La Rupe Del Cardeto 1z3p59

Mei Annamaria

La rupe del Cardeto

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Indice dei contenuti

Fine di una relazione Ritorno alla vita da single Il primo amore: ricordo Una sorpresa La felicità ritrovata Una fastidiosa visita Progetti matrimoniali Alla rupe del Cardeto Un anno dopo Una rivelazione stupefacente Un cambiamento insperato Milena Note

Fine di una relazione

E’ una fredda e ventosa giornata di febbraio, alla quale seguiranno, secondo le previsioni del meteo locale, altre giornate simili o persino peggiori, con forte vento e forse la neve. Letizia sta aspettando notizie dal suo compagno, con il quale ha bisticciato, che se n’è andato ormai da due giorni, sbattendo la porta e senza un saluto. Comprende il suo stato d’animo, l’ umor nero a causa della perdita del lavoro e della ricerca infruttuosa di un altro. Ma non giustifica che si sfoghi sempre con lei, per ogni stupidaggine, e la tratti come prima non faceva. Si lamenta di tutto, e spesso torvamente; non cerca più approcci amorosi, non le dà neppure una carezza, un bacio. Inoltre economicamente non ha seri problemi, ha un capitale su cui può fare affidamento, senza disperarsi. Perché ha perso la testa in questo modo? Non lo sta cercando, presso i genitori o i loro amici, in quanto spera che si faccia vivo lui e per non creare agitazione, preoccupazioni inutili. Fra un po’ deve recarsi a scuola per partecipare a un collegio dei docenti e, prima di uscire, vuole controllare un’altra volta la posta elettronica. Finalmente trova una sua mail, e si affretta a leggerla, mentre le tremano le gambe. Cara Letizia, perdonami se soltanto ora mi rivolgo a te, ma fino adesso non sono riuscito a farlo. Perdonami anche per come mi sono comportato in questi ultimi tempi: la perdita del lavoro, che per me era molto importante, forse quanto tu non puoi capire, mi ha sconvolto; non ho più voglia di vivere in questa città , in questo dannato Paese. Mi è stata offerta la possibilità di svolgere un’attività uguale a quella che avevo qui, a Seattle, negli Stati Uniti. E non posso rifiutarla. Quanto a noi, non so cosa mi sia successo, ma la nostra unione la sento come una cosa che appartiene al ato, alla persona che ero e non sono più. Spiegati così la mia freddezza.So che non è questo ciò che ti aspettavi da me. Ti lascio come ricordo l’appartamento che ti ho comprato. Le mie cose buttale, fanne quello che vuoi. Ti auguro di incontrare un uomo più degno e meno fragile. Addio, Andrea

Letizia è inebetita. Non riesce neppure a piangere. Si infila il cappotto, prende la borsa e via di corsa con la sua nuova Cinquecento a scuola, che per fortuna non è lontana da casa. Guida in modo automatico per le vie che conosce a memoria, nelle quali c’è poco traffico data l’ora. Sono le 14.30, è in anticipo e così per non incontrare nessuno, entrata nell’edificio, raggiunge di corsa il bagno. Si guarda allo specchio sopra il lavandino e vede uscire dagli occhi lacrime sempre più numerose, si scuote, non vuole farsi vedere in quello stato, il suo viso è tutto arrossato, alterato. Si lava più volte la faccia con acqua fresca, si trucca un po’ ed esce. Incontra per primo il preside,che le si avvicina per dirle qualcosa, ma vedendola meglio le chiede se sta bene. - Temo di essere febbricitante, ora ho anche dei brividi. - Per carità, professoressa, non venga a contagiarmi altri colleghi, faccia subito dietrofront e presto a letto. Regolarizzi tutto in segreteria, mi raccomando. Confortata dalle parole del dirigente, si affretta ad andarsene. In auto i sintomi dell’influenza si rafforzano, le sale la temperatura e sente dolori diffusi in tutto il corpo. Il virus ha cominciato a manifestarsi mentre soffriva nel bagno, per cui ciò che ha detto al suo superiore non era una bugia. Arrivata a casa, si mette subito in pigiama e va a letto. Non riuscendo a dormire a causa della febbre, si arrovella, si chiede come sia potuto succedere che tutto sia finito, dopo l’amore,la ione manifestati nei suoi confronti da Andrea, tali da coinvolgerla suo malgrado e farle apprezzare la loro convivenza nei tre anni in cui sono stati insieme. Credeva ingenuamente di continuare così per sempre. Prova un’intima amarezza, un senso di solitudine e anche di rabbia, per aver perso tempo dietro a uno, di cui si era fidata senza conoscerlo bene. Del resto se all’inizio non era attratta da lui, probabilmente doveva analizzare meglio i motivi della sua resistenza a compiacerlo. Che tipo è quello, che prima ti ama da morire e poi cambia sentimenti radicalmente alla prima difficoltà e ti pianta in asso con una mail, dicendoti che ti lascia l’appartamento per risarcirti. La sua non è fragilità, ma superficialità, incapacità di amare seriamente, grossolanità d’animo. Sta male, e non vuole disperarsi, come ha fatto anni addietro. Telefona alla madre per avvertirla che ha l’influenza, ma assolutamente non deve andare da lei, non è proprio il caso di rischiare di contagiarsi. Non la informa sulla fine

della sua“solidissima” relazione, c’è tanto tempo per farlo. È presa dal solito torpore che le procura la febbre elevata, vorrebbe alzarsi per andare al bagno, in cucina a prendere una bottiglietta d’acqua, ma non riesce a muoversi. Dopo una mezz’ora la madre è già lì a prendersi cura di lei, le dà un antipiretico e le prepara una minestrina. - Vuoi che cucini qualcosa per Andrea? - Oh, mamma, Andrea mi ha lasciata, ha trovato lavoro negli Stati Uniti e di me non vuole più saperne. - Vi siete parlati? - No, mi ha licenziata attraverso la posta elettronica. - Bene, il nostro ingegnere nautico se n’è andato. Non abbatterti troppo, pensa a com’era poco amabile negli ultimi tempi. Troverai senz’altro qualcuno che ti amerà più di lui. Riposati. Mi sistemerò nell’altra camera, chiamami se hai bisogno. Buona notte, tesoro. - Notte, e grazie di tutto. Accende la tv per distrarsi, per non pensare a se stessa.

Ritorno alla vita da single

Trascorsa una settimana, Letizia riprende la scuola e s’immerge nel tran-tran del lavoro, che le lascia poco tempo libero, e frequenta le amiche che aveva un po’ trascurato per Andrea, soprattutto Milena, una nuova nel gruppo che è single come lei. Gli amici che vedeva assieme al compagno, dopo qualche telefonata di circostanza, si sono eclissati, forse per il comprensibile imbarazzo che creava in loro l’inaspettata situazione. Niente più gite, pranzi e cene nei locali alla moda, le conversazioni e le confidenze tra le donne della stessa cerchia. Persino Federica, che era sembrata esserle più vicina e affezionata, non ha avuto il coraggio di dirle due parole di consolazione. È ritornata alla vita che conduceva prima di tre anni fa, con qualche anno in più, e una maggiore malinconia che l’assale quando è sola. Questa è una delle sere tristi: per finire di correggere i compiti, ha rinunciato ad andare in pizzeria con le amiche. Guarda alla finestra e il cielo scuro, senza stelle, la induce a ragionare mestamente. In fondo la storia con Andrea era nata solo dopo un suo corteggiamento serrato, a lei non piaceva tantissimo il suo aspetto, un po’ massiccio, rude, poco elegante. Alla fine aveva ceduto alle sue attenzioni continue, lusingata dall’amore che le dimostrava con entusiasmo. E ora si è accorta di aver sbagliato, di essersi accontentata che lui soltanto la desiderasse, si era adagiata nelle comodità, e riempiva il vuoto che aveva dentro con regali, feste, viaggi e altri vantaggi materiali, chiudendo nel segreto della sua anima il ricordo di chi l’aveva attratta naturalmente senza forzature. Si riferisce al ragazzo che ha conosciuto al Liceo classico, il suo primo amore, Massimo. Lui frequentava la terza e lei la prima.

Il primo amore: ricordo

S’erano incontrati nel corridoio della scuola ad autunno inoltrato, in seguito al trasferimento del padre, giudice, in città. Si erano subito innamorati e stettero insieme per dieci anni: erano strettamente legati, avevano intenzione di sposarsi, di non lasciarsi mai. Frequentarono l’università a Bologna (lei scelse Lettere e lui Medicina) continuando ad amarsi. Formavano una coppia molto apprezzata, perché entrambi erano belli ed intelligenti. Finiti gli studi, iniziarono presto a lavorare, cosicché organizzarono il loro matrimonio, felice conclusione delle stesse aspirazioni. Già avevano affittato un piccolo appartamento in zona Pratello al centro di Bologna e l’avevano arredato con l’aiuto del papà di lui, che aveva senz’altro più mezzi della madre di lei, vedova impiegata alle Poste. Ci fu però un improvviso cambiamento di sorte ed ecco la scena amara dell’inizio del periodo più buio. Dieci giorni prima delle nozze, mentre era in giro per compere con un’amica, vide a un tavolo di un bar, seminascosto da una tenda, da dietro, un giovane che copriva qualcuno su cui era leggermente chino in atteggiamento affettuoso. Il tessuto dell’abito, la posizione, nonché una scarpa la insospettirono. Disse all’amica che doveva entrare un attimo nel bar. Veloce raggiunse l’elegante bancone, ordinò un caffè e scorse attraverso un arco in fondo alla sala da tè, accanto a una finestra, Massimo, proteso verso una ragazza dai capelli biondi, con la quale parlava animatamente. Lo fissò e lui girò la testa, mentre lei si metteva di profilo, facendo finta di niente. Pagato il caffè senza berlo, si diresse al tavolo decisa. - Ciao, Massimo, chi è questa bella ragazza? Lui tacque e la giovane, bella sì ma anche altera e tanto seccata, si alzò di scatto e raggiunse rapidamente l’uscita, scontrandosi con l’amica di Letizia, che, entrata a controllare che cosa la trattenesse troppo a lungo e vista la mala parata, aveva deciso di scomparire e di proseguire da sola la eggiata.

- Letizia, calmati, la giovane è la figlia del primario del reparto dove lavoro. Purtroppo la settimana scorsa ci siamo incontrati e ci… - siamo innamorati. - Ora le stavo spiegando che noi due stiamo per sposarci, dopo una lunga e importante storia, che io sono impegnato con te ormai. Non avresti dovuto vederci oggi, stai complicando tutto. Credimi, ti supplico, si tratta semplicemente di una sbandata e vorrei che nulla cambiasse dei nostri piani. - Sei così fuori di testa, che non sai più quel che dici. Mi stai pugnalando e non comprendi che non ti voglio più neanche vedere, traditore! La nitida scena è rimasta stampata nella sua mente, mentre delle sensazioni confuse coprono gli avvenimenti successivi, tutti dolorosi: le loro nozze saltate, l’improvviso trasferimento di lei ad Ancona, le sofferenze e i pianti lontana dal suo amato, la celebrazione del fastoso matrimonio di Massimo e Angelica. Basta. Non regge più questi ricordi ed altri che la fanno soffrire. Forse avrebbe dovuto incontrarsi ancora con lui, prima di andarsene sdegnata e irremovibile e ascoltare bene quello che aveva da dirle, quelle cose che aveva farfugliato al bar, dopo essere stato scoperto con l’altra. Magari era vero che si era trattato di un semplice disorientamento, e tutto sarebbe potuto ricominciare, e lei aveva dei motivi molto validi per perdonarlo. Ma la gelosia e l’umiliazione subita la rendevano cieca e sorda ai richiami, che pure udiva, offuscati dalla disperazione, di controllare la propria volontà autodistruttiva, di considerare l’accaduto con equilibrio e saggezza. Ma non può tornare indietro. a a leggere un racconto di Marquez, “Cronaca di una morte annunciata”, che le piace abbastanza ma non quanto il romanzo “L’amore al tempo del colera”. L’attrice Giovanna Mezzogiorno ha reso bene il personaggio di Fermina Daza nell’omonimo film. Le palpebre le pesano sugli occhi e si addormenta pensando ai due innamorati ormai vecchi che decidono di vivere insieme fino alla morte, andando avanti e dietro sul battello lungo il fiume.

Una sorpresa

Deve recarsi dal medico di famiglia per parlargli di alcuni suoi fastidi, è un po’ contrariata perché ha saputo che il suo vecchio dottore è andato in pensione e chissà chi troverà al posto suo. Nonostante i cambiamenti climatici, è un classico pomeriggio di marzo, con il vento e a tratti, tra le nuvole, il sole. Entra rapida nel vetusto edificio di Corso Garibaldi, e sale al secondo piano, evitando l’ascensore, suggestivo come reperto di antiquariato, ma poco rassicurante. Suona il camlo e, apertasi l’anta della porta, s’introduce nell’ingresso-sala d’aspetto; non trovando nessuno, si avvia verso il corridoio, dove sono dislocati i vari studi medici. Sicura bussa all’uscio, il terzo a sinistra, ancora con la stessa targa di sempre. Un indistinto “Avanti” la spinge subito ad abbassare la maniglia e a fare il suo timido affaccio. I suoi occhi incontrano quelli di Massimo e rimane lì immobile, ammutolita. - Ciao, Letizia,non vieni a sederti? - Oh, scusami, che ci fai qui? Voglio dire, ti sei trasferito ad Ancona con la famiglia? - L’unica famiglia che ho è quella costituita da mio padre e da mio fratello, che abita, sposato, con lui. Saprai di certo che mia madre è morta due anni fa. Il mio matrimonio con Angelica è stato annullato. Ma, venendo a te, che problema di salute hai? - Ho ogni tanto dei mal di testa e non dormo bene, o mi addormento troppo tardi o mi sveglio verso le tre e fatico a riaddormentarmi. -Ti è successo qualcosa di spiacevole recentemente, il lavoro a scuola ti affatica

più del solito? Ho sentito dire che l’irrequietezza tra i ragazzi è di molto aumentata. - Sono stata lasciata dal mio compagno. - Allora, si capisce. Il rimedio più naturale sarebbe ritrovare la felicità perduta, altrimenti dovrai ricorrere alle medicine, con conseguenti effetti collaterali. La psicoterapia potrebbe aiutarti se le cose peggiorassero. Intanto ti prescrivo un calmante naturale blando. E ti consiglio di distrarti, di fare eggiate, molto movimento. Letizia, permettimi di are dal professionale al privato. Avrei tanto piacere di parlare con te da qualche parte, della mia vita, dei miei problemi. Se vuoi, potrei condurti in un ristorante o dove vorrai tu. - Se ti va, vieni a casa mia domani sera alle otto, saremo soli e liberi di confidarci per tutto il tempo che vorremo. Abito in via S.Margherita n.9, all’ultimo piano.

La felicità ritrovata

Arriva la sera dell’incontro: nella sala ingresso è pronta una cenetta per due. Entrambi, nel rivedersi sono un po' impacciati e si scambiano battute sul tempo; lui ha portato una bottiglia di verdicchio e lei lo mette subito a rinfrescare. Finalmente sono seduti, per un aperitivo, sul divano, a una distanza comoda per guardarsi e parlare. - Come ti ritrovi qui in città, hai rivisto qualcuno degli amici? - Mah, a dir la verità, sono ritornato ogni tanto, per visitare i miei ; quanto a Marco, vive e lavora a Milano, Luca fa il medico in Brasile, anzi mi dice sempre di trasferirmi là, l’unico che vedo è Vittorio, fa l’avvocato e ha lo studio al Viale. E tu non sai queste cose? - Conosci bene il motivo per cui non mi sono più interessata a loro. - Già. - Hai ancora tanto risentimento nei miei confronti? - No, solo rimpianto di quello che non ho avuto. - Sai, il pensiero di te mi ha consolato, ho cercato di vederti di nascosto, avrei voluto contattarti, ma ero sicuro che avresti rifiutato di ascoltarmi. Quante volte ti ho pensata, e subito dopo le nozze, perché quasi immediatamente mi sono reso conto che la fedeltà per Angelica non aveva nessun valore; se qualcuno le piaceva, si concedeva senza problemi, anzi mi voleva convincere che era un bene, per il nostro rapporto, che lei si svagasse in questo modo, il suo amore per me non sarebbe mai mutato. Puoi immaginare la mia reazione, ho provato in tutti i modi di farla riflettere, ma il risultato fu che mi nascondeva le sue “scappatelle” per farmi stare tranquillo. Ho deciso di troncare al più presto questa assurda unione, chiedendo e ottenendo l’annullamento del matrimonio. Il padre ha fatto di tutto per rovinarmi professionalmente, ma a me importa soltanto di essermi

liberato di entrambi, degni l’uno dell’altra. Posso dire di aver soggiornato per un po’ all’inferno. - Mi dispiace veramente tanto… - Cioè provi solo pena? - Ascoltami, il mio amore per te si trova sotto vari strati, occorre rimuoverli. - Vuoi giocare un po’, bene. Come tuo chirurgo posso iniziare l’intervento di asportazione. Vediamo gli strumenti necessari. Avvicina il viso al suo e le dà un bacio apionato a cui lei risponde timidamente, poi altri due ricambiati con ardore, e vanno avanti nella gioia di ritrovarsi, di amarsi fino in fondo, stupiti di sentire intatte, anzi più forti le emozioni di una volta. Non riescono a fermarsi, eccitati e felici, timorosi che qualcosa d’ignoto possa ancora separarli.

Una fastidiosa visita

Si lasciano la mattina dopo, per raggiungere i propri posti di lavoro, con la carica delle persone cha amano riamate. Nel pomeriggio la va a trovare Milena, che nota immediatamente nell’amica, serena e raggiante, un insolito aspetto. Quando cautamente la informa che Massimo è ritornato da lei, la rimprovera di essere un’ingenua, un’illusa, una che non impara mai dalla vita. Adesso, finché dura, non faranno più le loro belle uscite spensierate e divertenti di sole donne. Letizia la rassicura, la loro amicizia ci sarà sempre, ma in verità è contrariata da quelle parole pesanti, di cattivo gusto. Milena non la conosce profondamente, sa che è un po’ strana, eccentrica e che gestisce una libreria in Piazza del Papa. Si salutano un po’ freddamente. Milena scende le scale con lentezza e si ferma a guardare dalla vetrata di un pianerottolo il paesaggio: tetti di case, alberi e in lontananza il mare. Si sente molto abbattuta, sperava di poter confessare a Letizia il sentimento che prova per lei, da quando l’ha conosciuta. Ma adesso che l’ha vista, trasformata dalla gioia per il ritorno del suo ex, si paragona all’erba muraiola che cresce tra i mattoni delle vecchie case e nessuno apprezza. Uscendo dal portone quasi si scontra con un tale, giovane e di bell’aspetto, che potrebbe essere il suo rivale, e, mentre lui la saluta per cortesia, lo guarda muta con una cert’aria canzonatoria. Massimo, entrato nell’appartamento, dopo aver abbracciato e baciato Letizia, le parla dell'insolito incontro al portone. - Ah, senz’altro era Milena, una mia nuova amica, alquanto bizzarra, che non ama troppo gli uomini!

Cosa vuoi per cena?

Progetti matrimoniali

Letizia è molto felice della nuova vita, ci sono già progetti di nozze, che rallegrano lo scorrere dei giorni di loro due e portano un piacevole fermento nelle relazioni con chiunque. La novità è oggetto di commenti tra le amiche e gli amici della coppia, a scuola, tra i colleghi e nelle classi di Letizia, e anche negli ambulatori medici di Corso Garibaldi. Pure nella casa del giudice si è ritornati a sorridere; Dolly, la nuora, moglie del figlio minore, simpatizza molto con Letizia, escono spesso insieme, organizzano pranzetti e cene nelle abitazioni ora dell’una ora dell’altra, allo scopo di rafforzare l’unità familiare oltre che per il piacere personale di stare vicine. Entrambe hanno la ione per i film, specialmente quelli tratti da romanzi. Lei quasi quasi vorrebbe riutilizzare l’abito che aveva riposto lontano da sé, tra le cose dimenticate nella cantina di sua madre, ma questa glielo sconsiglia vivamente, per pura scaramanzia. Così con la mamma è andata a scegliere in una sartoria un modello dell'abito da sposa che indosserà il 24 luglio. Il tessuto è bianco, di organza leggera, vaporoso, che ben si attaglia alla sua figura delicata e slanciata. Per l'ultima prova si è fatta accompagnare da Massimo, che, appena la vede uscire dal camerino, l' acclama come il il più leggiadro fiore della primavera. Letizia ricambia il complimento con un sorriso dolcissimo e lievemente triste, forse per la commozione. Una commessa un po' distante si rivolge ad un'altra: - Ma come, non sa che porta male farsi vedere in abito da sposa dal futuro marito prima delle nozze?!

Alla rupe del Cardeto

Sono iniziate per Letizia le vacanze pasquali: è pomeriggio, un pomeriggio tutto sommato primaverile nonostante delle nuvole sparse nel cielo azzurro e qualche colpo di vento. Massimo è appena uscito per entrare in servizio. Lei si prepara per andare con Milena a fare una eggiata al Cardeto, cosa di cui non gli ha fatto alcun cenno per dimenticanza e un po’ adesso se ne dispiace, sapendo quanto lui sia contento di essere informato sulle sue uscite, sia pure di poca importanza. Ieri ha incontrato l’amica, che le ha proposto per il giorno dopo di fare una bella camminata nel Parco e, anche se la cosa non la interessava più di tanto, ha acconsentito per farle piacere: d’altronde un giro all’aria aperta avrebbe giovato sicuramente a tutt’e due. Puntuale arriva al cancello d’ingresso, vicino all’Università di Economia, e Milena è già lì ad attenderla. Si sorridono ed inizia l’escursione. Al sole fa piuttosto caldo, ma ogni tanto una folata di vento, che muove le cime degli alberi, dona loro una gradevole frescura. Parlano e osservano il paesaggio intorno, dove non appare proprio nessuno. - Non saremo a rischio di aggressione in questo posto così solitario? -Tranquilla, Letizia, ci sono io con te. Giungono al Campo degli Ebrei, un grande prato verde cosparso di bianchi ruderi di antiche tombe; stanno percorrendo il sentiero, delimitato da una siepe, accanto allo strapiombo sul mare soprannominato un tempo Rupi di gallina. - Guarda, vieni a vedere che stupendo… soffri di vertigini? Milena ha trovato un varco tra i cespugli e convince l’amica a raggiungerla. - Ma non è questo il posto di tanti terribili suicidi?

Sotto di loro l’alta falesia scende a picco su una spiaggiola di sassi, lambiti dal mare azzurro, orlato di candida schiuma. È una vista mozzafiato. Milena si lamenta come avesse un capogiro, Letizia si gira verso di lei per sostenerla e l’amica le dà una spinta decisa, che la fa sbilanciare e cadere nel vuoto. Si sente un urlo acuto e straziante, sormontato dallo stridio assordante e improvviso di un folto stormo di gabbiani in volo verso di loro. Milena, frastornata, prova un senso d’oscura angoscia dentro di sé, ma si rianima subito: svelta ritorna nel sentiero e si avvia in direzione dell’uscita, nel silenzio più assoluto. Raggiunto il parcheggio assolato e deserto, accende il motore e scompare alla volta della sua abitazione. Qui piange a lungo distesa sul letto, dicendosi che doveva esser fatto, non poteva perdonare a Letizia l’affronto di volersi sposare con Massimo. Lei l’amava troppo e non sopportava di essere esclusa dalla sua felicità. Ora occorre dimenticare ogni cosa e far finta di nulla. Intanto Letizia nella caduta è approdata a cinque metri circa su una piccola balza con un alberello ritorto, che ne ha bloccato la discesa. Si sente tutta ingabbiata in un dolore sordo. È supina, sopra di sé ha la borsa; con una mano tremante, che può muovere, riesce a prendere il cellulare e a comporre con grande difficoltà il numero di Massimo. - Massimo, oddio, sono precipitata, aiutami… - Che dici, dove? - A… l Cardeto. - Chi era con te… A questo punto il pezzo di rupe, fragile per le piogge recenti, frana irreparabilmente per metri e metri sino al forte impatto con la spiaggia e il povero corpo della giovane donna giace sui sassi senza più vita, mescolato all’intrico di terriccio, tronco e rami. Il cellulare si frantuma su una roccia in cento pezzi, che si spargono in mare.

Un anno dopo

E’ trascorso un anno dalla morte sconvolgente di Letizia, che oltre ad avere provocato una forte risonanza in città e scombussolato varie famiglie e persone, ora, dopo l’archiviazione del caso da parte della procura, come decesso per cause accidentali o per suicidio, lascia parecchio amaro nella bocca della madre, di Massimo e di tutti coloro che la conoscevano bene nei vari ambiti, familiare, amicale e scolastico. Sull’incidente sono alquanto perplessi, perché la giovane donna non era solita fare eggiate o jogging da sola e in luoghi di per sé pericolosi, come per l’appunto è il sentiero a ridosso della scarpata del Cardeto. Quanto alla seconda ipotesi, la scartano senz’altro ricordando la felicità della donna al momento dell’accaduto, e in generale la sua forza d’animo nelle difficoltà. Ma non sono emerse durante le indagini prove di nessun genere, sono solo circolati indizi di pura fantasia. Oltretutto, proprio durante i soccorsi, iniziò a piovere e la pioggia continuò per gran parte della notte, cosicché fu cancellata ogni possibile traccia. In quest’aria di mistero si diffonde, anche se celato, un clima di sospetti, che comunque vanno sempre a finire in un nulla di fatto. Massimo è convinto che l’assassino di Letizia l’abbia fatta franca, grazie a una serie di circostanze tutte favorevoli; dev’essere uno del suo ambiente, probabilmente un innamorato respinto, incapace di sostenere una sconfitta sentimentale. Individuarlo sembra impossibile; si sfoga a parlare di questa sua idea in famiglia, presso cui è ritornato a vivere, con il vecchio padre, il giudice, con il quale è entrato in una stretta familiarità dopo l’evento doloroso. D’altra parte, anche il fratello Enrico e la moglie, Dolly, divenuta tanto amica di Letizia, si prodigano nella quotidianità a rendergli la vita meno penosa, con attenzioni che lui mostra di gradire. Quando è libero dal lavoro e non esce con un amico, gli piace stare a leggere in poltrona nella sua camera di sempre, dove si nota che c’è una delicata regia femminile, che si occupa sapientemente di tutto ciò che riguarda l’ordine, la pulizia, i ricambi puntuali di biancheria e vestiario. Una volta c’era sua madre a dedicarsi alle necessità della casa, ora è la cognata a sostituirla degnamente.

Spesso dà un’occhiata al Viale della Vittoria, e guarda distrattamente gli alberi d’acacia e i anti. Ai tempi della scuola da quella finestra osservava il eggio delle ragazze, e dopo che aveva notato Letizia al Liceo, prima che si mettessero insieme, spiava il suo arrivo da dietro le tende; con immenso piacere vedeva il suo bel viso rivolto verso la villa, come per cercarlo e salutarlo. È arrivata la Pasqua e con essa si rinnova la ione sofferta lo scorso anno per i fatti ben noti.

Una rivelazione stupefacente

Massimo è ritornato dal lavoro e nella sua camera si riposa, in attesa di essere chiamato per la cena. Si sente il camlo del portone, e poco dopo la domestica lo avverte che la madre di Letizia vorrebbe parlargli. Il dottore le dice di farla accomodare in salotto, dove la raggiungerà al più presto. Mentre si sta avviando lì, si chiede che cosa possa avere di tanto urgente da dirgli. Che voglia fargli gli auguri? Lui si siede di fianco a lei sul lungo divano giallo e la guarda interrogativamente, notando una certa agitazione nei gesti. - Devo dirti una cosa importante, che ti sembrerà parecchio assurda. - Prego. - Bisognerà che facciamo tanti i indietro nel tempo, a quando tu e Letizia vi lasciaste nove anni fa. Sai, era incinta di te, e voleva darti la buona notizia proprio la sera del giorno in cui ha poi deciso di troncare... - Ma che racconti? Vuoi forse dirmi che aspettava un figlio mio e me l’ha taciuto? - Sì, perché, essendo stata tradita, non voleva aver niente a che fare con te, non tollerava assolutamente che fossi informato sul suo stato. Tornata da Bologna, appena si videro i primi segni, se ne andò da mia sorella, nella campagna di Cagli e lì nacque una bambina, che subito dopo il parto morì: mentre lei stava male e aveva la febbre alta, le fecero vedere un corpicino coperto con un panno, dicendole che purtroppo la piccola era salita in cielo. Mia figlia, disperata volle partire la sera stessa per Ancona, con un taxi, lasciando

alla zia le tristi incombenze di quella circostanza. Rientrata a casa, non potemmo neppure fare due parole, delirava e io l’assistetti per qualche giorno, temendo che sopravvenisse un’emorragia. Insomma si riprese e mi raccontò tutto. La rimproverai per non avermi subito telefonato, certo l’avrei fatta partorire in ospedale, e anzi chiamai mia sorella e mi lamentai, ricordandole che mi doveva avvertire quando mia figlia fosse stata prossima… Mi interruppe dicendo che non era colpa sua se la bimba era nata settimina, lei aveva fatto l’impossibile e comunque ormai la piccola era stata sistemata nel modo più opportuno. Piangemmo a lungo Letizia ed io e poi decidemmo di seppellire dentro di noi il doloroso segreto. - È tutto semplicemente pazzesco, una storiaccia dell’Ottocento! Ma non poté fare a meno di piangere anche lui. - Senti, Massimo, la cosa straordinaria non l’ho ancora detta. L’altro giorno sono stata convocata a Fano dalla Superiora di un Istituto di suore per comunicazioni riservate. Mi sono recata subito sul posto e ho scoperto delle verità scioccanti, anche se piacevoli. Dunque mi hanno riferito che mia sorella è morta di una malattia di cuore due settimane fa e loro hanno seguito le sue istruzioni fedelmente. Nel collegio si trova a studiare una mia nipote, Chiara De Angelis, che frequenta la terza elementare con ottimo profitto, cioè la bambina di Letizia De Angelis, di otto anni. - Come, mia figlia…? Si alza di scatto. - Bisogna andare a prenderla immediatamente! - Calmati, Massimo, devo finire il discorso. Mi hanno consegnato una lettera di mia sorella, nella quale mi spiegava il motivo delle sue decisioni: quando la

piccola dimostrò di non essere affatto morta e piangeva come tutti i neonati, Letizia era appena partita, fuori di sé dal dispiacere. Allora da sola concluse che era molto meglio allevarla presso di lei di nascosto e di farla educare appena possibile in un buon collegio di suore; alla bambina avrebbe detto che i genitori e la nonna erano partiti per il Canada, dove il padre svolgeva un importante lavoro. Non aveva voluto che Chiara crescesse con una ragazza-madre, in mezzo a sicure fragilità. Avrebbe voluto restituire la bimba al momento del matrimonio di Letizia e Massimo, per il quale aveva tanto pregato, ma, poi, dopo l’incidente della madre, si era ammalata di cuore e aveva lasciato la faccenda tutta nelle mani delle suore. - Finito questo pasticciaccio? Non era del tutto sana di mente questa tua sorella. Per fortuna il finale è lieto.

Un cambiamento insperato

Sono ati due anni dal triste evento occorso alla sfortunata Letizia, è rifiorita la primavera e nella villa del giudice al Viale, nonché nell’appartamento della sig.ra Olga in via Rismondo, c’è un clima di festa, di grande gioia. L’arrivo di Chiara, una bambina di nove anni, che somiglia in modo sorprendente alla madre, con qualcosa di non ben definito, che la rende più bella. Ha degli occhi scuri vellutati, dei capelli castani fini come seta, la pelle chiara e luminosa. Parla e si muove con grazia, e sorride in modo accattivante, anche se ogni riferimento alla mamma, che si aspettava di trovare accanto al padre, le fa imbronciare le labbra tenere e ben modellate. Le hanno detto che il Signore l’ha accolta in cielo per i suoi meriti e che da lassù la segue e la protegge. Tutti ne sono conquistati, e lei distribuisce con generosità e imparzialità il suo affetto, stupita che tante care persone siano comparse come per miracolo nella sua vita, però una propensione istintiva la lega fortemente al padre, pazzo di lei, e a Dolly, che la tratta come una propria figlia, scoprendo nella sua natura delle affinità con se stessa, che la inducono ad amarla senza alcuna remora. Frequenta la quarta elementare alle vicine Scuole Elementari De Amicis, dove si è ambientata senza problemi, mostrandosi socievole e disponibile con i compagni, attenta e preparata con gli insegnanti, che ne lodano l’intelligenza vivace e intuitiva. Per lo più esce con il padre, che cammina orgoglioso accanto a lei e le indica i luoghi, nei quali andava con la mamma, quando erano giovani o con Dolly, che l’accompagna e la va a riprendere a scuola, oppure fa con lei acquisti di libri, giochi, di qualche bel vestito nuovo. Con il nonno si intrattiene il pomeriggio, dopo aver fatto i compiti, che sottopone al suo giudizio. Insieme discutono delle materie di studio, del suo profitto e il giudice trova particolrmente appropriato il modo di esporre gli argomenti della nipote, la scioltezza di linguaggio, e conversa con lei molto volentieri.

Milena

Una sera di maggio, quando il papà va a darle il bacio della buona notte, la bambina gli dice che non riesce a prendere sonno, perché ha una preoccupazione. Da alcuni giorni, uscendo da scuola, incontra una signora, sempre vestita di scuro, che la fissa con strani occhi e le mette un po’ di paura. Massimo la rassicura: sarà magari una tizia che abita lì vicino e la incontra per caso. Quanto agli occhi, non tutti ce li hanno belli e affascinanti come i suoi. Lei sorride e sembra essersi rasserenata. Il giorno dopo Massimo vuole però fare l’investigatore e si apposta nei pressi dell’ingresso della scuola e nota ad un certo punto una giovane signora ,vestita con giacca e pantaloni neri, che, in mezzo alla confusione dell’ora di uscita dei bambini, fa in modo di andare incontro a Dolly e alla piccola, e si ferma a osservarla, come se le volesse rivolgere la parola. Il giorno dopo si verifica la stessa situazione e allora si fa avanti, si intrufola tra la gente e si fa trovare all’improvviso di fianco a Chiara e, mentre la sconosciuta sta fissando la bambina, attira la sua attenzione. - Buongiorno, che piacere rivederla a distanza di tanti anni! E intanto osserva gli occhi veramente singolari della donna, che rammenta di aver già visto, senza sapere dove. - Mi sta scambiando per un’altra. Scusi, ma ho fretta. Fugge via tra le tante persone come una vipera tra i massi della montagna. Chiara, visto il papà, si stringe a lui di lato e cancella l’immagine sgradevole della donna che ancora una volta la stava fissando, mentre Dolly, tutta presa dal liberare la bambina dalla sciarpa e dallo zainetto pesante, sotto un sole più caldo del solito, non si accorge del movimento che è avvenuto, se non della presenza del cognato. Milena, sentitasi scoperta, anche se pensa di non essere stata riconosciuta nella

sua vera identità, è un po’ sconvolta e si rimprovera di essere andata troppo spesso a incontrare la bambina, che è una straordinaria sosia di Letizia, ma non poteva trattenersi dal farlo, come fosse presa da un’ossessione compulsiva. Ogni volta riusciva a mettere a fuoco qualche nuovo particolare che confermava la straordinaria somiglianza e oggi, vedendo Massimo, ne capisce il motivo e si rende conto che la sua amata amica era una madre, e che, per colpa di lei, la figlia è un’orfana. Certo non riesce a comprendere in che modo sia venuta fuori adesso; dunque Letizia nascondeva un segreto. Perché ha taciuto di essere rimasta incinta del suo ex, in tempi in cui una ragazza-madre non scandalizza nessuno? Forse temeva che lui accame dei diritti sulla bimba… Si ode un gran botto. Mentre era compresa in questi ragionamenti, ha attraversato la strada distrattamente , non accorgendosi di un autobus in arrivo. Un gabbiano, sorvolando il Viale, sembra stia osservando la scena, dopo aver rallentato il volo: il grosso mezzo pubblico fermo, un fagotto scuro davanti ad una ruota e una pozza di sangue sull’asfalto, gente che accorre. Ogni rumore o grido vengono sopraffatti dall’urlo delle sirene di due autoambulanze che si precipitano sul posto. Nel frattempo Chiara, il papà e la zia sono abbastanza lontani dall’incidente, a Piazza Cavour, diretti a piedi verso il centro, dove pranzeranno Da Rosa assieme allo zio Enrico, al nonno e a nonna Olga, per festeggiare il compleanno di quest’ultima. Del terribile fatto hanno percepito soltanto l’acuto suono dei mezzi di soccorso.

[1] Breve Biografia

Nata sulle rive del lago di Garda, nel 1945, vive la sua giovinezza nelle Marche, dove frequenta il Liceo classicoe si laurea in Lettere moderne all’Università La Sapienza di Roma nel’70. Con il marito, che ha conosciuto al Ginnasio, condivide gli studi. Assieme a lui si dedica all’insegnamento prima in Piemonte e poi nelle Marche, dove vive tuttora. Nel tempo libero si applica nella pittura a olio prevalentemente e nella scrittura in prosa e in versi.