La Via Della Creazione Consapevole 4447i

La via della creazione consapevole

di

Paolo Marrone, Sabrina Cau e Sandra Lussu

Youcanprint Self-Publishing

Titolo | La via della creazione consapevole Autori | Paolo Marrone, Sabrina Cau e Sandra Lussu Immagine di copertina | © Kautz15 - Fotolia.com ISBN | 9788891147509 Prima edizione digitale: 2014

© Tutti i diritti riservati all’Autore

Youcanprint Self-Publishing Via Roma 73 - 73039 Tricase (LE) [email protected] www.youcanprint.it

Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’autore. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941.

Ai miei genitori. Sandra Lussu

A mia figlia Angelica che con il suo sorriso riempie di meraviglia la mia vita. Sabrina Cau

A Giulia e Chiara, che mi hanno fatto comprendere cos'è l'amore incondizionato. Paolo Marrone

Introduzione

Indipendentemente da come questo libro possa essere capitato tra le tue mani, molto probabilmente sei fra le persone che hanno iniziato un percorso di crescita personale, o perlomeno in qualche modo ti attrae tutto ciò che possa soddisfare la curiosità di saperne di più riguardo alla vera natura delle cose. Di solito chi inizia a percorrere una strada, di qualunque genere essa sia, ha bene in mente la meta da raggiungere, e sa qual è il percorso migliore per arrivare là dove ha deciso di andare. Non è così per chi intraprende un percorso di crescita personale e spirituale. Non esiste una meta ben precisa, e non si sa con esattezza nemmeno quale sia la strada migliore. Chi si avventura per questo sentiero, infatti, sente che lo deve percorrere ad ogni costo, ma non sa perché. Forse perché la vita è diventata improvvisamente stretta, o senza senso, o magari perché non si condividono più tante di quelle certezze che gli altri, apparentemente, mostrano di possedere. E allora si inizia a leggere di tutto, a studiare, e soprattutto ci si inizia a porre delle domande, e a sorridere di fronte a risposte che a volte si scopre di aver sempre avuto, ma, chissà perché, erano state dimenticate. La più grande difficoltà, però, è quella di condividere con gli altri queste scoperte, perché quello che succede, di solito, è che ci si ritrova improvvisamente da soli. Ti accorgi, infatti, che i soliti discorsi con gli amici non ti interessano più, sono diventati noiosi, e ti senti come un alieno, quando scopri le facce stupite di coloro ai quali hai provato a raccontare le tue ultime sensazionali scoperte. Questo libro quindi nasce da un sogno. Anzi, è la realizzazione di un sogno. Il sogno di poter discutere per ore di argomenti stra-ordinari - nel senso che sono fuori dall’ordinario - con persone che hanno avuto, come te, il coraggio di mettere il naso ‘fuori dalla porta’, per intraprendere un percorso di crescita personale e spirituale. Persone così non se ne trovano facilmente, e spesso l’unico modo per incontrarne qualcuna è quello di partecipare a seminari e conferenze dedicate a questi argomenti. Ma non sempre è così difficile, perchè si sa, i simili si attraggono, e allora è stato

quasi inevitabile che le due autrici di un libro sulla legge di attrazione incontrassero l’autore di un blog che parla da anni degli stessi argomenti. Non poteva essere altrimenti. Ne è nato un colloquio a tre sulla vera natura delle cose, e su come sia possibile prendere in mano le redini del proprio destino. Uno scambio di vedute al quale ognuno ha contribuito portando le proprie conoscenze e scoperte, ma anche manifestando senza remore i propri dubbi e le proprie incertezze. Questo libro è la prova tangibile che qualsiasi sogno può avverarsi, ma è anche la testimonianza di come uno scambio di opinioni possa arricchire più della lettura di decine di libri sull’argomento. Noi ci siamo divertiti un mondo nel condividere i nostri punti di vista, e speriamo che tu possa trovare interessante questa stravagante e stra-ordinaria conversazione.

Sandra, Sabrina e Paolo.

La via della creazione consapevole

Sandra: Si parla dell'inconscio quale via di accesso alla creazione consapevole e del fatto che sia possibile manifestare, attraverso la visualizzazione, tutto ciò che la mente conscia considera vero. E' davvero sufficiente visualizzare e credere che ciò che desideriamo sia già nostro per poterlo materializzare? Forse è così per coloro che hanno un inconscio che accetta, senza opporsi, tutto ciò che la mente conscia gli invia ed è quindi in armonia con essa. Se invece sono presenti credenze limitanti che bloccano il processo creativo? Come si ripulisce l'inconscio?

Sabrina: La possibilità di creare se stessi è plausibile, visto che sostanzialmente siamo tutti energia plasmabile, ma dovremmo riuscire a focalizzare la nostra coscienza sul fatto che siamo parte dell’universo ed entrare in relazione con la nostra dimensione divina. Per fare questo è certamente necessario liberarsi dai pensieri dissonanti e distruttivi. Credo che “ripulire l'inconscio” significhi effettuare un viaggio dentro se stessi e portare alla luce tutto ciò che di negativo e di oscuro si trova cristallizzato nell’ombra, prenderne coscienza e lasciarlo andare.

Paolo: Sono assolutamente d’accordo con la tua visione, Sabrina, riguardo alla nostra natura divina, e al fatto di dover creare se stessi partendo dal presupposto che siamo parte dell’Universo. Io aggiungerei che non solo ne siamo parte, ma di fatto siamo tutt’uno con esso, e l’apparente separazione tra noi e il mondo esterno è solo illusoria, ma avremo tempo per affrontare questo discorso, che io ritengo di fondamentale importanza. Per quanto riguarda la creazione consapevole della realtà, lo facciamo in ogni momento proiettando all’esterno le nostre credenze più intime, e sicuramente la nostra parte inconscia ha un ruolo fondamentale nel processo. Il coinvolgimento del nostro inconscio spiega il motivo per cui attiriamo a noi cose che apparentemente non crediamo di aver desiderato. E’ tutto qui il problema, perché è evidente che è difficile credere di aver attirato volontariamente un incidente, o una malattia.

Rendersi però conto che siamo noi gli unici responsabili di tutto ciò che ci accade è il primo grande o verso la creazione consapevole della nostra realtà. Per poterlo fare però bisogna conoscere come il nostro inconscio funziona. Sandra, nella tua domanda ipotizzi che la capacità di attrarre le cose desiderate sia prerogativa di chi ha un “inconscio che accetta, senza opporsi, quello che la mente conscia gli invia”. E’ importante che tu sappia che la mente inconscia non si oppone a nulla, perché non può prendere alcuna decisione, né esprimere alcun giudizio. E’ un organo del nostro apparato psicofisico, come il fegato o il cuore, e come tale ha un compito ben preciso che esegue alla lettera, senza alcuna obiezione. Dobbiamo infatti vedere l’inconscio come una grande memoria che contiene tutte le nostre credenze. Di fatto contiene tutto il mondo che conosciamo, in parte ereditato alla nascita attraverso il codice genetico, e in parte appreso attraverso le esperienze vissute fin dal primo giorno di vita. Possiamo vederlo grossolanamente come un ‘organo vibratorio’ che semplicemente vibra in accordo con quanto è impresso al suo interno. Questa vibrazione energetica attira, per risonanza, tutto ciò che è in sintonia con essa. Questo ruolo ivo è a mio avviso spiegato molto bene dall’espressione “l’inconscio non vede con i nostri occhi”. L’inconscio infatti riceve solo le nostre emozioni, non le nostre percezioni. E’ come se fosse ‘al buio’ al nostro interno, collegato alla mente conscia attraverso una connessione che gli trasmette solo le nostre emozioni. Di conseguenza mi trovo d’accordo con Sabrina quando dice che è necessario liberarsi dai pensieri dissonanti e distruttivi per “ripulire l'inconscio”. Ma io aggiungo che, siccome si tratta solo di una memoria riprogrammabile, è possibile agire non solo per ‘eliminazione’, ma anche attraverso l’incisione di nuovi solchi. La creazione consapevole infatti è prerogativa di coloro che hanno la capacità di riprodurre e trasmettere al proprio inconscio l’emozione corrispondente a quello che desiderano ottenere, a prescindere dalla realtà oggettiva percepita attraverso i cinque sensi.

Sandra: Sabrina, sono d'accordo sul fatto che bisogna “ricordarsi” che siamo

esseri divini. Penso però che con questa consapevolezza non si abbiano credenze limitanti di alcun tipo e non si dovrebbe quindi avere nessuna difficoltà a manifestare una realtà positiva. Per quanto riguarda il funzionamento dell'inconscio, Paolo, sono d'accordo con te, l'inconscio non prende decisioni, né esprime giudizi. Però il nostro comportamento è determinato dall'insieme di abitudini che, ripetute continuamente, si sedimentano nell'inconscio, cioè dai cosiddetti paradigmi. Se il mio inconscio è programmato con credenze limitanti su me stessa e sulle mie possibilità o con idee di povertà, non posso, per esempio, creare una realtà di abbondanza, perché i miei paradigmi bloccano il processo creativo. Chi, al contrario, crea facilmente una realtà positiva evidentemente ha una mente conscia in sintonia con quella inconscia. Ripulire l'inconscio dalle credenze limitanti e riprogrammarlo con credenze positive è quindi, secondo me, il primo o da compiere prima di visualizzare e manifestare la realtà che desideriamo. Dicevi poco fa che bisogna trasmettere al proprio inconscio l'emozione corrispondente a ciò che si desidera. Secondo me questo è un o successivo, perché penso che sia necessario prima di tutto convincere l'inconscio che possiamo avere ciò che desideriamo. Se ho una scarsa autostima devo prima lavorare su di essa in modo da acquisire la consapevolezza che “posso” avere ciò che desidero. Riprogrammare l'inconscio con le affermazioni, per esempio, non implica nessun sentimento, si tratta di ripetizioni meccaniche che l'inconscio può solo accogliere e far proprie, e da lì parte il processo creativo di una realtà corrispondente a ciò che affermiamo.

Sabrina: Appunto Sandra, perciò dovremmo riuscire a capire come poter arrivare ad un tale stato di consapevolezza e andare per gradi, consapevoli del fatto che dobbiamo smuoverci verso una differente realtà. Identificarci nel nostro Sé superiore e spalancare le porte ad una coscienza più grande rispetto a quella consueta. L'inconscio, secondo me, non si ripulisce con le affermazioni positive. Fin da bambini abbiamo alimentato a dovere il nostro inconscio con convinzioni,

esperienze, paure e barriere persistenti. Non è la ripetizione meccanica di affermazioni positive che può cancellare tutto e permetterci di ridipingere sulla tela ripulita del nostro inconscio. È un processo lungo e difficile che comincia con la consapevolezza di avere il potere di opporre resistenza allo “stato di comfort” imposto dalla mente inconscia. Io credo che cercare di ”gestire” la mente profonda con la mente conscia sia una scelta infelice, visto che l' inconscio costituisce il 95% della nostra mente e avrebbe quindi la meglio. L'unica soluzione sarebbe considerare l'inconscio un amico e interagire con esso usando la dolcezza e la delicatezza che serberemmo ad un amico al quale vogliamo bene. Focalizzandoci su ciò che desideriamo nella nostra realtà, senza ansie o stress e con una fiducia irremovibile, un ato radicato e maldisposto forse scompare. Per quanto riguarda l’autostima, essa è un concetto soggettivo e dinamico e dipende dal confronto che noi facciamo con il mondo che ci circonda; non si può accrescere con tecniche o metodi approssimativi, ma, secondo me, essendo un sentimento che ci viene inculcato durante l’infanzia e l’adolescenza, si deve cercare nel profondo di noi stessi e capire i motivi per cui non ci si ama abbastanza. Paolo, parli del fatto che bisogna riuscire a “incidere nuovi solchi”. È vero, se non si ottengono dei risultati significativi evidentemente è necessario cambiare “il terreno in cui si semina”, creare nuovi sentieri. Questo richiede tempo e pazienza, ma è uno dei i da compiere, e poi, come dici tu, solo quando i pensieri e le emozioni vibreranno in sintonia si potrà diventare creatori consapevoli della propria realtà, perché il pensiero è un’unità di energia potentissima che penetra il tempo e lo spazio, ma se non è accompagnato dalle emozioni non arriva da nessuna parte.

Paolo: Siamo sulla buona strada, perché ci stiamo avvicinando al cuore del problema. Sono d’accordo con te Sabrina riguardo al fatto che il processo di ‘riprogrammazione’ può essere molto lungo. Io lo descriverei con il termine ‘crescita personale’, e quindi la brutta notizia è che può durare intere vite. Ma c’è anche una buona notizia, infatti con il giusto impegno e tanta volontà si può fare, soprattutto se si sa come.

Iniziamo col dire che non abbiamo alcun potere di ‘gestire’ la nostra mente inconscia in modo diretto, proprio perché in quanto inconscia è al di fuori di ogni controllo. L’unica cosa che possiamo fare è agire indirettamente, attraverso il controllo della mente conscia. Questo è possibile, ed è l’unico modo per riuscire nell’impresa. Il problema però è capire come fare. Così come ha detto Sabrina, non credo nell’efficacia delle affermazioni positive, almeno non in quelle generiche che si possono leggere sui libri motivazionali, stile ‘new-age’ per intenderci. Il problema con tali affermazioni è che, essendo generiche, non tengono in considerazione gli attuali ‘solchi’ che abbiamo scolpito nel nostro inconscio lungo tutto l’arco della nostra esistenza. Non ha alcun senso, per esempio, ripetersi di poter attrarre facilmente la propria anima gemella, se poi non amiamo noi stessi, magari perché fin da piccoli qualcuno ci ha fatto credere che non valiamo niente. Ripeterselo poi come un mantra, oltretutto, senza alcun coinvolgimento emotivo – cioè senza sentirlo come già avvenuto - è assolutamente inutile. E’ inutile perché in qualche angolino della nostra mente conscia c’è sicuramente una vocina che ci dice in modo più o meno palese che quelle frasi sono sciocchezze, e che non è vero niente. A volte si presenta come una vocina vera e propria, a volte si manifesta solo come una vaga sensazione di disagio verso quelle affermazioni. In ogni caso quello è il segnale che esiste qualche credenza scolpita nel nostro profondo che farà di tutto per boicottare ogni timido tentativo di modificare la situazione. E sono anche d’accordo con te Sabrina per quanto riguarda l’importanza delle emozioni. Io sono convinto che bisogna ‘sentire’ di essere o avere già quello che desideriamo, affinché il mondo si adegui al nostro volere portandoci quello che chiediamo, poiché il solo pensiero senza il o delle emozioni può fare ben poca cosa. Il concetto chiave è che dobbiamo prima di tutto essere, per poter poi diventare ciò che desideriamo. Ecco perché molte tecniche descritte nei libri non funzionano, ed ecco perché poco fa vi ho detto che serve tanto impegno e tanta volontà per riuscire nell’intento. Vi vedo un po’ pensierose. Siete preoccupate per quello che ho detto? Niente paura, perché ora viene il bello, ma prima vorrei conoscere il vostro parere.

Sandra: No Paolo, non sono preoccupata; è vero, le affermazioni positive “generiche” non sono efficaci. Affermare di essere ricchi quando non si ha un soldo in banca non funziona di certo. Bisogna sapere come usare le affermazioni. Secondo me si deve innanzitutto analizzare la propria realtà e vedere cosa non va. La nostra realtà è il risultato delle nostre credenze, quindi se vogliamo cambiare la realtà dobbiamo cambiare le nostre credenze. Così come la ripetizione di un messaggio negativo crea i solchi di cui parli tu, allo stesso modo credo che la ripetizione di messaggi positivi possa creare nuovi solchi, che a loro volta daranno vita a una realtà positiva. Questa comunque è solo la mia opinione. Sarebbe interessante, dato che non credi nell'efficacia delle affermazioni, sapere quali strumenti proponi tu per riprogrammare l'inconscio.

Paolo: Forse ti deluderò Sandra, dicendoti che non esiste una formuletta magica. Comincerò col dirti una cosa molto strana, che generalmente la gente fa molta fatica ad accettare. Devi ribaltare il tuo concetto di causa-effetto. Mi dirai che non c’entra molto con la riprogrammazione dell’inconscio, ma devi avere pazienza, e vedrai che arriverò a rispondere alla tua domanda. Inizierò spiegando come funziona normalmente la nostra mente quando la lasciamo vagare nei suoi pensieri in modo incontrollato. La nostra mente, se lasciata a se stessa, tende a rimuginare sul ato, o a ipotizzare eventi futuri. Attenzione, perché ho usato il termine ‘ipotizzare’, non visualizzare. Le due parole hanno significati molto diversi. Quando ipotizziamo, per la nostra naturale tendenza a pensare al futuro come logica conseguenza del ato, facciamo appunto delle ipotesi su come il futuro possa svolgersi, prendendo come riferimento situazioni simili già accadute ad altri o a noi. In altre parole diamo per scontato che il mondo futuro non può che essere una logica conseguenza del ato, predeterminato da ferree regole di causa-effetto. Ma qui si innesca un altro problema. Se lasciata a se stessa, la mente tende a sintonizzarsi su quella che io chiamo “Radio Problema”. Avrai notato infatti che si tende di solito a ipotizzare un futuro non del tutto roseo, prevedendo problemi e impedimenti di ogni tipo. Ma questo è normale, perché la principale funzione

del nostro cervello è quella di proteggerci da pericoli futuri, quindi di fronte a qualsiasi situazione la nostra mente cerca nella memoria tutte le situazioni ate che possano aiutarla a prevenire possibili problemi. Ebbene, questo pensare al futuro come logica conseguenza del ato, perpetrato per anni e anni fin dalla nostra nascita, si è sedimentato al nostro interno. E’ questo il primo vero solco da eliminare, anzi da riprogrammare. Come? Prima di tutto rendendoci conto che causa ed effetto non sono correlati in alcun modo. I fisici quantistici hanno scoperto che nel mondo delle particelle subnucleari il tempo non esiste, e causa ed effetto non hanno alcun significato da quelle parti. Te l’avevo detto che il discorso sarebbe stato lungo. Ora però vorrei conoscere il vostro parere, lasciando la parola a te a Sabrina prima di continuare il discorso.

Sandra: Sì Paolo, il discorso è lungo ma si fa sempre più interessante. Il primo o che proponi, cioè rendersi conto che causa ed effetto non sono correlati, è sicuramente interessante dal punto di vista teorico. Ma la legge di attrazione è anche una legge molto pratica che si utilizza anche per creare una realtà materiale migliore. Senza tecniche precise, che tu definisci “formulette magiche”, si diventa forse più consapevoli della propria dimensione spirituale e si capisce come funziona la mente, ma non si cambia la propria condizione materiale. È come usare la legge di attrazione a metà. Secondo me è necessaria una qualche forma di azione, una tecnica da seguire. È l'azione, l'agire su se stessi innanzitutto, che ci permette di cambiare. Altrimenti sarebbe sufficiente leggere un buon libro sull'argomento, essere d'accordo con quello che c'è scritto e, come d'incanto, la nostra vita cambierebbe dopo aver letto l'ultima pagina. Secondo me la teoria da sola non basta, è necessario avere un metodo, che può non essere uguale per tutti, ma questo è un altro discorso. Per esempio, dato che come spieghi tu, la mente se lasciata a se stessa tende ad essere negativa, si può incominciare con il controllo dei nostri pensieri e sostituire i pensieri negativi con pensieri positivi. I risultati non sono immediati, ma se si ripete questo semplice esercizio continuamente, la mente incomincia a produrre pensieri positivi. Sabrina, tu cosa ne pensi?

Sabrina: Io penso che non si possa cambiare la propria realtà materiale solo con l’applicazione di tecniche studiate appositamente per persuadere un inconscio carico di credenze limitanti. Esse sono sicuramente necessarie, ma rappresentano solo una piccola parte di questo complicato nonché affascinante percorso di crescita e trasformazione di sé il cui fine ultimo è appunto quello di diventare creatori consapevoli. Dunque, lo spazio-tempo è una nostra percezione e nel momento in cui smettiamo di “osservarlo” scompare. La conseguenza è che causa ed effetto non hanno senso, io non posso considerare il mio futuro come il risultato delle esperienze ate, visto che ho la possibilità di cambiare le vibrazioni quindi l’energia che compone la materia. La stessa fisica quantistica dimostra che l’essere umano è un tutt’uno con l’Universo e prova che abbiamo il potere di cambiare le particelle subatomiche con i pensieri, le emozioni e perfino con le parole. Basti pensare agli esperimenti del Dottor Masaru Emoto sui cristalli d’acqua. L’acqua esposta alla musica classica o a una preghiera forma cristalli bellissimi dall’aspetto ordinato e armonioso, al contrario i cristalli formatosi dall’acqua esposta alla musica heavy metal o a parole di rabbia e odio, hanno invece una forma disordinata e disarmonica. OK, a questo punto, rischiando di apparire noiosa, non posso fare a meno di riportare il discorso ancora una volta ad una dimensione ”spirituale”. È vero che la legge dell’attrazione è una legge pratica e i numerosi libri che trattano questo argomento mettono insieme una serie di tecniche che dovrebbero insegnarci come farla funzionare e attrarre l’abbondanza di cui abbiamo bisogno. Tuttavia, credo che tutto questo non possa prescindere da un miglioramento di se stessi, da un lavoro interiore che avviene a tutti i livelli di coscienza, ovvero utilizzando la mente per portare alla luce il proprio bagaglio di convinzioni e credenze, le emozioni per capire ciò di cui abbiamo veramente bisogno, lo spirito per arrivare al proprio sé superiore e, perché no? anche il corpo, per liberare il fluire dell’energia. Credo che tu Sandra intenda questo con l’espressione “lavorare su sé stessi”. Ciò che voglio dire è che non posso pretendere di attrarre nella mia vita abbondanza, ricchezza e prosperità se ho un animo cupo, ancorato al giudizio o a sentimenti negativi, nel qual caso non possono bastare tutte le tecniche del mondo. Riuscire

a creare la propria realtà significa anche identificarsi con il Divino dentro di noi, quindi “ripulire” non solo la mente inconscia dalla zavorra emozionale negativa ma anche la propria dimensione interiore. L’aspetto spirituale e quello pratico forse vanno di pari o, l’uno non può prescindere dall’altro.

Paolo: Sandra hai perfettamente colto il punto. Ci sarei arrivato per gradi, ma la tua obiezione, che trovo assolutamente corretta, mi porta a parlare delle tecniche. Hai perfettamente ragione riguardo al fatto che la sola teoria non basta, ma attenzione a tutti quei libri e quei guru che vogliono farci credere che con l’applicazione di una semplice tecnica o la partecipazione ad un seminario diventiamo improvvisamente padroni del nostro destino. Magari fosse vero, ma purtroppo non funziona così. La sola teoria infatti non basta, ma, come ho già detto, non esiste la tecnica magica che permette di renderci dei Creatori Consapevoli dall’oggi al domani. A chiunque obietta che la legge di attrazione non funziona io chiedo sempre di essere sincero e di rispondere a queste semplici domande: sei sempre allegro e gioioso indipendentemente da quello che succede intorno a te? Apprezzi quello che la vita ti ha dato fino ad ora? Hai smesso di lamentarti contro il governo, la crisi, il vicino di casa, ecc.? Hai smesso di pensare agli altri come nemici con cui stare in competizione? Hai raggiunto la certezza che il mondo lo governi tu e che non può succederti nulla senza il tuo permesso? …e potrei continuare con altre cento domande. Ora vi chiedo, come credete sia possibile raggiungere un tale livello di pensiero? La risposta è una sola: con la consapevolezza della nostra vera natura e del nostro potere illimitato. Ma la consapevolezza può essere raggiunta solo attraverso la conoscenza di chi siamo veramente e delle vere leggi che governano l’Universo, unita alla costante pratica per incidere nel nostro inconscio questa nuova conoscenza. Ci possono volere anni, forse intere vite, ma comunque non potremmo mai incidere qualcosa che ignoriamo, qualunque tecnica volessimo applicare. Non scherzavo quando dicevo che l’unico nome con cui tutto questo può essere chiamato è “crescita personale”, perché bisogna raggiungere uno stato dell’essere totalmente differente da quello in cui abbiamo vissuto fin dalla nascita.

Bisogna arrivare a “sentire” la propria divinità e il proprio potere. Non è possibile credere che nulla possa nuocerci, se non “sentiamo” di essere gli unici responsabili del nostro destino. Ecco quindi che entra in gioco quanto detto da te Sabrina, perché condivido il tuo ragionamento riguardo alla necessità di interpretare il lavoro su se stessi come un percorso di crescita, il cui fine ultimo è quello di riconoscere e sperimentare la nostra natura Divina. Vorrei però utilizzare la tua frase, Sabrina, anche come occasione per dimostrare come le nostre credenze inconsce hanno effetto sul nostro comportamento e su quello che diciamo. Forse non te ne sei accorta, ma hai detto di credere di poter apparire noiosa riportando il discorso a una dimensione più spirituale. Ebbene, in questo modo hai rivelato di non esserne del tutto convinta. Da qualche parte nel tuo essere c’è la certezza che questo è vero, ma aver problemi o incertezze nell’esporlo, credendo che gli altri possano non essere d’accordo, tradisce quella parte di te che non crede del tutto a questa affermazione. Secondo la legge dello specchio, di cui parleremo più avanti, tendiamo a proiettare sugli altri le nostre credenze, soprattutto quelle inconsce. Hai quindi proiettato all’esterno quello che in realtà pensi tu stessa ad un livello più profondo. Infatti, se ti chiedessi se sei convinta di quello che affermi, mi risponderesti sicuramente di si, e so che a livello conscio stai dicendo la verità, ma evidentemente non hai ancora fatto veramente tuo questo pensiero, immaginando che gli altri possano trovarti noiosa. Non rammaricartene, perché è del tutto normale, sapessi quanti concetti io ancora non ho il coraggio di esprimere pubblicamente! Ma veniamo alle tecniche. Volete una tecnica fondamentale? OK, allora iniziate a praticare la “presenza” o il “ricordo di se”, per usare un termine caro a Salvatore Brizzi. La prima cosa da fare è calmare la mente, zittendo quella vocina che ci parla costantemente. Per farlo dobbiamo uscire dal sonno in cui siamo immersi, per riprendere il controllo dei nostri pensieri. Ricordate una regola fondamentale: una mente caotica e incontrollata produce una realtà altrettanto caotica e incontrollata. Non può essere altrimenti. E allora, tramite il ricordo di se possiamo abituarci a tenere a bada la nostra mente, anche se per brevi periodi.

La tecnica è molto semplice: per almeno 10-15 minuti al giorno, tutti i giorni e sempre alla stessa ora, cercate con tutte le vostre forze di essere presenti a voi stessi. Un buona tecnica potrebbe essere quella di ripetersi la frase “ora sono presente a me stesso”, cercando nel contempo di fissare l’attenzione su una parte del corpo, come una mano, il battito del cuore, o il respiro. Una volta in questo stato, notate la differenza di consapevolezza rispetto a quando eravate totalmente “assenti”, immersi nei vostri pensieri. Il notare la differenza farà maturare in voi una nuova consapevolezza, e se all’inizio farete fatica a mantenere la presenza a lungo, pian piano la vostra mente si abituerà sempre di più a questo nuovo stato, che col tempo diventerà il vostro stato abituale. Non si tratta di meditazione, perché non dovete mettervi nella posizione del loto in una stanza illuminata da candele e con fumi d’incenso, ma potete farlo in qualunque momento, per esempio mentre lavate i piatti o guidate la macchina. Vi avverto, ci vorrà del tempo, e non sarà facile farlo tutti i giorni, perché ci sarà una parte di voi che boicotterà in tutti i modi questo esercizio. Usate una sveglia per ricordarvi di farlo tutti i giorni alla stessa ora, e soprattutto non date retta a quella vocina che vi esorterà a rimandare l’esercizio al giorno dopo. E’ un inganno, perché il giorno dopo non esiste, è solo un’illusione, e quella vocina lo sa.

Sandra: Credo che la definizione di Creatori Consapevoli racchiuda in sé entrambi gli aspetti della legge dell'attrazione, cioè si diventa creatori della propria realtà, compresa quella materiale, quando si acquisisce la consapevolezza della propria natura divina. Riconnettersi con la propria natura divina, con il dio che è in ognuno di noi e che è la fonte della prosperità, dell'amore, della gioia e della pace è quindi la chiave per trovare il proprio posto nella vita e vivere nell'abbondanza in tutti i campi. Per quanto riguarda le tecniche, personalmente non ho mai preso in considerazione coloro che propongono le famose “formulette magiche” per cambiare la vita da un giorno all'altro. È chiaro che non funzionano. Ci sono però approcci diversi che forse combinati tra loro permettono di ottenere risultati. Per esempio, se si lavora sulla riprogrammazione dell'inconscio si acquista una maggiore consapevolezza delle proprie possibilità, e si capisce meglio il significato dell'espressione “infinite possibilità” di cui si parla tanto. Se io acquisto consapevolezza delle mie capacità, cioé aumento la mia autostima,

mi viene più semplice comprendere che esistono infinite possibilità che prima non credevo possibili perché non avevo fiducia nemmeno in me stessa. Da lì la presa di coscienza di se stessi, della propria natura divina e del potere infinito che è in noi penso che sia più semplice. Questo, almeno, è il percorso che ho seguito io e il fatto di aver pubblicato un libro e di confrontarmi adesso in questo salotto con voi è per me una prova che il metodo che ho seguito funziona. È però una questione soggettiva, ciascuno di noi deve trovare il metodo che più gli si addice e deve soprattutto avere il coraggio di riconoscere che c'è qualcosa in profondità che non va. Non tutti hanno il coraggio di scavare a fondo e confrontarsi con se stessi.

Sabrina: Adesso questo dibattito diventa anche avvincente perché si cominciano ad analizzare le parole e le frasi che adoperiamo dando loro una connotazione inconscia. Paolo sono d’accordo, il fatto di aver utilizzato l’espressione “Rischiando di apparire noiosa” fa pensare alla legge dello specchio e al fatto che potrei proiettare all’esterno, sugli altri, ciò di cui non sono del tutto convinta. Ma mi permetto di farti un’osservazione, “consapevole” del fatto che la mia insistenza nell’indirizzare il discorso sulla spiritualità è motivato e attendibile sia per quanto riguarda la parte conscia che quella inconscia del mio essere. Ti parlo con questa sicurezza perché non potrei mai pensare che si può manifestare e creare ciò che si desidera, pensando positivo trenta minuti al giorno o meditando tre volte a settimana con le gambe incrociate sulla vetta di una montagna. Ho sempre pensato che riuscire a creare la propria realtà fosse prerogativa di colui che ha raggiunto una consapevolezza superiore ed è riuscito a “trasmutare” se stesso in un essere spirituale, facendo un lavoro di tipo introspettivo volto al ribaltamento radicale della propria coscienza, nonché della propria conoscenza dell’Universo e delle sue leggi. Però devo dirti che la tua considerazione mi ha fatto pensare e credo di poterti dire che forse quella frase si può ricondurre ad un discorso di autostima. Ho parlato così perché forse non sono sufficientemente sicura di me e l’idea che qualcuno possa trovare noioso quello che dico provoca in me un disagio, seppur lieve, devo ammetterlo. Non credi che possa essere così?

Poi scusate, se la legge dello specchio dovessimo applicarla sempre, ne dovremmo dedurre che il fatto che tu e Sandra siate qui a discutere con me significa che anche voi potreste non avere la giusta autostima?

Paolo: Sono del tutto d’accordo con te, Sandra. E spero vorrai anche farci conoscere quali tecniche hai adottato in questo tuo percorso di crescita. Sono curiosissimo. Voglio poi scusarmi con te Sabrina se ho provato a interpretare una tua frase, ma era solo per dimostrare che tutti siamo in qualche modo condizionati dalle nostre vere credenze, quelle incise profondamente nell’inconscio. Quelle credenze si manifestano attraverso pensieri che il più delle volte proiettiamo all’esterno attraverso supposizioni su quello che potrebbero pensare gli altri di noi, fino ad arrivare addirittura a manifestare in carne e ossa persone che ci dicono cose che rispecchiano con esattezza sconcertante quello che pensiamo di noi a livello inconscio. Se intraprendiamo un’attività senza essere sicuri delle nostre capacità, è quasi certo che troveremo lungo la strada qualcuno che criticherà il nostro lavoro. E’ una legge dell’Universo. Riconoscerne l’esistenza è già un grande o verso il risveglio. La legge dello specchio è di grande aiuto se ne conosciamo i meccanismi. E’ come se ognuno di noi vivesse all’interno di una sfera cava le cui pareti interne sono specchiate. Dovunque guardiamo vediamo riflesse parti di noi stessi. Averne consapevolezza ci aiuta a risolvere gran parte delle nostre credenze limitanti, che altrimenti non riusciremmo mai a individuare e correggere. E’ nostro compito naturalmente interpretare correttamente i segnali che riceviamo. Nel tuo caso avevo formulato l’ipotesi della scarsa convinzione, ma se tu pensi che dipenda da una scarsa autostima, bene, prendine atto e lavoraci sopra, anche se penso che siano solo due facce della stessa medaglia. Abbiamo in mano uno strumento potentissimo, ed è per questo motivo che insisto tanto sul fatto che non si può prescindere dalla conoscenza di certi meccanismi, se si vuole diventare padroni del proprio destino. Riguardo alla tua ultima considerazione poi, hai probabilmente ragione, perché se ho ipotizzato in te una mancanza di convinzione, forse è perché ne ho un po’

anch’io da ‘smaltire’. E ti ringrazio anche di questo, perché mi dai lo spunto per mettere in guardia dall’errore che ho appena fatto, e che spesso facciamo, di utilizzare la legge dello specchio ‘al contrario’, tentando di applicarla agli altri. Ecco un caso tipico: immaginate di parlare con una persona che vi sta raccontando, per esempio, della maleducazione di un vostro conoscente. Conoscendo la legge dello specchio, siamo portati a pensare che quella caratteristica ci venga raccontata perché appartenente proprio alla persona che ne sta parlando. Può essere, ma non ci accorgiamo che siamo caduti nella trappola dell’ego, che al fine di nascondere il nostro problema, ha spostato l’attenzione sull’altro. Non ci accorgiamo infatti che stiamo proiettando la nostra tendenza a giudicare gli altri, impersonandola proprio nel nostro amico col quale stiamo conversando. Dobbiamo sempre ricordare che al centro del nostro mondo ci siamo noi e soltanto noi, e tutti gli altri non sono altro che proiezioni di qualche parte del nostro inconscio. E’ impossibile tentare di applicare la legge dello specchio agli altri senza cadere nella trappola. Ora vi lascio la parola, ma torneremo più tardi su questa legge, perché c’è ancora molto da dire.

Sandra: La tua curiosità, Paolo, mi fa pensare che finora hai dubitato del fatto che si possa applicare con successo una qualsiasi tecnica e vuoi verificare se davvero ne esiste qualcuna che funzioni. Provo a spiegarti il mio percorso, che comunque non è un percorso ordinato perché ho provato cose diverse. Ho usato, per esempio, una tecnica semplicissima, che a voi non piace, ed è quella delle affermazioni positive. Per esperienza personale devo dire che le affermazioni ripetute in continuazione sono efficaci, i risultati non si vedono da un giorno all'altro ma, se si è costanti e si vuole veramente migliorare se stessi, i risultati arrivano. È normale non credere inizialmente a quello che si afferma, ma penso che la ripetizione continua faccia sì che ciò che si afferma diventi il modo di pensare abituale e prenda il posto della convinzione che vogliamo eliminare. Oltre alle affermazioni ho usato EFT, che è un'altra tecnica efficacissima per liberarsi delle credenze limitanti. Ho provato anche a usare una combinazione delle due tecniche e mi sembra che funzioni anche questo metodo. Ci sono diversi approcci possibili, ma credo che la cosa fondamentale sia la volontà di

cambiare. Se posso dire la mia sulla legge dello specchio, io penso che se qualunque persona incontriamo, anche casualmente, dovesse davvero essere un riflesso di noi stessi e se stessimo sempre a chiederci cosa c'è che non va in noi, diventeremmo tutti paranoici. Inoltre, se provassi adesso io ad applicarla, cosa ne dovrei dedurre? Ho di fronte due persone molto diverse tra loro, in quale delle due devo specchiarmi? Devo considerare solo gli aspetti negativi o lo specchio riflette anche gli aspetti positivi?

Sabrina: Paolo non devi scusarti, anzi ti ringrazio perché mi hai fatto riflettere su un aspetto di me che altrimenti sarebbe ato inosservato. Siamo qui per riuscire a comprendere anche la parte più profonda di noi e per questo è necessario mettersi in gioco, esporsi alle considerazioni e trarre vantaggio dall’esperienza e dal sapere che scaturisce da queste conversazioni. Sì è vero, è molto facile cadere nella trappola dell’ego e applicare la legge dello specchio al contrario. Non a caso la mia considerazione sulla vostra possibile autostima è stata una provocazione, per mettere in luce gli aspetti che non capisco di questa legge. Quando noi consideriamo qualcosa di negativo nella realtà che ci circonda, secondo la legge dello specchio stiamo constatando ciò che non va dentro di noi e che non vogliamo vedere. Questo disagio, di conseguenza, attira per risonanza situazioni o persone che lo fanno venire a galla. Ok, allora consentitemi un’osservazione, che forse fa vagamente riferimento a quanto ha detto Sandra poco fa, circa il fatto di ritenere possibile o no, il considerare chiunque incontriamo un riflesso di noi stessi. Immaginiamo un incontro con un serial killer colpevole dei più malvagi e spietati omicidi e delle peggiori nefandezze, possiamo pensare di essere un suo riflesso, così, senza esitare, in modo spontaneo? Ognuno di noi ha un cammino ben preciso da seguire su questa terra e anche un assassino sta compiendo il suo per evolvere, però è umano credere di essere lontani da quel modo di vivere la realtà e chiedersi di quale parte del nostro inconscio costui sarebbe la proiezione. Forse è un’osservazione un po’ forte, ma voglio cercare di capire meglio. Per quanto riguarda le tecniche di cui parlate, penso che, sia quella relativa al

ricordo di sé, sia EFT siano efficaci se si è costanti. A me è capitato di metterle in pratica entrambe per un periodo di tempo più o meno lungo e di raggiungere risultati importanti, ma come ho detto solo la costanza nell’effettuare queste tecniche porta a risultati durevoli, ecco perché è difficile. Io ritengo che la visualizzazione sia uno dei metodi più efficaci, ma di questo sicuramente parleremo più avanti.

Paolo: Gli argomenti in ballo sono tanti, e parlare con voi devo ammetterlo è davvero avvincente. Andiamo con ordine. Riguardo alla mia domanda sulle tecniche che hai adottato, Sandra, si tratta di semplice curiosità riguardo ai percorsi che possono essere intrapresi e che hanno avuto successo. Siamo tutti dei pionieri che si sono avventurati lungo un percorso per molti versi inesplorato, e dato che sono sicuro che non esista un solo percorso possibile, ho tantissima curiosità di conoscere qualunque tecnica che possa aiutare me o altre persone a raggiungere livelli sempre più alti di consapevolezza. Se la ripetizione di frasi positive ha funzionato per te, va benissimo, ne prendo atto. Rivedrò la mia visione su questo punto, ma credo anche nel fatto che sei stata molto abile nel trovare le frasi giuste che potevano funzionare per te. Quello in cui continuo a non credere è nell’esistenza di frasi precostruite e generiche valide per tutti. E’ per questo motivo che non ti chiederò quali frasi hai utilizzato. E ora torniamo alla legge dello specchio. Dalle vostre obiezioni vedo che suscita molte perplessità, ma dobbiamo tutti farcene una ragione, perché è così che funziona la realtà. Riguardo alla domanda di Sandra, la risposta è che la legge vale sia per gli aspetti negativi sia per quelli positivi, senza alcuna distinzione. Tutte le volte in cui notiamo qualcosa che ci piace negli altri, infatti, vuol dire che quella caratteristica in qualche modo ci appartiene. Riguardo al suo utilizzo, invece, è naturale che non sia possibile fare della legge dello specchio un pensiero fisso; cercare di applicarla in ogni momento in modo ossessivo è semplicemente folle. Va considerata come una tecnica per scoprire e migliorare se stessi, e come qualsiasi altra tecnica va usata in modo ragionevole ed equilibrato. Comunque già il fatto di conoscerne l’esistenza è di grande aiuto, perché il primo insegnamento che se ne trae è quello di non giudicare mai gli altri.

Il giudizio, e ne parleremo se vorrete più in là in modo approfondito, presuppone che noi conosciamo alla perfezione tutte le circostanze, i pensieri, le credenze, i condizionamenti, insomma tutta la storia pregressa delle persone che pretendiamo di poter giudicare. La cosa, converrete con me, è un’impresa impossibile per la nostra povera mente limitata. Un essere risvegliato riconosce in ogni momento la perfezione dell’Universo, e sa che ogni cosa succede per un fine ben preciso, anche se quel fine è celato alla sua vista. E qui mi riallaccio all’osservazione di Sabrina riguardo all’applicazione della legge dello specchio nei confronti di persone che commettono dei reati. Giudicare una qualsiasi persona per quello che avrebbe fatto ci rigetta nella massa delle persone che io definisco ‘dormienti’. Se stiamo facendo un percorso di risveglio, vuol dire che dobbiamo sforzarci di vedere cose che gli altri non vedono. Chiunque può condannare a priori chi commette un reato, non serve aver fatto un lungo lavoro su se stessi. Prima di proseguire su questo ragionamento però voglio sgomberare il campo da qualsiasi fraintendimento. E’ chiaro che non possiamo né accettare né permettere che si compiano reati, di qualunque genere o gravità. Se siamo testimoni di un reato è nostro dovere fare qualunque cosa è in nostro potere per contrastarlo o denunciarlo, ma possiamo farlo senza frapporre il nostro giudizio. Dobbiamo andare oltre l’apparenza, evitando di giudicare a priori non vedendo la realtà che si cela dietro qualsiasi evento della nostra vita. Dobbiamo prima di tutto ricordare che siamo stati noi ad attrarlo nella nostra realtà. E allora, riconoscendo che il mondo è perfetto così com’è, dobbiamo chiederci qual è il motivo per cui abbiamo ‘creato’ quella circostanza. In altre parole, dobbiamo allenarci a vedere la perfezione del mondo. La nostra mente limitata non può vedere il Grande Disegno che si cela dietro la realtà apparente. Naturalmente vedere un assassino non vuol dire che siamo anche noi degli assassini, ma la nostra condanna nei suoi confronti deve farci riflettere sul fatto che molto probabilmente quella persona è lì proprio per insegnarci a superare la nostra propensione al giudizio. E’ lì, a sua insaputa, per risvegliarci. Possiamo comprendere la lezione o rimandarla, ma in ogni caso la lezione è obbligatoria. Il nostro libero arbitrio ci permette solo di decidere quando impararla. Siamo stati dotati di tutti gli strumenti necessari al nostro risveglio. Sta a noi conoscerli ed utilizzarli al meglio.

Sabrina: Certo Paolo, il giudizio fa parte di quelle persone che vengono definite “dormienti”. Facendo un salto nel ato, anche il filosofo Eraclito sosteneva appunto, che ci fosse una contrapposizione tra la mentalità degli uomini comuni, i dormienti, e quella dei filosofi, ossia gli “svegli”, che vanno oltre le apparenze e hanno quindi una profonda visione dell’essere. Io ho detto che il serial killer percorre un cammino verso la sua evoluzione, senza giudizio, certo, ma esaminando la situazione da un punto di vista “umano”, né filosofo né risvegliato. Se, come dici tu, io sono testimone di un reato, reagisco denunciando quel reato senza giudicare la persona che lo compie, consapevole del fatto che essa percorre una realtà apparente della quale io non posso conoscere la “cornice Divina”. Di conseguenza non devo permettermi di giudicarla, qualsiasi reato essa stia compiendo. Poi che senso avrebbe giudicare l’assassino se sono stata io a portarlo nel mio mondo affinché potesse insegnarmi ad osservare me stessa? Ma se applico la legge dello specchio, investigo profondamente all’interno del mio essere e mi chiedo cosa riflette di me quella persona, sì, me lo chiedo con stupore forse, perché è naturale farlo, ma senza giudicare e cercando di capire. Poi è vero, gli esseri umani non riescono a vedere la propria vita come uno specchio reale di ciò che essi sono in realtà, tutto quello che non ci piace vedere lo rimuoviamo come elemento che non ci appartiene, isolandolo nel nostro inconscio. Nell’ordinario spettacolo della vita sono gli altri ad avere tutti i difetti. Questo è ciò che pensano i dormienti, che sarebbero immersi in un sonno mentale profondo. Ma oltre ai dormienti e ai risvegliati, secondo me esistono anche coloro che stanno nel mezzo e che definirei “viaggiatori spirituali”. Essi hanno uno spirito indagatore e vogliono arrivare alla conoscenza del mondo che li circonda. Applicano la legge dello specchio osservando se stessi e cercando di capire nel profondo del loro essere perché una data situazione o una data persona provoca in loro fastidio o disapprovazione, senza giudizio, ma di fronte ad alcune realtà sicuramente con disorientamento. Altrimenti la legge dello specchio sarebbe prerogativa dei risvegliati. E adesso per favore non dite che i termini da me usati “stupore o disorientamento” sottintendono un giudizio. Ciò che io penso è che, probabilmente, il segreto per applicare la legge dello specchio è l’”accettazione”, riconoscere i propri difetti e accettarli come realmente nostri, in modo da non proiettarli più all’esterno.

Sandra: Scusate, ma in tutto questo discorrere di legge dello specchio e categorie di svegli, dormienti e “viaggiatori spirituali” mi sono quasi persa. Non vedo la necessità di collocarsi in una categoria o nell'altra, l'importante è che ciascuno sia consapevole del proprio percorso. Né, dal mio punto di vista, è importante dove mi collocano gli altri. La legge dello specchio è una delle tante tecniche che, diceva Paolo, aiutano ad acquistare una maggiore consapevolezza e ad imparare l'arte del non giudizio. Il percorso che porta al risveglio è fatto di tecniche diverse, ma, essendo appunto delle tecniche, è necessario applicarle in continuazione e soprattutto è necessario imparare a controllare i propri pensieri. Penso anche che tutte le ipotesi su quello che potrebbero pensare coloro che appartengono a una categoria piuttosto che a un'altra ci allontanino dal nostro obiettivo, che era quello di capire meglio. Proporrei quindi di riportare la conversazione alla comprensione di come si diventa creatori consapevoli.

Paolo: Nessun problema, può succedere che a volte il discorso ci porti a trattare argomenti che possono apparire lontani dal nostro obiettivo primario, ma la materia è molto vasta, e si presta facilmente a divagazioni rispetto al tema centrale. Esprimo velocemente la mia opinione sulle ‘categorie’ dicendo semplicemente che siamo tutti ‘dormienti’. Non vi offendete, ma o si percepisce il mondo per quello che è veramente, cioè un’illusione, o si sta dormendo, persi in quel sogno. Abbiamo ancora molta strada da fare prima di poterci considerare risvegliati. E’ anche vero, lo ammetto, che esiste una categoria intermedia di dormienti che, come dici tu Sabrina, è sulla strada del risveglio, essendosi resa conto che la realtà probabilmente non è composta soltanto da quello che viene percepito dai nostri sensi. Ma consentimi di dire che il più delle volte si tratta di semplice conoscenza a livello intellettuale, perché sempre di dormienti si tratta, almeno finché non inizieranno a ‘pecepire’ il mondo in modo profondo e diverso dall’usuale. Il problema è che, nonostante tutti i libri e i corsi seguiti, la maggior parte di queste persone ancora applica il giudizio verso le cose che non gradisce, e si lamenta ogni qual volta c’è qualcosa che non va. Proviamo ora a riprendere le fila del discorso e a ricapitolare quello che ci siamo detti finora. Credo che siamo tutti d’accordo sul fatto che è molto importante per

un Creatore Consapevole prendere il controllo della propria mente, perché è forse l’unico modo che abbiamo per avere in mano le redini del nostro destino. Per mia esperienza personale la tecnica della presenza è forse una delle più efficaci per riuscire nell’intento, e abbiamo anche visto che le affermazioni positive, unite magari alla pratica dell’EFT, aiutano a riprogrammare il nostro inconscio. Insomma, con la tecnica della presenza azzeriamo il rumore di fondo, per fare in modo che le affermazioni possano più facilmente creare nuovi solchi all’interno della nostra mente inconscia. Credo siate anche d’accordo sul fatto che la tecnica da sola non basti, e che un’adeguata conoscenza di come la realtà funziona sia davvero utile per sostituire la visione distorta che abbiamo del mondo, e per acquisire la consapevolezza del nostro potere illimitato. La conoscenza della legge dello specchio per esempio è indispensabile per comprendere cosa sia inciso all’interno del nostro inconscio, grazie al fatto che proiettiamo continuamente sugli altri le nostre caratteristiche e credenze più nascoste. A tal proposito vi consiglio, se non l’avete già fatto, di leggere I Sette Specchi Esseni, che potrete trovare facilmente su Internet. Mi piace molto il concetto espresso da Sabrina di ‘accettazione’ di quello che accade intorno a noi. Ritengo sia la giusta chiave per accedere a un livello superiore di consapevolezza, attraverso il riconoscimento della perfezione del mondo così com’è. Io direi però che il vero scopo di osservare questi aspetti bui del nostro inconscio non è tanto quello di eliminarli, ma piuttosto trasformarli attraverso la luce della consapevolezza. Siamo però solo all’inizio, perché come ho detto la strada da fare è ancora tanta. Uno dei più grandi impedimenti è rappresentato dalla false credenze che abbiamo sul mondo. Pensiamo che esista una realtà esterna a noi che possa decidere in ogni momento il nostro destino, e che siamo in balia del caso, non potendo esercitare alcun controllo sulla realtà. Proviamo allora a fare un altro piccolo o in avanti sulla strada verso la consapevolezza. Iniziamo col ricordare che siamo gli unici creatori della nostra realtà, e che non c’è nulla e nessuno là fuori che possa farci alcun male senza che noi lo permettiamo. Ricordate quando all’inizio del nostro discorso ho accennato al fatto che la legge di causa-effetto non trova alcun riscontro nella realtà oggettiva? Bene, voglio riprendere questo concetto per approfondirlo meglio, per mettervi in grado di acquisire la consapevolezza che quella che apparentemente può sembrare la

causa degli eventi che accadono nella nostra vita, non è mai la vera causa. La fisica quantistica in questo caso ci da una grossa mano a comprendere come è fatta davvero la realtà. Vi siete mai chieste di cosa è fatto davvero lo spazio vuoto? Gli scienziati si sono accorti che quello che noi chiamiamo spazio vuoto, in realtà vuoto non è per nulla. Se avessimo una lente d’ingrandimento così potente da riuscire a visualizzare le particelle subnucleari, ci accorgeremmo che tutto lo spazio è riempito da una specie di grande zuppa di particelle in ebollizione. Sto semplificando, naturalmente, e se mi sentisse un fisico teorico mi denuncerebbe per vilipendio alla scienza, ma cerco di rendere il discorso il più ‘digeribile’ possibile. Ora, dovete sapere che da quel brodo fuoriescono e si reimmergono in continuazione una moltitudine di particelle elementari. Non ci crederete, ma tutte le particelle che compongono qualsiasi oggetto spariscono di continuo in quel brodo, per poi ricomparire subito dopo nello stesso punto dello spazio-tempo, dando all’osservatore l’impressione che l’oggetto sia solido e rimanga sempre al suo posto. Ma come fanno le particelle a ricomparire tutte ordinatamente nello stesso punto? Perché l’oggetto non si sgretola e non svanisce in una nuvola di polvere? Semplicemente perché siamo noi a decidere dove le particelle dovranno riapparire, e siccome non crediamo che un oggetto solido possa svanire nel nulla, o riapparire per magia qualche metro più in là, ecco che l’oggetto solido appare sempre nello stesso punto. Questo è solo un altro modo per dire che siamo noi, con il nostro pensiero, a creare la realtà che ci circonda. E cosa c’entrano causa ed effetto? C’entrano, perché avrete capito che da quel brodo in ebollizione potremmo tirar fuori potenzialmente qualsiasi cosa, in qualsiasi momento, indipendentemente dalla situazione esistente un attimo prima. La logica conseguenza è che qualsiasi evento nell’Universo non ha altra causa se non il nostro pensiero. Ve lo ripeto con altre parole: non può esistere niente al mondo che non sia stato causato o generato da un pensiero. Ogni istante presente è nuovo di zecca, e il futuro lo determiniamo noi, indipendentemente da quello che i nostri occhi possano vedere in questo istante, o la nostra memoria possa ricordare del ato. Questa può essere una notizia bellissima, ma per molti è l’origine di tutti i propri mali, e fra un po’ vi racconto anche perché.

Sandra: D'accordo Paolo, siamo tutti dormienti, non trovo la definizione per niente offensiva. Penso, anzi, che siano davvero poche le persone al mondo che si possano definire “risvegliate”. Come ho detto prima, secondo me la cosa importante è essere consapevoli ciascuno del proprio percorso. Penso, però, che se siamo qui a discutere di questi argomenti, significa che abbiamo tutti e tre intrapreso questo cammino e abbiamo quindi già superato la fase di cui parli tu, cioè il fatto di pensare ancora che esista una realtà esterna a noi su cui non abbiamo alcun controllo. Credo che ormai siamo consapevoli del fatto che siamo noi a creare la nostra realtà e che il mondo esterno non sia altro che un riflesso del nostro sistema di credenze. Questo non significa che ce lo ricordiamo in ogni istante ed è per questo che non abbiamo ancora raggiunto il livello di consapevolezza necessario per diventare Creatori Consapevoli, e non abbiamo sempre di fronte la realtà che desideriamo. Hai concluso il tuo intervento dicendo che “ogni istante presente è nuovo di zecca, e il futuro lo determiniamo noi”. Come possiamo parlare di futuro se la realtà che viviamo è un susseguirsi di momenti presenti di cui possiamo avere solo consapevolezza di volta in volta? Cioè, possiamo essere consapevoli solo del famoso “qui e ora”, non del futuro, che un Creatore Consapevole non dovrebbe nemmeno contemplare.

Sabrina: Sì è così Paolo, quel brodo di particelle ci permetterebbe di creare tutto ciò che desideriamo se solo avessimo la consapevolezza di avere infinite possibilità, ma le condizionate reti neuronali del nostro cervello ci orientano sempre verso la stessa realtà. La similitudine che hai usato rende perfettamente l’idea e, allo stesso tempo, evidenzia quanto può essere difficile vedere il mondo dal punto di vista della fisica quantistica. Se posso, vorrei ricollegarmi a quanto ha detto Sandra sull’eventualità di un futuro che non esiste. Io credo che il tempo sia uno degli strumenti utilizzati dall’uomo per muoversi in questa dimensione, come anche lo spazio, per esempio. La nostra mente non riesce a comprendere le cose nel loro insieme ma ha bisogno di sezionarle, vicino o lontano, bello o brutto, sopra o sotto. ato e futuro sono creazioni della nostra immaginazione nel tempo che definiamo presente. Il presente servirebbe a delimitare il ato e il futuro, ma se non esiste ato perché non è più e non esiste futuro perché non è ancora, come può il presente delimitare qualcosa che non esiste? E se il presente non si

trasformasse mai in ato, il quale appunto non esiste, diventerebbe eternità, quindi probabilmente viviamo davvero nell’ eterno “qui e ora” tanto caro a Eckhart Tolle.

Paolo: Le teorie sul tempo sono tante, ed è davvero difficile farsi un’opinione restando dentro al tempo stesso. Il problema è che siamo costretti a usare la mente per formulare qualsiasi ragionamento logico, ma la mente opera necessariamente all’interno del tempo, anzi la mente si basa proprio sull’esistenza del tempo per costruire la propria identità. Come giustamente dici tu, Sabrina, è uno strumento necessario per muoversi e poter sopravvivere in questo mondo, non c’è alcun dubbio, ma possiamo liberarci di quest’illusione, se lo vogliamo, decidendo deliberatamente di rinunciare a dar credito alla nostra idea errata sul tempo. E’ una morsa dalla quale è difficile uscire, se non considerando il tempo come una semplice illusione creata dalla nostra mente. Per rispondere allora alla tua obiezione, Sandra, quando parlo di futuro parlo dei momenti presenti di cui non abbiamo ancora avuto esperienza. Uso la parola futuro, anche se so che non esiste, perché devo necessariamente usare parole che abbiano un senso comunemente accettato, per poter esprimere i miei concetti. Quando parlo di ato e futuro, quindi, mi riferisco solo ed esclusivamente ai pensieri che utilizza la nostra mente per creare l’illusione. Ecco allora che possiamo riuscire a fuggire dalla morsa del tempo se consideriamo il ato e il futuro come semplici pensieri della nostra mente. Pensateci un attimo. In quale altro posto dell’Universo esiste il vostro ato, se non nella memoria di quello che è accaduto nella vostra vita? E il vostro futuro? Esiste solo quando pensate a quello che potrebbe succedervi, anzi a ciò che ‘deducete’ possa accadervi in base alle esperienze ate. Ma quando il futuro arriva, viene vissuto solo come esperienza presente. In definitiva quindi, ato e futuro sono solo reazioni chimiche nel nostro cervello. Niente di più, niente di meno. Ecco perché si dice che esiste solo il ‘qui e ora’. Di conseguenza Sabrina, hai colto il punto quando dici che il presente non può dividere due cose, come ato e futuro, che non esistono. Esiste solo un continuo e infinito presente. Ora che abbiamo espresso le nostre idee sul tempo, desidero tornare al concetto

di brodo quantico, dal quale possiamo potenzialmente estrarre tutto ciò che desideriamo. Ma se ricordate, ho detto che questo rappresenta per molti l’origine di tutti i problemi. Perché? Perché da quel brodo quantico riusciamo a estrarre solo quello che ‘crediamo’ di poter estrarre, e siccome continuiamo erroneamente a utilizzare il ato come modello per ipotizzare il futuro, di norma non facciamo altro che rivivere il nostro ato, trascinandolo inesorabilmente negli eventi che andiamo a creare, e quindi a vivere. Siamo come il criceto che gira nella ruota, convinti di andare chissà dove. Come uscirne? Esistono molte tecniche, ma la più efficace è quella di cui vi ho già parlato, e cioè la presenza o ricordo di sé. Tramite la presenza riusciamo ad annullare i pensieri, e siccome il ato e futuro sono solo dei pensieri nel nostro cervello, una mente quieta deve necessariamente vivere nel presente. E vivere nel presente vuol dire anche non avere problemi. Fate una prova: provate a chiudere gli occhi per un minuto concentrandovi esclusivamente sul vostro respiro. Ora rispondete a questa domanda: durante quel minuto esistevano i vostri problemi? La risposta è no, altrimenti vuol dire che stavate pensando a qualcos’altro. I problemi esistono nella nostra mente solo perché pensiamo a cose ate che potrebbero generare problemi in un ipotetico futuro. Ma ora, proprio ora, non fra un minuto o un secondo, non possiamo avere problemi. E’ impossibile avere problemi se viviamo nel qui e ora. Se dovete pagare la rata del mutuo e non avete i soldi, credete che questo rappresenti per voi un problema perché non vedete alcuna ragione per cui i soldi possano arrivarvi da un momento all’altro. Ma questa è solo una vostra convinzione, che rende difficile trovare i soldi necessari. Rendete una cosa difficile nel momento in cui la credete tale. Cosa sono le convinzioni, se non delle ipotesi a priori su quello che potrebbe - o non potrebbe - succedere, basate sulla nostra esperienza ata? Viviamo lontani dal qui e ora tutte le volte in cui tentiamo di proiettare di nuovo il ato verso il futuro, credendo ciecamente nella legge di causa-effetto. L’efficacia del vivere qui e ora è dimostrata anche dal fatto che nei momenti di pericolo, per esempio se perdete l’equilibrio e state per cadere, la mente si ferma. Il corpo sa che il pensiero in quel preciso momento non servirebbe a salvarci la vita, e quindi accende il ‘programma di emergenza’, escludendo la mente e dando il controllo al nostro istinto, che agendo in modo meccanico ha una velocità ben più elevata del pensiero.

Volete vivere una vita più serena e piena di opportunità? Ricordatevi allora di voi stesse sempre più spesso, e allenatevi a spegnere il pensiero. Vedrete che intuizioni, idee nuove e soluzioni ai problemi sorgeranno da quella quiete quasi per magia. Noi riceviamo continuamente idee nuove e intuizioni, ma il più delle volte non possiamo sentirle, coperte dal rumore di fondo creato da quella vocina interiore che ci parla incessantemente e che non riusciamo a spegnere.

Sandra: Grazie Paolo, il tuo ragionamento è molto chiaro. Dunque, per creare una realtà serena e piena di opportunità è necessario mettere a tacere la mente. Come si va avanti con il processo creativo? Qual è, secondo te, il prossimo o?

Paolo: Si Sandra, mettere a tacere la mente è il primo o indispensabile per prendere in mano il controllo della nostra vita. E’ il presupposto per rendere davvero efficaci i prossimi i di cui parleremo. Avere infatti una mente sgombra da tutto il rumore causato dai pensieri inutili ci permette di incidere nel nostro inconscio qualsiasi nuovo programma, dato che i pensieri incontrollati ci tengono lontano dal momento presente, che è l’unico luogo in cui può avvenire qualsiasi cambiamento reale e duraturo. Ma cosa dobbiamo incidere nel nostro inconscio? Semplicemente che il mondo non esiste, perché è solo una proiezione della nostra mente. E’ un concetto tanto semplice nella sua essenza, quanto di una difficoltà mostruosa se tentiamo di inciderlo a un livello profondo, e farlo diventare il nostro pensiero predominante. La legge dello specchio di cui abbiamo parlato prima è solo una delle conseguenze di questa verità assoluta. Tutto ciò che vediamo è il risultato di qualche nostro pensiero. Siamo i sognatori che si sono immedesimati nel loro sogno. Siamo i creatori, non i creati, e tutte le persone che incontriamo sono dentro di noi, attori di un film di cui siamo gli unici autori e registi. Oggi è di moda dire che siamo tutti Uno, e che siamo indissolubilmente legati gli uni agli altri. Vi siete mai chieste davvero cosa questo volesse dire? Siete arrivate alla conclusione che “gli altri” in realtà siete voi, e che quindi l’intero Universo non può esistere senza di voi? E’ un concetto che spiazza la nostra mente e fa vacillare ogni nostra convinzione su come funziona il mondo. Ma la

resistenza che fa la nostra mente ad accettare questa verità è normale, considerando i forti condizionamenti che abbiamo subito fin dalla nostra prima infanzia. Per esempio, tutti pensiamo che il mito di Narciso venga raccontato per metterci in guardia dalla nostra vanità, e che sia stato concepito per insegnarci ad essere umili. Concentrandoci erroneamente sulla vanità di Narciso, ignoriamo del tutto il vero significato di questa storia. Narciso rappresenta l’uomo che non si accorge che il mondo che vede apparentemente al di fuori, è solo un riflesso di se stesso, e così come Narciso cade e affoga nella fonte in cui si stava specchiando, così l’essere umano si perde nella sua stessa proiezione, credendola reale. Pensate come potrebbe migliorare il mondo se il vero significato del mito di Narciso fosse insegnato nelle scuole. Le origini del mito vengono attribuite alla mitologia greca, ma probabilmente sono ancora più antiche. Questo vuol dire che i nostri antenati possedevano queste conoscenze, che poi si sono perdute nel tempo. Il nostro compito è sforzarci di riconquistare quelle conoscenze, perché solo da esse può venire il vero cambiamento interiore che ci permetterà di prendere in mano le redini della nostra vita. Come fare? Dato che abbiamo detto che la teoria da sola non può bastare, il mio consiglio è di eseguire alcuni esercizi, tutti i giorni, al fine di imprimere costantemente nella nostra mente una visione diversa del mondo. A mio avviso i migliori esercizi disponibili sono quelli contenuti nel libro “Un Corso in Miracoli”. In esso vengono descritti 365 esercizi da eseguire uno al giorno, per un anno intero. Per chi non volesse però impegnarsi per un tempo così lungo, a titolo esemplificativo vi segnalo uno dei 365 esercizi, che a mio avviso è perfetto per lo scopo che ci siamo prefissi. L’esercizio somiglia molto a un’affermazione positiva, ma in realtà è una vera e propria richiesta che facciamo al nostro Vero Sé, che conosce benissimo come stanno davvero le cose. Per tre o quattro volte al giorno, tutti i giorni, ripetete per circa un minuto la seguente frase: “Io sono determinato a vedere le cose in modo diverso”. Un concetto importantissimo che sta alla base di questa frase è che, invece di fare affermazioni generiche che descrivono una realtà che non è la nostra, del tipo “Io sono ricco”, dobbiamo imparare a fare domande all’Universo. Se fatte nel modo giusto, infatti, le domande sono potentissime, perché

esprimono quello che è un nostro desiderio, rimanendo nel contempo aperte a tutte le possibili risposte. Quest’affermazione, anche se apparentemente non contiene una domanda, è un’esplicita richiesta a vedere il mondo con occhi diversi. E’ una richiesta a poter finalmente sollevare il velo che ci nasconde la Realtà, quella con la R maiuscola. Ma è una frase potentissima anche perché sottintende che si è coscienti del fatto che il mondo è solo un’illusione, e che siamo al corrente di non vedere cosa c’è dietro il velo. Naturalmente questo è solo un esempio per mostrare cosa si possa fare per allenare la propria mente, perché i 365 esercizi contenuti nel Corso in Miracoli sono stati concepiti per essere eseguiti nella loro interezza, pertanto vi consiglio vivamente di studiare quel libro, e se vorrete ne parleremo più in là approfonditamente. Indipendentemente dalle particolari frasi che si desidera utilizzare, comunque, il modo migliore per mandare messaggi specifici alla mente inconscia è ripetersi frasi che non lasciano alcun dubbio sul loro significato, e che nel contempo esprimono una volontà ben precisa, una richiesta esplicita alla quale l’Universo non può che rispondere. Nulla di cui stupirsi, se ricordate la frase del Vangelo che dice “Bussate e vi sarà aperto. Chiedete e vi sarà dato”.

Sabrina: Quindi il mondo là fuori non esiste? Non esisterebbe una realtà autonoma, ma solo una realtà dipendente dalla nostra percezione, pertanto l’auto che io osservo nel mio parcheggio esiste solo quando io la guardo? Ma la stessa auto la vedono anche i miei vicini di casa, per esempio. Perciò siamo tutti consci dell’esistenza di quell’auto e la percepiamo tutti nella stessa identica maniera? “Tutto è maya” come dichiarano i testi Sacri Indù? Come affermi tu Paolo, è un concetto difficile da accettare, perché presuppone la sola esistenza della nostra individualità circondata dal nulla. Un nulla che si muove nelle infinite possibilità. Se siamo noi gli unici creatori del tutto, non siamo esseri divini ma siamo “il” Divino! Francamente mi piace pensare che forse qualcosa là fuori esiste, ed è un qualcosa che stimola in noi delle percezioni che rielaboriamo e interpretiamo a modo nostro. Esistono i fiori, gli alberi, gli animali, ma li percepiamo secondo la nostra interpretazione della realtà, non cogliamo la loro vera essenza, la quale si nasconde alla nostra consapevolezza, dietro un’illusione di concretezza.

L’illusione è solo il modo in cui il mondo appare all’uomo, non il mondo stesso. Quindi, secondo me, ma è solo una mia opinione, dobbiamo imparare a conoscerlo nella sua reale essenza, e questo possiamo farlo solo portando alla luce la divinità nascosta nel nostro io più profondo e segreto. Pertanto, è vero che noi possiamo creare la nostra realtà utilizzando il potere della mente, attraverso le vibrazioni emozionali che emaniamo nell’Universo, ma appunto creiamo la “nostra” realtà, non il tutto. A proposito del chiedere invece, “Bussate e vi sarà aperto, chiedete e vi sarà dato”, dovrebbe essere proprio così se si chiede nel modo giusto e soprattutto se si chiede ciò che è giusto per noi, per la nostra crescita interiore. Se io chiedo una grossa somma di denaro ma l’ottenere quel denaro ostacola in qualche modo la mia crescita spirituale, forse non riesco ad ottenerlo. Quindi, qual è esattamente il modo giusto? La preghiera, per esempio, intesa nel modo più comune non sarebbe la giusta maniera di porsi all’Universo, perché con essa noi esprimiamo una supplica, quindi denunciamo una mancanza e l’Universo non dovrebbe ascoltarci. D’altro canto, però, quante volte abbiamo constatato guarigioni miracolose e sentito parlare di miracoli dai credenti che utilizzano la supplica come unico modo di rivolgersi a Dio, all’Universo, Energia o comunque vogliamo chiamarlo?

Sandra: Paolo, vorrei dire innanzitutto che non credo che esista qualcosa che si possa definire “verità assoluta”. Posso capire che per te l'idea che il mondo non esiste sia una verità, ma appunto è solo “una” verità, la tua, ma sono possibili anche altre verità. Quindi, se io non sono d'accordo con la tua idea, la tua verità assoluta per me non è tale, è solo un'opinione. Riguardo all'idea che il mondo non esiste e tutto ciò che vediamo è il risultato di qualche nostro pensiero, io direi che solo la mia realtà, non il mondo intero, è una mia creazione, cioè un riflesso dei miei pensieri. È una mia creazione nel senso che ho attratto una serie di persone e circostanze che la popolano, ma questo non significa che il resto del mondo, cioè le persone o cose che non conosco, non esistano. Tutto ciò che vedo esiste per me dal momento che ne prendo coscienza e ho la percezione di esso, e se ne ho la percezione significa che in qualche modo l'ho attratto nella mia realtà. L'ho attratto, ma non l'ho creato. Attraggo quello che è in sintonia col mio pensiero, ma non significa che

esista solo quello. Esiste per me, è rilevante per la mia realtà, ma esiste anche tutto il resto, che non ho creato io e che per me non è rilevante, come ad esempio la macchina del parcheggio di Sabrina. Se prendo per vera l'idea che tutto, ma proprio tutto ciò che vedo sia il risultato dei miei pensieri, ne devo dedurre che tu e Sabrina, che siete qui a parlare con me, non esistete ma vi ho creato io nei miei pensieri. Per me ha più senso pensare che vi ho attratti in qualche modo, non so quale pensiero ho trasmesso all'universo, ma è l'universo che ha creato tutta una serie di circostanze che hanno fatto in modo che io sia adesso qui a parlare con voi. Forse tutto avrebbe più senso se fimo una distinzione tra i diversi livelli di esistenza. Si dice che siamo esseri spirituali e che viviamo temporaneamente un'esperienza terrena. In questa esperienza terrena, materiale, ha senso parlare di un mondo che ci appare reale e concreto, anche se essendo esseri spirituali dovremmo sapere che esistono altri livelli di esistenza e di consapevolezza rispetto ai quali probabilmente ha senso dire che tutto è niente, un niente che non è vuoto ma comprende in sé il tutto, a livello di potenzialità pura. Volevo poi chiederti, Paolo, in che senso la frase “Io sono determinato a vedere le cose in modo diverso” sottintende che si è coscienti del fatto che il mondo è solo un’illusione. Potrebbe voler dire che il mondo così com'è è una possibilità, ma ne esistono tante altre. A me sembra un'affermazione molto generica alla quale l'universo potrebbe rispondere in tanti modi. Con un'affermazione così generica anche un altro modo di essere delle cose potrebbe essere un'illusione.

Paolo: Non avevo dubbi sul fatto che questa conversazione non sarebbe stata facile per me, conoscendo la vostra preparazione e acutezza, ma va bene così, e vi ringrazio per questo piacevole scambio di vedute che si fa sempre più interessante. Prima di rispondere alle vostre obiezioni vorrei però porre l’accento su di un concetto che mi sta molto a cuore: non credete a una sola parola di quello che dico. Mi spiego meglio. Non dovete far vostre cose che non ‘sentite’ vere. Io non ho la pretesa di insegnare nulla a nessuno, semplicemente perché non c’è nulla da imparare. Siamo esseri Divini, come abbiamo già detto, e quindi da qualche parte nel nostro essere sappiamo già tutto quello che c’è da sapere. Di

conseguenza non siamo venuti al mondo per imparare un bel niente, ma solo per ‘ricordare’ chi siamo. Molti autori, tra cui Salvatore Brizzi, ci fanno notare che imparare e ricordare sono due concetti diametralmente opposti. Imparare infatti implica aggiungere qualcosa della nostra conoscenza che non ne faceva parte, mentre ricordare vuol dire essenzialmente eliminare tutte le credenze limitanti per riportare alla luce la vera consapevolezza, che è oscurata da migliaia di condizionamenti ricevuti fin dalla nascita. Dato che il nostro Vero Sé conosce già tutto, dobbiamo ascoltare il nostro cuore per ‘sentire’ se qualcosa è vera per noi. La parola ricordare infatti deriva dalle parole latine re: di nuovo, addietro, e cordis: cuore, cioè riportare al cuore. Quando lessi per la prima volta un libro sulla legge dell’attrazione, per esempio, sentii nel mio animo di aver sempre saputo quelle cose. Non stavo più nella pelle per l’emozione, e mentre leggevo mi chiedevo come avessi potuto ignorare per tanti anni cose così ovvie. Stavo semplicemente ‘ricordando’ qualcosa che evidentemente sapevo già. La mente razionale tende sempre a ricondurre le cose a concetti già conosciuti, e si ribella con tutte le sue forze a qualsiasi cosa che sia sconosciuta, e non potrebbe essere altrimenti. Non fidatevi allora della mente, ma accettate come vere soltanto le cose che stimolano in voi qualche sensazione particolare, e divulgate come vere solo quelle, esattamente come sto facendo io con voi. Ora veniamo alle vostre obiezioni. Rispondo per prima a te Sabrina, per dirti che anche se ti piace credere che esista qualcosa là fuori, la fisica quantistica ha dimostrato che non è così. Nel mondo delle particelle subatomiche nulla esiste se non viene osservato. Le particelle, quando non osservate, esistono solo in forma di onda di probabilità. Un’onda di probabilità, però, è solo una formula matematica che descrive quali siano le possibilità che una particella possa apparire in un determinato punto, se osservata. Pensaci un attimo: cos’è una formula matematica se non un modo, un formalismo, per descrivere un’idea o un concetto? Nessuno ha mai visto una formula matematica aggirarsi per le strade di New York. E allora ogni particella, prima di essere osservata, non è nient’altro che un’idea all’interno della mente dell’osservatore. Questa cosa io la chiamo illusione, o sogno, e non trovo davvero altri nomi per descriverla. Sono in parte d’accordo con te quando dici che fiori, alberi e animali esistono già, ma non là fuori, come dici tu, perché non esiste nessun ‘fuori’, ma piuttosto qua dentro, cioè come un’idea nella nostra mente. Se una mattina ti svegli e

ricordi di aver sognato un fiore, un albero o un animale, credi che davvero quelle cose erano fisicamente da qualche parte fuori di te, o invece pensi che siccome si trattava di un sogno, esistevano solo come un’immagine all’interno della tua mente? Probabilmente opterai per la seconda ipotesi. E finché eri nel sogno, scommetto che avresti dato del matto a chiunque ti avesse detto che le cose che vedevi non esistevano, e che le stavi solo sognando. E allora, se accetti che stiamo continuamente creando con la nostra mente il mondo che percepiamo, perché è così difficile credere che la realtà esiste solo dentro di noi, e che si tratta solo di un sogno? Il mondo ci appare così reale solo perché il sogno non può essere svelato da dentro il sogno stesso. E di sicuro non possiamo usare la mente per farlo, perché anch’essa fa parte del sogno. A tal proposito, se non li hai già visti, ti suggerisco la visione di due film bellissimi, Inception e Il Tredicesimo Piano, che descrivono in modo geniale questi concetti. Riguardo poi alla tua obiezione sul fatto che diverse persone vedono le stesse cose, viene tutto risolto pensando all’analogia del sogno. Anche le persone che credi stiano vedendo le stesse cose che tu vedi sono all’interno del tuo sogno, quindi sono dentro la tua mente. E’ un concetto difficile da accettare, lo so, ma se volete davvero cambiare la vostra realtà dovete capovolgere l’idea che avete del mondo. Siamo esseri immensi e siamo quindi noi a contenere l’Universo, non il contrario. Siamo qui proprio per ricordarlo. Credo che quello che ho appena detto risponda, anche se in parte, anche alla tua obiezione Sandra, ma torneremo sicuramente a parlarne, dato che il fatto che il mondo sia una mera illusione è il tema centrale di tutti i nostri discorsi. Desidero ora rispondere alla domanda di Sabrina sulla preghiera e sul come esprimere le richieste senza denunciare la mancanza di quello che chiediamo. Qui hai perfettamente ragione, perché come dice Dio a Neale Donald Walsch nel libro “Conversazioni con Dio”, non puoi avere ciò che vuoi, perché volendo qualcosa ne denunci la mancanza, attirando così altra mancanza. La soluzione è davvero semplice. La preghiera non deve essere una supplica, come ci è sempre stato insegnato dalla religione ufficiale, bensì un ringraziamento per aver già ricevuto quello che desideriamo. Ma come facciamo ad aver ricevuto qualcosa che stiamo chiedendo? Beh, il problema non si pone,

se ricordi che il tempo non esiste. Ma anche su questo punto c’è da fare un lungo discorso, perché oltre che parlare ancora del tempo, bisogna approfondire i concetti di gratitudine e fede, per cui se per te va bene Sabrina, preferirei parlarne dopo più approfonditamente. Ora veniamo alla tua obiezione, Sandra, dove mi fai notare che chiedere di vedere le cose in modo diverso è molto generico. Sarei d’accordo con te se esistessero tante Verità diverse, perché in tal caso non potremmo ricevere una risposta precisa. Nel Corso in Miracoli, come ho già detto, esistono in totale 365 esercizi, da fare uno al giorno, che rappresentano un percorso verso il risveglio dall’illusione, e quello da me citato è solo uno di essi. L’esercizio precedente, per fare un altro esempio, è ancora più generico e dice testualmente “Io sono determinato a vedere”. Cosa vuol dire? Vuol dire che di Realtà ce n’è una sola, ma non è quella che vediamo con i nostri occhi. Siamo ciechi, persi in un’illusione, e non ce ne possiamo accorgere utilizzando i cinque sensi. Significa che la Realtà è un’altra e con queste affermazioni dichiariamo di esserne al corrente, e la richiesta che facciamo all’Universo, o al nostro Vero Sé se preferisci, è semplicemente di aiutarci a ricordarlo. Accorgersi di sognare è il primo o fondamentale e indispensabile verso il risveglio. Ma non basta averlo letto su di un libro, bisogna ‘sentirlo’ come verità assoluta. E allora quella frase ripetuta più volte durante il giorno scolpisce nel nostro inconscio l’idea che il mondo che percepiamo con i nostri sensi non ha alcuna concretezza, perché non è reale. Come ho detto prima, dobbiamo ricordare una Verità che già conosciamo, e per ricordarla dobbiamo ‘pulire’ i condizionamenti che la tengono nascosta alla nostra coscienza. Questo è il senso di quella frase, e per esperienza diretta ti assicuro che funziona, perché questo esercizio, insieme a tutti gli altri contenuti nel libro, può cambiare drasticamente il modo in cui percepisci il mondo.

Sabrina: Ok Paolo, supponiamo per un momento che il mondo circostante non sia altro che un’ illusione e che viviamo in un eterno sogno. Saremmo quindi degli esseri che potenzialmente possono tutto e creano il tutto. Ma questo non significa negare l’esistenza di Dio? Tu parli di preghiera, di fede: a cosa, o a chi ti rivolgi con la preghiera? Cosa intendi allora quando parli di Dio?

Voglio però chiarire il fatto che io non faccio riferimento all’esistenza di un Dio nel suo regno nell’alto dei cieli, che veglia su tutti noi, ma piuttosto ad un’intelligenza universale che ha concepito tutta la creazione, un architetto dell’assoluto. Non è dato a noi conoscerlo perché è inconoscibile, ma sicuramente si manifesta nell’uomo. Siamo la manifestazione di Dio. Come ho detto poco fa, tale intelligenza stimola in noi delle percezioni, che però non cogliamo nella loro vera essenza e creiamo una realtà apparente, convinti che sia la sola possibile. Wallace Wattles nel suo libro “La scienza del diventare ricchi” afferma qualcosa che rende chiarissimo ciò che io intendo dire ed è questo: “Esiste una materia pensante dalla quale tutte le cose vengono create e che dal suo stato originano, che permea, penetra e riempie gli spazi vuoti dell’universo. Un pensiero in questa sostanza produce la cosa immaginata dal pensiero stesso.” E prosegue affermando una cosa che secondo me delinea chiaramente il concetto di legge dell’attrazione: ”l’uomo può formare le cose nel suo pensiero e, imprimendo il suo pensiero sulla sostanza informe può determinare la creazione della cosa da lui pensata.” La fisica quantistica dimostra, come dici tu, che nel mondo delle particelle subatomiche nulla esiste prima di essere osservato. Va bene, questo posso accettarlo fino a che questa dimostrazione rientra nel sistema microscopico della scala subatomica, ma se si rapporta al sistema macroscopico che sperimentiamo nel quotidiano ho delle difficoltà a riconoscerlo. Nel mio mondo io non posso sperare di materializzare per strada un bellissimo diamante, per quanto io possa desiderarlo fervidamente non riesco a farlo, e nemmeno a trasformare, osservandolo, un bel libro in un vaso di porcellana. Forse il limite della fisica quantistica è la dimensione in cui esistiamo? Secondo la meccanica quantistica il microcosmo e il macrocosmo rispondono alle stesse leggi, ma è davvero possibile?

Sandra: Sono d'accordo con Sabrina riguardo al fatto che l'idea che siamo noi a creare tutto porti alla negazione di Dio. Non capisco come si possa affermare che al di fuori di noi non esista nulla e contemporaneamente si affermi che abbiamo una natura divina. A meno che non intendiamo per “nulla” il fatto che al livello quantico niente è solido e tutto è energia e informazione. Però quello è un livello

che non percepiamo con i nostri sensi. Percepiamo, invece, un mondo materiale che deve aver avuto origine da qualcosa esterna a noi, cioè da Dio. Scusa Paolo, ma se dovessi davvero pensare di vivere in un sogno e niente di quello che vedo esiste, vivrei nell'angoscia. Per me ha senso parlare di risveglio inteso come riscoperta della nostra natura divina e del potere illimitato che ne deriva, ma il risveglio inteso come vero risveglio da un sogno lo trovo un concetto portato agli estremi e davvero difficile da condividere.

Paolo: Credo che stiamo per molti versi dicendo le stesse cose, o perlomeno siamo d’accordo su molti dei presupposti, ma poi arriviamo a conclusioni che si discostano abbastanza tra di loro. Naturalmente nessuno potrà mai dire l’ultima parola su quale sia la vera natura di Dio o dell’Universo che ci circonda, ma credo sia interessante confrontarci su questi temi, se non altro per inquadrarli nell’ambito del nostro principale obiettivo, che è quello di capire chi siamo e come è fatto il mondo, per comprendere come controllare la nostra realtà. Per quanto riguarda le leggi fisiche, Sabrina, esse valgono indistintamente sia nell’infinitamente piccolo, sia nel nostro mondo quotidiano. Apparentemente le leggi della fisica quantistica sembrano non applicarsi al macrocosmo semplicemente perché gli oggetti materiali con cui abbiamo a che fare sono composti da trilioni di particelle che si muovono ognuna per proprio conto, interferendo in modo caotico tra di loro. Pertanto il comportamento quantistico di ogni singola particella viene ‘mescolato’, atemi il termine, a quello di tutte le altre, di fatto nascondendone gli effetti ai nostri sensi. Esistono però alcuni effetti che hanno dei riscontri tangibili anche nel regno del macrocosmo. Uno di questi è l’effetto tunnel, che rende possibile, per esempio, memorizzare le foto all’interno della memoria flash del vostro telefonino. Lo stesso Sole, e in genere le stelle, non potrebbero brillare se la fisica quantistica non valesse anche per gli oggetti macroscopici. Ma potrei citare molti altri esempi. Riguardo alla nostra natura divina, non vedo alcuna contraddizione con l’esistenza di Dio. Ognuno di noi è parte del Tutto, e su questo mi pare siamo tutti e tre d’accordo. Concordo infatti con te Sabrina quando dici che siamo la

manifestazione di Dio, e che il cosmo è regolato da una Intelligenza divina che permea tutte le cose, visibili e invisibili. A proposito di questa Intelligenza, a me piace molto una teoria che ho letto su un libro di Thomas Troward, secondo il quale questa Intelligenza, o Coscienza divina, opera di fatto su due livelli ben distinti. Esiste un livello che possiamo chiamare spirituale, ma che non ha nulla a che fare con il significato che la religione dà a questa parola, perché per ‘spirito’ Troward intende la natura non visibile delle cose, che non è altro che l’idea o concetto che sta alla base di ogni cosa. Un tavolo per esempio, ancor prima di essere costruito, viene concepito come idea, magari attraverso la mente e la matita di un designer. Ma naturalmente anche una montagna, o un fiore, hanno alla base un concetto. Ora, l’insieme di tutti i concetti di tutto ciò che è possibile concepire, può essere definito Dio, che in quanto spirito, vive in una dimensione senza tempo né spazio. Questa definizione corrisponde molto bene a quella che fornisce la Bibbia, quando parla di un Dio che è sempre esistito e sempre esisterà, e che non ha confini, il che si sposa benissimo con l’assenza di tempo e di spazio tipico del livello spirituale. Ma allo stesso tempo questa rappresentazione somiglia molto a quel brodo quantico di cui abbiamo parlato prima – ricordate? – quello contenente potenzialmente qualsiasi cosa. E somiglia pure a quella ‘sostanza informe’ di cui parla Wallace Wattles. Possiamo dire che il brodo quantico, o sostanza informe, contiene l’idea o concetto ‘inespresso’ di qualsiasi cosa. Inespresso perché stiamo parlando di qualcosa di potenziale, non ancora esistente in forma tangibile. Veniamo ora al secondo livello, che è quello della materia, quello in cui noi tutti esistiamo e ci muoviamo. Ma come abbiamo detto prima, cos’è un oggetto materiale, se non l’espressione di un concetto, o di un’idea? Per esprimere in forma tangibile un concetto, però, serve qualcosa che sia in grado di ‘scegliere’ da quel Tutto qualcosa di specifico. Questo qualcosa non è altro che il pensiero, che secondo Troward e Wattles è il tramite attraverso il quale le idee potenziali e inespresse diventano concrete e si esprimono nel mondo materiale. La nostra mente pensante quindi diventa lo strumento indispensabile per rendere concrete le idee nel mondo materiale. Siamo arrivati quindi alla conclusione che il pensiero è in grado di ‘creare’, di conseguenza non siamo altro che lo strumento attraverso il quale la mente divina si esprime. Possiamo creare come Lui perché questa è la Sua volontà. Niente a che vedere quindi con la negazione dell’esistenza di Dio, anche se poi va detto che abbiamo utilizzato questo potere per creare l’idea della separazione, che è l’unica causa di tutte le brutture che

vediamo proiettate nel mondo materiale. La conseguenza di tutto ciò, Sabrina, è che per la fisica quantistica tu potresti far apparire un diamante, ma non puoi farlo perché nel profondo del tuo essere non credi di poterlo fare. Per riuscirci non basta la volontà di farlo, perché bisognerebbe accedere a livelli di coscienza ben più elevati di quelli in cui siamo ora. Fin qui credo che siamo abbastanza d’accordo, ma i nostri punti di vista iniziano a divergere se prendiamo in considerazione il concetto di sogno, nel quale siamo tutti immersi. Sandra, hai ragione quando dici che vivresti nell’angoscia se pensassi che nulla di tutto ciò che vedi esiste. Ma pochi si rendono conto che, di fatto, viviamo già in una forma più o meno grave di angoscia. Ogni essere non risvegliato sente il mondo come qualcosa di ostile, che può decidere il suo destino in qualsiasi momento. E’ questa la vera angoscia. L’angoscia deriva dal fatto che ci identifichiamo con la parte sbagliata di noi stessi. Hai angoscia nel pensare che vivi in un sogno, perché ti stai identificando con il tuo corpo e con la tua mente. Questo è l’errore più grande. Siamo esseri Divini, e il nostro Vero Sé abita nell’altro livello, quello spirituale, che è la Vera Realtà. Quella realtà è l’unica esistente, ed è la Mente di Dio. Com’è scritto in Un Corso in Miracoli, siamo un pensiero d’amore nella mente di Dio. E siccome i pensieri creano, ecco spiegata la parte di noi materiale, quella che percepiamo con i cinque sensi. Non fraintendetemi, nulla a che vedere con la religione, sto parlando di concetti molto più scientifici di quanto possano apparire, e la fisica quantistica ci sta aiutando a sollevare il velo. Al di là del sogno esiste un mondo di cui non abbiamo alcuna percezione, ma non per questo non esiste, e un giorno tutto questo verrà spiegato nelle università. Se pensi di essere il tuo corpo, è normale che l’idea del sogno ti angosci, perché dovresti ammettere che il tuo corpo non esiste, e poiché t’identifichi con esso, avresti paura di smettere di esistere, se negassi la sua concretezza. Ma anche qui cadi nell’inganno, perché non sei tu colei che ha paura. E’ il tuo ego ad avere paura, e fa di tutto per farti credere di essere il tuo corpo, perché solo in questo modo lui può garantirsi l’esistenza. Ti sei identificata erroneamente col tuo ego, ma in realtà sei più grande dell’Universo, e il tuo Vero Sé vive al di fuori di esso, in un luogo senza tempo e senza spazio, dove il pensiero è tutto, e la materia non ha alcuna ragione di esistere. Sei la sognatrice, non colei che è sognata. Sei tu a contenere l’Universo,

così come per analogia è la tua mente fisica a contenere il sogno mentre dormi. E così come il tuo sogno notturno non esiste se tu non dormi, così l’intero Universo ha bisogno di te per esistere. Bel compito, non trovi?

Sandra: Dunque, Paolo, siamo esseri divini e la vera realtà, l'unica esistente, risiede nel livello spirituale. Però, perché non dobbiamo pensare di essere anche il nostro corpo e la nostra mente e dobbiamo concentrarci soltanto sulla dimensione spirituale? A che scopo Dio ci avrebbe dato una dimensione terrena? Esistiamo su tre diversi livelli, del corpo, della mente e dello spirito e dovremmo dare espressione a ciascuno di essi, come dice anche Wattles nel libro che avete citato. Altrimenti, perché saremmo creature divine dotate di un potere infinito? A cosa ci servirebbe questo potere infinito, dovremmo soltanto contemplarlo senza farne uso?

Sabrina: Scusate, ma io questo potere infinito lo vedo quasi utopistico. Credo che finora la nostra conversazione abbia messo in evidenza il fatto che cambiare il mondo circostante non possa prescindere dalla trasformazione di noi stessi, visto che esso è il risultato delle nostre proiezioni. Ciò che però ho percepito è che tale trasformazione è davvero radicale, un ribaltamento dell’essere ad ogni livello della sua coscienza. Un percorso inesplorato che mi fa pensare che non sia alla portata di chiunque intraprenda un simile cammino. La trasformazione di se stessi è vera e propria alchimia, che dovrebbe portare al raggiungimento di uno stato tale di beatitudine e serenità interiori, la famosa Pietra dei Filosofi, che trovo difficile pensare che, una volta raggiunto questo stato, l’essere umano possa ancora desiderare qualcosa di materiale. Credo che arrivare a una tale condizione di consapevolezza ti renda appagato e felice, colmo di amore incondizionato per tutto e tutti e a questo punto non hai più bisogno di creare la tua realtà perché sei un essere divino immerso nella perfezione! Ma poi come si arriva ad un livello tale di coscienza? Io non sono convinta che sia sufficiente ripulire l'inconscio, essere grati, non giudicare, eccetera. È certamente necessario fare un viaggio alchemico e, a questo punto, penso che siano davvero pochi coloro che sono capaci di arrivare all’universale amore

comionevole “trasmutando” se stessi.

Paolo: Carissime Sandra e Sabrina, ci stiamo addentrando in terreni inesplorati, dove a mio avviso la ragione e l’intelletto non possono fare granché, rinchiusi come siamo nella nostra prigione di credenze e superstizioni limitanti. Quello che posso dire è che forse non esiste alcuno scopo predeterminato, poiché siamo i creatori della nostra realtà, e avendo pieno e illimitato arbitrio, sono convinto che siamo noi a poter decidere quale scopo dare alla nostra esistenza. Non dobbiamo imparare nulla, come ho detto, ma penso anche che non dobbiamo scoprire nulla. La vita è un processo di creazione, non di scoperta, e ognuno di noi è qui per creare il proprio essere con l’unico fine di farne esperienza. Qual è il fine ultimo di questa esperienza? Come ho già detto, siamo qui per ‘ricordare’ la nostra natura divina, e l’unico modo possibile per farlo è riuscire a ‘sentirci’ tali ando attraverso uno stato apparente di non-divinità. Il sentire però non può essere appreso dall’esterno, non basterebbe un esercito di maestri, né intere biblioteche di scritti. I maestri ci possono indicare solo la possibile via, sta a noi imboccarla e percorrerla fino in fondo. La conoscenza deve derivare necessariamente dall’esperienza, che è l’unica fonte da cui possiamo attingere la verità. Per questo torniamo al concetto secondo il quale non dobbiamo credere a priori a nulla di tutto ciò che leggiamo o ascoltiamo, a meno che non ‘sentiamo’ dentro di noi che quella è la verità, ricordandola o vivendola. Come vedete siamo tornati al punto di partenza, e cercare di uscire da questo loop con il solo ragionamento logico non ha alcun senso. Invece di perderci in elucubrazioni filosofiche, vorrei riportare il discorso su temi più concreti, cercando di sviscerare tutto quanto è possibile sapere sul come funziona il mondo, al fine di riuscire a creare in modo consapevole la nostra realtà. Di una cosa sono certo: per poter diventare qualcosa, bisogna prima di tutto sentire di esserlo. Questo deriva in parte da come funziona il nostro inconscio. Come avevamo detto all’inizio di questa conversazione, l’inconscio non può vedere la realtà che percepiamo con i nostri sensi, ma solo le emozioni e le sensazioni che le vengono trasmesse dalla mente conscia. L’inconscio di fatto

è il ponte di collegamento tra il primo livello, il livello dello spirito, e il secondo livello, quello della materia. E’ il mezzo attraverso il quale la creazione può operare, rendendo espresso nel mondo fisico qualsiasi concetto o idea concepita dalla mente conscia. Ecco allora un’importante indicazione: se l’inconscio percepisce solo le nostre sensazioni, senza alcuna possibilità di verificare che queste corrispondano alla realtà visibile, allora è chiaro che se riuscissimo in qualche modo a ‘sentire’ di essere quello che vorremmo diventare, potremmo, di fatto, essere o avere qualsiasi cosa nella nostra vita. A questo punto ognuno scelga lo scopo che desidera ottenere da tutto ciò. Si può decidere di diventare qualcosa o qualcuno per farne esperienza, e così ‘trascendere’ quello stato al fine di avvicinarsi al riconoscimento della propria natura divina, o semplicemente si può decidere di usare questo potere per vivere meglio e ottenere quello che più si desidera dalla vita. Avete il libero arbitrio su cosa fare della vostra esistenza. Il messaggio però è uno solo: scegliete cosa diventare, e fate di tutto per esserlo. Usate tutto il potere della vostra volontà per fissare bene in mente l’obiettivo da raggiungere, e fatelo diventare il vostro chiodo fisso, mantenendo sempre un attento controllo sulla mente in modo da eliminare qualsiasi pensiero negativo riguardo alla possibilità di raggiungere l’obiettivo finale. “Essere o non essere, questo è il problema”, recitava Amleto, e aveva pienamente ragione. Ma qui nasce il primo problema, di fronte al quale la maggior parte delle persone si perde, non riuscendo a comprendere il vero significato della frase “essere per diventare”. L’inghippo è che questa regola vale per qualsiasi cosa vogliamo diventare, quindi va rispettata innanzi tutto per diventare Creatori Consapevoli. Ebbene sì, nessuno ci pensa, ma se vogliamo diventare creatori della nostra realtà, dobbiamo prima di tutto ‘sentire’ di esserlo. Questo è quello che intendeva Gesù quando parlava della fede: avere fede è sentire con assoluta certezza di essere creatori della propria realtà. Questo ci dà il potere di diventare Creatori Consapevoli. Essere per diventare, appunto. Ma quasi tutti ignorano questo importante concetto, concentrandosi solo sugli aspetti secondari, come la visualizzazione o il ripetere frasi positive. I Vangeli sono sicuramente i più importanti testi mai scritti sulla Legge di Attrazione, e chi sa interpretarli nel loro giusto significato non ha alcun bisogno di altri insegnamenti. C’è un bellissimo episodio nel quale Gesù, rispondendo ai

discepoli che gli chiedevano come potessero accrescere la loro fede, disse “Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: sràdicati e vai a piantarti nel mare, ed esso vi ascolterebbe”. Avete mai pensato a cosa volesse dire Gesù con quel ‘granello di senape’? Ho trovato una bellissima spiegazione nel libro “La Scuola degli Dei” di Stefano D’Anna, nel quale l’autore spiega che ognuno di noi nasce con un certo quantitativo di fede, che riversa poi nelle cose più svariate. Il problema è che tutti noi riversiamo gran parte di quella fede sulle negatività e su una visione pessimistica della vita. Ricordate quando vi ho detto che la nostra mente è sempre sintonizzata su “Radio Problema”? Ebbene, i discepoli si sbagliavano quando credevano che servisse più fede, perché quel granello di senape non rappresenta un quantitativo di fede in più che ora non abbiamo. Gesù con quella frase ha voluto invece dirci che abbiamo già in noi tutto quello che serve, perché basterebbe ‘spostare’ o ‘dirottare’ una piccolissima parte della fede che già possediamo, e che utilizziamo in modo sbagliato, verso la consapevolezza che siamo esseri immensi dotati di un potere infinito. Dobbiamo insomma smetterla di riversare tutta la nostra fede nel fatto che siamo piccoli esseri, nati per caso su di un pianetino sperduto nell’immensità dello spazio, in balìa degli eventi esterni. Per diventare Creatori Consapevoli dobbiamo prima di tutto avere fede nella nostra natura divina, avere fede nel fatto che l’Universo è una nostra creazione e nel fatto che nulla può accadere senza il nostro permesso. Spostare solo un pò di fede, tanta quanto un granello di senape, questa è la chiave. E se vi state chiedendo come si possa ottenere questo ‘spostamento’, la risposta è in quello che hai detto tu Sabrina riguardo al lavoro di trasformazione alchemico, perché è proprio attraverso la “trasmutazione” del proprio essere che si può ottenere il cambiamento desiderato. Vedo con piacere che sei molto preparata sull’argomento, perché la maggior parte delle persone associa l’alchimia a quella pseudo-scienza nella quale dei chimici un po’ bizzarri tentavano nel Medioevo di trasformare, con tecniche che io definirei poco ortodosse, il piombo in oro. La realtà è un’altra e, a differenza di quanto ci è stato insegnato a scuola, l’alchimia è una dottrina esoterica le cui origini si perdono nella notte dei tempi, poiché se ne trovano tracce addirittura presso gli antichi Egizi. Gli alchimisti erano studiosi esoterici che cercavano l’illuminazione attraverso la

“trasmutazione” di se stessi. Come ci riuscivano? Semplicemente con l’autoosservazione, o per usare dei termini già noti, con la presenza o il ricordo di se stessi. Come vedete ritorniamo sempre sullo stesso argomento, che non a caso reputo di fondamentale importanza per chiunque voglia intraprendere un percorso di crescita personale. Gli alchimisti semplicemente osservavano le proprie emozioni in modo distaccato, non identificandosi in esse, e non giudicandole in alcun modo. E’ un lavoro di disidentificazione dal proprio corpo e dalla propria mente, e di accettazione di quanto accade al proprio interno, che porta a trasformare le emozioni negative in emozioni positive, che nella dottrina alchemica sono simboleggiate rispettivamente dal piombo e dall’oro. E hai ragione Sabrina quando ipotizzi che sono davvero pochi coloro che riescono in questo lavoro di trasmutazione, perchè è un lavoro lungo e difficile, dato che non è semplice distaccarsi dalle emozioni negative e riuscire a osservarle come se non ci appartenessero. Coloro però che riescono nell’impresa guadagnano il più alto dei premi, che è il controllo del proprio essere, e di conseguenza della propria realtà. Sicuramente torneremo a parlare dell’importanza dell’osservare se stessi, perché i fisici quantistici si sono resi conto del ruolo centrale e per nulla secondario che l’Osservatore ha nel determinare la realtà che lo circonda. La scienza sta sempre di più confermando quello che le antiche dottrine esoteriche affermano da tempo immemorabile.

Sandra: Secondo Gesù, dunque, avere fede significa sentire con assoluta certezza di essere creatori della propria realtà ed è necessario avere una fiducia completa nel fatto che siamo creature divine dotate di poteri infiniti. Siamo, dunque, noi i creatori della nostra realtà. A me non sembra però che questo implichi che anche l'Universo sia una nostra creazione. Io preferisco pensare che l'Universo l'abbia creato Dio. Direi anche che creiamo la nostra realtà positiva quando ci riconnettiamo con la Sorgente creatrice, Dio, mente universale o come la vogliamo chiamare, e questo ci rende co-creatori della nostra realtà. Siamo parte della mente universale, la quale è presente in ogni cosa e solo quando siamo in armonia con essa riusciamo a creare una realtà positiva. La fede dovrebbe essere quindi la certezza assoluta che esiste questa Sorgente creatrice e che abbiamo il potere di riconnetterci ad essa per creare la nostra realtà insieme ad essa, insieme a Dio.

Per quanto riguarda l'alchimia, mi sembra di capire che si tratti dello stesso percorso di cui stavamo già discutendo, con l'aggiunta di un alone di magia che lo rende forse più affascinante e più misterioso. Sappiamo che il percorso di crescita personale è lungo e faticoso ma, Sabrina, tu ne parli in termini abbastanza drammatici. Parli di un ribaltamento dell’essere ad ogni livello della sua coscienza, che fa apparire questo percorso ancora più difficile. Quel ribaltamento forse non è altro che la riprogrammazione dell'inconscio, che ti porta a cambiare la tua visione di te stessa e del mondo. Non dico che sia facile, ma intraprendere un percorso di crescita personale partendo dall'alchimia mi sembra che renda tutto più complicato. Inoltre, se sei convinta che sia difficile, lo sarà sicuramente. “Che tu creda di farcela o di non farcela avrai comunque ragione” diceva Henry Ford.

Sabrina: Non voglio entrare nel merito della discussione sulla Creazione, perché ho già detto ciò che penso, ma voglio comunque ribadire il fatto che il fine ultimo dell’esperienza terrena dell’uomo è l’evoluzione verso uno stato di perfezione assoluta, già manifestato sulla terra da uomini straordinari e illuminati come Gesù. L’uomo, attraverso l’esperienza in questo mondo con i suoi simili, deve arrivare a raggiungere il suo Dio interiore, e conseguentemente creare la sua realtà. E per fare ciò ha bisogno di una “fede” incondizionata e senza remore nel potere che alberga dentro di sé. Sandra, riprogrammare l'inconscio e il ribaltamento del proprio essere, o come dice Paolo, la “disidentificazione” dal proprio corpo e dalla propria mente, quindi la trasmutazione del piombo in oro, non credo siano esattamente la stessa cosa. Forse sono le due diverse facce della stessa moneta. Poco fa ho detto che raggiungere il potere infinito è quasi utopistico, e ne sono profondamente convinta, dato che l’uomo è molto lontano da sé stesso e quindi dalla verità. Ma ho detto “quasi”, quindi ritengo sia comunque possibile arrivare ad esso. Anche se penso che, come diceva Paolo all’inizio di questa piacevole conversazione, una simile meta può non essere raggiunta in una sola vita. Ogni essere umano vivrebbe numerose vite fino a raggiungere lo stato di Perfezione. Io sono d’accordo con coloro che affermano che Gesù credeva nella reincarnazione. Non mi sembra affatto di aver usato un tono “drammatico”, tuttavia resto comunque dell’opinione che l’alchimia Spirituale sia una delle cose più difficili da mettere in pratica (ma sono sicura che chiunque lo desidera fortemente può

riuscire a farlo e sono perfettamente d’accordo con Henry Ford!). Essa è un’arte che nel corso dei secoli è stata studiata dall’esoterismo cristiano, come da quello ebraico, dal Sufismo e dai Rosa Croce, quindi è un patrimonio prezioso messo a disposizione dell’uomo affinché possa arrivare all’illuminazione e a scoprire la sua vera essenza. Ma non posso fare a meno di chiedermi: quando attraverso il cammino alchemico esoterico arrivo alla perfezione e all’identificazione con Dio, posso ancora continuare ad esistere in questa dimensione? A cosa serve riuscire a creare la mia realtà se sono un essere perfetto e ho già tutto quello che mi serve?

Paolo: Carissime Sandra e Sabrina, la questione di chi abbia creato davvero il mondo non si pone, se ricordiamo di essere tutt’Uno con Dio. Forse l’ostacolo più grande è proprio quello di riuscire a credere di non essere in alcun modo separati da Dio. Come ho già detto, siamo un pensiero d’amore nella Sua mente e ogni pensiero non abbandona mai la sua origine. E’ un concetto davvero complesso, lo ammetto, perché i nostri occhi vedono le cose come se fossero davvero separate. Il nostro corpo può muoversi indipendentemente dagli altri, e vediamo un intero Universo che sembra essere là fuori, separato da noi. Non è così, e la fisica quantistica ce lo dimostra in molti modi. Gli scienziati si sono accorti, per esempio, che qualsiasi coppia di particelle, anche se poste a enormi distanze, continua a comportarsi come se fosse un’unica particella, e tutto ciò che viene fatto a una delle due si ripercuote immediatamente sull’altra, anche se si trovano a una distanza di milioni di anni luce. L’effetto si chiama entanglement quantistico, ed è stato dimostrato più volte in diversi esperimenti di laboratorio. I nostri occhi vedono due particelle, ma in realtà lo spazio che le separa è come se non esistesse, perché si comportano come se fossero un’unica entità indivisibile. In realtà quello spazio non esiste davvero, perché sia il tempo che lo spazio sono solo illusioni create dalla nostra mente per avvalorare la falsa credenza che siamo separati gli uni dagli altri. Il mondo riflette le nostre credenze più profonde, e di conseguenza anche le leggi fisiche sono di fatto la materializzazione di quelle credenze. Siamo noi a creare la realtà a nostra immagine e somiglianza, ma non potremo mai crederlo senza abbandonare la concezione del mondo che ci viene fornita dai nostri sensi fisici. La realtà è ben altra cosa rispetto a quello che vediamo, e non dobbiamo

fare l’errore di scambiare i nostri limiti percettivi per i veri limiti del mondo. Tornando alla questione di chi ha creato il mondo, dobbiamo essere molto chiari con noi stessi, rispondendo con sincerità alla domanda se crediamo davvero al fatto che il mondo là fuori non esiste, e che quindi è solo un’illusione creata da noi. Se la risposta è sì, non possiamo affermare che il creatore sia qualcun altro, anche se quel qualcuno si chiama Dio, altrimenti entriamo in un’enorme contraddizione. Sia Dio che noi creiamo continuamente la nostra realtà, ma la differenza fondamentale è in quello che creiamo. Dio è Colui che prima di tutto ha creato la Realtà, quella con la R maiuscola, regolata da leggi ben diverse da quelle che si insegnano nelle nostre scuole. Anzi, direi che la Realtà e Dio sono la stessa cosa, se intendiamo Dio come tutto ciò che è e che sempre sarà. Dio poi ha creato noi, facendoci a Sua immagine e somiglianza. Questo vuol dire che ci ha donato il Suo stesso potere di creare, e noi abbiamo utilizzato quel potere per creare il mondo che vediamo, che però riflette nelle sue caratteristiche le nostre più intime credenze. Nel momento in cui abbiamo creduto di essere separati da Dio, abbiamo creduto di aver commesso un grave peccato e di essere in colpa per questo. Di conseguenza abbiamo creato una realtà nella quale, come scritto nel libro Un Corso in Miracoli, ci siamo nascosti per sfuggire alla vendetta divina, e nella quale proiettiamo le nostre colpe immaginarie, addossandole agli altri. Ecco spiegata l’origine della legge dello specchio. E’ il modo in cui il nostro ego ci libera apparentemente di quelle che sentiamo essere le nostre colpe, proiettandole sugli altri così da poterle additare e condannare, credendo che non ci appartengano. Ecco perché vediamo un mondo separato da noi, fatto di ingiustizie e atrocità, e anche se so che non sarete d’accordo, sappiate che siamo gli unici responsabili di tutte quelle brutture. Sarò molto categorico: nessuno potrà mai essere creatore consapevole della propria realtà senza avere la consapevolezza di essere l’unico e solo responsabile di tutto ciò che i suoi occhi vedono. Come si può pensare di poter creare il proprio futuro, se poi non si accetta di aver creato il presente? Non prendiamoci in giro, perché o si crede davvero di essere i creatori di tutto il mondo visibile, oppure tentare di applicare la legge di attrazione diventa solo un divertente ma inutile esercizio mentale, perché vi ricordo che noi possiamo creare solo quello che crediamo a livello più profondo. E’ un concetto tanto banale quanto difficile da accettare, perché da un lato ci piacerebbe tanto materializzare quella villa con piscina, ma dall’altro ci rifugiamo nel giudizio scaricando la responsabilità sugli

altri, quando si tratta di prendere davvero consapevolezza di essere gli unici responsabili di tutto ciò che ci accade, sia nel bene, sia nel male. E’ un lavoro lungo, servono forse molte vite, ma alla fine arriveremo tutti a riconoscere la verità. E qui mi riallaccio al discorso fatto da te Sabrina sulla reincarnazione. Non so cosa credesse davvero Gesù a tal proposito, ma desidero farti notare che anche sulla reincarnazione abbiamo una visione distorta, inquinata dalla concezione errata che abbiamo del tempo. Abbiamo già detto che il tempo non esiste, e allora la conseguenza è che tutte le reincarnazioni in realtà avvengono contemporaneamente, nel qui e ora. Questo ci fa comprendere ancora di più la nostra reale grandezza, poiché non siamo in alcun modo esseri limitati all’interno di questo corpo, incarnati in questa epoca, ma siamo invece esseri immensi che compiono contemporaneamente una moltitudine di esperienze in tanti corpi diversi ed epoche diverse. Secondo alcune teorie queste reincarnazioni comunicano tra di loro continuamente, perché la sommatoria di tutte le esperienze serve a far evolvere il nostro Vero Sé, che come abbiamo detto vive al di fuori della realtà fisica, dove né il tempo né lo spazio hanno alcun senso. Le idee o intuizioni che abbiamo, per esempio, provengono il più delle volte da una delle altre vite, che ci trasmettono in contemporanea le loro ‘scoperte’, affinché tutto il nostro essere possa trarne giovamento per la sua evoluzione. E allora Sabrina, per rispondere alla tua domanda finale su che senso avrebbe continuare a creare questa realtà se la nostra vera natura è un’altra, io dico che è proprio questa moltitudine di esperienze terrene che ci permetterà un giorno di ricordare chi siamo veramente, e quindi raggiungere di nuovo la consapevolezza della nostra natura divina. Siamo caduti in un sogno credendolo reale, ma è proprio il lavoro di consapevolezza fatto nel sogno che ci porterà un giorno al risveglio.

Sabrina: Io credo che, per quanto riguarda la natura della nostra realtà, esistano solo verità relative. Noi in questo momento stiamo analizzando l’attendibilità della fisica quantistica, che in parte può essere dimostrabile concretamente, ma solo in parte. Ci sono poi alcuni illustri uomini di scienza convinti che la realtà non sia altro che una simulazione olografica programmata in un super computer da una civiltà aliena più avanzata della nostra. Come provare il contrario?

Ricordiamo poi Platone e il “mito della caverna”. Il filosofo greco sosteneva che il nostro mondo fosse la copia sbiadita della vera realtà chiamata Iperuranio (al di là dei cieli). Ci sono pertanto numerose ipotesi, ma nessuna di esse è verità indiscutibile. Paolo, quanto hai detto sull’ipotesi della reincarnazione mi ha fatto riflettere. Effettivamente, considerando che il tempo non esiste, tutte le reincarnazioni avverrebbero contemporaneamente nel momento presente. Questo significa che siamo più individui simultaneamente? Individui che esistono nella stessa dimensione ma che vivrebbero esperienze diverse, ognuna delle quali è in grado di avvicinare l’essere alla Perfezione? Ma allora non ha senso dire che la consapevolezza potrebbe essere raggiunta in numerose vite. Non esistono numerose vite se viviamo in un continuo presente e la perfezione dovrebbe raggiungersi nel qui e ora.

Sandra: Paolo, sono d'accordo su una cosa, cioè sul fatto che siamo un tutt'uno con Dio. Per il resto, io distinguerei ancora una volta la mia realtà da quello che chiamiamo “universo”, perché non riesco a concepire l'idea che io possa aver creato il sole e i pianeti, per esempio. Posso invece riconoscere che la “mia” realtà più immediata sia un riflesso dei miei pensieri e in questo senso l'ho creata io. Se crediamo che anche le leggi fisiche siano una materializzazione delle nostre idee ne potremmo dedurre che non siano attendibili nemmeno le spiegazioni così accurate della fisica quantistica. Dovremmo quindi negare tutto, e restare con la sola certezza che siamo un pensiero d'amore nella mente di Dio, viviamo in un sogno dove nulla è reale e, senza un motivo preciso, percepiamo una realtà che non è altro che un'illusione creata dalla nostra mente, la quale non fa altro che ingannarci. Perché, se Dio è amore, e io sono un pensiero di amore nella sua mente, devo avere una visione così cupa? Secondo me non si può negare la realtà materiale e dire che siamo solo un'idea di amore. Non è necessario affermare una cosa ed escludere l'altra, siamo esseri spirituali e abbiamo una dimensione terrena, fatta di un mondo materiale che percepiamo con i nostri sensi. Si tratta di una dualità apparente che si può superare affermando l'unità dell'universo, l'unità di Dio. Per quanto riguarda la questione del peccato e del senso di colpa, mi sembra un discorso che ha senso da una prospettiva cristiana. Come lo applichiamo a chi

non si riconosce nel cristianesimo?

Paolo: Sabrina, hai ragione quando dici che esistono tantissime teorie, e ogni giorno ne escono di nuove e di sempre più stravaganti. E allora per evitare di perdersi in questo enorme oceano di ipotesi, l’unica cosa a mio avviso che si può fare è affidarsi a quelle teorie che, almeno in parte, sono dimostrabili in modo scientifico. La fisica quantistica è l’unico appiglio che abbiamo al momento, ed è stato il primo e finora unico mezzo attraverso il quale gli scienziati hanno capito che la realtà non è come la percepiamo. Tutto il resto è solo uno stravagante esercizio mentale. La fisica quantistica però ci permette solo di scoprire alcuni effetti indiretti del sogno, non il sogno stesso. Dobbiamo infatti partire dal presupposto che non è possibile svelare il sogno restando al suo interno, perché qualsiasi mezzo utilizziamo per farlo, come i nostri sensi o uno strumento di laboratorio, fa anch’esso parte del sogno. Ma proprio perché è il nostro sogno, la cosa più strana è che in teoria lo possiamo creare come vogliamo, e forse gli scienziati stanno arrivando proprio a questa incredibile conclusione, perché si stanno rendendo conto che sembra non esserci fine a ciò che possono scoprire, perché più cercano in profondità, più trovano. È come se stessero creando nuove cose man mano che le cercano. Bizzarro, non trovi? Riguardo alla reincarnazione, il fatto che le diverse vite si sviluppino in parallelo è solo una curiosità intellettuale, e non crea alcuna contraddizione, perché se ci pensi il risultato non cambia affatto. In ogni caso la nostra evoluzione è il risultato di tutte le esperienze fatte in innumerevoli vite. E’ del tutto indifferente che queste avvengano in parallelo su diversi piani di esistenza, o in modo sequenziale. Ho voluto accennare a questo solo per evidenziare che il nostro cervello continua a ragionare in termini di tempo lineare, anche se abbiamo letto più volte, e forse anche apparentemente accettato, che il tempo è solo un’illusione. C’è una parte di noi che continua ostinatamente ad applicare il modello di realtà che abbiamo costruito lungo tutta una vita, e a cercare di ricondurre ad esso qualsiasi nuova ipotesi. Capisci perché è così difficile sovvertire il nostro modo di concepire il mondo?

E qui mi riallaccio al tuo discorso Sandra, riguardo al fatto che ti risulta difficile credere che tutto l’Universo sia stato creato da te. Non posso e non voglio convincerti di nulla, naturalmente, sei libera di pensare quello che vuoi, ma invece che concentrarmi su concetti astratti, fossi in te guarderei all’aspetto pratico della cosa. Ti chiedo solo di considerare che, finchè crederai all’esistenza di qualcosa di esterno a te e fuori dal tuo controllo, continuerai a dare vita a un mondo che ha volontà propria, e che quindi potrebbe farti qualsiasi cosa in qualsiasi momento. Questo è l’incubo di cui parlavamo prima. La cosa assurda è che l’idea di un mondo di cui siamo noi gli unici artefici ci mette angoscia e quindi siamo portati a rifiutarlo come non reale, ma non ci rendiamo conto che è proprio questo rifiuto la causa di tutto il mal di vivere che percepiamo. Anche quando tutto va bene, infatti, avvertiamo costantemente una strana sensazione di impotenza, pensando che qualche problema possa abbattersi su di noi da un momento all’altro. Continuerà a essere così fino a che crederemo che c’è qualcosa là fuori che non possiamo controllare. Siamo dei potenti creatori anche in questo: se crediamo in un mondo che ha la facoltà di farci del male in qualsiasi momento, creiamo proprio quel mondo. Desideri davvero creare consapevolmente la tua realtà? Metti da parte tutte le elucubrazioni filosofiche, e cerca con tutti i mezzi di sentirti padrona della tua vita, o almeno di convincerti di poterlo essere. C’è una frase che mi ripeto tutte le volte che mi assale la paura per qualcosa: “E’ la paura di arrivare tardi a rallentare il mio treno”. In questo modo mi ricordo di essere l’unico responsabile dei miei problemi, e l’angoscia, che è solo il risultato del mio modo errato di pensare, svanisce nel nulla, poiché di nulla è fatta, ed è dal nulla che proviene. Concludo rispondendo alla tua obiezione riguardo al fatto che solo chi è cristiano troverebbe sensato il discorso sul sentirsi in colpa. Niente affatto. Sai da dove proviene quel senso di angoscia di cui parlavo un attimo fa, percepito dalla maggior parte degli esseri umani di questo pianeta, indipendentemente dal credo religioso di appartenenza? Viene proprio dal sentirsi in colpa per essersi creduti separati da Dio. E naturalmente non parlo del Dio cristiano, né di qualunque altra religione. E’ un senso di colpa che proviamo a livello profondo, inconscio, e del quale quindi non è possibile essere direttamente a conoscenza. E’ proprio quel senso di colpa che provoca in noi la paura inconscia di essere puniti da quel Dio per quello che abbiamo fatto. E’ da qui che deriva il Dio iracondo e vendicativo che viene descritto nei libri sacri di molte religioni. Voltaire disse: “Dio creò l'uomo a sua immagine e somiglianza, e poi l'uomo restituì il

complimento”. Questo risponde anche alla tua domanda sul perché abbiamo una visione così cupa del mondo. Il mondo in sé non è cupo, ma è il riflesso di quello che siamo al nostro interno. Può diventare un’esperienza gioiosa e piacevolissima, ma siamo noi che, al momento, non lo permettiamo. Ti invito a leggere “Un Corso in Miracoli”, che descrive in modo perfetto questa idea, illustrando il meccanismo secondo il quale il nostro sentirci separati da Dio crea il mondo ostile e pericoloso che percepiamo. Quello che noi chiamiamo peccato viene considerato nel Corso in Miracoli solo un semplice errore del quale, come è scritto nel libro, il Figlio di Dio dimenticò di sorridere. Ma nulla è perduto, perché siamo ancora in tempo per sorridere di questo mondo, riconoscendolo come una semplice illusione. Detta così, però, la cosa è ancora nebulosa, perché affermare che bisogna riconoscere il mondo come un’illusione non significa granchè. Siccome vorrei dare una connotazione pratica a questa nostra discussione, iniziamo a capire il significato di questa affermazione. Riconoscere l’illusione vuol dire iniziare a vedere le cose come realmente sono. Significa capire il perché di molte cose che ci accadono, e modificare il proprio pensiero per non cadere più nella trappola dell’illusione. Iniziamo allora col riconoscere che tutti i nostri problemi non sono altro che benedizioni. Sì, ho detto proprio benedizioni. Lo avrete sicuramente già sentito dire o letto da qualche parte, ma vi siete mai chieste qual è il vero significato di questa affermazione, e come trarne vantaggio? Dovete sapere che i pensieri negativi oppongono resistenza alla vera Realtà, quella con la R maiuscola per intenderci. Tutte le volte, infatti, che pensiamo di essere inadeguati, o abbiamo un pensiero di ristrettezza, o ci sentiamo in colpa, stiamo di fatto negando la Realtà, perché come già sapete la nostra vera natura è Divina, e quindi siamo esseri perfetti dotati di un potere illimitato. Vedo le vostre facce un po’ dubbiose, e allora prima di continuare vorrei sapere cosa non vi convince, o cosa già pensate al riguardo.

Sandra: È vero Paolo, effettivamente c'è qualcosa che non mi convince e proverò a spiegare il mio punto di vista. Io penso che il mondo sia stato creato perfetto da

Dio come riflesso della sua perfezione. Se lo vedo negativo e pericoloso questo dipende dalle mie credenze negative, ma non provo nessuna angoscia né alcun senso di colpa perché so che ho il potere di cambiare la mia realtà se cambio il mio modo di vedere le cose. Questo significa che esiste un creatore del mondo, che non sono io, e che io posso cambiare solo la mia percezione di esso, ma non posso controllare tutto quello che vedo là fuori. Se fosse come dici tu, Gesù non sarebbe stato crocifisso e Gandhi non sarebbe stato assassinato, perché avrebbero creato una realtà a loro immagine e somiglianza, fatta di amore, perfezione e consapevolezza. Invece, sappiamo che non è andata così. Quindi, non nego che il mondo possa farmi qualsiasi cosa in qualsiasi momento, anzi, lo ammetto almeno come possibilità, dato che viviamo in un universo fatto di infinite possibilità. Posso però evitare di focalizzare i miei pensieri su queste possibilità, perché so che quello su cui si sofferma la mia mente diventa la mia realtà. Tutto è come deve essere, tutto è perfetto, devo solo riuscire a vedere tale perfezione, vederla nella mia mente e manifestarla nella mia realtà, e posso fare questo attraverso il controllo dei miei pensieri, diventando così padrona della mia vita. Tutto ciò che ci accade lo creiamo noi, compresi i problemi. Non so se siano benedizioni, so però che sono il riflesso dei nostri pensieri, che ci fanno capire che non siamo in armonia con il nostro Sé superiore, per cui abbiamo creato una realtà che riflette questa disarmonia. Però, definire una situazione “problema” non significa esprimere un giudizio, mentre in realtà non dovremmo giudicare, né lamentarci?

Sabrina: Allora, continuiamo ad affermare che siamo esseri divini dotati di un immenso potere e che Dio è amore assoluto e incondizionato. Ma come facciamo ad avere la consapevolezza del bene, come possiamo stabilire che l’amore rappresenta la perfezione ed è ciò di cui abbiamo bisogno? Se percepiamo il bene è solo perché conosciamo il male, altrimenti non potremmo affermare che Dio è amore. L’uomo ha scelto Dio come rappresentazione del bene e il diavolo come immagine del male. Pertanto siamo esseri divini, ma dentro di noi esiste anche l’esatto opposto. Come si conciliano questi due aspetti dell’essere?

Secondo me non esiste armonizzazione tra i due aspetti, quindi per raggiungere la perfezione si deve contrastare ed eliminare totalmente il male dalla nostra essenza, ecco perché si parla di trasmutazione del piombo in oro. Le emozioni negative devono necessariamente trasformarsi in emozioni positive, la rabbia in perdono, l’odio in amore il rancore in tolleranza, eccetera. Per questo si parla tanto di ritorno all’Uno, tutto è Uno. Per creare consapevolmente la nostra realtà, dentro di noi tutto deve diventare amore. Alquanto impegnativo! Chiaramente questo è il mio modo di vedere, non so se è esattamente così. Paolo, non credo di aver capito del tutto cosa intendi dire quando dici che i problemi sono “benedizioni”, ma forse il discorso potrebbe ricondursi a ciò che ho appena detto, ovvero se non avessimo i problemi non potremmo comprendere la realtà con la R maiuscola, come dici tu. I problemi servono ad evolvere e a stabilire ciò che non desideriamo nella nostra realtà. Noi scegliamo o attraiamo i problemi utili alla nostra crescita spirituale. Tanto è vero che quando ci capitano situazioni avverse non ne capiamo il vero significato, che appare chiaro solo quando i pezzettini del puzzle della nostra vita si ricompongono grazie ad altri avvenimenti conseguenti a quelli negativi.

Paolo: Sandra e Sabrina, mi accorgo che continuiamo a essere d’accordo su molte cose, ma poi siamo in disaccordo su alcune fondamentali conclusioni. Sicuramente siamo d’accordo sul fatto che siamo noi gli artefici del nostro destino, anche se io ho una visione più assoluta della cosa, essendo convinto che ognuno di noi sia l’unico artefice di ogni aspetto della realtà, senza alcuna eccezione, e ritengo questa visione come necessaria per diventare davvero padroni del proprio destino. Sandra, poco fa hai detto che credi che Dio abbia creato il mondo, ma poi hai anche affermato che ognuno crea tutto ciò che gli accade. Ritengo sia una contraddizione, perché non vedo alcuna differenza tra ciò che tu chiami il mondo e ciò che ‘ci accade’. Cos’altro è il mondo, se non l’insieme di tutto ciò che ci accade? Non fare l’errore di considerare estranei a te gli avvenimenti del mondo che apparentemente non ti riguardano, come per esempio una qualsiasi notizia letta sul giornale. Se l’hai letta o sentita, in altre parole se è entrata nella sfera della tua consapevolezza, allora quella notizia indubbiamente ti riguarda. Siamo

esseri Divini, non dimenticarlo, e quindi sei stata tu a fare entrare nella tua vita quell’evento, anche se riguarda apparentemente altri ed è accaduto lontano da te. Sei tu a contenere l’Universo, non l’opposto. Un aspetto molto importante da comprendere è che gli eventi non possono accadere indipendentemente da noi. La nostra coscienza, o consapevolezza, va immaginata come lo schermo bianco su cui sono proiettate le immagini del mondo, e continuando nell’analogia, il nostro inconscio è il proiettore che proietta quelle immagini. Siamo noi a contenere il mondo, e tutto ciò che non tocca la nostra consapevolezza semplicemente non esiste. Ricordi? La particella, quando non osservata, cessa di esistere. Di conseguenza anche il tuo riferimento ai Maestri che sono vissuti nel ato va considerato dal punto di vista del sogno personale, nel quale ognuno proietta i diversi aspetti del proprio essere. Se crediamo nella legge dello specchio, questa non può valere solamente per le persone che incontriamo nella nostra vita, ma vale necessariamente anche per i personaggi storici vissuti in altre epoche. A mio avviso i Maestri illuminati che si sono avvicendati nel ato sono la personificazione della nostra parte divina, che è la nostra vera natura. Anche se in quel caso si tratta di una proiezione dell’inconscio collettivo, il risultato non cambia, e la persecuzione che alcuni di loro hanno subìto riflette il fatto che ancora non crediamo nella nostra natura divina, e quindi tendiamo a respingerla in qualunque forma essa si presenti. Per il resto, sono d’accordo con voi, e condivido sicuramente la tua visione Sabrina sul fatto che viviamo in un mondo duale, nel quale esiste un contrasto che ha l’unico scopo di essere superato e ‘trasceso’, al fine di arrivare alla consapevolezza dell’Uno attraverso la trasmutazione delle parti di noi che sono in contrasto con la nostra natura divina. E’ proprio sul concetto di contrasto che voglio soffermarmi per riprendere il discorso che avevo iniziato. Esiste, al di là delle nostre percezioni e del mondo materiale, una Realtà che io definisco con la R maiuscola, dalla quale ci siamo distaccati nel momento in cui abbiamo erroneamente pensato di essere separati da Dio. In quella Realtà, che non è altro che la Mente di Dio, non esistono opposti, dato che l’amore e la beatitudine sono l’unica cosa esistente, e scarsità o imperfezione non trovano posto. Da quel luogo senza tempo Dio riversa continuamente su di noi il suo amore, e se avete letto i libri dei coniugi Hicks, conoscete sicuramente il concetto secondo il quale esiste un flusso continuo di abbondanza che scorre verso di noi senza interruzione. Quel flusso di amore e

abbondanza è sempre a nostra disposizione, e non dobbiamo fare altro che permettergli di scorrere attraverso di noi. Il problema è che i nostri miseri pensieri di paura, scarsità e imperfezione oppongono una forte resistenza a quel flusso, non permettendo all’abbondanza di entrare e manifestarsi nelle nostre vite. E’ così che si creano i nostri problemi, che non sono altro che il risultato di questo contrasto derivante dai pensieri sbagliati. Avrete sicuramente letto che per ottenere le cose desiderate bisogna permettere a quel flusso di scorrere, attraverso l’allineamento dei nostri pensieri a quella Fonte inesauribile. I problemi quindi non sono altro che la materializzazione di quel contrasto, l’espressione fisica dell’attrito creato dai nostri pensieri sbagliati. Ciò che si manifesta oggi è solo la proiezione, ritardata nel tempo, delle nostre paure e preoccupazioni ate. Siamo noi stessi che creiamo quei problemi, che ci appariranno come mostri spaventosi per permetterci, superandoli, di crescere un po’ di più. Ognuno di quei mostri ci troverà ovunque noi siamo, e ogni volta indosserà un travestimento diverso, quello più adatto a rispecchiare il nostro stato interno. Impersonificherà esattamente quello di cui abbiamo più paura, ponendosi di fronte a noi con la stessa forza con la quale lo abbiamo invocato, e si ripresenterà fino a che non avremo la forza e il coraggio di guardarci dentro e affrontare i nostri demoni interni. Ecco perché sono da considerarsi una benedizione. D’Anna nel suo libro “La Scuola degli Dei” chiama quel mostro col nome di Antagonista, ma è solo un altro modo per indicare lo stesso concetto. L’Antagonista vuole solo il nostro bene, e si opporrà a noi con una forza direttamente proporzionale alla nostra capacità di superarlo. Non dobbiamo temerlo, ma solo benedirlo, perché è il nostro migliore alleato. Come dice D’Anna, “E’ lui che ti indica il cammino più breve per il successo. Il suo unico e solo scopo è la tua vittoria”. E io aggiungo che non devi averne paura, perché l’Antagonista sei tu.

Sandra: Se posso per un attimo riportare il discorso sull'aspetto pratico, vorrei chiederti, Paolo, come, cioè con quali tecniche, possiamo affrontare e sconfiggere questi mostri per creare una realtà di amore e abbondanza. Possiamo semplicemente permettere a quel flusso di amore e abbondanza di scorrere

attraverso di noi, focalizzando i nostri pensieri su di esso in modo da affermare questa idea senza lasciare spazio alle idee limitanti e alle paure, o dobbiamo lavorare su queste ultime? Dicevi poco fa che il primo o da compiere per prendere in mano il controllo della nostra vita è quello di mettere a tacere la mente e di incidere nel nostro inconscio l'idea che il mondo non esiste. Io vorrei capire come il fatto di incidere nell'inconscio l'idea che il mondo non esiste possa aiutarmi a materializzare una realtà di amore e abbondanza. Correggimi se sbaglio, ma a me sembra che se imprimo nella mia mente l'idea che il mondo non esiste non potrò materializzare nulla, dato che lo affermo e ci credo profondamente. Sto trasmettendo all'universo l'idea del non esistente e questa in cosa si manifesta se non nel nulla stesso? Se voglio creare una realtà migliore, non posso imprimere un'idea di mancanza o addirittura di non esistenza. Semmai affermo che quel flusso di amore e di abbondanza esiste e gli permetto di scorrere attraverso me. Solo in questo modo, credo, riesco ad allinearmi con quella che chiami Fonte inesauribile.

Sabrina: Paolo credo anch’io che i “mostri spaventosi” ci obblighino a guardare in faccia i nostri demoni interni, e secondo me è proprio perché ci aiutano ad avere consapevolezza di questi demoni che dobbiamo osservarli, chiederci perché si presentano nella nostra vita e accettare il fatto che ci sono e fanno parte di noi. Dunque per diventare creatori consapevoli è necessario ritornare all’Uno, riuscire a convincere la nostra essenza che in essa c’è spazio solo per l’amore e la Bellezza, e considerare ogni bruttura come un’errata percezione della realtà. Pertanto, dobbiamo riuscire a sintonizzarci “nella mente di Dio” e immergerci in quell’abbondanza d’amore incondizionato andando oltre l’illusione. E’ davvero possibile ottenere un simile stato di grazia attraverso una riprogrammazione mentale? Abbiamo parlato di viaggio alchemico, e siamo d’accordo che l’aspetto pratico e quello spirituale debbano andare di pari o al fine di ottenere l’identificazione con la nostra vera natura. Ma ciò che mi lascia perplessa è il fatto che, come è stato detto più volte, l’aspetto pratico di questo percorso preveda di mettere a tacere la mente e di incidere nel nostro

inconscio delle convinzioni che contrastano quelle già esistenti. Ovvero, sostituire i vecchi “dispositivi mentali” con i nuovi. Così facendo non si rischia di creare un conflitto esistenziale, una sorta di pericoloso gioco psichico? A me viene il dubbio che alla fine di questa fantomatica riprogrammazione della mente si indugi nella stessa realtà di prima, anche se dominati da diversi congegni mentali. Hai poi parlato di inconscio collettivo, e io ho pensato immediatamente al “fenomeno della centesima scimmia”, che riguarda appunto la coscienza collettiva. Una sorta di regola non scritta che unisce tutti gli individui della stessa specie e del raggiungimento della famosa “massa critica”. Posso chiederti come può esistere un inconscio collettivo se gli altri non esistono e non esiste niente al di fuori di noi?

Paolo: Sandra, lo so che può sembrare un controsenso affermare che il mondo è solo un’illusione, e poi aspettarsi di ottenere ‘qualcosa’ di concreto da quell’illusione. E’ chiaro che se vivi in un sogno, non potrai ottenere nulla che non sia il sogno stesso. Possiamo però decidere come viverlo, quel sogno: possiamo subirlo, come fa qualsiasi persona che non è consapevole dell’illusione, e che quindi crede che là fuori esista qualcosa che può decidere in qualsiasi momento della sua vita, o viverlo in modo consapevole, ben consci della natura effimera della realtà, e del fatto che ognuno di noi è l’unico padrone del proprio destino. E’ tutta qui la differenza. Questo è il primo o fondamentale. Dopo di che quello che dovremmo fare è… non far nulla. Nulla vuol dire lasciare scorrere quel flusso e permettere all’abbondanza di entrare copiosa nelle nostre vite. E’ come un pallone spinto sott’acqua; devi far forza per tenerlo immerso, perché appena lo lasci il pallone schizzerà in alto con una forza inaudita. La vita è come quel pallone, se vuoi che galleggi non devi far nulla. Purtroppo però i nostri pensieri negativi oppongono una forza contraria che mantiene la nostra vita costantemente in apnea. Non puoi nemmeno immaginare quanta energia disperdiamo attraverso i nostri pensieri negativi, che se lasciati incontrollati vagano senza sosta oscillando tra un ato mai esistito e un improbabile futuro. Così non facciamo altro che allontanarci inesorabilmente dal momento presente, disperdendo il nostro potere

creatore. Le cose che desideriamo possono accadere solo nel qui e ora, ma dato che noi viviamo costantemente lontano dal momento presente, esse non possono raggiungerci. Mi hai chiesto cosa fare in pratica, ebbene devi solo liberare la tua mente e vivere il più possibile nel qui e ora. Già questo sarebbe sufficiente per fare in modo che i tuoi pensieri, quelli controllati e diretti verso uno scopo ben preciso, possano acquisire la forza creatrice necessaria per raggiungere qualsiasi obiettivo. Incidere nell’inconscio il fatto che viviamo in un sogno non significa non poter materializzare nulla. Niente affatto. Vuol dire eliminare dalla mente qualsiasi paura riguardo al futuro, riuscendo così a prendere il controllo della propria mente, e usarla solo per creare le cose che desideriamo o, se preferisci, per sognare il sogno che preferiamo. Credo che concorderai con me sul fatto che potrai dirigere in modo corretto il tuo pensiero, focalizzandolo esclusivamente sulle cose che desideri, solamente essendo conscia del fatto che stai dormendo, e che il sogno lo puoi controllare tu. Altrimenti sarai sempre succube di una mente in preda all’incertezza e alla paura, impegnata costantemente a rimuginare nel ato, o a immaginare quale sarà il prossimo pericolo da cui fuggire. La mente è un potente mezzo, ma lo è solo se ci riappropriamo del suo controllo, altrimenti può diventare il nostro peggiore nemico. Sceglilo tu l’esercizio da fare, va bene qualsiasi cosa, basta che serva a ottenere il controllo della mente, anche se l’esercizio del ricordo di sé è uno degli strumenti più potenti a nostra disposizione, ed è molto utile se utilizzato costantemente fino a farlo diventare un’abitudine. Questo servirà per riuscire a osservare i nostri pensieri durante la giornata per poterli così dirigere verso le cose che desideriamo. Dobbiamo arrivare al punto di poter scegliere deliberatamente i pensieri che vogliamo pensare. Una persona addormentata crede di poter pensare, in realtà sta solo facendo funzionare un programma automatico, che altri hanno impiantato nel suo cervello. Se non puoi controllare un pensiero, allora non è tuo. Un creatore consapevole invece è sempre presente a se stesso, e può chiedersi costantemente se il pensiero che attraversa la sua mente è un pensiero utile, ma soprattutto se è vero. Un pensiero è vero quando è allineato con la Fonte, e lui sa che solo i pensieri che parlano di amore, abbondanza, perfezione e potere infinito sono veri. Tutti gli altri sono solo pensieri innestati dall’esterno, cui non dobbiamo assolutamente credere. Un creatore consapevole vive costantemente

sulla superfice dell’acqua, ma come qualsiasi bravo nuotatore sa che per riuscirci non deve far nulla. E con questo, Sabrina, credo di aver risposto anche alla prima parte della tua domanda. Non vedo infatti alcun pericoloso gioco psichico, come lo chiami tu, ma solo una diversa consapevolezza del proprio essere, con la conseguente eliminazione del pensiero caotico che occupa senza sosta la nostra mente e ci fa vivere costantemente lontano dal qui e ora. Nessun conflitto esistenziale, quindi, ma solo un cambiamento di stato interno, un salto quantico direi, che ci permette il raggiungimento di una pace interiore. Questo dovrebbe essere il nostro stato naturale. Mi chiedi poi come sia possibile che esista un inconscio collettivo, se le persone che vediamo intorno a noi le stiamo solo sognando. Sì, anche questa può sembrare una contraddizione, ma ti chiedo di uscire dal comune ragionamento, per entrare nell’ottica di un’unica coscienza che si può dividere in infinite coscienze individuali, pur rimanendo una e una sola. Esistono tanti aspetti di una stessa coscienza che vivono contemporaneamente vite distinte, in corpi diversi e in epoche separate. L’insieme di tutte queste parti di coscienza, che non è altro se non la Coscienza Divina, attraverso l’esperienza sta costruendo una consapevolezza globale, che si evolve e si espande grazie proprio a tutte quelle singole esperienze. E’ a questo che mi riferisco quando parlo di inconscio collettivo. Rappresenta il livello di evoluzione raggiunto da quella Coscienza Divina attraverso tutte le esperienze. Siamo tutti parte di quella coscienza, e siamo in costante comunicazione con essa. Contribuiamo alla sua evoluzione comunicandole le nostre esperienze terrene, e nel contempo ne siamo influenzati, ricevendo costantemente informazioni. E’ così che si forma la conoscenza comune, rappresentata dalla storia che ‘sembra’ sia stata vissuta in epoche remote dai personaggi che le hanno abitate. In realtà sta tutto accadendo qui e ora all’interno di quella Coscienza Divina alla quale apparteniamo, e alla cui evoluzione stiamo costantemente contribuendo.

Sabrina: Finora abbiamo osservato che la realtà potrebbe essere un sogno e che per poter diventare padroni della stessa è necessario accettare che siamo immersi in questo sogno e viviamo un’ illusione. Ok, noi dovremmo riuscire a materializzare la nostra realtà all’interno di questo sogno coscienti dello stesso?

E se siamo coscienti di vivere nel sogno desideriamo ancora la villa con piscina o abbiamo un livello di consapevolezza tale da desiderare solo amore incondizionato e puro? Ciò che io vorrei capire è questo: per “pilotare” la nostra realtà nella direzione che desideriamo, quindi manifestare consapevolmente anche cose materiali, è fondamentale accedere ad un livello di coscienza superiore diventando degli esseri illuminati, oppure è possibile manifestare anche rimanendo uomini comuni che vivono semplicemente? Se posso poi permettermi di ricondurre il discorso alle varie tappe del processo creativo, Paolo, non abbiamo mai parlato di visualizzazione. Quale pensi potrebbe essere il modo più giusto per mettere in pratica questa tecnica? Si parla tanto di “sensazioni spirituali” (udito, tatto, vista, olfatto immaginari) che dovrebbero trasmettere intensità a ciò che immaginiamo. Più sensi coinvolgiamo mentalmente più sarà facile per l’universo “inviarci” ciò che chiediamo. In pratica sarebbe un po’ come ritornare bambini e creare un mondo su misura per noi, ma qual è il segreto per abbandonarci alla convinzione che l’immaginare crea realtà? E soprattutto, l’immaginare crea un effetto fisico o soltanto immaginario, considerando che la realtà è un'illusione?

Sandra: Sabrina e Paolo, siamo davvero sicuri che sia possibile essere coscienti di vivere in un sogno e continuare a viverlo? Secondo me, se siamo coscienti che si tratta di un sogno significa che non viviamo più in esso ma ci siamo svegliati. All'interno del sogno si pensa che quella sia l'unica realtà, perché si è addormentati, cioè si è parte di esso. Non si può essere svegli in un sogno, o sognare essendo svegli, credo. Mi sembrava anche di aver capito che il risveglio fosse la consapevolezza del fatto che esiste una realtà con la R maiuscola oltre il sogno, ma non capisco come si possa avere questa consapevolezza finché si è nel sogno stesso. Sabrina, se posso dire come la penso riguardo al manifestare consapevolmente ciò che desideriamo, secondo me bisogna distinguere due aspetti della legge di attrazione. Esiste un aspetto pratico, che ti spiega quali tecniche applicare per manifestare quella villa con piscina, ma non significa che raggiungi un livello di coscienza superiore, hai semplicemente imparato a controllare la tua mente e a raggiungere i tuoi obiettivi. Esiste poi un aspetto spirituale, che ti spiega qual è il percorso da seguire per riconnetterti con la mente universale, o Dio, ma anche in

quel caso non diventi necessariamente “illuminata”. Segui semplicemente il tuo percorso di crescita personale che, come diceva Paolo, può durare vite intere e solo poche persone ci riescono. Ci sono tante persone che applicano con successo la legge di attrazione ma non sono “illuminate”, hanno semplicemente adottato le tecniche giuste per manifestare i loro desideri.

Paolo: Sono assolutamente d’accordo con voi. Uscire dal sogno vuol dire anche rendersi conto che esiste qualcosa in più, oltre l’illusione, e forse a quel punto non saremo più interessati alle cose materiali. Vorrei però fare una distinzione molto importante. Imparare le tecniche per utilizzare al meglio la legge dell’attrazione non vuol dire illuminarsi, e sono d’accordo con te Sandra, le due cose vanno nettamente distinte. Innanzi tutto va detto che l’illuminazione, o risveglio, non è qualcosa che può essere raggiunta, perché come dicevo poc'anzi, non si tratta di imparare cose nuove, ma piuttosto di liberarci da tutti i fardelli che ci tengono legati all’illusione, per poter ‘ricordare’ la nostra vera natura. Quello che dobbiamo fare è semplicemente prepararci il più possibile attraverso un lavoro di pulizia, al fine di eliminare le false convinzioni e fare spazio dentro di noi. Quando saremo pronti, e solo allora, quello spazio verrà colmato da un altro tipo di consapevolezza, che ci farà vedere la vera Realtà delle cose. E’ l’illuminazione che verrà a noi, non il contrario. E allora scopriremo che il controllo della propria realtà è anch’esso un’illusione, poiché ci renderemo conto che il mondo è già perfetto così com’è. In altre parole, non accade più ciò che desideriamo, ma desideriamo ciò che accade. Questo non significa che smetteremo di avere desideri, ma piuttosto che i nostri desideri cambieranno, e dato che saremo diventati tutt’uno col mondo, tutto ciò che accade sarà in perfetta sintonia con la nostra volontà. E’ questo il lavoro lungo che può durare intere vite, ma credo valga la pena provarci. Applicare le tecniche per attirare a sé cose ed eventi è invece ben altra cosa, poiché la legge di attrazione è una legge fisica, e di conseguenza quello che bisogna fare è semplicemente impararne i meccanismi al fine di riuscire ad usarli a proprio vantaggio. Attenzione però. Se non si cambia al proprio interno attraverso un lavoro di pulizia dell’inconscio, le cose ottenute saranno solo temporanee. Non dimenticate mai che il mondo esterno è solo un riflesso di

quello interno. Di conseguenza, se non cambiamo le nostre credenze più intime, alla fine torneremo sempre a creare un mondo che rispecchierà in qualche modo quelle credenze. E’ un fatto noto che molti dei vincitori di premi milionari alla lotteria dopo qualche anno si ritrovano di nuovo senza il becco di un quattrino, e badate bene, non si tratta, come alcuni pensano, di scarsa dimestichezza nell’amministrare grandi somme. Il mondo non esiste se non come riflesso della nostra più intima essenza, e se alla crescita economica non corrisponde anche una crescita personale di pari livello, quei soldi sono inesorabilmente destinati a scomparire nel nulla. I nostri possedimenti materiali sono proporzionali alla nostra grandezza interiore. Non possiamo mantenere il possesso di qualcosa se non abbiamo vinto la paura di perdere ciò che possediamo. L’abbondanza, prima che una manifestazione fisica, è uno stato dell’essere. Essere per diventare, ricordate? E’ una legge dell’Universo, e quindi non può essere violata. Fatta questa dovuta premessa, Sabrina, veniamo alla tua domanda sulle tecniche di visualizzazione, che sicuramente possono essere molto efficaci se applicate in modo corretto. Se ricordate quello che abbiamo detto all’inizio, l’inconscio non può decidere se un pensiero corrisponde alla realtà, e di conseguenza prenderà per buona qualsiasi suggestione indotta dalla mente conscia. Perché allora è così difficile materializzare quella villa con piscina? Il problema è rappresentato dalla stessa mente conscia, che filtra le nostre affermazioni, impedendoci di ‘sentire’ davvero di possedere ciò che vogliamo ottenere. Se ricordate, abbiamo detto che l’inconscio percepisce solo quello che ‘sentiamo’ di essere, ma purtroppo è davvero difficile riuscire a far finta di possedere il bene desiderato, e solo poche persone sono davvero capaci di trasmettere la sensazione di reale possesso al proprio inconscio. Ecco che allora può venirci in aiuto una tecnica che ho appreso da un libro di Neville Goddard, nel quale si suggerisce di operare il lavoro di visualizzazione durante il periodo di dormiveglia che precede il sonno. In quel momento, infatti, la nostra mente conscia è assopita e poco vigile, e quindi è molto più facile per noi riuscire a byare la parte razionale che si oppone al voler credere ciò che i nostri occhi non vedono. La tecnica è molto semplice: la sera, quando ci corichiamo nel letto, dobbiamo semplicemente cercare di rilassare il più possibile il corpo. Una tecnica efficace è quella di porre l’attenzione su di un muscolo alla volta, dalla testa fino ai piedi,

cercando di rilasciare ogni tensione che incontriamo lungo il percorso. Come dice Goddard, dobbiamo arrivare a uno stato di rilassamento tale da dimenticarci di avere un corpo, in modo da liberare la mente da qualsiasi àncora che la terrebbe legata alla realtà. Una volta raggiunto uno stato di completo rilassamento, bisogna immaginare una scena che presupponga che il bene desiderato sia già in nostro possesso. Per esempio, se desideriamo una bellissima villa, possiamo visualizzare una scena nella quale, di fronte alla villa, l’agente immobiliare ci consegna le chiavi e si congratula con noi per l’acquisto. Le regole da seguire sono molto semplici: prima di tutto, la scena deve essere molto breve. Non immaginate lunghe eggiate all’interno della villa, perché questo distrarrebbe la nostra mente e ci allontanerebbe dalla sensazione di possesso. E’ importante focalizzare l’attenzione su di un solo evento che ci faccia ‘sentire’ di possedere quel bene, affinché l’energia non si disperda. Secondo, la scena immaginata deve contenere qualche dettaglio o frase che ci faccia sentire con certezza che il bene desiderato è già nostro. La consegna delle chiavi è un buon esempio. Terzo, dobbiamo visualizzarci in prima persona come protagonisti della scena. Non dobbiamo osservarci dall’esterno, come se stessimo assistendo a un film di cui siamo i protagonisti. Se ci vengono consegnate le chiavi della villa, per esempio, dobbiamo sentire la sensazione tattile delle chiavi nel palmo della mano, e nel contempo sentire l’immensa soddisfazione per aver finalmente esaudito il desiderio. Decisa quindi la scena da visualizzare, questa va ripetuta mentalmente diverse volte, nello stato di completa rilassatezza, sfruttando il momento in cui la nostra mente sta per cadere nel sonno. La massima efficacia si ottiene se riusciamo ad addormentarci con la scena in mente, senza alcun altro pensiero che si frapponga nel mezzo. In questo modo la visualizzazione andrà dritta alla meta, senza alcun filtro, rivelandosi una tecnica potentissima, potendo con essa imprimere qualsiasi convinzione all’interno del nostro inconscio. Ripetiamola per diverse notti, considerandola un vero e proprio atto di creazione, non una semplice visualizzazione.

Sabrina: Sono d’accordo su ciò che dite riguardo la distinzione tra un essere “illuminato” e colui che applica ”tecnicamente” la legge dell’attrazione per

attrarre ciò che desidera nella propria vita. Ma, per quanto concerne la natura della realtà, abbiamo detto più volte che la realtà con la R maiuscola non è altro che uno stato di coscienza superiore, in cui la sofferenza non trova più espressione e la nostra vera natura divina ci consente di ritrovare l’armonia con l’anima universale. Abbiamo poi considerato il fatto che la realtà con la r minuscola potrebbe essere un’illusione o un sogno. Tuttavia all’interno di questo sogno ogni istante è per noi dominato dalla mente, che tra l’altro, ci sta aiutando a capire perfino ciò che ci porterà ad una consapevolezza maggiore. Cerco di spiegarmi meglio. Anche se scientificamente la materia non esiste ed è soltanto un agglomerato di atomi, che a loro volta sono un’ unione di ioni ed elettroni, quindi energia che vibra in costante movimento, quando afferro qualcosa con le mie mani sento chiaramente la sensazione di “esistenza” di quella cosa. Questo perché le sensazioni percepite con la mia mente sono l’unica realtà che conosco da essere umano “non illuminato”. Niente è reale tranne la mente. Pertanto esiste la realtà con la r minuscola, percepita dall’essere umano imperfetto sul piano mentale, ed esiste la realtà con la R maiuscola percepita dall’essere divino sul piano spirituale. Entrambe sono concrete, anche se percepibili su diversi piani dell’infinito esistere dell’uomo. Nell’Universo mentale, poi, possiamo riuscire a creare la nostra realtà utilizzando il potere della mente, una mente che evolvendosi diventerà puro Spirito capace di farci ritornare all’Uno. Come è stato detto, è possibile che in questo nuovo stato di chiarezza interiore, o di “risveglio”, si osservi un mondo perfetto di benessere incondizionato dove desiderare qualcosa di materiale non è contemplato. Grazie Paolo, hai spiegato perfettamente il concetto di visualizzazione. Tutto ciò che esiste nella nostra realtà è dunque il frutto dei nostri pensieri e della nostra immaginazione. Credo però che esistano dei limiti. O meglio, immaginare per creare non è come sognare ad occhi aperti. Io visualizzo ciò che desidero si verifichi nella mia vita. Posso limitarmi a questo e ripetere al mio inconscio il viaggio mentale senza agire? Il potere della nostra mente è tale da consentire di arrivare alla concretizzazione del desiderio senza il o dell’azione?

Sandra: Sabrina, secondo me l'azione di cui parli viene da sé, nel senso che se tu visualizzi ciò che desideri nel modo che ha spiegato Paolo, trasmetti all'universo la richiesta di ciò che vuoi e l'universo, a sua volta, creerà per te le circostanze giuste che ti porteranno all'azione. Credo che siano quelle che vengono definite “coincidenze”. Agire in modo casuale per creare da soli le circostanze forse non funziona, le circostanze giuste si presenteranno quando si è pronti a riconoscerle e ad agire su di esse. Questo è soltanto il mio modo di vedere le cose, Paolo ci aiuterà sicuramente a capire meglio anche questa fase del processo creativo. Volevo tornare un attimo alla visualizzazione per fare una domanda a Paolo. Si dice spesso che per poter manifestare ciò che desideriamo sia necessario distaccarsi da esso, cioè bisogna “lasciar andare” ciò che vorremmo nella nostra realtà. Come è possibile volere intensamente la villa con piscina, visualizzarla e provare addirittura tutte le sensazioni, anche fisiche, del possesso della stessa e lasciarla andare allo stesso tempo?

Paolo: Grazie per i vostri spunti sempre molto interessanti, Sandra e Sabrina, perché mi date l’occasione di approfondire ancora meglio alcuni concetti cui tengo molto. Iniziamo dalla tua riflessione Sabrina riguardo alla differenza tra la realtà vissuta da un essere cosiddetto ‘illuminato’ e quella vissuta da una persona normale. Ti esorto a non considerare l’illuminazione solamente come uno stato finale, cui si arriva solo dopo intere vite ate a meditare sulla realtà delle cose, aspettando chissà quale evento mistico. Anche se non siamo ancora illuminati, possiamo vivere come se lo fossimo. Il percorso stesso può diventare un fine, abbandonando l’idea errata che fino a che non avremmo raggiunto la meta non potremo godere dei risultati. La Realtà con la R maiuscola cui faccio spesso riferimento è qui davanti ai nostri occhi, e la possiamo vedere fin da subito, senza dover aspettare un’eventuale illuminazione. Basta volerlo. Bisogna semplicemente riconoscere che il mondo è solo un’illusione creata da noi, e abbracciare l’idea che siamo responsabili di tutto ciò che vediamo. Accettare questa importante verità ci permette di guardare al mondo con occhi diversi. Quello che possiamo fare fin da subito è smettere per esempio di lamentarci, ben consci della nostra totale responsabilità su tutto ciò che accade. Smettere di giudicare il prossimo, poiché sappiamo con certezza che quello che vediamo è

solo un riflesso di una parte di noi stessi. Smettere di pensare al mondo in termini di limitazioni, pericoli e difficoltà, consci della sua abbondanza e perfezione. Insomma, invece di continuare a perpetuare una visione totalmente distorta della realtà, aspettando ivamente un’illuminazione che potrebbe arrivare tra mille vite, iniziamo fin da subito a vedere la Realtà con la R maiuscola, riconoscendo la vera natura delle cose che ci circondano. E’ una scelta che sta a noi fare, non dobbiamo aspettare nulla e nessuno, e possiamo farla adesso, in questo preciso istante. Bisogna solo avere la consapevolezza della vera natura della realtà, ed essere disposti a cambiare il modo in cui la interpretiamo. Perché solo di interpretazione si tratta. Non esistono eventi tristi o eventi felici, esistono solo eventi. E’ la nostra interpretazione delle cose che dà loro un significato specifico. Cambiamo l’interpretazione del mondo, e il mondo cambierà di conseguenza. Il problema è che tutto questo ha un costo enorme per il nostro ego, perché si tratta di rinunciare a mille alibi che ci permettono di scaricare le responsabilità sugli altri. Ci fa stare bene e in pace con noi stessi sentirci non responsabili della nostra realtà, e ci sentiamo davvero sollevati quando possiamo lamentarci e additare qualcun altro come la causa dei nostri problemi. Ma così non si cresce. Esattamente come hanno fatto i primi pesci che si sono avventurati sulla terraferma, convinti che si potesse vivere in modo diverso rispetto a come avevano sempre vissuto, così noi dobbiamo avere la volontà e il coraggio di mettere in discussione la visione del mondo ereditata dagli altri, e avventurarci su sentieri mai esplorati prima. Solo così le branchie possono trasformarsi in polmoni, e nuove specie possono svilupparsi. Detto questo, veniamo ora alle vostre altre considerazioni. Riguardo al ruolo dell’azione nel processo di creazione, mi trovo pienamente d’accordo con il punto di vista di Sandra. Di solito si sente dire che non bisogna far nulla, e che il solo pensiero porterà a noi tutto ciò che desideriamo. E’ vero solo in parte, perché ritengo che l’azione sia assolutamente necessaria, ma quella davvero utile è quella che io chiamo ‘azione ispirata’. Si tratta di un’azione che intraprendiamo seguendo letteralmente i segnali che l’Universo ci manda in modo costante. Bisogna fare attenzione alle coincidenze, a un’idea improvvisa, o a qualunque messaggio che può arrivare nei modi più disparati, come per esempio una notizia

letta sul giornale, o un’informazione ricevuta da un conoscente. Riceviamo di continuo segnali che ci indicano costantemente la strada da seguire. Il problema è che non prestiamo loro la dovuta attenzione. Bisogna considerare che il desiderio espresso viene esaudito immediatamente, senza eccezioni, e l’Universo si mette subito in moto per portarci ad esso attraverso strade che non possiamo nemmeno lontanamente immaginare. Dobbiamo solo avere la certezza che il nostro desiderio sia già stato esaudito, percependo quel bene come già nostro. E questa in parte è anche la risposta, Sandra, alla tua ultima domanda su come sia possibile desiderare fortemente qualcosa e ‘lasciarla andare’, cioè non pensarci, nello stesso tempo. La risposta ha a che fare proprio col sentire già nostro l’oggetto del desiderio. Chiedere, o peggio supplicare l’Universo, ci pone infatti in una posizione di mancanza. Ricordi quel brodo quantico? Per ogni concetto in esso contenuto, esiste anche la corrispondente mancanza dello stesso concetto. E’ per questo motivo che viviamo in un mondo duale, dove esiste la luce, ma anche il buio, l’abbondanza, ma anche la scarsità, e da quel brodo quantico tiriamo fuori cose ed eventi sempre in accordo con la nostra vibrazione primaria. La richiesta o la supplica hanno di fatto una vibrazione che corrisponde alla mancanza dell’oggetto che stiamo chiedendo. Ecco allora che la risposta alla tua domanda è molto semplice. Il distacco a cui accennavi prima va inteso come assenza del senso di bisogno dell’oggetto in questione. E di sicuro non si può percepire il bisogno di qualcosa se si sente di possederla già. Il processo di visualizzazione quindi non è una richiesta all’Universo, ma semplicemente una tecnica che ci permette di ‘sentire’ di essere già in possesso di quel bene. E il farlo in uno stato di coscienza assopita aiuta proprio ad attutire quel senso di mancanza che altrimenti la nostra mente razionale porrebbe sempre in primo piano. Insomma essere per diventare, come abbiamo più volte ricordato.

Sandra: Paolo, dici che non dobbiamo lamentarci né giudicare, perché sappiamo che siamo noi gli unici responsabili della nostra realtà. Io avevo sempre considerato il non giudizio e il non lamentarsi come due strumenti che mi permettono di riconoscere la perfezione del mondo, non la mia responsabilità. Il mondo è perfetto così com'è, ma il mio giudizio e il mio lamentarmi mi impediscono di vedere tale perfezione.

Non devo giudicare né lamentarmi, devo semplicemente lasciare che ogni cosa scorra, devo lasciarla andare perché è perfetta così com'è. É la mia percezione della realtà che me la fa vedere imperfetta, quindi, se cambio la mia percezione della realtà, scegliendo di non giudicare e di non lamentarmi, vedrò semplicemente le cose in modo diverso. Se invece dico di essere io la responsabile della realtà che non mi piace, non sto giudicando me stessa? Volevo anche farti una domanda riguardo al processo creativo e all'assenza del senso di bisogno: se vogliamo qualcosa senza averne bisogno, allora perché la vogliamo? Se pensiamo di volere qualcosa non è implicito il senso di bisogno? Dovremmo considerare quel qualcosa come se fosse già nostro, come faremmo per esempio se volessimo leggere un libro dalla nostra libreria? Il libro è già lì, dobbiamo solo andare a prenderlo. Ma in quel caso sappiamo già con assoluta certezza che il libro è lì, mentre se visualizziamo qualcosa che ancora non possediamo c'è sempre il dubbio che quel qualcosa non si manifesti. Cosa manca ancora prima che quella villa con piscina sia mia? Manca la fede assoluta nel fatto che essa sia già qui o manca la fiducia in me stessa e nella possibilità di vivere in quella villa?

Sabrina: Sono assolutamente d’accordo sul fatto che siamo gli unici responsabili del mondo che viviamo. Un mondo che forse non è un’ illusione. La filosofia ermetica insegna che esiste il “divino paradosso” per cui l’Universo mentre NON E’, E’ tuttavia. Ciò che io intendo è che forse bisogna considerare che l’universo da qualche parte nell’infinito ha avuto una sua origine, quindi una sua essenza. E’ un universo con tutte le sue leggi. Leggi che definirei “spirituali” e che dovremmo imparare a conoscere e ad applicare per ritornare ad essere appunto un tutt’uno con l’universo stesso. Pertanto sono responsabile del mondo che creo in ogni istante, ma può darsi che questo mondo abbia un’origine, uno spazio, un’essenzialità. Scusate, se dobbiamo riuscire a vedere il mondo perfetto così com’è, a cosa serve creare la nostra realtà? Se non abbiamo la villa con piscina, va bene comunque, perché il mondo è perfetto così, perciò non abbiamo bisogno di quella villa. Sono d’accordo con te Paolo quando dici che non esistono eventi tristi o felici ma solo eventi. Siamo noi che diamo ad essi un significato preciso. In questo

caso però mi sembra di capire che non creiamo la realtà, ma la interpretiamo. O meglio ci basterebbe vivere in uno stato di innamoramento perenne per tutto e tutti, interpretando positivamente ogni circostanza della vita, anche la più negativa. Questo dovrebbe essere sufficiente a renderci felici, qualunque sia la condizione reale? Per quanto riguarda il giudizio, io penso che per riuscire a non giudicare dovremmo necessariamente smettere di provare emozioni negative perché qualunque emozione negativa deriva da un giudizio su un qualcosa che la nostra mente razionale identifica come sbagliata. Se io sto male nel subire un furto è perché la mia impostazione mentale mi impone di giudicare sbagliato l’atto del rubare. Ma come possiamo distinguere una semplice scelta tra qualcosa che riteniamo giusta o sbagliata nella nostra quotidianità, da un giudizio vero e proprio? Per meglio dire, che differenza c’è secondo te tra giudizio e semplice discernimento?

Paolo: Sandra, non vedo alcuna differenza tra la perfezione del mondo e l’avere piena responsabilità su tutto ciò che accade. Alla base di questo ragionamento c’è la considerazione che il mondo che vediamo è semplicemente la perfetta rappresentazione di quello che siamo al nostro interno. E’ questa la perfezione. Sono solo due lati della stessa medaglia. La perfezione deriva dal fatto che qualsiasi cosa vedo negli altri è solo uno strumento a mia disposizione per permettermi di vedere quello che c’è al mio interno, e qualsiasi problema o ostacolo incontrato lungo la strada è lì solo per darmi la possibilità di superarlo. In entrambi i casi, se riconosco la vera natura della realtà, ho la possibilità di crescere verso la piena consapevolezza della mia divinità. E ogni volta il mio libero arbitrio mi dà piena libertà di scegliere se crescere o rimanere quello che sono. Come potrebbe essere più perfetto di così il mondo? Tutto l’Universo trama a mio favore, e tutto ciò che devo fare è esserne al corrente per poter liberamente scegliere come reagire a tutte le vicissitudini della vita. Il modo in cui reagisco rappresenta ciò che ho deciso di essere, per poterlo poi diventare e quindi sperimentare. La legge è sempre la stessa, essere per diventare, da qualunque parte la si guardi. Come ho già detto, siamo su questa terra per sperimentare quello che scegliamo di essere. Scegliere è sinonimo di creare. Posso scegliere di sperimentare un

mondo pericoloso e fuori dal mio controllo, credendo di non poter controllare la mia vita, e allora l’Universo dirà “così sia”, e farà in modo che io sperimenti di essere in balìa degli eventi senza alcuna possibilità di controllarli. Oppure posso scegliere di sperimentare la mia divinità, prendendo in mano le redini della mia vita attraverso la piena consapevolezza del mio potere. E l’Universo non potrà fare altro che ubbidire. Ogni decisione però non è mai definitiva, perché sarò sempre messo di fronte alla possibilità di scegliere ancora, e sperimentare, se voglio, qualcosa di diverso. Compiere una scelta non vuol dire giudicare negativamente ciò che non scegliamo, o addirittura, come hai detto tu, giudicare se stessi. Esercitare il proprio diritto divino di scegliere chi essere vuol dire semplicemente decidere quale sarà la prossima esaltante avventura che desideriamo vivere su questo pianeta. Vuol dire scegliere qualcos’altro, perché abbiamo deciso che quello che siamo stati fino ad ora non rispecchia più chi desideriamo essere. Allora ringraziamo chi siamo stati, e iamo oltre, senza giudizio. Ogni persona, evento, o vicissitudine della nostra vita è lì solo per permetterci di decidere chi vogliamo essere, e quindi diventarlo per farne esperienza. Hai piena responsabilità sulla tua vita perché il mondo è perfetto, e il mondo è perfetto perché hai piena responsabilità sulla tua vita. E questo risponde, Sandra, anche alla tua seconda domanda sul perché dovrei volere qualcosa di cui non sento il bisogno. Non è per bisogno che creo la mia realtà, ma solo perché desidero sperimentarne gli effetti. Se vai al luna park e sali sulle montagne russe, non è perché ne hai bisogno, ma solo perché vuoi fare l’esperienza di sentire lo stomaco che si stringe mentre esegui il giro della morte a testa in giù. E’ divertimento, solo divertimento, esattamente come dovrebbe essere intesa la realtà che sperimentiamo. Siamo qui per fare esperienza di questa bellissima avventura che è la vita, consapevoli di poter scegliere di nuovo, se qualcosa non ci piace più. Un creatore consapevole osserva con stupore le cose che lui stesso ha creato, godendone i frutti e riconoscendone la perfezione. Non riuscirai a farlo però, senza riconoscere di essere l’unica artefice della tua realtà, e senza credere che ogni tua scelta sia un atto di creazione. Ecco perché la villa non è ancora tua; il motivo è che non credi che la villa sia già tua. Non è un gioco di parole. Osho in un suo bellissimo discorso spiega così questo concetto: se arriva il tuo amante, sei felice. La felicità è l’effetto, e l’amante è la causa. Il saggio dice: sii felice, e l’amante arriverà. Crea l’effetto, e la causa seguirà. E’ questo il segreto della

creazione consapevole, l’unico vero segreto che c’è da sapere. A differenza di quello che afferma la scienza ufficiale, la legge di causa effetto funziona al contrario. Non puoi far dipendere la tua felicità dalla causa attesa, perché non potrai avere successo. L’effetto puoi controllarlo tu, dipende solo da te, mentre la causa può dipendere da mille fattori che sfuggono al tuo controllo. L’effetto sei tu, ed è rappresentato dalle tue sensazioni ed emozioni, sulle quali puoi avere pieno controllo, se vuoi. Sentiti felice, e l’Universo ti porterà qualcosa di cui essere felice. E’ così che funziona il mondo. E giacché hai introdotto l’argomento sulle vere leggi dell’Universo, Sabrina, queste sono le vere Leggi, quelle con la L maiuscola, e come tali sono inviolabili. Quindi sono assolutamente d’accordo con te, le vere Leggi rappresentano proprio quella che tu chiami l’essenzialità del mondo, da non confondere con le leggi fisiche che sono insegnate a scuola. Il mondo è governato da leggi che gli scienziati non hanno ancora scoperto e, a causa del livello in cui si trova la coscienza collettiva, è troppo presto affinché esse siano riconosciute dalla scienza ufficiale. Molte delle leggi fisiche che studiamo a scuola sono solo il frutto della nostra creazione, e quindi fanno parte dell’illusione. I miracoli fatti da alcuni Maestri vissuti nelle varie epoche, primo fra tutti Gesù, servivano proprio a dimostrare che il nostro mondo è solo un’illusione creata da noi, e che le sue leggi fisiche, essendo una nostra invenzione, possono essere violate. Come sarebbe possibile moltiplicare pochi pesci per sfamare migliaia di persone, se quei pesci non esistessero solo nella nostra mente? Un giorno la scienza tornerà ad abbracciare di nuovo queste idee, e allora vivremo di sicuro in un mondo diverso. Attenzione però, non facciamo l’errore di aspettarci questa trasformazione dall’esterno, perché non esiste niente là fuori, oltre la proiezione della nostra essenza, quindi il cambiamento radicale del pensiero collettivo lo potremo osservare solo quando saremo cambiati dentro. Questa è un’altra Legge dell’Universo, di quelle con la L maiuscola, assolutamente vera e inviolabile. Per quanto concerne poi la tua ultima domanda, Sabrina, sul come poter distinguere quando si tratta di discernimento e quando di giudizio, la questione ha a che fare con il modo in cui applichiamo il discernimento, poiché si può discernere con e senza applicare giudizio. Posso solo ribadire, come ho già detto rispondendo a Sandra, che siamo qui per scegliere cosa desideriamo essere, ma

senza criticare negativamente ciò che abbiamo deciso di non scegliere. Questo per me è il sano discernimento. Altrimenti, fino a che ci porremo sul piedistallo di chi pretende di sapere cosa sia giusto o sbagliato, vivremo necessariamente nel giudizio. Se il mondo è perfetto così com’è, allora tutto deve avere un senso. Naturalmente non sto giustificando ciò che è comunemente considerato sbagliato, come i crimini o i reati in genere. Ho già avuto modo di puntualizzare che i reati vanno contrastati con ogni mezzo possibile. Quello che sto dicendo è che, invece di giudicare, possiamo limitarci a scegliere ciò che desideriamo sperimentare nella nostra vita. E’ solamente una questione di scelta, perché solo ciò che scegliamo di far entrare nella nostra sfera di consapevolezza potrà materializzarsi nella nostra realtà, tutto il resto semplicemente non esiste, e il giudizio non trova alcuna ragion d’essere. Le cose che giudichiamo sbagliate esistono solo nella nostra mente, e ti posso garantire con assoluta certezza che siamo stati noi a sceglierle, e quindi a concedere loro il permesso di entrare nella nostra vita.

Sabrina: Abbiamo visto molti aspetti importanti per chi desidera diventare un creatore consapevole, ma non abbiamo parlato di perdono. Paolo, secondo te qual è il modo più giusto per mettere in pratica il vero perdono?

Paolo: Grazie Sabrina per aver introdotto l’argomento. Il perdono è uno dei temi centrali da comprendere per un creatore consapevole, e anche in questo caso quello che dirò andrà contro molte delle convinzioni comuni. Sfatiamo subito un mito: perdonare non vuol dire essere indulgenti nei confronti di qualcuno che ci ha fatto del male. Dobbiamo essere ben consapevoli che quando perdoniamo qualcuno, stiamo in effetti perdonando noi stessi. Il perdono, se fatto con questa visione, è uno strumento potentissimo di pulizia del nostro inconscio, e di conseguente modifica della nostra realtà. Stefano D’Anna ne “La Scuola degli Dei” dice che qualsiasi spostamento anche piccolissimo della nostra consapevolezza smuove intere montagne nel mondo degli eventi futuri. Non a caso ho detto che il modo in cui reagiamo agli ostacoli della vita modifica

il nostro essere, e determina di conseguenza il nostro destino. Il perdono quindi rappresenta uno degli strumenti più potenti perché attraverso di esso possiamo scegliere di salire un gradino più su nella scala della consapevolezza. Iniziamo con ordine, descrivendo prima di tutto cos’è il perdono. Se siamo consapevoli che il mondo è solo un’illusione creata da noi, dobbiamo anche essere in grado di comprendere che l’apparente torto che riceviamo non è per nulla un torto, ma solo un evento che abbiamo attirato a noi per permetterci di compiere una scelta su chi intendiamo essere. Andando un po’ oltre nel ragionamento, dobbiamo riconoscere che non c’è bisogno di perdonare nessuno, perché non esiste alcun torto. A tal proposito è interessante anche notare come un certo tipo di letteratura, soprattutto nel mondo delle fiabe per bambini, molte volte espone questi concetti sotto una chiave divertente o surreale. Ricorderete sicuramente che nella favola di Pinocchio il giudice condanna il povero burattino, reo di essere stato derubato delle monete dal gatto e la volpe. Chiunque legge la favola senza conoscere i riferimenti ai concetti esoterici inseriti di proposito da Collodi, trova l’episodio surreale e di un’ingiustizia inaudita. Noi siamo ora in grado di capire che l’autore ha fatto condannare il burattino proprio per porre l’accento sul concetto che è lui l’unico responsabile di ciò che è accaduto, avendo lui stesso attirato a sé i due ladri. Questo deve farci ragionare sul fatto che dietro ogni ingiustizia si cela la più grande delle giustizie, grazie proprio al fatto che viviamo in un mondo perfetto. Se desideriamo essere creatori consapevoli dobbiamo avere occhi per vedere, e riconoscere che siamo stati noi ad attrarre il torto subito. Come ho già avuto modo di dire, ognuno è in grado di interpretare la natura di un evento esclusivamente in base al proprio livello di consapevolezza. Alcune volte sento dire da chi è stato lasciato dal proprio partner che “poteva scegliere un altro modo, o un altro momento, per dirmelo”. Chi dice questo non ha capito come funzionano le cose: ci viene sempre detto e fatto nella maniera che ci fa più male, sempre. Perché succede questo? Ora lo sappiamo. Siamo noi ad attrarre quell’evento, e di conseguenza lo creiamo nel modo che risulta più efficace per il nostro percorso di crescita. Naturalmente non sto dicendo che dobbiamo andare a caccia di problemi o di persone che ci trattino male, ma una volta che un evento accade, dobbiamo essere pronti a sfruttare l’occasione per guardare la Realtà aldilà del velo e trarre dall’evento spiacevole il massimo beneficio possibile per la nostra crescita personale.

Il perdono allora diventa uno strumento potentissimo, perché ci permette di affermare con forza all’Universo che siamo in grado di vedere la Realtà, quella con la R maiuscola, riappropriandoci così del nostro potere. E’ questa la scelta che smuove intere montagne nel mondo degli eventi futuri. Col nostro atteggiamento scegliamo di essere gli attori principali invece che le comparse della nostra vita, per diventare i protagonisti invece che le vittime del nostro destino. Insomma, ancora una volta ci troviamo a che fare col concetto di essere per diventare. In questo modo l’Universo non potrà che rispettare la nostra scelta, evitando che si ripetano episodi simili a quello per il quale abbiamo dimostrato di aver appreso la lezione. Ora capite perché all’inizio ho detto che attraverso il perdono non stiamo facendo un atto di indulgenza nei confronti del nostro persecutore, ma in realtà perdoniamo il mondo per liberare noi stessi.

Sandra: Paolo, la tua interpretazione del perdono è molto lineare e in teoria sembra anche di facile applicazione, soprattutto se si condivide l'idea che il mondo è un'illusione creata da noi. Ma mi sembra che essa non prenda in considerazione i sentimenti e le emozioni di chi ritiene di aver subìto un torto. Nel caso concreto in cui si avesse a che fare con il perdono, mi sembra abbastanza difficile, anche per chi ha intrapreso la strada della crescita personale, risolvere il problema affermando che il torto non esiste e darne una spiegazione così teorica, perché, appunto, si dovrebbe avere un livello di consapevolezza tale da poter riconoscere che in realtà il torto non esiste. E non mi sembra che sia così semplice. Ad un livello meno teorico, forse si dovrebbe capire che si tende a definire un evento un “torto” perché si sceglie inconsciamente di percepirlo in quel modo, dato che come hai detto anche tu in precedenza, non esistono eventi positivi o negativi ma solo eventi. Forse tutto dipende dalla nostra percezione della realtà, che a sua volta deriva dalle nostre credenze inconsce. Insomma, torniamo al discorso iniziale secondo il quale bisogna eliminare le credenze limitanti che ci portano ad attrarre una realtà negativa. Usare il perdono per affermare che siamo in grado di vedere la realtà richiede sicuramente un livello di consapevolezza che non è da tutti, per questo volevo chiederti cosa consigli di fare a quelle persone meno consapevoli che trovano

difficile perdonare.

Sabrina: Io credo che Paolo abbia indicato il giusto modo per poter mettere in pratica il perdono. Riuscire ad accettare che il mondo è un’illusione e che gli altri non possono farci nulla, di conseguenza non abbiamo niente da perdonare. Tuttavia sono d’accordo con Sandra quando dice che per far ciò è necessario raggiungere un livello di consapevolezza indubbiamente non comune. Se pensiamo a chi ci ha fatto soffrire siamo solitamente pervasi da sentimenti di rancore e fastidio che ostacolano qualunque tentativo di perdono. La vera natura dell’uomo, secondo me, normalmente non è incline al perdono, ma tende a reagire con la vendetta. E’ inoltre opinione comune ritenere il perdono anche come un qualcosa che gratifica chi lo mette in pratica. Quando ci sentiamo vittime di un’ ingiustizia e perdoniamo, o meglio, crediamo di aver perdonato colui che ci ha fatto del male, ci sentiamo quasi dei “supereroi” per aver scelto di non vendicarci del torto subito. Io credo che il vero perdono, quello che arriva dall’anima, sentito fin dal profondo del nostro essere, senza esitazioni o ripensamenti, sia prerogativa di coloro che sono riusciti a raggiungere l’amore incondizionato per tutti. Compresi i propri nemici. E’ solo così, che come dice Paolo, possiamo vedere la realtà con la R maiuscola e smuovere le montagne. Penso inoltre che se ognuno di noi praticasse il non giudizio non avrebbe davvero niente da perdonare, visto che qualunque azione negativa compiuta da altri nei nostri confronti, non sarebbe mai “giudicata” come un torto ricevuto. Salvatore Brizzi nei suoi libri sostiene addirittura che il perdono possa essere messo in pratica attraverso l’ “imitatio Christi”, ossia dovremmo riuscire ad identificarci con il Cristo ogni volta che proviamo un’emozione negativa e agire di conseguenza. Dobbiamo fare ancora una volta la distinzione tra chi è riuscito ad accedere ad un livello di coscienza superiore e chi, come dice Sandra, è meno consapevole e trova difficile perdonare? Esistono pertanto due tipi di perdono? Quello di chi ha scelto l’amore e la comione e quello di chi possiede una visione meno evoluta dell’essere?

Paolo: Avete ragione, è sicuramente difficile per la stragrande maggioranza delle

persone riuscire a vedere la vera natura di un torto. Ci vuole coraggio e molta forza di volontà per perdonare, caratteristiche che pochi su questo pianeta possiedono. Il vero perdono però è uno solo, Sabrina, ed è quello di cui ho parlato prima, che può scaturire solo dalla capacità di riconoscere la vera natura degli eventi, da distinguere rispetto a un semplice atto di clemenza nei confronti di chi ci avrebbe fatto del male. La clemenza è sempre un prodotto dell’ego, e come tale, anche se apparentemente simile, non può essere considerato vero perdono. La clemenza, infatti, è elargita solo come atto di ‘superiorità’ nei confronti di chi ci ha fatto del male, continuando quindi a considerare il fatto come un’offesa nei nostri confronti, e a giudicare l’altro in modo negativo. Questo ci pone su di un piedistallo, e come dici tu Sabrina, ci fa sentire dei “supereroi”. Attenzione, perché l’ego conosce mille sotterfugi per mantenerci prigionieri dell’illusione, e poter prosperare così il più a lungo possibile. L’ego sa benissimo che può continuare ad esistere solo se ci fa sentire separati dagli altri e in continua competizione con il resto del mondo. Per rispondere alla tua domanda, Sandra, riguardo alle tecniche da adottare per riuscire a perdonare davvero, desidero prima di tutto parlare della vera natura delle emozioni. Da un punto di vista fisico, come sicuramente già saprai, tutte le emozioni sono composte da pura energia. In quanto energia, vibrano ad una determinata frequenza, che è diversa per ogni tipologia di emozione. Ora, devi sapere che alcune emozioni apparentemente molto diverse tra loro, sono solo differenti vibrazioni di una stessa emozione di base. Esse vibrano semplicemente ad ottave diverse. Funziona come per le note di un pianoforte. Se per esempio suoni due Do appartenenti a due ottave diverse, anche se il suono emesso non è lo stesso, si tratta comunque della medesima nota. Vale anche per le emozioni. Per esempio pietà e comione sono la stessa emozione espressa in ottave diverse, e lo stesso vale quindi per la clemenza e il perdono. are quindi da un atteggiamento di clemenza ad uno di perdono vuol dire elevare la frequenza del proprio essere ad un’ottava superiore. Il processo di crescita personale non è altro che un cambio di atteggiamento mentale, con il fine di elevare la frequenza dei propri pensieri e delle proprie emozioni. Dal punto di vista fisico, evolvere vuol dire letteralmente pensare ad un’ottava superiore. Come si può operare questo cambio di frequenza? Qui entra

di nuovo in gioco l’alchimia, insieme al ruolo dell’Osservatore. Come abbiamo detto prima, gli alchimisti trasformavano le emozioni negative, rappresentate simbolicamente dal piombo, in emozioni positive, o a frequenza più elevata, semplicemente attraverso l’atto dell’auto-osservazione, ottenendo in cambio l’evoluzione del proprio essere. La fisica quantistica ci ha dimostrato che il ruolo dell’Osservatore è di fondamentale importanza, ed è decisivo nell’atto di creazione della realtà. Come ricorderai, le particelle si comportano in modo differente a seconda che vengano o meno osservate. E’ difatti l’Osservatore a modificare la realtà attraverso l’atto dell’osservazione. La difficoltà a perdonare deriva quasi esclusivamente dal blocco causato dalle emozioni negative che scattano in risposta al torto subìto. La tecnica quindi consiste nel rimuovere questo blocco, rappresentato il più delle volte da un forte sentimento di rabbia. Ogni qual volta, allora, senti la rabbia salire nei confronti di qualcuno che pensi ti abbia fatto del male, fermati e osserva la tua rabbia con distacco. Non immedesimarti in essa, ma semplicemente osservala come se non ti appartenesse, e non tentare in alcun modo di reprimerla. Non pensare a chi ti ha fatto del male, ma concentrati solo sulla rabbia. Ascolta le sensazioni che provi, sia a livello fisico che a livello mentale, e analizza tutto ciò che succede dentro di te come se fossi uno scienziato che osserva gli effetti di un esperimento scientifico. Vedrai che in poco tempo quella rabbia si dissolverà come neve al sole, permettendoti così di vedere la vera Realtà delle cose, e poter quindi perdonare con più facilità l’artefice del torto subìto. Che cosa succede quando osservi in modo distaccato la tua rabbia? Accadono due fenomeni molto importanti. Prima di tutto, il fatto di non immedesimarsi nell’emozione negativa toglie a questa energia vitale. La rabbia non è altro che un’illusione creata dalla nostra mente, e come tale non può continuare a vivere se non le forniamo il carburante per prosperare. Il distacco interrompe l’apporto di energia a bassa frequenza, evitando così che si possa espandere ulteriormente. Il secondo effetto molto importante è che l’atto dell’osservazione illumina l’emozione negativa con la luce della consapevolezza, che vibra a frequenza più elevata. Quella luce quindi è lo strumento attraverso il quale l’elevazione di frequenza si compie. E’ grazie alla luce della consapevolezza che le parti buie del nostro inconscio s’illuminano e si trasformano in emozioni superiori, rappresentando linfa vitale per la nostra evoluzione.

Posso assicurarvi che se sarete costanti nell’applicare questa tecnica a ogni emozione negativa, ben presto diventerà non solo semplice, ma addirittura automatico farlo, trasformandosi così in una salutare abitudine. Quella che ho descritto è solo una delle tante tecniche esistenti. Se desiderate conoscerne altre, vi consiglio il libro “I 7 i del perdono” di Daniel Lumera, un autentico manuale di risveglio operato attraverso l’applicazione del perdono.

Sandra: Paolo, con questa spiegazione del perdono dovremmo ormai avere a disposizione tutti gli strumenti necessari per controllare in modo consapevole il nostro destino. Una cosa però non mi è ancora chiara. Parli spesso dell’enorme abbondanza che caratterizza la Realtà, quella con la R maiuscola, ma credo che una delle più grandi difficoltà per chi inizia un percorso di consapevolezza sia proprio accettare di credere nell’abbondanza, senza averne alcun apparente riscontro. Posso capire che siamo noi con il nostro atteggiamento negativo e con le nostre credenze limitanti a impedire che la prosperità possa entrare nelle nostre vite, ma ancora non mi è chiaro il meccanismo attraverso il quale l’abbondanza può essere manifestata. In altre parole, cosa bisogna fare per godere delle immense risorse che, a quanto pare, sono sempre a nostra disposizione?

Paolo: Come ho già detto, Sandra, non c’è qualcosa in più da fare, quanto invece qualcosa da non fare più. E’ importante infatti smettere di pensare in termini di scarsità e ristrettezza delle risorse disponibili. E’ solo una questione di atteggiamento verso quello che accade intorno a noi. Anche in questo caso vale la regola secondo la quale bisogna essere prima di tutto consapevoli di come funzionano realmente le cose, in modo da poter scegliere quale atteggiamento avere in risposta ad ogni circostanza. E’ allora importante comprendere su quali concetti si basa la creazione, e a tal fine dobbiamo porre l’accento sull’importanza del concetto di condivisione. Possiamo dire con certezza che la condivisione è uno degli ingredienti

indispensabili su cui si basa la creazione, e usarla in modo consapevole ci rende potenti creatori della nostra realtà. Tutti abbiamo sentito dire che ‘più si dà, più si riceve’, ma sono sicuro che nessuno di noi abbia mai realmente creduto a tale affermazione. Siamo infatti portati a credere che condividere qualcosa di materiale ci privi del bene condiviso. Se offro metà del mio cibo a qualcuno, è logico pensare che a me rimarrà solo l’altra metà. Da un punto di vista esclusivamente fisico questo è assolutamente vero, ed è la ragione per cui non crediamo alla condivisione come mezzo per ottenere di più. Stiamo però ignorando l’altro lato della medaglia, dimenticando che la realtà non funziona così come la percepiamo. La fisica quantistica, infatti, ha dimostrato che il mondo è regolato da princìpi notevolmente diversi rispetto a quelli a cui l’intuito e l’esperienza ci hanno abituati a credere. Ricorderai sicuramente il discorso che abbiamo fatto sui due diversi livelli di realtà, secondo il quale qualsiasi oggetto che si manifesti nel livello fisico è creato sempre a partire da un concetto o un’idea che devono necessariamente pre-esistere a livello spirituale. Ora, se abbiamo difficoltà a credere che sia possibile moltiplicare un oggetto fisico condividendolo, sicuramente questa difficoltà svanisce quando parliamo di concetti o idee. Se condivido un’idea, infatti, non potrò rimanerne sprovvisto. Qualunque informazione può essere condivisa innumerevoli volte, senza per questo esaurirsi. Anzi, grazie alla legge dell’attrazione, secondo la quale ogni pensiero attira a se pensieri simili, un’idea condivisa si può ingrandire grazie all’apporto di altre idee che la vanno ad arricchire. Tutti conosciamo il potere dell’unione di più menti per risolvere problemi di una certa complessità o per trovare nuove idee. Bene, ora che abbiamo a nostra disposizione tutti i tasselli del puzzle, non ci rimane che metterli insieme. Se è vero che ogni oggetto materiale può solo scaturire da un’idea o un concetto, allora è facile comprendere come funziona la creazione di cose materiali attraverso la condivisione. Se condivido un bene materiale, sto di fatto condividendo l’idea che sta alla base di quel bene. Questo vuol dire che, a livello spirituale, quell’idea si espanderà e s’ingrandirà attirando a se per risonanza altre idee affini, che si andranno così a materializzare in altri oggetti simili. Sii certa allora che, anche se in modo non immediato, nel tempo la condivisione non potrà che generare abbondanza. Attenzione però, perché per

potersi espandere quell’idea non deve essere contaminata da alcun pensiero contraddittorio. Affinché funzioni, quindi, dobbiamo usare la condivisione in modo sincero e spontaneo, senza aspettarci nulla in cambio. Avere delle aspettative, infatti, introduce un’idea di scarsità, dato che la condivisione che nasce con lo scopo di ottenere in cambio qualcosa presuppone un bisogno, e quindi una mancanza. La prossima volta allora che incontrerai un mendicante per strada, metti la mano nella tasca e dona tutte le monete che trovi, senza nemmeno contarle. Anche se non te ne potrai rendere conto immediatamente, quel gesto ti renderà più ricca. Questo principio naturalmente non vale solo per il denaro, ma per qualsiasi altra cosa. Vuoi essere felice? Fai felice qualcun altro. Vuoi imparare meglio qualcosa? Insegnala. Ti assicuro che funziona. E’ una cosa che ho sperimentato personalmente, e ti posso garantire che c’è della magia in questo stupendo meccanismo di condivisione. Non basta però conoscere questa legge universale, se poi non la applichiamo quotidianamente con il giusto approccio mentale. Purtroppo ricadiamo continuamente in atteggiamenti il più delle volte automatici nei confronti del denaro, atteggiamenti che a nostra insaputa ci allontanano dall’abbondanza. Facciamo qualche esempio. E’ assolutamente controproducente cercare a tutti i costi il prezzo più basso, perchè questo atteggiamento è una dichiarazione di scarsità che facciamo all’Universo, dato che così facendo dichiariamo che non abbiamo i soldi a sufficienza, o che non intendiamo spenderli. Per il principio della condivisione, il denaro trattenuto blocca l’arrivo di altro denaro. Non sto dicendo di sperperare i nostri averi, naturalmente, ma evitiamo di risparmiare a tutti i costi fino all’ultimo centesimo, e paghiamo il giusto prezzo per il bene che desideriamo acquistare. Quando vediamo poi qualcosa che ci piacerebbe possedere, ma che ha un prezzo elevato per le nostre attuali possibilità, siamo tentati di dire che “costa troppo”. Nulla può costare troppo, altrimenti non avrebbe mercato. Abituiamoci a osservare le nostre parole, e correggiamo gli errori che commettiamo inconsapevolmente. Piuttosto che dire “costa troppo”, chiediamoci invece “come mi sentirei se avessi quella cosa?”, e poi facciamo di tutto per assaporare il più

possibile quella bella sensazione. Insomma, abbandoniamo qualsiasi atteggiamento che presupponga l’assenza o scarsità di risorse. Ricordiamo in ogni momento che nel mondo ci sono risorse a sufficienza per tutti, e che qualsiasi crisi o mancanza è sempre causata dal nostro errato atteggiamento nei confronti del denaro. Se non fosse così, non esisterebbero persone che prosperano anche in momenti di crisi. Non critichiamole ottusamente come fanno i ‘dormienti’, ma poiché ora sappiamo come funzionano le cose, cerchiamo di entrare anche noi in sintonia, a livello mentale, con l’infinita abbondanza e ricchezza dell’Universo.

Sandra: Paolo, a proposito di abbondanza e di denaro, si sente spesso dire che possiamo chiedere all'universo qualsiasi bene materiale ma non possiamo chiedere per esempio una determinata somma di denaro, perché il denaro sarebbe una mera astrazione. Che differenza esiste, dal punto di vista delle leggi universali, tra il chiedere un bene materiale e il chiedere denaro? Se è possibile avere qualsiasi cosa ci prefiggiamo, niente dovrebbe impedirci di ottenere anche una somma di denaro, dato che l'universo non fa nessuna distinzione tra le cose che chiediamo, a condizione che crediamo di poterle ottenere. O è forse sbagliato da un punto di vista morale?

Sabrina: Sandra, se posso esprimere brevemente la mia opinione per quanto riguarda la tua osservazione sul denaro, non credo che chiedere denaro sia sbagliato da un punto di vista morale, il denaro è solo il mezzo che utilizziamo per arrivare a possedere i beni materiali. Non va contro la morale voler raggiungere il benessere materiale in un universo perfetto e capace di regalare abbondanza e prosperità a chiunque sia capace di accoglierla. Si può essere ricchi e spirituali allo stesso tempo. Penso però che noi “attraiamo” il denaro sufficiente per poter raggiungere lo scopo della nostra esistenza terrena. Non posso ottenere una smisurata somma di denaro se questo non è utile alla mia crescita interiore, al mio scopo in questa reincarnazione. Questo però è solo un mio pensiero, Paolo potrà chiarire meglio e rispondere alla tua domanda.

Paolo: Sandra e Sabrina, credo che abbiate ragione entrambe. Da un lato è vero, come dici tu Sabrina, che non c’è alcun problema nell’attirare denaro. Dovrebbe essere infatti possibile materializzare denaro in abbondanza nella nostra vita, esattamente come lo è per qualsiasi altro bene materiale. Ho usato il condizionale perché nella realtà non è così, ma non a causa di qualche legge fisica che lo renda difficile, ma solo a causa del significato simbolico che diamo al denaro. Anche se da un punto di vista materiale una casa, o il denaro necessario ad acquistarla, sono equivalenti, non lo sono dal punto di vista del significato che attribuiamo alle due cose. Viviamo immersi in una società che ha dei valori e delle credenze alle quali, in modo più o meno conscio, abbiamo dato credito, e dalle quali quindi ci lasciamo fortemente condizionare. Sono sicuro avrete più volte sentito persone criticare coloro che ricevono compensi in denaro in cambio di insegnamenti spirituali, mentre una donazione in natura raramente viene considerata inadeguata, come se spiritualità e denaro fossero cose diametralmente opposte. Naturalmente non lo sono, e sono d’accordo con Sabrina riguardo al fatto che non ci sia nulla di immorale nel voler raggiungere il benessere economico. Chiunque esprima una condanna nei confronti di ciò non si rende conto che sta disprezzando il denaro, allontanandolo così dalla propria vita. Anche se non siamo tra queste persone, però, in qualche modo abbiamo recepito inconsciamente questo modo di considerare il denaro, e ne siamo quindi un qualche misura condizionati. Questo è il motivo per cui, come Sandra ha notato, molte persone che parlano di tecniche per attirare abbondanza consigliano spesso di evitare di chiedere denaro. Anche se questa non è una regola generale, dato che il risultato dipende fortemente da quanto ci siamo lasciati condizionare a livello individuale, si preferisce di solito indicare tecniche che possano funzionare per il maggior numero possibile di persone. Altro discorso invece è ‘quanto’ denaro riusciamo ad attirare nella nostra vita. Qui il discorso vale per la ricchezza in generale. Sono d’accordo con te Sabrina riguardo al fatto che attiriamo solo la quantità di ricchezza che è necessaria per lo scopo della nostra esistenza, e desidero cogliere l’occasione per precisare qual è il meccanismo che sta alla base di questa considerazione. Alcuni infatti pensano che questa limitazione sia dovuta a qualche legge intrinseca

dell’Universo che impedisca che ci si possa arricchire oltre il necessario. Naturalmente non è così. Come più volte scritto da molti autori, primo fra tutti Neale Donald Walsch in “Conversazioni con Dio”, non esiste nulla e nessuno che giudica quali richieste possano essere esaudite. Dio nel libro di Walsch ci ricorda che siamo esseri divini dotati di libero arbitrio, e che possiamo avere, fare e diventare tutto quello che desideriamo. Dov’è allora questo limite? La risposta non può che essere una: il limite esiste solamente dentro di noi. Più volte ho evidenziato che la quantità di denaro che riusciamo a fare entrare nella nostra vita è proporzionale alla nostra grandezza. Più cresciamo, più abbondanza riusciamo a ‘contenere’. E cosa c’entra questo con la missione di vita? C’entra eccome, se considerate che la grandezza del nostro essere è necessariamente correlata allo scopo primario che ci siamo dati quando ci siamo incarnati in questa vita. Attenzione però, perché non sto dicendo che più è elevato lo scopo, più denaro avremo, perché altrimenti non sapremo come spiegare per quale motivo alcuni giganti spirituali del ato, come Madre Teresa di Calcutta, o Gandhi, non abbiano posseduto grandi quantità di denaro. Quello che sto dicendo è che il nostro livello di grandezza determina quanto agevolmente riusciamo ad ottenere il denaro di cui abbiamo bisogno. Dobbiamo ricordare, infatti, che al di sopra di un certo livello non si è più interessati ad accumulare beni terreni, ma la vita di questi grandi personaggi ci ha dimostrato che la loro grandezza comunque li ha sempre portati ad avere con relativa semplicità tutti i mezzi necessari per portare a termine il loro primario scopo di vita. E anche quando hanno dovuto affrontare delle difficoltà nel reperimento delle risorse, alla fine ci sono comunque riusciti, dimostrando che l’Universo è andato loro incontro con ogni mezzo. Direi quindi che la vera grandezza si misura non in base alla quantità di denaro o ricchezza posseduta, ma piuttosto alla capacità di ottenere quanto necessario per vivere e per portare a termine la propria missione di vita.

Sabrina: Grazie Paolo, sono d’accordo con il tuo punto di vista sulla capacità di attrarre abbondanza legata al proprio livello di crescita personale. A prescindere dal livello di crescita raggiunto, comunque, sono sicura che chiunque possa

ottenere dei risultati, a patto che perseveri abbastanza e utilizzi la tecnica giusta. Credo infatti che molti non riescano ad avere successo solo perché, non vedendo risultati immediati, dopo qualche timido tentativo smettono di provarci. Sono sempre stata convinta che ci voglia una grande forza di volontà e perseveranza per avere successo. Cosa ne pensi del ruolo della volontà nel processo di creazione consapevole?

Paolo: Hai colto il punto, Sabrina. La volontà è sicuramente uno dei principali aspetti legati alla grandezza del proprio essere. Direi che è il prodotto risultante dal lavoro fatto su se stessi, ed è il perfetto indicatore del livello di crescita personale raggiunto. Chi ha fatto un notevole lavoro su di se, infatti, ha acquisito nel tempo una volontà sempre più forte, diventando sempre più padrone della propria mente. La volontà non è una caratteristica che riceviamo tutti in modo gratuito, senza alcuno sforzo. Al contrario, la volontà deve essere costruita, giorno dopo giorno, attraverso un costante lavoro teso a conquistare il controllo totale del proprio essere. Qui entriamo in un terreno molto vasto, e potrei parlare per ore di quest’argomento. Mi limiterò a dire che nella nostra mente esistono innumerevoli forze che operano costantemente per tenerci nello stato di ‘dormienti’. Quella vocina che ci incita a non dar retta a certi discorsi sulla crescita spirituale, che ci rassicura sul fatto che quell’esercizio di meditazione potremo rimandarlo anche a domani, e che ci ricorda costantemente che ‘tanto non cambierà mai nulla’ agisce indisturbata nella nostra mente proprio per la totale mancanza di volontà. Quella vocina è il nostro più grande nemico, e farà di tutto per convincerci a restare così come siamo, e di solito riesce facilmente nel suo intento, perché la maggior parte delle persone su questo pianeta vive in uno stato caratterizzato dall’assoluta mancanza di volontà. Vediamo però cos’è esattamente la volontà. Innanzi tutto va detto che la volontà, a differenza del pensiero, non ha la capacità di creare. Non basta infatti voler fortemente qualcosa per riuscire a ottenerla. Sappiamo tutti che il processo di creazione è composto di molti ingredienti diversi, tra cui la fede, la visualizzazione, la gratitudine, ecc. Di sicuro però la volontà gioca un ruolo fondamentale in questo processo, senza la quale diventa difficilissimo prendere in mano le redini del proprio destino.

Proverò a spiegare il ruolo della volontà attraverso un esempio. Tutti sappiamo che la luce è pura energia. Ne sa qualcosa chi si è addormentato al sole senza essersi prima cosparso di crema solare. La luce del sole da sola però non potrebbe appiccare il fuoco a un piccolo pezzo di carta, neanche se ci trovassimo all’equatore a mezzogiorno. E’ necessario infatti utilizzare una lente per concentrare i raggi solari verso un unico punto, ed ecco che allora accendere un fuoco diventa semplicissimo. Ecco, la volontà nel processo di creazione ha lo stesso ruolo che la lente ha nell’accendere un falò. Solo attraverso la volontà, infatti, siamo in grado di concentrare il nostro pensiero in modo costante, fino a che quel pensiero non prenda forma nella realtà. L’energia creatrice del pensiero, per essere davvero efficace, deve essere concentrata verso l’obiettivo finale per il tempo necessario affinché quell’idea si materializzi. Come ho detto prima, nella nostra mente operano costantemente forze contrarie che cercano in tutti i modi di distogliere il nostro pensiero dal momento presente, portando la mente a ricordare errori ati o a supporre disgrazie future. Senza un controllo costante di queste forze la nostra mente non ha alcun potere creatore, perché l’unica cosa che riesce a fare è rivivere costantemente il ato proiettandolo nel futuro. Questo è quello che fa la mente quando viene lasciata a se stessa, ed è lo stato naturale della stragrande maggioranza di persone su questo pianeta. La volontà è l’unico strumento a nostra disposizione capace di stabilizzare la mente e riportarla sotto il controllo dell’Osservatore. Attraverso la volontà, infatti, possiamo zittire quella vocina che ci parla costantemente, ed essere in grado di osservare i nostri pensieri in modo da dirigerli dove vogliamo. Come dice Thomas Troward, la volontà “è il principio centralizzatore, essendo la sua funzione quella di mantenere l’immaginazione centrata nella giusta direzione”. Nulla però è gratuito. La volontà va allenata, altrimenti rimane solo un concetto astratto senza alcuna utilità pratica. Dobbiamo allenarci giorno dopo giorno per sviluppare la nostra volontà attraverso esercizi che ci costringano a tenere il controllo della mente ed evitare che vaghi senza meta. Ancora una volta l’esercizio del ricordo di se è un ottimo strumento per sviluppare la volontà. Dobbiamo infatti usare necessariamente la volontà per liberare la mente e mantenere l’attenzione su noi stessi per un certo periodo di tempo. Un altro esercizio molto utile è quello di costringerci ogni giorno a eseguire qualche compito che non amiamo fare, come per esempio lavare i piatti, o riordinare quello scaffale dove abbiamo accumulato di tutto. Imponiamoci di fare uno di questi esercizi almeno una volta al giorno, e soprattutto restiamo presenti a noi

stessi mentre lo eseguiamo. La volontà si comporta esattamente come se fosse un muscolo. Se la usiamo, si sviluppa, altrimenti si atrofizza. Alleniamoci allora a usare la volontà per mantenere il più a lungo possibile il controllo della nostra mente, perché da questo deriva in larga misura la possibilità di realizzare i nostri sogni.

Sabrina: Sono sempre più convinta, e tu Paolo ce lo hai confermato, che chiunque può diventare un creatore consapevole della propria realtà, l’importante è intraprendere il cammino e non demordere mai, nemmeno di fronte alle inevitabili difficoltà e alla eventuale mancanza di risultati iniziali. Credo che oramai abbiamo detto quasi tutto, e siamo arrivati alla conclusione di questa piacevole conversazione. Per quanto mi riguarda ringrazio tutti e due per il piacevolissimo scambio di opinioni, e spero ci saranno altre occasioni per parlare ancora insieme di questi interessanti argomenti.

Sandra: Anch’io vi ringrazio per il piacevole incontro, che è volato via in un attimo. Sarà la conferma del fatto che il tempo non esiste? Se permettete, io avrei una domanda finale per Paolo. Se il mondo che vediamo è solo un’illusione, allora probabilmente non c’è molta differenza tra la realtà percepita e i sogni che facciamo ad occhi aperti quando visualizziamo quello che desideriamo ottenere. Insomma, se tutto esiste solo nella mia mente, qual è, se esiste, la differenza tra il mondo percepito e quello immaginato?

Paolo: Carissime Sandra e Sabrina, anche per me è stata una conversazione estremamente piacevole e stimolante. Esco sicuramente arricchito da questo incontro, e vi ringrazio immensamente per questo. Riguardo alla tua domanda, Sandra, hai perfettamente ragione, perché la differenza è davvero minima. Anzi, non credo di esagerare se dico che il sogno è molto più importante della realtà che percepiamo con i nostri sensi. Quello che vediamo intorno a noi, infatti, non è altro che la cristallizzazione dei nostri pensieri ati. E’ come se vivessimo costantemente nel nostro ato, dato che nulla può esistere se prima non viene concepito a livello di pensiero.

Questo è un concetto molto importante da tenere sempre in considerazione, perché il momento presente ha insito un potere immenso. Ogni pensiero che scelgo di pensare adesso, infatti, si cristallizzerà prima o poi in qualche evento futuro, determinando così quale sarà la realtà che andrò a vivere. Per essere veri creatori consapevoli dobbiamo dare una grande importanza ai pensieri che occupano la nostra mente in questo momento, perché il nostro pensiero sta letteralmente creando, nel qui e ora, quello che sarà il nostro presente. Dobbiamo pensare al qui e ora come l’unico luogo possibile in cui la creazione può prendere forma. Il fatto che possa esserci un ritardo nella manifestazione fisica dei pensieri non deve farci desistere dal continuare a provare, e soprattutto non deve distrarci dal credere in questa importante legge di causa-effetto, che poi è l’unica vera legge di causa-effetto esistente in natura. Ogni nostro desiderio viene esaudito istantaneamente dall’Universo, e il nostro compito è solo quello di ‘permettere’ che la materializzazione di quel sogno ci raggiunga, restando in attesa, quieti e fiduciosi, nel qui e ora. Se hai un sogno amalo, cullalo, vivilo ogni giorno nella tua mente. Lui prenderà forma e ti verrà a cercare, perchè il sogno, una volta nato, non può vivere senza di te.

Ringraziamenti

Ringrazio il mio amico sco per aver condiviso con me le sue conoscenze, per le lunghe chiacchierate sempre interessanti e costruttive e per i consigli che continua a darmi, nonostante la distanza che ci separa.

Sandra Lussu

Ringrazio i miei genitori per avermi sostenuta in questo progetto e il mio amico Stefano, prezioso compagno di viaggio sulla strada della ricerca spirituale.

Sabrina Cau

Desidero ringraziare i miei cari per avermi permesso di realizzare quest'opera sopportando qualche mia 'assenza' durante il periodo di stesura del libro. Un grazie particolare va al mio amico Ugo Bignami per i preziosi suggerimenti e per aver pazientemente letto la bozza. Infine, non ringrazierò mai abbastanza le mie due coautrici, Sandra e Sabrina, per avermi proposto di far parte di questo meraviglioso progetto.

Paolo Marrone

Ringraziamo ancora Paolo per aver creduto in noi e per averci accompagnate in questa straordinaria avventura.

Sabrina e Sandra

Bibliografia di riferimento

Un Corso in Miracoli - Autori vari - Armenia Edizioni, 1999

Conversazioni con Dio - Neale Donald Walsch - Pickwick Libri, 2013

Il Potere della Mente - Thomas Troward - Bis Edizioni, 2011

La Scuola degli Dei - Stefano Elio D’Anna - Efdien Publishing, 2011

Il Segreto è l’Emozione - Neville Goddard - David De Angelis Editore, 2012

I 7 i del perdono - Daniel Lumera - Bis Edizioni, 2013 Officina Alkemica Salvatore Brizzi - Anima Edizioni, 2006-2008

Il Potere di Adesso - Eckhart Tolle - My Life Edizioni, 2013

The Science of Getting Rich - Wallace D. Wattles - Elisabeth Towne Company, USA, 1919 Tradotto da G. Migliorino, La scienza del diventare ricchi, BIS edizioni, 2009.

Indice

Title

Copyright

Author

Introduzione

La via della creazione consapevole

Ringraziamenti

Bibliografia