Redazione a cura di Riccardo Finamore
Revisione testo e impaginazione a cura di Serena Cavallari
Prodotto da Istituto DiaLogos - Life Counseling Counseling del Senso di Vita® www.istitutodialogos.com
Prima stampa Novembre 2013 Seconda ristampa Novembre 2014
Milano
“Nessuno conosce il figlio se non il padre, e nessuno conosce il padre se non il figlio” (Mt 11,25)
A Marco, mio figlio. E a tutti i figli e a tutti i padri.
Pater noster qui es in coeli Santificetur nome tuum Adveniat regnum tuum
Fiat voluntas tua Sicut in coelo et in terra Panem quotidianum da nobis Et dimitte debita nostra Sicut et nos dimittinibus debitoribus nostris Et ne nos inducas in tentationem Sed libera nos a malo Amen
CARO FIGLIO, TI VOGLIO PARLARE DELLA PREGHIERA
Non è un argomento facile per uno come me: ex ateo, ex marxista-mandrakista, ex mangione e beone, ex psicoanalizzato, ex di molte altre cose.
E per di più non ti voglio parlare di un tipo di preghiera da recitare a pappagallo, come quelle che ti insegnano al catechismo, ma di una preghiera che si fa in silenzio, nel luogo segreto in cui puoi ritirarti quando sei stufo della confusione del mondo e della mente.
Ecco, quella di cui ti voglio parlare è una preghiera che non si recita con la mente (anzi meno mente c’è meglio è), è una preghiera che s’interpreta con il cuore, con tutto il cuore, anche con la rabbia e la paura che covano spesso nel cuore dei ragazzi, e con il corpo, con tutto il corpo, anche il pistolino. E con tutto lo spirito.
Cos’è lo Spirito?
Quando ti senti libero, quando la tua mente si perde a guardare una formica camminare su un filo d’erba, il volo di una farfalla, un tramonto, un video-game. Il luogo in cui la mente si perde è un luogo sacro: il luogo dello spirito, il luogo in cui nessuno può venire a romperti le scatole, proprio nessuno, neanche i tuoi pensieri. Quando un bambino si perde a guardare una formica, un bruco o un maggiolino, è in un luogo in cui non entra nessun rompimento di scatole, un luogo impenetrabile, il luogo magico e segreto che conoscono tutti i bambini. In quel luogo il bambino è completamente sereno, è solo ma sente vicino a lui e tutto intorno a lui una presenza benevola. In realtà in quel momento il bambino si è messo in connessione con la natura, se ne sente parte, è un tutt’uno con lei, questo il bambino chiama angelo custode. E lui non deve far altro che essere, semplicemente essere lì e lasciarsi cullare fra le braccia dell’angelo, come fra le braccia della più amorevole delle madri (e sarà anche vero che le madri non sbagliano mai e che sono tutte sante, ma il loro bell’Ego lo hanno anche loro), quel luogo magico in cui il bambino è perso disteso sull’erba, con una spiga in bocca e la testa fra le mani a contemplare ‘ste cazzo di formiche che non stanno ferme un attimo e tutte in riga vanno chissà dove, in quel luogo, dicevo è presente l’Amore Incondizionato, un amore che ama tutto ciò che è in te, che lo accetta così com’è, senza volerlo cambiare o rimettere in ordine niente. Beh, perlomeno io me la sono vissuta così. Non che lo sapessi, ho dovuto riflettere molto su quel luogo magico e soprattutto su come sia possibile ritornarci. Cinquant’anni dopo credo di aver capito che quando la mente si perde allora trova Dio (puoi chiamarlo anche Natura¹, se ti suona meglio). Quando da adulto riesci a pregare con la stessa intensità con cui un bambino contempla una farfalla, allora torni in quel luogo, e non è poi così difficile. Bisogna essere in silenzio, creare uno spazio in cui non entrano neanche i pensieri e scoprire che qualcosa d’altro riempie questo spazio: il tuo respiro. Ti ricordi quando venivo a baciarti la sera? Forse no, perché spesso dormivi, ma io sì, e sai cosa succedeva? Respiravamo insieme la stessa aria. Secondo gli israeliti baciare è condividere lo stesso alito.²
Pregare è respirare. Quando preghi respiri con Dio, Lui ti dà un bacio. La cosa importante della preghiera non sono le parole che dici, ma il desiderio di respirare una boccata di aria pulita, un desiderio che tutto sia tranquillo, senza baruffe, un desiderio di Pace. Forse adesso non t’importa granché della pace, anzi stai per entrare nell’età in cui spesso i ragazzi si preparano alla rivolta e alla guerra, ma quando saranno finite le battaglie scoprirai che la cosa più importante di tutte è poter vivere in Pace. Gli israeliti quando si salutano si augurano la Pace e dicono: Shalom, che significa “essere intero”. ³È come se qualcuno ti dicesse: mi vai bene come sei, non cambiare. Sarebbe bello, vero? Posso dirti che pregare, più che parlare con Dio, è respirarlo dentro di Sé. Quando vorrai pregare, non parlare, ascolta il tuo respiro e sentirai la voce di Dio. Perché pregare non è parlare, ma ascoltare. Chi ascolta ubbidisce⁴. So che a un ragazzo la parola ubbidire può dare fastidio, Dio sa a quanti ordini cretini deve sottomettersi: dei genitori, dei nonni, degli zii, dei preti, delle suore, degli insegnanti, dei vigili, di qualsiasi adulto presuntuoso che si senta in diritto di dirgli cosa deve e cosa non deve fare. Non sto parlando di quest’obbedienza. Da grande non lascerai più che nessuno ti dica come devi o non devi essere, però forse scoprirai che in realtà non sai cosa vuoi essere, e proprio allora potrai sentire quella voce interiore che ti parla ogni tanto, come se dentro di te ci fosse una mamma amorevole e devota che ti parla, ti consola e ti coccola: quella è la tua Anima (oppure il tuo Angelo Custode se preferisci). A questa, e solo a questa, sarebbe meglio dare ascolto e obbedire. Quand’ero piccolo come te, ma molto meno furbo, pensavo che i bambini venissero messi dentro la mamma attraverso l’orecchio, e in effetti esiste un’antica tradizione apocrifa⁵ secondo cui Gesù, il Verbo, la Parola di Dio, viene concepito attraverso l'orecchio di Maria, la Madre Divina. Provo a riassumere: quando preghi, chiuditi nella cameretta segreta del tuo
cuore, là dove nessuno può entrare e mettiti in ascolto della tua Anima, la tua Madre Divina, l’Immagine del Dio Interiore (il tuo Sé personale, direbbero quelli che hanno studiato). Lo so che quando senti parlare di Dio sbuffi, ti viene in mente la Madre Superiora che ti faceva paura alle elementari o la noia mortale della Messa a cui ti senti costretto ad andare, anche se non ci capisci niente. È normale che per molti ragazzini diventi difficile sentir parlare di un Dio che sembra fatto apposta per scatenare tutte le paure e le angosce di quando erano bimbi. So che cosa ti hanno insegnato di questo loro Dio, l’hanno insegnato anche a me del Dio che manda la gente all’inferno per l’eternità, un padreterno severo e terribile che ti sta sempre appiccicato per punirti e criticarti, un giudice che applica una legge arbitraria. Immagino che neanche a te, come del resto a me, sia mai andata giù la faccenda del padre Abramo che doveva scannare suo figlio per ordine di Dio. A quale figlio andrebbe giù, e a quale padre? Da bambino ti terrorizzano con questo dio degli eserciti, un condottiero spietato che ha spinto il suo popolo eletto (eletto da lui, e gli altri popoli chi sarebbero: figli di un dio minore?) all’invasione e al genocidio, creando un caos che dopo tremila anni non è ancora finito. E che dire poi del peccato originale, quell’assurda storia della mela che non si doveva mangiare? Non sarebbe ora di finirla? Cosa c’entrano i bambini con il peccato? E ti dicono che il vero peccato mortale, quello che ti manda dritto dritto all’inferno, è quella cosa innocente e santa che alla tua età è la più interessante e divertente di tutte: far “divertire il pippo”, come dicevi da piccolo. Per non parlare poi dell’orribile morte di Gesù che, ti spiegano, si è fatto ammazzare per colpa nostra, anzi tua. Se per caso chiedi qual è il senso di tutto ciò, allargano le braccia guardandoti storto e mormorano: «È un mistero della fede». E chiudono il discorso. So che fra un po’ non ne potrai più di tutte quelle storie che catechisti frettolosi e ignoranti ti hanno raccontato. Quando entrano nell’adolescenza e nella giovinezza, molti bambini si ritirano, disgustati, dalla pratica di una fede che non riconoscono più, e soprattutto dagli insegnamenti di una religione che non riescono più a capire e che giudicano
incapace di rispondere alle domande della loro età della vita - insegnamenti che gli stessi adulti hanno gettato alle ortiche - e scoprono che c’è una doppia morale: una pubblica, per cui tutti sono buoni cristiani, e una privata che s’insegna in sala da pranzo, in cui i ragazzi vedono gli adulti mentire, manipolare, giudicare, imbrogliare, evadere le tasse, cornificarsi e litigare come ai bambini non sarebbe mai permesso. «Puah!» dice il ragazzo, «Di un dio così, al quale voi siete i primi a disobbedire, non so che farmene» . Certi ragazzi buttano questo dio nella pattumiera della storia, là dove sono finite tutte le altre frottole a cui credevano da bambini, come Babbo Natale e la cicogna; molti altri, per tanti anni, non vogliono più sentir parlare di nessun dio. Semplicemente non sono così ipocriti come gli adulti, non riescono a fare la “doppia faccia”, non riuscirebbero a fare finta. A differenza degli adulti certi ragazzi hanno ancora bisogno di credere in ciò che credono. Allora rinunciano semplicemente alla loro spiritualità, si smarriscono nei labirinti della solitudine e dell’egoismo, senza nessuno a cui potersi indirizzare per un consiglio, perché non si fidano più di nessuno, e troppe volte si sono sentiti presi in giro e ingannati. Non è forse vero che la scienza moderna ha smascherato la religione definendola una nevrosi infantile, una trappola per polli, l’oppio somministrato ai popoli da chi vuole mantenerli nell’ignoranza e nella sottomissione per poter continuare a fare i propri comodi? Certo che è vero! Un giorno un prete, davanti alla ricchezza scandalosa della basilica di San Pietro, mi raccontò una battuta che gira per i seminari vescovili: «Guarda cosa abbiamo fatto col voto di povertà, e pensa cosa abbiamo fatto di quello di castità». E giù a ridere con tutti i sacrestani. Io ci ho effettivamente pensato, e mi è venuta una leggera nausea. A molti accade, da adulti, che dopo tanto vagabondare si ritrovino al punto di partenza, a porsi le domande che li tormentavano da ragazzi: ma c’è un Dio da qualche parte? C’è un senso in tutto questo casino? Io sono stato uno di quei ragazzi, ho gridato e mi sono ribellato contro un dio che lasciava soli i bambini in balia degli orchi, poi mi sono calmato e ho avuto una botta di culo. Ho incontrato delle persone che mi hanno aiutato (non molte in verità, buone), e mi hanno accompagnato a riaccostarmi all’ascolto della Voce Interiore, quella voce che non mi lasciava mai solo quando ero bambino. Brave persone che con calma, pazienza e comprensione, ma inflessibilmente, mi hanno aiutato a ricollocare Dio non in una religione di potere, ma nella spiritualità
dell’Essere. Viktor Frankl, Carl Gustav Jung, Roberto Assagioli, Hanna Wolff, Anselm Grün, Jean Yves Leloup, Annick de Souzenelle e tanti altri, nei loro libri, mi hanno insegnato a collegare di nuovo ciò che sentivo dentro di me a quello che vedevo fuori di me. Questi Maestri e i loro insegnamenti mi hanno dischiuso di nuovo alla consolazione dello Spirito e al potere lenitivo di un’antica tradizione di cura che dai medici-sacerdoti di Kos e dai terapeuti di Alessandria, ando per i Padri del Deserto, arriva fino alla psicologia del Sé. E da lì alla “psicologia del Senso”. Tutti noi “sentiamo qualcosa” che ci dice che da qualche parte deve esserci una spiegazione a tutto, che Tutto ha un Senso, che lì è la Pace. Quando si è bambini ciò che conta è la Volontà di Piacere; «La Coca Cola mi piace, gli spinaci no» … e ti tocca mangiare gli spinaci. Poi da ragazzi si vuole mangiare ciò che si vuole e allora inseguiamo la Volontà di Potere (poter fare quello che si vuole). E da grandi ci si comincia a chiedere qual è il senso degli spinaci o della Coca. Anch’io ho chiesto: «Ma c’è un senso a tutto ciò?». L’ho chiesto a qualcuno e mi ha risposto: «Cercalo». Così mi sono messo a sperimentare la Volontà di Senso. Un giorno, quando ti sarà sbollita la rabbia contro tutti gli ipocriti che ti hanno propinato un dio fatto a loro immagine e somiglianza al solo scopo di sottometterti e condizionarti (come a loro volta qualcuno ha fatto con loro), cercherai anche tu qual è il Senso (se c’è) della vita. Se non ti fai fregare dalla rabbia o dalla paura, crescendo capirai che puoi andare oltre a tutte le immagini di colpa, di giudizio, di espiazione, le immagini demoniache di dio, che duemila anni di catechismo repressivo hanno innestato nella tua Anima. Spero che questo condizionamento a cui sei stato sottoposto, tu come la maggior parte dei bambini, non ti renda per sempre ostile nei confronti di Dio. Anche se per ora ti è ancora incomprensibile, ti auguro di poterti fidare nuovamente e riaffidare un giorno al Dio dei cristiani, e magari anche a quello dei cattolici. Con il tempo ho scoperto che non tutti i preti sono uguali e non tutti i cattolici sono ipocriti. C’è di peggio dei preti, e sono quei guru pallidi che predicano il
Pensiero Positivo e l’Amore Cosmico nelle parrocchie che infestano il New Age. E non hanno neanche il calcetto. Nelle parrocchie (clericali o laiche) del volontariato sociale invece, sparsi fra i tossici, le prostitute, i poveri, oppure chiusi a respirare nei monasteri e negli ashram, ho conosciuto preti e monaci splendidi. Bisogna avere la pazienza di informarsi e non avere mai voglia di smettere di cercare. Se lo cerchi, prima o poi il Dio dell’Amore, l’Unico, ti trova. E ti assicuro che non è niente male. Caro figlio, provo a indirizzarti nella ricerca che, quando sarai stufo di soffrire e di spendere i tuoi soldi per comprare la casa di campagna all’analista di turno, ti auguro di intraprendere. Cerca il Senso, ragazzo. Dio è il senso di tutte le cose e cercare il senso della propria vita ti porta prima o poi da Lui, è lì avrai una sorpresa travolgente, meglio delle vetrate gotiche di Biancaneve a Disneyland: scoprirai che Dio non è nell’alto dei Cieli, non ha Creato né un Paradiso né un Inferno, che non c’è bisogno di nessun prete (New Age o tradizionale che sia) per parlare con Lui. Quando avrai compreso il senso di tutte le sofferenze che hai e avrai dovuto sopportare, allora scoprirai con meraviglia che Lui abita dentro di te, non ti ha mai lasciato, è un Padre molto migliore di me e puoi ascoltare la sua voce ogni volta che vuoi. Puoi anche parlargli. «Ma questo lo fanno tutti», mi dirai tu «e lui non risponde mai!». Vero, dico io, ma tu ormai sai il trucco: parlare con Dio vuol dire ascoltarlo nella tua coscienza e obbedire ai suoi suggerimenti. Allora non solo ti risponde, ma anche ti parla e ti consola, come una Mamma Vera, e ti aiuta e ti protegge come un Papà Vero. Sai da cosa te ne accorgi? Dal fatto che cominci a sentirti sereno, a volte addirittura felice. Ti assicuro che di sballi me ne intendo: Dio è lo sballo migliore di tutti. Impossibile, mi dirai tu. Fidati, ragazzo. Vivere non è facile, ti hanno fatto credere che sei arrivato in un mondo di amore e giustizia, ti hanno raccontato frottole. Ti sei incarnato in un mondo duro, ingiusto, pesante, a volte cattivo. Un Dio così ti serve. Se non vuoi cercarlo nei monasteri cercalo fra i filosofi e gli artisti, fra i poeti e gli eretici. O fra gli psicologi “trans personali”. Loro, (che sono quelli un po’ fuori) l’hanno riscoperto: lo chiamano Sé Universale.
Ma cos’è questo Dio interiore? Questo famoso Sé Universale?
Mica facile risponderti. Sul Sé se ne dicono tante, per primo ne ha parlato Jung ma, detto in confidenza, nessuno ci ha capito granché. Di certo si sa che il Sé è un simbolo dell’Unione di tutti gli opposti, la sua raffigurazione più immediata è il Tao. In parole povere, vuol dire che dentro la tua Anima c’è un punto di pace assoluta in cui si annullano tutti i contrari. È un punto di Armonia, in cui tutte le baruffe (marito/moglie, padre/madre, uomini/donne, fra fratelli, coi vicini, con gli amici, e addirittura tra tifosi) si annullano. Se ti rifugi in quel punto, puoi andare per la strada o a letto con una ragazza senza paura di prenderti una coltellata. E comunque se la prendi non te ne curi più di tanto, curi la ferita e prosegui il tuo cammino. Ai miei tempi c’era un cantante che ci aveva scritto su una canzonetta: il Centro di Gravità Permanente. Il Sé è un po’ come te: non è né buono né cattivo, né bello né brutto, né grasso né magro, né coraggioso né vigliacco, né forte né debole, né giusto né sbagliato, né ordinato né disordinato, né obbediente né disobbediente, né furbo né fesso. Proprio come te e me è tutte queste cose insieme. Alla fine, il Sé è ciò che È. Quando Mosè ha incontrato Dio e gli ha chiesto il nome, Lui ha risposto: «Io Sono Colui che Sono». Imparerai anche tu a non farti più dire dagli altri chi sei, neanche dai tuoi genitori, quando qualcuno e qualcuna ti dirà che tu sei così o colà, oppure che dovresti essere così o colà, li manderai a quel paese (con amore, mi raccomando) e poi risponderai: «Io sono ciò che sono, se non vi vado bene mi dispiace, ma non posso farci niente, non sono venuto al mondo per soddisfare le vostre aspettative», ti scuoterai la polvere dai calzari e te ne andrai. Io Sono Colui che Sono è il Centro di Pura Coscienza che ti costituisce come individuo libero e autonomo, la libertà di essere ciò che sei. È la sorgente da cui scaturisce la vita della tua Anima, che non è interessata a dimostrare alcunché, né a dipendere da qualcuno, ma solo ai suoi traguardi più elevati: realizzare lo scopo per cui è venuta al mondo.
LA RICERCA DEL SENSO, IL DIO INVISIBILE.⁷
Per poter andare alla ricerca del Senso della tua Vita, è necessario che tu cerchi di riconoscere la paura, la rabbia, la vergogna e tutte le ombre che abitano i tuoi pensieri e la tua cameretta. Quando sei al buio e hai paura dei mostri che lo abitano, l’unica cosa da fare è accendere la luce e sfidarli. Nessun mostro, sia che si chiami Paura, Rabbia, Colpa, Vergogna, è più potente di te. Sono potenti solo di notte, ma se li affronti con una torcia scappano. Quando sarai un po’ più grande sarai probabilmente arrabbiato (come è capitato ad altri bambini, neanche con te la vita è stata sempre buona) e la cosa migliore che puoi fare è accettare la croce (o la sfiga) che ti è capitata e andare avanti, cercando di essere più felice che puoi. Una volta mi hai detto: «Papà non è giusto, voi adulti siete matti e mi avete rovinato la vita». Io ti ho risposto che avevi ragione: non sono giusti i genitori che lavorano per poter andare in ferie a spendere tutti i soldi e non hanno tempo per i figli, non è giusto che i genitori divorzino, ed è ancora meno giusto che si facciano la guerra sulla pelle dei figli, come non è giusto che i bambini vengano picchiati, abusati, che muoiano in guerra, non è giusto! Questo mondo non è giusto e neanche buono, ma è l’unico che hai. E la felicità la puoi cercare solo nel tuo mondo. Al tuo bambino interiore è già stato fatto del male facendolo vivere in un mondo infernale, non fargli ancora più male, trovagli un mondo di amore vero, di solidarietà, di pace in cui farlo vivere. Cerca questo mondo dentro di te. Impara ad amare senza soffocare l’altro, senza rompergli le scatole e senza fartele rompere. Ma ancor prima impara ad amare te stesso, abbi comione per il bambino ferito che sei. Perdonalo, ti giuro che lui non ha nessuna colpa ed è vero che gli adulti sono pazzi. Amati nonostante tutto, figlio mio. Quando riuscirai ad accogliere con tenerezza il ricordo del tuo bambino innocente, quando ritroverai il meraviglioso bambino che eri nel meraviglioso uomo che sarai, lui ti sorriderà, perdonerà tutti quelli che gli hanno fatto del male (così fanno i bambini), poi ti prenderà per mano e ti insegnerà di nuovo a giocare, di nuovo a fidarti, di nuovo ad amare.
Sarà il tuo amico segreto, nel tuo posto magico, per sempre. Non è una strada semplice quella che ti propongo: è una strada che va verso la luce, ma è piena di ombre, di dubbi e di errori. Dovrai imparare a non sentirti in colpa, e quando sbaglierai ripetiti sempre: «Sono solo umano, che volete da me?». Dovrai perdonare Dio di non essere perfetto, di non averti protetto, di non averti aiutato, forse lo maledirai (non preoccuparti, non succede niente, checché ne dicano, Dio non è permaloso né vendicativo), l’importante è che non maledici la tua vita. Una cosa te la posso assicurare: tutti quelli che ti hanno fatto del male non l’hanno fatto per cattiveria, ma per ignoranza. Ti auguro di poterli perdonare prima possibile. Gli adulti non sono cattivi ma sono cretini, o come direbbe Gesù (un altro “povero cristo” al quale ne hanno fatte are di tutti i colori): “Non sanno quello che fanno”. Adesso che stai diventando grande presto scoprirai che gli adulti sono proprio come dicevi tu: sono pazzi, di sicuro sono malati, ma non sono cattivi, sono solo bambini non ancora cresciuti. Se continuerai a condannarli condannerai te stesso, se non li perdoni continuerai a crocifiggere quel Bambino Innocente che sei stato, gli metterai sulle spalle il peso di colpe immaginate da religioni che avevano perso il Senso. Noi adulti siamo diventati talmente tanto bravi a crocifiggere il nostro Bambino, che abbiamo inventato problemi immaginari e altrettante terapie immaginarie. I problemi veri sono la fame, la malattia, la guerra, la morte, ma quelli, bene o male, li abbiamo risolti, perlomeno noi cristiani di razza caucasica, e a prezzo dell’enorme sacrificio che hanno sopportato tutti gli altri popoli, pagani e primitivi, per farci stare comodi. Invece di approfittare del privilegio che quest’epoca ci ha concesso, della meravigliosa scienza di cui disponiamo per goderci la vita e magari risolvere un po’ di problemi del mondo (come chiedono sempre le bambine che sognano Miss Italia), noi cosa facciamo? Andiamo a spendere i soldi, che abbiamo depredato in Asia, Africa e America Latina, in terapie imbecilli perché un imbecille di quarant’anni “non mi ama, visto che non ha risposto al mio “essemmesse” con su scritto T.V.B”.
Ma dai! Anch’io da ragazzo, come tanti altri ex-buoni bambini, ho commesso qualche bravata, perché ero arrabbiato, volevo fargliela vedere, volevo che la pagassero, e poi alla fine ho scoperto che non gliene fregava niente a nessuno. Mi stavo distruggendo la vita e a nessuno gliene importava niente, tutti erano troppo impegnati a litigare fra di loro accusandosi a vicenda di essersi rovinati la vita, per preoccuparsi della mia. Altro che fargliela pagare, la stavo facendo pagare a me stesso. Per fortuna me ne sono accorto in tempo e sono tornato sui miei i. Come tanti nella mia condizione, sono tornato a un povero cristo più disperato di me. Mi sono messo a studiare il Vangelo, non come fosse una religione astrusa ma come se fosse un’antica pratica di guarigione interiore⁸. Ho scoperto che il Vangelo è una via di guarigione attraverso la pratica del perdono . Il perdono, quello vero, è un’antica pratica di guarigione individuale e collettiva, conosciuta anche dai Kahuna - gli sciamani hawaiani - che la chiamano Hoponopono, e che deve proprio funzionare visto che gli hawaiani si vestono di fiori, le donne vanno in giro con le tette di fuori e sorridono sempre. Il perdono permette di farla finita con i ricordi delle sofferenze del ato: non sei più costretto a ri-sentire e a ripensare continuamente a quello che ti hanno fatto, ti fa capire che non ci puoi fare più niente, che devi andare avanti perché indietro non si torna. Anche se il tuo bambino arrabbiato si vuole vendicare perché Dio stesso ha ordinato: «Occhio per occhio dente per dente», ricorda che suo Figlio è venuto a dirci che solo chi perdona sarà perdonato (e ti assicuro che di cazzate ne farai anche tu, e anche tu spererai di essere perdonato da qualcuno, come io da te). Tu puoi ragionare, prendere le distanze dalla tua rabbia e dal tuo desiderio di vendetta, e anche dalla tua stessa sofferenza. A proposito di prendere le distanze, ti suggerisco un esercizio di distanziamento che funziona. L’ho provato. Si chiama esercizio di disidentificazione e identificazione. Ti rilassi e ripeti nella tua mente questo mantra: 1. Io ho un corpo, ma non sono il mio corpo.
2. Io ho delle emozioni, ma non sono le mie emozioni. 3. Io ho dei pensieri, ma non sono i miei pensieri. 4. Io sono un Centro di Pura Autoconsapevolezza¹ . Tu non sei solo un composto minerale, né un vegetale, e non sei neanche un animale, tu sei anche un uomo. Il tuo corpo minerale, il tuo corpo vegetale, il tuo corpo animale, sono i veicoli attraverso i quali puoi percepire la tua vera natura interiore ed espanderla secondo un Senso che tu (e solo tu) percepisci essere come: l’unico possibile (il Giusto), l’unico gradevole (il Bello), l’unico piacevole (il Buono). La tua mente intelligente è lo strumento con cui puoi percepire il tuo Io Vero, ma ricorda: la mente è come il computer (hardware e software) che usi per studiare o giocare, l’errore è identificarsi con la mente o con il computer. Il tuo Io Vero è colui che usa il computer e la mente. È il Nous, l’Anima Spirituale, l’Essere dentro di te, quello che identifichiamo con la nostra essenza, il Proprium. Questo proprium è ciò che noi chiamiamo Figlio di Dio, il Centro di autoconsapevolezza, l’Io Sono. Quando siamo alla sua presenza ci sentiamo Uno con il Tutto. Spero di essere riuscito a spiegarti dove puoi sentire la voce di Dio (o del Senso): la puoi udire nel centro del tuo cuore. Ma come parla? Parla attraverso gli accadimenti. La Sua parola si forgia come domanda racchiusa nel “fatto” che ora, proprio ora, viene incontro a te, proprio a te. La vita stessa crea, attraverso le esperienze che ti propone o che a volte ti impone, le condizioni mediante le quali quel qualcosa di te, proprio di te, che quasi hai dimenticato di possedere possa ricordarti chi sei, per riavvicinarti alla
tua vera natura, alla tua essenza. Puoi imparare dalla tua stessa esperienza qual è il tuo senso, le motivazioni stesse per cui ti sei trovato in questo mondo. Niente può accadere per coincidenza, per caso o per sfiga. Ciò che chiami fortuna o sfortuna o caso, o anche destino o karma, sono solo travestimenti, forme adottate dal Senso che ti cerca, un modo per poterti incontrare nella tua esistenza e per parlar direttamente con te. E “qualcosa” in te lo sa. La scuola della Scuola della Vita, funziona come l’altra: se non hai voglia di imparare, la vita ti farà studiare creandoti difficoltà, come una buona maestra, che non vuole punirti ma solo insegnarti. Trovarne di maestre giuste e imparziali come lo è la vita, capace di dare a ognuno l’esatta lezione che gli serve. Sei a una svolta difficile, di fronte a una necessità di cambiamento. Hai bisogno di un nuovo modo di pensare, hai bisogno di solidarietà, di condivisione, di aiuto e di amore. Hai bisogno di dare un senso diverso alla tua vita, non ce la farai ad accontentarti di sopravvivere “perché tanto è lo stesso”. Non è vero che è lo stesso, perché la tua vita non è priva di valore e di talento, non sei nato semplicemente per are il tempo ed essere poi semplicemente dimenticato. Sei nato per divenire parte di un disegno molto importante, imponente, che proprio nella tua epoca si va costruendo. La tua sorte è strettamente legata a quest’epoca e a questo tempo, perché tu hai un ruolo in questo tempo, e lo scoprirai. Ti accorgerai a un certo punto che nessun accadimento della tua vita avrebbe potuto essere diverso da com’è stato. Quando ne avrai afferrato il senso non vorrai cambiare nulla della tua vita ata, anzi ogni singolo istante, ogni lacrima versata, ogni emozione da te vissuta avrà contribuito a costruire in te la consapevolezza di quello che sei, di quello che è il divenire, di ciò che è il senso della vita, ed è tutto quello che consegnerai nelle mani di altri affinché anche la loro vita possa essere benedetta da un pensiero più sano. Sta per nascere una mente nuova capace di essere in pace con se stessa, di guardare serenamente a una vita ricca di accadimenti, capace di vivere nel presente, di liberarsi dagli attaccamenti delle ioni e delle emozioni, di apprendere la saggezza che elevandosi sui sentimenti dona la creatività alle nuove idee. Sarà una mente nuova che saprà sperimentare l'amore e accrescere i
propri pensieri, nutrendosi anche della cultura, per avere poi quel qualcosa in più, mediante il quale ispirare gli altri, e si accorgerà di aver qualcosa da dire, si accorgerà che le proprie parole hanno un senso e saprà far fruttare correttamente le potenzialità stupefacenti di questa epoca. La tua vita non sarà affatto priva di significato, sarai importante, indispensabile per tutti coloro che ti incontrano, per tutti coloro che ti amano, perché saprai regalare la bellezza del sentimento intenso, saprai trasmettere la tua ione, saprai liberare dalla colpa i tuoi simili e te stesso. Quando capirai che anche gli adulti sono fragili e vulnerabili, saprai essere forte e combattivo, capace di superare gli ostacoli. Chi ti avvicina saprà di poter contare su di te, sulle tue qualità. Saprà di poter sentire la tua compagnia e la tua presenza. Sai già che questo non è così facile come si crede, molti infatti si avvicinano senza mai poter essere veramente amici, molti si presentano senza mai essere realmente interessati a te. Nell’amore vi è invece questa spontanea generosità nell'offrire la propria disponibilità, quella stessa che talvolta ti ha anche portato a sperimentare la paura e la perdita. Perché è vero, offrire la propria presenza affettiva, in qualche modo ti porta ad essere indifeso dinnanzi agli altri, a non poterti difendere perché solo così puoi dire di amare, solo così puoi offrire qualcosa. Tu hai già percepito questa paura, ma questa paura non ti impedirà di continuare a cercare di essere quello che sei, e di tutto ciò puoi andare molto fiero. La ricerca della pace, della felicità e dell’amore guidi le tue scelte, perché vi è, accanto a quella che è la vita, dove gli avvenimenti ti prendono e ti portano via, anche una profonda Anima spirituale che cresce insieme a te, che ti accompagna e aiuta nelle vicende concrete. Una vita spirituale che è al fianco della vita materiale per completarla, per comprenderla, per esaltarla ed esserne esaltato. E ti accorgerai allora, proprio per queste ragioni, di avere tu stesso qualcosa da dire e da offrire: le esperienze con cui ti stai confrontando e da cui stai imparando. Confrontandoti con i tuoi sentimenti più intimi, ti accorgerai anche di riscoprire il profondo sentimento della tenerezza (da piccolo la chiamavi: nostalgia, ricordi?) e allora ecco che rinascerai di nuovo, ti rialzerai di nuovo dopo un’altra caduta, imparerai ad aver comione per le tue ferite senza criticarti o abbatterti, conoscerai la comione per il tuo male e per quello altrui. Sentirai comione per tutti gli Innocenti - a partire da te - che si credono orfani abbandonati, che come te sentono di esser stati condannati a una pena per la
quale non hanno mai commesso la colpa. Ti accorgerai allora di riscoprire questa tua speciale sensibilità e tenerezza e di poterla usare come forza, affinché la tua vita possa ritrovare la gioia. Allora ti accorgerai di riscoprire che tutte le emozioni e le sfide che hai patito ti hanno portato nella direzione dell’approfondimento del Senso, e dunque nella costituzione di una volontà che è quella di aiutare la propria esistenza, di divenire tu il genitore di quel bambino che dentro di te piange perché è stato abbandonato, di ritrovare la tua magia nella combattività creativa, di restituire finalmente quel bambino alla propria casa. Ti accorgerai di comprendere quanto sia importante per il tuo bene far uso della comione verso quel fanciullo che si è sentito troppo presto, abbandonato a se stesso, e verso tutte le creature che soffrono per gli stessi tuoi motivi. Riscoprirai la tua vocazione di amore. La vita, sfidandoti, ti costringe a comprendere e imparare, capirai come sappia rendersi costruttiva (o distruttiva), affinché i tuoi talenti più profondi trovino la possibilità di realizzarsi e di attuarsi in validi progetti. Potrai concederti pazienza e generosità con te stesso, perché questa esperienza che stai vivendo può essere fondamentale (se ne scopri il senso) per il tuo progetto di vita. Ti accorgerai della sincronicità con cui il Senso è all’opera, lo riconoscerai quando vedrai che saranno le cose a venire verso di te, sarà la vita che costruirà in un certo senso la tua strada, proiettando attorno a te la fertilità o la sterilità che coltiverai dentro di te. Da quel punto in poi, sarà responsabilità tua giocartela, o alla grande o come un povero sfigato lagnoso. Se avrai coraggio di dire sì alla tua vita, nonostante tutto¹¹, sarà per te un’immensa gioia sentirti capace di fare qualcosa per te stesso e per il tuo prossimo. Ti sentirai protagonista del futuro. Bello vero? Certamente non è facile, forse avrai fortuna e magari incontrerai qualche insegnante di cuore e mente aperti di cui poterti fidare. Non capita spesso ma ogni tanto capita. Dovrai comunque fare affidamento sulle tue forze e crearti il tuo percorso, magari finirai in terapia, o magari t’iscriverai ad Amnesty International, o fonderai un telefono viola per figli di genitori separati. Non lo so. Farai ciò che farai. Io posso dirti che, nonostante le apparenze, anche pregare
può avere la sua importanza e aiutarti. Se da grande ti capiterà di pregare, ricordati che non sei tu a chiamare Dio. Il vero Dio non lo puoi chiamare, è lui che ti chiama, e quando preghi gli rispondi. Non so che esperienza tu abbia con la tua madre terrena, ma ricordati che quando chiedi non ti rivolgi al Dio Padre ma alla Dea Madre, a una madre che risponde con amore alle richieste del figlio, se sono per il suo bene. A volte le madri terrene si sbagliano (non per cattiveria ripeto, eventualmente per stupidità). Quando preghi rivolgiti alla Gran Madre di Tutti, lei ascolta sempre, e se il Padre fa orecchie da mercante lei sa come convincerlo. Quando preghi fallo come un bambino chiede il latte alla Madre, apri la bocca e vedrai che lei ti attaccherà al seno. Per le madri (anche per quelle nevrotiche) è automatico. Non ti vergognare di cercare il latte della Vergine, a San Bernardo di Chiaravalle, il fondatore dei Templari, piaceva un sacco. Poi ricordati di lodare. Lodare è come se tu dessi un dieci e lode a Dio, lo approvi, sei contento di lui. E come lo fai? Essendo gentile con la tua vita, lodando te stesso. Prendendoti cura di te, di questo pezzo di universo che tu sei, collegato a tutto il resto. Gli dici che non pretendi più che gli altri siano come vuoi tu, ma che li accetti come Lui li ha fatti, anche i genitori. Del resto ognuno ha i genitori che si merita, direbbe la legge del karma, ma scoprirai anche che nessuno ha il potere di pretendere da te che tu sia come vuole lui e nessuno ha il potere di imporsi su di te. Lodando la tua vita, benedicendola, scoprirai che, se vuoi, hai il potere e il diritto di lodare te stesso, di coltivare l’Albero della tua Vita (Gesù diceva che era una Vite), di farlo fruttificare e di goderti i suoi frutti (se fermentati, con moderazione, mi raccomando). Quando preghi adori. Vuol dire che stai seduto, schiena dritta, in silenzio e non pensi, stai ascoltando. E ti giuro che se ti metti ad ascoltare il silenzio senti un sacco di vibrazioni divertentissime. Nei manga che guardi tu la chiamano meditazione.
CHI era GESÙ E come PREGAVA
Forse sono riuscito a trasmetterti qualcosa sul significato della preghiera e dell’aiuto che può darti quando ti troverai in difficoltà. Ora vorrei suggerirtene una semplice. Io non sono capace di pregare quelle complicate. Una volta ho chiesto a una suora come si fa a pregare e lei mi ha consigliato di leggere i salmi. Ci ho provato, ma mi annoio, non sono bravo a tenere concentrata l’attenzione, come te a scuola o mi sbaglio? Così ho scelto una preghiera semplice, che sapevo da bambino, l’unica che riuscivo a ricordare. Pensa che da piccolo la sapevo addirittura in latino. Era bellissima. Quando ho ricominciato a pregarla, per molto tempo non ho capito assolutamente cosa volesse dire, anzi alcune cose mi disturbavano, eppure c’era una musica, una malinconia dolce, qualcosa che mi ricordava il bambino che ero prima che cominciassi a stare male. Sembrava incenso, ma era il profumo dell’Innocenza. Insomma, alla fine questa preghiera mi ha affascinato tanto che mi sono messo a studiarla. Cercherò di dirti cosa ho capito. Innanzi tutto il Padre Nostro viene chiamata la preghiera di Gesù, e infatti è l’unica che ha insegnato lui. Questa preghiera deriva dall’antica sapienza tramandata dalla Torah, la Scrittura Sacra degli Israeliti, e Gesù come sai era ebreo, anche se stupidamente lo dipingono sempre biondo, con gli occhi azzurri e un sorriso da figlio dei fiori. Gesù non era neanche il suo vero nome: i suoi genitori lo chiamavano Yehoshua. Era un ebreo, per cui d’ora in poi attento a come parli di loro, il nostro Dio era uno dei loro ragazzi. Devo dirti che a me, come a tutti quelli che erano di sinistra, Gesù è sempre stato molto simpatico. Tipo: Jesus Christ Superstar. E allora mi sono messo a studiare anche lui. Provo a raccontartelo.
Innanzi tutto Gesù è un Uomo.
E già non è poco! In più è un uomo che ha qualcosa da dire e lo dice chiaro e semplice. Per questo è stimato e ascoltato dal suo popolo. E per questo ha tanti nemici fra i sapienti e i potenti. È una persona seria, non perché non ride, anzi ride eccome (era sempre in compagnia di gente allegra, non la gente della buona società, per intenderci), è rispettato perché è un uomo che fa ciò che dice, dice ciò che pensa e pensa ciò che è. Ti accorgerai che a questo mondo quelli così non sono proprio la maggioranza. Per il suo Popolo è un uomo giusto, uno Zaddik, un Santo diremmo noi, un uomo a cui piace molto stare da solo in silenzio, ma a cui la gente piace, rispetta e ama soprattutto gli umili e i semplici. Ma è disposto a lasciarsi attaccar bottone da chiunque, anche da quelli che gli stanno un po’ sulle spine. Se può far del bene lo fa volentieri non solo ai suoi amici ma anche ai suoi nemici, addirittura ai centurioni romani, invasori della sua patria. Yehoshua è un rabbino che conosce perfettamente la Torah e le Tradizioni del suo popolo. Da molti è proclamato profeta e da alcuni Messia, colui che è stato Unto con il Carisma Spirito Santo: il “Cristo”. Gesù è un Terapeuta, la sua parola è la parola di Senso, la parola che guarisce, è il Logos. La sua preghiera è un codice creatore che ti può far evolvere verso la pienezza del tuo Essere, una preghiera che ti può guarire dal disordine e dallo smarrimento. Gesù è un Santo, un Maestro e un Terapeuta. La sua preghiera è di perdono e di fede, di guarigione e di desiderio. La preghiera di Yehoshua porta la pace, l’armonia tra la sofferenza del tuo bambino interiore e te. Praticare la meditazione di questa preghiera ti porta nel Silenzio, lo Spazio del Sacro (ricordi quel bambino e quella coccinella?), ti permette di contattare il tuo Centro (il Santo dei Santi), e da lì respirare nel Soffio (il Pneuma) di Colui e coloro che prima di te hanno pregato con queste parole.
Il Padre Nostro è anche la preghiera di un figlio che intrattiene col suo Dio-Padre una relazione intima, unica, particolare; pensa che addirittura lo chiama Abbà, che non vuol dire padre ma papà, anzi papi, esattamente come mi chiamavi tu, e mi chiami così ancora adesso, soprattutto quando ti serve qualcosa. Quando dici «Padre Nostro» il mondo intero è presente in questo “nostro” e a volte ci vuole del tempo prima di riuscire a pronunciarlo, il tempo necessario a raccogliere nel tuo cuore tutti i tuoi fratelli umani, ma anche gli animali, i vegetali, i minerali. Quando preghi il padre Nostro, preghi a nome di tutte le creature presenti con te in questo mondo. Gesù ha racchiuso nel “Padre Nostro” tutta la sua sapienza (Sophia), sperando che gli uomini che l'avessero seminata e coltivata nel loro cuore, nutrita e protetta, avessero anche visto crescere e fruttificare il loro Albero della Vita. A tutti i cristiani (cattolici, riformati o ortodossi che siano) viene insegnata questa preghiera. Il Padre Nostro è un Mantra così essenziale, senza nessuna retorica incensatrice, è così intimo e confidenziale, così semplice, che non si capisce perché le chiese lo abbiamo soffocato sotto una montagna di preghiere retoriche, didascaliche, poetiche, teologicamente complete e noiosissime, perlomeno per i bambini che eravamo e che siamo quando preghiamo.
PARTE I
IL PADRE NOSTRO E I SETTE CHAKRA
Purtroppo io non sono bravo a parlare in modo semplice, e per di più ora mi tocca parlare di cose indiane, di cui non capisco un granché. Se ti annoi lascia pure stare e torna a giocare. Facciamo una cosa, se non vuoi leggere adesso lascia are un po’ di anni e continua la lettura quando sarai già un bel giovanotto inseguito dalle femmine. Il modo di pregare il Padre Nostro che sto cercando di insegnarti è antico, veniva usato dai primi cristiani e da chi l’ha insegnata per primo: il Cristo Gesù stesso. In origine anche la preghiera cristiana era la meditazione. Cos’è la meditazione lo sai: si tratta di star seduti, zitti e con la schiena dritta. La meditazione del Padre Nostro è un modo per cercare di essere in armonia con le correnti energetiche che attraversano il tuo corpo, anzi tutti i tuoi Corpi. Gli antichi sapienti di tutte le Tradizioni dicono che l’uomo possiede più corpi:
1. il Corpo fisico (chiamato anche Adamah o Soma), composto della materia tratta dal suolo; 2. il Corpo eterico o energetico (chiamato anche Nefesh o Psychè), cosiddetto in quanto l'energia fa riferimento all'etere, che in oriente si chiama Prana; 3. il Corpo astrale (chiamato anche Ruah o Nous) è il corpo volitivo o emozionale. Si chiama astrale perché si crede che gli astri influenzino il carattere e le emozioni; 4. il Corpo Spirituale (chiamato anche Neshamah o Pneuma) è chiamato così, nel senso che vi è in esso una “scintilla divina”, si può dire che è il rappresentante di Dio nell’Anima.
Questi corpi sono in connessione tra di loro attraverso i sette Centri Vitali del corpo denso. Questi Centri Vitali sono chiamati chakra (che vuol dire “vortice rotante”). I chakra sono un po’ come dei trasformatori di energia incorporati in noi. Il Cristo Gesù aveva ben presente le sette parti costitutive della natura umana quando insegnò il Padre Nostro. Come nell’arcobaleno la luce si mostra in sette colori, e la musica in sette note, così la natura umana si esprime nelle sette domande del Padre Nostro. Grandi saggi hanno quindi abbinato la recita di ogni versetto della Preghiera del Signore con ognuno dei sette Centri Energetici. L’effetto sembra sia molto salutare sia per il corpo che per l’anima. Attraverso la pratica di questa meditazione i Centri Energetici vengono puliti, energizzati e attivati. Lo dicono i saggi, vale la pena tentare, no? Funziona più o meno così: gli indiani che sono molto poetici, sostengono che nel primo Centro Energetico, chiamato Centro Radice - che più o meno si trova fra il tuo sedere e i tuoi genitali (non ridere), proprio alla base della colonna vertebrale - dorma arrotolato il serpente Kundalini. Il serpente Kundalini è l’energia più sotterranea e primordiale di Madre Natura, è come il fuoco di un vulcano che sonnecchia nelle viscere infuocate del suo grembo. Secondo i saggi sia dell’Oriente che dell’Occidente, praticando la meditazione del Padre Nostro, possiamo far confluire una grande quantità di energia spirituale proprio in “quel” posto e risvegliare il serpente della Kundalini, che risale allora attraverso i sette chakra energizzandoli uno per uno. Se l’energia “spirituale” del Padre Nostro e l’energia “materiale” della Kundalini si risvegliano e risalgono fino alla sommità del vulcano - cioè la tua testolina, dove c’è il settimo Centro Energetico chiamato Centro Corona – può avvenire una bella “eruzione vulcanica” e puoi avere una gradevole espansione di coscienza. Vuol dire che puoi vedere chiaramente le cose, sentirti in Pace e Armonia con tutto e tutti. Soprattutto con te stesso. Gli induisti chiamano questa esperienza Samadhi, i buddhisti Nirvana, i cristiani Estasi, gli psicologi la chiamano Insight, e tutti Illuminazione. Io sono il viceré degli ignoranti (il re è Celentano): non ho mai avuto un Guru. Del resto tutti dicono che è il Guru che ti trova quando sei pronto e io sono qui che lo aspetto; non ho mai praticato la meditazione per il mio noto mal di schiena, purtroppo non sono vegetariano, fumo, bevo, e quando posso commetto altri peccati, per cui sicuramente sono più titolato a dare il cattivo esempio che buoni consigli. Ma anche a uno come me sembra proprio che questa meditazione del
Padre Nostro associata ai sette Centri Vitali sia capace di portarti in contatto e di centrarti nella volontà del Corpo, della Mente e dello Spirito, finalmente riunificate. Per di più non dura neanche tanto. Ricordati, però, che praticarla è importante, ma metterla in pratica lo è molto di più.
I SETTE CENTRI ENERGETICI
In “soldoni” sono dei vortici che hanno la funzione di captare e convogliare l’energia universale per alimentare i vari livelli del campo energetico, collegarli con il corpo fisico e rilasciare poi energia all'esterno. Più o meno come fanno gli alberi. Nelle tradizioni orientali, i chakra sono rappresentati come fiori di loto con un diverso numeri di petali che aumentano man mano che si sale verso l’alto. Questi Centri possono essere chiusi, semichiusi o aperti, a seconda del livello di salute dell’anima e del corpo di una persona. I sette Centri Energetici sono disposti in verticale lungo la Sushumna, un canale interno alla colonna vertebrale attraverso il quale Kundalini risale dal fondoschiena fino al cervello. Nella sequenza di questi chakra si riproduce la storia evolutiva dell’uomo, a partire dalla trasformazione iniziale dell’energia della materia primordiale¹², minerale, quindi vegetale, animale e umana, fino al ricongiungimento con il Centro di Pura Coscienza. Quando l’energia di Kundalini risale dal primo al settimo chakra, attiva tutti i centri uno dopo l’altro e, se si è bravi praticanti (o si ha culo) si raggiunge lo stato di Samadhi. Ogni Centro Energetico, quindi, simboleggia una tappa evolutiva. Infatti, come la dimensione spirituale, anche quella energetica (poi un giorno ti spiego che sono la stessa cosa) si sviluppa mediante la crescita. Ogni ciclo evolutivo scandisce le diverse età dell’uomo ed è associato a un Centro Energetico, oltre che a un versetto del Padre Nostro. Infatti, secondo l’età, un vortice di energia presiede sugli organi che sono in corrispondenza a quel chakra. Per esempio durante il primo sviluppo fisico, il Centro Organizzativo è nel Centro Radice, quello più in contatto con le leggi della materia. Se lo fe il settimo che ha la testa fra le nuvole, chissà cosa ne verrebbe fuori. A ogni età corrisponde un Centro Energetico specifico, e ogni sette anni si apre una porta e si attiva un talento, che si va ad aggiungere a quelli precedenti. Tanti bravi ragazzi sono caduti durante questa scalata, primi fra tutti Adamo ed Eva. C’erano una volta … due ominidi che vivevano in una giungla paradisiaca, dove fra piante di ogni specie - l’albero della papaia, del mango, del cocco, del pane crescevano anche l'Albero della Conoscenza del Bene e del Male e l’Albero
della Vita. Adamo ed Eva potevano cibarsi a volontà di tutti i frutti della giungla (cibo crudo dall’agricoltura biodinamica di Madre Natura e bevande non fermentate) ma avevano ricevuto da Dio la proibizione di mangiare i frutti dell'Albero della Conoscenza del Bene e del Male (cibi cotti e bevande fermentate). Eppure il serpente (vedi che il serpente c’entra? In questo caso rappresenta la voglia di conoscere e crescere che contraddistingue gli uomini) riuscì a convincere Eva a cucinare il frutto proibito (molto probabilmente un’erba o un fungo sacro usato nei rituali sciamanici) e così Eva - sempre pronta a sperimentare nuove ricette per il suo scimmione - iniziò Adamo all’uso di queste sostanze (dovremmo dire che Adamo, “sballone” per natura, non si è fatto troppo pregare), e da li è cominciata la grande avventura dell’evoluzione della coscienza dallo scimmione all’uomo. Questa storia ovviamente non si è ancora conclusa, dato che l’Homo sapiens è solo uno scimmione un po’ più furbo di quelli che l’hanno preceduto. Molta strada ha infatti da compiere per divenire propriamente un umano. Fuor di metafora, si può dire che l'Albero della Conoscenza del Bene e del Male con tanto di serpente arrotolato annesso, non è altro che il sistema dei chakra distribuito lungo la colonna vertebrale, col suo bel serpente Kundalini attorcigliato intorno. Quei simpatici Cro-Magnon di Adamo ed Eva non erano ancora pronti a sopportare la potenza della conoscenza. Se avessero continuato a cibarsi come gli altri esseri viventi, cioè con le energie minerali, vegetali e animali messe gratuitamente a disposizione nel supermercato dello stato di natura, avrebbero continuato a non conoscere né la fatica, né la sofferenza, né la morte. Semplicemente non avrebbero conosciuto niente. Adamo ed Eva, come tutti i bambini avevano fretta di crescere, e come fanno tanti adolescenti hanno creduto di essere già grandi e hanno mangiato troppo in fretta il frutto della conoscenza. Quando i ragazzini giocano con queste cose, senza essersi sufficientemente rafforzati, e prima di aver trovato un loro equilibrio e una loro maturazione, possono nascere grandi guai per il loro sistema nervoso. Il serpente che ti porge il frutto della conoscenza può offrirti la morte se non sei abbastanza forte da padroneggiare la conoscenza. Guarda che fine ha fatto il povero Icaro, un adolescente come te, come tanti che si schiantano al sabato sera: aveva ali artificiali potenti ma si è fatto prendere la mano dall’ebbrezza del volo ed è annegato. Lasciatelo dire da un vecchio “sballone”: le ali artificiali non portano in paradisi artificiali, ma, come è capitato ai due poveri ominidi del Mito
della Genesi, quasi sempre ti catapultando in inferni reali. Il miglior consiglio da dare a chi si prepara ad arrampicarsi assieme a Kundalini sull’albero della Conoscenza del Bene e del Male è di non voler arrivare in alto troppo presto, di prepararsi con pratiche adeguate (la meditazione Padre NostroKundalini può essere una di queste), ma soprattutto mettendo in pratica gli insegnamenti che derivano da queste pratiche, vivendo una vita possibilmente conforme alle leggi universali. Queste leggi sono scritte nel nostro cuore e volendo anche nella Bibbia. Ricordi? Santificare le feste e onorare il padre e la madre. Santificare le feste non vuol dire essere obbligati ad andare a messa, vuol dire non lavorare (anche se il “lavoro” è andare a divertirsi). Onorare il padre e la madre non vuol dire fare quel che ti dicono, anche perché fra un po’ nessuno potrà dirti più niente. Significa invece non rubare, non prostituirti, non far del male, non fregare la donna agli amici, non fregare la donna tua e non farti fregare da lei, non volere ciò che non ti guadagni e non invidiare gli altri. Ma una volta o l’altra te li spiego meglio. Tornando a Kundalini, è meglio che si risvegli al momento giusto, quando sei pronto. Non essere precipitoso nel trarre conclusioni su cosa sia il Bene e il Male, perché dalla tua alla mia età fai a tempo a cambiare idea quattro volte. La curiosità o la brama di sapere e sperimentare è un fuoco che può anche devastarti l’esistenza. Del resto, vivere nell’ignoranza non è vivere. È un mondo difficile, ci vuole pazienza. Se prima di divenire Homo Sapiens e Homo Faber gli ominidi fossero divenuti Homo Patiens non sarebbero diventati Homo Strontius.
I SETTE SPIRITI DELL’HOMO STRONTIUS
Questo succede quando incasiniamo noi stessi e l’energia dei Centri Vitali. Se usiamo male le nostre energie, loro si ammalano. I sette tipi fondamentali di Homo Strontius sono collegati alle sette malattie o malfunzionamenti dei rispettivi centri energetici. Durante l’ascesa della Kundalini incanalata dai codici del Padre Nostro, è possibile vedere e guarire queste sette malattie e liberarsi dei loro fastidiosi sintomi: paure, rabbie, ossessioni, ecc. Portando l’amore del Padre Nostro nei chakra possiamo illuminare i lati oscuri (il Lato Oscuro della forza, ricordi Star Wars?) e vincere il nemico più grande: la paura della separazione e dell’abbandono, paura che tu conosci bene. Anche se ora credi di essere l’unico a conoscerla, crescendo scoprirai che la conoscono tutti gli uomini che hanno un’Anima. Nella tradizione cristiana ortodossa queste paure sono state raffigurate come diavoli, e i primi monaci hanno ato la vita a studiare i loro figli: i Sette Spiriti della malvagità. Gola, Porneia, Avidità, Tristezza, Ira, Invidia e Superbia.¹³ Guarendo questi vizi con le sette virtù corrispondenti (misura, sensibilità, generosità, gioia, ammirazione e semplicità) si guarisce ogni Centro Energetico a loro associato, e si può vivere un’esistenza più felice. Si può sperimentare la libertà dalla Paura, soprattutto dalla paura che regna sovrana su tutte le altre: la paura della morte. Questa Paura è il Male da cui chiediamo a Dio la liberazione. E senza paura, puoi realizzarti come Essere Umano. Tranquillizzati, perché come ti ho detto non sei l’unico ad avere questa paura, ce l’abbiamo avuta tutti. E la maggioranza di noi ce l’ha ancora.
UN PADRE NOSTRO CHE VA SU E GIÙ, COME L’ELICA DEL DNA
Devi sapere che in quanto essere umano tu partecipi di una doppia natura. In te c’è la natura della Madre e la natura del Padre: fifty-fifty. Alla tua età spesso non è che questo faccia molto piacere. Probabilmente ti starai chiedendo cosa hai fatto per meritarti due genitori neandhertaliani, ancora fermi al livello dell’Homo Strontius. Non preoccuparti lo abbiamo pensato in tanti. Che tu lo voglia o no, il fatto è che metà del tuo dna è costituito dai miei cromosomi e metà da quelli di tua madre. Non puoi farci niente, ci assomigli, quelli sono gli ingredienti di base del tuo “essere ciò che sei”. Molti genitori si separano, ma il Padre e la Madre restano uniti per sempre. Per sempre la Madre Terra cercherà di raggiungere il Padre Cielo e per sempre il Padre Cielo cercherà di scendere verso la Madre Terra. Hai studiato un po’ di mitologia? In tutti i miti di fondazione di ogni civiltà, all’inizio ci sono il Cielo e la Terra che trombano. Perché questa è la realtà: tutto è nato da un rapporto sessuale di un Padre e una Madre, da due che hanno fatto l’amore. Anche tu. Ti assicuro che qualunque cosa abbia un Padre contro sua moglie e qualunque problema abbia una Madre con suo marito, in quel momento non fregava niente a nessuno. C’è un istante, più o meno lungo, in cui c’è solo amore, c’è solo il Figlio. E magari quell’unico atto non si ripeterà più, magari marito e moglie si separeranno, ma dentro al Figlio il suo Vero Padre e la sua Vera Madre restano uniti per sempre in quell’attimo, più o meno lungo, che è fuori dal mondo e fuori dal tempo. Nella Bibbia la congiunzione tra Cielo e Terra viene simboleggiata nel sogno di Giacobbe: «Una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa».¹⁴ Anche San Giovanni ne parla: «Vedrete il Cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra (attraverso) il
Figlio dell'uomo». ¹⁵ L’immagine della scala sottolinea che quando la Madre è unita al Padre, gli angeli (le energie vitali) possono volare su e giù. La scala che congiunge il Cielo e la Terra è l’Axis Mundi, la Colonna Vertebrale: l’Albero della Vita unito finalmente all’Albero della Conoscenza. L’autostrada su cui vanno su e giù gli angeli guaritori è la spina dorsale, non per niente, mia nonna, nel suo bel dialetto, chiamava il mal di schiena “mal di vita”. E perché le energie guaritrici vanno su e giù, dal basso all’alto e dall’alto al basso? Sembra banale ricordare che in ogni tradizione religiosa della Terra il Paradiso (il Regno dei Cieli) è visualizzato in qualche luogo situato “in alto” e l'inferno (il regno degli Inferi) “in basso”. Quello che eleva la nostra coscienza ci fa sentire la vita leggera, quello che la spinge in basso, invece ci fa sentire la vita pesante, e comunemente quando ti chiedono come stai, infatti, rispondi: “Mi sento su,” a volte addirittura al “settimo cielo”, oppure mi “mi sento giù” o “a terra” o “depresso”, cioè “sotto terra”. Purtroppo la gente ha preso alla lettera queste metafore e immagina Dio assiso in Cielo su un alto trono circondato dai suoi cortigiani. Ma Dio è in ogni luogo, in alto come in basso, e quindi anche in ogni individuo, esattamente nei chakra “alti” della spina dorsale come in quelli “bassi”. Ed è sempre in movimento. È lui il Gran Vortice Rotante, la sua Assoluta Coscienza è il motore immobile nell’occhio del ciclone. La sua Voce risuona nella nostra Coscienza, al centro dell’incrocio dei chakra, nel chakra del Cuore. È la Voce di uno che grida nel deserto: «Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri».¹ La Via del Signore, la strada i cui sentieri dobbiamo “raddrizzare”, è la spina dorsale (quindi raddrizzare la schiena è raddrizzare la vita). Sintonizzare i luoghi “bassi” della nostra natura animale (che è un’evoluzione di quella minerale e vegetale) con i luoghi “alti” della nostra natura umana (che, in quanto, tale è angelica). Superare il conflitto della dualità fra parti “decenti” e “indecenti” del corpo umano e riconoscere che in ognuna è presente il Santo di Dio. Quando la schiena (la vita) si “raddrizza”, gli alti e bassi della dualità vengono appianati e possiamo riposare in pace nel Centro della nostra coscienza, nel Sé interiore.
Un uomo dritto è un uomo retto, onesto, leale, motivato dalla ricerca del bene. Un uomo che è definito “privo di spina dorsale” è un uomo che sta chino, disonesto, sleale, interessato solo a se stesso. Se l’energia di un uomo, quindi la sua attenzione, è concentrata nei tre chakra inferiori della spina dorsale, egli trattiene l’Anima verso il basso - a volte lentamente e a volte improvvisamente verso l'attaccamento alla materia. La “vita” diventa storta. Non è un caso che il mal di schiena sia ormai considerato la normalità da un sacco di adulti. Quando l'energia è concentrata nei chakra bassi la nostra vita è profondamente coinvolta nei sentimenti e nelle emozioni, ma nel chakra del cuore possono calmarsi le acque agitate delle bramosie e delle paure, e se la qualità del sentimento viene diretta intenzionalmente verso l’alto dal cuore può svilupparsi un forte anelito di amore e di pace. Quando i chakra si equilibrano le emozioni si smorzano, i sentimenti si placano, e un calmo distacco dischiude l’Anima della percezione intuitiva. Senza esagerare, però un sacco di gente che vive nei piani “alti” della propria casa guarda gli altri “dall’alto in basso”. Ci vuole un po’ di equilibrio: non è ancora un Uomo chi guarda gli altri dal “basso all’alto”, né chi li guarda “dall’alto al basso”. È necessario perciò che Le Energie vitali salgano dapprima dalla Terra verso il Cielo e poi scendano dal Cielo verso la Terra, come nel ciclo dell’acqua che hai studiato in scienze (me lo ricordo perché avevo dimenticato di quando l’avevo studiato anch’io, e tu hai dovuto spiegarmelo di nuovo). Anche il bambino piccolo vive prima nel mondo della Madre (l’infanzia) - dal quale anche tu ora ti stai gradualmente separando - per entrare in quello del Padre (la vita adulta). Rispettando quest’ordine naturale di precedenza, le invocazioni del Padre Nostro, in questa meditazione, iniziano da “Amen” e arrivano fino al “Padre nostro che sei nei cieli”; questa si chiama spiritualità dal basso.¹⁷ L’Amen¹⁸ (così è) è il punto di partenza che afferma e accetta la vita per ciò che è, è l’amore della Grande Madre, la Madre di Dio e di tutti gli dei: la Madre Terra. L’Amen risveglia la sua energia e dà inizio all’ascesa nei Sette Regni, fino a raggiungere il Padre, per poi scendere con Lui nella Camera Segreta, la Camera Nuziale, che oggi si chiama Inconscio. Fecondando la Matrice, lo Spirito del Padre risveglia il Figlio, che inizia la sua crescita, il seme si schiude, germoglia, cresce e fruttifica. Diventa un uomo realizzato e un Signore.
Allora, per farla breve, questa pratica abbina i sette versetti del Padre Nostro ai sette chakra, dal primo all’ultimo e dall’ultimo al primo:
1. Chakra Radice: Amen, riconosci e accetti le tue radici, le sorgenti di ogni tua forza vitale; 2. Chakra Sacrale: E liberaci dal male, chiedi di essere liberato dalla Paura della Separazione e della Morte; 3. Chakra del Plesso solare: Guidaci nella tentazione, chiedi alla tua Intelligenza Superiore di non abbandonarti nelle mani della tua parte distruttiva, cosa molto importante soprattutto per gli adolescenti … di tutte le età; 4. Chakra del Cuore: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Debiti o peccati, cioè errori, perdona quelli che hanno sbagliato con te e perdoni così anche i tuoi sbagli. Vuoi ridere? Ogni tanto mi sbaglio e al posto di debitori dico genitori, ancora alla mi età. 5. Chakra della Gola: Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Qui non si parla tanto del pane vero - quello te lo guadagnerai tu - mettendo in gioco i tuoi talenti e la tua intelligenza, piuttosto si chiede il Pane di Vita, l’energia sottile del Prana, il Pane Necessario che nutre i corpi sottili; 6. Chakra della Fronte: Venga il tuo Regno, sia fatta la tua Volontà come in Cielo e così in Terra. Il Regno che cerchiamo è il Regno della Pace per tutti gli esseri, questa è la Volontà che ti auguro possa guidare la tua ricerca; 7. Chakra della Corona: Santificato sia il Tuo Nome, Padre Nostro che sei nei cieli. Il Nome è il tuo, se vuoi santificare tuo Padre realizza te stesso, diventa quell’uomo, unico, irripetibile e meraviglioso che sei destinato a essere.
Se praticherai per un po’ la meditazione Padre Nostro-Chakra, probabilmente dopo qualche tempo ti renderai conto che anche quando reciterai “normalmente” il Padre Nostro, sentirai, pronunciando le singole frasi, uno sfrigolio nei singoli
chakra. Allora sia il tuo corpo che la tua anima faranno la ola, come dice il salmista.¹ Una volta un prete mi ha detto: «Se reciti un Padre Nostro ogni giorno ti salvi». Mi ha detto anche un sacco di “pirlate”, ma questa secondo me non lo è.
PARTE II
1. Centro della Radice – Muladhara chakra
Il Centro della Radice (Muladhara chakra: radice di sostegno), localizzato sul perineo - fra l’ano e i genitali (non ridere) - è associato alla sopravvivenza e rappresentato dall’elemento Terra, la Grande Madre da cui scaturisce ogni essere. È come la terra su cui pianti la tua tenda quando vai in campeggio, o la roccia sulla quale costruirai la tua casa quando sarai grande. È il Campo Familiare (la terra degli Antenati) dove il Padre ha piantato il suo Seme, il tuo Codice dell’Anima, la tua memoria filogenetica. La Radice è come una banca dati contenente le cellule genetiche che costituiscono l’estrema condensazione dell’informazione - memoria (DNA) - e dell’energia vitale, oltre che un laboratorio di trasformazione e attivazione della cellula-seme. In tal senso è qui racchiusa, al massimo della concentrazione, l’energia che nutre tutto ciò che deve essere realizzato (fattelo spiegare meglio dal tuo professore di biologia, ai miei tempi era “quello di scienze”, oppure vai su Wikipedia, io non mi intendo di queste cose; quello che ho capito è che in questo seme sono racchiusi i software del tuo futuro sviluppo, tutte le tue possibilità). Kundalini è il Programma che attiva i codici che daranno forma alle tue potenzialità. Il seme starà dentro la terra per nove mesi, metterà radici e poi germoglierà. Queste radici nutriranno l’Albero della tua Vita. Senza radici non si vola, dice il proverbio. Vuol dire che quando apri questo Centro ti colleghi con l’energia di tutti i tuoi antenati, fino ai primi ominidi ma anche oltre, fino al centro stesso dell’Idea di Uomo. È un giacimento inesauribile di Energia Vitale. E difatti il suo colore è il rosso, il colore del sangue. Il Centro Radice è la sede dell’energia vitale che ribolle nel centro delle tue profondità psichiche, come il fuoco magmatico nel Centro della Terra. È il Sole Oscuro, il Dio nell’Inconscio che, se risvegliato, può salire attraverso i
sette chakra, o le sette età dell’uomo, o i sette stati di coscienza, collegarli tra di loro e stabilire il filo rosso che tesserà la Trama della tua esistenza. Essere ben radicati nella propria origine è dunque la base di ogni crescita. Il Centro Radice è la porta attraverso cui la coscienza dà vita alla materia. Il primo o dello sviluppo della materia vivente è poter vegetare, assicurare i bisogni dell’istinto di sopravvivenza: avere cibo e una difesa dai predatori. La sopravvivenza di sé è identificata nel corpo fisico-emozionale, “io e mio” sono le fondamentali verità di questo primo stadio di sviluppo della vita. Questa è la radice, anzi la matrice, la matrix o la Madre, come anticamente era chiamata. Essere ben collegato all’energia di questo chakra ti permette di godere del diritto di prendere la vita a piene mani, di divertirti e giocare. Il Centro radice si attiva e sviluppa nei primi anni di vita, fino ai sette anni per i maschi e fino ai sei anni e mezzo per le femmine. L’organo di senso relazionato alla Radice è il naso. Quando, non tanto tempo fa, l’uomo era ancora un cacciatore-raccoglitore nelle savane di “mama” Africa, il senso più importante che usava per poter mangiare senza essere mangiato non era la vista, ma l’olfatto. Per un cucciolo è essenziale imparare a “fiutare” in fretta i “nemici”, perché quando li vede è spesso troppo tardi. In effetti questo organo è collegato alla parte più arcaica del cervello, il rinencefalo. Condividono lo stesso simbolo (e quindi sono sotto l’influenza di questo chakra) anche i piedi, perché dopo aver “fiutato” che ti sta venendo incontro un predatore, è bene darsela a gambe il più in fretta possibile. L’inizio della tua avventura come uomo è stato quando ti sei alzato in piedi e hai smesso di gattonare. Anche l’avventura dell’Umanità è iniziata così. Ognuno di noi rivive, nel suo piccolo, tutti i aggi che l’Umanità ha compiuto nel suo grande. Abbiamo detto, dunque, che i piedi sono importanti perché sostengono tutta la baracca, e ce la fanno se sono ben saldi sulla terra, che a sua volta li sostiene e da cui traggono stabilità e fermezza. La terra è la base sicura da cui prendere la potenza e lo slancio (ti ricordi il mito greco di quel gigante che lottò con Ercole, e che fu invincibile finché i suoi piedi rimasero in contatto con sua madre Gea, la
Terra?). Nello stato di coscienza del primo chakra l’emozione dominante è la paura. Il cucciolo ha paura perché sembra sempre che le risorse disponibili per la sopravvivenza del clan siano scarse, che non ci sia mai abbastanza cibo in quella grotta e che loro siano gli ultimi a mangiare. Tempi duri quelli, ricordi? Tutti i nostri pensieri e tutte le nostre azioni erano concentrati, in maniera quasi ossessiva, sull’accesso alle risorse e sulla loro proprietà. I cuccioli stabiliscono delle gerarchie rigide fra di loro: prima la mamma è del papà, poi è mia e poi è tua, se ne rimane. Questo chakra impone di essere ben piazzati nella gara per il controllo e lo sfruttamento dei bisogni materiali (“Trangugia & Divora”). Vivere con lo stress che “non appena mi giro qualcuno mi svuota la dispensa” tende a creare diffidenza soprattutto nelle situazioni nuove e impreviste. Questa paura può bloccare ogni tipo di cambiamento, fino a impedire la crescita stessa. Nello stato della pura coscienza animata i pericoli sono attribuiti a qualcosa di esterno che può ferirmi. In effetti secondo Elisabeth Kübler-Ross (una grande anima) le uniche cose di cui dovremmo avere paura sono i rumori improvvisi e di perdere l’appiglio. I cuccioli non sono scemi, come non lo sono gli animali, diciamo che hanno uno stato di coscienza un po’ infantile e per proteggersi da questi pericoli hanno tentato di controllare il mondo esterno. Il pensiero dei cuccioli è magico e onnipotente. La loro spiritualità è profonda, anzi la più profonda, difatti Yehoshua di Nazareth diceva: «Se non diventerete come i bambini non entrerete nel regno dei cieli», ² però non si può negare che sia tendenzialmente portata alla magia e alla superstizione. Quando siamo bambini siamo un po’ tutti magici e superstiziosi, e quando preghiamo lo facciamo solo per chiedere qualcosa. Del resto cosa può fare un bambino se non chiedere? I comportamenti dei bambini non sono certamente guidati da principi e valori (bisogna essere liberi per potersi permettere di avere dei principi), ma dalla paura della punizione o dalla speranza di un beneficio personale (se sei cattivo vai in castigo, se sei buono vai in paradiso a sartela alla facciaccia di quelli che sono finiti all’inferno). Se sei diventato il tipo che nei gruppi o alle feste se ne sta in disparte e cerca di essere invisibile, più topo di biblioteca che cinghiale della selva, potresti “soffrire” di una disfunzione energetica in questo chakra. Se è così dovresti essere anche una persona che si sente instabile sulle proprie gambe, sempre preoccupata a difendere il proprio territorio per paura che qualcuno glielo freghi, dovresti accorgerti che diventi facilmente collerico e rabbioso, che ti metti sulla
difensiva e volte sei addirittura violento. Dovresti essere una persona allo stesso tempo insicura e incapace di tollerare la frustrazione (tipo: “voglio tutto e subito”), una persona che si sente senza punti stabili di riferimento (ne sai qualcosa? Io sì). Ogni fatto della vita dovrebbe sembrarti un ostacolo insormontabile, che qualcuno ha messo sulla tua strada solo per romperti i “cabasisi”, così, per burla. Se non funziona bene l’attaccamento alla Radice, da adolescente potresti cedere alla tentazione di rifugiarti in una vita di sogni e magie, in cui vivere sia facile e piacevole e soprattutto meno faticoso; la tua mente potrebbe fuggire dalla realtà vera e rifugiarsi in una realtà immaginaria, che sicuramente sarebbe migliore, ma che purtroppo avrebbe il difetto di non essere “reale”. Forse diventerai un adolescente così (io lo sono stato) o forse la tua è un’anima timida e sensibile capitata in un mondo abitato da pazzi (gli “adulti”), in questo caso sei “sano” e hai solo un problema di adattamento, come tutti gli adolescenti. È un viaggio periglioso quello dell’adolescente, un’iniziazione in cui si attivano tutti e dodici gli Archetipi del Mito dell’Eroe. Per compiere questa impresa devi sapere che la sicurezza è importante, ma che non puoi programmare tutto, perché i tuoi progetti potrebbero essere spazzati via come foglie al vento. Esiste un proverbio che dice: «Se vuoi far ridere Dio raccontagli quali sono i tuoi progetti». Capita, e da ragazzi più spesso, che la vita scompagini le carte in tavola, e allora al giovane cavaliere è vitale una grande virtù: essere flessibile, saper cambiare rapidamente i propri piani per approfittare della nuova situazione, e ricavarne il meglio possibile. Se hai presente le favole, o i miti degli eroi, saprai che nessun cavaliere perde tempo a piangere sul latte versato; è tempo sprecato. Entra nella prima latteria che trovi, il mondo è pieno di tette. Mangia e diventa grande, poi capirai che il latte più nutriente lo troverai sempre a tua disposizione dentro di te. La tua Anima è la tua vera Grande Madre e ha due tette che non finiscono mai. Qualsiasi “tiro” il destino ti giochi, non perdere tempo a chiederti perché l’ha fatto (o perché l’ha fatto proprio a te), concentrati immediatamente sulla tua “mossa” e rispondigli il più in fretta possibile. Qualsiasi sfiga ti capiti se la sai prendere per il verso giusto ti fortifica, e se la sai “sfruttare” bene si rivelerà una
grande e salutare occasione di cambiamento. Come diceva la mia nonna: «Quel che non ti strozza t’ingrassa».²¹ Si dice infatti che: «Quando Dio chiude una porta, apre un portone». È difficile da credere ma, almeno per me, è verità sacrosanta. Se perdi tempo a uggiolare e grattare alla porta che si è chiusa, diventerai un mendicante lagnoso, una piccola fiammiferaia che si affida al buon cuore del prossimo. La tua mente si rinchiuderà in un mondo di estraneità, solitudine e pessimismo. Per tantissimi adolescenti quello è il mondo. Se vuoi approfittare dell’esperienza di un orso anziano, tieni a mente che ti conviene tenere ben pulito il Centro della Radice. Come si fa? Una cosa di sicuro è salutare: accettare qualsiasi cosa ti sia capitato nell’infanzia, fare pace con la propria storia, i propri genitori e la propria famiglia. La tua storia non è stata facile, raramente le storie dei bambini lo sono, puoi usarla per giustificarti davanti ai fallimenti inevitabili nel Viaggio dell’Eroe, oppure puoi prenderla come la prima prova che la vita ti ha posto. Se sei ancora vivo vuol dire che la prima prova l’hai vinta, puoi rimanere ben saldo in piedi, consapevole del tuo valore. Se ancora pensi che la tua infanzia sia stata sfigata può darti sollievo pensare che sei in buona compagnia. Nell’Infanzia del bambino Gesù, c’è di tutto fin da subito: la sua mamma si è ritrovata incinta prima del matrimonio, e non deve essere stato facile per una ragazzina di buona famiglia quale lei era affrontare la sua famiglia e il villaggio (a quei tempi le ragazze-madri venivano lapidate). Poi, dopo mille affanni, nasce in una grotta, in mezzo a Dio sa cosa, e per di più tre astrologi mettono in allarme re Erode e costringono la puerpera e l’infante a una fuga precipitosa in Egitto, in groppa a un asino guidato dal povero Giuseppe, che sembra non capirci granché di cosa stia succedendo. Questo è il suolo in cui Gesù ha messo le sue radici per divenire il Cristo, l’essere più perfetto dell’Universo. Questa storia è il nostro mito di fondazione, racconta l’infanzia dell’Eroe (e per me, che da vecchio sono diventato religioso, racconta la storia del Dio che volle farsi Uomo). Quando entrerai nell’adolescenza è possibile che vivrai situazioni in cui farai fatica a capirci qualcosa, e ci saranno periodi in cui ti sarà difficile capire chi sei veramente. Il Maestro Yehoshua ti dice di non preoccuparti, perché nella tua Radice è scritto che sei Colui che sarai.
I – AMEN
La parola ebraica amen non significa “così sia”. Un cucciolo non viene interpellato su come dovrebbe essere la sua infanzia, né può decidere qualcosa in merito. Un bambino non può dire “così sia”, può dire solo: “è così”. L’etimologia di Amen deriva da un verbo che vuol dire “costruito sulla roccia”. Chi pronuncia l’Amen dice: «Questo fatto è inconfutabile, è una verità salda come una roccia. È così». Amen è una formula che esprime e conferma, fin dai tempi antichi, le verità più assolute, irremovibili, eterne. Quando dici Amen, dal Centro della Radice, affermi la fede (in greco: pistis) in ciò che resiste, è certo e sicuro. Amen vuol dire che una cosa è degna di affidamento, indica ciò che è saldo, stabile, sicuro. Cosa c’è di più certo della Terra che ti ha generato? Questo Amen esprime il radicamento nella più profonda realtà di te stesso: la terra dei tuoi antenati (l’inconscio collettivo), da cui emerge l'esigenza di alzarti in piedi e camminare. «La terra è sacra per noi. L’acqua che scorre nei ruscelli e nei fiumi non è solo acqua, ma il sangue dei nostri antenati. Il mormorio dell’acqua è la voce del padre di mio padre. I fiumi sono i nostri fratelli, essi placano la nostra sete. I fiumi trasportano le nostre canoe e nutrono i nostri figli. L’aria è preziosa per l'uomo, perché tutte le cose condividono lo stesso respiro: l’animale, l'albero, l'uomo. Il vento che diede a nostro nonno il suo primo respiro, riceve anche il suo ultimo sospiro. L’uomo deve trattare le bestie di questa terra come fratelli. Cos’è l'uomo senza bestie? Se tutte le bestie scomparissero, l’uomo morirebbe per l’immensa solitudine del suo Io. Perché qualunque cosa accada alle bestie, presto accadrà all’uomo. Tutte le cose sono collegate. Devi insegnare ai tuoi figli che il suolo sotto i loro piedi è la cenere dei vostri antenati. Per far sì che rispettino la terra, di’ ai tuoi figli che la terra è colma delle vite dei nostri antenati. Insegna ai tuoi figli che la terra è nostra madre. Tutto quello che accade alla terra, accade anche ai figli della terra. Se gli uomini sputano sul suolo, sputano su loro stessi.
Questo sappiamo: la terra non appartiene all’uomo, ma l’uomo appartiene alla terra. Tutte le cose sono collegate come il sangue che unisce una famiglia. L’uomo non ha tessuto la tela della vita: egli non è altro che un filo al suo interno. Qualunque cosa fa alla tela, la fa a se stesso». ²² Cosa puoi rispondere alle parole del capo indiano se non: “Augh”, oppure “Amen”? «Non siamo stati messi su questo pianeta da un qualche dio, ma è proprio da qui che veniamo. Siamo i suoi occhi e la sua mente, la sua vista e il suo pensiero». ²³ Amen!
2. Centro SACRALE – Svadhisthana Chakra
Il tuo bambino sta diventando ragazzo, gli ormoni ti si stanno svegliando e cominciano a premere per uscire. La Kundalini spinta dall’istinto di sopravvivenza apre il Centro dell’istinto di riproduzione. Il centro delle Viscere o delle Polarità è collocato alla radice degli organi genitali, ed è collegato a una cosa che per un po’ di anni t’interesserà molto: il sesso. Alla tua età il sesso si pratica da soli, ed è una faccenda semplice e innocente. Fra qualche anno incontrerai qualche anima buona che ti darà una mano a renderla molto più interessante e divertente, e anche a complicarla. La vita del corpo, della mente e dello spirito, cresce quando Uno cerca un Altro e diventano una coppia (Due). Se si prosegue, c’è poi la possibilità che il due diventi tre, che come tutti sanno è il numero perfetto. Per adesso comunque questa cosa non ti riguarda. Quel che devi sapere ora è che sviluppando l’energia di questo Centro, potrai favorire la tua capacità di relazionarti alle altre persone. Un buon radicamento nel Centro delle viscere, ti fa divenire un tipo viscerale e questo ti conferirà il carisma del fascino erotico. L’energia dell’Eros, quando è ben direzionata, stimola la capacità creativa del sognatore e le sue ambizioni. La Kundalini in questo chakra si attiva quando inizia l’adolescenza, l’età della scoperta del corpo sessuale. L’energia vitale, una volta risvegliata, si situa nella
profondità della vulva, o alla radice del pene (ridi pure). Ancora non lo sai, ma fra un po’ queste questioni saranno le tue preoccupazioni principali, ancora più della scuola e della famiglia. Cerca di non farne un pensiero troppo importante, e soprattutto non credere ai tuoi amici che si vantano d’imprese roboanti e conquiste, al confronto delle quali il buon Giacomo Casanova era soltanto un seminarista. Dovrete aspettare ancora un po’ di anni prima che qualcuno di voi possa incontrare quella famosa anima pia disposta a dargli una mano. Gli adolescenti in materia di sesso, come in molte altre, sono dei gran “cacciapalle”. Il fatto è che a quell’età l’autostima non è che sia poi un granché, e la capacità di far conquiste è un gioco al quale i giovani maschi partecipano per rafforzarla. Come del resto per lo stesso motivo le giovani femmine giocano a sedurre i giovani maschi. È uno dei modi, non l’unico e neanche il più importante, per cercare un po’ di considerazione ed essere considerati “qualcuno” nel gruppo degli amici. In questo gioco tutti fingono di essere “qualcun altro”: i maschi mettono su le livree del leone, del pavone, qualcuno dello struzzo, mentre le femmine se ne stanno a sculettare in giro, lanciando occhiate di sottecchi. Fa parte del grande gioco dell’innamoramento, uno stupendo delirio dei sensi. Un gioco che bisogna maneggiare con cura, perché si può fare e ci si può fare molto male. Con gli anni ci si abitua, ma le prime ferite del cuore sono “botte” micidiali. La maturità sentimentale e sessuale la raggiungerai quando saprai instaurare relazioni stabili, sessualmente soddisfacenti, basate sulla stima e il rispetto reciproci (sono terni al lotto). Scoprirai (mi dispiace ma è inevitabile) che una cosa capace di dare così tanto piacere è anche capace di dare tanta sofferenza. Avrai paura di non essere all’altezza, paura che il tuo miglior amico ti soffi la ragazza (succede quasi sempre), che lei si stufi e ti molli, oppure paura di stufarti tu e non sapere come mollarla senza sentirti in colpa. Il decorso dell’amore erotico è instabile, soggetto al cambiamento, come tutto è soggetto alle leggi della vita: ciò che inizia può finire. Tutto ciò che si unisce può separarsi. I1 colore di Svadhisthana è l’arancione, il colore del sole che al tramonto s’immerge nelle acque. È anche il simbolo della coscienza crepuscolare, prima di immergersi nell’Oceano dell’Inconscio. Il simbolo dell’erotismo (e di questo chakra) è l’acqua. L’acqua magica che risplende sotto la luna notturna, quando sei innamorato, ma anche l’acqua
tempestosa capace di scatenarsi, spazzando via ogni razionalità, quando l’innamoramento finisce. E gli innamoramenti finiscono sempre. Qui bisogna sapersela giocare alla grande, perché quando finisce lo sballo dell’attrazione sessuale inizia l’amore, la difficile ricerca di convivere con un essere alieno, che viene da un altro pianeta.²⁴ L’acqua rende fertile il suolo e risveglia la vita a primavera. La nascita e il viaggio dell’essere umano iniziarono con l’aprirsi delle acque, ma la Signora della Vita può portare anche la morte. Nella mitologia, questo lato minaccioso dell’acqua (e dell’Amore) è espresso nei racconti del diluvio e della scomparsa di Atlantide. Quando il rapporto tra i sessi diventa una guerra con un’altra persona per sfruttarla e dominarla, la camera da letto si trasforma in una Camera dei Tormenti. L’amore facilmente si trasforma nel suo opposto: l’odio. Sarò anche antiquato e sorato, mi sbaglierò, ma per me questo è l’origine del male.
II – E liberaci dal male
Che cos’è il male? Non so cosa ti hanno insegnato del male e del peccato, ma se ti hanno raccontato quello che hanno raccontato a me, devi avere un bel po’ di confusione in testa. Vediamo di fare ordine: probabilmente ti hanno detto che il male è peccato e non ti hanno detto che la parola peccato vuol dire errore, sbagliare.²⁵ Peccato vuol dire errore, e tutti gli esseri umani sbagliano non perché sono cattivi, ma proprio perché sono umani. La caduta nel peccato è un fatto inevitabile. Gesù una volta ha affrontato una folla di moralisti inferociti che volevano lapidare una donna che aveva cornificato il marito, li ha guardati negli occhi e ha detto loro: «Chi non ha mai sbagliato una volta, scagli la prima pietra», e se ne sono tutti andati. Sbagliare è un fatto inevitabile, però solo gli adulti possono sbagliare, i bambini non possono (a parte sbagliare i compiti). Per poter sbagliare è necessario essere liberi di farlo, vuol dire che è necessario avere la possibilità di scegliere e i bambini non ce l’hanno, perché sono ancora dipendenti dai genitori. Se ti hanno raccontato che eri libero di scegliere ti hanno mentito, le scelte per te sono sempre state fatte dai tuoi genitori. Ora, con il risveglio della tua sessualità e quindi delle tue scelte (questa mi piace, questo meno) inizia il tuo cammino verso la libertà e stai entrando nell’età in cui puoi essere libero. Adesso puoi sbagliare. Prima hanno sbagliato i tuoi genitori per te. Immagino che ti abbiano raccontato del mito di Adamo ed Eva … ti avranno detto che il male inizia con il peccato originale.² Adamo ed Eva vivevano nel Giardino d’Infanzia del Paradiso terrestre; difatti, come i bambini, erano nudi e non ne avevano vergogna. Poi accadde che mangiarono il frutto proibito e zac! I loro occhi si aprirono, lui guardò lei, poi guardò se stesso, e vedendo la differenza disse: «Interessante». E iniziarono i casini. Sembra il romanzo dell’adolescenza, quando il ragazzo si rende conto che le ragazze non sono solo noiose compagne di giochi, ma che possono essere divertenti compagne di “giochini”. Mangiano il frutto dell’amore, che a volte è una mela avvelenata. Non si sa mai se il compagno o la compagna che scelgono sia quella giusta, e purtroppo lo si capisce sempre dopo. Iniziano la ricerca della
comprensione di cosa sia quella famosa differenza, e finisce l’infanzia. Vengono cacciati fuori dal paradiso terrestre dell’inconsapevolezza ed entrano nell’inferno, ma come dice il proverbio “È all’inferno che si incontrano le persone più interessanti”. Farai esperienza del bene e del male, del piacere e del dolore, scoprirai che questo è “diventare grandi”. A volte sarà difficile (ti dovrai guadagnare il pane con il sudore della fronte) ma sarai libero, anche di sbagliare. È vero che nel Giardino dell’Infanzia il bambino vive in unione con i suoi genitori e tutti i suoi bisogni, le sue scelte, le sue preferenze sono determinate dalla volontà della famiglia. Ma che vita è per un adulto? Non è una vita da uomo. L’uomo vuole scegliere, conoscere, sperimentare, andare oltre, anche a costo di farsi male, anche a costo di essere sconfitto. La sicurezza che ti dà la famiglia è importante, ma non è un uomo chi si accontenta di questo. Secondo il mito della Bibbia il male inizia con l’uscita dal paradiso. Quest’uscita rappresenta simbolicamente il aggio dall’infanzia all’adolescenza. Liberandosi dai vincoli della tutela familiare, il ragazzo comincia a decidere da sé cosa è giusto e cosa è sbagliato. Se questo è il male, allora io dico che il male è necessario, perché decidere da sé (pur correndo il rischio di sbagliare) rende un uomo libero, ed è meglio essere liberi e fare stupidaggini, che non fare stupidaggini ed essere schiavo della volontà di qualcun altro. Non è questo il male, sbagliare è una necessità, come diceva mia nonna. È sbagliando che s’impara (a essere adulti). Con il risveglio della sessualità, ciò che nell’infanzia è mischiato confusamente (il bambino non è ancora né maschile né femminile, né buono né cattivo), viene distinto e separato, permettendo la nascita dell’identità personale del ragazzo. Inizia l’età del discernimento e del giudizio. È l’inizio della liberazione dalla schiavitù del faraone e dei suoi sgherri. La libertà, in questo chakra, è più importante della sopravvivenza; è vero che gli ebrei, in Egitto, mangiavano ogni giorno ed erano provveduti del necessario dallo stato, ma non erano liberi. Il che può andar bene a un bambino, ma non va più bene a un adolescente. Ora per te inizia il cammino verso la libertà, lo scopo più importante della vita di un uomo. Più avanti scoprirai che la libertà contiene la fregatura: essere libero vuol dire essere responsabile. Non sono più i tuoi guardiani a provvedere al tuo
sostentamento e a pensare e decidere al posto tuo, quando ti sarai liberato dovrai prenderti la responsabilità delle tue scelte. Non è facile, molti ebrei si ribellarono a Mosè e vollero tornare alla schiavitù dei tre pasti assicurati e della mamma che ti lava e ti stira, ma la libertà è la cosa più importante della vita, anzi più importante anche della vita stessa, difatti: «Chi non odia suo padre e sua madre, moglie e figli, fratelli e sorelle e perfino la sua stessa vita, non può essere mio discepolo». ²⁷ Il aggio dall’infanzia all’età adulta (dalla dipendenza dai familiari all’autodeterminazione dell’uomo libero) è segnato in tutte le culture da un rito d’iniziazione che segna la morte del bimbo e la nascita dell’uomo. Un simbolo è la storia dell’eroe (San Giorgio, Sigfrido e tanti altri) che uccide il drago. Il drago rappresenta le costrizioni familiari e liberandosi da questi legami l’eroe libera la propria energia sessuale. Nella storia di Gesù, questo aggio corrisponde al battesimo.²⁸ Questo rito pone fine al tempo della Madre, al tempo dell’infanzia e della fanciullezza. Gesù esce dalle acque dell’Infanzia (il cielo si apre sopra di lui come le acque del Mar Rosso davanti agli israeliti) e lo Spirito del Padre si posa su di lui e lo benedice: «Tu sei il Figlio diletto, in te mi sono compiaciuto». Il bambino diviene uomo, figlio del padre: il Cristo. “E tosto lo Spirito lo trascinò nel deserto”. ² Il padre divide il figlio dalla madre, lo spinge fuori di casa a percorrere le piste del deserto in cui vivrà la sua avventura nel mondo, lo spinge a correre i suoi rischi, affinché venga messo alla prova dalle tentazioni dell’Ego e si confronti con il Male e con i propri conflitti interiori. Nell’etimologia della parola diavolo puoi scoprire cos’è il male. Diavolo significa: “colui che divide”. L’amore è ciò che unisce, il male è ciò che divide. Il male non è sbagliare, ma è pensare di poter non-sbagliare, è farsi massacrare dai sensi di colpa. Il male è avercela con noi stessi, è pensare che ci sia qualcosa di sbagliato in noi, una parte buona e una cattiva e cercare di eliminare una delle due. Male è quando ti dici che sei stupido, incapace cattivo, questo è male, tutti siamo anche stupidi, incapaci, cattivi. Male è pensare di essere perfetti, di non sbagliare mai. L’anima non vive il male come qualcosa che ha fatto, ma come qualcosa che è stata fatta a lei. Per l’Anima il male è un’esperienza di divisione
interiore. L’incapacità dell’Ego di accettare e quindi riparare i propri errori, lo mette in conflitto con l’Anima, e mette l’Anima in conflitto con se stessa, con gli altri esseri e con il proprio ambiente. Il Male è una scissione interiore che lacera l’Anima, mettendo le sue parti in conflitto le une con le altre: maschile contro femminile, luce contro ombra, sole contro luna, spirito contro materia, marito contro moglie, genitori contro figli, fratelli contro fratelli. Dalla guerra eterna dell’uomo contro se stesso sono scaturite tutte le altre. Il pensiero dualista (fattelo spiegare dal prof. di filosofia o guarda il cartone animato se Les Enfants de la Pluie) è credere possibile l’assurda pretesa di separare il male dal bene. Il bene e il male sono inseparabili (non separerai ciò che in Dio è unito), per la semplice ragione che il male non esiste, ce lo siamo inventato noi quando ci siamo creduti divisi dal Padre, dalla natura, dagli altri uomini. Questa “credenza” è l’origine del male e l’origine della Guerra e del cavaliere dell’Apocalisse, che porta sempre con sé fame, malattia e morte. La guerra è il caos, un vortice di energie senza senso. Il bene è la pace. “Libera nos a malo” significa liberaci dal conflitto. La pace è il Paradiso. Non esiste nessun paradiso (in persiano vuol dire “giardino”) che l’uomo abbia mai potuto immaginare in cui entri il conflitto. Se vorrà tornare al Giardino delle Delizie, l’uomo deve bandire il conflitto dalla propria vita. La fine della guerra accadrà quando ogni essere umano avrà trovato la pace dentro di sé, perché tutte le guerre, familiari, sociali o tra i popoli, nascono da una proiezione esterna di una guerra interna. Ritroverai il tuo Paradiso Perduto quando riuscirai a integrare nella tua coscienza ciò che rifiuti di te e della tua esperienza. Purtroppo per molti di noi questo compito - il più importante dell’adolescenza - si rivela arduo dal momento che ci hanno insegnato che per essere felici dovremmo essere perfetti, che in Paradiso potranno entrarci solo i “buoni”, mentre i “cattivi” rimarranno per sempre nell’Inferno della Guerra Eterna. Il problema è che per l’Ego “buono e cattivo” equivale a “mi piace, non mi piace”. Per Ego il Paradiso è tutto ciò che gli piace e l’inferno tutto ciò che non gli piace. Per lui il paradiso è la Coca e l’inferno l’olio di ricino. Ego è piccolo, si sbaglia. Se uno degli scopi dell’adolescenza è integrare l’esperienza del bambino nella coscienza dell’adulto, allora questo processo (cioè l’individuazione) deve per
forza are attraverso l’accettazione dell’errore, che è insito nell’Ego. Ci libereremo dal male quando riusciremo ad accettare noi stessi per ciò che siamo, con tutti i nostri pregi e anche i difetti, e allora accetteremo il nostro prossimo allo stesso modo. L’Amore tra i sessi è la base dell’amore spirituale, premessa della riconciliazione universale.
3. Centro del Plesso Solare – Manipura chakra
Altrimenti detto “Città del gioiello”, per il fuoco ardente che vi brilla come una gemma. L’elemento di questo chakra è infatti il fuoco, simbolo del potere di trasmutare la materia in energia. Questo Centro ha a che fare con l’aggressività³ , che è la capacità di saper prendere e di saper realizzare i propri obiettivi. Dopo il risveglio della sessualità, avrai bisogno di aggressività³¹ per poter catturare qualche pollastra, ma non credere che sia finita lì, avrai bisogno di aggressività per mantenerla vicino a te e per tener lontano tutti i lupacchiotti che vorranno portartela via, o per tener lontane le lupacchiotte che vorranno portarti via da lei. Se il primo Centro ha a che fare con l’istinto di sopravvivenza, e il secondo con quello di riproduzione, questo ha a che fare con l’istinto della territorialità: la capacità di stabilire e difendere i confini del proprio territorio. Il suo simbolo è il sole, fonte di calore e di energia. Fisiologicamente è localizzato nel plesso solare, all’altezza dell’ombelico. È il centro delle ioni (nel senso di ione artistica, ideale, ecc.) del potere personale, degli scambi sociali e della capacità di difendersi e attaccare. È la sua energia che ti spinge ad affermare te stesso, a differenziarti dalla tua famiglia di origine e a costruirtene una tua. Ora inizia la tua ribellione all’ordine costituito, o almeno te lo auguro! Se non hai paura e hai volontà di lottare per la tua liberazione fra un po’ nessuno potrà più dirti cosa devi o non devi fare, e nessun adulto potrà minacciarti: non sei più un ragazzo, sei un giovanotto che sta per iniziare la sua Gloriosa Rivoluzione. Come si diceva ai miei tempi, la rivoluzione non è un pranzo di gala, non è come scrivere un saggio, cucire o ricamare, ma è l’azione violenta di un ordine nuovo per scardinare l’ordine vecchio. Si scateneranno sfrenate emozioni, avrai voglia di assaggiare il meglio e il peggio della vita e di morderla per nutrirtene. Si scateneranno le tempeste
ideali, sentirai il fuoco bruciarti dentro, avrai voglia di incendiare il mondo e tutto quello che finora ti ha limitato e represso. Proverai il desiderio e la collera. Tutto questo sarà doloroso e conflittuale, ma è anche necessario, perché se riesci a superare indenne questa età, dalle ceneri della rivoluzione emergerà un uomo. Quando si riesce a padroneggiare l’energia delle proprie emozioni (anche la rabbia e la collera) si ha a disposizione un’energia potente per trovare e affermare il proprio posto nel mondo. La cosa che noi ragazzi del ‘68 non avevamo capito è che quest’azione violenta non serve per cambiare le cose all’esterno, ma quelle all’interno. La rivoluzione dell’adolescenza è una rivoluzione interiore, la più importante della vita. Non vorrai più essere dominato da nessuno e diventerai consapevole del tuo potere personale. Combinerai e dirai un sacco di stupidate; la paura di essere dominato spesso ti farà rifiutare anche i buoni consigli (non tutti gli adulti sono stupidi come quelli che hai conosciuto tu, qualche buon maestro in giro c’è); per paura di essere sottomesso ti convincerai di non aver paura di niente e di nessuno e crederai che essere uomo significhi non aver bisogno di nessuno; ti sfiancherai rincorrendo il mito dell’uomo che non deve chiedere mai (ha accumulato un brutto karma il pubblicitario che ha inventato questo slogan); sfiderai la stessa vita, crederai di sapere tutto tu e che i vecchi sono semplicemente dei timorosi rimbambiti, crederai che sia facile decidere e sapere cosa vuoi. È così che funziona. Poi la vita t’insegnerà la saggezza, la tolleranza, la comione, ma non ora, ora è il tempo dell’eroe che rinasce dopo aver affrontato e sconfitto il suo drago. Sarai arrogante e presuntuoso, entrerai in conflitto con chi non condivide il tuo punto di vista, ti sentirai minacciato da chi la pensa diversamente di te, diventerai fazioso e a volte perfino estremista. Non vorrai discutere, vorrai aver ragione, è così che deve essere quando i cuccioli si fanno le zanne. Entrerai in un gruppo, non baderai ai parenti che ti diranno di restare in casa perché le cattive compagnie ti traviano. Appartenere a un gruppo è importante nell’adolescenza, è lì che fai la rivoluzione. Il problema della rivoluzione è che, per quanto bella, a un certo punto deve cessare (altrimenti fai la fine del povero Bertinotti). Dopo l’età della distruzione deve cominciare l’età della costruzione, altrimenti la tua vita resterà condizionata dagli schemi adolescenziali. È vero che ribellarsi è giusto, ma non c’è niente di più patetico di un vecchio ribelle. La rivoluzione adolescenziale è uno stadio - si spera - di trionfo sulle
forze oscure degli istinti regressivi. Superato lo stadio della sommossa, se tutto è andato bene, si genera una nuova legge e un nuovo ordine nella tua vita. Spenti i bollori rivoluzionari ti avvierai verso la via di casa, nella strada del ritorno riscoprirai i valori tradizionali, magari gli stessi che hai combattuto; scoprirai la ragione, la comprensione e la tolleranza. Ma per questo c’è tempo, come dice l’Ecclesiaste, c’è un tempo per demolire e un tempo per edificare.³² Il terzo chakra è il tempo dell’incendio che fertilizza la terra, il quarto chakra sarà il tempo dell’amore che semina. Il simbolo del Plesso Solare è essere il catalizzatore dell’energia dei raggi cosmici che li converte in energia individuale. Una specie di batteria a energia solare incorporata, che fornisce al sistema l’energia necessaria all’affermazione personale e all’imporre il rispetto dei propri confini al potere familiare e a quello sociale. Vuol dire che durante l’età in cui la Kundalini dispiega tutta la sua energia su questo stadio di sviluppo, cioè più o meno dai 21 ai 28 anni, si gettano le basi per la realizzazione dei progetti dell’Ego (avere un lavoro soddisfacente, una mogliettina o una fidanzatina giovane e carina, e la possibilità di “metter su casa” per poter sedere nel consiglio dei capifamiglia). Una persona “solare” cercherà la luce nella sua vita, non si distoglierà dal suo progetto, e sarà anche disposto a battersi per esso. La stima per la nobiltà del proprio progetto di vita è la base dell’auto-stima. Un uomo così non solo sarà stato capace di liberarsi dalla tutela delle leggi genitoriali, ma sarà anche stato in grado di darsi leggi proprie. Una Legge che non deriva dalla iva accettazione della sottomissione, ma dal continuo rapporto con l’unica Legge, che un uomo libero sente superiore alla sua: la Legge Perenne inscritta in ogni coscienza umana. Sentirsi responsabili, cioè obbligati a rispondere alle interrogazioni delle Leggi della Coscienza Universale, è il ponte dell’autonomia. Vivere secondo coscienza, vuol dire rispettare la parola data con un comportamento adeguato ed è il fondamento della personalità sociale. Il Senso collegato al Centro Solare è la vista. La comunicazione visiva trasmette subito al cervello tutte le informazioni possibili sugli elementi recepiti dall’esterno. Il cervello (ma sarebbe meglio dire la mente) assimila, seleziona, trasforma, elabora informazioni, un po’ come l’intestino fa con i cibi. Tanto la materia solida è cibo per il corpo, tanto l’informazione è cibo per la mente. Dal punto di vista bio-energetico è a livello di questo chakra che le forze emotive che si generano nelle viscere ricevono l’informazione per potersi dirigere efficacemente verso l’ambiente esterno e trasformarsi in sentimenti ed emozioni:
di amicizia, rancore, simpatia, antipatia, e così via. Vivere delle emozioni, apionarsi per qualcuno o qualcosa, avere un sogno da realizzare, ti fa sentire “protagonista” della scena del mondo e ti spinge a porti in relazione con quel qualcosa che ti apiona al meglio delle tue qualità e al massimo delle tue energie. Poi la vita, pian piano ti aiuterà a distinguere le allucinazioni dai sogni che puoi realizzare, ma adesso che sei un giovane uomo è tempo che tu sia consapevole dei tuoi punti-forza e dei tuoi talenti, per poterli investire al meglio. Niente falsa modestia, devi chiederti quanto vali e quanto vale per te ciò in cui credi, ti potrà aiutare a rispondere sapere che sei un figlio di questo mondo e che hai diritto a essere qui alla pari di tutti gli altri. Il tuo Albero della Vita, che finora è cresciuto sotto il manto protettivo del sottobosco, ora vuole svettare verso il sole, deve conquistarsi il suo spazio di luce, nella foresta. Essere ben cosciente del diritto di ogni uomo a conquistarsi un “posto” in questo mondo, è la base necessaria per poter utilizzare al meglio le proprie energie sul cammino del giovane albero verso la luce e l’aria. Il plesso è il misuratore dei confini, il tracciatore dei limiti. La foresta sembra una massa immensa ma ogni albero ha il proprio territorio che confina con il territorio degli altri. Nella foresta ultra millenaria del campo familiare è spuntato e si fa spazio un nuovo individuo. Anche lui ora ha il diritto di dire la sua. Il sole di questo Centro motiva la pulsione aggressiva che dà uno scopo e una continuazione a quella riproduttiva del Centro del Sesso. Il sole vuole brillare, l’albero vuole vivere, libero di essere se stesso e di agire secondo il proprio Sé. Questo Centro ben sviluppato dona saggezza perché consente di ascoltare le proprie emozioni e i suggerimenti del corpo, fornisce la giusta carica per intraprendere l’impresa auspicata e sviluppa l’accortezza necessaria per districarsi nelle situazioni difficili. L’energia aggressiva è possessiva e auto-affermativa, dovrà reggere i colpi della sofferenza dovuta agli insuccessi, e badare ai germi dell’invidia e della gelosia, che si trasformano in ira. Quando si soffre di scarsa autostima si tende a ipercaricare questo Centro, e allora l’aggressività si sfoga in ambizione sfrenata e sete di potere, fino a far diventare una persona prepotente e violenta. Oppure la scarsa autostima può indebolire l’energia aggressiva, che allora si diluirà nella timidezza eccessiva e nella paura di esporsi a rischi e a far valere i propri diritti. Normalmente la mancanza di autostima viene nascosta cercando di accumulare status symbol (onorificenze, titoli, posizioni di potere) e di acquisire beni o conquiste sessuali. Chi vive una sensazione d’impotenza è portato a perdere il controllo delle
proprie emozioni; la paura di non essere in grado di difendere i propri confini lo porterà a sviluppare un atteggiamento esageratamente reattivo. La sua vita può essere paralizzata da sterili giochi di potere e di controllo sugli altri, con lo scopo di diventare invadenti e perfino asfissianti. Sono persone che non sono riuscite a compiere la loro rivoluzione, ancora in cerca di essere benvoluti dagli altri, e vogliono raggiungere quest’obiettivo con le buone o con le cattive. Sono persone che non si amano e sono disposte a rovinare la vita degli altri pur di sentirsi minimamente importanti per qualcuno.
III – E guidaci nella tentazione
Nella versione corrente del Padrenostro si dice: non indurci in tentazione. Gente molto più istruita e competente di me, nutre seri dubbi che queste parole siano state realmente pronunciate da Gesù. Secondo loro - e anch’io concordo - se sei nel cammino di crescita sfuggire alla tentazione è impossibile. La tentazione fa parte della natura dell’uomo. Perfino Gesù si è lasciato tentare. Anzi è stato lo Spirito stesso (suo Padre) a portarlo nel deserto perché fosse esposto a una serie di tentazioni. Questo non vuol forse dire che le tentazioni sono necessarie? Chiedere al Padre di non indurci in tentazione è un nonsense, è il suo mestiere spingerci fuori di casa e farci andare nel mondo. Al Padre puoi chiedere che ti guidi nella tentazione, non che te la risparmi. Quello eventualmente lo puoi chiedere alla Madre! Un Padre saggio non evita al figlio le tentazioni; le tentazioni che il figlio incontra cercando di farsi un nome e una posizione nel mondo sono delle prove che serviranno a renderlo più forte. Il Padre sa che per crescere è necessario correre dei rischi, questo permette al giovane di conoscere le proprie potenzialità e di confrontarsi con i limiti. Evitare le tentazioni perché sbagliato o perché pericoloso, non serve a niente. Prima o poi ti beccano, e se non sei ben allenato finiscono col fregarti. Il Padre saggio non eviterà la prova al figlio né lo abbandonerà nella prova, ma si metterà al fianco del figlio e lo guiderà nella prova. Sa che la tentazione è pericolosa, va maneggiata con cura e attenzione, può scoppiarti in mano, incendiarti la mente e bruciarti la vita (in molti ci siamo andati vicino) ma come il fuoco, se maneggiato con cura, è sorgente di calore ed energia vitale. Il male esiste, è la scissione e la guerra; le energie maligne che esistono dentro e fuori di noi sono le energie che si oppongono all’equilibrio, alla pace e all’armonia. Ecco perché ti dicevo che non si deve chiedere al Signore di risparmiarci le tentazioni, ma soltanto di aiutarci a non affogarci dentro. Quando ti trovi di fronte a una prova da superare, vieni assalito da due tipi di tentazione. La prima punta sulla debolezza, e di fronte all’ostacolo ti tira indietro e ti vuole convincere di essere impotente. L’altra punta sulla forza e ti spinge in avanti, facendoti credere di essere onnipotente.
Per usare un linguaggio che andava di moda quando ero giovane, possiamo dire che i due tipi di tentazione sono uno di destra (l’onnipotenza e la ricchezza) e uno di sinistra (la miseria e l’impotenza), la tentazione di destra è la più pericolosa, secondo quanto dice il Salmo 91: a sinistra cadono in mille e a destra in diecimila. Sia nella mitologia di Israele che in quella del Cristo, dopo l’iniziazione dell’acqua (attraversamento del Mar Rosso/battesimo nel Giordano) viene l’iniziazione del fuoco del deserto. Liberarsi dalla famiglia vuol dire imparare ad arrangiarsi da soli. Il ragazzo che attraversa la grande acqua dell’adolescenza deve saper sopravvivere alla tentazione che nasce nella solitudine del suo deserto interiore. Dio sa quanta solitudine si patisce nella lotta per cercare di imparare a pensare con la propria testa e non con quella dei genitori, o dei preti, o dei professori o (Dio ci scampi) dei politici e dei giornalisti. In questa solitudine la tentazione ti mette alla prova: tornare indietro, fare come la volpe della favola che rinuncia a prendere il frutto della vita “perché tanto non ce la farò mai”, ti fa battere in ritirata e abbandonare la ricerca della tua autonomia, ti fa diventare una pecora del gregge, uno che pensa con al testa degli altri. Diventare un “conformista”, che terribile destino per un giovane. Per il popolo d’Israele che si è appena liberato dalle catene della schiavitù, la grande tentazione è ritornare in Egitto, nel paese dell’infanzia e della dipendenza, alla sicurezza dei tre pasti al giorno. Quando si sente solo e abbandonato il popolo sogna il ritorno alla schiavitù: «… quando sedevamo di fronte a pentole di carne, mangiando pane a sazietà».³³ Ti sembrerà un comportamento assurdo, poiché alla tua età il desiderio più grande è la libertà. E, in effetti, un uomo sano non tollera di dover dipendere da qualcosa o qualcuno. Eppure la paura dell’ignoto, l’incertezza dei rischi, fa rimanere tanti “uomini” attaccati alle gonne della mamma o al portafoglio di papà. Anche se non ne possono più delle loro prediche e dei loro buoni consigli, non riescono a trovare il coraggio di schiodarsi da casa, preferiscono non rischiare, restano rintanati al calduccio delle loro sicurezze, uno stato che li soffoca, ma che gli è familiare e che appare l’unica protezione dalle incognite del cambiamento. La tentazione di “sinistra” è regressiva (regredire è il contrario di aggredire, e vuol dire camminare all’indietro), ti fa aggrappare alle sicurezze e alle certezze, impedendo così la trasformazione e il rinnovamento. Resistere a questa
tentazione vuol dire avere il coraggio di affrontare la paura del nuovo e sforzarsi di procedere sulla via dello sviluppo, anche se non c’è una garanzia che l’impresa avrà successo. Il Maestro Gesù insegna che per intraprendere il cammino di cambiamento è necessario abbandonare tutto ciò che avevamo nell’infanzia e partire senza guardarsi indietro: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti», «Nessuno che dopo aver messo mano all’aratro volga indietro lo sguardo è buono per il regno di Dio»³⁴, significa che per diventare uomini realizzati è necessario sapersi separare dalle sicurezze infantili. Non è cosa facile, oggi molti ragazzi si staccano con grande difficoltà (o non si staccano affatto) dalla “casa” paterna (o materna se sono affidati alla madre), anche se questa convivenza blocca il loro sviluppo. Per poter avere il piatto di minestra che a il convento restano sottomessi all’autorità dei superiori, genitori, preti o funzionari statali che siano. Sono quei ragazzi sempre coperti e allineati, come soldatini di piombo, quelli che non dicono mai cosa pensano per paura di assumersi una responsabilità e non si ribellano per paura di pagarne le conseguenze. Sono i “bravi ragazzi”, bambini adattati e incazzosi. Pieni di rabbia e frustrazione ma che non si sognerebbero mai di mettersi contro l’ordine costituito, preferiscono continuare a vivere al riparo della sicurezza (asfissiante) della famiglia e delle convenzioni sociali. Non mi piacciono i giovani “perfettini e i pretini”, forse perché lo sono stato anch’io, e da quella volta ho sempre avuto problemi a sentirmi a mio agio con le persone “rispettabili”, i così detti “sani”. Ora preferisco la compagnia dei santi a quella dei benpensanti. Mi fido molto di più di uno che in gioventù si è giocato la vita (come san sco o Ignazio da Loyola), che è ato attraverso l’inferno e ne è uscito, che di uno che per paura di scottarsi le dita ha ato la gioventù negli oratori e nelle sacrestie, che si è sempre comportato bene e ha fatto sempre le cose giuste. Secondo me una persona così corre seri rischi di dar fuori di matto da vecchio. Infatti, sono sempre di più i vecchi cui parte l’embolo della trasgressione che vogliono essere liberi e fare tutto quello che non hanno fatto in gioventù; da giovani non sono stati capaci di ribellarsi ai genitori e da vecchi si ribellano ai loro figli. Mollano la famiglia per correre dietro a innamoramenti adolescenziali, e a quarantacinque anni scappano con il primo deficiente che gli fa battere il cuoricino raccontandogli la favola del principe azzurro o della principessa del
pisello. Li vedi attaccati al cellulare come ragazzini che ano le giornate a messaggiarsi: “T.V.T.B.”. È meglio che il cuore batta quando si è giovani, da adulti è il cervello che deve battere. La ribellione è insita nella natura curiosa dei giovani, che devono trasgredire le regole e abbattere gli steccati dei limiti imposti. Se è necessario farsi un giretto per il lato oscuro della strada per conoscere la vita, è meglio farlo da giovani che a quarant’anni. Si combinano meno casini e si evita di essere patetici. Sfuggire ai rischi della crescita è la tentazione dell’impotenza. I pensieri di essere un misero poverello, uno che non ha possibilità né risorse, che non è in grado di fare niente, una nullità che ha bisogno continuo di aiuto e assistenza perché da solo non è capace neanche di prepararsi il caffè: queste sono le tentazioni che ti aggrediscono sul fianco sinistro. Se non cadi nella tentazione della fuga all’indietro (nell’impotenza), affronterai la tentazione di destra, quella della fuga in avanti (nell’onnipotenza). A entrambe le tentazioni è stato sottoposto Gesù. Nell’Orto degli Ulivi fu sottoposto a quella della totale impotenza. E l’ha vinta. Nel deserto, invece, l’Ego provocò Gesù dicendogli: «Se sei figlio di Dio, di che queste pietre diventino pani». Poi lo portò sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: ai suoi angeli darà ordine per te, essi ti porteranno sulle mani affinché il tuo piede non abbia a inciampare su alcuna pietra». Poi, dopo averlo condotto su un monte elevato, in un istante gli mise davanti agli occhi tutti i regni della terra, dicendogli: «Ti darò tutte queste cose se, prostrandoti, mi adorerai».³⁵ Queste tentazioni riguardano i tre piani dell’essere: il piano materiale (cibo, sesso); il piano mentale (potere, ricchezze); il piano spirituale (la gloria e gli onori). Caro figlio, se scegli di andartene per il mondo e tentare le sorti, ti confronterai con queste tre tentazioni. Quando scoprirai che con il tuo lavoro riuscirai a trasformare le pietre in pane, ti sentirai potente e glorioso. Il lavoro e la ricerca del successo potrebbero diventare la tua droga, come lo sta diventando per milioni di uomini. Lavorare per vivere è giusto, ma vivere per lavorare è
sbagliato; come mangiare per vivere è giusto ma vivere per mangiare è sbagliato, così è giusto fare l’amore per vivere, ma non vivere per fare l’amore. Cadere in queste tentazioni significa vivere per avere, possedere per essere di più degli altri, per essere ammirati e invidiati. Nell’età che avrai ora che ti si è attivato il terzo chakra, queste sono tentazioni molto forti, le devi affrontare per diventare più forte di loro. Cadere in queste tentazioni vuol dire cadere nella dipendenza dei demoni della Gola, dell’Avidità e della Superbia, che si trascinano dietro tutti gli altri: quello dell’Ira, dell’Invidia e dell’Accidia. Se fallisci in questa prova puoi diventare schiavo di quella che ora si chiama civiltà dell’immagine, ma che sarebbe più giusto chiamare civiltà dell’apparenza: fondata sul potere dei soldi per ottenere prestigio e aver successo con gli amichetti del quartierino. Questa è chiamata anche la società della dipendenza. So che fai fatica a credermi, e che gli adulti non sono stati di buon esempio per te, ma ti assicuro che un giorno capirai che non vale la pena di vivere né per i soldi, ne per comandare, né per trombare. Tutte queste cose sono gradevoli e necessarie, prendine pure a piene mani, fanne una scorpacciata, ma imparerai che nessuna di queste cose in sé è sufficiente a dare la felicità. Essere ricchi, mangiare ostriche e bere champagne, trombarsi le top model è molto divertente. Ma quando viene il tempo del raccolto non conta quanti mietitori hai sul tuo libro paga, quello che conta è ciò che hai seminato, se hai seminato frumento o zizzania, cosa troverai immagazzinato nella tua Anima. Non a caso Gesù è molto severo con gli uomini che puntano il senso della vita sull’accumulo dei beni materiali e sulla ricerca del potere. Gesù spesso mette in guardia dai pericoli della ricchezza, per esempio nel Discorso della Montagna: «Non accumulatevi tesori sulla terra, dove il tarlo e la ruggine logorano e dove i ladri scassinano e rubano. Accumulate invece tesori nel cielo, dove né il tarlo né la ruggine logorano, e i ladri non scassinano e non rubano. Infatti là dov’è il tuo tesoro, ivi sarà anche il tuo cuore».³ Oppure, nella parabola del ricco stolto: «State attenti e guardatevi da ogni avarizia perché la vita di uno non dipende dai beni che possiede, sia pure nell’abbondanza».³⁷
E suo fratello Giacomo, nel caso non si fosse capito, rimarca: «Orsù ricchi, piangete gridando sulle tribolazioni che vi sovrastano. La vostra ricchezza è imputridita e i vostri vestiti sono rosi dalle tarme. Il vostro oro e l’argento sono arrugginiti, e la loro ruggine sarà una testimonianza contro di voi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni! Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre, e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte agli orecchi del Signore onnipotente. Sulla terra avete vissuto in mezzo a piaceri e delizie, e vi siete ingrassati per il giorno della strage. Avete condannato e ucciso il giusto, ed egli non vi ha opposto resistenza».³⁸ Gesù, comunque, di suo è abbastanza categorico: «È più facile che un cammello entri per la cruna di un ago, che un ricco nel regno dei cieli».³ Ho sentito dire che in Vaticano hanno in progetto di fondere un ago gigante, con una cruna larga come un Tir. Scoprirai che non la ricchezza, non il sesso né il possesso ti daranno la felicità. La felicità è nell’amore (volenti o nolenti è sempre lì che si cade). Amare per vivere e vivere per amare è l’unica possibilità di accedere al Regno degli Spiriti Felici. Per amare non servono né il potere né la gloria né la ricchezza, è sufficiente essere delle persone pulite, oneste con gli altri e sincere con se stesse. Lo so, lo so che alla tua età, questi ti sembrano discorsi cretini, vivi in una società e in una famiglia che considera importanti le apparenze, il denaro e l’affermazione sociale. Non sono brutte cose ed è giusto che un giovane provi a conquistarle. Cerca pure il prestigio con gli amici, il successo con i colleghi e con le ragazze, è giusto. È così che s’impara che queste cose non sono poi tanto importanti. C’è una terza possibilità di cadere nella tentazione, non riguarda la paura di ribellarsi o la brama di affermarsi, quanto la volontà di rimanere un eterno ribelle.
Quella di destra (l’onnipotenza) e di sinistra (l’impotenza) sono le due tentazioni classiche, ma sembra che negli ultimi secoli se ne sia aggiunta una terza, che potremmo chiamare di Centro: la dipendenza. Le prime due riguardano il Percorso dell’Eroe, questa il percorso “degli eroini”: ragazzi che non riuscendo ad accettare di confrontarsi né con la potenza né con l’impotenza, semplicemente non s’iscrivono alla gara. Non accettano di essere sottoposti all’autorità dei genitori, si ribellano e lottano per divincolarsi dalla loro morsa, ma non vogliono assumersi nessuna responsabilità del vivere adulto. Sono ragazzi che non ce l’hanno fatta a divenire come si aspettavano i loro genitori, ma che non hanno osato cercare di diventare nient’altro. Ragazzi che non se la sono sentita di scegliere da che parte stare e hanno finito col seppellire i loro talenti.⁴ Non diventando come volevano i loro genitori, non sono diventati niente, però continuano a rompere i “cabasisi” a tutti: familiari, operatori, psicoterapeuti, operatori e assistenti sociali. Tutti li devono aiutare e loro non c’entrano niente. Io ti amo molto, ma sono un padre e il mio amore non è incondizionato e quindi ti dico, a scanso di equivoci, che farei fatica ad accettarti se mi diventassi come uno di questi: un eterno scontento, uno che si lamenta di tutto, ma non fa niente per cambiare. Un arrogante e prepotente che però è un povero bambino bisognoso, uno che si crede Dio e in realtà a la vita con la testa dentro il water. Poveri miserabili, lagnosi e inconsistenti, questo forse è il fallimento peggiore. Lo Spirito che ti trascina nelle tentazioni vuole insegnarti a non cedere agli estremismi, a non farti fregare dalla paura, né dall’incoscienza, né dalla dipendenza. Cadere nella Tentazione vuol dire spezzare la dialettica dell’evoluzione della vita che si gioca sulla responsabilità di fare delle scelte, prima di tutto la scelta di vivere, e poi tra il vivere sicuramente e il vivere pericolosamente. Io do per scontato che la scelta sia di vivere, quella di nonvivere non è una scelta, ma una malattia. Detto questo, per me è scemo sia chi per paura si astiene dal provare l’ebbrezza delle tentazioni sia colui che ci si affoga dentro. Ma l’ebbrezza delle tentazioni è il sale della vita e quindi la cosa migliore è cercare una sintesi, una specie di ebbrezza sobria. Riesce a superare la prova chi sa percorrere la via di mezzo, evitando gli eccessi di una parte o dell’altra e puntando su una costante integrazione degli opposti (onnipotenza/impotenza), così che dalla danza delle tentazioni cresca la coscienza della vita (la potenza).
4. Centro del Cuore – Anahata chakra
È il Centro del suono interno. Si trova nella regione cardiaca, sopra il diaframma. La sua attivazione presiede al ciclo esistenziale che va dai tuoi 28 ai 35 anni. A questa età avrai più o meno risolto i tuoi bisogni di sopravvivenza e di affermazione. Avrai un lavoro e una casa tua, ti sarai lasciato alle spalle i deliri delle ioni e degli innamoramenti. Sei entrato nella vita adulta e hai conosciuto l’Amore. La vibrazione dell’amore è il suono interno di questo chakra. Il cuore è molto più di una semplice pompa che invia il sangue in tutto il corpo, gli uomini hanno sempre identificato nel cuore il centro dei sentimenti. Infatti un seduttore a cui è andata buca si lamenterà di avere una ferita al cuore, non che gli fa male la milza. Il centro del cuore quindi è il Centro dell’amore e delle relazioni affettive, della maturazione sentimentale e dell’equilibrio emotivo. L’organo di senso rapportato al Centro energetico del Cuore è la pelle, il senso è il tatto. La pelle è il confine che divide e unisce ciò che è dentro con ciò che sta fuori, attraverso la pelle il tuo mondo interiore si relaziona e dialoga con quello esteriore. Se il cuore funziona bene tutte le dualità che governano l’Ego vengono a trovarsi in equilibrio: cielo e terra, spirito e materia, energia maschile (yang) e femminile (yin), mentale e fisica, gli istinti e le ragioni. Ogni coppia di contrari può trovare in questo luogo la sua conciliazione, la “giusta” misura. L’elemento di questo chakra è Aria, la sostanza che attraverso il respiro, permette l’interscambio tra l’individuo e il cosmo. I sistemi vitali sostenuti dal centro del cuore sono il sistema circolatorio e respiratorio, che attraverso il movimento dell’apertura (portare dentro, avvicinarsi) e della chiusura (portare fuori, allontanarsi) regolano il ritmo della vita nel tuo corpo come in quello dell’Universo. Il cuore, attraverso il sistema circolatorio, distribuisce a tutto l’organismo il sangue che è stato ripulito dall’anidride carbonica e arricchito di ossigeno mediante la respirazione. Il ritmo vitale è scandito dall’alternarsi delle sistoli, forze centrifughe che
inviano il sangue al corpo, e delle diastoli, forze centripete che riportano il sangue al cuore. I due movimenti complementari, attivo e ivo, si ripetono in continuazione ciclo dopo ciclo, come l’eterno susseguirsi delle nascite e delle rinascite, e devono essere in perfetto equilibrio perché l’individuo viva sano. Il cuore è il centro dell’intero sistema energetico dei chakra; è il ponte tra i bisogni del corpo e le ioni della mente. Raccorda i tre centri “inferiori”, strettamente legati alla mente della materia (possedere e usare) e i tre superiori, che sono correlati ai mondi spirituali (amare e contemplare). Il Centro del Cuore raccorda anche l’energia fisica ed emotiva della Madre Terra e l’energia mentale e spirituale del Padre Cielo. È per mezzo della frequenza armonica di questo chakra che sei in grado di entrare in empatia con tutto ciò che esiste e di coglierne la bellezza e l'armonia. «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio⁴¹». Se il tuo cuore è puro (innocente, innocuo) puoi accedere alla visione (sesto chakra) e all’esperienza (settimo chakra) dell’amore incondizionato. Il cuore puro è un cuore depurato dalle ioni dell’Ego: usare, possedere, sfruttare. Il male non è pericoloso finché rimane un pensiero che vaga nella mente, ma se questo pensiero accende un’emozione, un desiderio, allora scende nel cuore e lo occupa. «L’uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, mentre l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae cose cattive⁴²». Il pensiero “buono” tira fuori dal cuore cose buone: gentilezza, devozione, amore, sentimenti pacifici, non-attaccamento alle cose materiali. Il pensiero “cattivo” trae dal cuore cose malvagie, che lo appesantiscono il cuore e lo fanno precipitare in un’oscurità sempre più profonda e pesante. Se l’uomo s’intrattiene troppo a lungo con i pensieri negativi e lascia che scendano nel cuore e si trasformino in desideri, allora gli stessi pensieri assumono una carica affettiva, divengono forme-pensiero, cariche energetiche che dal cuore s’irraggiano nello spazio, e da qui richiamano energie a loro affini, positive o negative, che avranno l’effetto di elevare il cuore verso il cielo o di gettarlo in un’oscura prigione di sofferenza. Se desideri purificare il cuore dalle energie negative, è importante che tu faccia attenzione alle forme-pensiero che nascono dal connubio della tua mente e del tuo cuore. Possibilmente evita di giocare troppo con le immaginazioni impure, impara a tenere a freno le tue emozioni e i tuoi pensieri, affinché le ioni non ti strappino il timone di mano
e non ti trascinino a fondo⁴³. Se la tua energia rifluisce nei chakra inferiori, anche la tua identità cosciente (l’Ego) viene spinta fino ai centri inferiori della colonna vertebrale, attratta in basso, verso stati di coscienza inferiori. Al contrario, quando il cuore è “leggero”, l’energia ascende facilmente fino ai centri più alti della gola, della fronte e della testa. Se desideri la tua vera felicità faresti bene ad esercitarti a elevare i sentimenti e l’energia del tuo cuore, a portarli in “alto”, verso quel regno di Dio che, come ha detto il Maestro Gesù è “dentro” di te. Il colore simbolo del chakra del cuore è il verde, che è il colore della quiete, dell’equilibrio e della serenità. È anche il colore della rinascita della natura, dell’erba e delle foglie, quando i campi si riempiono di germogli e il cuore respira. Il segno del nuovo inizio della vita, dopo il deserto invernale. Nel santuario del cuore si celebrano i riti d’iniziazione, che sono riti di rinascita e fertilità. La prima religione della terra, non è una religione di morte ma di vita. Per la vita la morte non esiste, esiste solo la rinascita. Come dice Matteo riferendosi a Dio: «Non è il Dio dei morti ma dei vivi».⁴⁴ Secondo alcune teorie è in questo chakra che risiede il vero Io, l’Anima personale. Lo sviluppo dell’Anima inizia ora che sei in grado di comprendere che non basta vivere solo per la realizzazione e l’affermazione personale e senti il bisogno di “fare qualcosa” per questo mondo. Ricordati l’insegnamento che dice: «È meglio dare che ricevere!».⁴⁵ Sta calmo, lo so cosa stai pensando, con questa cosa del dare ci hanno marciato tutti i potenti del mondo e approfittando della generosa credulità popolare quei furbacchioni si sono riempiti i forzieri d’oro, gemme e argento. Hai perfettamente ragione, ma questo non toglie che l’insegnamento rimanga vero. Quando doni qualcosa dal profondo del cuore, il tuo flusso energetico si rivolge all’esterno e il tuo Sé si espande. Andare incontro al prossimo ti porta beatitudine perché espande la tua coscienza, fino a includere nel tuo concetto di gioia anche quella degli altri. Quando invece ti tieni stretto al tuo Ego, quando rinchiudi il tuo cuore nella sua prigione, diventi infelice, sospettoso, pauroso e meschino, perché restringi la tua identità al puro ego-centrismo, causa di ogni sofferenza.
Le funzioni principali del Centro del Cuore sono collegate all’accettazione, all’equilibrio e alla capacità di dare e ricevere amore. Quest’Amore⁴ è diverso dalla ione degli innamoramenti del secondo chakra, e dai bisogni di affermazione del terzo, è un sentimento di amore senza egoismo, caratterizzato da generosità e comprensione, pazienza ed equilibrio mentale, un amore che trascende i confini dell’Ego e ti connette con la tua Anima superiore. Più il Centro del Cuore si apre e si sviluppa e più si affermeranno in te le qualità dell’Amore; dall’amore per la tua famiglia e i tuoi parenti, all’amore per gli amici e i conoscenti, fino all’amore per il prossimo sconosciuto nel quale puoi riconoscere comunque l’espressione della bellezza cosmica. Se proprio vuoi diventare “santo” potrai coltivare e sviluppare i valori spirituali: comione, equanimità, gentilezza e perdono. L’amore diverrà sempre più includente e incondizionato, fino a estendersi anche ai tuoi “nemici”. Te ne accorgerai quando ti scoprirai a guardarli con amore e a percepire sotto le corazze e le maschere del “male” anche la scintilla di luce e di armonia, che è comunque sempre presente in tutti gli esseri umani. Grazie all’impiego di una logica più elevata, una logica secondo il Logos e non secondo l’Ego, la tua vita può sollevarsi al di sopra dei conflitti delle tempeste ionali ed emotive, e può iniziare a riflettere sulla reale natura del desiderio: l’attaccamento. Scoprirai l’inutilità delle rivalità che spingono a competere per la ricerca del potere, che nascono sempre da un senso d’inferiorità. Tutti i bisogni inestinguibili della brama di possesso portano con sé delusione e sofferenza. Troverai futili gli sbattimenti dell’interminabile ricerca del piacere e della soddisfazione di questi bisogni. Scoprirai che gli unici modi di placarli sono la cooperazione, la solidarietà e la tolleranza. Amare. Un malfunzionamento in questo chakra può portarti a covare sentimenti di odio e rancore, freddezza, indifferenza e insensibilità nei confronti degli altri; il tuo amore sarà concesso solo in funzione dei riconoscimenti e della gratitudine che chi “ami” può darti in cambio. Questo tipo di amore si chiama “amore di scambio” ed è quello che pratica abitualmente l’Ego, amore in cambio di benessere, protezione, riconoscimento, adorazione, ubbidienza, conferma, accudimento, riconoscenza e quant’altro sia in vendita nel mercato dell’amore. In questo mercato l’altro non è percepito come una presenza positiva con cui poter cooperare, piuttosto come uno straniero, un venditore o un cliente, potenzialmente ostile, da “controllare” a vista, caso mai volesse fregarti. È una vitaccia.
Potresti anche tu, come tanti italiani che hanno ricevuto un’educazione rigida e moralista (Gesù direbbe farisaica e ipocrita) aver la tentazione di sostituire il sentimento dell’Amore, che è sempre una libera scelta, con il dovere di amare. Ti avverto che non funziona. In amore solo ciò che si fa liberamente (per amore, solo per amore) produce piacere e gratificazione, ciò che si fa per dovere produce solo frustrazione e risentimento. Figlio mio, presta attenzione a tutti quelli che fanno il bene “perché si deve”, perché così gli hanno insegnato, guardati alle spalle, anzi mantieni bene le spalle contro un muro, i “buoni” hanno la tendenza a mettertelo in quel posto se non corrispondi alle loro aspettative. Gesù stesso, che la sapeva lunga, si rifiutava di definirsi “buono”: «Perché m’interroghi intorno al buono? Uno solo è buono (Dio)».⁴⁷ Il “far cose buone” procura ai “benpensanti” una soddisfazione di tipo mentale, e spesso la loro tendenza nei confronti delle persone cui fanno del “bene” o che “aiutano” è più di possederle con i loro ricatti morali che di lasciarle libere di vivere secondo la propria Anima. Gesù attaccava queste persone (i preti, i dottori, i benpensanti del suo tempo) screditandoli, mettendo in ridicolo le loro “buone” usanze, li accusava di tener conto solo del loro apparire buoni e perfetti e di onorare Dio con le labbra, ma con i cuori chiusi e lontani dalla Sua volontà.⁴⁸ I preti, i dottori della chiesa, i bravi credenti gli facevano proprio girare le balle, lo mandavano fuori dai gangheri, li chiamava: «Ipocriti, figli della Geenna, stolti e ciechi, sepolcri imbiancati, serpenti, razza di vipere».⁴ Alla loro compagnia Gesù preferiva quella dei ladri, degli imbroglioni, delle puttane. La faccenda sta così, tutto il resto è solo letteratura. Se qualcuno dice di amarti o di volere il tuo bene stai in guardia, forse vuole controllarti o incastrarti, molto spesso è uno (o una) che ti vuole possedere. Questa persona non vuole avere con te un rapporto d’amore, ma di dipendenza. Con lei non riuscirai a superare il senso di scissione e di dualismo e non arriverai mai a percepire la possibilità di un’unione spirituale. Queste persone hanno un senso alterato di autostima, se non riescono ad amare liberamente è perché non si considerano amabili. La caratteristica fondamentale dell’amore del cuore è lasciar libero chi si ama. Il tuo Centro del Cuore funziona bene quando raggiunge un armonico equilibrio tra l’amore per te stesso e l’amore per il tuo prossimo, infatti è stato detto: «Ama te stesso e il prossimo tuo nella stessa maniera».⁵
Non è stato detto di amarlo di più o di meno. Il cuore ha una mente, Omero la chiamava “la mente del petto”, e se impari ad ascoltare le ragioni del cuore di cui parlava Pascal⁵¹, puoi entrare nella Ruah, il Soffio di Dio (ricordati che l’elemento di questo chakra è l’Aria). Il Respiro Divino t’innalzerà sopra il mondo delle emozioni e delle ioni. Il cuore puro è leggero come la piuma di Maat, dea egizia dell’equilibrio, e ti porta a riappacificarti con la terra da cui sei nato (Centro Radice), a uscire da questa terra e ad attraversare l’acqua (Centro delle Viscere), ad affrontare i demoni di fuoco del deserto (Centro del Plesso), senza cedere alle loro lusinghe e minacce, e finalmente a raggiungere la Terra Promessa (Centro del Cuore). Il Cuore Puro è la Pietra Filosofale che ha il potere di trasmutare il piombo (la “materia” pesante) in oro (la “materia” di luce), ha il potere di trasmutare le energie inferiori e grossolane in energia spirituale e di liberare l’Anima dai debiti contratti dall’Ego. Per centrare la tua vita nel Tao del Cuore devi aderire alla moratoria universale dei debiti: padre perdonaci perché non sappiamo quel che facciamo. Allora puoi abitare nella terra di latte e miele, la Terra Promessa. Con l’iniziazione del cuore inizia il processo d’individuazione, che gli altri aggi hanno preparato. A questo punto della mistica risalita sei giunto al cuore del Padre Nostro, al centro della vita psichica e spirituale dove si celebra il perdono.
IV – E rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori
Sei “grande”, hai conquistato la tua libertà, conosci l’amore adulto e ti sei guadagnato il rispetto del mondo. Avrai lottato e sgomitato. Per difendere il tuo territorio forse avrai invaso il territorio di qualcun altro, per affermare i tuoi diritti probabilmente avrai calpestato quelli di qualcun altro. Per affermare il tuo Ego avrai forse umiliato quello altrui. Come si dice: “le avrai date e le avrai prese”. Occhio per occhio dente per dente è la legge del branco e la vendetta è la sua giustizia. Ma proprio ora il tuo Fratello Celeste viene a dirti che se vuoi che ti siano condonati tutti i tuoi debiti (o cancellati i tuoi errori), in pratica se vuoi liberarti dai sensi di colpa e conquistare la pace interiore, devi anche tu
condonare i debiti (o dimenticare gli errori) di chi ti ha ostacolato, ferito, umiliato. Lo so, è una fregatura, ma purtroppo posso confermarti che funziona proprio così: se vuoi la pace devi darla, se vuoi il perdono devi darlo. A questo proposito voglio raccontarti una storia. Non so se lo sai, mio nonno, cioè il tuo bisnonno era un “sovversivo”. Di mestiere faceva lo “chauffeur” di piazza, sembra che fra un servizio e l’altro, accompagnasse oltre frontiera chi doveva scappare dall’Italia e rifugiarsi all’estero. Ci fu una spiata e venne arrestato, finì in galera e poi al confino ( a questo punto dovresti aver masticato un po’ di storia moderna e saprai cos’era il confino). Liberato, morì in seguito agli stenti e ai maltrattamenti lasciando la tua bisnonna vedova con cinque figli e senza un soldo. Quando cambiò il regime (i regimi cambiano sempre, sono gli uomini che non cambiano mai) lo spione venne preso dagli amici del tuo bisnonno e portato, con i pugnali alla gola, di fronte alla sua vedova, perché decidesse cosa farne. Lei lo guardò e poi girò le spalle dicendo: «Lasciate stare, niente potrà darmi indietro il mio Nino». E tornò a “battere il mastello” (per mantenere la famiglia faceva la lavandaia). Quando, da bambino, tua nonna mi raccontava questa storia, di come avesse dovuto assistere all’arresto e alla deportazione del suo papà, di come sua madre, nonostante gli immensi patimenti, non avesse voluto vendicarsi, io inorridivo: «Ma come? Non è giusto!». La mia famiglia aveva dovuto subire umiliazioni e miseria per colpa di un infame, mia madre era rimasta traumatizzata da bambina e io ne subivo ancora le conseguenze, tutto per colpa di una spia che girava libera e tronfia per il quartiere? No, non era giusto. Da grande, in nome della giustizia, avrei preso in mano la bandiera di mio nonno e della vendetta. Furono anni di scontri e conflitti, i nipotini di quell’antico trauma che fu la guerra civile del ’43 si affrontavano nelle strade, si rispondeva alle aggressioni con spedizioni punitive che chiamavano altre vendette. Vivevamo nell’odio, e per quanto mi riguarda nella paura, per fortuna sono sempre stato un “cagasotto” e non ho mai partecipato alla violenza, ma ne condividevo l’ideologia. Un giorno, tanti anni dopo, ho conosciuto la figlia di una persona che apparteneva alla parte avversa a quella di mio nonno, anche il suo papà era stato catturato davanti ai suoi occhi di bimba (come era capitato a mia mamma), fu costretto a sfilare per il paese con un cartello al collo e morì anche lui in seguito ai maltrattamenti e all’umiliazione, o forse era stato ucciso, non ricordo. Comunque per sua figlia non c’è più stato. Lei odiava ancora i suoi aguzzini, mentre io, in cuor mio, pensavo che suo padre doveva esserselo meritato, chissà cosa aveva combinato quando i suoi erano al potere. Poi, con gli occhi della
mente, ho visto quella bambina e il suo dolore, ho visto che era identico a quello di mia mamma e ho pensato: «Che strano». In seguito ho capito che le vittime sono tutte uguali, il loro dolore è identico. Le vittime di una fazione o dell’altra, per i loro figli, sono uguali. Tutti travolti dallo stesso vento di sciagura e desolazione. Alla fine le vittime sono sempre i bambini, gli Innocenti. Credo che così sia iniziata la mia conversione. Non ho più voluto credere che il sangue lava il sangue, ma che sangue chiama altro sangue, che non se ne va mai fuori dalla legge della faida. Ho smesso di pensare alla politica e sono andato in Comunità, a scuola dai tossici. Tutti loro avevano storie simili, si sentivano dei perseguitati e avevano un colpevole da odiare, e i loro genitori lo stesso: tutti accusavano qualcuno, ma io vedevo solo vittime. Tutti hanno una buona ragione per odiare qualcun altro, in nome della giustizia di Dio hanno qualcuno da maledire. Oggi (il tuo oggi) tutti sapranno che la riconciliazione è una questione di sopravvivenza. Senza il perdono reciproco questo mondo non avrà futuro.⁵² Albert Einstein, dopo lo scoppio dell’atomica, disse: «Non so come si combatterà la terza guerra mondiale, ma so per certo come si combatterà la quarta: con pietre e bastoni». Quando il Mahatma⁵³ Gandhi seppe del massacro di Hiroscima rimase paralizzato, non mosse un muscolo, ma pensò tra sé e sé: «A meno che il mondo adotti ora la non violenza, ciò significherà certamente il suicidio dell’umanità». Proprio il Mahatma Gandhi portò, nel secolo scorso, la pratica spirituale e politica della riconciliazione e della non-violenza alla sua massima espressione. Dall’epoca di quei grandi obiettori di coscienza che furono i primissimi cristiani, il concetto dell’Ahimsa⁵⁴ (non violenza) non aveva mai avuto una formulazione così precisa, né un’applicazione di massa così risoluta e coraggiosa quali ebbe in sud Africa e India su impulso del Mahatma Gandhi. Quest’uomo di cui Einstein diceva: «Le generazioni venture stenteranno forse a credere che una simile creatura in carne ed ossa abbia mai camminato su questa terra». Dato che ora ti voglio parlare del perdono e della riconciliazione, che sono pratiche non-violente, voglio raccontarti di questo grande uomo che ha illuminato con la sua determinazione e dedizione il secolo scorso. La sua vita è stata, ed è ancora, una dimostrazione del potere dell’amore sull’odio e l’egoismo. La sua politica era basata sul rifiuto di usare mezzi violenti di lotta, e si è concretizzata nella formulazione del Satyagraha.⁵⁵ In cosa consiste in pratica? Nel fatto che di fronte ad un sopruso, un attacco, un’offesa, il satyagrahi, cioè chi aderisce a questa dottrina, deve prima di tutto cercare di
convincere l’aggressore dell’ingiustizia del suo comportamento e correggerlo; se, come quasi sempre accade, questo tentativo fallisce, il satyagrahi deve rifiutare di obbedire al prepotente e accettare le conseguenze della propria pacifica ribellione. Al praticante del satyagraha non importa vincere, ma convincere, in una disputa; non gli importa stabilire chi ha ragione o torto, ma cercare la verità. In questa ricerca della verità il praticante è disposto a mettere in secondo piano il proprio Ego e a controllarne le manifestazioni di orgoglio e le pulsioni di vendetta. Perfino la coerenza con i propri principi è subordinata alla ricerca della verità. Chi cerca la verità deve umilmente essere disposto ad accogliere il punto di vista anche dell’oppressore, e disposto anche a cambiare la propria opinione. «Non mi sono mai fatto un feticcio della coerenza», scrive Gandhi, «Sono un seguace della verità e devo dire ciò che sento e che penso in un dato momento su un problema, senza preoccuparmi di ciò che posso avere detto prima». Anche tuo padre, nella sua personale, piccola ricerca della verità, si è trovato a non essere più d’accordo con idee che prima credeva essere la verità. Ho capito che la coerenza può essere una maschera della caparbietà e dell’ostinazione. La coerenza spesso può mascherare la volontà di imporsi a qualsiasi costo e con qualsiasi mezzo per ottenere la vittoria sull’altro. Ho capito che è pericoloso voler rimanere, in ogni caso, coerenti con le proprie idee e opinioni, che è meglio essere flessibili e congruenti con la verità che si scopre man mano che la ricerca procede. Il Mahatma Gandhi era convinto che una pace duratura non potesse mai essere realizzata usando mezzi illeciti (la menzogna e la violenza), cioè tutti i mezzi che calpestano la dignità di un essere umano, fosse anche il “nemico”. Nella via della ricerca della Verità i mezzi usati determinano i risultati che si raggiungono: raccogliamo esattamente ciò che seminiamo. Se semini vento raccogli tempesta. Solo la non-violenza può fondare un mondo di uomini di buona volontà che seguono la Legge Morale Universale, la Regola Aurea: “Non fare agli altri quello che non vuoi che gli altri facciano a te”. Questa Legge, immutabile e incondizionata, vale per tutti gli uomini, senza differenza di età, di sesso, di razza, di lingua, di religione, di colore della pelle,
di convinzione politica, di cultura, orientamento sessuale e origine sociale. Molti credono che questo sia il comandamento essenziale del cristianesimo, ed è vero, eppure non appartiene solo alla tradizione cristiana, ma anche alla Sanaatan Dharma, la Religione Eterna, è la Verità Universale riconosciuta da tutte le principali tradizioni spirituali e sapienziali dell’umanità, che da sempre sono alla ricerca di un modo di vivere pacifico e felice. Ogni religione insegna alle persone a essere oneste, sincere, gentili e comionevoli. Nessuna religione insegna l’egoismo o l’avidità o ad imbrogliare il prossimo. Le virtù fondamentali sono quasi sempre identiche ovunque, e in tutte le religioni sta scritto:
Induismo “Ecco la somma della vera onestà: tratta gli altri come vorresti essere trattato tu stesso. Non fare al tuo vicino ciò che non vorresti che egli poi rife a te” (Mahabarata). “Non ci si dovrebbe comportare con gli altri in un modo che sarebbe sgradevole a noi stessi; questa è l’essenza della morale” (Mahabharata).
Buddismo
“Uno stato che non è gradevole o piacevole per me, non deve esserlo neppure per lui, e uno stato che non è gradevole o piacevole per me, come posso io pretenderlo per un altro?” ( Samyutta Nikaya). “Tutti tremano al castigo, tutti temono la morte, tutti hanno cara la vita: mettendoti al posto degli altri, non uccidere, né fa uccidere” (Dhammapada). “Non ferire gli altri in modi dai quali anche tu ti sentiresti ferito” (Udana-Varga).
Confucianesimo “Chi ha il senso della lealtà e della reciprocità non è lontano dal giungere alla Via: ciò che non vuole sia fatto a sé non fa agli altri” (Chung-Yung). “La mia dottrina è semplice, e il suo significato è facile da penetrare. Essa consiste nell’amare il prossimo come se stessi” ( Lun-yü). “Dominare se stessi quanto è necessario per onorare gli altri come se stessi e comportarsi con loro come vogliamo che gli altri si comportino con noi: ecco quel che si può chiamare dottrina della virtù dell’umanità. Non c'è nulla di più elevato” (Lun-yü). “Nel comandare al popolo comportati come se offrissi il grande sacrificio; ciò che non vuoi sia fatto a te non fare agli altri” (Lun-yü). “Tzu-kung domandò: «Vi è una parola su cui si possa basare la condotta di tutta la vita?», «Essa è Shu, reciprocità» rispose Confucio, «Ciò che non vuoi sia fatto a te non fare agli altri» (Confucio, Lun-yü).
Taoismo “L’uomo buono deve compatire le cattive tendenze degli altri; rallegrarsi della loro eccellenza; aiutarli se sono in distretta; considerare i loro successi come i suoi propri e così i loro insuccessi” (Thai-Shang).
Giainismo “L’uomo dovrebbe comportarsi con indifferenza nei confronti di tutte le realtà mondane e trattare tutte le creature del mondo come egli stesso vorrebbe essere trattato” (Sutrakritanga).
Zoroastrismo “Buona soltanto quella natura che non fa agli altri ciò che non è buono per lei” (Dadistan-i-Dinik).
Ebraismo “Non vendicarti né serbare rancore verso i figli del tuo popolo. Bensì ama il tuo prossimo come te stesso” (Levitico 19,18). “Quello che a te non piace, non lo fare a nessuno” (Tobia, 4,15). “Non fare agli altri quello che non vuoi che essi facciano a te” (Rabbi Hillel). Una volta un pagano disse: «Convertimi, a condizione di imparare tutta la Torah nel tempo in cui si può stare ritti su di un solo piede». Hillel lo convertì dicendogli: «Ciò che a te non piace non farlo al tuo prossimo! Questa è tutta la Torah, il resto è commento; va' e studia».
Cristianesimo “Pertanto tutte le cose che volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatele a essi. Questa infatti è la legge e i profeti” (Mt 7,12;). “Amerai il Signore Dio tuo, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente. Questo è il più grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a questo: amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono poi tutta la legge e i profeti” (Mt 22, 39). “E come volete che gli uomini facciano a voi, così voi fate a loro” (Lc 6,31). “Tutta la legge infatti si compie in un solo precetto: amerai il tuo prossimo come te stesso” (Paolo ai Galati 5,14). “Infatti: non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non concupire, e qualsiasi altro comandamento si riassume in quest’unica massima: ama il prossimo tuo come te stesso” (Paolo ai Romani 13,9).
Stoicismo “Tratta l’inferiore come vorresti essere trattato dal tuo superiore” (Seneca). “Il bene maggiore è operare secondo la legge della propria ragione. Ma questa legge ti comanda incessantemente di fare il bene degli altri, come il massimo bene per te stesso” (Marco Aurelio).
Islam “Nessuno di voi è un credente fino a quando non desidera per suo fratello quello che desidera per se stesso” (Hadith del Profeta Muhammad).
Baha'i
“Benedetto chi a sé preferisce il fratello” (Tavole di Bahà'u'llàh).
Bello, vero? Poi resta il mistero di come, in nome delle loro religioni, gli uomini abbiano compiuto e ancora compiano massacri terrificanti. E tutti sono convinti che Dio stia dalla loro parte, quando vanno ad ammazzare il prossimo o ad ammazzare se stessi, gridano “Gott mit Uns” (Dio è con noi), addirittura per giustificare quelle spaventose carneficine che furono le crociate, quel debosciato di Pietro l’Eremita gridava: “Dieu el volt” (Dio lo vuole)…ma va dar via ‘e ciapp! Il Mahatma Gandhi è venuto a invitarci a praticare l’Ecumenismo Cosmico, preludio necessario a un umanismo cosmico. La sua lezione può essere utile anche a te: se rispetti il Dio degli altri rispetti anche loro, e in qualche maniera rispetti di più anche il tuo Dio e quindi te stesso. Ascolta il maestro baba Gandhi, questo è il suo credo, l’unico su cui si può basare qualsiasi programma di riconciliazione e perdono. A me piace: «Credo nella fondamentale verità di tutte le grandi religioni del mondo. Credo che tutte siano state date da Dio e che siano state necessarie al popolo al quale furono rivelate. Credo che, se tutti noi potessimo leggere i libri sacri delle diverse fedi dal punto di vista dei loro rispettivi seguaci, scopriremmo che in fondo sono tutte uguali e si aiutano reciprocamente». Viktor Frankl, il grande maestro della Logoterapia, analogamente diceva: «Tutte le religioni si equivalgono, sono come le lingue, ognuna può essere usata per mentire e per dire la verità. Nessuno può osare pensare che la sua lingua sia “più vera” delle altre. Ognuna è una mappa, una guida ai pensieri e ai comportamenti, data a ognuno affinché si orienti nella propria ricerca del divino». Sono tante vie (più o meno otto) per giungere alla medesima meta. Ogni via è solo una via, quello che conta è che abbia un cuore, diceva don Juan (il medicine-man yaqui di Carlos Castaneda). Spremendo la quinta essenza del messaggio originario di ogni tradizione spirituale si arriva al cuore, al nocciolo del nucleo radiante di ognuna, e si scopre
che tutte sono accomunate nel minimo comune denominatore dell’aspirazione di tutti (buoni e cattivi) alla Pace di Dio: salute, prosperità e amore. Quello che ne hanno fatto i grandi sacerdoti, gli scribi e i farisei di tutte le tradizioni è tutto un altro paio di maniche. Ma è anche tutta roba nostra, del nostro Ego, non certo di un Dio – o in qualunque modo lo si voglia chiamare - che le ha ispirate. Il punto è che tutti sono d’accordo sul fatto che per vivere in pace sia necessario amare il prossimo come se stessi, ma nessuno sa come si faccia ad amare se stessi. E qui infatti casca l’asino: nessuno ti spiega come imparare ad amarti. Gli studi dei medici e degli psicologi, per non parlare delle sacrestie, sono affollati da gente che si odia e a la vita a farsi del male, e tutto per nulla, ma solamente perché credono di essere cattivi e bisognosi di espiazione, col ferro, col fuoco o con la corda... purché la si faccia finita. La brama di espiazione e di sacrificio è come una droga, come si può aiutarci a smettere? Proviamo a invertire il ragionamento: Gesù infatti non insegna come fare ad amare, spiega come amare il prossimo. Gesù era una vecchia volpe, maestro del rovesciamento, e in un famoso dialogo con Pietro, mentre spiega come si faccia ad amare il prossimo, dà il suo più importante insegnamento sull’Amore. Pietro chiede al maestro: «Signore, se un mio fratello pecca contro di me, quante volte gli dovrò perdonare? Fino a sette volte?». Gesù gli risponde: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette».⁵ Allora amare il prossimo vuol dire perdonarlo quattrocentonovanta volte, cioè sempre, ecco risolto il problema: amare te stesso vuol dire perdonarti sempre e comunque. Amarsi vuol dire essere clementi, comionevoli, tolleranti con se stessi e con il prossimo. Resta un altro problema: chi è il tuo prossimo? Un dottore della legge (un teologo, si direbbe oggi), pose la stessa domanda al Maestro, e Gesù rispose: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e s’imbatté nei ladri, i quali, spogliatolo e ricopertolo di piaghe, si allontanarono lasciandolo mezzo morto. Ora, un sacerdote (un prete) che per caso scendeva per quella stessa via, vistolo, ò oltre. Così pure un Levita (una specie di vescovo), giunto nelle vicinanze e vistolo ò oltre. Ma un samaritano (per gli ebrei i samaritani erano eretici) che era in viaggio venne presso di lui e, vistolo ne ebbe comione. Avvicinatosi fasciò le sue ferite, versandovi olio e vino. Poi, fattolo salire sulla propria cavalcatura, lo condusse a un albergo e si prese cura di lui. Chi di questi tre ti sembra essere stato il prossimo di colui che cadde nelle mani dei ladri?». Egli rispose: «Chi ebbe comione di lui». Gesù allora gli disse: «Va’ e fai lo stesso anche tu».⁵⁷ Hai capito la furbata di Gesù? Lui risponde al grande dottore: il prossimo è colui di cui hai comione, ossia sei tu, pirla! Ogni volta che hai comione di qualcuno tu sei il suo prossimo. Se tu hai pietà degli altri sei il
loro prossimo e Dio è il tuo. Se tu hai comione degli altri, diventerai il prossimo di Dio, e lui avrà comione di te. E questo è il nocciolo del quarto versetto del Padrenostro: se tu perdoni le offese che sono state fatte a te, Dio (il tuo Sé) perdonerà le offese che tu hai fatto a te stesso. Se vuoi essere una persona che si ama, sii tollerante con te stesso e con gli altri. In una discussione, prima di rispondere assicurati di aver ben compreso il punto di vista dell’altro e cerca di farti ben comprendere da lui. Cerca di aver come punto di riferimento, in ciò che fai, in ciò che credi, e in ciò che vuoi, la pratica del perdono e della non-violenza. Ti do una dritta: l’impedimento più potente alla riconciliazione fra gli uomini è la credenza di aver ragione. La radice più velenosa della mala pianta dell’intolleranza, di cui quella religiosa è la forma più devastante, è la credenza di una parte di possedere tutta la verità. Come se qualcuno potesse possedere la verità. La verità si può solo cercare, mai possedere. La Ricerca della Verità è l’Impresa delle Imprese. Questa ricerca è una strada in salita: il costante lavoro di purificazione interiore e l’impegno a dedicarsi a operare per la giustizia sociale (senza la quale nessuna pace è possibile) nel mondo esteriore. È vero che è giusto e doveroso opporsi al male, tuttavia combatterne l’autore equivale a combattere se stessi. Se poi il male te lo senti dentro e combatti te stesso allora sono acidi, figliolo... acidi veramente. L’uomo e le sue azioni sono due cose distinte. Le “cattive” azioni vanno corrette, ma l’uomo che le ha commesse ha diritto alla comione. La non violenza è combattere l’ingiustizia, ma non l’ingiusto (ovviamente senza nulla togliere alla responsabilità personale dei singoli, ma per questo non è mai necessario umiliare nessuno). È come dire a un bambino: «Questa cosa che hai fatto è scema e mi fa arrabbiare, ma tu non sei scemo e ti accetto». Lo so che molte volte, con te, questa distinzione non l’ho fatta, ma è appunto per questo che ho bisogno di perdono. Ma bada bene: la non violenza, la riconciliazione e il perdono, non possono essere praticate dai deboli e dai paurosi. Per perdonare serve molta più forza e coraggio che per punire. Tutti i veri educatori lo sanno: la non-violenza e il perdono sono le leggi universali della nostra specie, come la violenza e la
vendetta sono la legge di chi ancora non è diventato, propriamente umano. La non-violenza e il perdono nella loro dinamica animica significano: rinuncia cosciente e libera all’odio e alla vendetta. Portata alle estreme conseguenze questa pratica è in grado di permettere a un solo individuo di far crollare un impero (il cristianesimo è stato una forza decisiva per il crollo dell’impero romano, come il gandhismo di quello britannico). Non si pratica il perdono e la non-violenza perché si è deboli, la si può praticare solo se si è consapevoli della loro forza e della loro potenza. Come dico io: per diventare santi, oltre che essere fuori come campeggi, ci vogliono le palle e una buona dose di sana aggressività. O come dice il maestro Yogananda: «Un santo è un peccatore che non si è mai dato per vinto». I santi sono gli uomini che stanno continuamente a discutere con Dio perché non accettano che accadano le ingiustizie. Spesso si sentono impotenti e sopraffatti, ma sono ostinati come muli e contro tutte le evidenze continuano ad affermare la loro fede nel perdono e nell’Amore, come ti dicevo: matti come cammelli, non sono disposti a sottomettersi a nessuno se non per amore, orgogliosi come orsi, sono disposti a sottomettersi solo a un potere superiore. Non è roba per topi di biblioteca né per topi di sacrestia, è più affare per alcolisti (anonimi⁵⁸), per gli umili, per gli ultimi, e proprio tra loro, sia Gesù che sco che il Mahatma Gandhi gettavano le loro reti. E gli “ultimi” li capivano molto meglio dei “primi”. Questa Potenza Superiore parla con la voce prepotente della coscienza, un consigliere esigente che chiede docilità, un tiranno soave che t’ingiunge di consegnare il potere del tuo Ego (l’amore per il potere stesso) al potere dell’Amore. La rinuncia a opporsi al male non è neanche la mera resistenza iva (la difesa a “muro di gomma” di cui, detto per inciso, tu sei un esperto, funziona se si vuole evitare il confronto, ma non affronta né risolve il problema). La resistenza iva può mascherare l’ira dei deboli; un accidioso (un depresso) è spesso un grande resistente ivo, ma spesso anche uno che nasconde dietro la sua debolezza psichica e spirituale barili pieni di rancore e odio. La scelta di praticare la via del Perdono non è una scelta iva, ma una scelta attiva (e dolorosamente conquistata) di rinunciare liberamente a usare la violenza per ottenere giustizia o imporre un risarcimento, la rinuncia a esigere la, pur
“giusta”, vendetta sul colpevole. Perdonare non è subire (altra tecnica di cui sei un esperto: stringersi la testa fra le spalle, irrigidire la nuca e parare il colpo) e neanche rassegnarsi alla malvagità. Il perdono è un agire attivo, non un reagire ivo. Usa la fantasia, la creatività e l’umorismo. È un combattimento senza odio. Il perdono e la riconciliazione sono tecniche per affrontare il male che si basano sull’antichissimo principio delle canne al vento: c’erano una volta una grande quercia e una sottile canna, che condividevano la stessa riva di un fiume. Ogni volta che arrivava una tempesta, la quercia opponeva una fiera resistenza alla potenza dei venti. La canna invece si piegava a destra e a sinistra anche alla brezza più leggera. Per questo la quercia sfotteva e disprezzava la canna. Un giorno, durante una furiosa tempesta, la nobile quercia non volendo piegarsi finì con lo spezzarsi, mentre l’umile canna, grazie alla sua flessibilità, riuscì a superare la tempesta senza riportare danni. Morale della favola: se ti opponi frontalmente all’aggressore e lo aggredisci a tua volta, lui prenderà anche la tua energia, diventerà ancora più potente e finirà con lo sconfiggerti. Se invece rispondi al male con comportamenti che lui non si aspetta o lo destabilizzano potrai vincere. Su questo antico principio si basano molte arti marziali orientali, per esempio il Ju-jutsu (jū: “flessibile, cedevole, morbido” e jutsu: “arte, tecnica, pratica”), che basa le sue tecniche di lotta sul principio hey yo shin kore do (“il morbido vince il duro”). In questa filosofia marziale non conta la forza del praticante, perché nel combattimento à quella che proviene dall’avversario. Si racconta una leggenda a proposito del Jujutsu: c’era una volta, molti secoli fa, un medico di nome Shirobei Akiyama. Egli che aveva ato molti anni a studiare le arti del combattimento, voleva scoprire il segreto della vittoria, che tuttavia continuava a sfuggirgli. Si ritirò allora in meditazione nel tempio di Daifazu. Al centunesimo giorno di meditazione e preghiera, quando ormai l’inverno aveva raggiunto quelle terre, durante un’abbondante nevicata osservò che il peso della neve aveva spezzato i rami degli alberi più robusti, che erano così rimasti spogli. Lo sguardo gli si posò allora su un albero che era rimasto intatto: un salice dai rami flessibili. Ogni volta che la neve si accumulava sui suoi rami, questi si flettevano lasciandola cadere, per poi riprendere la primitiva posizione. Il pio medico si illuminò e scoprì il principio della vittoria in combattimento: la non resistenza.
Chi è cedevole supera le prove, chi è duro e rigido prima o poi viene sconfitto. Nacque così una delle più antiche scuole di Ju-jutsu: la scuola Yoshin Ryu (“scuola dello spirito del salice”), tuttora esistente. Ju-jutsu significa: arte della cedevolezza. L’arte della cedevolezza è tutta spiegata nell’insegnamento del Discorso della Montagna, la Magna Charta di chi si rifà alla figura del Cristo. È il più grande discorso che io abbia mai ascoltato. E ti assicuro che di discorsi ne ho ascoltati tanti. In questo “discorso” Gesù insegna l’arte del perdono e della riconciliazione come l’unica capace di opporsi al male, scardina il modo “normale” di relazionarsi fra uomini, sbarra le porte dell’anima a tutti gli otto demoni, perdonando tutti e sette i vizi, senza “se” e senza “ma”. Gesù predica il principio di responsabilità e abiura quello di colpa. Yehoshua insegna la Responsabilità personale come un Amore più forte di ogni legge. Del resto, secondo l’insegnamento del saggio Rabbino Hillel, ogni legge si riduce a una sola: il Comandamento dell’Amore. Tutti i maestri spirituali insegnano la teoria di questo comandamento, Gesù lo insegna in pratica. La comione infinita di un uomo folle nella generosità, pacifico nelle offese, mite davanti alle aggressioni, comionevole in mezzo all’odio, fermo di fronte alla prepotenza. Un vero matto, o un vero santo. Gli insegnamenti impartiti nel Discorso della Montagna capovolgono tutti i codici di comportamento che si sono affermati nelle centinaia di migliaia di anni in cui l’umanità era nella sua infanzia. Il rabbi nato a Betlemme capovolge tutto, mette la mansuetudine al posto della violenza, il perdono al posto della vendetta, la pazienza e la sopportazione al posto del risentimento e del rancore, la gioia del donarsi al posto della ricerca del possesso, la purezza del cuore al posto dello sfruttamento. Una stupefacente e delirante utopia, una pratica destinata per secoli al fallimento, ma capace di entusiasmare lo spirito e la coscienza del mondo, adottata nella vita dai primissimi seguaci di Gesù e nei tempi moderni da pochi uomini, fra cui spiccano sco d’Assisi e il Mahatma Gandhi, suo fratello nell’anima. Non per niente un discepolo di Gandhi, il domenicano padre Anthony Elenjimittam, al quale il Mahatma aveva assegnato la missione di promuovere l’Ecumenismo Cosmico⁵ (missione che poi gli ha confermato Giovanni XXIII), è vissuto ad Assisi e da lì ha diffuso gli insegnamenti del suo maestro fino alla fine, sotto la
protezione dello spirito di sco che ancora soffia sulla piana umbra. Da Assisi tutt’ora spira il vento del Discorso della Montagna, e ancora vivono quelle parole di pace, un sussurro che da duemila anni è più forte di tutti i rumori delle guerre che hanno insanguinato la storia. Ascolta: «Non uccidere e chiunque avrà ucciso sarà condannato dal tribunale, ma io vi dico che chiunque si adiri contro il suo fratello, sarà condannato dal tribunale, e chi dice al suo fratello Raca sarà punibile dal sinedrio, e chi poi dice Stolto sarà punibile nella Geenna del fuoco. Se dunque stai offrendo il tuo dono sull'altare e lì ti ricordi che il tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì il tuo dono all’altare, vai prima a riconciliarti col tuo fratello e poi torna e offri il tuo dono». Gesù sta dicendo che è più importante perdonare che pregare. Infatti quando preghi (quando stai offrendo il tuo dono sull’altare), non sono le parole che giungono all’orecchio del tuo Dio Interiore, sono le vibrazioni della tua Anima che parlano con lui. La preghiera interiore è un’armonia di suoni, preghi creando delle frequenze, se vibri alla frequenza della pace otterrai pace, se vibri alla frequenza del rancore, dell’invidia, della gelosia, della maldicenza e del giudizio quelli otterrai. Pregare in queste condizioni non serve a niente, anzi forse può essere controproducente: se sei arrabbiato con qualcuno e chiedi a Dio qualcosa (per esempio una fidanzatina giovane e carina) Dio che non ascolta le tue parole ma sente, coglierà la tua rabbia e crederà che stai chiedendo rabbia, e magari ti manderà un paio di sberle (e magari te le dà proprio quella ragazzina giovane e carina).Gesù consiglia una ricetta semplice per ottenere qualcosa: lasciare tutto, cercare la pace nel tuo cuore, riconciliarsi dentro di sé con tutti quelli che ci hanno fatto del male. E solo dopo pregare. E un altro consiglio: prima di pregare per il tuo bene, prega per quello degli altri. Gurdjeff dice: «Quando preghi, prega tre volte, la prima per tutta l’umanità, la seconda per i tuoi genitori, la terza per te. In questo modo sei sicuro che preghi in e per la pace» (non sai chi sia Gurdjeff? Non preoccuparti, vivrai benissimo lo stesso). «Mettiti subito d’accordo con il tuo avversario finché sei con lui in cammino, affinché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice al ministro e tu sia messo in carcere. In verità, ti dico, non ne uscirai, fino a quando non avrai
pagato l’ultimo quadrante». ¹ L’avversario di cui parla Yehoshua è l’avversario interiore. Sicuramente ne hai esperienza: si tratta di una voce che senti nella testa e che ti segue come un’ombra, e ti rinfaccia i tuoi errori e le tue debolezze, i tuoi bisogni, gli istinti che non sei capace di mettere a freno, è la voce del Giudice Interiore. Molti la chiamano coscienza, ma non ha nulla a che fare con la coscienza. Gli psicoterapeuti moderni la chiamano Super Ego: un Inquisitore crudele che ti condanna senza pietà. Se non riesci a far la pace con lui ti consegnerà agli sbirri, gli aguzzini interiori che ti chiuderanno nella prigione del rimorso e ti tortureranno con i sensi di colpa. «Avete sentito che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”, ma io vi dico di non resistere al maligno. Anzi a chi ti schiaffeggia nella guancia destra, porgi anche l’altra». ² Ovviamente Yehoshua non parla di sberle fisiche. Quando gli hanno dato uno schiaffo non ha porto l’altra guancia ma ha protestato: «Se ho parlato male testimonia del male, ma se ho parlato bene perché mi percuoti?». ³ Le sberle è sempre meglio scansarle, se si può. Gesù si riferisce alle sberle spirituali. Dice di mettere da parte l’orgoglio narcisistico (la permalosità). Se fai attenzione quando qualcuno ti fa male, scoprirai che a farti soffrire non è tanto l’avvenimento in sé, quello prima o poi si archivia fra le altre esperienze della vita. Molto spesso invece ciò che ti fa soffrire, anche quando il dolore è ato, è la brutta figura che hai fatto, ti ruga l’essere ato per fesso, ti vergogni per quello che penserà la gente. Non è lo schiaffo che ti fa male ma l’umiliazione. Questo vuol dire porgi l’altra guancia: non nasconderti, non ti vergognare, non ti giudicare. Sappi che se qualcuno ha bisogno di sminuire il tuo valore significa che si considera inferiore a te, e allora vuole imporsi facendoti paura. Una persona che ti umilia cerca di innalzare se stesso, perché crede di non valere come te. Se accetti questo gioco ti metterai in competizione con lui, a tua volta cercherai di umiliarlo, di disonorarlo, di distruggere la sua reputazione e non riuscirai più a liberartene. Misurerai il tuo valore con il suo, starai dunque a spiarlo: gioirai dei suoi fallimenti e patirai per i suoi successi, allora l’invidia si insinuerà nel tuo cuore e l’invidia è un gran brutto diavolo, capace di divorarsi un’Anima come tu divori un hamburger. Non devi temere di perdere il tuo valore perché nessuno te lo può togliere.
Qualsiasi cosa ti faccia qualcuno può farti piacere o può farti dispiacere, ma non potrà mai aggiungere o togliere un capello al tuo valore, se tu non vuoi. Questo mantra può aiutarti a non sentirti umiliato, a non perdere la tua autostima e a non denigrare te stesso. Per esempio se la tua ragazza ti lascia, magari per mettersi con il tuo migliore amico, ti farà sicuramente male, ti sentirai tradito, ingannato, preso in giro, ma se ci pensi bene non è forse vero che una così è meglio perderla che trovarla? Magari stavi già pensando a come liberartene? Allora forse ciò che ti fa così tanto male, non è che ti ha mollato ma che ti ha fregato sul tempo, è stata più veloce e ti brucia il sedere (stranamente è li che sentiamo la sofferenza dell’orgoglio ferito, perlomeno noi maschi). Se lasci perdere la faccenda dell’orgoglio ferito, puoi affrontare il problema per quello che è: se qualcuno ti lascia vuol dire semplicemente che per tutti e due il rapporto era finito da un pezzo, puoi reagire come un toro nell’arena o agire come un lupo che si è liberato dalla trappola. Indovina quale dei due modi stoppa la sofferenza e quale la prolunga? non con la sua stessa violenza ma in modo ragionato e liberarti dalla sofferenza il più presto possibile. «… e a chi vuol contendere con te e prendere la tua tunica, lascia anche il mantello». ⁴ Se ripensi al processo interiore che si svolge nella tua mente, quando il Giudice ti accusa di aver sbagliato, di essere un incapace, di non valere niente, al posto di reagire con rabbia (diventando un persecutore) o con paura (diventando una vittima) puoi rispondere: «È vero non sono perfetto, e allora?». Funziona, il giudice tace. La mente è in pace. L’unica difficoltà di applicazione di questo metodo sta nel fatto che sembra troppo facile e comodo. E allora? Chi ha detto che il cammino di liberazione deve essere scomodo e sanguinario? «… e a chiunque ti costringe a seguirlo per un miglio, fanne con lui due». ⁵ Ti sembra una stronzata? Pensa cosa doveva sembrare agli abitanti della Palestina dei tempi di Gesù. Per legge ogni soldato romano, con la forza dell’invasore, aveva il diritto di costringere un ebreo a un lavoro forzato, ovviamente a gratis: percorrere un miglio insieme a lui per farsi portare i bagagli. Era uno dei tanti soprusi cui gli ebrei dovevano sottostare a denti stretti. Sentendo questo insegnamento avranno preso il giovane rabbi per pazzo o per traditore della sua gente. Se qualcuno andasse a dire oggi in Palestina una cosa
del genere probabilmente sopravvivrebbe molto meno dei tre anni che sono stati concessi a Gesù, prima che lo ammazzassero. In realtà Gesù ha suggerito una formidabile tecnica di combattimento, puro jujutsu: non combattere l’invasore ma fargli spazio, fallo avanzare finché si perde, come Napoleone in Russia. «Avete udito che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”, ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli, perché egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti». Questa è la prova più dura di tutte: amare i nemici è contro natura, la natura dell’Ego, ovviamente. Fiumi di sangue e d’inchiostro sono stati versati per giustificare i cristiani incapaci di obbedire a questo comandamento. Per cui non fartene una colpa se non ci riesci. Intanto vediamo di chiarire un fatto importante: amare il nemico non significa lasciare che qualsiasi psicopatico invada la tua vita e te la rovini. Questo è importante: amare chi ti fa del male non vuol dire continuare a permettergli di fartene. A tanti poveri cristiani è stato insegnato che “devono” essere buoni, che “devono” reprimere la loro aggressività, che “devono” essere misericordiosi. Ma questi “buoni” dentro hanno una pentola a pressione che può scoppiare da un momento all’altro e quindi sono molto pericolosi. Perdonare non può essere un dovere, ma solo una scelta che si matura in un difficile processo, il primo o del quale è che prima di essere in grado di amare il nemico esterno devi essere in grado di amare il tuo nemico interno. Devi innanzitutto riconciliarti con tutta l’ostilità presente nella tua anima, con le tue tendenze distruttive, con l’invidia e la gelosia, con la paura e con gli istinti nevrotici. La riconciliazione con se stessi è sempre il compito più difficile. Anche il tuo Ego, come quello di tutti, è pazzo. Vuole essere perfetto, non vuole chiedere mai scusa e pretende di non sbagliare mai. Ormai che sei grande saprai, per esperienza diretta, che di errori se ne commettono continuamente. Se sei diventato una persona permalosa, non accetterai di sbagliare e darai la colpa agli altri per i tuoi errori: alla famiglia in cui sei nato, all’educazione che hai ricevuto, alla situazione in cui vivi, perfino
alla tua stessa vita. Cadrai vittima dell’insopportabile lagna esistenziale. Se non te ne liberi al più presto potresti are tutta la vita ad accusare il tuo destino e a ribellarti contro di esso. C’è gente che fino alla soglia della morte continua ad accusare i genitori, i fratelli, gli amanti, i figli, di non avergli dato l’amore che si sarebbero meritati, se fossero nati in un mondo migliore. Non c’è niente di più insopportabile per l’orecchio di Dio (e anche per quello dell’uomo) del suono vischioso della lagna, di chi dice che sono sempre gli altri ad essere responsabili della loro miserabile esistenza. Per tutta la vita si sentono delle vittime, così giustificano il loro stizzoso rifiuto di partecipare alla danza della vita. Hanno sempre qualcosa da dire, da recriminare, da protestare, da accusare, da brontolare, da sospirare, sulla propria situazione, ma non fanno mai niente per cambiarla. Sono i grandi accusatori, ai quali piace sputare giudizi sugli altri per sfuggire ai propri auto-giudizi. Per loro sono sempre gli altri ad avere colpa: il governo, il sindaco, le autorità, la società, la chiesa, la famiglia. Qualcuno ha detto che questa società è caratterizzata dal vittimismo. L’uomo dell’età della plastica si sente vittima ed è un inflessibile accusatore. La lagna è una maschera dell’ostinazione, della caparbietà, del senso di onnipotenza (ma in realtà di impotenza) dietro cui si nasconde l’Ego quando le cose non vanno come dice lui. Quando le cose vanno male si rifiuta di accettarle, gli fa causa con la maschera del demone della giustizia (vendetta), come il fratello maggiore della parabola del Figlio Prodigo ⁷, che non trova giusta la sua vita e si rifiuta di far festa con il padre e il fratello minore. È disposto a star fuori dalla festa in nome della giustizia. È un povero mentecatto che non ha mai saputo approfittare dell’amore di suo Padre, uno che ha pensato che diventando un fedele guardiano della legge e un obbediente servitore degli ordini di suo padre, avrebbe ottenuto il suo amore esclusivo. Povero fratello maggiore, povero Super Ego. Ti auguro di non venir mai catturato dalla lagna (e ancor meno di sposartela). Per non cadere in sua balia è meglio che il più in fretta possibile ti riconcili con te stesso. Bella roba dirai tu, e cosa vuol dire? Già, detta così sembra una frase fatta, di quelle tipo “sii te stesso”. La questione, almeno per me, è sempre stata: “Ma chi sono io, con il quale devo riconciliarmi?”, “Con chi sono arrabbiato?”. Sei arrabbiato con il bambino che sei stato, continui ad accusarlo di tutti i tuoi guai, continui a tenerlo segregato in cantina perché gli altri non vedano la debole, fragile e spaventata creatura che è. È qui che entra in ballo il perdono: perdona tutta la tua vita dal concepimento in poi, perdona Dio per averti cacciato
in questo pasticcio, e poi via via tutti i comprimari della tua storia. Del resto in qualsiasi periodo storico tu ti fossi incarnato, in qualsiasi nazione, in qualsiasi famiglia, qualche intoppo in ogni caso ti sarebbe toccato nella distribuzione delle sorti. Quand’ero bambino suor Severina mi raccontò una storia che, chissà perché, mi è rimasta impressa: c’era un tale che si lagnava dalla mattina alla sera della croce insopportabile che gravava sulla sua vita. Il buon Dio che è infinitamente misericordioso, anche se non sopporta la lagna, a un certo punto lo chiamò e gli disse: «Insomma si può sapere che cosa c’è da rompere tanto i timpani?». «C’è che mi hai dato una croce troppo pesante da portare, tutti gli altri ce l’hanno più leggera» e giù a snocciolare tutte le lagnanze che la sua invidia aveva accumulato. Il buon Dio, per farla corta, gli disse di lasciar lì la sua croce e di tornare l’indomani, che gliene avrebbe fatta scegliere una di il suo gradimento. Il giorno dopo lo portò in un grande deposito di croci e lo lasciò a rovistare fino a che non ne avesse trovata una di suo gusto. Rovista, rovista e alla fine quel tale emerse trionfante con una croce nuova fiammante: «Hai visto, lo sapevo che se avessi lasciato fare a me, sarebbe stato molto meglio» e se ne andò tutto gongolante con la sua croce in spalla. Mentre Dio lo guardava avvilito scuotendo la testa disse: «Comincio a pensare sul serio che siano cretini, guarda questo: se ne va tutto contento e si è ripreso la stessa croce di prima. La sua». Se tu fossi nato nella generazione di tuo nonno, da bambino ti saresti cuccato una guerra mondiale, se tu fossi nato nella generazione del tuo bisnonno addirittura due. Se tu, come me, fossi un figlio del miracolo economico ti lamenteresti di essere stato trascurato da genitori troppo impegnati a far soldi per il benessere della famiglia. Se tu fossi figlio di uno del sessantotto (cavolo lo sei!), accesti i tuoi genitori di essere rimasti adolescenti, di pensare prima a se stessi che ai figli, eterni ribelli in cerca di una rivoluzione o di una realizzazione. Non è mai esistito un mondo ideale in cui nascere. E non sono mai esistiti genitori ideali (anche Gesù ha avuto da ridire con la sua mamma, del suo papà invece non si sa niente, si vede che parlava poco come facevano una volta i padri). Una cosa posso dirti, ed è una cosa che sperimenterai anche tu (a meno che non entrerai in seminario o negli Hare Krishna): quando si decide di diventare genitori lo si fa con le migliori intenzioni. Non ho ancora conosciuto nessun genitore che consapevolmente volesse il male di suo figlio. Eppure i genitori finiscono per far del male ai loro figli. Tutte le infanzie hanno le loro ingiustizie: bambini allevati dai nonni o dalle baby sitter, padri violenti, madri depresse. Bambini vittime di abusi fisici e psicologici da parte di parenti o amici di famiglia. Queste sono tutte ingiustizie che hanno debiti che non è facile rimettere. Neanche tu, come nessuno di noi, hai potuto sceglierti la tua
storia. Prima o poi anche tu dovrai riconciliarti con tutto quello che hai vissuto e patito. Puoi are il resto della vita a piangere sul latte versato, oppure alzarti in piedi e cercare di dare un senso a tutto quel casino, e trasformare i patimenti in sfide, o come diceva Santa Ildegarda le ferite in perle. Lo so che accettare di essere stati feriti e perdonare chi lo ha fatto non è semplice, è un processo identico a quello del aggio della morte (in realtà da un punto di vista esoterico il cammino del perdono è proprio un cammino d’iniziazione, ma questo te lo spiego a parte). Quando si perdona si a attraverso le stesse fasi di quando si muore: negazione, rabbia, contrattazione, depressione, accettazione. Per questo il processo del perdono richiede spesso molto tempo. È un cammino di perfezione. «Siate dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». ⁸ Così il Maestro conclude il suo insegnamento. Parole dure, che hanno causato un sacco di equivoci. Il problema è che nessuno sa in che lingua parli Dio, di sicuro il suo Figliolo parlava aramaico, dall’aramaico è stato tradotto in greco e quindi in latino, il linguaggio della Chiesa Trionfante che ha interpretato questo comandamento come un obbligo ad essere perfetti, privi di difetti. Invece in greco la parola non è perfectus ma teleios, che significa “completo, totale, intero”, termine che deriva da telo, il cui significato è “fine, completamento, compimento, maturazione, dignità”, allora significherebbe: siate come Dio che è completo, una totalità senza scissioni, né giudizi, amate come Lui che fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Dio non è perfetto, è Uno che non si lagna, che accoglie ciò che è senza prendersela con nessuno, perché sa che in ogni caso finirebbe col prendersela con se stesso. Dio è un tranquillo. Invece, un sacco di aspiranti santi e di eretici si sono agitati e si sono rotti le corna nel tentativo matto e disperatissimo di divenire perfetti. Proprio questo ha fatto sì che i “migliori” fra i “cristiani” si castrassero (alcuni fisicamente, quasi tutti psicologicamente). Hanno tagliato via il problema alla radice per evitare le tentazioni e le possibilità di errore, hanno rimosso la sessualità e gli altri istinti primari, li hanno chiamati diavolo e li hanno proiettati sugli avversari e tutti gli appartenenti ad altre religioni. E poi si sono messi ad ammazzarli per salvar loro l’anima.
La proiezione della colpa sui pagani e sugli infedeli è tipica delle religioni monoteiste. In particolare, la violenta missione di convertire gli altri nella convinzione che il proprio sia l’unico modello sano di civiltà è tipica dell’occidente cristiano. Sono arrivati all’ipocrisia di farlo are come un servizio reso all’umanità. È il famoso fardello dell’uomo bianco: «Raccogli il fardello dell’uomo bianco/manda lontano i tuoi figli migliori/destina all’esilio i tuoi figli/per servire ai bisogni dei popoli da te assoggettati». Così il vecchio Rudy Kipling, quello del “Libro della giungla”, giustificava lo stupro britannico della Bharat Mata, la Madre India. E la cosa brutta è che ci credono ancora. In effetti nessun altra civiltà ha così tanto rotto le palle al mondo come la nostra. In questo modo gli autoproclamatisi successori del Gran Perdonatore sono divenuti fanatici seguaci del Grande Inquisitore, hanno creato conflitti e divisioni, contribuendo a rendere ancora più profonde le fratture che separano le civiltà. Due sono le principali cause di guerra nel mondo: una è l’ingiustizia e l’altra è una spiritualità che esclude gli altri. Sia la pace interiore che quella esteriore può essere trovata nel perseguire attivamente la ricerca di una nuova psiche e di una nuova comunità, basate sull’ideale della Fratellanza dell’Amore Universale. Detta in parole povere, una comunità basata sulla rettitudine, la giustizia e ovviamente sulla terapia non-violenta del perdono, per sanare le ferite create tutte le volte che i suoi membri non riescono a essere né retti né giusti. La scommessa è che un’anima, una mente e una comunità siffatte, cioè impegnate ad accettarsi e a non combattersi, verranno provvedute, per i loro bisogni, direttamente dallo Spirito che vivrà fra loro. Questa è la scommessa, e la fede è una scommessa più che una credenza. E questa è anche la Promessa: «Non vi affannate per la vostra vita, di che cosa mangerete a berrete, né per il vostro corpo di che vi vestirete…Guardate gli uccelli del cielo che non seminano né mietono né radunano in granai, eppure il Padre vostro celeste li nutre; non valete voi forse più di essi? Osservate i gigli del campo come crescono: non faticano né filano, eppure vi dico che neppure Salomone in tutta la sua gloria si vestì come uno di essi. Cercate invece prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in più». Utopia, dirai tu. Certo che è un’Utopia, una delle più folli e antiche della storia: un’utopia che è stata chiamata di volta in volta Atlantide, Età dell’Oro, Eden, Regno dei Cieli, Città Ideale, Gerusalemme Celeste, Città del Sole. Mi rendo conto di essermi dilungato molto su questo versetto del Padre Nostro, il fatto è che ritengo che il perdono sia il fondamentale aggio evolutivo da
uno stato di coscienza “inferiore” a quelli “superiori” e anche l’unica possibilità di sviluppo ulteriore della nostra specie e del nostro pianeta (così come lo conosciamo). C’è un’interpretazione esoterica molto interessante del Perdono, secondo cui le parole pronunciate sul Golgota avrebbero irradiato la nostra coscienza collettiva con l’Archetipo stesso dell’Amore incondizionato. Come se nel mistero della ione, morte e resurrezione di Gesù, il Cristo non si fosse incarnato solo in Gesù di Nazareth ma nell’Anima stessa di questo mondo, e quindi quell’Idea fosse penetrata nell’anima di ogni umano, e stesse scavando da duemila anni, come una vecchia talpa, per venire alla luce. Quando preghi per il perdono è attraverso la coscienza del Cristo che riposa nella profondità della tua anima, che ti rivolgi al Padre. Siamo solo dei poveri Ego, non sappiamo quello che facciamo, quando facciamo il male. In fondo non siamo cattivi, siamo solo ignoranti. Non sappiamo che quando facciamo del male a qualcuno è come se accendessimo un mutuo nel Banco dei Sensi di Colpa, che pratica interessi da usuraio (come tutte le Banche del resto). A livello dell’Anima, invece, è come se versassimo un deposito al Banco del Karma, che ce lo restituirà di sicuro ma prima ci farà sudare sette vite. Il primo debito lo pagherà l’Ego, mentre il deposito verrà riscosso dall’Anima. Il perdono annulla sia il debito che il deposito. Questo è il cuore del Padre Nostro e di tutto il Vangelo, è il fulcro dell’evoluzione spirituale e sociale dell’umanità. Come vedi il processo del perdono è complesso, riguarda sia il corpo, che la mente e lo spirito. Spero di essere riuscito a riassumertene alcuni tratti. Spero ti sia servito a are a un’altra fase dell’evoluzione in cui ti verrà dato il Pane Quotidiano e poi l’entrata nel Suo Regno. Lo auguro a te e a tutti quelli che ci saranno.
5. Centro vitale della Gola – VisHuddha Chakra
Il “purissimo”. È il Centro della Comunicazione e sovrintende all’espressione e alla comunicazione, all’udito e alla telepatia. È quindi collegato alla capacità di esprimersi, di comunicare e ispirarsi. È la sede della creatività, della capacità di
esprimere ciò che si è in forma creativa. È il centro dello scambio, la porta che collega ciò che entra in noi e ciò che esce da noi, detta “in soldoni” è il centro del dare e del ricevere. Ma soprattutto è capacità di prendere. Forse ti sembrerà strano, ma ci sono persone che hanno difficoltà ad accettare quello che il mondo mette loro a disposizione. Ti sembrerà ancora più strano, ma l’incapacità di prendere dalla vita (dall’amore, dal lavoro, dagli amici) ciò che la vita gli offre dipende da un blocco della comunicazione. Ti accorgi di avere un blocco della comunicazione, ovviamente, osservando se sei un tipo che tende a parlare poco, se sei uno che nelle feste se ne sta in disparte (tipo: “Ma secondo te mi si nota di più se vado o se non vado?”). L’incapacità di “prendere” - che come forse ricordi si sviluppa a partire dall’aprirsi del terzo chakra - è direttamente collegata all’incapacità di esprimere se stessi, per cui dalla paura di esprimere liberamente le proprie opinioni. È tipico di chi è oppresso da una timidezza eccessiva. Effettivamente in famiglia abbiamo qualche caso di vera e propria “fobia sociale”. Se, al contrario, questo Centro si è aperto in eccesso, potresti correre il rischio si essere una persona che quando parla non è interessata ad ascoltare gli altri, perché è troppo impegnata a parlare di sé. E anche il sangue di qualche parente così scorre nelle tue vene. Devi starci attento, perché parlando da soli si rischia di non imparare nulla. Magari finisci col credere che sei uno che sa tutto lui. Personalmente, penso che alla fine sia meglio essere timidi che stronzi. Ops! un giudizio, scusa. Possiamo dire che il buon funzionamento del quinto chakra è quando riusciamo sia ad ascoltare che a farci ascoltare, per quanto riguarda l’esterno. Per quanto riguarda il dialogo interno, invece, è quando siamo in grado di avere un buon equilibrio tra la parte logica e quella più emotiva e intuitiva. Visto che il Centro della Gola è il chakra che viene subito dopo quello del cuore (e delle sue ragioni) sarebbe meglio, per rendere più efficace la nostra comunicazione, usare tatto e comione nel trattare con i nostri vicini. Si chiama “comunicazione creativa”, nel senso che crea buone relazioni. Ormai ti sarai fatto uomo e allora sappi che la tua maturità si esprimerà nel massimo della sua espansione ogni volta che non incolperai qualcun altro per giustificare la frustrazione dei tuoi desideri. Uomo, in qualsiasi modo ti sia andata la vita, arriva un punto in cui è necessario che la lagna finisca. Per carità, liberissimo di farla finire a quarant’anni, come me; ma se accetti un consiglio da uno che c’è ato: meglio prima che dopo. Come diceva tua nonna: «Via il dente, via il dolore». Finché sei arrabbiato con qualcuno (e con chi vuoi avercela da ragazzo, se non con i tuoi genitori?), finché darai tutta la colpa delle tue sfighe a noi sei appunto ancora un “ragazzo”. Se vuoi diventare un uomo devi imparare che ormai la partita te la giochi da solo,
che non è una partita tra te e gli altri, ma tra la tua Anima e il tuo Ego. Auguri! Se hai dei talenti, (e sappiamo entrambi che ne hai) comincia a correre. Tirali fuori, esprimili, non preoccuparti della figura che farai se fallisci, non badare troppo al giudizio del mondo (che è sempre un giudizio del Super Ego), preoccupati solo di quello che pensa di te la tua coscienza. Ascoltala. Non ti è chiesto di diventare un Super Man (che è il mito di Super Ego), ti è chiesto di esprimere (cioè di Essere) solo ciò che sei, né di più né di meno. Non è difficile essere se stessi, o no? Scherzo, certo che è difficile, ma non c’è niente di più affascinante di riuscire a esprimere ciò che siamo. Comunque, di sicuro, non ci viene richiesto di più. Il chakra della gola è il Centro attraverso cui il tuo cuore può esprimere la sua verità. Puoi svelare chi sei veramente. La verità si esprime attraverso i tuoi comportamenti, ed è vera quando i tuoi pensieri non sono più dominati dalle emozioni o dalle impressioni. Se sei simile all’uomo che penso diventerai, allora saprai distinguere ciò che è autentico da ciò che è apparenza. Un suggerimento: ascolta il timbro e il tono della voce con cui parli e con cui ti parlano, non ascoltare solo quel che dici e che ti dicono, guarda come ti comporti e come si comportano, cerca le dissonanze, non esprimere nessun giudizio. È importante solo che tu sappia distinguere ciò che è vero da ciò che è falso, e le parole che non sono confermate dai fatti sono solo chiacchiere. Tanto più la voce è armonica, piena e rotonda, tanto più questa persona esprime una forma di personalità equilibrata; la controprova l’avrai osservando i suoi atti, la sua vita, che dovrebbe esprimere la stessa armonia, pienezza e rotondità. Attento soprattutto a quelli che hanno la voce e la mimica “impostata” da attori, perché stanno senz’altro recitano. È possibile che siano scissi, che non abbiano cioè collegato il cervello con il cuore, o per dirla meglio l’Anima con il corpo. Se c’è una buona “comunicazione” tra tutti i centri del tuo essere (quello del pensiero, della parola e dell’azione), allora significa che questo chakra è in equilibrio. Vorrei dirti un’altra cosa sull’importanza della voce e del buon funzionamento del Centro dell’Espressione. Come sai di sicuro, nella Genesi che è il nostro mito di fondazione, si dice che è attraverso la voce che si è espressa la creazione. Il suono con cui si è manifestata quella Voce (gli induisti dicono che quel suono è l’Aum Cosmico) ha creato la realtà. Ti ricordi di com’è iniziato tutto?
In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era una massa informe e vuota e le tenebre erano sulla superficie dell’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque. E Dio disse: «Sia la luce!»: E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò Giorno la luce e chiamò Notte le tenebre. E fu sera e fu mattina: il primo giorno. Per otto volte “Dio disse”, e si separarono le acque inferiori da quelle superiori e si creò il firmamento, poi si separarono l’asciutto (Terra) e l’umido (Mare), poi la Terra dette germogli, sementi e frutti, nel firmamento si collocarono due astri, una per reggere il Giorno e una per reggere la Notte, le acque brulicarono di esseri viventi ed esseri volarono sopra la terra, e poi la Terra stessa produsse esseri viventi, e infine Dio disse a se stesso: «Facciamo l’uomo a nostra immagine secondo la nostra somiglianza».⁷ Come vedi qui c’è tutto il mito della tua genesi e di quella dell’Universo. Se la guardi come il Mito della Storia dell’Origine della tua coscienza ci trovi tutto. La creazione è stata fatta con un suono, una vibrazione, una Parola. Non ci credi? Non è stato facile neanche per me, prova a seguirmi, ascolta la stessa storia raccontata da Giovanni: «In principio era la Parola, la Parola era presso (era uno con) Dio, anzi la Parola era Dio».⁷¹ La Parola è un suono (ovvio, dirai tu) e un suono è una vibrazione (ancora ovvio). Si potrebbe allora dire che la parola (il suono) è la forma esteriore dei pensieri (la vibrazione) che si librano sul gran mare dell’inconscio. “I pensieri”, ha scritto Paramhansa Yogananda (in Autobiografia di uno Yogi), “hanno radici universali non individuali” e aggiunge il suo discepolo Swami Kriyananda (in Le rivelazioni di Cristo), “i pensieri e gli impulsi non hanno origine nel cervello ma affondano le radici nell’Infinito”. Prova a immaginarti un grande Caos (più o meno come può immaginarselo un feto di tre mesi, come una specie di liquido caldo, vischioso, ribollente e instabile, un magma liquido o un brodo primordiale): quella è la coscienza prima del pensiero. Poi a un certo punto (al settimo mese, o al settimo giorno secondo il mito della Genesi) hai presente come fa il magma ribollente o il minestrone primordiale? Ogni tanto fa “Burp!”, quando si forma una bolla e poi scoppia: quello è un pensiero. Il “Burp” è il suo suono: la Parola. La Parola di Dio è la vibrazione del Suo pensiero. Quando il primo ominide (non ancora umano) ha avuto il primo pensiero personale, e l’ha espresso parlandone con qualcuno che gli ha risposto: «Si è
vero, la penso anch’io così», oppure «No, non è vero io la penso diversamente» (in realtà la conversazione si è svolta con uno scambio di “Burp!”), quell’ominide ha cominciato a capire che uno di quei due che stavano parlando era lui, quello che era contento o dispiaciuto per la risposta era lui, proprio lui! Lui era quello che viveva all’interno di se stesso, colui che aveva parlato e ascoltato la risposta era ed era diverso dall’altro. Lui ora era stato riconosciuto, aveva un Nome (Io) e poteva parlare. Come si diceva ai miei tempi: l’uomo è un essere che può dire la sua. La parola ha creato i Nomi e loro hanno creato la nostra coscienza del nostro universo interiore. Nell’infinito spazio eterno e nero della notte oceanica, scoccò una scintilla (il Big Bang, al settimo mese di gravidanza). La luce squarciò le tenebre. E il mondo fu. L’uomo allora si accorse di essere un individuo, un essere indivisibile. Scusa se ti ho fatto un po’ di confusione, ma come ti ho già detto non sono tanto bravo a parlare e queste sono cose tremendamente complicate, ci si stanno applicando tutti i migliori cervelli del mondo. Medici, religiosi, filosofi, scienziati, insomma la parte più intelligente dell’umanità è da sempre in cerca di scoprire come è cominciata tutta la storia. Noterai che nelle categorie che ho citato mancano i santi. Loro hanno smesso di interrogarsi, loro hanno la fede, loro sanno. Provo a ricapitolare: nel buio assoluto della Materia Prima, scocca una scintilla di Luce o una Vibrazione sonora. Per tagliare la testa al toro si può dire: una Parola che Illumina. I mistici, nelle loro estasi, sperimentano questo stato di coscienza divina sia come Luce che come Suono. Nelle loro preghiere profonde, nelle loro meditazioni e contemplazioni, possono sia sentire il Suono sia vedere la Luce. O anche tutti e due. «Per essa sono state fatte tutte le cose e fatte separatamente da essa nessuna esistette. In essa era la vita e la vita era la luce degli uomini».⁷² La vita autocosciente dell’Uomo emana dalla Vibrazione Cosmica: la Parola pensata, la parola di Senso. Le parole sono pietre, come si dice, e da adulti è meglio non parlare a vanvera. L’apertura di questo chakra rappresenta il percorso dello sviluppo dell’uomo che
ha raggiunto la capacità di “rendere conto di ciò che dice”, di essere autocosciente. In parole povere vuol dire che sei diventato un uomo di parola. Diverrai un adulto maturo quando avrai acquisito la conoscenza della relazione tra i pensieri del tuo mondo interiore, le tue parole e le azioni che li esprimono nel mondo che ti ospita. Il numero di questo chakra è il cinque. Al quattro, che rappresenta il mondo terreno, si aggiunge l’Uno, lo Spirito (la Parola) come “quintessenza”. Il dono della Parola che ascolti nella tua Anima e che confermi nella tua vita è il pane celeste, e il pane terreno ne è una raffigurazione o, in termini religiosi, il segno sacramentale. Il colore del Vishuddha è l’azzurro, il colore “divino” del cielo. Dal cielo, il firmamento (la tua firma) discende il nutrimento della tua anima. Sii un uomo di parola, sopratutto con te stesso: sii un uomo che onora il proprio nome e il nome di Colui che glielo ha dato. Questo è il pane necessario.
V – DACCI OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO
Il pane quotidiano era un particolare tipo di pane che veniva venduto nell’Impero romano come pane a prezzo “calmierato”, per garantire a tutti la base del sostentamento. Tua nonna, che ha lavorato per molti anni come fornaia, lo chiamava “pane comune”. È il pane che ha riempito le pance dei poveri, come in oriente il riso. Il pane non si può negare a nessuno. È necessario alla sopravvivenza. Chiedere il pane ti ricorda che anche se lo sviluppo del tuo serpentello ha ormai raggiunto i chakra superiori, quelli “più spirituali”, per così dire, la tua vita sulla terra è in ogni caso ancorata alla realtà del tuo corpo, alle sue leggi e alle sue necessità. Il buon vecchio zio Martin (Lutero) ha incluso sotto la voce “pane quotidiano”: il mangiare, il bere, i vestiti, le scarpe, la casa, il podere, il campo, il bestiame, il denaro, il buon governo, il tempo, la pace, la salute, l’educazione, l’onore, gli amici, i vicini, per cui in realtà anche un bel po’ di companatico. C’è da dire una cosa però, ormai tu sarai diventato grande, e immagino che starai protestando: «Cosa dici papà, ormai sono un uomo, e gli uomini si scocciano a chiedere il pane quotidiano al loro padre. Non ho mica più l’età della “paghetta”». Lo so, lo so, ci sono ato anch’io, l’orgoglio di un uomo è potersi guadagnare “il pane con il sudore del suo volto”.⁷³ Sono perfettamente d’accordo con te. Andrai a lavorare. Non ho niente in contrario. Allora quando chiedi il pane quotidiano, in realtà non stai chiedendo che qualcuno ti mantenga, quello che chiedi, da adulto, è la grazia di poter trovare il lavoro. «Bella roba, per questo basta un buona agenzia di lavoro interinale», dirai tu. «Forse», rispondo io. Comunque non parlavo di un lavoro, ma del lavoro, il tuo. Non è un lavoro “qualsiasi” che devi chiedere, bensì il lavoro che, qualunque esso sia, tu possa svolgerlo con “amore”, perché è quello l’unico lavoro che può procurarti il “vero” pane quotidiano; il lavoro “giusto” per te, che ti permette di esprimere i tuoi talenti e i tuoi valori, un lavoro che non abbia come ricompensa solo la paga, ma anche la soddisfazione di poter lasciare un segno del tuo aggio in questo mondo, un lavoro non solo come mezzo di sostentamento fisico, ma anche psicologico e spirituale. Tutto i1 nostro lavoro sarebbe inutile se non vi venisse aggiunta la grazia divina di trovarlo utile.
Pregare per il pane, inoltre, ti ricorda anche che il cibo è il risultato della collaborazione dei cinque elementi (acqua, terra, aria, metallo e legno) e del lavoro dell’uomo: è una creazione santa. Ti ricorda il tuo legame con la materia, ti richiama alla tua responsabilità per questo mondo, per la Madre Terra, per tutto ciò che cresce e vive su di essa. Nel pane guadagnato con il lavoro e onorato come grazia, la realtà terrena rivela in trasparenza la realtà eterica, senza per questo perdere il suo carattere sostanziale. Nella tradizione del Primo Testamento, l’apertura del chakra della bocca corrisponde all’ingresso nella Terra Promessa, l’età adulta dell’autonomia, il paese in cui (se hai la fortuna di fare un lavoro che ami) “scorre il latte e i1 miele”.⁷⁴ In questa terra ti ha condotto la voce del tuo Sé (il programma di sviluppo archetipico racchiuso nel tuo codice genetico). Dai retta a questa voce e avrai pane a sufficienza. Molti non l’hanno ascoltata e la loro vita si è trasformata in un deserto di carestia e stenti, non necessariamente materiali, ma vivere nell’abbondanza e fare un lavoro che non ti permette di sentirti a posto con la coscienza è come vivere da affamati. Gesù, il nostro Maestro di riferimento, ci ha insegnato che il vero cibo è “fare la volontà di colui che ci ha mandati e che compiamo la sua opera”.⁷⁵ Se cercheremo “il regno di Dio e la sua giustizia”⁷ ha promesso che ogni altra cosa ci verrà data “in sovrappiù”. Siccome so che i “cattolici di lungo corso” che ti hanno insegnato la religione dei bambini, ti hanno fatto un po’ di confusione, provo a tradurti questi insegnamenti secondo un senso che a me risulta comprensibile: fare la volontà dello spirito è il pane dell’Anima. Se l’Anima è intenta a compiere l’opera per cui è venuta in questo mondo, a procurargli i mezzi ci penserà il suo spirito. In pratica se scoprirai qual è il senso della tua vita e cercherai di realizzarlo (il Regno), il Grande Fratello ti promette che avrai di che vivere e anche di più. Per quanto riguarda il cercare la giustizia di Dio, questo insegnamento ti ricorda che la questione del pane è una questione sociale. Difatti il Maestro non ti dice di pregare per il tuo pane, ma per il nostro pane, che venga concesso a noi tutti. Quando preghi affinché tutti abbiano il loro pane, preghi anche affinché il disordine che porta lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sugli elementi si dia una regolata. Proprio in questi tempi assistiamo a odiosissime speculazioni da parte dei finanzieri - che devono avere il cervello
di un rettile e la coscienza di una cozza (sia detto con amore) - sul prezzo del riso, perché in tal modo stanno affamando milioni di persone in Asia. Prega perché Dio illumini l’Ego dei banchieri affinché la loro Anima (o quel che ne rimane) non sia definitivamente posseduta dagli otto spiriti della malvagità, affinché i Signori del Cibo tengano conto non solo dei profitti ma anche della giustizia, della dignità e della vita, affinché la fame sia allontanata dalle tavole degli uomini. Detto fra noi, io, se fossi un banchiere cattolico e apostolico comincerei ad allenarmi a are per la Cruna dell’Ago, già da subito. Comunque l’importante è che tu comprenda che diventare adulti, personcine autonome e responsabili non è un affare che riguarda solo te stesso, ma ha anche la tua comunità. Pregare non basta, qualcosa, nel tuo piccolo, dovrai anche fare. Detto questo, è necessario tu sappia che questa invocazione non chiede solamente il pane che ogni giorno è necessario alla rigenerazione del corpo fisico ed eterico, ma anche quello che nutre i corpi mentali e spirituali. È un pane la cui sostanza sono i valori, come diceva quel tale: mettete quattro amici in un recinto e non date loro da mangiare, allora sapranno cos’è l’amicizia. Non tenere conto della relazione indissolubile tra realtà materiale e spirituale porta danno. Sarà bene che la tua spiritualità, che tra un po’ si dispiegherà nei chakra superiori, sia centrata sulla Parola, che il chakra della gola tiene ben legata alla realtà della radice (la terra) e stia attenta che non si vanifichi in uno “spiritualese” astratto, o peggio in conformismo spirituale. La richiesta del sostentamento quotidiano induce a una spiritualità in azione. Non più un’azione guidata dall’Ego (per cui Francia o Spagna è lo stesso, purché “se magna”), ma un agire che viene guidato dall’ascolto della voce del Sé. È questa voce il pane quotidiano della tua Anima. Il pan degli angeli. Il pane “sostanziale”: l’“ambrosia”, il “prana”⁷⁷, il “mana”, il “chi”, il pane la cui sostanza è rappresentata nell’Eucaristia, che non è fare la comunione, quanto l’essere in comunione, in pace, in armonia, in amore con se stessi e con il mondo. A proposito dell’Eucaristia⁷⁸, mi ero scordato di dirti che, secondo i bravi teologi, i tre aspetti del pane della riconoscenza ricordano che l’energia è dapprima pane terreno, frutto del lavoro della terra e dell’uomo; ma è anche pane condiviso, cibo per la mente. Infine è cibo spirituale, l’amore incondizionato con cui lo spirito cura le ferite che un ego scapestrato spesso infligge alla propria Anima. Nella chiesa proto cristiana (quella “vera”) l’Eucarestia era definita medicina dell’immortalità (phàrmakon athanasías). L’amore per se stessi e per il prossimo è il pane celeste che dà la vita eterna. Gesù, nel racconto della
tentazione⁷ , indica che esiste un cibo, supersubstantialis, una materia sottile: “L’uomo non vive soltanto di pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.⁸ Il pane nutre il corpo terreno, il sapere quello mentale, la parola del Senso nutre quello spirituale. Così il primo per mantenersi in vita necessita del pane fisico, il secondo di un pane mentale, il terzo dell’esperienza valoriale. Quindi ogni pane terreno che mangiamo sostenta il nostro involucro esterno, ma deve richiamarci alla mente il pane celeste che nutre l’uomo interiore nel suo cammino verso la totalità. Il centro della gola è quindi organo del nutrimento fisico, attraverso il cibo che ci dona l’energia materiale e attraverso la respirazione che ci dona l’energia vitale. È anche l’organo della comunicazione e della condivisione. È la porta da cui esce il pensiero trasformato in parola. Nel Vangelo c’è più di una polemica del Maestro con gli altri maestri sull’importanza di ciò che entra e di ciò che esce dalla bocca dell’uomo. I maestri sono generalmente molto attenti (fino alla paranoia) a non farsi contaminare da ciò che dall’esterno potrebbe penetrare in loro, ma meno preoccupati di ciò che di “impuro” potrebbe da loro “entrare” negli altri. A questo proposito il Rabbi di Nazareth tiene a precisare che: «Non c’è nulla di esterno all’uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono da lui che lo contaminano. Chi ha orecchi da udire, oda!». Quando poi egli fu rientrato in casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogarono sul significato della parabola. Ed egli disse: «Siete anche voi così privi d’intelligenza? Non capite voi che tutto ciò che dal di fuori entra nell’uomo non può contaminarlo, perché non entra nel suo cuore, ma nel ventre, e poi se ne va nella fogna?». Così dicendo, dichiarava puri tutti gli alimenti. Disse ancora: «Ciò che esce dall’uomo, quello lo contamina. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, procedono pensieri malvagi, adultéri, fornicazioni, bestemmia, orgoglio, stoltezza. Tutte queste cose malvagie escono dal di dentro dell’uomo e lo contaminano».⁸¹ I pensieri sono come gli spruzzi di spuma che si staccano dalle onde dell’oceano e si manifestano sollevandosi sulla massa indistinta della mente, creano una forma, che si chiama per l’appunto forma-pensiero. Con la parola questa forma acquista le ali, vola nel mondo come un gabbiano al di sopra delle acque, e poi torna a casa, nel Gran Mare Oceano da cui tutto proviene e a cui tutto ritorna. L’oceano è la tua mente, nello stato in cui precede la creazione del pensiero e in cui poi lo riassorbe. La parola che crea l’azione si forma staccandosi dalla acque
della mente e ritorna sempre a immergersi nelle acque, per rigenerarsi. Nell’acqua la forma si dissolve e solo dopo questa dissoluzione può rinascere. L’importante è che questa mente sia pulita come l’oceano e non putrida come una palude, altrimenti sia i pensieri che vi si formano, che le parole che da essi si distaccano saranno brutti, capaci di avvelenare la mente stessa. Le parole che escono dalla bocca dovrebbero essere parole che non sporchino la nostra Anima, parole mantenute (come si direbbe fra uomini di onore) e rispettate. Ti do la mia parola, è un antichissimo scongiuro, che significa “ti consegno il mio nome” (che per le culture tradizionali vuol dire “ti consegno la mia anima”). Che la tua parola non disonori il tuo nome. Il tuo nome, ciò che ti contraddistingue, è ciò che ti definisce come un essere personale, ed è profondamente legato all’essenza della tua Anima, è il nome che richiama quello del tuo Sé: “Io Sono”. Quando puoi dire Io sono, il Verbo che è piantato nelle profondità della tua terra interiore⁸² risuona nella tua Anima e la sveglia, risveglia la tua memoria, ti ricorda che sei un uomo e che in te custodisci il germe divino. La parola pura che esce da te può santificare il Nome, ma se la parola che esce da te è una parola adulterata (adulterare deriva da alterare, che significa: “altro, diverso, falsato”), anche l’Anima si corrompe. La parola è collegata al potere creativo del pensiero (che per l’appunto si chiama pensiero-creativo). È quindi molto importante che tu faccia attenzione a ciò che pensi e a ciò che dici, poiché questo tende a materializzarsi nella tua realtà interiore, e spesso anche in quella esteriore.
6. Centro della fronte – Ajna Chakra
L’Ajna chakra è chiamato anche terzo occhio, occhio interiore. È l’ultimo chakra collocato all’interno del corpo fisico. É localizzato al centro della fronte, fra le sopracciglia, circa due dita al di sopra della radice del naso. Le sue funzioni fondamentali sono legate al conoscere, al percepire e anche al comandare. Il centro della vista è il più vicino al cervello, ed è quindi strettamente collegato al pensiero. La vista è la sentinella più vicina al “centro del comando”. Per alcuni Ajna vorrebbe dire “dove si realizza il comando”. Anja appartiene al mondo dell’Anima spirituale (il Nous) dove sono custoditi i principi superiori dell’essere uomo. È quindi la capacità di discernimento, di
percepire i ritmi del tempo, di essere in armonia con la luce ed il buio, la veglia e il sonno, il conscio e ciò di cui non siamo ancora consci, l’Ego e il Sé, l’Anima e lo Spirito. Qui ci sarebbe un discorso da fare sulla ghiandola pineale, che è il vero e proprio terzo occhio ed ha la forma di una mandorla, e quindi bisognerebbe fare anche un discorso sull’ipofisi e l’epifisi, la melatonina e la pinalina. A differenza di te, io non ho il gusto dei particolari. A me basta sapere che sviluppando la consapevolezza e aprendo sempre di più la visione dal macro al microcosmo (e viceversa), l’immaginazione potrà produrre l’energia necessaria per realizzare la visione stessa. Bene ragazzo, anzi uomo, se sei arrivato fino al sesto chakra, uomo lo devi essere ormai da un pezzo; direi che sei addirittura un uomo maturo. È una bella impresa quella che ti ha condotto alle soglie della visione interiore. A mio avviso, l’unica impresa che merita di essere compiuta è la ricerca della Conoscenza. Ci sono uomini che non vogliono sapere, loro credono. Ci sono uomini che vogliono sapere, sono quelli che guardano. Ci sono uomini che sanno, perché hanno guardato e visto. Vorrai sapere, e quindi devi vedere. E io (sempre da ignorante quale sono) provo a mostrarti. Allora: l’uomo acquista la conoscenza attraverso l’esperienza. L’esperienza viene decodificata dal corpo, attraverso i cinque sensi che comunicano i dati all’hardware che li elabora, e in tal modo impara. Si conosce toccando, annusando, assaggiando, ascoltando, guardando. Il centro della Vista rappresenta il punto di collegamento fra i sensi psichici e quelli spirituali (si conosce toccando, annusando, assaggiando, ascoltando, guardando con amore e con gratitudine). Guardando dal punto di vista dell’Amore, si può accedere alla sensibilità sottile e vedere, oltre la “realtà” dell’esperienza, la bellezza dell’amore in azione. Puoi vedere “la realtà della realtà”: vivere è bellissimo, la vita è una, non si ferma mai, continua a riprodurre la coscienza di se stessa, perché la vita vuole solo due cose: vivere e crescere in pace, senza rotture di maroni. A questa percezione del Senso della Vita non ci arriverai mai per ragionamento (chissà quante volte avrai detto anche tu: «Beati gli imbecilli, che non si fanno tanti problemi!»). Ci arrivi per intuizione, (da in-tuere, guardare dentro, ricordi?), con una visione interiore non extrasensoriale ma sovrasensoriale, che ti permette di accedere agli archivi dove sono conservate tutte le memorie del ato, i sogni del presente e le immaginazioni del futuro. Ai tuoi tempi ormai lo sapranno tutti: ciò ha il potere di influenzare gli eventi nella nostra vita. Lo
sguardo disincantato della chiara-visione illumina e purifica il subconscio. È lo svelamento di Iside, il cadere del “Velo di Maya”, il superamento dell’illusione, l’andare oltre le apparenze. L’uomo fa la pace con tutti i propri ati e spalanca le porte a tutti i suoi possibili futuri. Più cerca di vedere più si accentua l’intuizione, più sa di aver sempre saputo. Anzi c’è un punto in cui dice: «Ma questo lo sapevo già a sedici anni, anzi, in realtà c’ero già arrivato a cinque anni». È come se il mondo s’illuminasse. Come se tutto acquistasse un senso, un ordine, come se ogni cosa fosse finalmente a fuoco, al suo posto, pian piano la mente si placa, sente che la ricerca sta finendo, e che c’è qualcuno che sta al timone. Quando la mente è in perfetto equilibrio, si apre alla devozione, vede la perfezione dell’ordine e riconosce il senso in tutte le cose; sviluppa la temperanza, la creatività, la dignità e i sentimenti delicati. La sua stimolazione provoca quindi il riconoscimento dell’azione dello spirito nella vita della materia. Qui inizia l’evoluzione spirituale. Il risveglio è una cosa molto bella, è come quando in primavera vedi la natura rinascere: il cielo terso, l’aria profumata, la terra gravida, i fiori, gli insetti, di nuovo i colori, insomma sei stato un bambino e sai di cosa parlo. Quando ti risvegli la natura si risveglia con te, esci dal buio del sogno e vedi di nuovo chiaro, come quando eri un bambino, ma ora hai più esperienze, la tua intelligenza si è già sviluppata, la tua coscienza si è legata una visione interiore, al senso spirituale della vita. Lo stato di sviluppo ottimale di questo chakra è la chiaroveggenza, che non è vedere cose strane ma vedere chiaro. A un bambino, per quanta confusione i genitori, gli insegnanti o i preti abbiano fatto nella testa, basta una farfalla per sentire la meraviglia del Tutto. Il modo migliore per incoraggiare uno sviluppo naturale del terzo occhio è tornare a prestare attenzione a tutte le nostre percezioni, per quanto minime. Tornare a prestare attenzione alle cose, ai suoni, ai sapori, agli odori, ai colori, come fanno i bambini, ma con la coscienza dei grandi. Una mente correttamente bilanciata ha intuizioni, saggezza, percezioni spirituali e idealismo. Un blocco in questo chakra genera confusione, indecisione e insicurezza. Un sovraccarico di energia in questo chakra porta nella mente il dogmatismo, l’autoritarismo, l’orgoglio e l’ingratitudine. Aprire il “terzo occhio” è il simbolo dell’aprirsi alla “visione totale” che vede oltre le dualità. Due sono i petali di questo centro. Il due è il numero della polarizzazione dell’unità primordiale, lo spirito e la materia, ed è il simbolo di tutte le dualità per cui esistiamo. Cielo e Terra sono Uno che diviene Due nel processo della manifestazione cosmica della coscienza. Se ci rifletti bene, vedrai che nessuna
cosa è concepibile senza che immediatamente si concepisca anche il suo contrario. Due è l’archetipo di tutte le complementarità esistenti, ovvero di tutto ciò che è presente o può essere presente nel cosmo e microcosmo: è maschile e femminile, luce e buio, manifesto e non manifesto, mortale e immortale, io e sé, bianco e nero, buono e cattivo. Yin e yang sono il perfetto simbolismo di questa dualità implicita nell’esistenza. Non provare a eliminare la dualità del pensiero, non separare ciò che è unito, poiché è proprio a causa dell’unione della dualità che il pensiero esiste. Il pensiero è l’osservazione del gioco cosmico dei dualismi, la loro incessante ricerca dell’unione, l’occhio è puntato al Centro, al centro del ciclone, dove tutto è immobile. Difatti lo hanno chiamato il motore immobile: quando l’occhio si focalizza sul centro ciò che prima gli pareva caos, diventa movimento, suono e colore. Quella è la casa del Padre, il principio di auto-determinazione e individuazione. Dall’anima superiore, che non si è mai staccata dalla casa, il due converge nell’uno, la dualità è superata e la mente dell’Ego si è svincolata dalle impressioni del mondo esterno, cioè dall’apparenza delle divisioni, e possiede ora l’esperienza del Tutto, anche di ciò che non è ancora accaduto, ma sta per accadere. La veggenza non è altro che lo svilupparsi della capacità umana di pre-veggenza, un dono che il Creatore ha messo in ognuno dei nostri bagagli, prima di lasciarci partire per il campeggio su quest’affascinante pianeta. È un cannocchiale capace di darci una visione di tutte le frequenze luminose e della loro sintesi nella Luce Bianca. Per vedere questa luce è necessario chiudere gli occhi del cervello e aprire quelli della mente del cuore. «Si riesce a vedere bene soltanto con il cuore. L’essenziale è invisibile per gli occhi», dice il Piccolo Principe. Possiamo fare un altro aggio e sapere che proprio l’invisibile è l’essenziale e il reale. «Abbiamo lo sguardo fisso non alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono, poiché le cose che si vedono solo per un tempo, ma quelle che non si vedono sono eterne».⁸³ Anche per Platone il mondo visibile è quello effimero delle ombre, mentre il mondo invisibile delle immagini originarie è eterno. La volontà del nostro vero Sé non è riconoscibile con la ragione ma solo con gli occhi chiusi, cioè con l’intuizione. L’Arciere centra il bersaglio solo quando chiude gli occhi, e non si lascia più influenzare da ciò che dal di fuori entra rumorosamente in lui. Il Veggente nella mitologia è spesso un cieco. L’immagine dell’occhio perduto significa che bisogna offrire un sacrificio all’inconscio (vedi il mito di Odino, il
dio orbo). L’Occhio Voltato è un occhio che viene rivolto verso il profondo. Chi ha raggiunto queste profondità vi resta e non può ritornare indietro senza patire. Quello che è stato raggiunto una volta non può più andare perduto. Si torna dunque indietro solo in apparenza. In realtà il nostro vero Sé farà di tutto per farci ritrovare la strada di casa. Dimenticare il Senso ha soltanto l’effetto di farci diventare esseri umani storpi o mutilati. Nelle fiabe, la meta finale della vita è spesso un regno. Chi lo conquista è sempre quello che nel cammino si fa guidare da percorsi strani, imprevedibili, spesso rischiosi, ma che conducono chi ha il cuore puro alla meta. Il colore dell’Ajna chakra è il blu-indaco, il colore del mistico. La parola “mistico” viene dal greco myein “chiudere gli occhi”.
VI – venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà
Ora chiedi che il Suo Regno avvenga, che si realizzi nella tua Anima. Che la regalità, condizione naturale per l’Uomo, rivesta il tuo Ego e si realizzi nella tua vita. Vivi in una strana epoca in cui tutti vogliono essere liberi e sovrani, ognuno giustamente vuol poter fare, pensare e dire tutto ciò che vuole, ma nessuno pensa che per essere liberi bisogna liberarsi. Di re e regine in giro se ne vedono pochi, la stragrande maggioranza è suddita (per non dire schiava) di desideri i cui veri padroni restano occultati nell’Ombra. In quest’epoca di libertà, ma non di liberazione, tutti si ritrovano dipendenti di qualcun altro: dei genitori, dei compagni, degli amanti, dei figli, degli amici, dei leader politici e religiosi, di sostanze chimiche o di un’ideologia. Povera carne costretta ad arruffianarsi, svendersi e offrirsi agli ordini di piccoli tiranni domestici, che li irretiscono e da cui si lasciano avvilire fino all’indegnità, in cambio di briciole di attenzione e considerazione. Cockerini da salotto che si credono lupi, disposti a vendere la loro primogenitura per un misero piatto di lenticchie con zampone precotto. Eppure duemila anni fa ci avevano annunciato la lieta novella: tutti siamo re e regine, eredi del Regno. Strana civiltà quella delle lucine colorate del Luna Park dei Consumi, un Paese dei Balocchi dove regna sovrana la Paura; paura di non essere amati abbastanza, di non essere come tutti gli altri, di soffrire, di morire. Ognuno ha la sua paura personale, nutrita e sostenuta dalle angosce dell’Ego collettivo, pompate ad arte dai Signori di questo mondo: l’economia è allo sfascio, il clima è impazzito, i barbari sono alle porte di Roma. Schiavi della paura che il ato si ripeta, condannati da questa paura a ripeterlo. Il “Regno dei Cieli” è il Regno dello Spirito Libero, per me vuol dire il Regno del Libero Amore. Vuol dire la fine del Regno del Terrore, un regno in cui prevalgono la pace, la creatività, la benevolenza, la fiducia. Un regno così, diversamente da come credevo a vent’anni, non può essere di “questo” mondo. Ma può esserlo, te lo garantisco “dell’altro” mondo, il mondo interiore. La Guerra Eterna ha stufato. Può nascere dentro di te un sovrano (colui che sta sopra) che veda (è qui che c’entra l’apertura del terzo occhio) oltre la millenaria polemica del Bene contro il Male. Star Wars ha stufato, anche se non tutti, alcuni
continuano a predicare e bandire la guerra contro i “cattivi” che si oppongono all’avvento del loro regno di giustizia e santità. Quando invochi l’avvento del Suo Regno, chiedi che sorga la stella e nasca suo figlio, il Re del Mondo. Del tuo mondo. Il bambino divino, il Sé spirituale, e che lo spirito infonda in te il suo soffio, che ti doni cuore nuovo in cui regni lo Spirito del Padre che è Grazia, e lo Spirito della Madre che è Accoglienza. Il Reverendo Kriyananda dice che il terzo occhio è fatto a forma di stella a cinque punte, e dice, come già aveva detto Leonardo, che la stella rappresenta l’uomo. Ma l’Uomo chi rappresenta? “E Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza»”.⁸⁴ È chiaro che non è stato fatto Dio a immagine dell’uomo, ma l’uomo a immagine di Dio. È chiaro che non siamo identici, noi non siamo Dio, al massimo possiamo essere dei, come dice San Giovanni⁸⁵, eppure c’è qualcosa in noi che, in qualche modo, Gli assomiglia. Almeno un pallido riflesso del divino luccica in ognuno di noi. Noi siamo tutti figli della stella, la Sua immagine stampata nel centro dell’occhio spirituale, la porta attraverso cui la nostra mente può penetrare nel regno interiore dell’Anima. Swami Kriyananda continua la sua dottissima spiegazione dicendo che la Stella di Betlemme è la stella dell’occhio spirituale, la stella dell’Oriente e dell’orientamento, di Gesù e di tutti noi (non siamo forse tutti suoi Fratelli?), che ci ricorda che la Luce Divina si è incarnata nella materia. La Buona Novella è che il Regno è già dentro di te. Ciò che chiedi è già stato dato. Vuol dire che non devi più cercare il Senso della vita, puoi essere la Vita, non cercare la verità, puoi essere vero, non cercare la coscienza, puoi essere cosciente, non cercare più di essere come l’Io Sono, ma lascia essere l’Io Sono in te. Tuttavia, la cattiva novella è che non è stato detto che il Regno è arrivato. È stato detto che si avvicina, che arriva. Il Regno dello Spirito in ciascuno è iniziato ma non terminato. È “già ma non ancora”. Aspetta il tuo sì per realizzarsi. “Venga il tuo regno”, avvenga il Regno dello Spirito nella nostra Terra (interiore), divengano operative le sue leggi, il suo Logos, la sua logica, che è
armonia. Inaudito pensare che stiamo chiedendo che il regno s’installi dentro di noi, né la nostra ragione né la nostra fantasia riescono a concepirlo (proprio nel senso del concepimento). Però in certi momenti di “piccola spiritualità”, nei pochi momenti di “contatto” (con l’arte, la natura, la bellezza di un’anima), ne abbiamo forse colto un assaggio fuggevole. Proprio in questi stati allargati di coscienza (oltre l’Ego) si comincia a intravedere ciò che è il Regno di Dio, la Pace dentro di noi. Nello Stato Ordinario di coscienza (Ego), abitualmente pensiamo o immaginiamo il Regno secondo il modello dualistico del Potere di questo mondo, come vittoria del Bene (noi, una parte di noi) sul Male (loro, un’altra parte di noi). Regni concepiti in questo modo sprofondano sempre nell’iniquità e nei conflitti. Tutte le religioni e le tradizioni sapienziali dell’umanità desiderano la fine della guerra e l’avvento della Pace, cercano la via affinché il Regno di Dio (la Pace Eterna) s’instauri sulla terra e ne bandisca la Guerra Eterna, l’Eterno Inferno. Tutte le mitologie paradisiache dicono che è possibile, e tramandano insegnamenti e metodi per fare sì che ciò avvenga. La fregatura è che non basta chiedere che ciò avvenga. Parlando della nostra Tradizione, noi lo chiediamo da duemila anni, i nostri fratelli maggiori da altri tremila e in tutto fanno cinquemila, ma non avviene nulla, perché? Perché il regno non è un governo mondiale di santi, filosofi, psicologi o illuminati, ma è dentro di noi. Perché esso s’instauri sulla terra è necessario che collaboriamo facendo della nostra vita l’utero che accolga l’avverarsi di tale richiesta. Il Regno non è un luogo, ma uno stato di coscienza nel quale si concepisce ciò che è buono, generoso e disinteressato. Se la vita del regno vibra dentro di noi, anche la nostra vita esteriore vibrerà alla stessa frequenza. Gli esseri umani hanno il compito (la mission si dice oggi) di essere i coltivatori diretti della propria Terra Interiore, di trasformarla in un giardino di conoscenza, dove il Sé potrà venire ad abitare. Di tale regno Gesù diceva duemila anni fa: «È vicino», adesso lo è ancora di più. Sia fatta la tua volontà. Sia fatto ciò che ti piace, sia fatta la tua gioia. Che è anche la nostra: tutti gli esseri senzienti aspirano alla felicità, dice il Dalai Lama. L’essere vuole essere
felice. La felicità, per un essere libero, non è l’eccezione ma la regola. Non siamo nati per essere tristi, sofferenti, anche se nessuno può negare che la vita ci mette davanti al dolore, ma quelle sono le eccezioni, mentre la tristezza, il malessere, la sofferenza che ci procuriamo da soli sono la regola. Ma veramente pensate che sia sensato soffrire dietro a un pirla che non ci vuole e tempestarlo di sms con su scritto T.V.T.B.? La questione centrale è decidere che cosa vogliamo fare di tutto ciò che ci hanno fatto. Vogliamo o no liberarcene una volta per tutte? È questa la nostra volontà? E allora che si faccia. Se vuoi elevarti verso la Luce e la Gioia, non avverrà spontaneamente, come per gli alberi, dovrai deciderlo con un Atto di Volontà. Dipende da ciò che vuoi “veramente” e da ciò che scegli di fare. Solo caricandoti sulle spalle il tuo fardello e andando, nonostante tutto, volontariamente verso la luce puoi divenire libero. L’Ego è la croce che ognuno di noi porta sulle spalle. Non è facile accettare la propria croce, ma è il nostro karma. Che tu lo accetti o no, te lo cucchi lo stesso. Realizzare nella propria vita, la Volontà del Sé, non è un pranzo di gala (come direbbe il presidente Mao), è una lotta cruenta tra due volontà, una di tornare indietro e una di andare avanti, una vera ione. Alla volontà di Bene si contrappone un’altra volontà. A ciò che desidera la nostra Anima, il nostro “cuore”, si oppone quello che vuole la nostra “testa”, il nostro Ego. Due volontà che si oppongono, che si respingono, fino a che l’Ego non si arrende e trova un accordo con l’inevitabile. Anche l’Ego di Yehoshua, che non era certo quello di uno sfigato, era disperato in previsione della morte. Il suo corpo sotto questo orribile stress ha sudato sangue. Anche il suo, come il corpo di ognuno di noi, non ama il dolore e teme la morte. Come qualunque uomo sano di mente si sarebbe certamente risparmiato quell’esperienza, se avesse potuto. Solo un pazzo o un fanatico si avvia cantando gioiosamente verso una morte ignobile. I veri eroi sono quelli che non vogliono morire, che di fronte all’assurdo gridano: «Eloì, Eloì, lamma sabactani (Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato)?».⁸ Ma non mollano. Sto parlando della volontà umana di resistenza, quella di milioni di uomini che nonostante tutto sono stati capaci di sopravvivere all’odio e di non cedere sotto i soprusi di una violenza ingiusta, uomini capaci di resistere alla follia e all’assurdo, decisi a vivere e non solo a sopravvivere. Uomini capaci di continuare, caparbiamente, ad affermare che nonostante la sofferenza, l’assurdità, la solitudine e la morte, esiste il senso. Uomini capaci di fronte all’inevitabile di chinare l’Ego e mormorare: «Se è possibile, i da me questo calice, però non come voglio io, ma come vuoi tu».⁸⁷ Lasciare che avvenga la
volontà della vita, significa che riconosciamo il Senso di Tutte le cose, le visibili e le invisibili, che ci siamo ancorati saldamente alla Sincronicità del destino. Sia fatta la tua volontà. Sottintende un’ascesi fatta di pazienza, attenzione e tenacia. Nella preghiera del Padre Nostro non si chiede a Dio di fare la sua volontà, ma di farla avvenire in noi. Non si chiede neanche di fare la volontà di Dio, piuttosto di lasciare che la volontà del Sé avvenga (del resto, in un modo o nell’altro avviene sempre. Come diceva tua nonna: «Dove non vuoi andare, ci corri»). Rilassati, puoi smettere di continuare a credere di dover intervenire sempre negli avvenimenti, di poter far sempre qualcosa. Siediti, fa silenzio e ascolta la voce del tuo vero Sé e, lascia, dal di dentro, che ciò che accade si verifichi. Quando preghi, quindi, non tediare Dio perché cambi la sua volontà (la volontà dei fatti) secondo i tuoi desideri, ma piuttosto che egli ti cambi la prospettiva, la visuale, in modo che tu comprenda che la sua è la miglior scelta per te. Lo so che sembrano cavolate da sacrestia, eppure nella mia esperienza mi è capitato a volte di guardare dopo qualche anno alle “tragedie” della mia vita e pensare, sudando freddo: «Meno male che mi hanno fermato, anche quella volta l’ho scampata bella!». A volte veniamo avvertiti da presentimenti, stati d’animo ansiosi o tristi, da sogni, lapsus, oppure, se non la capiamo, da avvenimenti che favoriscono o impediscono il proseguire in una direzione. Ci mettiamo in cammino, belli tronfi e pieni di progetti, ma ad un tratto ci troviamo davanti una figura che proviene da un’altra realtà e che influenza il nostro percorso. Quella figura è l’angelo custode, che viene da una realtà interiore, di cui siamo solo vagamente consapevoli. Eppure da sempre, tutti i bambini lo sanno, ci parla di giorno e ancor di più di notte, e conduce la nostra vita molto più di quanto pensiamo o siamo disposti ad ammettere. Non è la vita esteriore che determina quella interiore ma viceversa e il compito del saggio è allineare quella a questa. La vita esteriore, in qualche misura, possiamo cercare di progettarla e pianificarla, ma è l’altra che decide, e non ci sono cavoli, semplicemente accade. Ma non a caso. Se fai star zitto quel tuo Ego che crede di far sempre tutto lui e osservi attentamente la tua vita con l’occhio interiore, o con lo sguardo del senso, vi
potrai scorgere un disegno. Scorgerai che la trama della tua storia è misteriosamente tessuta secondo un ordine stabilito. Chi ne è l’autore? I religiosi dicono: Dio. I cinesi parlano del Tao. Gli atei dicono il Caso, gli agnostici “qualcosa”. Gli psicologi (perlomeno quelli junghiani) dicono: è il Sé, l’interezza della persona che comprende la coscienza e l’inconscio. È Il Mastro interiore, o il vecchio saggio, che sulla nostra vita sembra saperne molto più di noi. Ogni tanto lo si incontra nei sogni o nelle meditazioni. A me piace l’immagine del vecchio saggio, me lo raffiguro più o meno come un vecchio contadino, fiducioso e disincantato. Uno che la sa lunga. Come quello di questa storiella taoista: “A un contadino era scappato il cavallo. I vicini per consolarlo gli dissero: «Che disgrazia!». Lui rispose: «Può darsi». II giorno dopo il cavallo ritornò, portando con sé una cavalla incinta. I vicini commentarono: «Che fortuna!». Il contadino rispose: «Può darsi». Il giorno seguente suo figlio si ruppe una gamba cercando di domare la cavalla selvaggia. I vicini esclamarono: «Che disgrazia!». E il contadino: «Può darsi». Poi, nel villaggio arrivò un messo dell’Imperatore che ordinò la leva obbligatoria per tutti i giovani, il figlio del contadino, invece, venne riformato per via della gamba rotta. I vicini, a questo punto invidiosi, sibilarono: «Che fortuna». E il contadino: «Può darsi!». I contadini hanno visto are tutte le stagioni, la pioggia e il freddo, il sole e il caldo, gli anni di vacche grasse e quelli di vacche magre, ma non hanno mai visto interrompersi i cicli, sanno che la vita rinasce sempre e che tutto si coordina in base a una saggezza superiore, che conosce anche ciò che non è ancora manifesto. La vita, tignosa come la gramigna, trova sempre il modo di tirarsi fuori dalla Terra. La volontà della vita è ciò che, nella profondità della nostra Terra interiore, vogliamo anche noi: vivere. È la volontà del nostro Vero Sé (il Sé-Bios lo chiamano i sociologi) ed è perciò in connessione con la volontà profonda del nostro istinto a vivere, affermarci, fruttificare e liberarci. Tuttavia la ragione egoica, legata alla superficie della Terra, non riconosce questa parte “celeste” nascosta nelle sue profondità. Tenta di imporre come un asinello testardo (e difatti San sco chiamava così il
corpo, ed è per questo che il Cristo entra nella Gerusalemme cavalcando un asinello). Alla fine il nostro Ego si piega, ma ancora contratta, vuole spiegazioni, non si fida. In realtà, se solo sapesse vedere saprebbe cogliere la Volontà del Suo Bene nei mille segni in cui l’esistenza lo fa imbattere. Dio non gioca a nascondino, essendo infinito non può andare da nessuna parte, altrimenti ci verrebbe incontro, per cui se ne sta lì buono in paziente attesa, ma ha mandato e manda continuamente i suoi messaggeri, che vivono nelle cellule, nel dna, negli atomi di questo universo, a spargere mille indizi affinché lo troviamo. Ha perfino mandato a dire a qualcuno (non mi ricordo se a Giordano Bruno o a Sant’Agostino: «Non mi cercheresti se non mi avessi già trovato»). Basta guardare i cicli delle stagioni della nostra vita, che continuamente si rinnovano nel loro fluire e rifluire. Come Pollicino, possiamo ricostruire il percorso della nostra vita seguendo i sassolini che le nostre guide lasciano strada facendo, intanto che ci stanno riportando a casa. Rilassati e goditi la crociera, al timone c’è un vecchio Lupo di Mare, goditi il panorama, il tuo vero Sé ti porterà in porto. Parlare di queste cose mi manda in confusione. Compiere la volontà di Dio vuol dire affidarsi al Tao, allo scorrere del fiume della vita interiore. Lo spirito di Dio è la sorgente segreta da cui sgorga il nostro essere e il nostro agire. Ne consegue che la realizzazione dello scopo della nostra esistenza (e il senso della nostra vita) è ritrovare quella sorgente, immergerci dentro e lasciarsi guarire. Tutto il resto lo fa Lui, se lo lasciamo fare e ci lasciamo fare, provvederà a prendersi cura dell’evoluzione del nostro processo vitale: fisico, animico e spirituale (per cui, per chi ci crede, anche karmico).
COME IN CIELO e così in terra
In cielo la volontà di Dio si manifesta sempre senza alcuna obiezione; le creature agiscono in accordo e in armonia col suo volere. E qual è questo volere, tutti lo sanno. È come gli italiani con la nazionale: ognuno sa cosa si deve fare per far vincere la squadra. Per non parlare degli specialisti di Dio, ognuno sicuro di averlo inteso per il verso giusto, l’unico, il loro. C’è una cosa su cui tutto l’universo, il visibile e l’invisibile può trovarsi d’accordo: la volontà di Dio in loro, dall’infinito atomo fino alle supreme galassie, si manifesta come impulso alla crescita, all’espansione, all’aggregarsi in forme sempre più complesse, di cui la coscienza è l’apice, perché è l’unica in grado di resistere alla forza cieca dell’entropia. Tutto può essere distrutto, ma non la coscienza che la vita ha raggiunto di se stessa. La nostra coscienza (che non comprende ovviamente la parte di cui siamo ordinariamente consapevoli) è fatta a immagine e somiglianza di quella di Dio. Vuole espandersi, conoscere, essere infinita. Là dove la volontà di crescita della nostra coscienza inferiore si armonizza con la volontà di crescita della nostra coscienza superiore, si realizza il regno di Dio. Dentro di noi. Precisamente «In mezzo a voi, poiché ecco, il Regno di Dio è dentro di voi»,⁸⁸ esattamente nel cuore. Fai dunque festa e sii felice, perché ha anche detto: «In verità vi dico, chiunque non lo accoglie come un fanciullo non vi entrerà».⁸ Se ritrovi lo sguardo spirituale e innocente del bambino che sei stato (io me lo ricordo), un giorno i tuoi occhi saranno lo specchio del Cielo. Ti rispecchierai nel Cielo. La grande opera sarà compita. Tu diventerai una stella di Davide, che è la rappresentazione del chakra della Visione: l’unione di due triangoli, quello con la base verso il basso (la Terra) punta all’alto (il Cielo) e quello con la base verso l’alto (al Cielo) punta verso il basso (alla Terra). La stella di Davide è dunque espressione delle nozze divine che si compiono in Cielo come in Terra. Come sopra, così sotto, lo ha insegnato anche il vecchio Ermete Trismegisto (il TreVolte-Grande). Ma a questo punto è già affare del prossimo chakra, quello dell’Incoronazione.
7. Centro della corona – Sahasrara chakra
Kether, la Corona, è chiamato anche Centro del Vortice o addirittura Chakra Mentale, per dire che è un chakra non fisico. Il suo centro non è nel corpo (come normalmente lo si intende), ma è esattamente sul confine, tra il tuo capoccione di cinquantaseienne (caspita avrai la mia età) e il resto dell’universo. È quello che Assagioli chiamava il Sé Transpersonale, simbolo dell’identificazione fra l’anima individuale e l’Anima universale, fra l’uomo e Dio, questo è il Tutto-èUno, la realizzazione della suprema beatitudine che consegue la fine dell’ignoranza e della credenza nella separazione. Qui tutto è Senso. Il campo è unificato con il superamento delle polarità nell’Unità della Coscienza Ineffabile. Il lungo viaggio della Kundalini, che dall’Unità del primo chakra (il Mistero Primo) si è divisa in due nel secondo chakra e ha cominciato a risalire come una doppia elica su per l’albero della Vita, qui si ritrova alla fine del percorso: il Serpente è issato sull’asta. «Mosè fece allora un serpente di bronzo e lo issò sopra un’asta. E avveniva che, quando un serpente mordeva qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, viveva». ¹ Il serpente innalzato al settimo chakra è il serpente guaritore, in cui tutte le divisioni si trovano non solo riunite, ma semplicemente superate nel Mistero Ultimo. In esso sono contenute tutte le forme, i fili del grande arazzo della Realtà, è qui che ognuno ritrova il suo. Al Centro della Rosa Mistica sta il Nome della Rosa, da cui tutto origina e a cui tutto ritorna, l’Eden, il Nirvana. È qui che il Padre si unisce con la Madre ed è da questa unione che scaturisce il nettare della vita che illumina tutto l’essere. I pittori lo raffigurano come l’aureola dorata intorno alla testa dei Santi. Possiamo definire il settimo chakra come una porta Wi-fi, l’interfaccia tra la coscienza individuale del nostro computerino portatile e quella del calcolatore Universale. La sua qualità fondamentale è recepire la volontà di sviluppo in relazione al cammino spirituale dell’individuo (che vuol dire quanto può reggere di memoria il portatile). Questo chakra è considerato il punto da dove l’anima entra al momento del aggio della nascita e da cui se ne riesce al momento del aggio della morte.
Nella meditazione possiamo attivare il chakra della corona, focalizzando la nostra attenzione su mandala o mantra specifici, nel nostro caso sul settimo versetto del Padre Nostro: “Sia santificato il tuo nome, Padre nostro che sei nei cieli”. Questa attivazione ti permette di accogliere la discesa dell’energia della grazia e di distribuirla sia al corpo mentale che a quello fisico. Il chakra della corona è il portale d’ingresso dell’energia spirituale, è il Centro di unione dell’Anima Superiore con l’Anima Personale. Questo ti permette di sperimentare direttamente (e sperimentare non è possibile in nessun altro modo) il collegamento con la coscienza universale, puoi essere consapevole della tua esperienza come parte dell’esperienza di un Tutto più vasto e sentirti parte integrante di questo Tutto. Questo è “sentirsi a casa”. Il colore del settimo chakra è il viola, un colore meditativo e devoto. Non a caso bandito assolutamente da tutti i “Teatri di posa”. Qui non ci sono “pose” che tengano, sei collegato con la sfera dell’essere, sei su un piano di spiritualità superiore, personale. L’attivazione di questo chakra rende l’individuo consapevole della propria personale spiritualità e della suo potenza creatrice. Qui la coscienza si apre e si dilata fino all’identificazione personale con l’Infinito. E qui bisogna stare accorti. Difatti quando l’energia in questo Centro non gira bene si possono creare situazioni di turbamento mentale, dalla Superbia sino alla paranoia.
VII – SANTIFICATO SIA IL TUO NOMe
Il nome è un’energia che esotericamente “partecipa” dell’essere che è nominato. Secondo le tradizioni animiste la conoscenza dei nomi segreti delle cose e degli esseri conferisce potere su di loro. Ogni essere infatti possiede un nome vero, nell’antica lingua che precede la dispersione degli idiomi. Adamo diede il nome a tutti gli animali dei campi e a tutti gli uccelli dei cieli, proclamando così il suo dominio su di essi. E quando Dio gli portò la donna diede il nome anche a lei, e la chiamò moglie. E lì nacquero i casini. L’invocazione del Nome è il mezzo attraverso cui la Presenza interiore si manifesta al nostro corpo cosciente. Santificato sia il tuo Nome, non riguarda una parte di Dio, ma la sua essenza. «Qualsiasi cosa si possa pensare di Dio, una cosa è certa per tutti: Dio è Spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo ² in spirito e verità». ³Ecchevordì?!? Il valente teologo Vito Mancuso ⁴insegna che la maniera più semplice per metaforizzare il concetto di Spirito è il concetto di Energia. Ne risulta perciò che chi ama smisuratamente e brama con ardente desiderio l’Energia, deve farlo energeticamente. Questa Energia è stata chiamata in occidente Spiritus (maschile), Pneuma (neutro), Ruah (femminile). Non è determinabile, né definibile, Dio nessuno l’ha mai visto né tantomeno posseduto, è come il vento che “…soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai donde viene e dove va”. ⁵ Questo vento è vento di ione , noi lo chiamiamo Amore. E difatti San Giovanni dice che l’essenza dello Spirito (dell’Energia) è amore. ⁷ Amore vuol dire attrazione e integrazione. Amore è affabile accoglienza, ospitalità sacra, l’armonia relazionale che ci permette di realizzare la pienezza dell’esistenza, perché l’Amore riproduce nel microcosmo la logica del macrocosmo, tesa da sempre all’armonia relazionale. Dio si manifesta nella relazione di amore, infatti: «Dovunque sono due o tre riuniti nel mio nome, ivi sono anch’io in mezzo a loro». ⁸
Perciò, se ciò che si brama apionatamente è Amore (essere accolti affabilmente), è necessario amare (accogliere affabilmente). Sul fatto che si debba amare in verità non c’è niente da dire: nessun amore è Amore se non è Vero. L’Amore necessita della Verità per manifestarsi (Epifania). La verità di un amore come quella di un uomo si manifesta nella congruenza fra i pensieri, le parole e le opere che lo animano. Santifichiamo il nome dell’Amore quando smettiamo di definirlo, di etichettarlo, di rinchiuderlo nella prigione dei nostri pregiudizi e dei nostri preconcetti dovuti alle nostre paure e ai nostri bisogni. L’Amore non si può pensare, non si può dire. Si può solo vivere. Come Dio. Finalmente, ho trovato la risposta alla domanda che mi ha perseguitato per tutta la vita: «Ma tu, perché mi ami?» domanda micidiale quant’altre mai, la prova del nove. Non ho mai saputo rispondere, con conseguenze che ti lascio immaginare. Finalmente so la risposta! Fatemi pure la domanda, la risposta è: «E che cazzo ne so? Nessuno lo sa. È perché sì, ma non c’è un perché». Dissacriamo il nome dell’Amore quando cerchiamo di spiegarlo, di trovargli un perché e allora lo comprimiamo in categorie che non ce la faranno mai a contenerlo. Perché si ama una persona? Perché è simpatica, intelligente, affascinante e scopa da Dio? Può darsi, ma tutto questo non basta a spiegare tutto il mistero dell’amore, non dopo i diciotto anni almeno. Il fascino, la simpatia, la bellezza, la perizia sessuale, l’affidabilità, la condivisione, la solidarietà sono motivi d’amore, non ne sono la causa. Perché la causa dell’amore è nell’amore stesso. L’Amore è Causa Sui. L’amore è inspiegabile, infinito, ineffabile, nessuna immagine (per quanto sexy) e nessun concetto (per quanto astratto) lo può contenere, sarebbe sempre e solo un simulacro, una falsa immagine. Un idolo. L’amore è. E basta. Tanti altri sono i Nomi di Dio (Yhwh, Eyeh, El, Elohim, Yah, Adonai, Shaddai, Shabbaot…) sono tutti nomi che indicano esperienze progressive dell’ascesa verso il trascendente. Quello che noi preferiamo è quello che usava Gesù: Abba, papà. Pronunciare questo Nome significa riconoscere la sua paternità e la nostra figliolanza. Incoraggiati dal suo Figlio Primogenito, osiamo dire all’ineffabile (Yhwe), a Io Sono (Eyeh), al Senso (El), all’armonia dei mondi e degli esseri (Yah),
all’Energia creatrice (Elohim), alla grande Madre (Shaddai), al Signore dell’Universo (Adonai), alla Giustizia stessa (Shabbaot): Padre. Santificare il nome del Padre significa renderlo orgoglioso del figlio. Che siamo noi. Amando il figlio rendiamo onore al nome del Padre, l’Amore.
Padre nostro…
Caro figlio, vivi in un tempo in cui sembra che il Padre non conti granché. Facilmente si pensa che possa essere sostituito da un bancomat o da un assegno di mantenimento. Per un palestinese di duemila anni fa sembra invece che il Padre fosse una figura importante. Anche se lui non lo chiamava Padre, un appellativo formale, un nome che non dà confidenza al figlio, Gesù aveva un rapporto molto intimo con suo padre, molto confidenziale, Yehoshua lo chiama “Abba”. Abba significa papà. È il nome con cui i bambini palestinesi chiamavano il loro papà e il nome che usano tutti i bambini del mondo: “babbo” o come mi chiamavi tu: “papi”. Detto per inciso la parola Abba è considerata una delle rare parole autentiche, pronunciate realmente da Yehoshua, le altre sicuramente attribuite a lui sono: «Amate i nemici». Gesù non vede suo Padre come un vecchio patriarca con la barba bianca e lo sguardo austero, autoritario e distante, ma come un papà. Per di più un papà un po’ ansioso; difatti quando il figlio pazzariello, preso dalle smanie dell’adolescenza se ne va di casa, lui lo lascia andare, perché sa che i figli hanno il diritto di correre i loro rischi per poter crescere e trovare la loro strada, ma poi sta tutti i giorni a spiare la strada per vedere se ritorna. E quando, come spesso succede ai ragazzi che se ne vanno di casa, il figlio ritorna smagrito e dolorante non gli rimprovera nulla, non gli dice: «Hai visto a voler fare di testa tua, te l’avevo detto io, che…» ma lo rialza, lo riveste, lo porta in casa e ordina la Festa. Il padre sa, perché anche lui ci è ato, che il figlio non è perfetto, è un essere umano. Sa che quando si è giovani, come è stato anche lui un tempo, si è impulsivi, impazienti, a volte collerici, la gioventù è un’età di contrasti. Questo padre è un buon papà, uno che sa che più il figlio è “matto” più bisogna stargli dietro, e Gesù ha imparato da lui, tutti gli sfigati di Terra Santa erano suoi amici; emarginati, poveri, prostitute, ladri, lui li raccoglieva per le strade, se li portava appresso, mangiava e beveva insieme a loro. E non solo a Natale ma tutti i giorni. Anche Gesù era un buon papà. Come disse il buon papa Albino Luciani il 10 settembre 1978, diciotto giorni prima di morire: «Noi siamo oggetti da parte di Dio di un amore intramontabile. Sappiamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte. È un papà, più ancora è madre». Il lampo
di una cometa attraversò il cielo della Chiesa Cattolica, papa Albino Luciani diede al pensiero teologico cristiano una provocazione innovatrice che si espandeva fina all’ambito scientifico, affermando che “Dio è padre e anche madre”. Purtroppo il suo papato non fu capito, durò appena trentatré giorni. Come gli anni del Cristo. Dio è un papà che è anche una mamma: la più profonda verità misconosciuta da tutte le religioni patriarcali. Identificare Dio solo col Padre è un grosso abbaglio, come del resto identificarlo solo con la Madre. Dio non è né il padre né la madre, è l’amore tra di loro, l’atto generatore. È pur vero che la materia prima c’è l’hanno messa un padre e una madre, ma noi non siamo nati da ognuno di loro, bensì dal loro amore. Siamo figli dell’amore, poi siamo anche i figli del papà (il principio maschile) e della mamma (il principio femminile). Ma il vero genitore è l’amore. Perciò quando il dodicenne Gesù disse ai suoi genitori che lo interrogavano smarriti dopo che se lo erano perso a Gerusalemme, che era venuto ad occuparsi delle cose del Padre, intendeva dire che era venuto ad amare. Se Dio è un termine che vuol indicare il Genitore, il Creatore primo, lo può fare solo quando integra in sé, l'aspetto sia paterno che materno. Sia dello spirito che della materia. Tutte le guerre sono stupide e fatte da stupidi. La più stupida di tutte le guerre è quella fra maschi e femmine ed è orribile quando è fra padri e madri. Purtroppo a molti di noi è toccato farne le spese. È scritto che: «Dio creò l’uomo (s’intende l’essere umano) a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò…».¹ L’uomo è stato generato dall’unione del principio maschile con quello femminile ed è quindi (uomo o donna) sia maschio che femmina a immagine dell’Uno, che è sia padre che madre, sia la loro Unione. Il Dio cui si rivolge Gesù è un Padre che ci dà le regole, i codici degli ordini della vita e ci indica un Senso (come ogni buon padre), ma anche un Essere capace di perdonare le trasgressioni e di accoglierci nei nostri bisogni (come una buona madre). Un uomo (o una donna) diventa un essere umano quando è giusto e misericordioso, quando riunisce in sé, a immagine di Dio, il Logos del Cosmo e il Caos dell’Eros. Il Padre non è solo colui che dà lo start alla vita, è anche colui che comunica i codici di attivazione del programma vitale. È anche e soprattutto colui che
comunica al nuovo essere il suo proprio nome. È il papà che dona il nome proprio al bambino. Quando il padre gli dà il nome, lo riconosce e il figlio non è più una proprietà, non è un oggetto che appartiene a qualcuno, è una persona. Dandogli il nome il padre lo riconosce simile a lui e contemporaneamente diverso da lui, come lui portatore di un Senso unico, nato dall’amore di lui e della donna che questo amore ha fecondato, ma portatore di un suo personale amore. Rivelandogli il suo nome personale, il padre riconosce il bambino come un essere autonomo da sé e distinto dalla madre. Dona al bambino la libertà. La possibilità di essere uomo fra gli uomini, fra pari, soggetto a una legge che è uguale per tutti (ovviamente non sto parlando della legge dei tribunali ma della legge dell’evoluzione). La Madre è istituzionalmente incapace di guardare al suo bambino come un uomo uguale agli altri uomini, per lei qualsiasi cosa faccia o diventi suo figlio sarà per sempre il suo bambino speciale. L’amore della madre è motivato dall’istinto, quello del padre è una scelta. Il padre riconosce il figlio solo dopo che lo ha visto e lo sceglie, solo in quel momento diventa padre, la madre invece diviene madre quando sa di essere incinta. La madre nutre e alleva il figlio, il padre ne è il custode, e quando il figlio non ha più bisogno di essere custodito lo lascia andare, non è più il suo papà, è un suo consigliere, a volte una guida. È un adulto di fronte ad un altro adulto che rispetta e da cui pretende rispetto. «Dì soltanto una parola e io sarò salvato».¹ ¹ Quella parola è “figlio”. «Tu sei il mio amato figlio nel quale mi sono compiaciuto – e poi lo benedice – dice bene di lui presentandolo alla comunità – questi è il mio amato figlio, in cui mi sono compiaciuto. Ascoltatelo!»¹ ² Il Nome che ci ha dato il Padre ci separa dalla mater-materia, ma ci fa entrare in relazione con la Mater Divina. Sappiamo allora che la nostra nascita non è dovuta al caso, ma ad un amore infinito del genitore. Non sono suo perché mi ha fatto, ma perché mi ha dato la possibilità di venire alla luce. Riconoscendomi figlio non più del cieco caso, ma di un Progetto del Padre, allora onoro il padre e la madre, perché attraverso di loro ho avuto il dono della vita, e non fosse altro per quello se lo meritano.
…Che sei nei cieli
Nei Cieli, non in Cielo. Secondo i mistici che li hanno veduti o gli esoteristi che li hanno immaginati, o i sommi poeti che li hanno sognati, ciò significa che nel Cielo (o nella Coscienza) esistono diverse dimensioni. La tradizione cabbalistica ha dato loro un nome: Kether, Hokmah, Binah, Hesed, Geburah, Tiferet, Netzach, Hod, Iesod e Malkut. Sarebbero le dieci sefirot (emanazioni dell’Ineffabile) che costituiscono l’Albero della Vita. Tali mondi (stati di coscienza) sono popolati da una moltitudine di creature, che sono tutte le gerarchie angeliche. Nei cieli dell’Anima Superiore, l’inconscio noetico, fluttua il Sé, ed è in quella casa che noi vogliamo tornare e lo possiamo fare proprio perché là dove è il Padre un Giorno sarà anche il figlio, dato che sono una cosa sola¹ ³, come la vite e i tralci.¹ ⁴ Tutto questo è il padre nei cieli del settimo chakra, il suo mantra è Aum (Amen = Così è), l’origine di tutti i suoni, il “verbo creativo”. La sillaba che scaturì dall’Uovo Cosmico al momento della nascita dell’Universo rappresenta l’onda sonora che generò il mondo, e che ancora lo pervade. Amen.
Bibliografia
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¹ Spinoza chiamava la sostanza infinita “Deus sive Natura” (Dio oppure Natura). Albert Einstein, interrogato su quale Dio credesse, rispose:«Credo nel Dio di Spinoza, che si rivela nell’ordine armonioso della Natura, non in un dio che si cura dei destini e delle azioni umane» . Non era scemo Einstein.
² La parola ebraica Nashah significa “respirare insieme”.
³ Dalla radice shlm, “essere intero, sano, essere senza danno”.
⁴ L’etimologia del termine obbedire viene dal latino oboedire: ob = davanti, audere = ascoltare. Significa: dare ascolto.
⁵ Dal greco apòkhriphos: nascosto, segreto.
Cfr. Karl Frielingsdorf, “Ma Dio non è così. Ricerca di psicoterapia pastorale sulle immagini demoniache di Dio”. Ed. San Paolo, Milano
⁷ Viktor Frankl, “Dio nell’inconscio”, Ed. Morcelliana
⁸Hanna Wolff, “Gesù psicoterapeuta”, “Gesù, la maschilità cellulare”,“Vino nuovo, otri vecchi”, Ed. Queriniana
Anselm Grün, “L’arte di perdonare”, Ed. Il Messaggero
¹ Roberto Assagioli, “Psicosintesi. Per l’armonia della vita”, Ed. Astrolabio
¹¹ Viktor Frankl, “Dire di sì alla vita, nonostante tutto”, Ed. Elledici
¹² La sostanza unica e indefinita (come ben sai ora che studi Spinoza) della quale le entità individuali, mentali e fisiche, non sono altro che variazioni temporanee, come onde sulla superficie del mare.
¹³ Anselm Grün, “Per vincere il male. La lotta contro i demoni”, Ed. San Paolo.
¹⁴Genesi 28,12
¹⁵Gv 1,51
¹ Mt 3, 3
¹⁷ AA.VV., “La spiritualità dell’imperfezione”, Ed. Lyra
¹⁸ In aramaico si scrive “amen” e si pronuncia “amèn”. Deriva dal verbo “aman”, che nel significato vuol dire “essere fermo, stabile”, indica un’affermazione, un’accettazione.
¹ Salmo 148
² Mr 18,3
²¹ Lo diceva anche Friedrich Nietzsche: «Ciò che non mi uccide, mi rende più forte», (“Il crepuscolo degli idoli”).
²² Capo Seattle
²³ Joseph Campbell
²⁴ John Gray, “Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere”, Ed. Rizzoli
²⁵ La parola peccato è la traduzione sbagliata della parola greca “hamartia”, che significa semplicemente “errore”, “sbaglio nel tirare una freccia”. Era l’esclamazione di disappunto quando un arciere sbagliava la mira. Secondo l’insegnamento di Gesù, per correggere un ”hamartia” non è necessaria una penitenza, bensì una “metànoia”, cioè un “nuovo modo di vedere”, per poi poter centrare il bersaglio.
² Gn 3,1-24
²⁷Lc 14, 26
²⁸Mc 1,9-11
² Mc 1,12
³ Dal latino aggressus, composto dalla particella ad (verso) e da gradi (andare, camminare, tendere). Aggredire in origine significava semplicemente: andare verso un luogo o una persona per parlare, con il tempo ha acquisito il triste significato di assalire.
³¹ A scanso di equivoci ribadisco che aggressività non ha niente a che fare con la violenza e con gli assalti, ha a che fare con la fiducia in se stessi e nei propri scopi, con la capacità di esprimersi e prendere posizioni, definirsi, proporsi, crescere.
³²Ec 3, 1-8
³³ Esodo 16,3
³⁴ Lc 9,60-62
³⁵ Mt 4, 1-11
³ Mt 6,19-21
³⁷ Lc 12,15-21
³⁸ Gc 5,1-4
³ Matteo 19,24
⁴ Mt 25, 14-30
⁴¹ Mt 5,8
⁴² Mt 12,35
⁴³ Anselm Grün, “Terapia dei pensieri”, Ed. Queriniana
⁴⁴ Mt 23,32
⁴⁵ At 20,35
⁴ In greco si dice agape che significa: accogliere affabilmente. L’amore è la sacra arte dell’ospitalità.
⁴⁷ Mt 19,16
⁴⁸ Mt 15,8
⁴ Mt 23. 13-33
⁵ Mc 23-31
⁵¹ «Noi conosciamo la Verità non soltanto con la ragione, ma anche con il cuore. In quest’ultimo modo conosciamo i principi primi; e invano il ragionamento, che non vi ha parte, cerca di impugnare la certezza. (…) E su queste conoscenze del cuore e dell’istinto deve appoggiarsi la ragione, e fondarvi tutta la sua attività discorsiva. I princìpi si sentono, le proposizioni si dimostrano, e il tutto con certezza, sebbene per differenti vie. Ed è altrettanto inutile e ridicolo che la ragione domandi al cuore prove dei suoi primi princìpi, per darvi il proprio consenso, quanto sarebbe ridicolo che il cuore chiedesse alla ragione un sentimento di tutte le proposizioni che essa dimostra, per indursi ad accettarle. Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce: lo si osserva in mille cose. Io sostengo che il cuore ama naturalmente l’Essere Universale, e naturalmente se medesimo, secondo che si volga verso di lui o verso di sé, e che s’indurisca contro l’uno o contro l’altro per propria elezione. Voi avete respinto uno e conservato l’altro: amate forse voi stessi per ragione?», B. Pascal, “Pensieri”, S. 144-146, B. 277-282
⁵² Desmond Tutu, “Non c’è futuro
⁵³ Mahatma: “grande anima”. Titolo attribuito a importanti maestri e guide spirituali, reso celebre dal Mahatma Gandhi.
⁵⁴ Ahimsa: letteralmente “innocenza”.
⁵⁵ Satyagraha: letteralmente, “fermezza nella verità”. Il termine divenne famoso in tutto il mondo grazie all’omonimo movimento creato da Gandhi quando propose la disobbedienza non violenta come mezzo per lottare contro l’ingiustizia.
⁵ Mt 18, 21-22
⁵⁷ Lc 10, 29-37
⁵⁸I Dodici i di A.A.
⁵ Anthony Enjimittan, “Ecumenismo Cosmico”, Sat Chit Ananda
Mt 5,23-24
¹ Mt 5,25-26
² Mt 5,38-39
³ Gv 18,23
⁴ Mt 5,40
⁵ Mt 5,42
Mt 5, 43-45
⁷ Lc 14,11-32
⁸Mt 5,48
Mt 6, 25
⁷ Gn 1,1-27
⁷¹ Gv 1,1
⁷² Gv 1, 3-4
⁷³ Gn 3,19
⁷⁴ Es 3,8
⁷⁵Gv 4,31-34
⁷ Mt 6,25-33
⁷⁷ Prana, letteralmente “soffio vitale”, è l’energia cosmica che penetra e conserva il corpo e si manifesta nelle creature sotto forma di respiro.
⁷⁸Eucharustia: dal greco, riconoscenza, gratitudine.
⁷ Mt. 4,1-12
⁸ Dt 8,3 in Mt 4,4
⁸¹ Mc 7, 15-23
⁸²Annick de Souzenelle, Jean Mouttapa, “Nel cuore del corpo la parola”, Ed. Servitium
⁸³2 Cor 4,18
⁸⁴ Gn 1,26
⁸⁵ Gv 10,34
⁸ Mc 15,34
⁸⁷ Mt 26,39
⁸⁸ Lc 17-21
⁸ Lc 18,17
Roberto Assagioli, “Lo sviluppo transpersonale”, Ed. Astrolabio
¹ Nm 21,9
² Adorare, composto da ad e orare: rivolgere la parola. Da oris: bocca. Antico atto di particolare reverenza verso qualcuno o qualcosa che si compie portando la mano sinistra alla bocca (oris) indi baciarla e quindi agitarla verso l’oggetto che s’intende onorare (una persona, la statua di un dio, ecc.) fig. Amare smisuratamente, bramare con intenso desiderio.
³ Gv 4, 24
⁴ Vito Mancuso, “Io e Dio”, Ed. Garzanti
⁵ Gv 3,8
Vito Mancuso, “Il principio ione”, Ed. Garzanti
⁷Gv 4,8
⁸ Mt 18,20
Ermanno Olmi, “Lettera ad una Chiesa che ha abbandonato Gesù”, Ed. Piemme
¹ Gn 12-27
¹ ¹ Lc 7, 1-10
¹ ² Mc 1, 9-11 e Mt 17, 1-9
¹ ³ Gv 10,30
¹ ⁴ Gv 15,5-7