra più opaco e difficile da affrontare, anche alzarsi dal letto al mattino o fare una doccia. Molte persone depresse hanno la sensazione che gli altri non possano comprendere il proprio stato d’animo e che siano ottimisti inutilmente. Più specificamente, la depressione si manifesta attraverso parecchi sintomi di tipo fisico, emotivo, comportamentale e cognitivo. I sintomi fisici più comuni sono la perdita di energie, il senso di fatica, i disturbi della concentrazione e della memoria, l’agitazione motoria ed il nervosismo, la perdita o l’aumento di peso, i disturbi del sonno (insonnia o ipersonnia), la mancanza di desiderio sessuale, i dolori fisici, il senso di nausea, la visione offuscata, l’eccessiva sudorazione, il senso di stordimento, l’accelerazione del battito cardiaco e le vampate di calore o i brividi di freddo. Le emozioni tipiche sperimentate da chi è depresso sono la tristezza, l’angoscia, la disperazione, il senso di colpa, il vuoto, la mancanza di speranza nel futuro, la perdita di interesse per qualsiasi attività, l’irritabilità e l’ansia. I principali sintomi comportamentali invece, risultano la riduzione delle attività quotidiane, la difficoltà nel prendere decisioni e nel risolvere i problemi, l’evitamento delle persone e l’isolamento sociale, i comportamenti ivi, la riduzione dell’attività sessuale e i tentativi di suicidio. Le persone che soffrono di depressione, inoltre, presentano un modo di pensare caratterizzato da regole o “filosofie di vita” disadattive, aspettative irrealistiche e pensieri spontanei negativi su se stessi, sul mondo e sul futuro (sintomi cognitivi). Le regole o “filosofie di vita” di queste persone risultano assolute, rigide e, quindi, non adattive (assunzioni disadattive). Chi ha la depressione fa riferimento a dei “doveri” che sente di dover assolvere per rispettare i propri valori (es. “Non posso sbagliare mai!”, “Se non piaccio a qualcuno, non posso essere amato!”, “Se fallisco in qualcosa vuol dire che sono un fallito!”, “Se ho un problema da parecchio tempo significa che non potrò mai risolverlo!”, “Non posso essere debole!”). Chi soffre di depressione, inoltre, generalmente presenta aspettative irrealistiche: ha degli standard eccessivamente elevati sia nei confronti di se stesso, che degli altri. Crede, ad esempio, che fare errori sia assolutamente vietato, che non si possano avere conflitti e che bisogna essere sempre di buon umore. Altre persone depresse, invece, ritengono di non meritare nulla e accettano tutto quello che viene offerto loro senza ricercare qualcosa di migliore.
I pensieri spontanei che ano per la mente delle persone depresse, infine, generalmente rispecchiano la visione negativa che queste persone hanno di sé, del mondo e del futuro (pensieri automatici negativi). Chi ha concezioni negative di sé, del mondo e del futuro, ne amplifica gli aspetti negativi e minimizza quelli positivi. Ad esempio, chi ha una concezione negativa di sé si focalizza solo sui propri difetti e si percepisce non amabile, incapace, fallito, stupido, brutto, debole o cattivo. Tipici esempi di pensieri automatici negativi sono: “Sono un totale fallimento!” (pensiero negativo su di sé); “Mia madre mi considera un perdente!” (pensiero negativo relativo a quello che qualcun altro può pensare di noi); “Di sicuro risulterò antipatico!” (predizione negativa); “Niente va bene!” (pensiero negativo sul mondo); “Quello che ho fatto non conta, tutti sarebbero in grado di farlo!” (minimizzazione dei propri successi o delle proprie qualità). Ci sono, inoltre, alcuni comportamenti tipici delle persone depresse che favoriscono lo sviluppo di circoli viziosi e che, dunque, mantengono nel tempo l’umore depresso. Questi comportamenti, riducendo la produttività lavorativa, il contatto con nuove esperienze e le attività ricreative, riducono anche la probabilità di provare emozioni piacevoli e di modificare le idee negative su se stessi, sul mondo e sul futuro. Alcune persone depresse, ad esempio, sperimentando molta fatica nell’affrontare le incombenze quotidiane (es. pagare le bollette, chiamare l’idraulico, far revisionare l’automobile), iniziano a rimandarle; in questo modo iniziano a sentirsi maggiormente incapaci e fallite. Questo evitamento mantiene la depressione in quanto non permette alla persona né di sperimentare brevi stati mentali positivi (es. un leggero senso di efficacia personale), né di verificare che, nella realtà, non è così incapace come pensa di essere. Spesso accade anche che le persone depresse, provando apatia e disinteresse per quasi tutto, smettano di uscire, evitino il contatto con le altre persone e trascorrano molto tempo libero in attività ive come guardare la televisione e stare a letto, rimuginando sui propri problemi ed assillando amici e conoscenti riguardo ad essi. Anche tali comportamenti mantengono la depressione in quanto impediscono alla persona di vivere esperienze gratificanti. Un ulteriore esempio dei modi in cui la depressione si mantiene è dato da coloro che, non riconoscendo i propri successi e non gratificandosi per essi, perpetuano l’insoddisfazione verso di sé. Può capitare a tutti, qualche volta, di essere un po’depressi, ma ciò non significa che tutti necessitano di un trattamento. Non è patologico avere delle leggere fluttuazioni dell’umore. La tristezza, se non è troppo intensa, può anche essere utile alla persona: porsi domande sul perché siamo tristi, ad esempio, può condurci a capire se abbiamo bisogno di qualcosa e può spingerci a trovare delle soluzioni ai nostri problemi. La depressione necessita di un intervento clinico
quando i suoi sintomi sono molto intensi, provocano una forte sofferenza e durano da molto tempo (più di 6 mesi). Nella depressione “clinica”, inoltre, sono presenti autocritica, sensi di colpa, disperazione, mancanza di speranza verso il futuro, pessimismo eccessivo e pensieri di morte. La depressione vera e propria rappresenta, quindi, qualcosa di molto più intenso e duraturo rispetto al semplice sentirsi “un po’ giù di tono”. Per sapere se una persona è “clinicamente” depressa, inoltre, bisogna prendere in considerazione i motivi e le cause della sua depressione. Sentirsi molto tristi e privi di energia, avere sentimenti di vuoto, sentire di aver perso ogni interesse verso il mondo esterno dopo aver perso una persona cara (es. separazione, divorzio, lutto) è una reazione naturale, coerente con l’esperienza che stiamo vivendo e, nella maggior parte dei casi, transitoria. La depressione conseguente ad una separazione o ad un lutto, quindi, non è un disturbo psicologico; questa va trattata clinicamente se non si risolve spontaneamente in un arco di tempo che può andare dai 6 ai 12 mesi (lutto complicato). Dal momento che è possibile riscontrare sintomi depressivi anche in altri disturbi psicologici, è opportuno fare alcune distinzioni tra la depressione ed altre condizioni che possono assomigliarle. Tuttavia, per ricevere una diagnosi seria ed accurata è necessario rivolgersi a persone qualificate. Nel disturbo bipolare, ad esempio, si presentano dei periodi di depressione, ma alle fasi depressive si alternano delle fasi dette di eccitamento maniacale, in cui ci si sente molto ottimisti e pieni di energia. La depressione va distinta anche dal disturbo schizoaffettivo e dalla schizofrenia, in cui, oltre ai sintomi depressivi, sono presenti deliri e allucinazioni. I sintomi depressivi, infine, possono essere dovuti ad alcune condizioni mediche generali (es. ictus, morbo di Parkinson, demenze, sclerosi multipla) o all’assunzione di sostanze come droghe, alcool e farmaci. In particolare la depressione può derivare dall’astinenza dalla cocaina e da alcolici. Una persona che è depressa in modo lieve può nascondere facilmente a se stessa e agli altri la sua condizione psicologica. Apparentemente è tutto come prima : si lavora e ci si occupa della famiglia ma in modo diverso: manca il piacere di fare le cose e, a volte, tutto sembra un peso. Si verifica una flessione dell'umore: la persona depressa si sente "spenta", niente sembra coinvolgerla ed entusiasmarla. Ci sente annoiati e apatici, oppure irritabili e di cattivo umore : si scatta per ogni piccolezza. Il pensiero tende al pessimismo: si ha la tendenza a rimuginare su fatti spiacevoli e a pensare che ormai nella propria vita non può succedere niente di bello. I rapporti con gli altri risentono dello stato di depressione: parenti e amici della persona depressa percepiscono da parte di quest'ultima freddezza e distacco. L' anedonia coinvolge anche la sfera sessuale: la persona depressa ha
sempre meno voglia di fare l'amore. C'è una sensazione di ridotta energia: ci si sente sempre stanchi anche al mattino appena alzati. Il sonno difficilmente è ristoratore e spesso è disturbato : si fa fatica a dormire oppure ci sono frequenti risvegli verso le quattro o le cinque del mattino. Nella depressione media si sperimenta una profonda stanchezza : tutto, anche le attività più semplici, costa molta fatica e sembra un peso insormontabile. La persona non ha più l'energia per assolvere ai compiti della vita quotidiana: " perde colpi" sul lavoro, trascura il suo aspetto, la casa, la famiglia. La capacità di provare amore è diminuita: non si prova più niente nemmeno verso il partner e i propri figli che appiano all'improvviso degli estranei. Il desiderio sessuale è assente. Tipicamente, la persona depressa si colpevolizza moltissimo per questo stato di cose e si sente un individuo indegno. L'autostima è a terra: la persona dà un interpretazione negativa della sua vita. Cominciano a comparire pensieri di morte, anche se spesso non c'è un vero intento suicida. In questa fase la persona comincia a pensare che gli altri starebbero meglio senza di lui, oppure che nessuno sarebbe dispiaciuto per la sua morte. Non si riesce più a pensare con chiarezza: si fa fatica a concentrarsi, ci si dimentica le cose, anche la capacità decisionale diminuisce: chi è depresso lamenta spesso di non riuscire a prendere da solo neanche le decisioni più semplici. Il mattino è il momento più critico della giornata : la persona depressa fa moltissima fatica ad alzarsi dal letto, mentre verso sera si verifica un leggero miglioramento del tono dell'umore. Il sonno è disturbato come pure l'alimentazione. Una persona gravemente depressa non è più in grado di lavorare e di occuparsi di se stessa .Nei casi peggiori il depresso grave trascorre tutto il giorno a letto. I movimenti sono lenti ed incerti come se la persona si muovesse al rallentatore. Più raramente, si può invece verificare un comportamento agitato. Anche il pensiero è rallentato: pensare diventa faticoso e la persona soffrente non riesce più a pensare in modo coerente. Alcuni clinici sottolineano che il comportamento di un depresso grave assomiglia a quello di un morto vivente come se la persona diventasse immagine vivente dell'angoscia mortifera che sente dentro di sé. Infatti, il depresso grave sperimenta una sofferenza e un angoscia di un intensità tali che la morte viene vista come l'unica via d'uscita. Il depresso grave è infatti tormentato da pensieri di colpa eccessivi ( tipico è la sensazione di aver rovinato la propria vita e quella delle persone care) di biasimo verso se stessi ( ci si percepisce come delle persone cattive o fallite), di morte e di suicidio. L'alimentazione e il sonno sono gravemente disturbati. Esistono forme di depressione che producono una perdita totale del sentimento della vita; queste forme si chiamano comunemente melanconia e consistono in un umore depresso accompagnato da un grave svilimento del senso del proprio valore. La persona è costantemente attraversata da una angoscia senza limiti,
indefinibile quanto alle sue cause e ai suoi effetti, aggravata da autoaccuse il cui contenuto è palesemente esagerato. Un'altra forma molto grave è la patologia denominata disturbo bi-polare, o psicosi maniaco-depressiva. Questa patologia è caratterizzata dall'alternarsi da due fasi di umore contrapposto: una fase di umore depressivo si alterna con una di umore esageratamente euforico. Sia la melanconia che la forma maniaco-depressiva sono condizioni particolarmente gravi che richiedono un intervento molto specifico e tempestivo. Sono condizioni particolarmente debilitanti, paragonabili a forme di patologia organica, e richiedono la massima attenzione e in primo luogo un intervento inteso a modificare il tono dell'umore. Esse non vanno cioè confuse con gli altri stati depressivi, caratterizzati da uno stato di tristezza e di tedio, poiché in questi ultimi la capacità di lavorare e di svolgere le normali attività non è compromessa, anche se può essere resa difficoltosa dalla sofferenza provata; in queste forme meno gravi domina inoltre un senso di insoddisfazione che non ha nulla a che fare con la perdita del sentimento della vita o con l'esagerato, irrequieto ed angoscioso iperattivismo della condizione maniacale. Le autoaccuse sono prodotte da un senso di responsabilità eccessivo ed immaginario che però schiaccia la vita morale della persona come un reale misfatto. Il melanconico ha innanzitutto un atteggiamento caratterizzato dalla grandezza e della immensità; quando si ritiene responsabile di qualcosa, egli in realtà pensa di essere colpevole e arriva a considerarsi un criminale. Nonostante non abbia nulla da rimproverarsi, o addirittura nonostante una vita morale irreprensibile e rigorosa, la persona melanconica pensa di avere compiuto dei misfatti di cui ritiene possa essere accusata e per i quali può considerarsi un grande criminale. L'episodio a cui si riferisce il melanconico, nelle sue autoaccuse, può essere anche reale, anche se non lo è sempre; ma in ogni caso il melanconico assume su di sé una responsabilità del tutto sproporzionata a ciò che è accaduto. L'evento in cui si è trovato coinvolto è sempre caratterizzato da una perdita o da una separazione da qualcuno o da qualcosa; questo episodio può essere, ad esempio, il ricovero di un proprio genitore in un ospedale per anziani, di cui la persona si sente "colpevole"; oppure una patologia di un genitore o di un partner, che fa precipitare la persona in una angoscia, che si trasforma presto in autoaccusa melanconica. La depressione può alternarsi ad uno stato di esagerata euforia, detta condizione maniacale. Nella forma maniaco-depressiva troviamo due condizioni emotivamente molto diverse, ma che hanno entrambe sullo sfondo l'angoscia. Nella fase depressiva, infatti, l'umore è così negativo e così profondamente triste da coincidere con uno stato angoscioso vero e proprio: è una angoscia pervasa dal senso del nulla e della morte ; la persona vede in modo cupo sé stessa e il mondo circostante e si sente senza via di scampo in una
condizione di disperazione. Nella fase detta maniacale, si instaura invece una euforia associata con la necessità imprescindibile di agire e di fare: ogni attività che già appartiene alla sfera di interessi della persona, diviene importantissima, fondamentale, ma per breve tempo. L'euforia diviene con il tempo talmente inquieta ed esagitata da essere paragonabile all'angoscia vera e propria. Via via che la condizione di euforia aumenta, la persona fa sempre più fatica a portare a termine le attività iniziate; cresce l'inquietudine; ogni attività occupa ora un tempo brevissimo e questo tempo diviene sempre più breve: la persona a da una cosa all'altra nel giro di pochissimo tempo e l'euforia a poco a poco è diventata vera e propria disperazione. In questa fase la persona è in genere potentemente reattivo, è espansivo, ironico, si lascia trascinare nelle discussioni e si apiona. Ripensando a questa condizione la persona può avere un certo rimpianto, come se si trattasse di un periodo di vita intensamente vissuta. Perché una condizione venga definita maniaco-depressiva non basta però questa alternanza dell'umore; è necessario anche che nella condizione maniacale la persona compia atti palesemente caratterizzati dall'impossibilità di mettere freni alla propria volontà: spese folli e acquisti esagerati, accompagnati da sentimento di una propria grandezza e della grandezza di ciò a cui ci si apiona. Non basta, cioè, per parlare di fase maniacale, il fatto che la persona manifesti forme anche accese di reattività e di aggressività.
L’Eziologia
La depressione è una patologia complessa alla cui origine c’è un concorso di cause genetiche e ambientali. Tra i fattori predisponenti c'è la familiarità, sulla quale possono intervenire fattori scatenanti come la perdita di un congiunto, del lavoro o una separazione. Fattori protettivi sono invece una vita affettiva e sociale intense e soddisfacenti. Solitamente i fattori ambientali hanno un peso maggiore nella depressione minore, mentre quella maggiore può presentarsi anche in assenza di chiari fattori scatenanti. Nelle donne le modificazioni ormonali legate al parto possono scatenare la cosiddetta depressione postpartum. Si parla invece di depressione secondaria quando essa rappresenta una manifestazione conseguente ad altre malattie o all'assunzione di particolari farmaci. Dal punto di vista biologico la depressione è correlata a uno sbilanciamento nella produzione di alcuni neurotrasmettitori nel cervello, sostanze che i neuroni usano per comunicare tra loro. In particolare nei depressi si osserva una diminuzione della produzione di serotonina, dopamina e noradrenalina. Più esattamente, nel caso delle depressioni, si distinguono: •fattori predisponenti (la familiarità; gli eventi di perdita e di separazione che intervengono nella prima infanzia; uno stile di pensiero caratterizzato da una visione negativa di se stesso, del mondo e del futuro); •fattori scatenanti (gli eventi di perdita, separazione e insuccesso che intervengono nel corso della vita; le malattie fisiche gravi e/o croniche; alcune fasi della vita riproduttiva della donna come il puerperio e la menopausa; l’uso di alcuni farmaci, dagli antipertensivi ai cortisonici ai contraccettivi orali); •fattori protettivi (il o sociale di cui la persona dispone; una vita affettiva e lavorativa soddisfacente). Quanto più il quadro clinico si avvicina al prototipo della depressione maggiore melancolica, tanto più importanti sembrano essere la familiarità e i fattori scatenanti di natura biologica. Quanto più il quadro clinico si avvicina al prototipo della depressione minore ansiosa, tanto più significativo sembra essere il ruolo dei fattori predisponenti e scatenanti di natura psicosociale. I fattori che possono contribuire all'insorgenza di uno stato depressivo sono: - Squilibri biochimici della chimica celebrale.
- Fattori ormonali (esempio la sindrome premestruale) - Alcuni problemi di salute possono influire in modo negativo sul tono dell'umore (esempio l'ipotiroidismo, la sindrome da stanchezza cronica).Anche l'assunzione di certi farmaci come la pillola anticoncezionale, può incrementare la tendenza a soffrire di depressione. - Fattori genetici. Chi ha un genitore che soffre di depressione maggiore, ha una probabilità doppia di ammalarsi a sua volta di depressione rispetto ad una persona che ha un genitore non depresso. - Fattori stagionali (esempio la mancanza di luce e di sole favorirebbe lo scatenarsi di uno stato depressivo nelle persone predisposte) - Traumi nell'età dello sviluppo: chi ha avuto durante l'età dello sviluppo esperienze difficili e dolorose come la morte di un genitore, può avere una fragilità psicologica che lo può predisporre a sviluppare la depressione. Anche l'abuso sessuale, fisico o psicologico, priva il bambino della necessaria autostima per affrontare le difficoltà della vita e lo predispone, a diventare un adulto depresso. - Fattori culturali. La reazione a certi eventi è determinata non solo dalla personalità, ma anche dalla cultura di appartenenza. Per esempio, la menopausa in occidente viene vissuta come la perdita della giovinezza, della bellezza e del sex appeal, aspetti a cui la nostra cultura attribuisce un valore essenziale. Ecco perché la menopausa viene vissuta dalla maggioranza delle donne occidentali come una perdita di una parte molto importante della propria identità. In Cina, dove alla menopausa viene attribuita una valenza positiva di ingresso nel mondo della saggezza, la depressione da climaterio è molto più rara e le donne cinesi vivono la fine dell'età fertile con maggiore serenità - Eventi stressanti. La depressione può essere scatenata da alcuni eventi dolorosi come un licenziamento, un divorzio improvviso, la perdita di una persona cara. Anche certi momenti della vita possono essere particolarmente delicati : la nascita di un figlio, l'entrata nella mezza età, la pensione, il momento in cui i figli se ne vanno di casa, ecc.. Ipotesi neurochimiche sulla depressione Diverse sono le teorie in questo settore:
Ipotesi monoamminica della depressione: la depressione sarebbe collegata a una diminuzione dei collegamenti sinaptici che utilizzano i neurotrasmettitori noradrenalina e serotonina. Tale diminuzione è particolarmente caratteristica delle connessioni del sistema ipotalamico e di quello limbico. Poiché è stato notato che anche lo stato inverso, ovvero l'aumento di attività catecolamminergica, può essere un fattore della depressione, la sola ipotesi della monoammina non sembra più accettabile; Ipotesi della carente regolazione della depressione: secondo questa teoria, la depressione dipenderebbe da un fallimento in un meccanismo regolativo che governa le operazioni del neurotrasmettitore e non soltanto da uno sfruttamento eccessivo del neurotrasmettitore; così i danni al sistema di regolazione avrebbero come conseguenza un sistema di neurotrasmettitori che dà risposte non del tutto adeguate alle necessità ambientali; Ipotesi che coinvolge l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene nella comparsa della depressione: da alcuni studi sulla sindrome di Cushing è emerso che un'eccessivo rilascio di ACTH da parte dell'ipofisi anteriore sia associato alla depressione. Un possibile meccanismo di mediazione potrebbe essere rappresentato dal fatto che nei depressi le cellule dell'ipotalamo siano soggette ad eccitazione anormale guidata dalle regioni del sistema limbico, il che condurrebbe come già accennato ad una elevata liberazione di ACTH. Va ricordato che altri studi sui sistemi ormonali hanno evidenziato una correlazione tra alti livelli di ormone della crescita e depressione e tra condizione di iper-/ipotiroidismo e cambiamenti emotivi. Ipotesi che indica l'avvicendarsi delle stagioni come fattore depressivo: vi sono individui per i quali l'inverno porta inevitabilmente ad un periodo di depressione; per alcuni di questi individui, la depressione invernale si avvicenda alla mania estiva. Questa sindrome viene detta DAS (Disturbo affettivo stagionale), e da alcuni studi sembra dipendere da cambiamenti nella durata della luce del giorno. Infatti diversi trattamenti sperimentali hanno evidenziato che la luce brillante ha un significativo effetto antidepressivo, che viene invertito quando la luce viene tolta. In questo effetto antidepressivo della luce possono essere coinvolti dei mediatori neurochimici come la serotonina, la quale segue un marcato ritmo stagionale nell'uomo, con valori più bassi in inverno e primavera rispetto all'estate o all'autunno. Il pessimismo di alcune persone è innato, non acquisito nel corso della vita. Lo
svela uno studio condotto dall'Università del Michigan e pubblicato sulla rivista Archives of General Psychiatry. I ricercatori hanno correlato la quantità di una certa sostanza chimica nel cervello con la tendenza ad avere una visione negativa della vita. La molecola che ci fa “vedere nero” è il neuropeptide Y (NPY), anzi la sua scarsità. Infatti, quello che gli scienziati hanno dimostrato è che le persone con bassi livelli di NPY hanno una visione più negativa delle cose rispetto a chi ha livelli più elevati, e questi soggetti reagiscono con maggior fatica agli eventi stressanti. Va da se che queste persone siano anche più suscettibili alla depressione. Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno sottoposto un gruppo di persone ad una risonanza magnetica funzionale, l'attività cerebrale è stata valutata mentre i volontari visualizzavano su uno schermo delle parole neutre (ad esempio 'materiale'), parole cariche di significati negativi (ad esempio 'assassino') e parole positive (ad esempio 'speranza'). Ebbene quando venivano mostrate le parole negativi le persone con con bassi livelli di NPY mostravano una forte attività della corteccia prefrontale, regione coinvolta con il processamento delle emozioni. Mentre i soggetti con un livello maggiore di NPY avevano un'attività minore della stessa area. In un secondo test, ai soggetti è stato chiesto di riferire riguardo le loro esperienze emotive nell'affrontare un evento stressante. I ricercatori hanno iniettato nel muscolo della mandibola una dose di soluzione salina in modo da produrre un dolore moderato per 20 minuti senza provocare un danno durevole. I livelli di dolore percepiti e riferiti da ogni volontario sono stati misurati su una scala da 1 a 10. I ricercatori hanno valutato la positività e la negatività dei soggetti prima e dopo avergli provocato il dolore. Anche stavolta è risultato che le persone con un basso livello di NYP erano piè negativi sia prima che dopo il test, quindi emotivamente più fragili. In ultima analisi i ricercatori hanno valutato la correlazione della quantità di NYP con i disturbi depressivi ed hanno rilevato che soggetti con poco NYP erano maggiormente propensi a soffrire di depressione. Il coordinato della ricerca, lo psichiatra Brian Mickey, spera che i risultati da lui ottenuti possano fornire una base verso la valutazione del rischio individuale per lo sviluppo di depressione e ansia.
Depressione e Sesso
Studi effettuati in tutto il mondo dimostrano che le donne soffrono di depressione più degli uomini. Sono state avanzate diverse ipotesi per giustificare queste differenze sessuali: Spiegazioni di tipo psicosociale la depressione sorge nelle donne a causa della discriminazione e della disparità sociale; un'altra teoria psicosociale è incentrata sul concetto di modello appreso dell'impossibilità a reagire (Helplessness):secondo tale teoria l'helplessness è un valore femminile classico che viene alimentato dagli stereotipi sugli uomini e le donne. Spiegazioni di tipo genetico si ipotizza che la depressione sia un disturbo ereditario collegato al cromosoma X. Tuttavia le ricerche non sembrano confermare questa ipotesi. Spiegazioni che fanno riferimento alla fisiologia endocrina benché la depressione sia spesso collegata a eventi del ciclo riproduttivo della donna, vi è poca relazione tra i livelli di ormoni circolanti, connessi alla fisiologia riproduttiva della donna, e il grado di depressione. Malinconia e ansia dopo il rapporto sessuale, uno studio per capirne l'origine Uno studio rivela che a sperimentare questa situazione sono un terzo delle donne. Gli esperti parlano di disforia post-coitale e in parole povere si tratta di depressione, che a volte si manifesta anche con crisi di pianto, che colpiscono le donne dopo il sesso. La ricerca per individuare questo disturbo psicologico è stata condotta da ricercatori della Queensland University of Technology di Brisbane, in Australia. Sono state 200 le giovani donne intervistate, e molte di loro hanno dichiarato di non sentirsi bene dopo un rapporto sessuale. Lo studio è stato pubblicato sulle pagine del Journal of Sexual Health. I dati raccolti dai professori Robert Schweitzer, Brian Bird e Donald Strassberg, riportano che ben il 32,9% delle donne risentono di questi disturbi dopo il sesso. I motivi non sono ancora stati chiariti ma sono le stesse donne che accusano i sintomi a richiedere di saperne di più. Una delle ipotesi avanzate dagli studiosi è che alcune delle donne che vivono questi problemi abbiano subito abusi sessuali e che perciò i nuovi rapporti risveglino vecchi traumi, come ha dichiarato Schweitzer. Per
questo motivo, ha aggiunto, “queste donne associano gli incontri sessuali con il trauma dell'abuso e le sensazioni di vergogna, colpa, pena e perdita. Questa associazione si ritiene possa portare a problemi sessuali e a evitare il sesso”. Ma gli autori dello studio dicono anche che i dati da loro raccolti non hanno evidenziato una significativa correlazione tra gli abusi e la depressione postsesso, dietro al fenomeno ci potrebbero essere quindi altri fattori. La predisposizione biologica può essere uno di questi e studiarla a fondo potrebbe aiutare ad individuare le donne a rischio di sperimentare la disforia post-coitale. Il prossimo o sarà quindi quello di analizzare la caratteristiche emozionali delle donne che hanno sperimentato la depressione post-sesso in modo di capirne meglio l'origine ed eventualmente la soluzione. Sembra che l'uso sostenuto da parte della popolazione maschile di alcol, mascheri la depressione negli uomini, determinando così le differenze tra i sessi.
Depressione e Senilità
Benché la depressione si presenti con percentuali minori negli anziani che nei giovani, essa è il disturbo psichiatrico maggiormente diffuso nella senilità. Tuttavia la depressione continua ad essere sottodiagnosticata nella popolazione anziana per le seguenti difficoltà nella diagnosi differenziale: - Difficoltà di distinguere tra condizioni fisiche ed effetti collaterali di farmaci che condividono i sintomi con la depressione; - Variazioni nel pattern del sonno dovute all'età che simulano i disturbi del sonno nella depressione; - Tendenza degli anziani a mascherare i problemi psicologici, concentrandosi su quelli somatici; - Recenti perdite (lutti,perdite di status) tipiche della popolazione geriatrica che determinano depressione reattiva . - Uso di farmaci che inducono sintomi depressivi; Ricordando che attualmente non esistono strumenti di valutazione standardizzati per identificare i gruppi di sintomi tipici della depressone in geriatria e che gli anziani compiono pochi tentativi di suicidio o molto difficilmente riferiscono la loro ideazione suicidaria, il rischio di suicido portato a termine è preoccupante tra i vecchi. Tuttavia lo strumento di autovalutazione GDS e l'utilizzo del MMSE (al fine di distinguere la pseudo-demenza imputabile alla depressione dalla demenza vera e propria) sono procedure che hanno registrato un certo successo nella diagnosi. Si rende necessario anche indagare sulla storia del disturbo nel soggetto per stabilire se esso è cronico o meno, tenendo presente la particolarità che il tempo che separa gli episodi depressivi diminuisce all'aumentare dell'età. Per quanto riguarda il trattamento, si sono dimostrate efficaci le psicoterapie già utilizzate con gli adulti con particolare attenzione nel promuovere nell'anziano un ruolo attivo in terapia e nel facilitare la procedura terapica. Nella scelta del trattamento farmacologico vanno sensibilmente valutati gli effetti collaterali dei prodotti. La depressione e la demenza spesso coesistono. Infatti circa il 30 % dei pazienti affetti da morbo di Alzheimer rispondono anche ai criteri per la sindrome clinica di depressione. Inoltre, una percentuale anche più elevata di pazienti presenta alcuni sintomi depressivi, anche se non di gravità o durata sufficienti a
giustificare una diagnosi di depressione. La depressione può aggiungere un' "eccessiva incapacità" al quadro clinico dei pazienti affetti da demenza, ovvero un' invalidità di proporzioni esagerate rispetto a quanto sarebbe spiegabile in base al processo della patologia primaria. Infatti i pazienti con depressione e demenza concomitanti sono affetti, in misura significativamente maggiore, da umore disforico, segni vegetativi, ritiro sociale, perdita di interesse, sentimenti di colpa e autosvalutazione, e idee di suicidio. Va ricordato che i sintomi depressivi sembrano prevalere maggiormente nei pazienti con gradi ancora lievi di deficit cognitivi.
Le Cure Farmacologiche
La terapia è incentrata sull'assunzione di farmaci antidepressivi, di cui esistono diverse categorie. A causa del loro complesso meccanismo d'azione, l'effetto degli antidepressivi inizia a manifestarsi sui sintomi solamente dopo 15-20 giorni dall'inizio della terapia. Gli antidepressivi più recenti sono i cosiddetti inibitori della ricaptazione della serotonina o SSRI, della serotonina e della dopamina o della serotonina e della noradrenalina, che hanno in buona parte sostituito il ricorso ai cosiddetti antidepressivi triciclici. Un'altra categoria di antidepressivi è rappresentata dai farmaci IMAO, o inibitori delle monoamminossidasi, che però possono presentare tossici anche gravi se non sono eliminati dalla dieta gli alimenti ricchi di tiramina (formaggi, alcuni vini e birre, fegato, trippa, aringhe, fagioli, banane, fave eccetera). Studi recenti hanno mostrato che anche una terapia psicologica cognitivo comportamentale può essere di aiuto nelle depressioni minori. Negli ultimi anni sono stati individuati diversi tipi di trattamenti per la cura della depressione. Dagli studi scientifici emerge che attualmente le cure più efficaci per la depressione sono il trattamento farmacologico, la psicoterapia interpersonale e la psicoterapia cognitivo-comportamentale. Non ci sono prove di efficacia che indicano che uno di questi trattamenti è migliore rispetto all’altro: trattamenti differenti e combinazioni di questi possono essere più o meno adatti a seconda delle esigenze personali e cliniche del soggetto. Le psicoterapie e i trattamenti combinati (psicoterapia associata alla farmacoterapia), comunque, risultano essere più efficaci nella prevenzione delle ricadute rispetto al solo trattamento farmacologico. Il trattamento farmacologico della depressione si rivela cruciale soprattutto nei casi in cui il disturbo si presenta in forma grave. I farmaci maggiormente utilizzati per la cura della depressione sono il prozac, il paxil, lo zoloft, l’effexor, il tofranil, il wellbutrin, l’elavil, il nardil, il parnate e il litio. Per verificare quali siano gli effetti dei farmaci è necessario attendere tra le 2 e le 4 settimane. In alcuni casi possono presentarsi degli effetti collaterali, alcuni dei quali possono diminuire nel corso del trattamento. È importante ricordare che la prescrizione dei farmaci può essere fatta solo da un medico, meglio se psichiatra.
La Psicoterapia
La terapia cognitivo-comportamentale, insieme alla terapia interpersonale, è la psicoterapia più efficace nella cura della depressione. Diversi studi evidenziano che circa il 75% dei pazienti depressi ha una significativa diminuzione dei sintomi entro le prime 20 sedute di psicoterapia. Nel caso in cui alla psicoterapia è associato un trattamento farmacologico, la riduzione della sintomatologia si verifica nell’85% dei casi. E’ stato anche dimostrato che questi miglioramenti sono durevoli nel tempo. Secondo l’approccio cognitivista, i pensieri e le convinzioni negative su di sé, sul mondo e sul futuro hanno un ruolo chiave nell’esordio e nel mantenimento della depressione. Nella cura di questo disturbo, dunque, la terapia cognitivo-comportamentale si focalizza soprattutto sui modi in cui il soggetto interpreta gli eventi che accadono, vi reagisce e valuta sé stesso. Il terapeuta cognitivista si propone di aiutare il paziente ad identificare e modificare i pensieri e le convinzioni negative che ha su se stesso, sul mondo e sul futuro, ricorrendo a numerose e specifiche tecniche cognitivocomportamentali. Il cambiamento nel modo di pensare porterà ad una regolazione del tono dell’umore e a modificazioni dei sintomi, che a loro volta influiranno positivamente sui pensieri. In modo simile, la modificazione di alcuni comportamenti problematici (es. isolamento sociale) avrà un effetto benefico sui pensieri e sulle emozioni della persona. In questo modo è possibile interrompere i circoli viziosi che mantengono la depressione nel tempo. La terapia interpersonale (IPT) è, una forma di psicoterapia molto efficace nella cura della depressione. Si tratta di una psicoterapia breve (12-16 sedute) che si focalizza sui sintomi attuali del paziente, sugli eventi della sua vita e sui suoi rapporti interpersonali. Secondo questa prospettiva, infatti, le componenti della depressione sono la formazione del sintomo, il funzionamento sociale e le caratteristiche di personalità. L’obiettivo specifico dalla terapia interpersonale è il funzionamento sociale, che influirebbe positivamente sulla formazione dei sintomi; a causa della brevità del trattamento, non si interviene sulla personalità. Questo tipo di terapia attualmente non è molto diffuso in Italia. Nei casi in cui il quadro depressivo risulti particolarmente grave, è necessario ricorrere a più trattamenti contemporaneamente (es. interventi di o, psicoterapia, farmacoterapia) e, eventualmente, a ricoveri ospedalieri.
L’Elioterapia
I bagni di sole, con le giuste precauzioni, come la crema con fattore protettivo adatto al proprio tipo di pelle, sono un vero toccasana per la salute. Infatti, il sole, per esempio, è un valido alleato per combattere i germi e i microrganismi, grazie alle proprietà antisettiche, antimicrobiche e antibatteriche dei suoi raggi. I suoi raggi, dosati con cura, svolgono sulla pelle un’azione anti-seborroica, utile per contrastare la produzione e l’accumulo di liquidi e materia in eccesso. Attenzione, però, se il sole aiuta le pelli normali, può peggiorare la situazione in presenza di situazioni particolari, come l’acne. Come fiori e piante, anche gli esseri umani si nutrono dei raggi del sole. La luce solare favorisce la crescita: gli ultravioletti stimolano efficacemente la produzione di vitamina D, responsabile di fissare il calcio nelle ossa. Alleata delle ossa e dello scheletro, la luce solare è anche un vero alleato contro gli stati depressivi. Secondo numerosi studi, l’effetto antidepressivo dei raggi solari sarebbe legato alla loro capacità di stimolare la produzione di serotonina cerebrale, un neuromediatore dotato di un’azione antidepressiva a livello centrale. ### Torna all’Indice