a cura di Silvio Sosio
Aliette de Bodard
Fratello della nave
Racconto
Traduzione di Ferdinando Temporin
Prima edizione febbraio 2015 ISBN 9788867756605 © 2014 Aliette de Bodard Titolo originale: Ship’s Brother Traduzione: Ferdinando Temporin Copertina: Tiziano Cremonini Edizione ebook © 2015 Delos Digital srl Piazza Bonomelli 6/6 20139 Milano Versione: 1.0 Font Exo Sans by Natanael Gama, SIL Open Font Licence 1.1
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Sono vietate la copia e la diffusione non autorizzate. Informazioni sulla politica di Delos Books contro la pirateria
Indice
Il libro
L'autore
Fratello della nave
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Delos Digital e il DRM
In questa collana
Tutti gli ebook Bus Stop
Il libro
Una storia toccante ambientate nell'universo delle Navi Madre dell'Impero Viet
Con questa toccante storia dedicata alla nascita di una mente-nave Aliette de Bodard aggiunge un ulteriore tassello al suo universo futuro incentrato sull’Impero Dai Viet. Narrata dal punto di vista della madre che genera la nuova mente-nave la vicenda si focalizza sull’odio del fratello per la sorella parzialmente umana, un ibrido a suo avviso mostruoso generato solo per viaggiare nell’iperspazio e saltare immediatamente nel cosmo attraverso le distanze siderali. Ma il prezzo da pagare non è solo nei termini di umanità della mente-nave ma anche nel terribile stress fisico e mentale che questo parto lascia nella madre dei due fratelli. Una storia umana e straziante, sulle difficoltà di una famiglia e sui rapporti familiari in questo affascinante universo futuro.
L'autore
Aliette de Bodard, scrittrice se di origini vietnamite, è uno dei nomi di maggior rilievo nella fantascienza contemporanea emergente. Vincitrice nel 2007 del prestigioso premio Writers Of Tne Future, finalista nel 2009 al premio John Campbell come miglior nuovo autore, è stata consacrata dalla vittoria al premio Nebula e al premio Locus col racconto lungo Immersione. Il suo romanzo breve Stazione rossa è arrivato in finale al premio Nebula e al premio Hugo. Nata negli Stati Uniti e cresciuta tra gli USA, Londra e Parigi, è perfettamente bilingue; studi di matematica applicata e informatica, ingegnere di professione (la prestigiosa École Polytechnique), ma con precoci interessi letterari che l’hanno portata a frequentare i corsi di scrittura dell’Orson Scott Card’s Literary Bootcamp. Come molti altri autori di ascendenza non anglosassone, introduce nelle sue storie temi tipici di tradizione letterarie cui siamo forse meno avvezzi; nel caso specifico la famiglia, l’onore, il contrasto tra modernità e tradizione, la lotta della donna contro il suo ruolo subordinato; temi ancor oggi attuali nella letteratura cinese e dell’Estremo Oriente in generale.
Dello stesso autore
Aliette de Bodard, Stazione rossa Mosaix ISBN: 9788865304716 Aliette de Bodard, Immersione Robotica ISBN: 9788867752409 Aliette de Bodard, Preghiere di fucine e fornaci Robotica ISBN: 9788867756469
1
Non ti è mai piaciuta tua sorella. Lo so che hai provato a fare del tuo meglio, che rimanevi sveglio di notte pensando alla pietà filiale e al dovere verso la famiglia, pregando i tuoi avi e la bodhisattva Quan Am che ti dessero forza. Ma i tuoi pensieri più intimi erano sempre oscurati dalla paura, quella paura che ti portavi nel cuore come un’ombra Yin. Sono sicura di sapere dove e quando è iniziato. Ti portai con me alla navemente, non avendo altra scelta, perché Khi Phach era sempre lontano, nei suoi giri d’affari sul Ventitreesimo Pianeta. Tu eri un figlio calmo e bene educato e con il Maestro della Nascita c’erano degli assistenti che si sarebbero presi cura di te. Avevi appena compiuto otto anni, eri rimasto alzato tutta la notte per la celebrazione del Tet, e scuotevi la testa ai pacchetti dei regali, dicendomi che non eri più un bambino e che non avevi bisogno di soldi per giocattoli e dolci. Quando sbarcammo dalla navicella, mi fermai un attimo, era quasi arrivata l’ora per tua sorella di nascere, sentii l’intero mio corpo immobilizzarsi, avevo i polmoni in fiamme e i muscoli bloccati. Tua sorella, dentro di me, cessò, per un breve agonizzante momento, il suo muoversi senza fine. E sentii, come sempre accade durante le contrazioni, i miei pensieri scivolare via, giù e lasciarmi, seguendo tua sorella; mi sentii morire, poco a poco, e percepii la mia coscienza spegnersi, come una fiammella. Era affamata, come tutte le Menti, del contatto con una coscienza umana; avvolgeva i miei pensieri e, nel suo desiderio di nascere, stava spingendo per uscire, trascinandomi con lei. Ricordo fotografie e ologrammi di partorienti, scattate dopo la nascita: i loro volti esangui, gli occhi vuoti, i loro pensieri che sbiadivano lentamente come un calare di luna. Per un momento, prima che le mie labbra si aprissero per recitare le preghiere dei Maestri della Nascita, percepii una scheggia di ghiaccio nel mio cuore e una profonda paura nel mio ventre. Mi venne il pensiero che potevo essere io, che sarei stata io, a non essere forte abbastanza…
E poi tutto ò; e rimasi, respirando affannata, nel centro della nave-mente che avevano preparato per mia figlia. – Mamma?– chiedesti. – Sto bene, figlio, – risposi lentamente, inspirando l’aria necessaria e lottando per riuscire a mettere assieme parole che avessero un senso. – Sto bene. Ci avviammo verso il cuore dell’astronave, dove ci attendeva il Maestro della Nascita. Dentro di me tua sorella si agitava e si girava, muovendosi senza un attimo di pausa, il suo cuore palpitava, macchina vibrante, e il peso di metallo e di strumenti ottici gravava sul mio grembo. Le mie mani scorrevano sul metallo curvo dei corridoi, percependo sulle dita un calore viscido, tua sorella pulsava e vibrava e parlava dentro di me, come se fosse già pronta per volare negli spazi profondi. Tu camminavi al mio fianco, guardando ogni cosa con crescente stupore; ammutolito, per una volta, dalle moltissime lanterne rosse che pendevano dalle travi; dagli ologrammi nei corridoi che illustravano scene da La Storia di Kieu e Le Due Sorelle in Esilio; dalle lettere che brillavano sulle porte e sulle pareti. Correvi dappertutto e toccavi ogni cosa, ridendo; e il mio cuore si riempiva del suono della tua voce. Le contrazioni aumentavano, il dolore alla schiena sembrava non andarsene mai; ogni tanto il mio corpo era scosso, e mi morsi la lingua per non piangere. Le preghiere ora scorrevano nella mia mente; parte dell’incessante litania che stavo sussurrando, ancora e ancora, per mantenermi intera, per trattenere la concentrazione sulla mia esistenza. Non ho mai pregato così intensamente in tutta la mia vita. Nella camera centrale il Maestro della Nascita ci stava aspettando con una tazza di tè, appena preparato. Respirai l’odore dei fiori, guardai le foglie muoversi nell’acqua increspata, cercando di ricordare come ci si sentiva a essere leggera sui piedi, essere libera di dolore, di stanchezza, di nausea. – Sta arrivando, – dissi finalmente. Avrei potuto dire qualcos’altro, in un’altra occasione; avrei potuto fare un commento su La Tradizione del Tea, o citare qualche poeta come
Nguyen Trai o Xuan Dieu; ma la mente sembrava avermi abbandonato. – Sta arrivando, – disse, con serietà, il Maestro delle Nascite. – È quasi terminato, zia anziana. Devi essere forte. Lo ero; ci stavo provando. Ma tutto scorreva come lacrime su lucida giada. Ero forte, ma altrettanto lo era la Mente dentro di me. Potevo osservare altre cose nella stanza, vedevo gli amuleti contro la morte e vedevo il sacco in fondo alla camera. Sacco che doveva contenere gli iniettori. Mi avevano chiesto cosa avrei fatto se la nascita fosse andata male, se avessi perduto la mia mente, e risposi che avrei preferito morire. Sembrava facile dirlo, allora; ma ora, che poteva veramente accadere, sembrava molto diverso. Non ti sentii per un po’. Quando ti vidi, eri fermo a guardare il centro della stanza, in silenzio, totalmente immobile. – Mamma … Sembrava un trono; se i troni potevano avere protuberanze e parti di metallo; con una forma che si rigenerava continuamente, come gli spuntoni di un frutto durian. Questo avevo pensato la prima volta che l’avevo visto, quando non avevano ancora inserito tua sorella dentro di me, ma ora non appariva più così ridicolo o innocuo. Adesso era reale. – Qui è dove la Mente viene a riposare, – disse il Maestro della Nascita. Pose una mano nel mezzo della cosa, in una cavità che non appariva molto più grande del corpo di un bimbo. – Come vedi, tutte le connessioni sono pronte. Una massa di cavi, fibre ottiche e prese elettriche, e altre cose che non riconobbi, tutte collegate assieme come un nido di serpenti. – Tua madre dovrà essere molto coraggiosa. Un’altra contrazione mi attraversò, un’onda che ò dal mio ventre alla mia schiena, congelando il mondo che ci circondava. Non mi sentivo più grossa e pesante; solamente distaccata, mentre cresceva in me rabbia e paura. Questo, adesso… questo era vero. Tua sorella sarebbe nata e impiantata nella nave, e l’avrebbe fatta vivere; ed io avrei terminato il mio dovere verso l’Imperatore e i miei antenati. Tuttavia … Vagamente udii il Maestro della Nascita parlare ancora di coraggio, di come fossi la donna più forte che avesse conosciuto; ma in quel momento il dolore
ritornò, e mi abbandonai al pianto. – Mamma! – Sto… bene…– Sussurrai, cercando di sostenere il ventre, cercando di rimanere immobile, di raccogliere i miei pensieri. Lei era forte e determinata, tua sorella, affamata di vita, bramosa del tocco di sua madre. – Non stai affatto bene, – dicesti, e la tua voce improvvisamente sembrava quella di un adulto, seria e composta, intrisa di così tanta paura che ritornai a vivere, per un breve momento. Vidi sul pavimento una pozzanghera di sangue che risplendeva col luccichio dell’olio delle macchine. Che strano, pensai, prima di capire che ero io che sanguinavo, che ero io che stavo morendo un po’ alla volta; mi ritrovai in ginocchio sul pavimento stesso, anche se non ricordo come ci arrivai, il dolore infiammava il mio interno e la mia schiena. Qualcuno stava urlando, pensai fosse il Maestro della Nascita. Ma ero io, ero sempre stata io… – Mamma, – e la tua voce arrivava da molto lontano. – Mamma! – Le tue mani erano bagnate di sangue. Gli assistenti del Maestro della Nascita ti stavano trascinando via, siano rese grazie agli antenati. C’erano mani robuste che mi trattenevano, sussurri che mi dicevano di continuare, di cavalcare l’onda del dolore, di attendere prima della spinta, affinché non mi perdessi del tutto. Dimenticai tutti i miei pensieri mentre tua sorella usciva dal mio ventre. La mia voce era pesante per le ripetute preghiere. Le mie labbra sanguinavano, dove mi ero morsa; mi sforzai di ricompormi, anche se anelavo solamente ad aprirmi come un fior di loto e a sparpagliare i miei pensieri come semi al vento. Ma ti vidi, attraverso la nebbia del dolore. Vidi, mentre chiudevano la porta dietro di te, l’espressione della tua faccia e compresi, allora, che non avresti mai scordato tutto ciò, in qualsiasi modo la cosa fosse terminata. Certamente non lo hai mai dimenticato, e mai lo dimenticherai. Tua sorella nacque senza alcun rischio; anche se, dopo, io rimasi sempre debole, muovendomi per casa lentamente, con le ossa che sembravano diventate di vetro. I miei pensieri sembravano diventati abulici, come se una parte di me avesse seguito lei, fuori dal mio corpo. Ma tutto scomparve quando mi permisero di stare eretta sul pavimento della
nave; quando la sentii prendere vita sotto i miei piedi; quando vidi le pareti colorarsi, il metallo assorbire la lucentezza dell’olio; quando le pitture lentamente svanirono, rimpiazzate da versetti della poesia che leggevo a tua sorella quando era ancora dentro di me, quando sentii una voce più profonda del vuoto dello spazio che mi sussurrava: – Madre. La Nave-Mente fu chiamata Canzone del Pescatore; e quello diventò il nome di tua sorella; ma nel mio cuore lei era sempre Mi Nuong, come la principessa della fiaba, quella che s’innamorò del pescatore che non sapeva di essere osservato. Ma, per te, lei era il nemico. Mettesti via i Classici e i Poeti e mi rubasti libri e olografie che parlavano di nascite e di Menti, leggendo fino a notte fonda. Mi chiedevi mille cose, delle quali molte volte non conoscevo le risposte. Pensavo che tu cercassi di capire tua sorella; non accorgendomi di come mi sbagliavo. Ricordo che sette anni dopo la nascita, mentre Khi Phach era sempre lontano a trattare spedizioni con importanti fornitori, mi convincesti a tenere una festa. Venisti nel mio ufficio e mi dicesti che non dovevo essere così preoccupata per il marito e per i figli. Quasi risi; ma ti vidi così serio, così interessato verso di me, che l’intero mio corpo si sentì più leggero, pieno di calore. – Certamente, figlio, – dissi; e ti vidi sorridere, un’espressione che t’illuminava tutto. Era una grande festa: oltre ai nostri parenti, avevo invitato i miei compagni di scuola, e alcuni dei tuoi amici, così non ti saresti annoiato. Mi aspettavo che tu ti aggirassi per la casa, durante la preparazione, a cercare i tuoi amici o qualche incombenza che dovevi assolutamente risolvere; ma non fu così. Rimanesti in cucina, prendendo piccoli pezzi di questo e di quello, aiutandomi a preparare le insalate e i crostini di gamberetti, preparando le varie salse con un’intensa concentrazione, come se fosse la cosa più importante al mondo. Pure tua sorella era qui, non presente fisicamente, ma si era collegata al sistema informatico della casa, e il suo lucente avatar era in cucina; un piccolo modello della Canzone del Pescatore che fluttuava attorno alla stanza, dandoci istruzioni sulle varie ricette, ridendo quando strappavamo la carta di riso o ci aggiravamo per la cucina alla ricerca di qualche ingrediente mancante. Per una volta sembrava che la sua presenza non ti desse fastidio; e ogni cosa nella casa sembrava… armoniosa e perfetta, il sogno che i Classici
prediligevano. Al momento del pranzo mi stupii di vederti accanto a me; non era alcuna inosservanza all’etichetta, non sono mai stata così ligia a queste cose, come non lo sono stata per altre. – Non dovresti essere con i tuoi amici? – chiesi. Gettasti un’occhiata, distratta, verso l’estremità della sala, dove sedevano i giovani candidati agli esami di mandarino, come te; e un gruppo di pallidi stranieri, provenienti da altri mondi, che sembravano disorientati, cercando di fare del loro meglio per seguire la conversazione. – Sarò con loro più tardi, – dicesti, con un movimento noncurante delle mani. – C’è ancora molto tempo. -C’è pure molto tempo per stare anche con me, – risposi. Spostasti la sedia e ti sedesti con una smorfia. – Il tempo a, – dicesti infine. –Madre… Mi misi a ridere. – Non sono così fragile. – Anche se quella particolare notte mi sentivo debole, le ossa e il bacino mi tormentavano, come ricordando la nascita di tua sorella, ma non te lo dissi. – Certo che non lo sei. – Sembravi imbarazzato, guardando la tua ciotola come se non sapessi più cosa dire. Certo, avevi quindici anni, non eri ancora un adulto, e gli antenati sapevano che pure Khi Phach non era mai stato esperto nell’arte della piccola conversazione. Gettai un’occhiata a Mi Nuong. Tua sorella non mangia, così ava il tempo alla fine della sala, assieme agli avatar di altre astronavi. Conoscendola portava certamente la conversazione sulla letteratura, interrompendosi per poi ascoltare i pareri di tutti. Sembrava che tutto andasse bene, così mi rivolsi alle altre persone che sedevano alla nostra tavola. Dopo un po’ mi ritrovai in una profonda conversazione con Soi, una delle mie vecchie amiche ai tempi dell’Accademia, prestandoti poca attenzione, anche se intervenivi di tanto in tanto nella discussione, portando riferimenti o citazioni che ritenevi opportune. Avevi imparato bene dagli studi. Soi ti guardò. – Meraviglioso ragazzo, direi che sei pronto per gli esami di mandarino.
Diventasti pallido e, deglutendo come dopo aver ingoiato qualcosa che ti si fosse fermata nella gola, rispondesti: – Non ne sono sicuro, zia anziana. – Sei diventato modesto. Ma certo che sei pronto. La paura se ne andrà quando sarai seduto al tuo posto per gli esami, discutendo l’oggetto della tesi. – Ti sorrise affettuosamente. Tu eri però ancora preoccupato; così pensai di parlarti, dopo la festa, per dirti che non avevi nulla da temere. – Infatti, – disse Soi, – dovremmo fare, qui e ora, qualcosa. Una gara di poesia, per dare a ognuno di voi un’occasione per eccellere. Cosa ne pensate, ragazzi? Mi aspettavo che tu rifiutassi, ma mi sembravi interessato. Se c’era una cosa che dividevi con me e tua sorella era il tuo amore per le parole. – Sarei onorato, zia anziana. – Sorellina?– mi chiese Soi, ma io rifiutai. Non so come Soi ci riuscì, ma riunì velocemente molti di loro attorno a un tavolo, preparato con coppe di vino, gesticolando con le sue braccia mentre spiegava le regole della competizione. Gli stranieri, che non parlavano molto bene la nostra lingua, rifiutarono, solamente uno accettò. Tu eri davanti a tutti e ascoltavi attentamente quello che Soi diceva. Mentre Soi assegnava i turni per la composizione della poesia, vidi Mi Nuong volteggiarmi accanto e dissi: – Pensavo che partecii pure tu, con loro. -E perché tu no, Madre? Sospirai. – Ha quindici anni, è fiero di quello che ha imparato. Non ha bisogno di competere con la sua madre quarantenne. – O con sua sorella. – La voce di Mi Nuong era misteriosamente serena, ma certamente, navigando gli spazi profondi e le strane dimensioni che piegavano lo spazio su se stesso, aveva visto cose che noi mai vedremo. – No, – dissi finalmente. Non ero cieca e avevo notato il modo in cui cercavi di evitarla. – Non importa, Madre, – rispose Mi Nuong con lo stesso tono di voce. – Ne verrà fuori.
– Lo dici come se potessi vedere il futuro. – No di certo. – dicesti divertita. – Penso che sarebbe bello. – E rimase silenziosa. Sapevo cosa stava pensando, non aveva bisogno di vedere il futuro per sapere che sarebbe sopravvissuta a tutti noi. Le Menti vivevano per secoli. – Non…– iniziai a dire, ma lei m’interruppe. – Non preoccuparti per me. Non è così male. Ho tante di quelle cose che mi preoccupano, e questo non lo è. – disse con un sospiro. Sapevo che mentiva per rassicurarmi, ma non volli insistere. – Guardalo, è ancora così bambino.E lei non lo era più. Le Menti non maturano alla stessa maniera degli umani. Forse era la loro fisiologia, o il semplice atto di attraversare lo spazio profondo così spesso, ma sembrava umana in maniera inquietante; qualche volta più vecchia di me. – Non puoi paragonarlo a te. Lei rise, sbarazzina, ragazzina senza problemi. – Certamente no. Lui è umano. – Ma è sempre tuo fratello? – chiesi. – Non essere ridicola, Madre. Certo, lui è mio fratello. È così idiota, qualche volta; ma anch’io lo sono. È questo che ci unisce. – La sua voce era colma di divertimento, mentre il suo avatar mi spingeva leggermente, per vedere meglio la competizione. Stavano tutti ridendo in quel momento, mentre uno studioso, leggermente ubriaco, cercava di comporre una poesia sull’autunno e il vino, ma storpiava le parole. Una degli stranieri, solitaria, stava al tuo fianco; seria, senza un sorriso; i suoi occhi erano scuri e attenti. Mentre ti parlava teneva posata una mano sulla tua spalla, sembrava volerti rassicurare, e non potevo fargliene alcuna colpa. – Si preoccupa per niente, – disse Mi Nuong. – Vincerà facilmente. Infatti, quando venne il tuo turno, ti alzasti e, spostando gentilmente la mano della straniera, declamasti una poesia sui fiori selvatici; menzionando, senza fatica, con giri di parole e riferimenti, altri poemi. Sembrava ci fosse un ruscello che scorreva dentro te e dal quale attingevi a piene mani. Tutti ascoltavano in
silenzio, sbalorditi; e fu allora che Soi s’inchinò davanti a te, come un giovane verso l’anziano, e tutti cominciarono ad avvicinarsi per farti le loro congratulazioni. – Hai visto? Te l’avevo detto. Volerà attraverso I suoi esami e avrà la sua posizione di mandarino per qualsiasi destinazione vorrà, – asserì Mi Nuong. – Certo, sarà così, – dissi. Non avevo mai dubitato che tu avessi il mio talento per la letteratura, e l’astuzia e intelligenza pratica di Khi Phach. Ti guardai. Te ne rimanevi immobile, con le braccia spalancate, godendoti gli elogi degli altri, la tua faccia ancora rossa per il declamare della poesia; e guardasti verso di me, vedendomi seduta con tua sorella accanto; in quel momento la tua faccia si oscurò diventando friabile come ghiaccio sottile. Mi attraversò un brivido, come se qualche spirito maligno mi avesse toccato, oscurando, come un’ombra, il sentiero del mio futuro. Ma l’ombra sembrò, per il momento, non materializzarsi; asti i tuoi esami di mandarino con facilità, aspettando un lavoro dal governo. Ti appartasti ancora di più con i tuoi amici, non confidandomi niente di quello che volevi fare. L’estate seguente, dopo i tuoi esami, andammo a trovare Mi Nuong. Tu, io e Khi Phach, appena ritornato dal suo ultimo viaggio. Prendemmo un ascensore fino alla stazione orbitale, dove erano parcheggiate le astronavi, guardando i continenti separati del Diciottesimo Pianeta allontanarsi, sembravano una collana di perle nel mezzo dell’oceano. Sedevi lontano da noi, leggendo un libro che ti aveva dato un amico, un romanzo, proveniente da mondi stranieri, Pianeta di Pericolo e Desiderio, molto di moda quell’estate. Khi Phach ed io guardavamo la terra allontanarsi e parlavamo di cosa ci tenesse in serbo il futuro. All’attracco gli schermi sopra di noi lampeggiarono, avvertendoci che tua sorella era appena arrivata dal Primo Pianeta. Attendemmo, all’esterno del cancello, che scendessero i suoi eggeri, un torrente di Viet e Xuyan che indossavano vestiti e camicie di seta, le loro facce ancora tese per il viaggio, per gli strani suoni e immagini, per le bizzarre distorsioni del metallo, della carne e delle ossa che si avvertivano a bordo di una nave-mente nel profondo dello spazio.
C’erano dignitari della stessa Corte, avvolti in vesti di broccato, il loro chignon adornato di bellissima giada e fermagli d’oro, che parlavano tra di loro sommessamente; un gruppo di monaci col mantello zafferano che non possedevano nient’altro che la loro tunica, le loro facce calme e senza età, che mi fecero desiderare la loro serenità. Ultima uscì una madre con lo sguardo assente di chi era sopravvissuta alla morte della sua Mente, guidata dal marito, come un piccolo bimbo. Le mie mani si contrassero senza che me ne accorgessi, mentre Khi Phach mi tratteneva così forte da farmi male, costringendomi a guardare altrove. – È finita, – disse. – Non dovrai più partorire un’altra Mente. Guardai le mie mani, si vedevano le ossa attraverso la pelle trasparente, non ero più stata la stessa dopo la nascita di Mi Nuong. – Sì, penso che sia così. Ci voltammo ma tu non eri più con noi. Gettai un’occhiata a Khi Phach, lottando contro il panico che mi assaliva. Dopotutto eri un adulto, difficilmente bisognoso di difesa o perdutosi. – Deve essere andato in un’altra banchina, – mi disse Khi Phach. Ti cercammo in altri attracchi, nei negozi, dappertutto, perfino nelle pagode che erano lontane dalla folla dello spazioporto. Finalmente ti trovammo. Eri all’estremità della stazione spaziale, dove attraccavano le astronavi di altri mondi, stranieri che viaggiavano ibernati. Guardavi un gruppo di viaggiatori, la loro pallida pelle ancora intrisa del fluido delle vasche d’ibernazione, che si stavano riprendendo dopo il trauma della rianimazione, sapendo che il sottile filo della comunicazione via ansible era l’unico contatto con il loro pianeta natale, dove tutti avevano lasciato persone care che erano invecchiate e morte durante il loro lungo viaggio. Khi Pach ti chiamò. – Anh! Tu non ti girasti ma rimanesti a guardare gli estranei. – Ci hai fatto are paura, – dissi, appoggiando una mano sulla tua spalla, sentendo la tensione in ogni tuo muscolo. Pensai che fosse lo stress, preoccupazione per la tua nuova vita di mandarino che si avvicinava. – Vieni, andiamo a trovare tua sorella.
Per l’intero tragitto rimanesti silenzioso e chiuso in te stesso. Guardasti Khi Phach che si presentava al membro dell’equipaggio che sorvegliava l’accesso all’astronave, dicendogli che eravamo suoi famigliari. Il volto della guardia s’illuminò, congratulandosi con noi per la bellissima figlia. Mi aspettavo che tu mostrassi la tua gelosia, come accadeva sempre quando tua sorella era menzionata, ma non pronunciasti nemmeno una parola. – Figlio? – Ti chiesi. Percepii il tuo irrigidimento mentre camminavamo lungo il tunnel che ci portava al corpo di tua sorella, mentre le pareti diventavano organiche, e piccole tracce di poesie cominciavano ad apparire, e si sentiva un persistente rumore in lontananza, il battito del cuore di tua sorella che risuonava attraverso l’intera nave. – Tutto ciò è stupido, – dicesti, mentre entravamo. – Cosa è stupido? – chiese Khi Phach – Le Navi-mente, – scuotendo la testa, – non è questa la maniera giusta di viaggiare. Khi Phach mi gettò un’occhiata interrogativa; ero, per una volta, rimasta senza parole. – Gli stranieri viaggiano meglio. – Le tue mani erano serrate, strette a pugno. Ci fermammo nel mezzo dell’entrata, addobbata con lanterne rosse e strofe di parole sulle riunioni famigliari, il modo di tua sorella di darci il benvenuto a casa.
2
So che stava ascoltando, che poteva essere stata ferita, ma ormai era troppo tardi per ritornare indietro, come senza dubbio intendevi fare. – Viaggiano meglio? – chiesi sollevando un sopracciglio. – Per anni ibernati, lasciando indietro tutto quello che possiedono? – Loro non hanno le Navi-mente! – Non guardavi verso me, né verso Khi Phach; ma guardavi le pareti, il corpo di tua sorella che ti circondava. – Loro non si buttano nello spazio profondo, dove nessuno di noi dovrebbe andare, non sbirciano in dimensioni che li rendono pazzi; loro non lo fanno, non fanno nascere mostruosità solo per navigare più veloci attraverso lo spazio. Ci fu solo silenzio quando pronunciasti queste parole. Tutto quello che pensai era che avevo ignorato tutto ciò: i libri dei sacerdoti che avevi portato a casa, i tuoi viaggi alla vicina Chiesa dei Dormienti, e i tuoi pallidi amici stranieri, come quella che ti aveva parlato così intensamente alla festa. – Chiedi scusa a tua sorella, – disse Khi Phach. – Non lo farò. Il suo tono di voce era gelido. – L’hai appena chiamata abominio. – Non me ne importa. Ti lasciai andare, mi allontanai con una mano sul cuore, come se potessi allontanare quelle parole. – Figlio. Chiedi scusa. Per favore, – nel tono di voce che usavo quando eri piccolo. – No. – Appoggiasti una mano alla parete ma, sentendo il suo calore, ti allontanasti subito, come scottato. – Guardati, Madre. Tutto buttato via per la sua vita. Tutte le nostre donne sottomesse, solamente per fare nascere queste cose. Mi sembravi Padre Paolo, tu stesso un estraneo, pieno di quella disperata rabbia
e aggressività; ma, a differenza di loro, tu possedevi ancora una casa, dove poter ritornare. – Non devi difendermi, figlio, – dissi. – Possiamo continuare questo discorso in qualche altro luogo, – agitando una mano per fermare le obiezioni di Khi Phach, -non qui dove tua sorella ci può sentire. Si sollevò il vento all’interno dell’astronave, portando suoni che fischiavano attraversando le stanze vuote. – Abominio…– sussurrò Mi Nuong. – Vieni a dirmi cosa pensi di me, in faccia, nella mia stanza. Guardasti in alto, come se potessi vederla; scoprirla attraverso l’insieme delle fibre ottiche e della carne inserita nella nave. Prima che qualcuno di noi ti potesse fermare, tu scattasti e corresti fuori dall’astronave, facendo piccoli convulsi rumori che sapevo essere singhiozzi. Figlio… Sarei corsa pure io, ma Khi Phach mise una mano sulla mia spalla. – Lascia che prima si calmi. Lo sai che non puoi discutere con lui quando è in quello stato. – Mi spiace, – dissi a Mi Nuong. Le luci lampeggiarono e la nave sembrò contrarsi un po’ su se stessa. – È impaurito, – mi rispose lei. – Questa non è una scusa, – disse Khi Phach adirato.
3
Ma lui non era stato là durante la nascita, non poteva ricordare quello che ricordavo io, l’ombra che si era introdotta come una scheggia nel tuo cuore e che oscurava ogni cosa. – Me lo dovevo immaginare, – dissi. Perché era stata colpa mia, perché non l’avrei mai dovuto portato sulla nave, quel giorno. Cosa avevo mai pensato, avevo creduto forse che altri avessero potuto proteggere mio figlio? – Non ti devi tormentare, – mi disse Mi Nuong. Mi appoggiai a una parete, dove scorrevano righe di poesia; di canzoni di pescatori che, sul fiume, facevano volare cormorani; di guerre dove madri perdevano adorati figli come fossero collane di perle; della bellezza dei fiori d’ibisco, destinati ad apire e diventare nulla, proprio come faremo noi quando moriremo e diventeremo cenere. Pensai a quanto eravamo piccoli e insignificanti rispetto al mondo, che non significava nulla il nostro addolorarsi e sentirsi in colpa. – Non posso non farlo, – dissi. – lui è mio figlio, così come tu sei mia figlia. – Te l’avevo già detto. Lui capirà. – Lo spero. Parlami del tuo viaggio. Come è stato? Lei rise, una risata spensierata, da ragazzina. – Bellissimo. Dovresti vedere il Primo Pianeta, è così grande, ricoperto da così tanti palazzi e giardini, e pagode che si aprono la via verso il cielo, congiungendosi alle stazioni orbitanti, così le vere preghiere salgono direttamente verso il vuoto… Ricordo tutto, lo ricordo vividamente, ogni parola, ogni sfumatura che accadde quel giorno. Perché, quando ritornammo a casa, tu non c’eri più. Avevi impacchettato le tue cose e lasciato un messaggio. Pensavo a te come a uno scolaro, a dispetto di ogni cosa, perché non hai spedito una lettera attraverso il computer, ma hai usato carta e penna, cancellando le parole più volte perché,
infine, avessero un senso. Non posso più vivere qui. Chiedo scusa per non essere un figlio devoto; ma devo cercare il mio destino da qualche altra parte. Khi Phach mosse terra e cielo per cercarti, ma io non dovetti guardare molto lontano. Il tuo nome, pochissimo camuffato, era sul manifesto di carico di un’astronave straniera di ibernati diretta all’Impero Dai Viet, un isolato pianeta all’estremo di un sole rosso, un viaggio organizzato dalla Chiesa dei Dormienti. L’astronave, con i suoi ibernati, era partita quando ti stavamo ancora cercando e non c’era maniera di richiamarla, non senza iniziare una guerra con gli stranieri. E che pretesto avremmo potuto accampare? Tu eri un adulto, già sedicenne, con gli esami di mandarino già conclusi, vecchio abbastanza per fare quello che volevi della tua vita. Non invecchierai, nella tua vasca d’ibernazione, ma, quando arriverai, saranno trascorsi vent’anni per noi, e la distanza tra noi sarà diventata insormontabile. Khi Phach si adirò con la Chiesa, parlò di multe e ingiunzioni, cercando di portare il tutto davanti a un locale giudice. Io rimasi praticamente immobile, guardando lo schermo della tua astronave che si allontanava sempre di più da noi, provando un dolore insopportabile, come se qualcuno mi avesse strappato il cuore dal petto. Molti anni sono ati, e tu non sei ancora ritornato. Khi Phach si portò la sua rabbia e la sua amarezza nella tomba. Io, quando mi alzo, guardo il suo ologramma pensando a quando lo raggiungerò nell’altare degli antenati.
4
Tua sorella non è minimamente invecchiata. Le Menti non vivono come gli umani: lei sopraviverà a tutti noi. Ora è con me, ritornata da un altro viaggio nello spazio, e mi racconta di tutte le meraviglie che ha visto. Le chiedo di te e sento la nave irrigidirsi attorno a me, in tristezza, in rabbia? – Non lo so, Madre. I pianeti stranieri sono vietati alle navi-mente. Lo sapevo già, ma continuo a chiederlo. – Lo hai…– Mi mordo le labbra, sillabando le terribili parole una a una, – lo hai perdonato? – Madre! – Mi Nuong ride, gentilmente, senza pensieri. – Era solo un bambino quando successe. Perché dovrei conservare rancore così a lungo? Anche se…– La sua voce divenne improvvisamente triste. – Si, – rispondo. – Ho visto pure io gli ologrammi. – Gentilmente, con attenzione, prendo il tuo ultimo disco, ricevuto via ansible, accarezzandolo prima di far partire il messaggio che contiene. Una immagine si forma nel mezzo della stanza, trasparente, sbiadita nei colori. – Madre. Spero che tu stia bene. Ho iniziato a lavorare in un giornale, questo ti farà piacere, e ti rallegrerà sapere che, infine, sono ancora uno studente, vero? Sorridi, ma il tuo sorriso non raggiunge gli occhi, e la tua faccia è pallida, come se non vedessi il sole da molto tempo. – Io sto bene, anche se penso spesso a voi. Tutti i messaggi arrivano via ansible, come pure il trasferimento di denaro, come se il denaro potesse ridurre il vuoto dello spazio che ci separa, come se potesse ripagarmi per la tua assenza. – Sono addolorato di sentire di mio Padre. Mi mancate tutti e due terribilmente.
T’interrompi brevemente, ti giri a guardare qualcuno oltre la visuale della telecamera. Colgo il movimento di un braccio esile che ti stringe, una cosa veloce, per darti forza, ma, pure questo, non rallegra i tuoi occhi o il tuo volto, prima di rivolgerti nuovamente alla telecamera. -Mi dispiace. Io… Io vorrei essere ancora a casa. Chiudo il visore e lascio cadere il disco, sul pavimento dove è attorniato da parole che scorrono, con poesie di dispiacere e perdita. – È felice, – dice Mi Nuong, con un tono di voce dove, senza alcun dubbio, traspare la bugia, si capisce che non ci crede. – Tra gli estranei. Cammini in una strana terra, in uno strano mondo, impari nuovi usi in un linguaggio sconosciuto, lontano da noi, dalla tua famiglia. – Felice, – dico. Accarezzo ancora il disco. So che se lo riaccendo sentirò le tue ultime parole, quelle che sono state alla fine, pronunciate così piano da non essere quasi udite. Mi mancate tutti terribilmente. Noi tutti. Padre e Madre, e sorella. Questa è la prima volta che lo ammetti chiaramente. Avevo visto i tuoi precedenti primi ologrammi, visto come i tuoi occhi si offuscassero di ombre col are del tempo, la tua infelicità roderti internamente, anno dopo anno, anche se mi dicevi di quanto era bella la tua vita tra gli estranei. Me ne sarò andata da lungo tempo quando il tuo dolore sarà più pesante della tua paura, più pesante del tuo rimorso, quando lascerai il tuo esilio e ritornerai all’unico posto che ti è sempre stato casa. Quando ritornerai io sarò ormai polvere, cenere sparsa nel vuoto dello spazio, un altro ritratto sull’altare degli antenati, per essere onorata e pregata. Sarò ata a un’altra vita, con la benedizione di Buddha. Ma so già cosa accadrà.
Camminerai fuori dai moli riservati alle astronavi provenienti da altri mondi, pallido per la mancanza di sole, coperto nel fluido della tua vasca d’ibernazione, tremando per il trauma del risveglio, i tuoi occhi colmi della stessa bruciante solitudine che ricordo così bene. La stessa rabbia e il dolore, che avevi sempre avuto cari, persi mentre viaggiavi. E, come una risposta alle tue più segrete preghiere, troverai tua sorella che ti aspetterà.
FINE
Delos Digital non usa DRM
Delos Digital ha scelto di non imporre ai propri ebook protezioni dalla copia che costituiscano una limitazione all'uso da parte dell'acquirente. Siamo convinti che i sistemi di protezione basati sulla criptazione danneggino solo chi acquista il libro onestamente. Il lettore che ha speso i propri soldi per acquistare questo ebook deve esserne il proprietario: questo libro non diventerà illeggibile cambiando computer, o spostando il file su un lettore di ebook o su uno smartphone. Per usarlo non è necessario un software che si colleghi a un server di autenticazione. Fermo restando che la legge e l'onestà dell'individuo vietano di ridistribuire il volume acquistato - e in definitiva il buon senso lo sconsiglia, perché autori ed editori hanno bisogno di guadagnare per portare avanti il proprio lavoro - il lettore può sentirsi libero di leggere il file con il dispositivo o computer che vuole e deve sapere di poterlo conservare e convertire in eventuali formati futuri per salvaguardare il suo acquisto. Quando possibile, Delos Digital utilizza il social DRM, ovvero scrive all'interno del libro il nome dell'acquirente; una sorta di "ex libris" elettronico. La criptazione del file viene usata solo nei casi in cui è obbligatoriamente richiesto dal contratto con l'autore. Nel caso di questo libro non è stato necessario. È comunque possibile che al libro venga applicata un'encriptazione drm dal negozio da cui lo si è acquistato. Delos Digital vuole combattere la pirateria nel modo che riteniamo migliore: rendere i nostri ebook acquistabili in modo facile e rapido, e metterli in vendita al prezzo migliore possibile.
in questa collana
Mack Reynolds, Mercenario Un mondo distopico dove solo il coraggio e l’astuzia permettono la sopravvivenza a chi non vuole adeguarsi a un destino segnato dalle droghe e dal torpore mentale. (in preparazione) ISBN: 9788867756056 Robert Silverberg, eggeri Uomini posseduti da entità aliene, privi di ogni volontà, cercano disperatamente di ritrovare qualcosa di sé e dei propri sentimenti ISBN: 9788867753529 Walter Jon Williams, Elegia per angeli e cani Il primo capolavoro di Walter Jon Williams, un romanzo affascinante che racconta le avventure decadenti di un gruppo di immortali, ispirato alle opere del grande RogerZelazny. ISBN: 9788867753697 Robert Reed, Il salvatore Un’intensa storia sulle atrocità della Guerra, ambientata nel vicino futuro e incentrata sulla figura di un comandante militare che ha contribuito a salvare la razza umana. ISBN: 9788867753857 Kristine Kathryn Rusch, Echea Cosa si nasconde nel ato di Echea, la bambina orfana delle Guerre Lunari, vissuta nelle cupole sotto l’incubo dei bombardamenti? Un piccolo gioiello in cui Kristine Kathryn Rusch inserisce sapientemente la sua vivida sensibilità femminile in una magnifica storia di fantascienza classica. ISBN: 9788867753864 Robert Silverberg, L'imperatore e la maula Perchè una barbara maula aveva tentato di insinuarsi nel cuore dell’Impero, sapendo che il suo gesto l’avrebbe portata a morte certa? Una divertente avventura spaziale di un grande maestro della fantascienza classica e moderna ISBN: 9788867754588 Kristine Kathryn Rusch, Un tuffo nel relitto Una moderna avventura spaziale alla ricerca di tesori nel cosmo infinito dall'autrice di "Echea" ISBN: 9788867754892 Robert Reed, Falsa identità Un comandante rinnegato alle prese con un misterioso delitto sulla Grande Nave ISBN: 9788867755417 Walter Jon Williams, Il giorno dell'incarnazione Alison è una ragazza brillante e geniale. Ha solo un problema: è virtuale, e nel mondo futuro ipotizzato da Walter Jon Williams non tutti i giovani virtualiriescono a sopravvivere fino alla maggiore età…. ISBN: 9788867755691 Robert Silverberg, Manoscritto trovato in una macchina del tempo abbandonata Da un grande autore un'accorata storia sull'America di oggi e dell'immediato futuro ISBN: 9788867756148 Kristine Kathryn Rusch, Stealth Un memorabile romanzo sui pericoli della scienza usata per scopi sbagliati, all’interno del ciclo delle Immersioni e della tecnologia d’Occultamento. ISBN: 9788867756391
Xuya Aliette de Bodard, Fratello della nave Una storia toccante ambientate nell'universo delle Navi Madre dell'Impero Viet ISBN: 9788867756605
Gli ebook rapidi ed emozionanti
Ultimi volumi pubblicati
Erotismo
Lily Carpenetti, Onda d'amore - Senza sfumaturen. 44
Enis Miller, La tentazione - Senza sfumaturen. 45
Viola Redoux, Fuori controllo - Senza sfumaturen. 46
Laura Gay, Una notte indimenticabile - Senza sfumaturen. 47
Silvya Gift, L'inquilino - Senza sfumaturen. 48
Fantascienza
Kristine Kathryn Rusch, Stealth - Biblioteca di un sole lontanon. 10
Aliette de Bodard, Fratello della nave - Biblioteca di un sole lontanon. 11
Fabrizio Fondi, Save Them - Chew-9n. 30
Simonetta Brambilla, Spirali di ghiaccio - Chew-9n. 31
Mauro Antonio Miglieruolo, Dio è atterrato - Classici della Fantascienza Italianan. 34
Lino Aldani, Trentasette centigradi - Classici della Fantascienza Italianan. 35
Vittorio Catani, L'angelo senza sogni - Classici della Fantascienza Italianan. 36
Renato Pestriniero, La scopata - Classici della Fantascienza Italianan. 37
Giuliano Giachino, Playmaker - Classici della Fantascienza Italianan. 38
Fabio Belsanti, Etrom - L'Essenza Astrale - Il Richiamo - Etrom - L'essenza
astralen. 1
Fabio Belsanti, Etrom - L'Essenza Astrale - L'Arena degli Inesistenti - Etrom L'essenza astralen. 2
M. Caterina Mortillaro, Cicerone - Memorie di un gatto geneticamente potenziato - Odissea Digitaln. 13
Andrea Franco, Enrico Luceri, Fata morgana - Odissea Digitaln. 14
Fredric Brown, Arena - Robotican. 25
Aliette de Bodard, Preghiere di fucine e fornaci - Robotican. 26
Silvio Sosio, Ketama - Robotica.itn. 13
Roberto Guarnieri, Il camino degli dei - Robotica.itn. 14(in preparazione)
Giallo
Antonella Mecenero, Sherlock Holmes e il caso del detective scomparso Sherlockianan. 56
Patrizia Trinchero, Fantasmi afgani - Sherlockianan. 57
Luca Martinelli, Sherlock Holmes e il mostro di Croydon - Sherlockianan. 58
Matthew J. Elliott, Sherlock Holmes e l'avventura dell'inquilino straordinario Sherlockianan. 59
Patrizia Trinchero, Senza traccia - Sherlockianan. 60
Horror
Gerard Daniel Houarner, Oscure presenze - Halloween Nightsn. 15
Paul Melniczek, Divorato - Halloween Nightsn. 16
Romance
Daniela Jannuzzi, La maschera del ato - ioni Romantichen. 26
Alexandra Maio, Lascia che il vento ti pettini i capelli - ioni Romantichen. 27
Stefania Fiorin, L'appuntamento - ioni Romantichen. 28
Scrittura creativa
Laila Cresta, Mondo Haiku - Scuola di scrittura Scrivere benen. 2
Marco P. Massai, L'idea narrativa - Scuola di scrittura Scrivere narrativan. 7
Spionaggio
Stefano Di Marino, Trappole orientali - Dream Forcen. 47
Stefano Di Marino, Triangolo d'oro - Dream Forcen. 48
Marco Donna, Barracuda mon amour - Dream Forcen. 49
Marco Donna, L'ultima Milonga - Dream Forcen. 50
Steampunk
Roberto Guarnieri, Il capitano Nemo e il Circolo dell'Arca - Il circolo dell'Arca IIn. 4
Storico
Salvo Figura, La pulce e il cappio - History Crimen. 20
Luca Di Gialleonardo, Trenta baiocchi - History Crimen. 21
sco Grimandi, La reliquia - History Crimen. 22
Tecnologia
Carlo Mazzucchelli, 80 identikit digitali - TechnoVisionsn. 11
Thriller
Federica Leonardi, Re di cuori - Delos Crimen. 17
Marco Minicangeli, I killer di Jahve - Delos Crimen. 18