Filippo Lo Nigro
The pros and cons of teen spirits
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Sommario
Prefazione 0 – Reo PARTE I 1 - Incontro 2 - Sinossi 3 - Lezioni di se 4 – Angeli 5 – What the hell am i doing here 6 – Reasonable PARTE II 7 – Noi 8 – Corpi 9 – Centro commerciale 10 – Compleanno 11- Ghost 12 – Videogame 13 – Centro commerciale parte seconda 14 – Messina
PARTE III 15 – Whatsapp 16 – Collaterale, progressiva, sistematica distruzione del sistema nervoso 17 – Borgetto 18 – Sfiducia PARTE IV 18 - Vita 19 – Recidiva 20 – Verità 21 – Convivenza spensierata 22 – Di ruolo PARTE V 23 – Incubo 24 – Ricovero 25 – Chemio e valigie 26 – Distacco 27 – Stupro 28 – Show 29 – Di troppo 30 – Epilogo
Prefazione
In prima di copertina particolare di: Apollo e Dafne del Bernini Galleria Borghese – Roma
Un ringraziamento di cuore a: Rita Capodicasa e Giuseppe Compagno per le correzioni apportate alla bozza ed i loro suggerimenti
The pros and cons of teen spirits è un’opera di fantasia. Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o persone realmente esistite o esistenti è puramente casuale
Diritti riservati
.. il vaso ermetico, il contenitore più adatto per l’emersione della propria personalità autentica, si conosce soltanto nella relazione.[..] sosteniamo che è possibile visualizzare e toccare con mano la propria soggettività, il proprio essere, quelli che siamo, soltanto se accettiamo la dimensione del sentimento. L’indegnità, i propri aspetti perversi, la possibilità di comportarsi nel modo peggiore possibile emergono soltanto nell’unione con un altro. Non dobbiamo fidarci delle persone corrette, che siano tali solo perché non si avventurano su questo terreno. E’ molto facile essere fedeli alla verità, capaci di non volere il male dell’altro ed essere generosi, quando si è fuori dalla relazione: la verità è che la propria indegnità di uomini, il proprio lato oscuro, emerge solo in questa situazione. Dicendo emerge si sottolinea che a nessuno di noi è concessa la possibilità di sottrarsi a questo tipo di test che è strutturale al rapporto. Ciò fa emergere i nostri lati peggiori che è necessario conoscere e attraversare per poterci entrare in contatto.
Jung afferma nei suoi lavori sul transfert, che nel rapporto analitico emergono gli aspetti più alti e più bassi dell’umana spiritualità. Nella simbologia alchimista che Jung utilizza per la sua tesi, il basso e l’alto sono la stessa cosa. In questo tipo di rapporto dove emerge la nostra malvagità e sperimentiamo fino a che punto possiamo essere violenti, scopriamo anche quale può essere la nostra forza, la nostra luce, perché se siamo capaci di fare una cosa siamo anche capaci di fare il suo opposto.
La mia luce e la mia forza posso vederle soltanto attraverso il mio buio.
ALDO CAROTENUTO
0 – Reo
Ieri l’ho schiaffeggiata e l’ho spinta fuori di casa. Qui a Catania. Stavolta non ero ubriaco. Avevo dimenticato la mattina di assumere il Cypralex, ma non credo che in qualche modo questo abbia influito sul mio stato. O no? Boh! Comunque è andata così. Pentito? Sconvolto? Qual è il mio stato d’animo? Torpore, disorientamento .. Sono un fiume che ha rotto tutti gli argini.. Mi sembra sia stata una cosa gravissima, allo stesso tempo non posso non pensarla come un’azione risultante di tutta una serie di sollecitazioni di una violenza e di una gravità inaudita. E’ una giustificazione? No, non credo. Non c’è giustificazione. Tra l’altro proprio un’azione, oltre che grave, stupida, perché come si suol dire mi sono fatto più torto da solo che altro.
Giorni fa lei ha “..scassato a legnate” (parole sue) sua figlia Cinzia. Stesso rapporto di forza? E’ una situazione paragonabile? I suoi occhi pieni di sufficienza, di distacco, di stanchezza, mi hanno fatto rientrare in uno stato totalmente folle. Non ci rendiamo conto, ogni giorno, quanto lavoriamo per stare dentro i cosiddetti canoni della normalità. Siamo costantemente sottoposti a sollecitazioni, discorsi, domande, situazioni, .. intollerabili e che, invece, tolleriamo, accettiamo, sopportiamo. Sì, sopportiamo, con stoicità direi. Quante volte ti verrebbe da dire: non me ne importa un cazzo di quello che stai dicendo, che vuoi da me, non ti voglio sentire, non me ne frega niente di quello che dici, non voglio fare quello che sto facendo, che ci faccio qui, voglio andare via, chi è questo o questa, …. quante … cazzate, quante cazzate, quante cazzate..
E li sopporti, li sopporti, pensi di farcela, no, non ci pensi neanche, pensi che sia normale. Normale?! Ed invece probabilmente ti si erode, attimo dopo attimo, un serbatoio che è ‘finito’, finisce .. Ora, per reagire, mi sono messo qui a scrivere, non so cos’altro fare. Ho fatto qualche partita a scacchi, ho bloccato tutti i contatti che in qualche modo potessero avere a che fare con lei su whatsapp, …. mi devo difendere da me stesso perché so che starò male senza lei … non ne voglio più sapere niente! Mi ha distrutto la vita! No! Sbagliato! Gliel’ho consentito. Che minchiata dare la colpa agli altri. Agli altri, in genere, non gliene frega niente di noi (quanta acredine in me!). Sì, gesti, solo gesti di un qualche affetto, per il resto è solo un mettere come priorità più alta se stessi e, poi, a scalare, tutto il resto. Ho parlato solo con Enrico e Germana, ne ho accennato a Ruggero …. i miei figli maggiori. Saranno miei figli sempre, volenti o nolenti, un punto fermo cazzo! L’altro giorno sua figlia, la piccolina, parlando di Titti, mentre era arrabbiata mi ha detto che sua madre è la sua ex mamma. La sua ex mamma!!. Stiamo insegnando, abbiamo insegnato ai nostri figli che non c’è niente di certo, tutto può diventare ex. Cauto, molto, quando ho parlato con Germana, non voglio caricarla di pensieri (sto pensando a lei prima che a me, prima eccezione rispetto all’affermazione perentoria fatta prima: c’è qualcuno a cui si pensa prima di se stessi!), sta studiando. Oggi a Berlino è più fresco, nei giorni scorsi si sono sfiorati i 40°. “Io rappresento” – ho detto ai miei figli – “ un futuro che non è più importante. Consolidare, ha bisogno di consolidare, ciò che c’era prima di me. Io sarò un Malaussène..”
“Titti, mente sopraffina, ti sta ando per la testa qualcosa di strano?” Una volta mi hai detto: “Una situazione straordinaria potrebbe essere quella che mi vede gravemente ammalata, allora potrei prendere in considerazione un
ritorno al ato.”
PARTE I
1 - Incontro
Erano i primi giorni di maggio del 2011. La prima volta che l’ho vista. Che mesi di lavoro, quei primi mesi del 2011! Non credo di essere mai stato, né credo riuscirò mai più, ad essere così bravo al lavoro. A gennaio di quell’anno ero diventato Capo dello Stabilimento di produzione di Isola delle Femmine. Che onore, che orgoglio! Raramente era successo che un non laureato arrivasse a quel punto. Non lo so se per questo, perché dovevo dimostrare che me lo meritavo, o perché effettivamente il mix esperienza, preparazione, intelligenza, maturità, capacità relazionale era al suo picco nella mia vita, ma in termini assoluti difficilmente sarebbe stato possibile fare di meglio, per chiunque. La manutenzione corrente, l’esercizio, la sicurezza, l’ambiente, i progetti, l’attenzione agli obiettivi economici, la collaborazione con la nostra struttura che stava preparando il rinnovamento dello stabilimento, i rapporti tra tutti, direzione e lavoratori,.. tutto al top! Governo e condivisione delle azioni, implementazione di una serie di tools gestionali efficaci, massima attenzione alla motivazione dei collaboratori ed una mia profondissima conoscenza dell’impianto e delle sue criticità erano gli ingredienti di quel periodo di proficuo lavoro. Ottima azione riconosciuta da tutti, anche da quelli che erano molto scettici o prevenuti nei miei confronti. Gabriella e Fabrizio (due miei primi collaboratori) mi avevano confessato che, prima che io arrivassi, avevano stretto un patto di alleanza tra loro per difendersi da me, nel caso in cui ce ne dovesse essere bisogno. Dopo solo pochi mesi di mia gestione vennero a dirmi che si sentivano diretti da un vero capo.
L’entusiasmo coinvolgeva un po tutti. Fofò Riolo, il più anziano tra i Capi Reparto, vedeva inizialmente di malocchio la riunione giornaliera che avevo istituito la mattina tra esercizio e manutenzione, poi non potè più farne a meno, mi venne a trovare per dirmi che, per la prima volta, gli erano perfettamente chiari gli obiettivi e le azioni del breve, medio e lungo termine, che era possibile concertare, condividere le priorità di azione. Quando si ritrovò a frequentare, in altra sede, un corso di management, mi raccontarono che, arrivato ad un certo punto, lui, così restio e timido nel parlare in pubblico, si alzò per dire: “Ma il mio capo queste cose le fa tutte!” L’attenzione non veniva prestata solo per le cose all’interno del nostro recinto. Lo Stabilimento sorge proprio dentro la città, prestavamo, quindi, massima attenzione per tutti i processi che in qualche modo potevano avere a che fare con l’ambiente. Analoga attenzione c’era per la situazione sociale del territorio a noi vicino. Cercavo in ogni modo di coinvolgere le maestranze ed i tecnici locali. Una direzione di cantiere, un giardiniere, .. per qualsiasi cosa che non fosse troppo specialistica veniva privilegiato il conterraneo.
Prima di divenirne Responsabile, conoscevo già molto bene quell’impianto. Dal 2008 al settembre 2010 avevo avuto un doppio incarico: Responsabile delle officine nelle isole Eolie e Capo Manutenzione proprio lì, a Isola delle Femmine. Quel periodo di doppio incarico era stato faticosissimo. Grandissima quantità di lavoro, di mia energia contesa tra due incarichi complessi. Con i siti di mia competenza a 6 ore di distanza (tra auto e traghetti) l’uno dall’altro. Le mie giornate, a quei tempi, cominciavano a volte alle 4 di mattina per finire alle 23. Circa 50000 km/anno in auto e centinaia di ore sui traghetti. In quel precedente periodo a Isola delle Femmine, a causa del mio sovraccarico, avevo avuto rapporti difficili con alcuni colleghi, in primis con il capo stabilimento mio predecessore, Michele Vinci. Per questo, memori del mio carattere “difficile”, sia Gabriella che Fabrizio temevano il mio arrivo al posto di Michele.
Il doppio incarico era finito nel settembre del 2010. Mi era stato chiesto dalla Società quale dei due incarichi avessi voluto tenere ed, anche per quel rapporto difficile con Michele, avevo chiesto di mantenere il solo incarico alle Eolie. Sennonché, dopo solo 2 mesi, nel novembre, la Direzione Centrale se ne era uscita con un’altra proposta, una promozione: prendere il posto di Michele che, a sua volta veniva trasferito altrove. Renato, uno dei miei colleghi, nel corso del mio saluto al termine del mandato di Capo Manutenzione, mi aveva regalato un boomerang con su scritto “Per non dimenticare la strada del ritorno”. Essendo ritornato come Capo Stabilimento dopo solo 3 mesi, ritenemmo quel boomerang magico.
Ritornando a quel maggio 2011, tra le tantissime innovazioni pensate e realizzate in quel fervido periodo, c’era pure quella di migliorare, visto che la maggioranza delle azioni della nostra società erano transalpine, la conoscenza del se per tutti i componenti dello staff direzionale: Gabriella, Fabrizio, Renato ed io. Anche per questo incarico, per scovare qualche candidato, ci rivolgemmo alle istituzioni locali. Cercavamo un docente di se disponibile a venire nella nostra sede, per tenere lezioni di circa due ore, per due volte alla settimana. Avevo posto come referente della cosa Gabriella che avrebbe avuto il compito di vagliare le candidature ed organizzare i colloqui di selezione. Avendo avuto sentore di questa nostra esigenza, venne a trovarmi in ufficio, dopo una telefonata di contatto, Mauro Messineo, precedente e discusso capo stabilimento di metà degli anni 90. Discusso perché la sua gestione, per i canoni dell’epoca, era durata molto poco a causa di una quiescenza che ai più apparve coatta, e perché, inoltre, si riteneva succube di uno dei suoi collaboratori. Mi venne a trovare in quanto suocero di una delle candidate che avevamo convocato per qualche giorno dopo, Tiziana Mineo. Dopo le presentazioni, l’anziano Capo mi aveva detto che riteneva quel luogo casa sua. L’ufficio, nell’assetto strutturale che trovai, lo aveva realizzato lui, ed era fiero in particolare del piccolo bagno privato interno all’ufficio. Vantandosi pure di essere stato il committente di buona parte degli arredi ancora
presenti, si congratulò per la mia personalizzazione. Nel locale, oltre alla scrivania ed al tavolo da riunione esistenti, avevo collocato due divanetti ed un tavolinetto dove non mancava mai un cesto con frutta fresca. Non era venuto per fare una raccomandazione, o meglio, non nel senso tradizionale del termine, mi volle anticipare che sarebbe venuto ad accompagnare sua nuora, brava e preparata, che attraversava un momento particolare: aveva terminato solo da qualche giorno una cura chemioterapica. Chiaramente manifestai dispiacere per la cosa ed assicurai che la selezione dei candidati si sarebbe svolta a breve e che avrei accolto con molto piacere la visita sua e della congiunta.
Dopo qualche giorno eccoli. Avevo appena finito una delle tante riunioni e Simone (il portiere) mi avvisò dell’arrivo degli ospiti, disposi che fossero accolti per le prime verifiche da Gabriella. Espletate le prime formalità, Gabri mi chiese se potevo riceverli e si accomodarono da me sui divanetti: Gabri, Messineo e questa donna un po’ titubante. In imbarazzo, per come mi avrebbe raccontato tempo dopo, perché accompagnata, contro la sua volontà, da un pensionato che voleva dimostrare di essere ancora in qualche modo influente, in una casa non più sua. Tiziana aveva capelli biondi, non mi accorsi che era una parrucca, graziosa ma non le dedicai una particolare attenzione, restai cordiale distaccato (maschera 2c). “Vorrei utilizzare il metodo Funambule” - diceva - “credo sia quello più indicato per questo tipo di lezione. Molto interattivo e perfettamente calzante per un gruppetto di 4 alunni. Chiaramente dovremo fare un test per stabilire il vostro livello di partenza. Comunque, se pure il livello dovesse risultare variegato, il metodo potrebbe essere comunque efficace.” Gabri, osservai, era colpita, sapeva del serio problema di salute di Tiziana e ne venne influenzata più di quanto lo fossi io. La mia massima priorità era cominciare al più presto le lezioni. Tenuto conto che gli altri candidati avevano avuto problemi a conciliare le loro
con le nostre esigenze, detti il mio ok. “Proviamo! Vediamo di effettuare il test di livello entro una, due settimane al massimo.” Messineo ne fu molto contento, lei un po’ più rilassata ma non troppo. Sempre dopo tempo mi dirà che era stata colpita subito da me, sia fisicamente che dai miei modi.
2 - Sinossi
Cominciò, di lì a poco, un’estate movimentata; come tutto quel periodo (… veramente come tutti i miei periodi da molto tempo a venire qui). Al lavoro, dopo pochi giorni da quell’incontro con la Mineo, era giunta la novità che Gabriella sarebbe andata via, a Ravenna. Avrebbe preso il suo posto Michele, un “junior” livornese, molto sveglio, molto furbo.
A casa mia, con Anna, mia moglie, non certo principalmente per colpa sua, le cose andavano in modo altalenante. Quell’anno sarebbero stati 27 di matrimonio. 27!! Una vita, tutta una vita insieme. Coetanei, fidanzati quando eravamo tredicenni. Sposati quando ne avevamo appena 20. Cinque splendidi figli, i nostri tre gioielli grandi, di età variegata e i due gemelli, i più piccoli, che ci richiedevano sia tanti pensieri che tanta fatica. Anna era ed è una donna straordinaria, seria, sempre a disposizione di tutti i figli. Sempre triste da un certo punto del nostro rapporto. Per causa mia. Non la trattavo male, anzi, forse proprio per questo ero ancora più crudele. Aveva suo marito accanto, sempre affascinante (per come mi definiva) e, però, palesemente alla ricerca di, sognante, qualcos’altro. Avevamo avuto tre crisi serie. La prima senza disturbi “esterni” le altre due per la presenza di una terza persona. La prima crisi quando avevamo 32 anni e solo i nostri due figli maggiori, Enrico e Germana. La vita, fino a quel punto, aveva avuto nel menù, per me, solo grandi responsabilità, sia a casa che al lavoro: mi si ruppe qualcosa dentro. Se, prima della crisi, volevo solo essere giusto ed onesto, dopo subentrò una concezione molto relativista della cosa.
Da ottimista e fiducioso nel prossimo, spesso sorridente e positivo, egocentrico… con il are degli anni ero stato pervaso da disincanto e da una certa propensione all’isolamento. Non si ridusse l’ego, anzi, aumentò sempre di più. Avevo perso, però, interesse nello stare al centro dell’attenzione, come se (a meno di quanto necessario per il lavoro) non mi volessi più spendere nella socializzazione. Il sesso è sempre stato molto importante per me, senza perversioni particolari, un desiderio continuo. Con mia moglie da questo punto di vista era sempre andata benissimo. Unico periodo “nero” ( o in bianco) si ebbe poco dopo la nascita di Germana, quando Anna aveva avuto una forma di depressione. Escluso quel periodo, avevamo fatto sesso, con piacere reciproco, praticamente ogni giorno, riuscendo sempre a reinventarci ed a non cadere mai nella routine. Sino a quella mia prima crisi ero stato sempre e solo con lei … come lei d’altronde. Poi… Cosa avvenne in me, cosa cercai, cosa mi mancava? Da un lato l’Amore assoluto (!?). Frammenti di un discorso amoroso, l’Alchimista, quei romanzi in cui veniva data tutta la vita per l’amato, chissà quante altre cose lette, viste nei film e ..mai nella realtà, avevano radicato in me il sogno di un rapporto totale, di pensiero, di confronto, di anima, di scoperta continua oltre che, ovviamente, di corpi. Con Anna non pensavo fosse più possibile ottenere ciò. L’amore, la ione, inesorabilmente si trasformano … Lei non partecipava (per meglio dire osteggiava) le mie iniziative in campi che non avessero a che fare con gli interessi familiari. Avevamo condiviso lo sforzo costruttivo della “casa” con Enrico piccolino e poi gli altri cuccioli. Una volta ottenuto ciò, quale interesse ci univa se non la cura di quanto realizzato e che per me, però, non risultò più sufficiente? Dall’altro lato, la libido faceva pure la sua parte, quante provocazioni più o meno velate.. non ero fisicamente male, abbastanza atletico, spigliato, intelligente, simpatico (modesto), spesso al centro dell’attenzione. Cosa che non si sapeva era che ero inesperto, incauto. Non tanto per le “performance” ma per
quella che fu, rotto il vincolo di esclusività, la scelta delle concubine: troppo vicine al mio ambiente domestico. La mia prima volta era stata con un’amica sposata, con cui uscivamo, in coppia insieme ad altre coppie. Bastarono un paio di apprezzamenti fatti in disparte ed ecco che, il primo momento in cui ci si ritrovò da soli, mi comincio a dire che le piaceva la mia bocca e me la cominciò a leccare per non credo più di 30 secondi, dopodiché dopo un tasteggio di verifica, era tutta presa a gustare e maneggiare il mio pseudovergine quanto apprezzante armamentario. Delle mie labbra se n’era scordata quasi subito. Restai turbato da quell’evento che aveva fatto crollare uno dei miei vanti, la fedeltà. Nel mio rapporto con Anna, però, questa divagazione non incise per niente, anzi, considerando che per me non aveva avuto praticamente alcuna importanza, il rapporto sembrò andare anche meglio. Ci furono altre sporadiche esperienze, anch’esse senza alcuna importanza per me, fino a quando non mi sembrò di incontrare qualcosa di diverso, Patrizia. Ci si era conosciuti in palestra dei figlioli, dopo poco stavamo sempre a parlare insieme. Nel prendere i bambini, all’uscita della palestra, c’erano delle formazioni “tipo”: gruppi di mamme, papà isolati, un gruppo composito qua e la. Noi eravamo sempre a parlare tra noi, soli, certamente chiacchierati. Eravamo divertiti o perlomeno noncuranti della cosa. Quando succedeva che, arrivati, non si vedeva l’altro o l’altra, si rimaneva delusi. Per quasi un anno così, poi una mia presa di coraggio(?!), una chiamata, un incontro da soli, qualche bacio e dopo un po’ un appuntamento in una villetta. Nella villetta, sorpresa!! Il mio membro, da sempre virile, non ne volle proprio sapere, bloccato, incapace, muerto, non c’era. Scoprivo che in qualche modo la mia educazione, la Chiesa, i comandamenti oppure semplicemente la mia testa superiore ..riuscivano ad inibire quella inferiore. Un trauma per me, un sollievo per lei, contenta perché palesemente non la volevo solo per una scopata. Che avesse ragione? Traumatizzato me ne andai da un andrologo. Anamnesi, visita, “Caro mio” mi fece “la coscienza esiste, l’inconscio ha una potenza che a volte ci sorprende, in questo caso specifico tutto quello che di te non è corpo, materiale, percepisce un pericolo per tutto quello che hai costruito e reagisce sul sistema di controllo. Puoi fare una cosa, prima di questi incontri “difficili” puoi provare ad assumere
un Levitra, non nasce per questi casi però pillole per aumentarti la libido, per farle soverchiare le tue remore interne, non ce ne sono. Con questa soluzione se il tuo “blocco” molla le redini per un attimo, il farmaco aiuta a mantenere uno stato “adeguato” di apporto sanguigno. Chiaro?” Ogni volta, prima di vedermi con Patrizia, cominciai a prendere ‘sta pillola, con risultati, se dobbiamo dare un voto, tra 5 e 6, toh a volte un 7 ed, invece, quando stavo con Anna, senza pillola, ero, come sempre, almeno da 9 (sempre modesto come si può notare). Vennero le crisi. Da me, perché come diciamo da noi “cu mancia fa muddichi” che si potrebbe tradurre con una specie di “niente fare che niente si sa” e, giustamente, Anna che stupida non è mai stata, cominciò a notare qualcosa di strano. Ben più grave da Patrizia, perché il marito, supercontrollore, aveva trovato tracce di chiamate e di messaggi ed era riuscito a farsi confessare la tresca che era in corso. Fu disposto a perdonare purché i contatti finissero immediatamente. Così quella storia di amore presunto e sesso scadente venne interrotta. Anche dopo quella vicenda, c’era stata per me qualche altra situazione di mero sollazzo sessuale, tutte senza necessità di alcuna pillola.
Quell’estate del 2011 effettuammo con mia moglie ed i miei figli, un viaggio che fu veramente stancante, nel nord Europa: Stoccolma, Oslo. Partimmo in 6, tutti tranne Enrico, il mio figlio maggiore. Enrico preferì (giustamente) fare la vacanza con la sua dolce Laura. Proprio mentre eravamo ad Oslo mi giunse, dopo anni, una telefonata di Patrizia che, presa di coraggio, mi richiamò per dirmi che il suo Amore per me non si era mai sopito. Che cosa fantastica! Una vera storia d’Amore con la A maiuscola. Caspita! Rientrati dal viaggio, mi arrivai ad incontrare con Patrizia 3, 4 volte, per il solo tempo necessario per qualche bacio e per fare all’amooore, … sempre chimicamente ato.
A fine estate mi trovavo, di nuovo, ai ferri corti con Anna sempre più insofferente delle mie assenze fisiche e mentali.
Ho parlato sin qui pochissimo dei miei figli, vite mie! Amo i miei figli tantissimo, tutti e 5, ognuno con le sue particolarità, bellezza, carattere, … pregavo (quando ancora lo facevo) perché fossero belli, intelligenti, forti, buoni, .. sono stato accontentato. Certo, hanno un carattere che a volte fa venire voglia di urlare, ma li amo da morire e ci sono sempre stato, in tutti i loro momenti importanti o di difficoltà o di malessere. Non solo, come diceva spesso Anna, dal punto di vista materiale. Sono, è vero, uno dei tanti padri che cerca di accontentarli sempre. Ma sono sempre pronto pure a rimproverarli ed a sculacciarli, se necessario, ed a consigliarli, a spronarli, a stare accanto a loro. Tutte le volte che, purtroppo, c’era stato bisogno di un ricovero in ospedale, mi ero, quasi sempre, ricoverato io con loro. Non ne parlerò in questo scritto in modo molto più prolungato perché la storia che vi racconto cerca, specie in queste prime pagine, di darvi tutti gli elementi cosiddetti di contestualizzazione, di descrizione degli “attori”, ma è centrata, lo sarà sempre di più di seguito, sulla storia di vero Amore tra Tiziana Mineo (non vi confondete, Patrizia, quella dell’amore presunto, tra qualche pagina sparirà) ed il qui presente Lorenzo Orlando (finalmente mi presento).
3 - Lezioni di se
Dopo quel primo incontro con Titti, suocero compreso, cos’era successo? Come previsto, dopo un paio di settimane, Titti (da adesso Tiziana la chiamerò quasi sempre così), si presentò (da sola) e ci propinò il preannunciato test per stabilire il nostro livello di conoscenza della lingua se. Risultammo tutti sul B1 basso, tranne Renato che stava su A2. Abbastanza omogenei tutto sommato. Anche di questo incontro non mi è rimasto impresso granché. La prima volta che, invece, cominciai ad avere una certa attenzione per questa Prof, fu quando, dopo questi primi incontri, mi telefonò. Aveva una voce rotta dall’emozione: “Sig. Orlando” “Lorenzo” “Lorenzo, ti ho chiamato per dirti che non me la sento per ora di cominciare le lezioni da voi. E’ il lavoro che più di qualunque altro oggi vorrei fare. Sto chiamando dopo averci pensato mille volte, dopo aver preso in considerazione mille possibilità diverse, purtroppo io non ce la faccio per ora! Ho finito la chemio da poco ed ancora non mi sono ripresa del tutto, soprattutto psicologicamente, mi dispiace, mi dispiace …” Tantissima emozione, tantissimo trasporto in quelle parole, sofferenza e desiderio veri - “Senti Tiziana se tu vuoi avere un po’ di tempo per riprenderti possiamo fare così, tanto ormai l’estate è alle porte e cominciare una sessione di lezioni adesso non mi pare il caso, facciamola trascorrere questa estate, ci risentiamo a fine agosto. Se a quel punto te la sentirai, a settembre cominciamo. In caso contrario, solo allora, cercherò un altro insegnante.” “ Sei molto molto gentile, grazie. Ok!” Chiuso il telefono mi soffermai a pensare che una persona così doveva essere molto interessante ed anche il ricordo della figura assunse … una dimensione diversa … interessante... A fine agosto, si fece sentire lei, voce spigliata, più forte: se la sentiva. Lo stato fisico e d’animo erano di molto migliorati e la voglia di prendere quell’incarico non era diminuita. Potevano cominciare le lezioni di se.
Il metodo Funambule prevede una serie di chiacchierate in cui il docente pone tutta una serie di quesiti e i discenti rispondono velocemente, cercando di acquisire familiarità, nelle conversazioni che via via li introducono, con nuovi vocaboli, nuovi argomenti grammaticali. La situazione era molto joyeux, simpatica. Noi discenti eravamo un gruppo che s’impegnava tanto, per la gioia di una Prof che, finalmente, faceva lezione ad un gruppo di allievi stimolante e divertente. Il suo atteggiamento era molto professionale, con un ottimo equilibrio tra distacco professionale e partecipazione simpatica. Io ero il Patron, le era palese l’atteggiamento autorevole che avevo nei confronti dei miei primi collaboratori. Ero un capo sinceramente rispettato, un facilitatore attento alle esigenze delle persone gestite, sempre pronto a sgravarli, ad aiutarli in caso di difficoltà e sempre pronto a difenderli e ad assumersi tutte le responsabilità. Anche Titti aveva un atteggiamento particolare nei miei confronti. Apprezzava il mio impegno di studente e non perdeva occasione per lodarmi. Mi piaceva quella persona, non avevo ancora attenzione nei suoi confronti come ne avrei avuta, però, ogni tanto, le lanciavo, col mio solito fare molto sfacciato, delle battute che, dopo tempo avrei scoperto, lei memorizzava perfettamente. Una volta, durante le lezioni, disse qualcosa relativa a suo marito e io le ribattei, in modo ilare, che al nostro gruppo suo marito stava a tutti antipatico. In un’altra occasione, in un momento di pausa (le lezioni si svolgevano sempre nel mio bellissimo ufficio, attorno al tavolo delle riunioni) lei stava correggendo un nostro compito ed io ero invece nella mia scrivania. Avevo appena finito una telefonata e mi soffermai a guardarla senza che se ne accorgesse. Da quando aveva cominciato le lezioni non era più con la parrucca, le stavano ricrescendo i suoi capelli e li portava ancora molto corti, meno di un centimetro, di una colorazione sul rosso. Gli occhi verdi, molto grandi, un naso diritto bello lungo, belle labbra, non molto carnose, soprattutto il labbro superiore, comunque belle, denti curati, un leggero accenno di diastema, fisicamente in forma, un bel corpo, con un bel bacino ed un culo (“si dice derrière” mi disse una volta – “sapevo cul” – avevo risposto io – “a seconda del registro” - aveva ribattuto facendomi sorridere) un derrière giustamente pronunciato, belle gambe con bellissimi polpacci, polsi e caviglie sottilissime. E’ proprio una bella donna, pensai, simpatica, brava e le chiesi: “Ma di che anno sei?” “Scusa?” mi disse. “Ce l’ho sicuramente tra le informazioni che hai dovuto fornire per il contratto, ma, se non lo trovi disdicevole, mi ricordi in che anno sei nata?” “Nel 1972” “ Ahi
ahi!!!” dissi. “Perché ahi ahi? ” era sorpresa dalla mia esclamazione. “Perché quasi tutte le donne con cui sono stato sono del 1972 e, quindi, mi preoccupo un po’ di questa coincidenza.” “Non ti preoccupare.” mi disse, sorridente, divertita, no, contenta. In una delle occasioni successive, eravamo rimasti soli e le chiesi della sua malattia, di cos’era successo. Il dramma era cominciato l’anno prima, nel 2010, aveva avuto un brutto torcicollo e si era recata dal suo medico curante, Caterina Garofali che, tra l’altro, è pure ginecologa. La visita era stata occasione per fare un controllo più generale e Caterina era rimasta molto dubbiosa, preoccupata. C’era qualcosa che non l’aveva convinta e le aveva prescritto un’ecografia all’addome. Da quel momento tutto era avvenuto, per come mi disse, molto velocemente. L’ecografia aveva rilevato formazioni in tutte e due le ovaie. Il contatto della Garofali con una ginecologa/oncologa di Palermo, la Priolo, i controlli, i markers, un intervento chirurgico per asportare quelle che potevano essere solo cisti, per scoprire, invece, che erano formazioni da k ovarico abbastanza aggressivo, III grado. L’intervento aveva visto non solo l’asportazione delle ovaie ma anche dell’utero oltre che un accurato wash di tutto il peritoneo. La sua vita era stata completamente rivoluzionata nel giro di qualche settimana. Quello che sentiamo accadere agli altri era successo a lei. E, dopo l’intervento, la chemio, sei mesi, con tutto quello che aveva provocato in termini di disturbi collaterali, … psiche che se ne era andata per i fatti suoi, perdita di tutti i peli. “Non sono tanto i capelli” mi disse “ma le ciglia, le sopracciglia, tutti, proprio tutti i peli. Il viso che diventa quasi alieno.” La ascoltavo molto attento, era la prima volta che era meno formale, malgrado l’argomento doloroso sembrava molto a suo agio. Ricordo che, dopo qualche parola di conforto, di dispiacere, le dissi con molta naturalezza: “Quindi, tra le altre cose, non hai più mestruazioni?” Non so cosa ci fosse di strano in questa domanda, mi rispose con un si imbarazzato. Tante volte in futuro mi avrebbe ricordato queste mie parole: “Ti ricordi quando, ancora senza avere quasi confidenza, mi hai chiesto se non avevo più le mestruazioni? Mah!!!” Mah???
4 – Angeli
Anna, mia moglie, e Toni, il marito di Patrizia, intercettarono qualche comunicazione tra noi (Patrizia e me) quasi contemporaneamente, risultato: grosse liti in parallelo con i rispettivi partner, lei si trasferì da sua madre, io da mio padre. Erano i primi di novembre. In quella situazione si confermò (fortunatamente) lo scarso carattere di Patrizia. Aveva tutti i suoi contro ed il marito, malgrado lei si dicesse innamorata di me, malgrado il nuovo “tradimento”, non ne voleva sapere di staccarsi da lei. Era nuovamente disposto a perdonare se lei avesse nuovamente interrotto ( e stavolta per sempre) i suoi contatti con me. Capitolò, non si fece più sentire, mi scrisse la seguente mail, spense per sempre il suo telefono e non scrisse più. “Mi sento uno schifo e non sopporto più le prediche. Tutti contro di me!! Non importa a nessuno come sto, l’importante è stare al mio posto… vorrei solo morire. Mi odio!! Mi tengono sotto controllo, hanno capito che mia sorella mi appoggia e ci tengono lontani. A cosa è servito dire di te??... solo complicarmi la vita e metterti nei guai… sono una povera fallita!! Come potresti stare con una fallita come me??? Capisco se mi odi…”. Stop. Non provai più a contattarla o a cercarla, quella storia, fatta più di telefonate che di altro, aveva già creato molto più casini di quelli che meritava. Ero in questa situazione, di quasi divertito disincanto nei confronti del genere umano, che mi trovai a parlarne con Titti. Eravamo rimasti soli dopo la lezione e, vedendomi sovrappensiero, mi chiese se andava tutto bene. Le cominciai a raccontare della situazione in cui mi trovavo, non sapevo se in qualche modo le potesse risultare di disturbo sentirmi parlare di cose personali e mi rispose che, pur se dispiaciuta perché le raccontavo una situazione difficile, era molto contenta del fatto che mi sentissi di parlare in modo così aperto con lei. Quando le dissi che ero fuori di casa, lei trasalì:
“Non lo fare! Non lo fare per favore! Io sono figlia di separati e so cosa significa per i figli. Potrebbe succedere qualsiasi cosa ma non vorrei mai fare provare alle mie figlie quello che ho provato io!!! E poi non ti voglio vedere stare male, sei così bello!”. Avevo fin li tenuto gli occhi bassi, li alzai per incrociare il suo sguardo, in silenzio … Poi entrò qualcuno e lei mi disse solo che, se ne avessi avuto bisogno, avrei potuto contare sul suo aiuto.
C’è certamente qualcosa di sbagliato in me. O, forse, è qualcosa che accomuna un po’ tutti arrivando quasi ai 50. Quest’Animale (alla Battiato) che non si accontenta mai, che si prende tutto. Dopo un periodo (relativamente lungo o breve, a seconda di come si vuole considerare) di un anno, massimo due, mi stufo sempre di quello che faccio. Ovvero, posso pure continuare a fare qualcosa che “devo” fare, ma ho bisogno di nuovi stimoli. Nel 1996, ad esempio, inventai la prima società di marketing online di Catania, forse della Sicilia, forse italiana, ..nel 1996!! HomeNet. In un altro periodo cominciai a scrivere per un giornalino d’informazione locale, avevo una rubrica: Appunti cromatici. In un altro periodo mi diedi alla politica, diventando coordinatore locale del PDS prima e del PD poi. “Pigghi i cosi c’amuri e i lassi cu sdiegnu”¹ mi diceva spesso mia madre. “Cominci le cose con tanto amore e, poi, li allontani sdegnato”. Mia madre, gioia mia, se n’era andata in un niente. Nel 2000 ad ottobre mentre ero a Cremona, per prepararmi per una missione di lavoro che avrei dovuto effettuare in Libano, mi aveva telefonato mio padre per dirmi che la mamma aveva improvvisamente assunto un colorito giallastro. Avevano pensato ad un problema di epatite ed invece era stata individuata una formazione al pancreas. Ritornato, quindi, a Catania e resomi conto che poteva essere qualcosa di grave, mi ero recato all’Istituto del Mediterraneo, un Istituto di eccellenza di Catania che trattava tumori e trapianti, nato dalla collaborazione tra Sanità italiana e alcune Università statunitensi. Lì avevo incontrato, per caso, una dottoressa per strada, ed a questa chiesi un’informazione, da quella richiesta d’informazioni lei aveva voluto saperne di più e … insomma, grazie a lei nel giro di un paio di giorni mia madre fu ricoverata lì per intervenire cercando di
rimuovere il male. Alla fine di quel primo incontro fortuito con quella dottoressa, con l’accento americano e di cognome italiano, dopo avere visto il suo interesse, nel salutarla le avevo detto che per me era “..come se avessi incontrato un angelo.” Poco o nulla si poté fare per mia madre. Un intervento in cui, oltre al pancreas, furono asportati parte di intestino, stomaco e fegato, durato quasi 17 ore, effettuato dall’equipe il cui primario era Ignazio Marino, l’attuale Sindaco di Roma. Lei che, miracolosamente, una settimana dopo l’intervento si riprese tanto da poter uscire dall’ospedale, sorridente. Con quel sorriso da donna/bambina, sempre incantata. Con quel portamento così fiero che la faceva sembrare molto più alta del suo metro e sessanta. Quel sorriso che aveva sempre quando ritornava in aereo, dopo essere stata a trovare le mie sorelle, l’andavo a prendere e si presentava agli arrivi con quel sorriso. Fiera, felice. Rimase, dopo l’intervento, fuori dall’ospedale solo un giorno, il tempo di abbracciare i miei figli ancora bambini ….. poi qualche punto di sutura interno, bastardo, aveva ceduto, l’attacco settico, i tentativi (ma quanti?) di riprendere la situazione sotto controllo, con aperture e wash.. e aperture e wash … e ancora … e lei che, negli ultimi momenti di lucidità, mi disse che le faceva tutto troppo male – “Basta non ce la faccio più, basta, basta...” Coma settico, la bambina/donna, mamma, gioia mia, non c’era più, …. un altro angelo.
Ritorniamo al 2011, in quell’ufficio, con me meditabondo. Percepivo la mia necessità di un aiuto, perché non rivolgermi ad uno psicologo? Durante la settimana vivevo lì nel palermitano.. dovevo cercare qualcuno di lì … chi meglio di Titti, radicata nel territorio e che forse ne aveva avuto bisogno di recente, poteva aiutarmi? Quando glielo chiesi era più tra il divertito e lo scettico che altro. Aveva cominciato ad essere meno formale con me, più aperta, pronta a scherzare “Ti aiuto io” - mi disse – “altro che psicologo, ti faccio are tutte cose!” Ritornata seria, dimostrò di apprezzare il mio riconoscere il momento di difficoltà. Alla fine mi diede il contatto di una sua conoscente, dal cognome un
po’ particolare, Fecarotta. Quella stessa sera, molte ore dopo che se n’era andata dal mio ufficio, Titti mi spedì un sms che suonava più o meno così: “Io sarò il tuo angelo e, fino a quando ti starò accanto, nessuno ti potrà fare del male!” Restai almeno un’ora a leggere e rileggere quel sms, ero veramente sorpreso! Si, c’erano state quelle battute, quegli sguardi, quel guardarla con un certo interesse di cui ho parlato prima .. ed è pure vero che tante volte mi era successo di vedere prendere l’iniziativa alle donne (mi dicevo: quanto più belle sono, tanto meno riescono a capire o sopportare un rifiuto ad un loro approccio), Titti con questo sms varcò una soglia che, invece, mi ero convinto lei non volesse varcare. Oppure l’episodio confermava il mio stato di confusione e di difettosa interpretazione della realtà. Risultato: non risposi nulla, proprio nulla e la volta successiva che c’incontrammo non ne feci menzione. Di sicuro era definitivamente mutato il mio atteggiamento nei suoi confronti. In quel mio momento difficile, di forti dubbi, il pensare a lei, il ricordare i simpatici momenti di lezione, le sue o le mie battute, mi facevano spesso sorridere da solo. Cominciai ad effettuare le sedute dalla psicologa, la Fecarotta (!). Come da clichet, parlai dei miei sogni e delle delusioni d’amore presunto, del rapporto difficile con quella santa donna di mia moglie. Lei, la dottoressa, mi spinse a parlare della mia infanzia, delle lunghissime assenze di mio padre, del “dovere” essere il più bravo, proprio per fare contento quel padre assente. Ed ancora del mio pretendere troppo dagli altri ed, in primis, da me stesso. Delle mie paure celate dal mio atteggiamento impavido. Concluse che dovevo concedere di più a me stesso per compensare una vita di responsabilità, l’assenza di svago. “Lei si è sposato prestissimo, è diventato capo reparto prestissimo, poi padre, ecc e si è solo concesso quel surrogato di egoismo che erano state quelle donne senza importanza!! Ci vuole qualcosa che sente suo, che desidera … a cui dare il suo vero io.” Analisi e conclusioni (?!) tutte in tre, dicasi tre, sedute.
Dopo la seconda seduta ed una bella discussione con Anna, io ero già rientrato a casa. Dopo la terza seduta la dottoressa mi disse che non c’era più bisogno di continuare gli incontri. Se lo diceva lei! Che dovevo dire? Dovevo essere guarito … certamente un grandissimo esempio di deontologia professionale!
Erano ate un paio di settimane da quando avevamo parlato con Titti di me, della mia situazione, una settimana da quel primo sms, quando, in un giorno non di lezione, mi giunse un altro suo sms “Come stai?” - stavolta risposi - “Bene. Tu?” “Un po in pensiero per te” “Perché?” “Così perché ci tengo, perché mi piaci” “Anche tu mi piaci” “”. Si, la prima soglia era stata varcata da entrambi. Ci vuole tanto e ci vuole poco per cambiare un modo di porsi, di relazionarsi. Tante volte tanti sguardi, tanti desideri di (almeno maggiore) intimità, restano inespressi, non dichiarati. Relazioni abortite. Sliding doors. Superare quella prima soglia porta ad una relazione più tranquilla, meno mascherata, non ancora grave. Cominci ad essere più confidenziale, parli in maniera divertita di tutto ma sei tranquillo perché non hai detto o fatto niente di compromettente. Certamente c’era feeling tra noi. Finita la lezione, cominciò, da quel momento, a restare sempre un po’ in più. Parlavamo di tutto, sino a quando, in momenti che si spostavano via via sempre più tardi, diceva “Me ne devo andare! Devo scappare!”. Ci davamo il bacetto di saluto, l’accompagnavo sempre in portineria ed andava via. Uno dei giovedì successivi, sempre dopo la lezione, mi disse che non le piaceva il fatto che sarebbero dovuti are così tanti giorni prima di ritornare lì. Quella sera, quando l’accompagnai fuori ci accorgemmo che la ruota della sua auto era “a terra”. “Te la cambio” – dissi - ”No” - rispose – “Chiamo mio marito.” “Ma no, non è necessario.” “No Lorenzo, non è possibile che me la faccio cambiare da te, già ricevo tante battutine e non posso aggiungere motivi per riceverne altre.” “Va bene, facciamo però una cosa intermedia, andiamo insieme alla stazione di rifornimento qui vicino e la facciamo gonfiare, se tiene non c’è bisogno di intervenire subito, sennò chiami. Ok?” “Ok.”
Ed andammo insieme, per la prima volta in macchina, sino alla stazione di rifornimento vicina qualche centinaio di metri. Chiusa. Doveva chiamare ma non aveva credito. Chiamai quindi io, con il mio cellulare e li misi in contatto. Mi sentii un intruso e, dopo che finì la loro conversazione, dovette risultare palese il mio rabbuiarmi. Dissi lei che sarei rientrato a piedi e la stavo per salutare, quando lei mi disse “Non fare così, non andartene così triste. Vorrei che tu stessi sempre bene” “Sono stato benissimo con te Titti, alla prossima.” Che stavo facendo? Un’altra donna sposata, col marito guardiano? E poi lì al lavoro.. ??!! La volta successiva, dopo la lezione, ero un po’ in imbarazzo. Lei, invece, sembrava divertita della cosa. Ero perfettamente consapevole che eravamo davanti alla seconda soglia. Eravamo seduti di fronte, sui divanetti e, mentre, parlavamo le appoggiai la mano sulle ginocchia. Il contatto mi produsse un piacere fortissimo, guardammo quella mano e lei mise la sua sopra la mia, bussarono alla porta e sobbalzammo. “Così però mi viene un attacco di panico!” mi fece. “Beh ..lo sai, il mio ufficio è un porto di mare ed io ho sempre abituato tutti a non avere alcuna remora nel venire a trovarmi. Perché non ci vediamo fuori?” “Quando, dove?” mi fece, finalmente un po’ turbata. “Quando vuoi, solo se vuoi, se ti è possibile!” “Ok, domani ti chiamo”.
5 – What the hell am i doing here
Il giorno dopo, nella mattinata, mi chiamò per chiedermi se avrei avuto la possibilità di andarla a trovare al Crispi, la scuola paritaria, secondaria superiore dove insegnava sempre se, praticamente senza compenso, solo per accumulare punteggio per l’agognata “entrata di ruolo”. Uscii dal lavoro alle 10e30 e me ne andai verso questo primo appuntamento con un’altra donna. Ovviamente del 1972. Il Crispi è vicino una caserma, nei pressi di Mezzo Monreale, sul versante interno della collina che domina Palermo, dal lato opposto della bellissima cittadina con il famosissimo Duomo. Prima di quel mio incarico a Isola delle Femmine, credo di essere stato a Palermo soltanto una decina di volte, mai ero stato a Monreale. Il duomo di Monreale con il suo Cristo Pantocratore è molto molto bello, c’è pure un belvedere dietro la Chiesa straordinario! Quanta bellezza abbiamo a pochi i da noi e rischiamo di are tutta la vita senza vederla. La stessa cosa mi era successa per le Eolie. Prima del mio incarico di responsabile non c’ero mai stato. Vulcano, Lipari, Panarea, Filicudi, Alicudi e le straordinarie Salina e Stromboli, tutte bellissime ed ognuna con una qualche peculiarità … a due ore da Catania e non c’ero mai stato prima. I 5 anni ati in quelle isole paradiso avevano totalmente stravolto il mio essere. Mi recavo a questo appuntamento e con occhi nuovi mi guardavo attorno e pensavo che la vita quasi monastica che conducevo lì ad Isola delle Femmine, tutto lavoro, lavoro e lavoro, non mi aveva permesso di godere di tutte quelle bellezze. C’era voluto, per dirla alla Albanese, u pilu per smuovermi. Mentre ero in macchina, Titti mi chiamò per sincerarsi dei miei spostamenti. Appariva sul mio telefono per le prime volte il nome Tiziana. Sarebbe apparso, tra sms, mail, whatsapp, telefonate almeno 20000 volte. Ed ora non appare più.. Arrivato davanti al Crispi la chiamai io. Era ora di ricreazione: la solita moltitudine di ragazzi che assaltavano il bar proprio vicino la scuola. Lei mi
diede indicazioni su dove trovarla all’interno dell’istituto e la trovai: borsone (sempre presente) alla spalla, quasi come uno scudo, vestita Desigual, i capelli ancora corti, gli occhiali da sole in mano. Parlava con un’altra donna, mi apparve di fronte rispetto a dove entrai. Diverse persone concitate in giro, una macchinetta dispensatrice di caffè e bevande. Il rossetto rosso le faceva risaltare quello che per me era stato il primo particolare fisico che mi aveva attratto: quel suo accenno di diastema. Mi accennò un sorriso e continuò nella sua conversazione con l’interlocutrice. Non diede segno di volerla abbreviare (quella conversazione) e rimasi lì, in attesa, con lei che ogni tanto mi guardava. Finì la conversazione mi si avvicinò e mi disse: “Lo sai che mi piace quando stai con le mani in tasca?” “Io stavo con le mani in tasca? Non me ne sono reso conto.” “Si, lo fai non spesso, a volte. Te l’ho visto fare, qualche volta, pure in stabilimento e mi piace tanto. Ti ho detto di entrare, di venire qui, perché non si sa mai, potrebbe are mio marito e sarebbe veramente difficile da spiegare la tua presenza qui. Come ti ho detto, spesso mi fa battutine. Io, ingenuamente, all’inizio del mio lavoro da voi, ne riferivo a casa in maniera entusiastica. Del gruppo e di te in particolare. Pensavo tu fossi irraggiungibile ed, invece, ora sei qui.” “Sei molto bella!” Perché l’avevo detto? Semplicemente perché era vero e poi questo suo modo di affrontare le cose, di parlarne metteva di buon umore. Sorrise, solare. “Non posso stare molto, tra poco ricominciano le lezioni. Sono felice che tu sia venuto. Sono felice di averti visto fuori dallo Stabilimento. Anche se a me piace lo Stabilimento. Posso fare la tua segretaria per sempre?” stavolta ero io a sorridere divertito. “Certo!”. Si avvicinò mi diede un bacetto sulla guancia stringendomi il braccio e si congedò andando verso una classe. Uscito da quella scuola, in quella mattinata fresca, con un timido sole che si faceva vedere tra le nuvole, mi fermai un attimo, mi guardai attorno, indossai gli occhiali da sole e dissi ad alta voce “Ma che cazzo ci faccio qui????”
Nei dialoghi che avevamo avuto, avevo scoperto che era apionata di musica rock, grunge ed aveva bazzicato con gruppi musicali, praticamente da sempre. Il padre era stato una specie di showman che, abbandonato il lavoro all’Enel e separatosi dalla madre di Titti, aveva cominciato una sequela di lavori nel mondo alberghiero, dell’intrattenimento, della ristorazione. Pure suo padre aveva sempre avuto un pallino per la musica.
La storia più importante che Titti aveva avuto prima del matrimonio, era stata con Paolo, un bassista di idee ed atteggiamenti “alternativi”. Lei lo aveva sempre seguito nelle sue performance musicali. Timida (malgrado l’apparente sfacciataggine, Titti era sempre stata ed era timida), nel suo seguire Paolo non aveva mai avuto il coraggio di confessare, e quindi mostrare, il suo talento come cantante. Quando, grazie ad un altro amico, c’era finalmente riuscita, aveva cominciato la sua carriera di performer. Orgogliosa mi portò in ufficio qualcuno dei cd registrati con vari gruppi musicali di cui aveva fatto parte. E’ brava Titti, ottima estensione ed ottimo controllo della voce. Come dice lei, non sarà bravissima ma è un piacere ascoltarla cantare i brani che le piacciono e le si addicono. I suoi preferiti erano i Nirvana, David Bowie, Radiohead (ecco il “Che cazzo ci faccio qui?” rubato a Creep), Alanis Morrisette ma, soprattutto PJ Harvey. Anche a me era sempre piaciuto ascoltare e, quando possibile, canticchiare qualcosa. Le feci ascoltare pure io qualche registrazione, .. niente di paragonabile alle sue. Cantante da karaoke con gli amici io, a confronto con una cantante vera. In ogni caso, un’altra cosa, anche se parzialmente, ci accomunava.
Questa scoperta dell’altro non dovrebbe finire mai! Che periodo bello questo parlare, ascoltarsi con la massima attenzione. Rapiti, da una persona con cultura paragonabile e della tua stessa “velocità”. Si sorride spesso. Il resto sembra non esistere più. Vorresti non finisse, ti senti a casa. Si incrociano gli sguardi, si soffermano, a volte ci si chiede se la persona che hai davanti è reale, nei suoi occhi ti ci perdi per qualche attimo dentro e poi .. abbassi lo sguardo essendo arrivato ai confini dell’universo conosciuto. L’indomani di quell’incontro a scuola era il 19 dicembre del 2011. Mi chiamò nel primo pomeriggio “A che ora finisci di lavorare?” “Non ho riunioni e, come sai, sono autonomo nella gestione del mio tempo, eventualmente esco e poi rientro al lavoro, per finire, come mio solito, a serata inoltrata.” I miei orari erano più o meno sempre gli stessi, cominciavo al mattino, al massimo alle 7e30 e finivo dopo le 21e30. Se non avevo molta fame ed ero abbastanza carico, potevo arrivare sino alla mezzanotte. Facevo, come detto, una
vita quasi monastica. Uscito dall’ufficio andavo a casa per una sciacquata e subito a nanna, previa lettura di qualche pagina di un libro che mi conciliava il sonno. Crollavo, la sera, sfiancato da giornate stracariche di attività. Crollavo, crollo, per poi svegliarmi quasi sempre intorno alle 3, le 4. La notte il mio cervello non riposa granché.. tranne che per quella breve fase rem. Spesso mi sveglio con pensieri, soluzioni, propositi, quesiti che con il tempo ho imparato ad appuntare in un qualche modo, prima in modo cartaceo, poi con lo smart. Quel pensiero laterale, che nelle ore quotidiane era soverchiato da quello analitico razionale, la notte aveva più campo d’azione ed in qualche modo mi rendeva (mi rende) più creativo. In quel periodo abitavo in una villetta, meglio, in una porzione di villetta, praticamente sul mare, a Sferracavallo, a nove minuti di auto dallo Stabilimento. Posto incasinatissimo a luglio ed agosto, praticamente isolato per il resto dell’anno ed, in più, senza campo telefonico. A volte d’inverno, visti pure i ritmi di lavoro, la mia età tra i 45 e 50 e la genitorialità, pensavo che una notte mi avrebbe colto un infarto e non avrei avuto la possibilità di avere alcun aiuto.
“Ed allora ci vediamo verso le 18e30?” mi chiese. Il mio linguaggio, spesso condito da parole che lei riteneva desuete, era una delle cose mie che la intrigavano. Si metteva a ridere ogni volta che dicevo “avantieri” oppure tutte le volte che, da buon catanese, usavo il ato remoto anche per eventi risalenti a qualche ora prima. Anche la mia abitudine di utilizzare nel parlato il formato orario di 24 ore (le 17 le 20 ecc..) la colpiva ed aveva cominciato ad utilizzarlo anche lei. “Ok, dove?” “All’uscita dell’autostrada in via Belgio, vicino il velodromo, dove c’è un fruttivendolo. Ci vediamo lì.” Concluse. Eccomi. La sua Nissan bianca era già li. Mi affiancai e mi disse di parcheggiare e di salire in auto con lei. Nervosa, stavolta si che era nervosa. Io, invece, certamente più abituato di lei alla clandestinità, ero molto tranquillo. Una volta le avevo chiesto se avesse mai avuto una relazione extraconiugale e mi aveva ripetuto che da sempre era stata convinta che niente, da parte sua, avrebbe potuto mettere a repentaglio il matrimonio, troppo vivo il ricordo della sua infanzia con genitori separati. Non voleva fare provare alle sue figlie la stessa cosa!
E il tuo rapporto con tuo marito? Le avevo chiesto quella volta. “Una ione forte, grande attrazione. Quando ci conoscemmo lui era sposato, sportivo, praticava calcio e pallavolo e gestiva una palestra, dove io mi iscrissi. Cominciò a fare lo scemo, io, però, non gli davo tanto conto, fino a quando mi dissi che il problema era suo e non mio se era sposato, e me la sono goduta. Poi lui, proprio quando la sua ex moglie aveva da poco partorito, si staccò da lei per cominciare una relazione “ufficiale” con me. I primi anni andarono benissimo ma troppo distanti erano i nostri interessi, a meno della palestra che gestivamo insieme ed ancora più diverso il modo di approcciare alle cose, come ad esempio l’educazione delle figlie. E’ un bambinone per colpa di sua madre, ossessivamente presente. Proprio il giorno in cui ci sposammo fui attraversata da un brivido pensando che sarei rimasta sola con questa persona … di che cosa avremmo parlato a parte che di sport? Mi venne bene, perchè per il mio matrimonio ero incinta di 5 mesi e, dopo quel momento, le attenzioni ed il tempo furono per lo più dedicati alle cucciole.”
Ero seduto in macchina accanto a lei e cominciò a percorrere le vie di Palermo. “Sono andata a lasciare mia figlia ma tra un’ora la devo andare a riprendere.” “Sei molto brava a guidare.” “Sono una pilota. Mi piace un sacco guidare. Ecco stiamo ando davanti scuola di Mirella, dove però Cinzia viene a fare basket. Ho le due figlie alle elementari in due scuole diverse. Una delle mie fisse, per cercare di dare loro sempre il meglio a costo di qualche sacrificio. Ecco qui invece la scuola che frequenta Cinzia, alla Cattedrale …. Qui ci abita mio padre. … Qui invece hanno casa i miei, mia madre, mia nonna.” Stavamo praticamente facendo un tour per mezza Palermo, la osservavo mentre parlava, viveva palesemente un momento di grande difficoltà, .. attentava a buona parte dei suoi principi e delle sue convinzioni, e, però, era lì. Oscillazioni, le avremmo definite così di lì a qualche settimana. Poggiai la mia mano sopra quella sua che era sulla leva del cambio, la girò e strinse la mia molto forte. “Io ti amo” disse “ti ho amato subito. Tu hai questo modo di fare che è proiettato alla conquista delle persone con cui hai a che fare. Hai fatto della conquista uno stile di vita. Mi dispiace, ti ho fregato, io ti ho cominciato ad amare prima che tu
organizzassi una qualche strategia nei miei confronti. Ti ho amato subito, quando sono entrata nel tuo studio, quel giorno di maggio. Tu sei bellissimo ed essere belli è tutto. Solo che non so cosa fare!” - “Innanzitutto ferma questa macchina da qualche parte.” “ Non so dove! Ogni posto non mi sembra buono.” “Fermati qui!” “Sotto il lampione?” “Fermati per favore!” Ci baciammo per la prima volta lì, sotto quel lampione di non so dove a Palermo. Restammo solo il tempo di quel bacio perché, aperti gli occhi, c’era una macchina che doveva occupare il posto, evidentemente privato, in cui eravamo noi .. e poi si era fatto tardi. “Tu cosa provi per me?” “Io sono confuso, sei una donna molto bella e mi piaci e mi piace stare con te, ma io vengo da un periodo del cazzo, non è assurdo che, immediatamente dopo tanti casini, mi ritrovo così attratto da un’altra donna?” “Ma ancora che hai visto?” mi fece. Cavolo se non sarebbe stato proprio così!
6 – Reasonable
Reasonable 20/12/2011. Scrissi questa parola e la data sulla lavagna del mio ufficio (credo non sia stata mai cancellata.. dalla lavagna). Un’altra donna mi aveva detto “Ti amo.” Una donna sposata. Una bella donna, che mi piaceva tanto .. e non per “una scopata” … Mi piaceva tantissimo parlare con lei ed ogni volta che ci eravamo toccati era stata una sensazione bellissima. Mi amava! Come avrebbe fatto ad amarmi? Ero in ufficio e non riuscivo a distogliere il pensiero da lei. “Cosa dobbiamo fare?!” Non è successo niente, mi dissi. Ancora la situazione si può riprendere. Bisogna avere ragionevolezza. La devo chiamare. La chiamai. “Titti, come stai?” “Nervosa.” “Senti una cosa Titti, io credo che noi dobbiamo cercare di non vederci più. Credimi ti parlo con un groppo in gola perché sto benissimo con te e mi piaci tantissimo. Appunto per questo e per quello che mi hai sempre detto, se noi continuiamo, ci incasiniamo tutti e due e, i che per me non sarebbe una novità, con la testa che ormai è out of control, ma per te non è possibile metterti con me….!!” “Mettermi con te? Che significa? Come faccio? Anch’io ieri sera pensavo qualcosa del genere. Sono molto confusa …” “Non c’è da farsi prendere dalla confusione, troviamo una scusa ed interrompiamo le lezioni di se, … un problema di budget, si, ecco, un problema di budget mio che ci costringe a chiudere le lezioni entro il 2011” “Ma a parte che per te, perché ci sei tu, … a me piace questo lavoro!!! E’ quello che mi sta dando in assoluto più soddisfazioni per quel che riguarda l’insegnamento!” “Dispiace tantissimo anche a me ma non credo abbiamo alternative.” “Ci penso e ti richiamo”
Una delle cose che mi rende un ottimo manager è l’importanza che do al e la capacità che ho nel, governo delle situazioni. Dobbiamo essere in grado di governare al meglio gli eventi - dicevo sempre ai miei - sennò saremo costretti a subirle le cose, ad affrontare accidenti, non a pianificare azioni.
Quanto più è piccolo il rapporto numerico tra azioni accidentali ed azioni programmate, tanto più saremo stati bravi. Al lavoro ci riesco benissimo, nella vita cerco di applicare pure alcune delle filosofie lavorative, i risultati, però, non sono sempre altrettanto buoni. Certamente sono uno che vuole avere il pallino in mano. Questa donna, una volta superate le prime soglie d’intimità, fa già vedere che anche lei è così. Due primedonne o galli a confronto … molto molto difficile.. effettivamente stimolante..
“Io ce la faccio!” disse quando richiamò “Noi ce la possiamo fare. Non interrompiamo le lezioni e dimentichiamo quello che c’è stato. Ritorniamo ad un rapporto più formale. Non parliamo più tra noi, di noi. Finisco la lezione e vado via e non ci chiamiamo più.” “Titti, io non credo che questa cosa sia possibile, secondo me stai sottovalutando il tutto.” “Ce la facciamo Lorenzo e, poi, ci sono solo 2 lezioni al massimo e poi interrompiamo per le feste. Abbiamo tempo per riprenderci. Ti prego!” Sapevo benissimo che non avrebbe funzionato ma anche io non volevo finisse e dissi che ci potevamo almeno provare. Il periodo, come detto, era quello Natalizio ed alla lezione del giorno dopo partecipammo solo in due, Fabrizio ed io. Era un tentativo di riproporre un atteggiamento più distaccato tra noi, come da un mese non si era più verificato. Anche in presenza degli altri il modo di essere di Titti era mutato. Lei era stata meno formale, ancora più simpatica e sorridente. Anche gli altri, soprattutto Fabrizio e Michele, riuscivano sempre ad essere molto divertenti e con la capacità spesso di trasformare, senza ridurne l’efficacia, il momento di apprendimento in un momento goliardico. Quel giorno Fabrizio, assistendo a quella lezione dimessa, si sarà sicuramente detto, tra se e se, che sia Titti che io, per essere così bui, avevamo avuto qualche problema personale. A metà lezione, per uno di quei problemi impiantistici che vogliono una decisione presa dalla Direzione, Fabrizio si dovette allontanare. Restammo Titti ed io, posizionati nel tavolo di riunione uno di fronte all’altra. “Continuiamo?” mi fece “Si” risposi, molto seriamente.
Ce l’avevo con lei perché, ancora di più da quando era cominciata quella lezione, mi era chiaro che stavamo facendo una cazzata. Io non ci stavo bene. Ci sono delle cose che purtroppo sono irreversibili. Non potevo ritornare ad essere distaccato. Non lo ero. Mentre formulavo questi pensieri, con le sopracciglia aggrottate, cercando di scrivere le risposte alle question poste, alzai lo sguardo e lei stava piangendo. Un pianto inizialmente completamente sordo, solo di lacrime, poi una specie di lamento e di tremore… “Non ce la faccio… non ce la faccio.. io ti amo” disse. Per una frazione di secondo rimasi fermo a guardare questa donna che ancora di più mi apparve bellissima, così desiderabile, possibile che proprio in questo momento della mia vita sto trovando quello che ho sempre cercato? E’ lei la mia donna? Mi alzai, le baciai gli occhi, la abbracciai, le diedi un bacio tutto impastato di lacrime e mi abbracciò forte. “Stringimi! Stringimi!” disse. “Ti amo” risposi. Chiusi a chiave la porta dell’ufficio, la accompagnai nel mio bagno tenendole la mano. “Sistemati. Ce l’hai i trucchi?” “Si” “Chi ci nn’è nni sta vita???!”² dissi “Non credo che ci possa essere qualcosa di più importante. In qualche modo faremo!”. ² “Di cosa è fatta questa vita?”
PARTE II
7 – Noi
Cominciammo a stare insieme col pensiero, nei desideri sempre e fisicamente solo in quelle ore di lezione. Poche giornate ci separavano dal fine anno. Di norma le lezioni si sarebbero dovute interrompere, ma non ci pensammo proprio, era il modo più semplice per vederci. Ci sentivamo ogni volta che era possibile al telefono. Oppure tramite sms. Sembrava fugata in lei l’ansia, era ancora più gioiosa. Anche io ero preso da questa ventata di freschezza.
Dopo essere rientrato a casa, la situazione con Anna era tornata alla pseudo normalità. Sguardi giustamente spesso perplessi da parte sua, partecipazione mia a tutte quelle che erano le esigenze familiari. Non ho mai smesso di volerle bene e la cosa più strana, tenendo conto di ciò che vi sto raccontando è che continuava il nostro pluridecennale feeling sessuale. Tra i miei comportamenti, comunque sempre attenti, e il letto, la tenevo, diabolicamente, non so quanto inconsciamente, in uno stato di perenne speranza… Credo si chiedesse se il nostro rapporto non fosse attraversato solo da qualche nube e sperava in una nostra nuova primavera mentre, invece, era in atto l’attacco fatale. Appariva certamente strana quella accentuata mia attenzione al telefono, non lo perdevo mai di vista. Titti non era più Titti nella rubrica, cambiava spesso identità: Gabriella, Renato… A volte, quando Titti mi chiamava ed io ed Anna eravamo molto vicini, con la voce del mio interlocutore telefonico che poteva risultare udibile, non rispondevo e richiamavo il vero Gabriella o Renato e li sorprendevo iniziando la conversazione come se erano stati loro a cercarmi. Gli stessi problemi cominciò ad avere anche Titti. Venne Natale e quella giornata lei con la sua famiglia erano a pranzo da sua madre, sua nonna. In un certo momento, riuscendo ad appartarsi riuscì a scambiare qualche sms con me, provvedendo dopo a cancellare i messaggi. Non sapeva che i telefoni hanno un Registro che mantiene, se non cancellato anch’esso, traccia di ciò che si fa. Il marito, certamente anche lui all’erta, trovò la traccia di questi sms rinfacciandole
la cosa. Titti in qualche modo riuscì a dare una spiegazione ma anche quel fronte era stato, inesorabilmente, aperto. Tra Natale e Capodanno facemmo un’altra lezione ed una subito dopo l’inizio del 2012, da soli. Ovviamente non eravamo soli in centrale ed il mio ufficio era sempre soggetto a richieste di udienza, stavamo seduti sui divani a ..non fare lezione. Parlavamo, parlavamo, parlavamo, di tutto, di libri, di musica, di sogni, di aneddoti, .. e, naturalmente, di noi. Quando era possibile stavamo mano nella mano, due adolescenti, raramente qualche bacio. Il sesso fu pure oggetto di qualche riflessione, desiderio e paura. Pensava che potesse essere qualcosa di dirompente “Se facciamo sesso io non mi vorrò più staccare da te e non potremo più goderci questo innamoramento. Oppure tu, nel classico stereotipo del maschio, ti sentirai appagato e cambierà tutto” “Beh, per esperienza mia, ho un rapporto molto strano col sesso. Mi piace tantissimo ma non credo sia la cosa più importante per me. In un rapporto di amore, credo ci vogliano tante cose, ed il sesso è solo una, che so, tra dieci” “Vabbè, tanto non lo facciamo, per ora, noi siamo diversi, solo io posso salvare te, solo tu puoi salvarmi” concludeva.
Mi aveva raccontato che aveva avuto una vita sentimentale (e non solo) molto travagliata. Come già accennato, quando aveva 4 o 5 anni, i suoi si erano separati. Nella realtà era stato il padre a cercare altri lidi ma nella mente della bambina questo non doveva essere stato molto chiaro. Lei era rimasta con la madre che, a sua volta, viveva vicino la nonna. Formavano e formano una specie di clan tutto femminile. Alta borghesia palermitana, il nonno era stato un architetto molto noto, la nonna, attuale matrona del clan, diplomata e con i fratelli ingegneri o medici, uno ancora vivo. Sua madre aveva due fratelli, uno morto da poco, ed una sorella che non si era mai sposata, Pina, che viveva con la nonna e che è la persona di più forte personalità di tutto il clan. Del padre di Titti avevo già accennato qualcosa. La bambina, primogenita di quella generazione del clan, dopo la separazione divenne il centro delle attenzioni di tutti, e più di tutti di una Tata che praticamente le faceva fare e le faceva avere tutto quello che voleva. Malgrado ciò, la Titti bimba era sempre molto triste e ce l’aveva con la madre. Maria è una persona che sembra vivere costantemente tra le nuvole, di spiccate qualità artistiche ma con un nobile distacco da tutto ciò che è mondo reale. Donna molto bella, sia prima che dopo il matrimonio era stata certamente oggetto di tante
mascoline attenzioni, probabilmente non tanto raramente ricambiate. Questo suo distacco dalla realtà doveva essere apparso alla bambina come menefreghismo nei confronti di quel padre che non c’era più, che si faceva i cazzi suoi e che si faceva, però, vedere spesso piangere da lei. Mi raccontò che visse questo stato di tristezza fino all’adolescenza, quando decise che doveva pensare solo e solamente a se stessa, a quello che la faceva stare bene. La bambina triste divenne una ragazzina ribelle, di quelle che viaggiano contromano con lo scooter, rompono specchietti, tirano sassi alle auto dei professori e ce l’hanno con gli sbirri. Attratta dalle persone più dissociate, aveva avuto tanti legami, spesso senza importanza o a volte, come quello avuto con uno con cui si sarebbe dovuta sposare, di importanza sopravvalutata in modo esagerato. Spesso i suoi compagni erano musicisti, punk, rock, dark… cazzu, cazzu, cazzu! Fumo e alcool a fiumi e fumo. Alle superiori il rendimento era buono anche se non più di tanto l’impegno, poi, dopo avere provato a lavorare nel mondo che era diventato quello del padre, alberghiero, interrompendolo per qualche anno, aveva ritrovato la ione per lo studio all’università con risultati ottimi ed una laurea con lode con una tesi in Filologia Romanza. Anche dopo la laurea aveva continuato la sua ribellione ed aveva vissuto un breve periodo di perfezionamento di se a Parigi. Più che per lo studio le era servito per vivere le hot night del Quartiere Latino, sempre con persone perlomeno un po’ eccentriche. Poi, sempre a suo dire, soddisfatta di tutto ciò, aveva pensato che era venuto il momento di mettere su famiglia e, dopo aver frequentato sempre persone che non avrebbero mai superato un test antidoping, chi meglio di una persona sana come uno sportivo per fermarsi e mettere su casa. Lui, Carmelo, come accennato era uno sportivo, conosciuto mentre lui gestiva una palestra, un po bamboccione, bell’uomo. La frequentazione della palestra era stata sempre maggiore, il flirt e poi la cogestione perché anche lei si era messa a fare da istruttrice. Fino, come detto prima, alla gravidanza. L’anno prima di scoprire di avere un tumore, Titti aveva vissuto il primo momento tragico della sua vita, era morto suo zio, il fratello di sua madre, sempre per un tumore. La prof di se mi svelava via via una vita molto movimentata.
Anche la mia lo era stata ma quasi agli antipodi rispetto a questa. Le raccontavo della mia famiglia umile, mio padre marittimo, mia madre casalinga. Figli, a loro volta, di famiglie ancora più umili e numerose. Quando erano tutti vivi, avevo 16 zii fratelli e sorelle dei miei genitori, più i rispettivi coniugi ed una ottantina tra cugini di primo e secondo grado. Io sono il più grande di tre figli, due sorelle che vivono tutte e due lontane. Mi sono sempre caricato di responsabilità. Anche se a scuola andavo benissimo, ogni estate, a partire da quella dopo la quinta elementare, la avo a lavorare. I miei pensavano che fosse la cosa migliore. In un cantiere navale come sguattero, in uno studio di ragioneria, in una ditta in cui si vendevano e riparavano macchine da scrivere, in una tipografia, aiuto di un muratore, nel cantiere di mio padre (quella volta che si doveva smantellare un vecchio rimorchiatore per rivenderne i metalli). Uno dei miei zii, quell’estate che lavoravo con loro, mi diceva che sembravo essere nato con la mazza da 15 kg in mano. Non ero bravo a fare niente di particolare e, però, sapevo fare tutto. A scuola, ero sempre, per la soddisfazione di mio padre, il primo della classe. Mia madre mi adorava ed allo stesso tempo era severissima con me, solo con me. Le mie sorelle, anche per quello che riguarda le uscite per divertimento, avrebbero sempre avuto più libertà rispetto a quella che ebbi io. Dopo poche relazioni avute con bambine come ero io, con me molto più ingenuo, a 12 anni conobbi Anna. Andavamo al mare insieme, presentata, insieme a sua sorella ed altre amiche, da un mio compagno di scuola. A poco a poco ci eravamo ritrovati a stare sempre insieme ed a 13 anni le feci la “Dichiarazione”. Siamo cresciuti insieme, lei come tutte le femmine, già più matura allora, io in fase di costruzione del mio io, che sarebbe divenuto sempre più forte e dominante. Già allora mi sentivo responsabile, non mi sono mai concesso quasi niente. Studio e lavoro e relazione seria sin da bambino. Mi diplomai con il massimo dei voti e mi iscrissi in Ingegneria Nucleare. Sono sempre stato apionato di fisica però non volevo fare l’insegnante o perlomeno non solo. Non feci però la richiesta del rinvio del servizio di leva e, ancora diciottenne, indossai per un anno la divisa. Scuola truppe corazzate di Caserta. Dopo il CAR viste le mie attitudini fui inviato al Centro di produzione audiovisiva. Per la prima parte della giornata realizzavamo film addestrativi sui carri armati, nella seconda parte duplicavamo film porno per i sottufficiali. Non era come adesso, che per duplicare qualcosa ci stai 30 secondi, mettevamo il film e lo registravamo con altri due videoregistratori. Ogni film messo almeno 4 volte. Ogni tanto qualcuno dei miei commilitoni mentre eravamo in libera uscita
proponeva di andare a vedere un film a luci rosse.. “Li conosco tutti a memoria!!!” dicevo “Non ne posso più!” Mentre ero militare Anna rimase incinta. Sconvolgente! Non sfuggii alle mie responsabilità e così, ancora milite e aiutati economicamente dai genitori, nacque Enrico, Enrico Maria per la precisione. Andavo spesso dal Comandante per chiedere licenze che, malgrado la situazione, raramente mi vennero concesse. Per una struttura psichica come la mia e per la mia educazione, credo che quello fu il colpo di grazia. A quella ragazza io avrei dato il mio futuro. Cominciai, poco dopo, mentre ero ancora militare a fare concorsi. Ne feci tre, tutti con migliaia di partecipanti e pochi posti, e ne vinsi tre, alla SIP alle Poste e quello con l’attuale società. Poco dopo il congedo mi misi a lavorare per la SIP, pochi mesi dopo mi licenziai per trasferirmi dove sto adesso. Mi ero studiato i contratti collettivi di lavoro e quello scelto era l’unico che prevedeva concorsi interni senza limitazione legata al titolo di studio posseduto. Provai a conciliare Università e lavoro e famiglia, riuscii pure a darmi Analisi 1 al primo tentativo con un ottimo 27, la Matematica era ed è per me una materia quasi istintiva. Volevo avere un ottimo rendimento al lavoro e, insomma, mollai gli studi non lavorativi dopo poco. A 20 anni come detto, ci sposammo. Dopo i primi anni di matrimonio, pur desiderandoli, come punizione dantesca, altri figli non ne vennero, malgrado il ricorso ai massimi specialisti del settore. Poi nacque pure Germana e poi, dopo anni, prima Ruggero e per ultimi i gemellini Mattia e Samuele. Gioie mie!! Al lavoro ho continuato a cercare di essere un primo della classe e con umiltà, abnegazione, grandissima volontà, capacità di coinvolgimento preparazione ed intelligenza, nel corso degli anni ho scalato la gerarchia interna alla società per cui lavoro, arrivando in una posizione inizialmente impensabile. Ribelle lei, tanto attento alle problematiche sociali io sin da piccolo. Già a scuola ero vicino a gruppi moderati riconducibili al Partito Socialista. Mi affascinava il pensiero di sinistra democratica, pensavo che la società italiana soffrisse troppo per la voracità della balena bianca democristiana (di li a pochi anni avrei scoperto che non era meno famelica quella dei craxiani). Brandt e Schmidt erano idoli non so quanto appieno da me compresi. Il giorno del mio diciottesimo
compleanno, poco prima del diploma, mi iscrissi, tra il disappunto dei miei familiari che avevano in uno dei fratelli di mia madre, democristiano e collaboratore di Sergio Mattarella (sì proprio lui) il loro riferimento, mi iscrissi al PSI.
8 – Corpi
Qualche giorno dopo il rientro a scuola dalle vacanze, Titti mi chiese se me la sentivo di andarla a trovare a casa sua. Me l’aveva chiesto altre volte, ero sempre stato molto riluttante alla cosa. Non mi piaceva questa invasione di campo, innanzitutto per me stesso. Mi stavo innamorando di questa donna e cominciava a crescere in me il fastidio per la presenza dell’altro. Temevo che ogni materializzazione di qualcosa che avesse a che fare con la sua vita al di fuori di noi (e che ovviamente per me non esisteva) mi potesse turbare. Sempre di più, però, cresceva la voglia di stare con lei e quella mattina, appena mi venne formulata l’ipotesi, dissi di sì. Assurdo, abitava in una villetta a soli 20 metri dalla prima casa che avevo affittato nel 2008 appena arrivato a Isola delle Femmine. Eravamo stati vicini di casa per quasi due anni e non ricordavo di averla mai incrociata. A poche centinaia di metri da lei ci abitavano pure i suoi suoceri che l’andavano a trovare molto spesso e, per questo, dopo aver concordato la mia visita, mi disse di non parcheggiare sotto casa. Avendola avvisata telefonicamente, mi fece trovare il cancello e la porta aperta. Penombra, divani, le luci di una cucina più avanti, a destra delle scale, una generale sensazione di calore, di armonia. Avrei scoperto con il tempo che è un’arredatrice bravissima, molto attenta ai particolari. Eccola lì davanti a me, vestita di una tuta comoda, i capelli che avevano già cominciato ad accennare qualche riccio, sorridente, pure tesa, palesemente contenta. Eccola in versione più femmina che prof, mi salutò con un bacio sulle labbra, l’abbracciai e la baciai e… per la prima volta le mie mani cominciano ad accarezzare, palpare. Calda e morbida, pure avendo una consistenza molto tonica, eccitante e mi eccitai. Si lasciò godere per qualche attimo e poi mi prese la mano “Vieni devo finire una cosa sopra.” Ai piedi delle scala la gigantografia di una bimba. “Tua figlia Cinzia?” chiesi “Ma no, sono io, scemo!” disse sorridendo. Un’altra sua gigantografia all’altro capo della rampa, vicino ad una finestra. “Vedi, quando ti chiamo, sto sempre qui vicino, così vedo se arriva qualcuno, anzi fammi dare un’occhiata … niente,
ok!” Ci sono le camere da letto e un bagno grande, dove si diresse, tolse una bacinella da sotto il rubinetto e la pose per terra, poi si rivolse di nuovo a me. “Sei bellissimo!” “Anche tu lo sei” E la riavvicinai a me, ancora molto eccitato. Più che baciarla, le cominciai a leccare le labbra e ripresi a toccarla, il seno, il derrière, le portai la sua mano da me ed anche lei cominciò ad accarezzarmi. Abbassata la tuta cominciai a toccarle la pelle, i fianchi, le natiche, sfibbiai i pantaloni e permisi anche a lei di prendermi in mano, mentre continuavamo a baciarci. Aprii gli occhi e vidi sulla mia destra una scrivania, ci portammo li, la girai dolcemente e la feci appoggiare. Con le dita le accarezzai le altre labbra, era completamente bagnata, altro che menopausa da secchezza delle “fauci”!! E fui dentro di lei … E suonò il citofono. Per un attimo non realizzammo, totalmente presi, poi mi spostai, si girò sempre tenendomi la mano, mantenne la calma. “Aspetta vado a vedere chi è. Aspetta qui!” Non ero nervoso o spaventato. Spesso mi dico che sono un animale da esame.. molto più probabilmente si tratta di totale, assoluta, incoscienza. Sentii chiudere una porta, i suoi i, lei che risaliva. “Niente, era mia suocera che voleva sapere se volevo qualcosa per pranzo, non è neanche scesa dal’auto, come ti ho detto a spesso.” “Ti amo” “Ti amo” Ci eravamo immediatamente risistemati gli abiti ed il momento era giustamente ato. Dissi che forse era meglio se andavo. Mi diede un altro bacio. Scendendo le chiesi un bicchiere d’acqua. Più tardi, quando ci sentimmo al telefono, mi disse che aveva messo da parte il bicchiere in cui avevo bevuto perché lo avrebbe usato lei sino a quando non sarebbe diventato lurido.
Titti si stava preparando per i test che avrebbero costituito la prima prova del concorso per docenti della scuola d’infanzia e primaria. Considerando che in quelle prime lezioni del 2012 eravamo sempre soli, oltre a chiacchierare tra noi, dedicavamo parte del tempo a fare prove di test. Stavamo seduti accanto, dietro la mia scrivania, ogni tanto mi diceva che non voleva andare ad insegnare, voleva stare lì in quell’ufficio, anche a fare il soprammobile.
9 – Centro commerciale
Durante una telefonata, non ricordo esattamente come, uscì fuori che era stata a letto con suo marito. E dove sta la notizia? Penserai caro lettore che certamente non sei mai ato da una situazione del genere. Ebbene, pur considerando che neanche io avevo interrotto i rapporti coniugali, la cosa mi fece girare le scatole lo stesso. Manifestai la cosa restando più in silenzio del solito. Di solito parlavamo a ruota libera e il mio silenzio venne da lei notato, divenendo oggetto di una nostra prima discussione. “Io ogni tanto lo devo fare!” - mi disse – “ sennò, scoppia un casino, mi lascio subito. L’argomento era stato oggetto” – continuò – “pure di una discussione con mia suocera che davanti alle mie ritrosie mi ha detto che la moglie non si deve sottrarre al dovere.” Dovere o non dovere, a me questi discorsi davano fastidio, avremmo cercato di non parlarne più.
Si approssimava il suo compleanno ed avevo voglia di regalarle qualcosa. Il problema è che, in questa situazione, non si possono fare regali particolari, perché sennò diventano sospetti. Tenendo conto del fatto che le piacevano un sacco gli articoli Desigual, pensai di andarle a prendere qualcosa li, al centro commerciale. Due giorni prima del compleanno, poco dopo la fine della lezione in ufficio, mi chiamò al telefono per dirmi che si sentiva bene con me, si sentiva rinata, sentiva di nuovo la voglia di riprendere appieno a vivere e, tra le altre cose, di rimettersi a cantare. Aveva dovuto smettere anni addietro per le pressioni e le discussioni continue che aveva sia con il marito che con la suocera. Con i bambini piccoli una mamma non poteva mettersi a cantare con tutto quello che questo comportava, tra prove, incontri e serate. Mi stava raccontando accalorata queste cose, mentre si trovava al centro commerciale ed io ero in ufficio, quando arrivò appena a dirmi che il telefono si stava scaricando e la comunicazione si chiuse. Restai per
un attimo a guardare il telefono e poi presi le chiavi dell’auto, chiusi l’ufficio che ospitava ormai solo me e mi diressi deciso al centro commerciale. Volevo vederla! Rientrata a casa non mi avrebbe più potuto chiamare e poi c’era il fine settimana, divenuto ormai un periodo di transizione, di attesa … non potevo aspettare, dovevo vederla! Arrivai al parcheggio e mi misi a cercare la sua auto per avere conferma che lei fosse ancora li. Eccola, c’era! Mi sentivo un ragazzino. Finalmente! Finalmente! Parcheggiai e corsi per la scala mobile. Il centro commerciale è molto grande, due piani, c’erano alte possibilità che non riuscissi ad incrociarla e questo pensiero mi intaccò l’entusiasmo che mi aveva pervaso sin da quando ero scappato dall’ufficio. Entrai dall’ ingresso principale, feci alcuni i e mi fermai per decidere se prendere da destra o da sinistra, girai lo sguardo attorno a me … e la vidi. Bellissima, sorridente che mi veniva incontro, c’era di sottofondo la canzone di Elisa, Eppure sentire… Tante volte, come un cretino davanti ad una scena d’amore di un film mi erano venute le lacrime agli occhi, pensando che c’è qualcosa di .. eroico nell’amore vero, di mitico. Ed in quel preciso momento io mi sentivo dentro uno schermo, sembrava un film ed era invece, ancora finalmente, la mia vita. Le andai incontro e ci abbracciammo e la baciai, il mondo attorno poteva pure eclissarsi, c’eravamo solo noi due. “Lo sapevo che venivi” - mi disse – “ti stavo aspettando amore mio, e sei arrivato. Dopo che sei stato in grado di far questo, mi sono convinta, ci possiamo pure sposare!!” Che gioia e che felicità in attimi irripetibili. Solo attimi, perché ovviamente non potevamo stare lì così, ma (b)bellissimi, con due b come soleva dirlo lei.
Dopo che fu andata via, ne approfittai per andare da Desigual. Le presi una borsa ed un bracciale … sarebbero stati la nostra prima rovina.
10 – Compleanno
Per il giorno del compleanno ci organizzammo per vederci di mattina, per stare almeno un’oretta insieme. Eravamo diventati in pochissimo tempo molto molto legati, intimi, ma, dopo quel primo approccio abortito a casa sua, non avevamo più avuto occasione per godere fisicamente l’uno dell’altra. Tutto mi faceva pensare che l’appuntamento del suo compleanno sarebbe stato il momento buono per fare l’amore. Questo pensiero (mente bastarda, quando la finisci è sempre tardi!) la sera prima mi mandò in crisi. Se con Patrizia, quando credevo fosse qualcosa di più di una scopata, mi bloccavo, perché non pensare che anche con lei sarebbe accaduta la stessa cosa?? No, impossibile, mi dissi, non posso rischiare, il problema so che c’è e so pure qual è la soluzione, devo procurarmi una pillola. Non avevo più la prescrizione, come fare? Me ne andai in ufficio che erano le 23 ate e me ne creai una falsa, cercai una farmacia di turno ed all’una mi andai a coricare soddisfatto. Regalo: pronto! Lorenzo: pronto! Macchè!!!!!
I pensieri della notte mi avevano lasciato nervoso. L’appuntamento era verso le 10, nei pressi di un bar a Carini. Tutte le volte era sempre stato un piacere infinito e non vedevo mai l’ora d’incontrarla. Quella mattina, invece, quel processo mentale che mi faceva percepire le cose come da “dover fare” mi rese quel momento non bello come meritava. Poco prima di arrivare all’appuntamento presi quella maledetta pillola. Anche stavolta lei era già lì, in attesa. Parcheggiai proprio accanto a lei. “Vieni nella mia auto?” le chiesi “Sì. Ma prima prendiamo qualcosa al bar? Non ho ancora fatto colazione..” “Certo” Scesi dall’auto e, essendo in un luogo pubblico, la salutai con un bacetto sulla guancia “Auguri Titti, sei bellissima!” Entrammo nel bar e facemmo colazione “Che hai Lorenzo?” “Niente, cosa devo avere, siamo in questo bar ed io ho tanta voglia di abbracciarti e di baciarti” “Anche io.”
Sentivo gli effetti collaterali della pillola, il viso caldo, un ancora più accentuato nervosismo. Saliti sulla mia auto le diedi un bacetto sulle labbra e le accarezzai il seno. Cominciai a guidare e uscii dall’abitato cercando un posto dove appartarmi.. non ne trovavo. Arrivato ad un certo punto (in una situazione a ruoli invertiti rispetto a quella di qualche settimana prima) lei mi fece “Lorenzo fermati in questa stradina laterale” “Ma io cercavo un posto un po’ .. più tranquillo” Titti capì il senso e rispose “Ma amore mio, io non posso stare tanto, tra poco comincerà a squillare il telefono, anzi, non so come ho fatto a trovare questo spazio, fermati e stiamo un po insieme” e così feci. Mi fermai e lei mi diede subito un bacio “Ti desidero” dissi “Ma non avevamo detto che era una delle tante componenti? Verrà verrà..” e nel frattempo mi toccava, ci baciammo ancora. Ero in uno stato dicotomico, da un lato il solito piacere per lo stare con lei, dall’altro la delusione, amplificata chimicamente, del mancato amplesso. Ritornati, come richiesto, dopo poco, al punto d’incontro mi diede un altro bacio e mi disse “Comunque oggi sei proprio strano. Che hai assunto qualche droga?” Che è? pensai, una strega?! Era già sulla sua auto quando pensai ai regali. “Aspetta!” e presi i regali “Che sono?” “Dei regalini per te” “Ma perché? Non dovevi.. come faccio?” “Volevo che avessi con te qualcosa di mio” ero diventato quasi brusco “Ma perché ti sei innervosito così, che c’è?” “Niente, puoi dire che l’hai comprati tu!” “Ok, non lo so se ti posso chiamare..” “Ok”
Ritornai in ufficio e per quella giornata, cosa molto rara, i miei non ebbero a disposizione il solito capo facilitatore e ben disposto ma un capo, nonsisaperchè, incazzato.
Titti mi telefonò nel pomeriggio e mi trovò ancora nervoso “Lorenzo che c’è?” “Niente, questa situazione diventerà sempre più insopportabile, perché mi vado legando sempre più a te..” “Mi vuoi lasciare?” “Chi ha mai detto questo, neanche l’ho pensato!” “Lori, mi hai detto che in qualche modo faremo” “Ok non ti
preoccupare” “No non mi piace come sei, vedo d’inventare qualcosa e vengo da te..” “Come fai?” “Trovo una soluzione. C‘è sempre una soluzione!” Venne nel mio ufficio nel pomeriggio inoltrato, sembrava stavolta lei molto nervosa, addirittura un po schizzata. “Io ti amo, non mi sono mai trovata in una situazione del genere, a volte mi sembra d’impazzire, sto andando contro tutto quello in cui avevo creduto, non ti allontanare da me!” “Io non voglio allontanarmi da te, stamattina pensavo che in qualche modo saremmo riusciti a stare insieme, ti ho sempre detto che questo per me non è così importante ma io mi lego sempre di più a te… e poi forse, quello di cui abbiamo parlato l’altro giorno, il fatto che sei “dovuta” “devi” stare con lui… capisco, ma lo stesso la cosa mi turba” “Anche io ti voglio” e cominciò a baciarmi e portò la mia mano sul suo seno, “Io voglio stare con te, anche adesso..” era molto decisa ed allo stesso tempo sembrava quasi avere un attacco di panico. La porta dell’ufficio era chiusa ma, da che eravamo messi vicino ai divani, ci spostammo dentro il mio bagno privato e chiudemmo anche questa porta a chiave. Aveva un vestitino e sotto delle calzamaglie, si tolse una scarpa e si sfilò la calzamaglia e gli slip da una sola gamba, per permettermi di arrivare alle sue conche, “Ti voglio” e cominciò a sfibbiarmi i pantaloni, “Ti voglio”, e ci baciammo, quasi con violenza. Ed io? Non ebbi nessuna eccitazione, non so se per i motivi che avevo già conosciuto o perché dopo aver assunto la pillola la mattina ed, essendo finito l’effetto, è normale avere il sesso morto o perché mi sentivo di trovarmi in una situazione schizofrenica… fatto sta che la fermai. “Fermati Titti! Per favore fermati! Stiamo facendo una follia, non credo debba andare così… calmati” Tremava… la abbracciai, non avevo mai visto un simile trasporto. Continuai ad abbracciarla ed a darle tanti bacetti e la aiutai a ricomporsi. “Io ti amo, non avere paura, sei una donna bellissima” Non disse nulla, mi stringeva forte e teneva la sua testa sotto il mio mento. Pensai che avevo trovato una persona pazza come me. Piano piano si calmò e, dopo essere rimasti un altro po’ abbracciati, mi salutò ed andò via. Poteva forse già bastare per quel giorno di compleanno ma, invece, ci aspettava una notte movimentata per entrambi.
Lei, per come dopo diverso tempo mi avrebbe raccontato, ò la serata in un locale con i suoceri che festeggiavano lo stesso giorno un anniversario e dove si era esibita cantando qualche canzone sempre più pervasa da quel ritrovato amore per la vita e per la musica. Poi, verso la mezzanotte, era andata normalmente a casa con il marito e le figlie. Per come mi aveva già raccontato, non dormiva nella stessa stanza, nello stesso letto, con il marito. Fondamentalmente per le sue perenni difficoltà nel dormire, difficoltà inconciliabili con il continuo, fragoroso russare di suo marito. Era una situazione accettata normalmente anche da lui, cresciuto in una casa dove i suoi (di lui) genitori dormivano da sempre in camere separate. Quando Titti si trovava già a letto da una mezz’oretta il marito aveva fatto irruzione nella stanza e accendendo tutte le luci le aveva chiesto di chi era la borsa che lui aveva trovato nell’armadio. Lei, sobbalzando ed ancora sonnecchiante, aveva risposto che se l’era comprata quella stessa mattina ma lui, tanto sicuro di se quanto estremamente alterato, le aveva chiesto di alzarsi e di fargli vedere lo scontrino. “Dov’è lo scontrino??? Voglio vedere lo scontrino … Subito!!” Lei si era alzata, fingendo blandamente una ricerca che ovviamente non poteva avere buon esito… “Mi devi dire la verità.” Aveva incalzato lui “Dimmi la verità!! Chi te l’ha regalata? Te l’ha regalata lui, Lorenzo, vero? Dimmi la verità! Qualche volta sono venuto lì davanti allo Stabilimento e vi ho visto mentre ti accompagnava all’uscita. C’è qualcosa vero? Dimmi la verità! Vuoi rovinare tutto, tu sei pazza!” Investita in pieno da questo fiume di parole e di veemenza, non aveva negato “Sì è vero, me l’ha regalata Lorenzo, mi sono innamorata di lui, sto bene con lui… “ “Tu sei pazza! Non puoi pensare di distruggere la nostra famiglia per un capriccio. Questa storia deve finire. Domani lo vado a trovare!” e se n’era andato, sbattendo la porta della camera da letto. Titti da un lato era più sollevata, perché la sensazione che si prova quando si nasconde qualcosa è tremenda, ti fa stare sempre male, dall’altro vedeva materializzare l’attacco a tutto quello che aveva costruito. Alle prime luci del mattino dopo, sentendo rumore nel piano inferiore era uscita dalla camera timorosamente, scendendo le scale, nella zona giorno, aveva trovato una situazione surreale. In alcuni pc e in un altro schermo c’erano le immagini di foto mie, di Lorenzo, tutte estratte tramite google dal marito. “Ecco, guardati il tuo amore. Bello vero? La barba incolta, le mani in tasca, la camicia fuori… Un uomo come piace a te. L’unica cosa è che forse non è alto, però tanto, per te, questa non è una cosa molto importante!! Così come non è importante
rovinare tutto!” Era giustamente fuori di testa “Ma questa cosa finisce oggi. Appena sono le 8 lo vado a trovare e non ti rischiare a dirglielo!” Titti era rimasta stavolta veramente interdetta, questa reazione non se l’aspettava, pensava che anche per lui il loro rapporto non fosse più importante, il sentimento svanito. Certo era possibile che fosse solo una difesa maschia del proprio territorio però sembrava veramente accorato. Rimase zitta, confusa.
Io, dopo l’irruzione di Tiziana in ufficio, ero rimasto a mia volta molto colpito. Ho sempre cercato di affrontare la vita con uno spirito quasi da cavaliere, di quelli disposti a tutto per la difesa o la conquista di ciò in cui si crede. Al lavoro sono sempre stato un capo alla vecchia maniera, di quelli che difendono i loro uomini anche a “costo della propria vita”. Per dirla come uno dei miei capi: un mastino che porta sempre a casa l’osso. Però, mi rendevo conto, nella vita non avevo mai messo totalmente a nudo il mio io più profondo, non avevo mai tolto tutti, ma proprio tutti i filtri ed avevo cercato, anche nella vita, di governare sempre tutte le situazioni. Anche in quelle che dovevano essere solo di cuore avevo sempre messo la testa. E la mia testa è un animale pericolosissimo, astuto, implacabile e sempre all’erta, sempre “on control”. Il fare di quella donna, di cui (veramente forse solo in quel momento potevo affermare) mi stavo innamorando o mi ero già innamorato, era stato come uno schiaffo alla mia resiliente razionalità. Dopo aver provato, senza grande frutto, ad impegnarmi lavorando, me ne andai verso le 23 a casa, a Sferracavallo, luogo ideale per meditare. Crollai, distrutto, in un sonno profondo, solo per poco più di un’ora e, probabilmente in contemporanea ai discorsi sopra raccontati, cominciò nella mia mente un confronto serrato tra tutti i me stesso. E mi giravo e rigiravo nel letto… ‘Ho cercato così tanto questo amore totale, l’ho sempre sognato, invidiato .. questa ricerca mi ha portato a fare soffrire una donna, mia moglie, che non si meritava il modo in cui ho ripagato le sue attenzioni, ed ora dovrei tirarmi indietro? E’ il momento di dare tutto, proprio tutto! Devo spogliarmi di tutti i miei filtri e mettermi completamente a nudo in questa relazione. Lei mi sembra Lei! Bella, bellissima testa, tanta forza e tanto calore. Non devo avere segreti con lei, devo raccontarle tutto! Da questo momento voglio essere completamente trasparente, voglio investire in questa relazione.’
La prima decisione era stata presa, decisione storica per me, prima di questo tipo nella mia vita. Mentre, di solito, il raggiungimento di una conclusione, di una sintesi, mi placava, stavolta mi restò dentro una fortissima preoccupazione, frenesia, ansia che piano piano divenne quasi panico. Avrei voluto fosse già il mattino, non vedevo l’ora di raccontarle di queste mie riflessioni, di tutto quello che le avevo tenuto nascosto. Senza saper il perché mi attanagliò la paura che potesse succedere qualcosa (come in effetti stava accadendo) che potesse cambiare la situazione. Paura, si paura, amica quasi sconosciuta e che avevo sino a quel momento imparato a conoscere solo quando qualcosa insidiava il bene dei miei figli. Enrico il mio primogenito era nato con un numero di Apgar uguale a 4, con il cordone ombelicale attorno al collo. Già nei primi attimi in cui era nato mi ero reso conto di avere perso la mia invulnerabilità. In quel momento, in cui partorivo, dopo alcune settimane di gestazione, quell’Amore, sentivo subito di essere, divenire, ancora più vulnerabile.
Venne il mattino, quanti pensieri diversi e convergenti animavano la testa dei protagonisti di questa divina vicenda. Il primo o lo fece Titti. Era confusa, però una cosa l’aveva chiara, non poteva permettere una degenerazione della situazione e le sembrò che la cosa più giusta da fare fosse avvertirmi della visita che avrei ricevuto. Io non aspettavo altro che la sua chiamata. “Finalmente, non vedevo l’ora che tu mi chiamassi, temevo potesse succedere qualcosa che non ci avrebbe fatto sentire” Aveva chiamato per parlare e si trovò, di nuovo, sorpresa da un altro fare irruente “Perché?” disse “Perché te l’ho già detto altre volte forse senza capire esattamente il significato e la portata delle mie parole. Io ti amo. Amo come non ho mai fatto e voglio dirti tutto, non voglio mai più nasconderti qualcosa e nelle ultime settimane te ne ho nascoste due..” “E cioè?” “La prima è che me la sono presa con te quando mi hai detto del “dover” fare sesso, io avevo l’aria infastidita ma anche io mi trovavo e mi trovo nella tua stessa situazione ed è giusto dirtelo. Seconda cosa è che ieri prima di vederci avevo assunto una pillola. Avevi ragione! Avevo assunto qualcosa.” “Pillola che pillola? Perché?” “Un Levitra, pensavo potesse esserci l’occasione per fare l’amore e volevo essere nelle condizioni di non avere problemi.” “Ma che problemi dovevi avere? Non mi sembra che quando sei venuto a casa mia avevi problemi, anzi.. Oppure avevi assunto qualcosa anche allora?” “ No non avevo assunto niente, io non ho
un deficit, una patologia, è la mia testa che a volte mi blocca e non volevo che succedesse.. Io stanotte mi sono reso veramente conto di quanto è importante per me questo rapporto e voglio darti tutto me stesso perché ti amo. E non vedevo l’ora di dirtelo…” “Da me è successo un casino!” “Come?” “Carmelo ha scoperto tutto e gli ho detto di noi. Ed ora sta venendo a trovarti perché ti deve restituire la borsa e ti deve dire che questa nostra storia deve finire!” “E tu, tu vuoi che finisca??” perché ho sempre ragione? Pensai… perché? Lo sapevo che stava succedendo qualcosa… “Io mi sento molto confusa, qua si tratta di sfasciare adesso la mia famiglia…” calma, ci vuole calma pensai.. “Affrontiamo le cose una per volta. Hai detto che mi sta venendo a trovare? Ok, non mi preoccupo… affrontiamo prima questa situazione. Poi ci sentiamo. Sono in macchina e sono quasi in ufficio. Ok?” “Ok” Una cosa alla volta.. 1V come dicevo sempre.
Ecco, ero quasi arrivato in ufficio e lo vidi scendere dalla macchina, attraversare la strada e dirigersi verso la portineria. Esame: estrema calma e determinazione. Arrivai con l’auto dietro di lui, mentre ancora non aveva finito di attraversare, mi fermai, abbassai il finestrino, suonai il clacson e lo chiamai “Carmelo!” si girò e gli feci un cenno con le dita della mano sinistra “Vieni, sali in macchina!” restò per un attimo interdetto, titubante, poi si diresse nel lato eggero e salì in auto. Misi la marcia e mi allontanai dallo Stabilimento “Ti ha avvisato alla fine!” - disse, quasi tra se e se - “Sono venuto a portarti questa borsa ed a dirti che questa storia deve finire. Noi siamo sposati ci sono le bambine” “Si, capisco perché sei venuto e capisco come ti devi sentire. Ti è chiaro che qui non c’è qualcuno che ha l’obiettivo di farti male? E’ nato un rapporto, un legame che non è da parte mia finalizzato a farmi una scopata. Titti ha una testa bellissima!” “Lo so bene com’è la testa di Titti. Lo so benissimo! E so pure che certe cose cominciano come un semplice rapporto dialettico e poi finiscono a letto! Come ti dicevo non è possibile che questa cosa continui.” “Questo è quello che vuole lei?” “Si. Non si può sfasciare una famiglia per un’avventura. Mi sembra di essere in qualche modo punito per quello che ho fatto io nel ato, quando ho lasciato la mia ex. Sto provando il male che ho fatto io a lei.” “Le cose non avvengono per caso, se succedono è perché si erano già create le condizioni per avvenire. Se questo è quello che vuole, io non insisterò e non la cercherò più!” “Queste sono cose che mi devo vedere io con lei.” Ribattè. Non dissi altro se non un “ Ci prendiamo un caffè?” “Va bene”.
La conversazione era praticamente chiusa e per il tratto di strada che rimase e i momenti ati al bar a prendere quel caffè, non fu detto quasi più niente. Mi guardava mentre era al bar e un sorriso nervoso fece capolino nella sua bocca. Io non provavo assolutamente astio nei suoi confronti ed ero come detto, follemente calmo, calmissimo. Studiavo quest’uomo, ed i tratti mi corrispondevano alla descrizione caratteriale fatta da Titti. Metteva ogni tanto le dita in bocca, le unghie tutte rosicate. Mi dava proprio l’impressione di “pesarmi” si sentiva nella condizione di sopraffarmi fisicamente, sono più robusto di lui ma gli rendo almeno 10 cm di altezza e questo, per come mi aveva sottolineato Titti, per lui era molto importante, confortante. Ma il mio tenere senza nessun problema lo sguardo, la mia estrema serenità doveva in qualche modo renderlo perplesso. Non sono gli uomini a farmi paura, né la forza… Pensavo che avevamo perfettamente rappresentato tutti e due i nostri ruoli.. mi veniva solo il dubbio che avesse bene interpretato le mie parole. Se Titti desisteva io avrei tolto il disturbo ma, in caso contrario, ero ancora più determinato a mettere in quella storia tutto me stesso. Lasciò la borsa in macchina e se ne andò, mentre io entrai in ufficio.
Ci sono ore diverse dalle altre nelle nostre vite. Lunghi periodi che sono solo di contorno a quegli attimi capaci di rivoluzionare le nostre vite. Non credo al fato, non credo al destino, non credo più a un Dio onnipotente, credo a quest’Uomo meschino che è capace a volte di dire con forza la sua. Quest’Uomo che è capace (o almeno s’illude) di sentirsi libero, di essere in grado di determinare il proprio futuro. Il libro che più mi piace è Il Vangelo secondo Gesù Cristo, di Saramago, questo Uomo che è più Dio di un Dio incapace di capire le vicende umane. L’amore è il mio Dio. L’Uomo puro, nel suo essere fallace, è il mio Dio. La sequenza d’incroci di questa nuova triade laica, non era finita. Titti mi scrisse un sms. “E’ venuto? Vi siete Visti?” “Sì, è andato via poco fa. Io ti amo.” E poi ancora io “Non ti allontanare da me, noi ci amiamo” ancora “E’ la prima volta che mi sento così” “Ma perché mi hai nascosto quelle cose?” “Hai ragione. Ho sbagliato e me ne sono reso conto” “Non voglio più nasconderti niente” “Non ti arrendere” “Non lasciare che tutto finisca proprio adesso” “Tu ieri mi hai dimostrato quanto può essere grande il nostro amore” “Non ti allontanare” “Siamo fortunati perché ci siamo incontrati”. Era una sfilza di sms
che le inviaii uno appresso all’altro. Quello che non sapevo è che dopo il primo che mi aveva inviato lei per chiedermi informazioni, lui era rientrato a casa e si era seduto su un divano di fronte a lei. Ed il telefono poggiato sul tavolino era diventato un essere vivente che si dimenava sollecitato dai miei impulsi teletrasmessi. “Ma come?” le aveva detto “Ho finito di parlare con lui e mi aveva detto che non ti avrebbe più cercato?!!” e mi telefonò mentre io avevo cominciato, con la testa in aria, una riunione “Pezzo di merda mi avevi detto che non l’avresti cercata?” “Come temevo tu non hai capito un cazzo!” risposi e mi bloccò il telefono. Finì così quella serie d’incontri. Ero consapevole di non potere fare altro. Avevo detto a Titti quello che sentivo, quello che provavo. Le avevo, inequivocabilmente, teso la mano per fargliela afferrare. Non potevo andarla a prendere io. La situazione richiedeva volontà e forza e determinazione di entrambi. Doveva avere la forza di afferrare la mia mano tesa. Solo questo. Per quella giornata non successe altro e non sentii più nessuno.
L’indomani mi arrivò un messaggio di Titti: “Scelgo la mia famiglia, scelgo l’amore incondizionato di mio marito, addio” La cosa peggiore è vivere in uno stato d’incertezza, quelle parole non lasciavano spazio a dubbio alcuno. Ero molto triste perché la vita a volte sembra prenderti per il culo, ed, allo stesso tempo, ero contento di avere scoperto la mia capacità di amare in quel modo. Dopo qualche minuto risposi al messaggio: “Sono contento per voi. Buona vita!”
Dopo un paio di giorni il portiere mi annunciò l’arrivo del Sig. Carmelo. Lui, si proprio lui. Quasi sorridente ed affabile stavolta. “Sono venuto a prendere i libri che Tiziana ha lasciato qui.” Avrebbe voluto pure stringermi la mano ma feci in maniera tale che ciò non avvenisse. Presi i libri e glieli diedi. Le lezioni di se erano finite.
11- Ghost
Non me ne ero del tutto allontanato però, certamente, per quel periodo, avevo ridotto la mia forza propulsiva lavorativa. Mi ributtai a capofitto con, se possibile, maggiore stimolo, al lavoro. Riunioni su riunioni, progetti, definizione del Capitolato Tecnico che avrebbe rivoluzionato lo Stabilimento, convegni, incontri con il personale. Ho acquisito, col tempo, una sempre maggiore capacità dialettica e di sprone. Sentivo già da tempo sulle mie spalle la responsabilità di essere non solo un capo, ero una specie di guida e non mi sottraevo alla cosa. Più mi si riconosceva autorevolezza più ne acquisivo, in un circolo virtuoso impressionante. Riempivo, saturavo ogni attimo del mio tempo. Come sempre, riuscivo ad essere presente per ognuno dei miei figli, per i loro bisogni e per tutte le occasioni in cui era necessaria la mia severità. Tra le altre cose, ideai proprio in quei giorni, in ufficio, quello che doveva essere uno spettacolo per festeggiare i 50 anni di funzionamento del sito produttivo. Si sarebbe dovuto svolgere nel giugno successivo ed era necessaria una particolareggiata preparazione dell’evento. Dal punto di vista personale, fisico, dopo tanto tempo vissuto in nullafacenza, con le mezze maratone effettuate ormai più di un anno prima, ricominciai a muovermi, a fare qualche corsetta e provai ad iscrivermi in palestra. Sfruttando quella che mi parse un’ottima occasione, comprai una nuova moto, un R1300 BMW. Bellissimo. Sono sempre stato apionato di moto e la stessa ione l’ho trasmessa ai miei figli. Neanche un bruttissimo incidente subito nel 98, in cui rischiai la vita e rimasi fuori uso per quasi 8 mesi per via di una frattura esposta, erano riusciti a ridurre la mia ione per quella bellissima sensazione di libertà che solo la moto ti può dare. Impegnatissimo sempre, cercavo di non dare spazi al mio animale mentale. Purtroppo esistono le sere e le notti. E, col buio, pensavo a lei, distante da me e con un possibile rinnovato rapporto coniugale. Possibile che ero servito solo da spauracchio necessario a rivitalizzare qualcosa che si era incanalato nella pista
mortale della routine. Poteva essere mai che fingesse quel giorno in ufficio? Mi mancava. Dopo circa due settimane da quel giorno apocalittico, di sera, mentre ero da solo in ufficio, sovrappensiero, giunse sul mio cellulare un sms da un numero non registrato, con scritto solo: “Miss you”. Subito dopo averlo letto, senza riflettere più di tanto, dopo solo qualche centesimo di secondo, risposi al messaggio scrivendo “Da morire!” Non poteva essere altri che lei! Il cuore cominciò a battere forte, restai col telefono in mano per quasi mezz’ora e poi cominciai a controllarlo ogni 3 minuti al massimo, in attesa di qualche altro segnale. Niente. Solo questo. Feci are la notte e quasi tutta la mattina dopo ma, poco prima di pranzo, non resistetti più e, superando le paure di mettere in difficoltà, composi quel numero sconosciuto fonte di rinnovata speranza. Non rispose nessuno. Dopo una decina di minuti mi arrivò un sms “Titti non è con me. Mi ha chiesto di inviarti quell’sms ma ora cancella il numero.” “Ok. Scusa. Dimmi solo qualcosa di lei. Come sta? Tiene sempre a noi?” Un bambino, lo avete presente, il grande capo, governatore degli eventi, è diventato un bambino … “Miss you… mi sembra chiaro no?” Si, era chiaro. Dovevo avere pazienza. Pazienza. Dovetti pazientare ancora qualche giorno quando finalmente arrivò un suo sms “Mi puoi chiamare?” stavo già componendo il numero “Come stai?” chiesi “Diciamo bene, periodo un po complicato, ..diciamo così và.. tu come stai?” “Mi sono rimesso a lavorare a ritmi impressionanti” “Temevo l’avessi con me, che non volessi saperne più niente di me, mentre tu mi sei mancato sempre di più. Quel giorno ti ho dovuto scrivere quelle cose davanti a lui. La tua assenza è una malattia gravissima, ho avuto spesso attacchi di panico, ho preso spessissimo il Minias per sedarmi e, malgrado ciò, sono stata tante volte a piangere…” “Titti… anche tu mi sei mancata tantissimo, dentro me sapevo che non poteva finire così ma mi sembrava di volermi illudere” “Spesso ho cantato la nostra canzone” “La nostra canzone?” “Si, quella di Elisa, quella che abbiamo sentito al centro commerciale. Ci sono andata spesso ed è stato come sentirmi a casa nostra.” “Ma quell’sms?” “Si, non sapevo che reazione potevi avere ed ho chiesto ad una mia amica che vive a Bologna di scriverti quelle parole in mia vece, come Ghost: “Mi manchi” che è quello che sento. Quando lei mi ha detto che tu le avevi risposto immediatamente, da morire, io sono ritornata a vivere ed a sorridere. Io ti amo.” “Anche io ti amo. No. Non ce l’ho con te. Forse non poteva
andare diversamente. Non può essere semplice, è una storia importante e deve essere sudata” Ero convinto di quello che dicevo pur non potendo immaginare di quante croci sarebbe stato disseminato quel percorso. “Che facciamo?” mi disse “Continuiamo a stare insieme, dando più tempo possibile al nostro amore, senza escludere niente, tenendoci cauti per non fare morire un infante in culla.” “Ci sentiremo tutte le volte che mi sarà possibile.” “E vederci?” dissi “Inventeremo qualcosa” “Ti amo” “Anche io” Stavamo di nuovo insieme. Il primo uragano era ato.
Ricominciammo a sentirci ed a scriverci. Chiaramente “portava” lei, nel senso che la comunicazione veniva sempre attivata da lei. Ci sentivamo più volte al giorno e, la sera, chiudevamo praticamente la giornata un attimo prima che i suoi rientrassero a casa. Era tornata ad essere una piccola vedetta lombarda. Aveva sostenuto i test del concorso scolastico e, mi disse, per la prima volta nella sua vita non aveva preso un buon voto, sufficiente per accedere alle prove successive di scritto tematico ed orale. La sufficienza, però, non era stata colta per una inezia e lo stesso meccanismo di preselezione venne impugnato al TAR da vari concorrenti in una specie di class action. Continuava, quindi, a prepararsi sperando nell’esito positivo del ricorso che avrebbe potuto ammetterla alle prove successive. In quelle due settimane senza sentirci aveva contattato un suo vecchio amico musicista e le era stato proposto di sostituire una cantante in un gruppo acustico.. oltre me non voleva tralasciare neanche il suo rinnovato amore per la musica. Titti mi diceva spesso che io ero una specie di mamma che l’aveva fatto nascere di nuovo. Vederci invece, non avendo neanche la possibilità di fruire delle lezioni era diventato più raro. E per quelle poche volte che ci vedevamo, per quel che riguardava il sesso, vennero confermate quelle che sembravano mie insormontabili difficoltà ad avere rapporti. Veniva a casa da me, a Sferracavallo. Chiaramente arrivavamo lì già abbastanza ansiosi… se ci vedeva qualcuno, cosa fare del telefono? Lasciarlo , spegnerlo? E comunque, come detto, a casa da me non c’era campo: un
vantaggio o un problema in più? Arrivavamo lì e ci abbracciavamo e ci baciavamo con tanto tanto amore. E ci toccavamo, provavamo ad attivarci con preliminari dolci o hard. Niente, la mia testa era come se avesse piantato una postazione fissa alla radice del pene, teoricamente in modo da attivare un flusso, che in pratica invece provvedeva a bloccare a livello dell’ipotalamo. L’effetto sul pene aveva dell’incredibile, sembrava addirittura ritirarsi. Invece di propendersi, elevarsi al cielo, sprofondava in un limbo dei sensi desiderati e negati, una sorta di inferno della libido. E’ qualcosa che definire deprimente è poco. Stavamo ovviamente male entrambi ed a volte ci accapigliavamo per decidere chi stava peggio, se io colpito, tra l’altro, nel mio orgoglio masculino o lei che poteva sentirsi non degna della mia sanguigna pulsione. Fortunatamente la cosa non ci abbatteva, era chiaro, però, che, nella corsa ad ostacoli del nostro rapporto, quella sarebbe stata un'altra grossa difficoltà. Dopo qualche altra settimana, mentre ero in ufficio di sabato mentre tutto il resto dello stabilimento era deserto, dopo che ci eravamo sentiti telefonicamente, mi fece la sorpresa di venirmi a trovare in ufficio. Una visita insperata, inattesa, non programmata. Ero felicissimo di vederla e appena arrivata la abbracciai fortissimo. Anche stavolta indossava qualcosa di molto morbido ed era un piacere infinito accarezzare la sua schiena, le sue spalle che per scherzare definivamo da muratore per quanto erano possenti per una donna. Anche le nostre spalle stanno benissimo insieme, diceva. Effettivamente anche io ho spalle e torace possenti. Ma non ci facciamo distrarre da affermazioni narcisistiche, ritorniamo a quel momento.. La baciai e l’abbracciai con gioia e la accarezzai ed ero così preso da lei che non mi accorsi che Lazzaro era uscito dalla grotta. Ahi ahi, mente distratta. Lei invece se ne accorse, si sedette sul divano e mi sfibbiò i pantaloni per un famelico welcome.. non tergiversammo più di tanto e su quei divani del mio ufficio rientrai a “casa”. Non sono certamente nelle mie condizioni migliori ma, Deo gratia, arriviamo ad esplodere tutti e due con lei che dice “Mi piace” ed io che ansimo di piacere e di sollievo. “Sono felicissima” mi dice “E’ il giorno più bello!” “Guarda” faccio io “ti amo tantissimo e sono felicissimo anche io ma da noi due, e da me in particolare, mi aspetto molto di più” “Non rompere i coglioni, non svilire questo momento” mi fece “Abbiamo fatto l’amore tutti e due ed è stato bbellissimo!!” “Hai ragione amore, hai ragione.” Quell’ufficio aveva visto nascere la nostra relazione, aveva ospitato tantissimi nostri momenti, anche quello folle della calzamaglia. Forse era giusto che
fimo l’amore per la prima volta proprio lì.
12 – Videogame
Come un videogame per ogni livello completato ne comincia un altro di difficoltà maggiore, anche per noi, superata una soglia, ci ritrovavamo con gli stessi “nemici” di prima con l’aggiunta di qualche nuovo handicap.
Eravamo già in aprile e a casa da me l’aria era diventata sempre più pesante. Stavolta mi stavo legando veramente tanto ad un’altra donna e anche quello che per me era sempre stato qualcosa di normalissimo, come l’amplesso coniugale, divenne sempre più come qualcosa da rifuggire. Chiaramente Anna notò la cosa ed il nervosismo aumentava d’intensità. Anche per Titti doveva essere così ma, furbamente, non parlavamo più tra noi di questi argomenti sempre più spinosi. Nel pieno rispetto delle sue previsioni, quel (tecnicamente non eccelso) atto di conoscenza biblica, comportò un ancora maggiore legame tra noi. E per me la cosa si tradusse in qualcosa di nuovo, forse da prima latente, si presentò in modo palese: gelosia. Sempre più il fastidio per le nostre telefonate interrotte perché “C’è una chiamata in linea, devo rispondere!” aumentò. Che colpa ne aveva lei? Nessuna, lo sapevo. Lui poteva solo temere la mia persistente esistenza, io, invece, la salutavo e sapevo di certo che era altrove a cenare, parlare, uscire, dormire e (cancella, cancella, cancella il pensiero) ad essere sfiorata o altro da lui. “Ma non lo sapevi che ero sposata?” “Si ..non sapevo che dovevo innamorarmi così!”. Queste piccole crisi non intaccarono il nostro rapporto, il legame era sempre più forte, ma erano un ulteriore disturbo. Dal lato suo, invece, aveva accettato la proposta ed era stata accolta nel gruppo musicale acustico. Cominciarono le prove finalizzate a creare un repertorio. Il suo amore per la musica rinacque ancora più forte di quello che era stato negli anni precedenti. Era spesso euforica della cosa. Io ero molto contento per lei anche se cominciò
ad emergere la sensazione di una fortissima propensione da parte di Titti a divenire euforica per le cose “sue”. Egoismo, che certamente albergava copioso pure in me ma che, constatavo, era molto più presente in lei. Una volta, mentre mi trovavo a Roma per lavoro, impossibilitato, prima, a rispondere per via degli impegni lavorativi e riuscendo, finalmente, a trovare la coincidenza tra la sua libertà e la mia disponibilità, dopo pochi minuti da quando avevamo cominciato a parlare, mi fece “Hanno suonato il citofono … E’ Ciccio (l’altro leader del gruppo) dobbiamo chiudere.” Me la presi, stavolta sì e la richiamai “Ma come?! Riusciamo a trovare un momento per parlare, non sappiamo quando e se ci possiamo risentire e chiudi perché è arrivato Ciccio!! Io non penso niente di male e sai quanto ci tengo a che tu possa rimetterti a cantare però ci sono rimasto male.” “Ma io non l’ho fatto perché non volevo sentirti. Facciamo le prove a casa mia e mi sembrava scortese stare al telefono.” Avevamo probabilmente ragione entrambi e ci può stare l’avere qualche screzio che, fortunatamente, veniva superato da una parola d’amore dell’uno o dell’altra oppure, di presenza, dalla sempre maggiore gioia che provavamo nel baciarci e nell’abbracciarci. Casa erano le braccia dell’altro. Erano, però, da registrare questi screzi; difficoltà “interna” di quel livello del videogame.
Era arrivata la prova scritta del concorso per docenti, fu aperta a tutti i ricorrenti contro la validità dei test preselettivi. La prova si sarebbe svolta a Catania. Titti, rispetto a prima, cercava di smarcarsi sempre più dall’accompagnamento del marito. Per avere maggiore possibilità di vederci. Per quella prova, che si sarebbe svolta a Catania, si fece accompagnare da una sua conoscente, amica non molto intima, non troppo frequentata. La presenza di questa donna semiestranea ci permise d’incontrarci un paio di volte (avevo fatto in maniera tale da essere anche io a casa a Catania). Quella sua escursione mi permise di godere per quei due giorni di una cosa che solo nella proibizione ci si accorge quanto pesa: la potevo chiamare quando volevo! Non dovevo aspettare la sua chiamata!! Eureka, eureka. Vi rendete, anche minimamente, conto? Il concorso andò benissimo.
Le difficoltà “esterne” chiaramente non ci avevano abbandonato. Il marito era chiaramente rimasto, dopo gli eventi d’inizio anno e il palese cambiamento di Titti, sempre sul chi vive ed in qualche modo trovò delle falle nelle spiegazioni che gli venivano fornite in termini di telefono occupato o di ore di assenza di Titti. E ci fu una nuova discussione, nuove accuse. Una mattina, Titti mi chiamò molto preoccupata dicendomi che il marito era andato a parlare con i suoi (di lei) familiari ed, in particolare, con sua zia Pina, come detto vero leader del clan e new entry nel gruppo dei “nemici esterni”. Andò (lui) ad accusare i comportamenti insani della moglie e richiese collaborazione per una bella lavata di capa. Ricordo di non aver dato molto peso la mattina a quella sua preoccupazione. Ed, invece, feci malissimo. Non potevo sapere della grande influenza psicologica che sua zia esercitava su di lei. Probabilmente era stata l’unica che aveva avuto comportamenti ammonitori, duri, verso quella bambina che invece era viziata da tutti gli altri. Fatto sta che non sentii più Titti per tutto il giorno. Soltanto dopo la mezzanotte, mentre, rientrato a Sferracavallo, effettuavo una puntata fuori casa, in una notte piovosa e fredda, con lo scopo di cercare spasmodicamente un po’ di campo telefonico, ricevetti tre suoi sms. Si era appartata per darmi delle comunicazioni che le erano state concesse (!!). Lei doveva interrompere i rapporti con me per il bene delle figlie e perché aveva tutti contro, sia il marito che i suoi familiari. Lei accettava questa richiesta ma, mi scriveva, si sentiva morta, non avrebbe più vissuto la sua vita, sarebbe solo sopravvissuta per il bene delle bambine. “Tu” scriveva “sei parte di me, sei me stessa. Mi hanno scisso da me stessa!! Ti amo e ti amerò sempre. Addio.” Rimasi a bocca aperta davanti a quello scritto, sotto l’acqua di una notte scura, in quel posto completamente isolato e con sottofondo un mare abbastanza incazzato. La mia psiche subiva un bel colpo. Non c’erano certezze! Quello che la mattina sembrava assodato, nel giro di qualche ora poteva non esistere più. Non erano le parole di commiato di gennaio, certo, mi amava, ma che dovevo fare? Cosa dovevo fare? Ero alla mercé di forze di cui non avevo il controllo, che dovevo soltanto subire. E la forza più forte era questo amore che si era radicato in me.
13 – Centro commerciale parte seconda
arono solo pochi giorni e si fece nuovamente sentire. “Come prima, più di prima! Io sto benissimo con te! Ma il momento in cui sento maggiormente il legame che ci lega è quando non ci sei! Ho parlato chiaro, io a te non ci rinuncio! Non adotterò, almeno per ora, comportamenti sconvenienti! Nessuno, però, mi può costringere ad allontanarmi da te. Non è giusto neanche per le mie figlie. Io ti amo.” Certo, focalizzavo l’attenzione su come vivevo io questa situazione, .. cosa doveva are anche lei?! Sono situazioni che ti sfiancano, ti logorano, di difficoltà immensa che vengono affrontate solo per il grande amore che si prova.
Per non fare apparire la storia come una sequenza di iatture, provo a scattare qualche foto dei tanti momenti felici che riuscivamo a trovare: La macchina parcheggiata vicino ad una scogliera e noi che ci baciamo. Le Ceres che compravamo in un chiosco a Mezzomonreale, mentre lei aspettava che le figlie fero lezione d’inglese, con i tappi conservati e riutilizzati per le occasioni successive. La pipì che le scappava sempre e che riusciva a fare senza alcuna vergogna anche appollaiandosi dietro la macchina. E le risate a crepapelle. Le canzoni cantate insieme. Gli abbracci, soprattutto gli abbracci.. C’erano tanti momenti in cui eravamo spensierati, veramente felici… E il suo viso sempre bello a me appariva sempre più bello, sempre più solare.
Il problema sessuale non era stato risolto, non c’era stato uno sblocco dopo l’episodio in ufficio. Diverse volte eravamo stati nella possibilità di avere rapporti senza buon fine. Una giornata buona fu a fine aprile, quando ebbe l’occasione per stare un po di più con me. Restammo dalla tarda mattinata a metà pomeriggio a Sferracavallo. Fu la giornata più bella ata insieme in quella casa. Era una giornata con un sole molto caldo e andammo in spiaggia e facemmo il bagno tutti e due. In acqua la sollevai abbracciandola e baciando tutta la sua pelle. Pranzammo insieme e bevemmo un’ottima bottiglia di vino (la vita è troppo breve per bere vini mediocri). Avevamo scoperto quest’altra nostra affinità: l’alcool. Certo non eravamo e non siamo alcolizzati. Tutti e due amavamo bere, tutti e due amavamo questa sensazione indotta di leggerezza e disinibizione. La mia mente, così come quella sua, è troppo rigida. Per rendermi più umano bisogna ridurre il peso della u. Cominciammo a “coccolarci” subito dopo aver pranzato e, un po’ alticci, la cosa assunse contorni interessanti, facemmo l’amore senza neanche andare in quel letto che tante delusioni in quel senso ci aveva e ci avrebbe ancora dato. Per la seconda volta venivo dentro di lei, da dietro, mentre trasportata dalla mia eccitazione veniva di nuovo anche lei. La abbracciavo e stringevo tra le mie mani il suo seno e le baciavo le orecchie, le guance … Bella giornata!!
Qualche giorno dopo ci fu un’altra occasione per are del tempo insieme. Lasciata la piccola in palestra per il corso di basket, poteva restare fuori “Te la senti di uscire? Ce ne andiamo al Poseidon?”. Il Poseidon è un centro commerciale a circa venti minuti di strada da Palermo. Desideravamo tanto stare tra la gente, fare una cosa normalissima come stare in giro per i negozi. “Certo che me la sento!” Lasciò Cinzia e la ai a prendere con la moto, anche questa una primizia. Che sensazioni belle! Le sue braccia che mi stringevano.. In moto con la donna amata … indescrivibile! Arrivammo al centro commerciale e cominciò quello che ci sembrò la realizzazione di una parte dei nostri sogni: in giro come coppia normale. Tempo addietro una mia amica mi aveva parlato di un nostro amico comune incontrato in via Etnea mentre eggiava, lui quasi 60 anni, con la donna con
cui conviveva dopo la separazione dalla ex, “Erano mano nella mano come due ragazzini e Carlo” quel nostro amico “aveva il viso beato!!” In quel momento sarei apparso così a chiunque. Ogni tanto ci fermavamo e ci abbracciavamo, anche lei beata. Ci fermammo ad un bar e sorseggiammo le nostre Ceres. Eravamo fuori dal tempo!... ed eravamo veramente fuori tempo!!! “Cazzo le sette e dieci!” disse lei, scordandosi pure del formato orario di 24 ore “La bambina finiva alle 7!!” “Andiamo!” Cercò di chiamare al telefono l’istruttore per chiedergli se poteva trattenere la bambina fino al suo arrivo.. niente, irragiungibile. Facemmo la strada a 1000 all’ora. Arrivati li non trovammo nessuno. L’istruttore, però, dopo qualche secondo richiamò. “Ho chiamato Carmelo” si conoscevano bene “Ed è ato a prenderla lui”. Perfetto! Burdell!!! “Vuoi che vengo con te?” dissi “No, me la sbrigo io. Ci sono pure le bambine.” Andò lei a casa ed io in ufficio ad aspettare. Appena arrivata si ritrovò ovviamente investita da una furia. “Dove sei stata? Con lui vero!!!? E da madre degenere ti scordi pure di tua figlia!!” cominciò a gridare davanti alle bambine terrorizzate e si rivolse a loro “Vostra madre si è innamorata di un altro uomo!! Non lo vuole più vostro padre!” e le bambine cominciarono a piangere “Smettila!!” disse lei “Prenditela con me ma lascia stare le piccole!” “No lo devono sapere che hai un altro!” Titti a quel punto riprese la borsa ed uscì di casa. Entrò in auto e mi chiamò. “Me ne sono andata di casa! Sta gridando davanti alle bambine! Vengo da te!” “Titti fermati. Non te ne puoi andare tu da quella casa! Non puoi lasciare le bambine fermati! Ti amo da morire ma ti devi fermare.” Lei, che di solito aveva una testa durissima, stavolta si fermo subito “Hai ragione, non posso lasciarle. Ti chiamo dopo.” Chiusi la conversazione con lei ed immediatamente sul display del mio telefono apparve il numero fisso di casa di Titti. Era Carmelo. “Sei contento??? Hai vinto! Se n’è andata di casa per venire da te!” e chiuse il telefono. Richiamai subito il numero, rispose e dissi stavolta io “Ma che dici?? Cosa pensi che sia una competizione? Una delle tue gare? Ho detto a Tiziana di rientrare a casa e cerca per quanto possibile di pensare alle tue figlie che stanno vivendo tutta questa scena!!” sentii al telefono Titti che evidentemente rientrata diceva “Ora basta!” e il telefono si chiuse.
Dopo un’oretta mi scrisse un sms “La situazione è più tranquilla. Le bimbe sono andate a letto e noi stiamo parlando. Ci sentiamo domani.”… ci sentiamo domani… impotente.. quasi in tutti i sensi direi.
La mattina dopo non chiamò, scrisse un messaggio “Le bambine non stanno bene, è meglio che per qualche tempo non ci sentiamo. Ti scrivo quando posso.” “Non scrivere proprio. Chiamerai quando sarà possibile.” Risposi un po stizzato. Chiamò invece l’indomani “Lo so che sei arrabbiato. Non c’è nessuno contento in questo momento. Io ti amo e qui è successo un casino come sai. E’ andato pure a parlare con i suoi genitori. Sono pressata da tutti i lati. Avresti dovuto vedere che faccia da stronza quella strega di mia cognata!! Dobbiamo allentare, per ora.” “E che ti devo dire io Titti, che ti devo dire? Allentiamo.. verranno tempi in cui tutto questo casino in un senso o in un altro, finirà.”
14 – Messina
Ma che uomo sono? Certe volte mi chiedevo. Dove sono finiti i tempi in cui volevo solo essere giusto ed onesto? Poi che furbo.. mi sono andato ad infilare in una storia assurda. Come fanno quelli che sono totalmente centrati su se stessi? Che perseguono solo il sollazzo dei loro sensi. Ero stato così anche io? Macchè, sempre alla ricerca di qualcosa di infinito nello spazio e nel tempo.. Compivo in quei giorni gli anni, 48. ai quel giorno lontano da Titti (non ci sentimmo neanche), con i miei figli e mia moglie, con cui il distacco senza il bisogno di venti apocalittici aumentava sempre più. Anna adesso sembrava rassegnata, aveva lottato, si era spesso incazzata, ora viveva il mio essere distaccato corrispondendo la cosa. Andammo a fare una gara tutti insieme con i go kart ed a mangiare qualcosa ad Aci Trezza dove incontrammo Carmen Consoli, ultimi scampoli temporali di una famiglia “unita”.
I preparativi per lo spettacolo che stavamo organizzando per il “compleanno dello stabilimento” erano a buon punto. Sarebbe stato un vero e proprio show. Sono, fortunatamente, una persona eclettica oltre che egocentrica e mi caricai, quindi, con piacere di vari incarichi. Ero il regista minuzioso e sarei stato pure il presentatore che si sarebbe cimentato in una canzone, lo show man dell’evento. Erano previsti: manifestazioni sportive, musica, recitazione, cori polifonici, un concorso per dare un nome allo Stabilimento con la partecipazione delle scuole medie della città, la presentazione di un libro che uno dei miei collaboratori stava preparando (e che avrebbe avuto una mia prefazione), un rinfresco,… un vero e proprio evento con risalto mediatico e partecipazione di tutte le autorità provinciali nonché dei vertici della mia azienda.
Titti era tutta tesa a ridare serenità a Mirella e Cinzia. Non era più distaccata nei miei confronti. Chiamava, quando poteva, molto più raramente, sempre con lo stesso forte sentimento. Una sola volta quel maggio riuscimmo a vederci a casa mia, a Sferracavallo e, forse ancora più ansiosi e carichi di preoccupazione, fu una nuova debacle sessuale. Altre volte, poche, invece ci incontravamo in quelli che erano diventati alcuni nostri posti standard: alla libreria, vicino l’albergo, a Mezzomonreale,.. In questi rapidi incontri gli abbracci ed i baci, non dovendosi necessariamente indirizzare verso finalità più carnali, risultavano molto più dolci e ci facevano stare meglio, benissimo. Quella volta di maggio a Sferracavallo, lei mi espose per la prima volta un dubbio “Lori, può essere che la tua è diventata una patologia? Può essere che devi veramente trovare una soluzione medica? A maggior ragione, per una prima fase di una relazione, i rapporti sessuali sono importantissimi …” Mi sentii distrutto da quel dubbio .. “Io ti posso solo dire che non è così.. ma sono parole. Sono convinto che questa cosa la supererò e staremo benissimo anche in questo senso. Se, però, il problema non si dovesse risolvere ti assicuro che non mi sottrarrò, per un qualche orgoglio maschile, a niente…”
Era sempre più presa dalle prove con il gruppo e di lì a poco avrebbero avuto una serata in un locale. Venne il giorno dello spettacolo allo Stabilimento e fu un successone apprezzato da tutti. Vennero ad assistere allo show almeno 500 persone. Tutte le TV locali. Sorpresi tutti per la mia calma e la padronanza della scena. “Puoi cambiare pure mestiere!” - mi dissero in tanti – “hai un’alternativa all’industria.” I tempi furono tutti rispettati. Perfetto! Lei avrebbe potuto avere la possibilità di infiltrarsi tra il pubblico ma non lo fece per cautela e, comunque, non avvertii un suo grande interesse per la cosa.
Aveva, invece, sperimentato il modo per stare qualche giorno insieme a me, non soltanto le solite poche ore rubate e sempre pervase da ansia. Aveva detto a casa
che voleva andare a trovare una sua amica, compagna universitaria e delle serate di fumo ed alcool. Viviana, schizzata come lei, che abitava da quando si era sposata con un uomo conosciuto tramite le chat di internet, vicino Messina. Il piano era semplice: ufficialmente lei sarebbe andata in treno e avrebbe pernottato con l’amica. Nella realtà, avrebbe preso il treno solo per un breve tratto e poi ci saremmo incontrati alla stazione di Termini. Saremmo andati effettivamente a trovare l’amica per pernottare, però, insieme noi due in albergo. Arrivai alla stazione di Termini Imerese in perfetto orario per la coincidenza con il treno che mi avrebbe portato Titti. E in quella stazione ci sarebbe voluta una telecamera per riprendere la seguente scena. Mi trovavo sul marciapiede dove arrivò il treno e vidi Titti che scendeva una decina di metri più in la rispetto a dove mi trovavo io. Un vestitino colorato, un cappello, labbra rosso splendente del suo tipico rossetto, un trolley… Uno Spettacolo!! Sorridendo mi diressi velocemente verso di lei e, con estrema delicatezza le tolsi il cappello, l’abbracciai, mi abbracciò e ci scambiammo un bacio che più d’amore non si può. Trascinata dalla cosa, lei lasciò il trolley che, abbandonato, cadde all’indietro con un rumore che comunque non ci distrasse, non ci sciolse … dopo ancora qualche istante, ci staccammo, presi il cappello e lo riposi di nuovo sul suo capo, per ultimo ripresi il trolley da terra e glielo porsi. Il tutto con un’eleganza, un trasporto che poteva far apparire l’intera stazione come un set di Via col vento …. Ci apprestammo per andare e, solo in quel momento, ci accorgemmo che l’intera scena si era svolta davanti ad una ragazza seduta sulla panchina. Questa involontaria spettatrice del nostro afflato, ancora ci guardava con la bocca spalancata, persa in quel sogno d’amore. “Non lo dimenticherà mai più.”dissi io. “Le abbiamo salvato la vita!” fece Titti Andammo quindi verso il messinese. Devo soffermarmi un attimo, però, per raccontare come, anche dopo momenti da favola, io riuscissi a poter essere “pesante”. Nell’ultima mezz’ora prima di arrivare a destinazione, nel tardo pomeriggio autostradale, Titti stava col telefono in mano a messaggiare sorridendo. Arrivato ad un certo punto le chiesi cosa fe..”Stiamo messaggiando con Ciccio su questioni legate al gruppo..” “Ah.. capito” Arrivati finalmente da Viviana ci fu la mia prima presentazione ufficiale ad una persona a lei vicina.. abbracci, baci tra loro, tra noi.. Il telefono imperterrito continuò a trillare di messaggi … e ci fu, quindi, una presentazione “a distanza” anche tra Viviana e Ciccio ad opera di
Tiziana. Titti decantò le lodi del suo chitarrista e lo chiamò pure al telefono per fare mettere i due in contatto. Ovviamente io per Ciccio (con cui, anticipo, saremmo, tempo dopo, diventati molto amici) non potevo ancora esistere. Decidemmo di andare a cena fuori tutti e tre e dopo una ventina di minuti eravamo di nuovo in macchina. Con ancora il telefono protagonista. “Senti una cosa” sbottai “Ma perché non ce lo siamo portati con noi? Ci avrebbe fatto compagnia..Possibile che la prima volta che siamo per i fatti nostri, devi stare tutto il tempo al telefono?” Credo sia stato uno dei miei primi (diverranno, in seguito, tanti, troppi) rimproveri. Sicuramente si abbassò la temperatura all’interno dell’auto! Non sono mai stato in generale una persona che evita le discussioni. E’ più forte di me, se qualcosa non mi va lo devo dire. Il telefono comunque sparì e, grazie pure al fatto che arrivati al ristorante cominciammo a gustare le prime bottiglie di birra, il clima divenne, fortunatamente, goliardico. Bevemmo molto quella sera, tutti e tre. Prima di essere veramente brilli, Viviana mi disse: “State veramente bene insieme, l’unico dubbio che mi viene è se tu sarai in grado di accettare com’è Titti quando si trova in compagnia. Lei scherza sempre con tutti ed a volte esagera anche con uomini che conosce poco o non conosce affatto. Tu mi sei sembrato un po geloso..” risposi “Guarda, questa situazione che vivo con Titti è per me completamente nuova, se tu alludi a quanto ho detto prima, io non credo di avere esagerato, credo che sia sempre necessario un equilibrio, tra le esigenze ed i modi di fare dell’uno e dell’altro, non possono essere soddisfatte le esigenze di un solo componente della coppia. Vedremo.. Certamente io l’amo tantissimo ed anche lei fa altrettanto.” Ridemmo e scherzammo tutta la sera, ma sia quella sera che dopo, non ci facemmo mai sincera simpatia con Viviana. Prove di comprensione, più volte, invano. A tarda notte andammo a lasciare Viviana a casa quando eravamo già completamente ubriachi. Noi andammo in albergo. Arrivati in camera, crollammo tutti e due ancora vestiti. Prima notte insieme, prima sbornia. Tutta la mattinata successiva restammo in camera e, con le solite mie difficoltà, facemmo l’amore, in quel modo che lasciava sfiniti e scontenti entrambi.
Andammo poi a pranzo da Viviana e conoscemmo suo marito e suo figlio che la sera prima erano rimasti a casa dei nonni. La mattina, in albergo, con Titti eravamo ritornati sulle affermazioni che mi aveva fatto Viviana. Titti mi disse “Vedi, Viviana ha un ricordo, un immagine di me che non esiste più, lei ha avuto minori relazioni sociali ed anche una crescita diversa da quella che ho avuto io. E’ favorevole ad un comportamento che io tenevo in altri tempi. Per tutto il periodo in cui io sono stata sposata non ci siamo più frequentate. Ci vediamo ora, dopo tanti anni, grazie al nuovo corso che sta prendendo la mia vita, grazie a te.” Non potevamo avere zone d’ombra in quel rapporto che per fattori esterni era già così complesso. Ritornammo, quindi, pure sul mio rimprovero. Concludemmo che non c’era sicuramente niente di subdolo nel suo comportamento che era stato., però, ammise, solo un po’ inopportuno.
Il nostro rapporto che era quasi sempre stato, dopo la fine delle lezioni, soprattutto telefonico, stava sostenendo quella prima prova di convivenza. Nel pomeriggio avanzato andammo al mare, dove restammo fino a tardi, fino a vedere il tramonto abbracciati. Cenammo al ristorante dell’albergo e poi una breve eggiata, per ritornare non molto tardi in camera. Non venne l’impulso di stare insieme, quel pensiero che sarebbe dovuto essere così appetibile era invece quasi una sofferenza per entrambi, lo sapevamo. Lei la mattina si era svegliata molto più tardi rispetto a me, ed a maggior ragione, quindi, io crollai prima, mentre lei si attardava al cellulare, tra facebook e whatsapp. Nulla fece presagire l’inferno notturno. Mi svegliai, come mio quasi solito (se non bevo), verso le 4. Titti si era addormentata con la luce accesa accanto a me. Stetti per un poco completamente, immobile, lei mi diceva spesso che una delle cose che più apprezzava di me è che ero “fermo”… da seduto, in piedi, coricato non avevo parti di me in continuo movimento come invece, insopportabilmente, vedeva fare a suo marito. Restai immobile perché ero consapevole del fatto che il sonno di Titti era tutelato dal WWF. Dopo alcuni minuti presi delicatamente il mio smartphone e cominciai a scrivere, tramite l’apposita app, una serie di appunti, di pensieri che mi erano rimasti impressi della giornata. Come già detto, una
cosa per me normalissima. ò circa una mezz’oretta e, sobbalzando, sentii lei che, probabilmente dopo avermi osservato in silenzio per un po’, mi chiese “Ma che stai facendo?” - frittata fatta, pensai, l’ho svegliata, però può essere che si può riaddormentare - “Niente, prendo appunti.” E contemporaneamente riposi il pennino e chiusi la app. “Fammi vedere” “Titti dormiamo per ora, domani ne parliamo sennò non ti addormenti più” “Fammi vedere” ripeté con voce più dura, io risposi invece “Non ti preoccupare amore domani ne parliamo.” Appoggiai la testa sul cuscino e mi girai palesando volontà di riaddormentarmi. Lei restò non più di un paio di minuti a letto, dopodiché si alzò ed andò in bagno. Trascorsero 5 minuti, 10 minuti e sentivo rubinetti e rumori non ben individuati, erano quasi le cinque e mezza di mattina. Uscì infine dal bagno e…. era vestita e truccata!!! “Ma che fai?” - dissi - “Me ne vado!” “Te ne vai??? E perché??” – stralunai - “Tu perché non mi hai voluto far vedere cosa stavi facendo.” – E’ pazza? Pensai e dissi pure - “Sei pazza??” Ora vedete cari lettori, probabilmente ci sono tanti di voi che in quel momento sarebbero stati capaci di smussare la cosa, non reagire. Io invece sono, fondamentalmente, pazzo quanto e forse più di lei e quella fu la prima occasione in cui si misuravano i rapporti di forza folle all’interno di quella coppia. “Io ti ho chiesto tre volte di farmi vedere cosa stessi facendo e tu non hai voluto!” – Pazza, ma convinta! - “Io non volevo disturbare il tuo sonnnnoooo!!!! Ed ora sai che c’è: ti sei vestita e te ne vai. Vattene!!!” Cominciai ad urlare e, credetemi, è uno spettacolo sconsigliabile vedermi urlare. Unico pensiero razionale che feci fu che a quell’ora lei non poteva andare da Viviana, che abitava a circa 300 m dall’albergo, e dissi quindi “Anzi ..Me ne vado io!!!!” Ero furioso. Presi in 2 minuti le mie cose, mi vestii, uscii dalla camera, ai dalla reception, saldai tutto il conto, presi la macchina e me ne andai da lì. Prova di convivenza: bocciati! In macchina c’era, mischino, il suo cappello, che pagò la colpa carissima di essere suo facendo un volo fuori dalla macchina nelle campagne messinesi.
Ci fu uno scambio di sms la sera del giorno dopo, mentre io ero in ufficio e lei stava rientrando col treno, ognuno dei due era ancora troppo incazzato con l’altro e per la prima volta ci lasciammo per causa nostra. Era metà giugno del 2012.
PARTE III
15 – Whatsapp
Ricordavo che a fine giugno era prevista la sua prima esibizione con il gruppo musicale e, sapevo pure, che i primi di luglio avrebbe dovuto sostenere la prova orale del concorso.. ero curioso di sapere… si lo so, queste erano tutte scuse, la verità è che mi mancava … Era veramente speciale quella donna, bellissima, testa fina, egocentrica e .. pazza come me. Di quegli incontri che si fanno solo una volta nella vita. Stavolta venne a me il dubbio che lei potesse essersi allontanata sentimentalmente e non volevo turbare quella che poteva essere una sua nuova situazione di quiete. Mi trovavo a Civitavecchia per un corso e la sera, mentre ero in albergo, scrissi un sms proprio a Viviana. “Sai com’è andata la serata ed il concorso a Titti? Non dire a lei niente di questa mia curiosità!” Ovviamente immaginavo e speravo che lei fe da transponder. Rispose all’sms con un “Tutto ok!”. L’indomani mentre ero ancora nel Lazio mi chiamò Titti. Caro lettore, cosa ti devo riportare, conversazioni molto simili a quelle che già hai letto, sinceramente mi stuffa. Lo avrai capito, un amore tra due persone come noi, primedonne, cervellotiche, schizzate, solo così può essere. Anche a lei mancavo. Riprese quello che era ormai la nostra vita.. telefonate, incontri quando possibile, whatsapp.. tanto whatsapp. Ecco qualche brandello di conversazione di quel giorno..
11:42 2 Lug - Lorenzo: oggi per certi versi mi sento ancora più vicino a te 11:43 2 Lug - Lorenzo: come se questa lite ti avesse fatto entrare definitivamente nella mia vita
11:45 2 Lug - Lorenzo: non sono certo che questa sia una sensazione necessariamente legata all'amore 11:46 2 Lug - Lorenzo: è come se stessi ammettendo che cmq vada ci sarai 11:46 2 Lug - Titti: Anch'io ho una sensazione di maggior sicurezza e serenità malgrado tutto quello che c'è attorno è forse ancora più complicato di prima 11:47 2 Lug - Titti: Infatti ci sarò e ci sarai anche tu 11:48 2 Lug - Lorenzo: lo sai che prima rifiutava questo concetto... 11:48 2 Lug - Lorenzo: rifiutavo 11:49 2 Lug - Lorenzo: oggi mi sento più scarico... meno pressato... non lo so se riesco a spiegare 11:50 2 Lug - Lorenzo: forse comincio pure a volenti bene 11:50 2 Lug - Lorenzo: è male? 11:53 2 Lug - Lorenzo: ci sei? 11:53 2 Lug - Lorenzo: non ci sei 11:54 2 Lug - Titti: Finalmente! 11:53 2 Lug - Lorenzo: ? 11:54 2 Lug - Lorenzo: spiegami 11:55 2 Lug - Titti: C'ero, ci sono e ci sarò 11:55 2 Lug - Lorenzo: parlami. . insegna 11:58 2 Lug - Titti: Credo che tu sia l'uomo che ho sempre voluto, qualunque forma tu possa assumere hai costruito un luogo dentro di me, luogo privilegiato che nessuno mai potrà violare 11:58 2 Lug - Lorenzo: io
12:00 2 Lug - Lorenzo: a volte mi sento così. ..... mi viene da dire scarso... pesante... incerto... 12:01 2 Lug - Titti: Sei accogliente 12:01 2 Lug - Lorenzo: femmineo 12:01 2 Lug - Lorenzo: per colpa del mio pene aristotelico ? 12:02 2 Lug - Lorenzo: tu sei bellissima 12:02 2 Lug - Titti: Ma che minchiate dici 12:03 2 Lug - Titti: Anche tu 12:03 2 Lug - Lorenzo: mi stavo sfottendo. . non ti preoccupare e non ti mettere sul chi vive 12:03 2 Lug - Lorenzo: vorrei essere leggero leggero 12:04 2 Lug - Lorenzo: di più 12:04 2 Lug - Lorenzo: vorrei essere un dispositivo anti g per renderti qualsiasi cosa più leggera 12:05 2 Lug - Lorenzo: vorrei esserci e non esserci 12:05 2 Lug - Lorenzo: vorrei amarti senza darti alcun pensiero neanche quello di rendermi il tuo amore 12:06 2 Lug - Lorenzo: tranne l’ultima cosa (io ho necessità del tuo amore) ce la farò. .. devo solo imparare 12:06 2 Lug - Titti: In ogni caso ci sei 12:07 2 Lug - Lorenzo: fino a quando questo sarà per te solo gioia 12:07 2 Lug - Lorenzo: ed ora mi stacco perché mi si è cariato un dente e poi troppo dolce non ti piace 12:10 2 Lug - Titti: Mi è venuto il diabete
13:21 2 Lug - Titti: Io amo la tua persona 13:23 2 Lug - Titti: Io amo la tua presenza 13:24 2 Lug - Titti: Ma dove sei anima amorevole 13:25 2 Lug - Titti: ti sto cercando 13:26 2 Lug - Titti: muoio senza te 13:26 2 Lug - Titti: Anima mia, sei la mia anima. Non si può vivere senza anima. Io senza te non vivo. 14:00 2 Lug - Lorenzo: non possono esistere problemi che nn si affrontano 14:01 2 Lug - Lorenzo: e cmq siamo stati davanti al baratro 14:01 2 Lug - Lorenzo: facciamolo sto o avanti 14:01 2 Lug - Lorenzo: può essere che scopriamo di saper volare
Se era vero quanto scritto prima, quando facevo l’esempio dei livelli del videogame è pure vero che in questo rapporto oscillante avveniva un altro processo paragonabile al “try and error”. Imparavamo entrambi, prendevamo le misure dei problemi, dell’altro e, almeno per quel che riguarda me, anche di me stesso. Era un Lorenzo completamente nuovo quello di questo universo parallelo, coinvolto, totalmente preso da un discorso amoroso. A volte, credo sia ovvio, venivo pervaso da grossi dubbi sulla situazione ed anche su di lei. Temevo che, in qualche modo, potessi rappresentare solo un capriccio. Anelato solo per le grosse difficoltà esistenti. Entravo, quando questi dubbi divenivano più forti, in uno stato che lei definiva b-side. Durante una di queste tempeste quasi paranoiche, le manifestai, un venerdì sera, il mio desiderio di stare qualche giorno da qualche parte da solo.
Perché ho sottolineato venerdì sera? Perché tutti i fine settimana e una delle notti infrasettimanali, io rientravo a casa, a Catania, dai miei figli. I fine settimana erano sempre quindi un periodo di limitato contatto. Era assolutamente contraria alla cosa e la mia affermazione, coincidente con l’inizio del week end, la pose in uno stato di ansia esagerata. Mi cercò al telefono tantissime volte e, malgrado io le dicessi che non avrei preso alcuna decisione senza parlarne con lei, non si calmò affatto. La sera aveva in programma un’altra esibizione con il suo gruppo e, malgrado la presenza di tutti i suoi familiari (marito incluso), approfittando della complicità e del telefono proprio di Ciccio, mi chiamò: “Fatti la serata tranquilla Titti. Poi ne parliamo..” “No. Dimmi che non ne parliamo più di quest’idea. Devo cominciare ti richiamo più tardi..” Più tardi? come? Pensai, ..io ero a casa con tutti.. Fino a notte provai a stare alzato in attesa della chiamata poi andai a letto. Si era fatto più tardi dell’una e squillò il telefono di casa generando ovviamente allarme. Vista l’ora, Anna mi chiese di andare a rispondere solo che nel frattempo si era alzata Germana e, alla sua risposta, era seguito un breve silenzio e la comunicazione era stata interrotta. Mi girai e sul mio cellulare, messo in modalità silenzioso, c’erano due chiamate perse. Anna mi guardò sdegnata e mi disse “Ci sarà qualche tua amica molto preoccupata” si alzò e senza che io ne sapessi niente si andò ad appuntare il numero di telefono dell’anonimo chiamante notturno, quello di Titti. Era un comportamento certamente non tranquillizzante quello che aveva avuto ma, certamente, metteva in mostra un profondissimo legame nei miei confronti. Pazzia, quella pazzia che, secondo la mia teoria, doveva essere componente necessaria di un Amore vero. Dissolsi i miei dubbi.
16 – Collaterale, progressiva, sistematica distruzione del sistema nervoso
I primi di agosto Carmelo prese (probabilmente) atto del fatto che la moglie, malgrado tanti tira e molla, non c’era più e sospese la convivenza, abbandonando la casa in cui vivevano in quel momento (dove si trasferivano ogni estate), sul lungomare di Mondello, per andare a vivere dai suoi genitori. Titti, come accennato prima, ha due figlie, Mirella, ai tempi decenne, e Cinzia di sette. In quel periodo Cinzia era troppo piccola per lasciar percepire disagio, Mirella, invece, già “femmina”, anch’essa dotata di testa fina e delle stesse nevrosi di sua madre, era già molto attenta a quello che succedeva a casa ed era una costante preoccupazione per Titti.
In questa nuova situazione cominciò ad esserci una maggiore disponibilità e libertà di vederci anche in locali pubblici. Nella prima sera in cui i bambini erano col padre, e Titti era quindi libera di uscire senza dover fornire spiegazioni o formulare bugie, senza ansie insomma, andammo in moto a Favara, in un locale che mi era stato suggerito da un collega, a mangiare e bere qualcosa. Fu una serata di una serenità straordinaria. Restammo seduti a parlare, a ridere ed a bere senza accorgerci (nuovamente) del tempo che ava. Come quella giornata del Poseidon, con la leggerissima differenza che non c’era prole da andare a prendere. Si parlò di prospettive, di lavoro suo che in un modo (concorso) o in un altro (domanda fuori provincia per la 104 personale) sarebbe arrivato. Di quelle che potevano essere le mie prospettive future di lavoro.. “E se mi mandano in sud America?” “Vengo con te, ti seguo” Fantasticavamo. “Tanto” - per come diceva lei – “è tutto gratis!” ata mezzanotte, belli allegrotti ci mettemmo in moto per la strada del
ritorno. Eravamo da poco in marcia e mi disse (come al solito) che doveva fare la pipì, subitooo. Mi fermai in mezzo ad una strada leggermente laterale rispetto a quella principale. Era una notte senza luna, molto buia, la zona dov’eravamo noi veniva illuminata indirettamente soltanto dalle auto che avano trafelate nella strada principale. Tolse il casco, abbassò le mutandine sotto la gonna e si appollaio sul ciglio della strada accanto alla moto. La luce fioca, l’alcool, quel gran bel culo (altro che derrière) che avevo così vicino a me, mi fece scordare tutto ad un tratto che esisteva un qualsiasi tipo di problema. “Che bella che sei amore mio!” cominciai a sussurrare mentre, alzatasi accanto a me, le accarezzavo i fianchi e le natiche così belle e sode. Il mio pene, finalmente emancipato da tutti i progressi della ratio ottenuti in 10000 anni di umanità, ritornò ad essere l’animale primordiale che conoscevo e mi stava facendo scoppiare i pantaloni. Titti, malgrado l’alcool, con apprezzabilissima perspicacia, capì subito che non era serata in cui c’era da fare bile o sfiancarsi e si lanciò con almeno pari foga verso il mio corpo “Amore mio!” disse, per poi confermarmi scientificamente che avevo un cazzo bellissimo. Ci baciammo lascivamente mentre tenevamo le mani educatamente l’uno nel, con, per, da, in, il sesso dell’altro. Sesso puro! .. signore e signori.. non avevo nessunissima fretta quella notte, nessuna necessità di cogliere di sorpresa la mia erezione. Era qualcosa di monumentale. Quando già, oltre che di alcool, eravamo ubriachi di eros, la ruotai dolcemente e facendola appoggiare sulla mia bellissima moto, entrai con tutti i santi crismi dentro di lei. Minchia! Ora ci vuole. “E’ bellissimo” diceva “mi stai scoppiando dentro”. Non vi preoccupate, qualora lo aveste fatto miei cari, neanche in questo stato di supereccitazione sono scortese o veloce… prima sempre la signora, una, due volte, in quella strada, con lei appoggiata su quella moto e quel grandissimo spettacolo che era il suo corpo in “retrospettiva”, da accarezzare piano piano e con il pene che occupava tutto il volume disponibile …. Vengo anche io. E di nuovo lei. Si!!!!!!! Si struscò ancora da me, mi baciò.. “Io ti amo” disse “Ma questa è una scopata che le batte tutte” ed io, quasi piangendo nel potermi finalmente concedere un po di ancestrale orgoglio virile, replicai “Almeno capisci perché mi lamentavo sempre…” Serata indimenticabile!!! Avevamo pure pensato di andare a piazzare sul luogo una targa commemorativa.
In quello che già era e sempre più si sarebbe confermato, il nostro stile (con collaterale, progressiva, distruzione sistematica del sistema nervoso), dopo quella serata bellissima, il giorno dopo litigammo. Eravamo di nuovo nella possibilità e ammo alcune ore insieme, come fidanzati veri. Stavolta al mare, sempre in moto. Mentre stavamo ritornando, da un attimo all’altro, mentre l’attimo prima sentivo il piacere delle sue mani sui miei pettorali, un attimo dopo litigammo perché avevamo un diverso parere su quella che doveva essere la privacy tra noi due. Con me che, come al solito, rompevo le palle perché pensavo non ce ne dovesse essere e lei che, come avrebbe fatto sempre, caricava a testa bassa con le sue convinzioni. Senza concedere nulla entrambi. Teste di cazzo! Si capisce perché nelle coppie più tranquille c’è sempre uno dei due che ha minore ambizione, è disposto a riconoscere la ragione altrui, cede … Noi no, noi no! Fortunatamente, solo fortunatamente quel nuovo litigio si dissolse nell’arco di qualche ora.
Erano arrivati a Palermo, per il ferragosto, Viviana e suo marito. Una sera organizzammo un’uscita con loro due ed un’altra coppia Michele e Donatella. Michele era un amico di lunga data di Titti, una specie di vecchio orso con la r moscia. Era stato il suo compagno (amico) di viaggio nel periodo di permanenza a Parigi ed, ancora prima, era stato quello che l’aveva spinta a vincere la timidezza ed a cantare. ammo una serata molto piacevole in un pub, ad ascoltare musica, bere e parlare. Tornammo a casa a notte fonda e, salita prima per dare il cambio a sua zia che era rimasta con i bimbi, dopo un po’ Titti mi chiamò per dirmi di salire a casa sua. Pessima idea, Dopo poco che eravamo seduti sul divano sua figlia Mirella si alzò e, malgrado un mio fulmineo dileguamento, fui in qualche modo intravisto. Demmo motivo di ulteriori turbe a quella bimba già di per sé molto complicata.
17 – Borgetto
Queste giornate, queste settimane, mi avevano sempre di più legato a Titti. Lo scetticismo, la paura che potesse accaderci qualcosa, com’era effettivamente successo nei mesi prima, cominciava ad allontanarsi. Avevamo un carattere di merda ma, mi stavo convincendo, sempre di più prendevamo le misure. Lei era già sola a casa, il nostro feeling relazionale e fisico migliorava sempre più, stavo bene. Il giorno dopo la serata al pub, Titti mi telefonò per dirmi che si sarebbe dovuta recare a casa sua a Baida (quella dov’ero stato in gennaio) perché si dovevano ricevere degli ospiti (una parte della casa fungeva da B&B) e le era stato chiesto dal marito di farlo lei. Le chiesi se volesse incrociarmi prima di andare e mi disse sì. Ci incontrammo in uno dei nostri posti, vicino l’albergo, solo per pochi minuti. La baciai, l’abbracciai e lei mi disse (non lo posso scordare) “Dovremmo sperimentare qualcosa per fare soldi con i nostri abbracci, sono bellissimi e mi fanno stare bene!”. Ci lasciammo, io mi diressi in ufficio, lei verso casa.
Ero molto sorridente in ufficio in quei giorni, anche dal punto di vista lavorativo andava tutto sempre molto bene. Dopo un mio primo anno di gestione che era servito per mettere a punto i tools, le strategie e ad attuare miglioramenti, quell’anno raccoglievamo i frutti. Tutti i kpi avevano il segno del miglioramento e con valori di livello assoluto. Venne l’ora di pranzo e, non avendola più sentita, pensai che Titti poteva avere avuto qualche incontro inatteso e, per questo, era impossibilitata a chiamarmi. Si fecero le 14, le 15, … alle 16 composi il numero io, nessuna risposta. Mi dissi che certamente aveva qualche problema, non potevo chiamare nessun altro che lei. Riprovai alle 16e30, e45 poi cominciai a provare continuamente, adesso sì che il panico cominciava a prendermi. Che era successo? Non potevo più stare in
ufficio e decisi di uscire. Presi la macchina e mi diressi verso Baida, terreno non amico. Con molta circospezione cercai di arrivare nei pressi di casa sua. Niente. Non c’era né la sua né altre macchine. Mi diressi allora verso il lungomare di Mondello. Parcheggiai in una stradina laterale nei pressi di casa sua e, poco prima di scendere dall’auto, riprovai per l’ennesima volta a chiamare. “Pronto!” - stavolta rispose - “Titti!” – esclamai - “Stavo uscendo pazzo, ho chiamato mille volte, che è successo?” – mi rispose la sua voce ma non lei - “Ah si. Senti ti volevo dire che io ho bisogno di riflettere, devo stare un po’ da sola. Non me la sento di continuare. Mi faccio sentire io. Va bene?” “Ma che dici Titti, ti prego dimmi che è uno scherzo, io sono vicino casa tua. Vengo. Sto venendo.” “Non venire perché io non sono li. Lì ci sono mia madre, mio marito ed i bambini. Non venire perché sennò succede un macello.” “Ma che dici??!!!!!” - urlai, piangendo completamente impazzito. Chiuse il telefono. Mi guardai attorno, mi girava la testa, piangevo con singulti fortissimi. Io ci vado lo stesso mi dissi, ci vado … dove vado? urlai di nuovo, piegandomi per il dolore fortissimo che provavo … avevo cercato così tanto l’amore … eccolo servito in una delle sue forme, dolore incommensurabile!!! Ritornai in macchina e mi misi a guidare mentre urlavo come un forsennato e le lacrime non si volevano fermare … riprovai di nuovo il numero, e di nuovo ancora, irraggiungibile, quel numero non sarebbe più esistito, buttato come venivo buttato io.. Ero completamente nudo colpito alla gola da chi stavo abracciando “Perchèèèè???” “Perché?” Stravolto, con gli occhi disidratati, senza voce, senza sapere come, mi ritrovai a parcheggiare in un stradina di un paese. Chiesi ad un ante, che certamente mi prese per squilibrato, come si chiamava quel paese e mi disse Borgetto. Provai di nuovo a comporre il numero, niente. Scrissi un sms “Vigliacca!” E poi composi il numero di Viviana. “Viviana, sono Lorenzo, è successa una cosa terribile, io non lo so perché, fino a stamattina stavamo benissimo insieme, poco fa Titti mi ha detto che non vuole più sentirmi. Io mi sento male!” “Non ne so niente, mi dispiace, se so qualcosa ti faccio sapere.” Dopo 15 minuti mi arrivò un sms. “Titti non se la sente di continuare la vostra storia. Mi dispiace per come ti senti. Ciao”
Quante volte vi siete chiesti: com’è che non si muore? Di strazio. Quando hai smesso di piangere, oppure quando vedi che ti viene di nuovo lo stimolo di fare pipì, sete, ti chiedi com’è possibile? Ritrovai la strada verso casa di Sferracavallo. Dopo qualche ora mi addormentai. Mi risvegliai e, dopo un attimo, ebbi la consapevolezza che non era stato un brutto sogno ma la cruda realtà. ando le ore cercai di trovare spiegazioni … Dopo qualche giorno, pervaso qualora ce ne fosse ancora bisogno di conferme, di un amore profondissimo, arrivai a scrivere la seguente mail che le inviai: “Mi sono calmato. Posso farcela. Ridiventerò una macchina. Sto già ricominciando … Fammi dire una cosa … sì lo so che stavolta è finita.. nel modo peggiore per me.. ma fammela dire. Hai sbagliato! Il nostro amore era qualcosa di unico, meraviglioso, lo rimpiangeremo per tutta la vita”
Seppi, tempo dopo, che lesse quella mail col marito accanto. Cos’era successo? Quella mattina, dopo esserci salutati, era andata a casa dove si dovette intrattenere più tempo di quello che pensava. Quel tempo trascorso in quella casa, eggiando tra tanti ricordi, tante cose da lei pensate e realizzate, l’aveva mandata totalmente nel pallone. Si era chiusa nella camera da letto con le tapparelle chiuse e non si era più mossa da lì, piangendo a dirotto.. Dubbio di sbagliare tutto, malessere, crisi,..Non se la sentiva!!! aveva chiesto aiuto ai suoi familiari ed .. a suo marito. Aveva chiesto di rientrare, di azzerare la situazione. Ed io? Stava troppo male per pensare a me.
Il suo rientro nell’alveo aveva previsto, nei giorni successivi, tutta una serie di azioni di recupero di una normalità familiare violentata da un intruso (io): viaggetto con le figlie, fine settimana da soli i due coniugi …
Aspettate prima di trarre conclusioni. In questo romanzo non stiamo parlando di partite a tennis, a scopa o di scopate, stiamo parlando di vite, non solo di questi due fortunati o disgraziati protagonisti. Vite di tante persone che, tra l’altro, subiscono determinazioni altrui. Mia moglie, suo marito, i miei ed i suoi figli, genitori, sorelle e parentame vario, vedevano modificare (violentare) la loro vita a causa del nostro amore. Certo, i coniugi non erano certamente immuni da colpe (come già detto), correi nella creazione delle precondizioni. E per i figli, vedere compiere una scelta d’amore è una lezione di vita importantissima … Ma quanto è complicato se non si è cinici o spietati, … sensi di colpa, paure, dubbi, .. dilaniante!! Nel raccontarmi (molto tempo dopo) cos’era successo Titti mi disse che la sua crisi era durata solo un giorno,… avrebbe dovuto avere la forza di resistere, di chiamarmi in suo soccorso e non pensare di avere un piano B. Ed, invece, si dovette accollare le conseguenze delle sue stesse azioni, incastrata nel viatico di “rehab” sopra descritto. Aveva letto il mio messaggio in cui l’appellavo di vigliaccheria e si era riconosciuta colpevole. La stessa mia mail non aveva fatto altro che confermarle che aveva fatto una grossa minchiata. Il viaggio con le figlie, mi avrebbe raccontato, era stato tollerabile, mentre, quello da soli col marito, era stato un incubo… (!!??)
Avevamo comunque azzerato tutto.
18 – Sfiducia
Situazione alla fine di quell’estate. Al lavoro le cose andavano sempre molto bene, c’erano stati alcuni problemi con l’amministrazione locale per l’ottenimento dei permessi per il rinnovamento dell’impianto. Qualcosa più di strumentale, funzionale a rese dei conti interne alla maggioranza politica comunale, che di sostanziale. Certamente per l’intervento di alcuni miei colleghi esperti di relazioni istituzionali ed anche per un importantissimo contributo da parte mia, si riuscirono a scongiurare nefaste ipotesi di stop ai lavori. Tenevo incessanti contatti con le principali figure politiche della città per spiegare, illustrare tutti i vantaggi delle nuove opere. Il cantiere per la realizzazione era già stato aperto.. si lavorava per garantire un futuro allo stabilimento e per il mantenimento dei livelli occupazionali. Sia la storia con Titti che quella mia indole insaziabile, sempre alla ricerca di nuovi stimoli e di sfide, propria di chi ha allergia alla routine, avevano ridotto la mia potenza in ufficio.. vivevo parzialmente di rendita. A casa, Anna, senza saperne il perché, mi aveva visto meno attento al telefono, con maggiori momenti di libertà, certamente sempre per i cazzi miei, però più presente. Era quindi più serena anche lei e meno litigiosa. Mattia e Samuele vivevano questa situazione di tregua con grandissima gioia. I miei figli più grandi avevano ed hanno già la loro vita, i loro problemi. Sono molto affettuosi e riconoscenti perché non gli abbiamo fatto mai mancare niente, pur essendo, specie io, genitori severi. Ovviamente erano molto centrati su loro stessi. Io, dopo il grande dolore della coltellata, avevo riacquisito un po’ di serenità. Il mio primo motivo di malessere è sempre stata la mia inadeguatezza. Anche
stavolta avevo davvero poco da rimproverarmi. Non avevo avuto “il braccino”.
Il 30 settembre, dopo quasi un mese e mezzo dal giorno della follia, mi giunsero un paio di chiamate da numero anonimo, non risposi. Il giorno dopo ancora. Dio mio sconosciuto, pensai, sospendi il tuo menefreghismo e dammi la forza di difendermi. Ero in partenza per Roma dove avrei partecipato per 2 giorni ad un convegno. Negli ultimi anni, specie da quando avevo assunto la Direzione dell’impianto di Isola, mi spostavo con molto minore frequenza rispetto a quanto facevo prima. Per un lungo periodo avevo fatto il docente in corsi di formazione interni alla mia azienda, e stavo sempre in giro per l’Italia. Sono sempre stato molto in gamba come docente. Ho, però, un limite, sempre lo stesso: sono straordinario se devo tenere una lezione, buono se la devo ripetere una sola volta, inadeguato per ripeterla più di una volta. Mentre mi trovavo al convegno, il primo giorno, arrivò una chiamata. Numero in chiaro stavolta ma non registrato, non potevo rispondere. Appena ne ebbi la possibilità di farlo dall’altro capo del telefono mi rispose la voce di un uomo anziano..”Ho ricevuto una chiamata da questo numero..” “Ma chi è lei? Io non ho chiamato nessuno” “Va bene non si preoccupi. Io mi chiamo Orlando. Lei come si chiama mi scusi?” “Mineo” – Ahhh, ecco! Aveva chiamato usando il cellulare del padre “Deve esserci stato un errore. Mi scusi di nuovo.” Stessa situazione 2 ore dopo. Nuova chiamata in “chiaro”, io che non posso immediatamente rispondere, richiamo e stavolta dall’altro capo del telefono la voce di sua mamma. Alla successiva chiamata, nuovamente anonima, esco un attimo fuori dall’aula e decido di rispondere. E’ lei. “Hai risposto. Finalmente! Già sono felice. Grazie per avere risposto. Io lo so che mi odi… ed hai ragione.” “Ciao. Cosa vuoi da me?” “Io volevo sentirti, vorrei avere la possibilità di sentirti. Io non vivo più. La colpa è mia, lo so, ma non vivo più. Non ti chiedo niente. Voglio solo avere la possibilità di contattarti anche solo per un consiglio” “Io sto cercando, piano piano, di ritrovare la mia serenità ed ho paura, sì, paura nel sentirti” “Ti prometto che rispetterò, accetterò quello che mi vorrai concedere. Io sono una donna morta, uno zombie che cammina” “Io devo rientrare in aula” “Sei in
stabilimento?” “No. Sono a Roma” “Posso provare a contattarti nei prossimi giorni?” “Non lo so Titti. Per ora devo chiudere. Ciao” “Grazie per avermi risposto.” Due giorni dopo mi arrivò un messaggio whatsapp da un numero sconosciuto.
15:08 2 Ott - +39 392 xyzt000: Sei ad Isola? 15:34 2 Ott - Lorenzo: È il nuovo numero? 15:35 2 Ott - +39 392 xyzt000: Dove sei 15:35 2 Ott - Lorenzo: Cmq.. sì sn in stabilimento.. ho un audit 15:36 2 Ott - +39 392 xyzt000: Oggi comincio un nuovo lavoro 15:37 2 Ott - +39 392 xyzt000: Dimmi in bocca al lupo 15:37 2 Ott - Lorenzo: In bocca al lupo 15:38 2 Ott - +39 392 xyzt000: Crepi! Grazie, buon lavoro 15:40 2 Ott - Lorenzo: Dimmi che lavoro 15:40 2 Ott - +39 392 xyzt000: Palestra 15:41 2 Ott - Lorenzo: Bene.. riprendi.. fai bene! 15:42 2 Ott - +39 392 xyzt000: Non ho molto da scegliere...e poi mi tengo in forma 15:43 2 Ott - Lorenzo: .. e impegnata... farai bene! Ciao 15:43 2 Ott - +39 392 xyzt000: Miao 15:45 2 Ott - +39 392 xyzt000: N. 1 15:48 2 Ott - Lorenzo: Nn credo
15:50 2 Ott - +39 392 xyzt000: Credi …….. 08:01 3 Ott - +39 392 xyzt000: Buona giornata! 11:30 3 Ott - +39 392 xyzt000: Pensa che sarebbe possibile incontrarla per una consulenza? 11:45 3 Ott - Lorenzo: Nn so che dirti 11:51 3 Ott - +39 392 xyzt000: Non ti voglio forzare 11:52 3 Ott - +39 392 xyzt000: Cioè lo vorrei fare ma non lo farò 11:54 3 Ott - +39 392 xyzt000: So già che mi dirai di no 11:54 3 Ott - +39 392 xyzt000: Non ti preoccupare per me 13:06 3 Ott - +39 392 xyzt000: Me lo regali 1 minuto di felicità? 13:08 3 Ott - +39 392 xyzt000: Dimmi 13:08 3 Ott - Lorenzo: Dimmi tu 13:09 3 Ott - +39 392 xyzt000: Io ti vorrei vedere 17:26 3 Ott - +39 392 xyzt000: Pensi che sia possibile vederti un attimo prima di andare a fare le prove? …………….. 08:09 4 Ott - +39 392 xyzt000: Non mi vuoi chiamare più? …………….. 07:48 7 Ott - Titti : Mi puoi chiamare? 07:59 7 Ott - Titti : AUD-20121007-WA0000.aac (file allegato) …………….
22:00 7 Ott - Titti : Guarda "Giovanni Allevi - Il bacio live" su YouTube https://www.youtube.com/watch? v=U9QRW0DzuOs&feature=youtube_gdata_player ……………. 04:36 8 Ott - Lorenzo: Sono le 4 ed è almeno da un'ora che nn riesco a smettere di piangere perchè nn sto bene, ho paura, mi sento forzato, stai facendo leva sul sentimento che ho provato sull'attrazionw che giustamente nn può essere scomparsa sul mio affetto sulla mia incapacità di farti male per farmi fare qualcosa che purtroppo nn voglio.. io non ti sento .. non ti sento la mia Tiziana.. non lo sento quel bellissimo amore.. so che domani chiamerai e che io nn saprò nn rispondere.. io non ti voglio accusare ma è successo qualcosa che nn so accettare.. il dolore lancinante ti può uccidere ma nn può durare molto …. la cosa peggiore sono stati i giorni successivi il dovere accettare, il sapere che eri di nuovo con un altro ed allora l'unica spiegazione che puoi dare è che nn mi volevi... ci può stare... è ragionevole... senza che lo vuoi la ragione vince fa tabula rasa dentro te.. per certi versi sentire che mi amavi e che mi ami mi riapre la ferita ed io ora, solo ora mi sento tradito... nn sto bene.. nn lo sento quel legame con te ..mi sentirei costretto dal mio dolore e dalla mia ratio a baciare un'estranea.... io in questo momento mi sento così... ti prego nn mi forzare ... io sn indifeso nei tuoi confronti c'è un gioco di ricatti interni alla mia testa al mio cuore che nn mi permette di difendermi... lascia che possa sentire liberamente dentro me la voglia di te... se nn la sento che senso avrebbe... io lo so che tu stai male ed è l'ultima cosa che voglio esserne causa ma nn puoi avere nn è guusto che tu abbia un involucro inebetito.. devi volere un uomo innamorato.. ti prego nn mi cercare nn mi chiamare se deve essere sarà... ……………. 17:27 8 Ott - Titti : Solo questo sms per dirti che sarò in grado di aspettare e di accogliere ed accettare tutto quello che verrà da te. Oggi mi hai fatto capire che amare è anche rispettare i tempi dell'altro. Quando avrai voglia di sentirmi e di amarmi mi troverai qua ad aspettarti innamorata come sempre ma con la voglia di vivere la nostra vita in maniera più moderata e senza colpi di testa. Dopo la nostra ultima telefonata e dopo tutto quello che mi hai detto qualcosa è cambiato dentro di me: mi sono rasserenata. Se ti amo ti devo rispettare (e ti amo e come!) E lo farò con tutto l'amore che sento. Mi hai insegnato tante cose importanti e questa forse è la più importante. Ho detto a mio marito che chiudiamo il nostro
rapporto, non avrebbe senso continuare questa situazione penosa. Quando e se vorrai ritornare da me, ti accogliero' nel modo più bello, facendoti sentire amato,importante ed unico. Fino ad allora mi occupero' delle mie figlie, del mo lavoro, della mia musica cercando di fare tutto al meglio. Grazie. Non avere pena per me:voglio crescere. 18:08 8 Ott - Titti : Questi sms per dirti che sarò in grado di aspettare e di accogliere ed accettare tutto quello che verrà da te 18:38 8 Ott - Lorenzo: Nn sn niente, niente di particolare nn sn in grado e nn voglio dare lezioni a nessuno .. mi dispiace di darti io dolore... vorrei solo il tuo bene ... dammi tempo .. il mio più grande desiderio è stare come sn stato, come siamo stati... ti chiamo domani 18:42 8 Ott - Titti : Sei una persona speciale ……………… 14:51 9 Ott - Titti : Ciao 14:52 9 Ott - Lorenzo: Ciao ... mi ero connesso proprio adesso 14:52 9 Ott - Titti : Anch'io 14:52 9 Ott - Lorenzo: come stai? 14:53 9 Ott - Titti : Bene, tu? 14:53 9 Ott - Lorenzo: Bene... oggi resta confermato? 14:54 9 Ott - Titti : Se vuoi 14:54 9 Ott - Lorenzo: Sembra formale.. volevo dire hai problemi? 14:54 9 Ott - Lorenzo: Si voglio 14:55 9 Ott - Titti : No, devo accompagnare i bimbi alle 16.00 all'area studio 14:57 9 Ott - Lorenzo: Io alle 15 e 30 ho un appuntamento al Comune.. appena esco ti posso chiamare?
14:57 9 Ott - Titti : Certo 14:57 9 Ott - Lorenzo: Tu sei sempre bellissima? 14:58 9 Ott - Titti : Mi manchi da morire 15:01 9 Ott - Lorenzo: Mi manco anch’io 16:18 9 Ott - Lorenzo: Ci sei?
Ci incontrammo e quello fu l’incontro che avremmo ricordato come del “Cartone animato”. Non ci vedevamo da quasi 2 mesi. Io nel frattempo avevo preso ancora qualche chilo. Quando la nostra storia era cominciata ero sotto i 90, in quel momento ero quasi a 100 kg. Stavolta arrivai all’appuntamento con qualche minuto di anticipo, dopo pochissimo arrivò lei, parcheggiò scese dalla macchina e… Una sventola di prima categoria! Troppo! Vedo di spiegarmi meglio: Mi ero innamorato di questa donna e l’avevo quindi considerata bella, bellissima.. Ma ora, dimagrita, tacchi, pantalone attillatissimo che metteva perfettamente in evidenza tutte le sue conche ed in particolare quel derrière spettacolare, maglietta con bel seno in evidenza, splendida forma, rossetto , occhiale da sole, capello più lungo, riccio… una strafica!!!.. Che mi fece pensare a Jessica Rabbit, tant’è che dopo che mi salutò con un bacetto prolungato sulla guancia, mi chiese perché la guardavo così e io, sinceramente risposi “Mi sembri un cartone animato!” Ancora di più nella mia testa si instillò la diffidenza. Oltre alla paura derivante dalla profondissima cicatrice non ancora sanata, mi sembrò di trovarmi con un’estranea. Era palese che avevo davanti una donna che stava male, aveva sofferto anche lei, forse addirittura ancora di più, perché doveva sentire tutto il carico di responsabilità per ciò che era avvenuto. Ma io non avevo proprio la possibilità di fidarmi. Non potevo non pensare di avere a che fare con una persona instabile. Non fu un incontro positivo, restammo in macchina qualche minuto …. se l’incontro doveva far riemergere quello che era stato non ci riuscii, il tutto divenne molto molto triste.
Mi richiamò dopo un paio di giorni. Gioia mia che colpa ne aveva pure lei? Quanti colpi aveva preso la sua vulcanica testolina, cosa voleva farmi? male? No, ci barcamenavamo tra mille e mille difficoltà, sensi di colpa. Tutto era contro di noi, innanzitutto noi stessi. Mi chiamò ed aveva la voce tremolante. “Ho finito la lezione e devo andare a prendere i bimbi … io non so più cosa ha senso. Niente ha senso… Ahh!!” esclamò di colpo “Cosa succede??!!” urlai “Niente, fortunatamente niente, ho fatto una curva e non ho visto il camion parcheggiato ed ho strisciato l’auto. Niente di grave tutto a posto. Il camion ovviamente non si è fatto nulla” “Titti per favore fai attenzione!” “Si, si, ok, sono vicino la scuola di Cinzia, eccola… Cinziaaaa.. sta salendo.. ciao tesoro. Ci sei ancora?” “Si sono qui” “Ora vado da Mirella” “Ci sentiamo dopo che dici?” “Devi chiudere?” “No voglio che stai attenta alla guida” “No ok… ma che fa? Noo!” “Titti ..” “Senti devo chiudere ho preso un’altra macchina..” e chiuse il telefono. Vi lasciò immaginare come mi sentii. Ero a pranzo, lasciai tutto, presi la macchina e mi diressi verso scuola di sua figlia Mirella. E’ veramente ‘fuori’, pensavo. Arrivai in pochi minuti, parcheggiai l’auto e cominciai a cercarla. Eccola, stava guidando, le sue figlie dietro. Accostò accanto a me “Ma come hai fatto ad arrivare subito?” “Come stai? Che hai fatto?” La macchina aveva il copriruota lato guida con i segni di un forte urto “Sto bene, c’era troppa confusione ed ho dato alla signora il mio numero di telefono” “Ok, ok, vai” mi salutò ed andò mentre le bambine mi guardavano impaurite. Nella settimana successiva mi recai per lavoro a Palma di Maiorca e le comunicazioni furono pochissime. Rientrato mi chiese di vederci in uno dei nostri posti. Mi portò un libricino intitolato “Amore mio”. Io non riuscii ancora una volta a lasciarmi andare. Rimasi freddo. Andata via mi scrisse questi messaggi:
12:03 2 Nov - Titti: Io non posso e non voglio vivere senza di te 12:03 2 Nov - Titti: Io penso sempre al mio amore Lorenzo
12:04 2 Nov - Titti: Perché credo che l'unico amore sia tu 12:04 2 Nov - Titti: Ti amo più della mia stessa vita 12:04 2 Nov - Titti: Come fai a stare senza di me? 12:06 2 Nov - Titti: Per essere quello che vuoi essere non c'è limite di tempo...comincia quando vuoi 12:11 2 Nov - Titti: Spero che tu possa essere orgoglioso della tua vita e se ti rendi conto di non esserlo spero che tu possa avere la forza di cominciare tutto da zero 12:12 2 Nov - Titti: Abbracciamoci! 12:13 2 Nov - Titti: Vorrei sentire il mio cuore nel tuo petto ed il tuo cuore nel mio 12:13 2 Nov - Titti: Forte forte 12:14 2 Nov - Titti: Amiamo ci veramente con tutta l'anima anche senza follia 12:14 2 Nov - Titti: La follia ha sempre portato a soluzioni terribili 12:15 2 Nov - Titti: Io vorrei la mia vita con te bellissima e lo potrebbe essere 12:15 2 Nov - Titti: Non ci facciamo più del male 12:16 2 Nov - Titti: Due anime che si amano si amano e basta 12:16 2 Nov - Titti: Fammi una ninna nanna 12:17 2 Nov - Titti: E io renderò la tua vita serena felice e gioiosa 12:17 2 Nov - Titti: Mi basta poco, ma che dico poco? Mi basti tu 12:18 2 Nov - Titti: Amarmi come solo tu sai fare e io ti amerò come solo io so fare 12:20 2 Nov - Titti: Mi sento profondamente innamorata di te
12:21 2 Nov - Titti: Nella salute e nella malattia 12:21 2 Nov - Titti: Nella gioia e nel dolore 12:21 2 Nov - Titti: Non posso non amarti 12:23 2 Nov - Titti: Mi manchi nella pancia, nelle vene, nella bocca, negli occhi, nelle braccia, nella mente, nel cuore...per quello che ne è rimasto 12:25 2 Nov - Titti: Ma io vorrei esprimere parole di gioia...di vita...di allegria. ...di tutto quello che mi sai dare tu 12:25 2 Nov - Titti: Tu mi rendi positiva 12:25 2 Nov - Titti: Sicura, contenta, forte 12:25 2 Nov - Titti: Io ti AMO 12:27 2 Nov - Titti: IO TI AMO senza cuoricini e senza faccine. Io ti amo all'essenza, alla sostanza. Senza orpelli 12:27 2 Nov - Titti: Vita mia 12:27 2 Nov - Titti: Stop
Mi misi a piangere come un bambino. Che devo fare? Che devo fare? E mi sembrò con la testa di ritornare allo stesso stato che avevo in macchina quando ero stato lasciato. Io sono pazzo mi dissi, sono troppo pazzo, questa cosa è patologica. In questo momento (e chissà se mai sarà possibile) io non sono in grado di affrontare questa relazione senza follia. Non risposi e lei non scrisse più.
PARTE IV
18 - Vita
E’ una specie di droga, la vita. Finché non l’hai provata sei nelle condizioni, se non di criticare, di esprimere qualche giudizio sul comportamento “non convenzionale” altrui. Quanto ero cambiato in quell’ultimo anno, quanto di me avevo scoperto. Spostamenti misurati, quali quelli propri di chi è sempre controllato, con la situazione in pugno, assommano energie (tra cinetica e potenziale) minime. Un qualsiasi evento produce effetti limitati. Quell’ultimo anno, senza freni per le emozioni, mi aveva spesso messo nelle condizioni di provare gioie immense e dolori fortissimi. Ero riuscito, per la prima volta nella mia vita, ad essere veramente me stesso, scoprendo tante qualità, una tra tutte quella di saper amare perdutamente (Titti me lo disse qualche volta “..non credevo che tu potessi essere capace di amare così..”) e, ovviamente, tanti difetti, tante paure, tante paranoie. Fragile. Mi scoprivo, mi rivelavo, tanto fragile. Fragilità che era sempre stata ben nascosta dalle mille maschere che avevo indossato nella mia vita. Da dove veniva quella fragilità? Quali sono le sue radici? Non lo sapevo, non lo so. Rilessi in quel periodo cose che avevo scritto tempo prima e che mutuavo per lei, per quella storia. Fra tutte una poesia.
Per rinascere bisogna morire
Senza soluzione di continuità al nostro respiro, anche nella nostra vita semplicemente umana, siamo diventati altri noi, siamo morti e rinati.
Sono morto quando il bambino è diventato uomo, la metafisica si è fatta fisica,un’astrazione è diventato un sussulto, il corpo ha scoperto il corpo.
Sono morto quando ho chiuso la porta di casa, dietro me e mia moglie, con un primo budget predisposto.
Sono morto quando il dottore con la cannula ha estratto il muco dalla gola del mio primo figlio, per farlo respirare, lui e la mia vulnerabilità.
Son rinato in due occhi dietro un finestrino mentre il mio sangue colorava un rigagnolo
e il mio urlo, nuovo vagito, mi tratteneva all’asfalto.
Son dovuto rinascere quando è morta mia madre, sangue mio, ho riconsiderato ogni respiro, ti ho accarezzato la fronte...
Son dovuto rinascere mediocre; perdendo ogni presunta particolarità, con i miei tanti dubbi e le poche certezze, accettandomi.
Ma così, mediocre, ho perso l’afasia. Dietro le mie azioni o, anche alle sole parole, c’è tutta la mia storia (niente di particolare).
E sono morto e rinato, quindi, dentro i tuoi occhi aprendo completamente per la prima volta la mia anima Non governando più, abbandonandomi a te ed al nostro amore
Forse non sono mai stato bambino, adolescente, avevo byato quella fase per fare subito l’uomo. Me la posso mai prendere con i miei figli, specie i maschi, se tergiversano in una condizione di scarico da responsabilità? Eppure, con la mia severità, avevo
sempre cercato di richiamarli all’ordine, per fare cosa? Per creare altri incompiuti come mi sentivo in quella fase della mia vita io? Non adottai atteggiamenti del tipo “liberi tutti” ma non fui mai più intransigente verso la loro leggerezza. Ah la leggerezza, ah la stupidità. Quanto è bella quella canzone di Battiato, L’Animale, che mi porto dentro e che non mi fa vivere felice mai, mi rende schiavo delle mie ioni, l’animale che mi porto dentro vuole te. Volevo lei. Titti era la vita, lei era pazza come e quanto me. Lei mi aveva iniziato alla vita. Mi diceva che ero sua madre, e lei era pure la mia. Un processo complementare di generazione, l’amore.
Quanto volevo e quanto voglio bene ad Anna, con lei abbiamo affrontato la vita nel modo in cui ci hanno insegnato, costruendo case prefabbricate ..ed abbiamo generato i nostri figli, a cui abbiamo dato, diamo e daremo tutto il nostro amore genitoriale. Ma io da tempo ero cambiato irreversibilmente, forse dalla morte di mia madre. E nel continuare a ragionare secondo gli stereotipi del vivere “normalmente”, per preservare il matrimonio, per non farle male … gliene avevo fatto molto, molto di più. L’avevo offesa, quando invece era giusto liberarla. Ero di nuovo in astinenza da Tiziana. Credo di scoprire oggi che scrivo, che è accettabile, dolorosissimo ma accettabile la fine di un amore, l’altra che non ama più. Che puoi fare? Niente. Ma, io allora l’amavo e lei mi amava e dovevamo stare lontani? Inaccettabile. Era necessario almeno verificare se avevamo smesso di essere in controfase.
A fine novembre, in un pomeriggio in cui la crisi era fortissima, scrissi io un messaggio su whatsapp. “Ci sei? Posso parlarti?”. Non c’era ancora il doppio spunto e non seppi se il messaggio era stato letto oppure se aveva creato qualche problema, fatto sta che quel giorno non ricevetti
risposta. La risposta arrivò il giorno dopo.
Dopo quel mio silenzio al suo appello d’amore, Titti era stata da un neuropsichiatra, troppo fuori di testa. Aveva smesso di andare a lavorare in palestra ed aveva assecondato una nuova richiesta del marito di provare a ricominciare. Anche stavolta, la tregua coniugale era durata solo pochi giorni. Da un lato, lei sentiva sempre fortissimo il sentimento nei miei confronti, dall’altro, lui, malgrado i buoni propositi legati al salvataggio della famiglia, non riusciva ad accettare la presenza anche se virtuale di un altro ed ogni occasione era buona per battute o accuse. Le prove, la musica erano diventate il suo principale rifugio. Non so se per i farmaci o per ciò che aveva ato, stavolta era più pacata, un cane bastonato, più matura. Era felice di sentirmi ma era un po sfiduciata, di se stessa, di me, di noi. Io ero già felice così (grazie per avermi risposto bis). Ero anche disposto a rimanere deluso.. com’è la frase fatta? Meglio un rimorso che un rimpianto! Ma non fu così, non fu una delusione. Tutte le botte prese e date avevano reso il nostro amore ancora più forte. Ci eravamo convinti che l’uno potesse essere l’unica speranza di salvezza per l’altro.
19 – Recidiva
La settimana successiva dalla ripresa delle comunicazioni compiva gli anni sua figlia Cinzia e c’erano, contemporaneamente, altri appuntamenti importanti per lei: tutti gli esami e la visita di controllo per il problema oncologico che aveva avuto ormai quasi due anni prima. Tutti i controlli precedenti non avevano evidenziato niente mentre, stavolta: c’era una recidiva loco regionale! Titti avrebbe dovuto sottoporsi al più presto ad un piccolo intervento chirurgico per asportare ed analizzare la neo formazione. Fino a quel momento, a differenza sua che spesso la tirava in ballo, il più delle volte scherzando a volte seriamente, io non avevo mai considerato come “esistente” la sua malattia. Non avevo mai permesso a questo pensiero di albergare in me, una sorta di rimozione attuata forse per difesa, per quello che avevo vissuto con mia madre. Ora la cruda realtà. Recidiva. Cominciai a documentarmi quanto più possibile su questo bastardo animale. Brutta bestia! Certo non era una recidiva che si presentava entro pochi mesi, ne erano ati 24 ed era loco regionale, situazione comunque serissima. Se possibile amai quella donna ancora di più. Non ho mai avuto pietà di lei, da quella notte, quella del suo compleanno, in cui mi ero liberato dalle mie zavorre, l’ho amata sempre .. da morire. Dopo pochi giorni era già ricoverata per l’interventino e fece in maniera tale da avere con se sempre qualche amica. In modo da ridurre la possibilità che il marito si sentisse anche solo in dovere di rimanere con lei. La malattia ci aveva risincronizzato, tutti e due avevamo bisogno di stare insieme. L’interventino ebbe luogo, non fu molto cruento. La stessa sera ai dall’ospedale per rivederla, per rivederci. Non era orario di visita e, ancora indolenzita, si avvicinò lei all’ingresso del reparto.
Una camicia da notte lilla, viso sofferente ma sorridente “Sei sempre bellissimo, il più bello” - mi fece - “Io, non sono sexy?” “Effettivamente” - risposi raggiante - “lo sei veramente, puoi già essere usata?”. Ci abbracciammo. Casa ... di nuovo. Restammo un po’ lì a parlare, eravamo riusciti a cancellare di nuovo l’astio, tutto il male che ci eravamo fatti. Poi, stanca, mi disse che era meglio se rientrava, si stava per avviare quando mi chiese di restare ancora per guardarmi, gli occhi stracolmi d’amore “Ti amo” “Ti amo Titti”.
22:34 18 Dic - Titti: Sei bellissimo ……………. 08:17 19 Dic - Lorenzo: Ho sistemato un po' casa e sto andando in ufficio 09:04 19 Dic - Titti: Beddu, masculo e ca ciolla 09:05 19 Dic - Titti: Faccio pipì in continuazione 09:05 19 Dic - Lorenzo: Amore mio 09:05 19 Dic - Titti: Mio amore 09:05 19 Dic - Lorenzo: Com'è? 09:05 19 Dic - Lorenzo: Esci? 09:05 19 Dic - Titti: Very well 09:06 19 Dic - Titti: Don't know 09:06 19 Dic - Lorenzo: Sei leccabile? 09:06 19 Dic - Titti: Dipende da dove 09:07 19 Dic - Titti: Ssomewhere 09:07 19 Dic - Lorenzo: Tutto quello che si può.. escludiamo solo il tampone 09:07 19 Dic - Lorenzo: Over the rainbow
09:07 19 Dic - Titti: Se lo dici tu.... 09:08 19 Dic - Lorenzo: Vuoi ancora fare da soprammobile 09:09 19 Dic - Lorenzo: Resterai sola o viene qualcuno 09:09 19 Dic - Titti: Io voglio fare la donna oggetto 09:09 19 Dic - Titti: Mantenuta 09:10 19 Dic - Lorenzo: Di culto ed adorazione 09:10 19 Dic - Lorenzo: Che bello baciarti 09:13 19 Dic - Lorenzo: Ieri il discorso in ufficio, quello di Buon Natale l'ho incentrato sulla Determinazione 09:13 19 Dic - Lorenzo: Sono partito dalla relatività della giustizia 09:14 19 Dic - Titti: Io voglio essere la tua bambola 09:14 19 Dic - Titti: Pensante a volte 09:14 19 Dic - Lorenzo: Sono ato dall'accoppiata ragione ed umiltà che permette di mettersi in discussione 09:15 19 Dic - Lorenzo: Per arrivare finally alla determinazione 09:15 19 Dic - Lorenzo: Io ti voglio 09:15 19 Dic - Lorenzo: Anche come bambola sometimes 09:16 19 Dic - Lorenzo: Ma sopratutto come la Donna stupenda meravigliosa che sei 09:16 19 Dic - Titti: Mi puoi mettere dove vuoi: cercherò sempre di farti fare bella figura! 09:17 19 Dic - Lorenzo: Ora sn certo che mi parlerai di scarpe 09:17 19 Dic - Lorenzo: O di castello
09:18 19 Dic - Titti: Stivali e collane 09:18 19 Dic - Titti: Una casa di 160mq mi sta bene 09:19 19 Dic - Titti: Su di un piano, s'intende.... 09:20 19 Dic - Titti: Assecondero' le tue esigenze sessuali e, se ne hai voglia, potremo anche parlare 09:22 19 Dic - Titti: Amore, stima, salute e sicurezza economica...com'è? 09:23 19 Dic - Titti: Già ti ho fatto cambiare idea! 09:24 19 Dic - Titti: IMG-20121219-WA0000.jpg (file allegato) 09:24 19 Dic - Titti: Il mostro ospedaliero 09:25 19 Dic - Titti: Però se mi trucco....mi sistemo i capelli e mi metto un push up, mi sistemo 09:26 19 Dic - Lorenzo: Amore della mia vita 09:26 19 Dic - Lorenzo: Io ti voglio 09:27 19 Dic - Lorenzo: Nn sn e nn ho niente di particolare 09:27 19 Dic - Lorenzo: Ma ti amo da morire 09:27 19 Dic - Lorenzo: Ti rispetto e lo sai 09:27 19 Dic - Lorenzo: La stima è paragonabile all' amore che provo 09:28 19 Dic - Titti: E la casa? 09:28 19 Dic - Titti: 09:28 19 Dic - Lorenzo: Sulla sicurezza economica credo che possiamo lavorarci 09:28 19 Dic - Lorenzo: La casa la porti tu 09:28 19 Dic - Lorenzo: Così si usa
09:29 19 Dic - Titti: Vendiamo 09:29 19 Dic - Lorenzo: La femmina porta la casa 09:29 19 Dic - Lorenzo: Ti posso chiamare un attimo 09:29 19 Dic - Titti: Questa cazzata non l'ho mai saputa! 09:30 19 Dic - Lorenzo: Devo cominciare una riunione 09:30 19 Dic - Titti: Chiama 10:25 19 Dic - Titti: IMG-20121219-WA0001.jpg (file allegato) 10:28 19 Dic - Lorenzo: Bona 10:28 19 Dic - Lorenzo: Always 11:17 19 Dic - Lorenzo: Ti amo 11:22 19 Dic - Titti: Esco 11:25 19 Dic - Lorenzo: Benissimo 11:25 19 Dic - Lorenzo: Ti o a prendere? 11:25 19 Dic - Lorenzo: Ce ne fuiamo 11:26 19 Dic - Lorenzo: Ti amo da morire 11:27 19 Dic - Titti: Amuni' 11:30 19 Dic - Lorenzo: Lo faccio 11:32 19 Dic - Titti: Let's do it! 11:36 19 Dic - Lorenzo: Il tempo della strada e sn da te 11:37 19 Dic - Titti: Sì, e dove mi porti? 11:41 19 Dic - Lorenzo: Posso chiamare
11:42 19 Dic - Titti: Si 12:00 19 Dic - Lorenzo: IMG-20121219-WA0005.jpg (file allegato) 12:00 19 Dic - Lorenzo: Ti amo 12:00 19 Dic - Lorenzo: I need you 12:00 19 Dic - Lorenzo: Tu sei la mia vita 12:01 19 Dic - Lorenzo: la mia vita 12:01 19 Dic - Lorenzo: Ciatu me 12:01 19 Dic - Lorenzo: Ciatu ri lu me cori 12:02 19 Dic - Lorenzo: Senza te nn vivo più 12:02 19 Dic - Lorenzo: Esattamente un anno fa mi hai detto ti amo 12:03 19 Dic - Lorenzo: Non mi ero ancora reso conto 12:03 19 Dic - Lorenzo: Mi hai sconvolto facendomi sentire vivo 12:03 19 Dic - Lorenzo: Uomo 12:04 19 Dic - Lorenzo: Grazie 12:04 19 Dic - Titti: Grazie a te per avermi ripartorito 12:36 19 Dic - Lorenzo: Quando sarai in compagnia? 13:01 19 Dic - Titti: Ancora non so
L’esame istologico confermò che la neoformazione era una recidiva di k ovarico, Titti avrebbe dovuto fare un altro ciclo di chemioterapia da cominciare al più presto. La prima volta era stato usato il cisplatino, stavolta si sarebbe somministrato clorambucile.
La notizia è di quelle che abbattono un toro ma Titti, grazie, a detta sua, al nostro ricongiungimento, era in condizioni psicologiche ottime per lottare. Era veramente felice. La malattia, secondo i ragionamenti che formulava (cinicamente), avrebbe definitivamente messo a tacere tutti quelli che ostacolavano il nostro amore, primi fra tutti i suoi familiari. Io, pur avendo finalmente preso coscienza della gravità della cosa, trovai il modo per essere ottimista. “E’ una piccolissima neoformazione, che si presenta dopo due anni, sempre nello stesso posto,.. è possibile che siano rimaste inestirpate alcune cellule, che si sono riprodotte molto lentamente. Dopo l’interventino chirurgico effettuato ed un altro ciclo di chemio riusciremo a fare piazza pulita!” La prima somministrazione fu programmata per metà gennaio. Il giorno prima ci vedemmo in uno dei nostri soliti posti, salì nella mia auto e facemmo un giro per andarci a fermare davanti una villetta. Ci abbracciammo e cominciammo a baciarci, era un pomeriggio molto nuvoloso e cominciò a piovere copiosamente, i finestrini cominciarono ad appannarsi e ci spostammo sul sedile posteriore. Ci si toccava dolcemente e lei, arrivato ad un certo punto, dopo esserci svestiti, si mise sopra di me. Facemmo l’amore mentre ci baciavamo. Da quel momento non avemmo mai più problemi di natura sessuale, anzi…!!
11:01 22 Gen - Lorenzo: Ci sei? 11:02 22 Gen - Titti: Si 11:02 22 Gen - Lorenzo: Ti amo 11:02 22 Gen - Lorenzo: Sono in aula consiliare, sto cominciando tu? 11:02 22 Gen - Titti: Ho iniziato 11:02 22 Gen - Titti: Love U
11:03 22 Gen - Titti: Tutto ok 11:03 22 Gen - Titti: Mi diverto 11:04 22 Gen - Lorenzo: Titti 11:41 22 Gen - Titti: Amò 11:56 22 Gen - Lorenzo: Ti amo 11:57 22 Gen - Titti: Da morire 12:11 22 Gen - Titti: Alle 13 finirò 12:13 22 Gen - Lorenzo: Vita mia 12:13 22 Gen - Titti: Ieri è stato stupendo 12:14 22 Gen - Titti: Avevo proprio bisogno di te 12:20 22 Gen - Titti: IMG-20130122-WA0002.jpg (file allegato) 12:21 22 Gen - Titti: La location: sala chemio 12:24 22 Gen - Titti: Mi sto divertendo 12:28 22 Gen - Lorenzo: IMG-20130122-WA0005.jpg (file allegato) 12:35 22 Gen - Titti: Interessanre 12:35 22 Gen - Titti: E tu? 12:45 22 Gen - Lorenzo: IMG-20130122-WA0006.jpg (file allegato) 12:45 22 Gen - Titti: Tra dieci minuti vengono a prelevarmi. Sto bene. Ti amo tanto. Mi faccio sentire io amò. 12:47 22 Gen - Titti: Beddu 12:47 22 Gen - Titti: Mio
12:48 22 Gen - Titti: A dopo amore
20 – Verità
Non volevo più far stare male Anna. Non stavo mettendo a repentaglio il matrimonio per qualcosa di superficiale. Non avrei fatto vivere ai miei figli una situazione non ottimale per loro, per niente. Volevo recuperare la stima innanzitutto con me stesso. Basta bugie, basta sensi di colpa. Anna non meritava di vivere così, lei voleva solo stare bene con me, voleva solo avere suo marito accanto, sincero, oppure basta. C’erano state nelle ultime settimane tanti litigi, tanti sospetti. Quella mattina mi alzai dal letto matrimoniale che dividevamo sempre con Mattia e Samuele in mezzo e mi andai a mettere accanto a lei dal suo lato. “Ti devo parlare” “Dimmi” mi disse con aria grave “Io non ce la faccio più a dirti cose non vere, l’ho rivista.” “Lo sapevo, lo sapevo” “Mi sono legato a questa donna e non voglio più nasconderti la cosa” “Ma che vuoi fare, vuoi avere questa storia.. allora te ne devi andare da casa immediatamente, qui non ci puoi più stare, ti prendi le cose e te ne vai.. La pagherai la pagherai cara.. ” “Capisco, ok, prendo le mie cose e vado via. Abbiamo avuto tante cose belle dalla nostra unione …” “Zitto. Devi stare zitto. Non ti voglio sentire!!” Mi alzai mestamente dal letto ed andai a prendere le mie cose. Mentre ero abbassato per posare alcuni vestiti, sentii che veniva verso di me, si avvicinò e.. mi assesto un pugno con tutta la forza che aveva, allo zigomo destro. Fui preso di sorpresa e questo primo colpo lo presi in pieno, cercò di piazzarne altri ma con le mani riuscii a pararmi il viso.. “Mi fai schifo!” disse “Tu e quella troia, lo so chi è, una che rovina famiglie, lo ha già fatto una volta e stavolta lo fa con noi!” “Non pensare che la colpa sia di altri…” provai a replicare “Vaffanculo!”. Questa fu la definitiva mia uscita da quella casa.
Sempre più, Titti ed io ci sentivamo legati, sembravano definitivamente superati i problemi tra noi. Per me la cosa nella sua tragicità era stata più semplice, ero dovuto uscire io dalla casa familiare. Per Titti invece ciò non era possibile. Da quando avevano riprovato a stare insieme, abitavano stabilmente nella casa del lungomare che era di proprietà
della famiglia di Titti, doveva essere in qualche modo lui a decidere di andare di nuovo via.
I miei figli avevano vissuto altre crisi coniugali e non erano, specie i più grandi, particolarmente sorpresi da questa situazione. Sottolineavano la necessità, una volte per tutte, di fare chiarezza perché la situazione rischiava di divenire tragicomica. I suoi piccoli, nella loro tenerezza provavano, invece, ogni volta che era possibile a ricomporre il rapporto tra i genitori, come quando, per San Valentino, provarono ad organizzare una cenetta intima solo per loro. Carmelo aveva anche lui perfettamente chiaro che non c’era più niente da fare ed era restìo a compiere i definitivi solo perché non voleva che si pensasse ad una sua fuga in un momento di grossa difficoltà da parte di Titti. “Non me ne vado perché penso sia utile per te avere uno che ti accompagna e perché i bambini hanno così un genitore che può badare loro.” “Non ho bisogno che mi accompagni e per i bambini mi posso organizzare..”
La chemio poteva essere effettuata ogni 3 settimane, se i globuli bianchi lo permettevano, oppure dopo 4 settimane. Titti ricadde in questa seconda opzione. Il primo giorno della somministrazione le veniva indotta dal farmaco una forte agitazione poi per i primi due giorni niente. Dal terzo giorno, invece, un malessere generalizzato, nausea, astenia, bruciori.. “Sento il veleno nel mio corpo” diceva. Stava male sino al decimo, dodicesimo giorno. Quando andava a fare la terapia, Titti si comportava come una sorta di animatrice, teneva su di morale tutti gli altri pazienti, aveva sempre la battuta pronta. Era diventata conosciuta in tutto il reparto, dottori, infermieri, pazienti, tutti la conoscevano e la accoglievano con grande calore. Il marito la accompagnò solo la prima e la seconda somministrazione, mentre
dalla terza in poi, per tutto quello che avrebbe avuto necessità di fare, le sarei stato accanto io, sempre. Era legatissima a lei, ed indirettamente a me, la psicologa che assisteva i pazienti di quel reparto. Quel modo di reagire così positivo di una paziente, che la Dottoressa ricordava invece molto ansiosa e tendente alla depressione, non si poteva fare altro che spiegare il tutto con l’amore che provavamo. Quando accompagnai Titti per la terza chemio, la psicologa permise, anzi, volle che io entrassi pure, per conoscermi. Mi accolse con un gran sorriso. “E’ veramente una cosa straordinaria l’amore” mi disse “Vorrei riportare questo caso come emblematico. E’ bello vedere come reagisce Titti ed è bello conoscerti. Stai facendo una cosa straordinaria!” “Perché?” chiesi “Io sono innamorato di Titti” “Si ma lei non si trova in condizioni normali e succede spesso che i mariti, i compagni, scappano davanti a queste situazioni. Io ne ho visti tanti… Tu, invece, decidi di legarti a lei proprio in questo momento.. straordinario. Belli. Siete belli!!!” Sì. Che eravamo belli lo sapevamo.
Anche dal punto di vista clinico le cose sembravano andare meglio. Dopo tre somministrazioni, a metà della terapia, fece un esame di controllo: pulita! Pulita! Nessuna cellula rilevata. La chemio faceva effetto.
ò qualche altra settimana e Carmelo, pure escluso dall’assistenza clinica, tirò le somme ed andò via da casa. Non ci furono grandi discorsi. Lo comunicò e l’attuò. L’assenza di clamore ed accuse permise alle bambine di non spaventarsi e di accettare senza traumi immediati la nuova situazione.
Eravamo tutti e due staccati dall’alveo coniugale. ettino dopo ettino, sempre tra mille avversità, stavamo percorrendo la strada che ci poteva portare a stare insieme. Quando Titti stava male e non c’erano le figlie, finito al lavoro, l’andavo a
trovare a casa sua. Stava sul divano, senza la forza di fare nulla, schiacciata da un fortissimo malessere eppure spesso sorridente, miciosa. Cominciai ad incrociare i suoi familiari, tutti i componenti del clan che, come previsto dalla cinica Titti, non opponevano più resistenza alla volontà di quella donna che con tanta forza lottava contro la malattia e, contemporaneamente, per vivere la vita che voleva. Tra i suoi familiari quello che più di tutti faceva il tifo era il compagno della madre di Titti. Anche lui separato con figli e che, quindi, era in grado di cogliere appieno il grande sacrificio da me attuato per realizzare il nostro amore: cercavo di non diminuire la mia presenza ma, certamente, vivevo meno vicino ai miei figli!!
Lei viveva nella casa sul lungomare, a Mondello e il mio risiedere a Sferracavallo non era più affatto comodo. Lasciai quindi la casa da monaco e trovai un bellissimo appartamento in affitto non molto distante da casa di Titti. Malgrado la terapia in corso, quello fu un bel periodo per entrambi. Ci vedevamo sempre più spesso, a parte i periodi in cui lei stava molto male, facevamo sempre l’amore ed, adesso, finalmente, era sempre bellissimo (ovviamente avevamo chiesto ai medici se c’erano controindicazioni e la stessa psicologa ci aveva detto: Vi può fare solo benissimo!!). Io le portavo molto spesso dei fiori o qualche regalino, cercavo sempre un modo nuovo per farla sentire amata. Ed in più avevamo il bel da fare per mettere su una casa. La casa da me presa in affitto aveva pochi mobili in dotazione. Prendemmo due divani, un tavolino, tappeti, quadri, piatti, bicchieri, una tele.. cominciò a prendere forma qualcosa che sentivamo come la prima nostra creazione. Lei ancora non lavorava, nessuna notizia né dal concorso né dalla richiesta di immissione in ruolo. Non aveva la possibilità di seguire come avrebbe voluto le sue figlie, specie quando stava male, e ci si organizzò assumendo una baby sitter. “Ma come faccio con i soldi?” - obiettò lei - “Non ti preoccupare dei soldi,
abbiamo già avuto così tanti problemi che non possiamo crearcene altri. Te li do io!” “E non li vuoi restituiti?” - diceva ridendo lei - “Neanche se ci lasciamo?” “Se mi lasci tu si.. e poi credo che con non più di 4000 euro riuscirai a coprire le tue esigenze fino a quando sarai più autonoma, li possiamo spendere.” “Ok”
Il 25 aprile organizzammo la prima nostra uscita insieme ai bimbi, le sue ed i miei gemellini. Non era una fuga in avanti, avevamo bisogno entrambi che i nostri figlioli potessero cominciare ad avere contatto con chi poteva, restando nell’ombra o nelle fantasie, apparire come un mostro cattivo portatore di distruzione. Io avevo fortissime difficoltà relazionali con i miei figli più grandi, perché vedevano la loro madre soffrire e lanciarmi strali. Io dedicavo loro meno tempo di prima .. la tesi per cui era meglio porre la parola fine ad un rapporto sempre litigioso, era, in quel periodo, scomparsa dalla loro testa. Per loro cominciava a realizzarsi una convinzione: si stava meglio quando si pensava di stare peggio. Quando si intraprendono strade mai percorse non si può del tutto prevedere cosa si prova “vivendo” le situazioni. Quella nuova strada mi aveva separato da mia moglie e in parte anche dai miei figli. Quel palese malessere dei miei figli mi ingenerò una nuova crisi. Le mie speranze in una qualche loro comprensione erano naufragate. Pensavo prima: sono loro padre a prescindere dalla situazione, vorranno stare con me.. sbagliato! Con posizioni diverse, nutrivano astio nei miei confronti o, perlomeno, della mia nuova strada non ne volevano sapere nulla.
Titti è sempre stata molto perspicace, l’ho sempre ritenuta molto più intelligente di me. Avvertendo la mia difficoltà, trovò il modo per evadere due giorni ed una notte insieme. Prima escursione senza dover fingere di essere da un’altra parte. Decidemmo di are il primo maggio assistendo ad uno dei mega concerti tipici di quella data. Trovammo la pubblicità di un evento ad Agrigento.
Saremmo partiti il pomeriggio prima, avremmo pernottato in un buon B&B e l’indomani qualche ora da turisti e poi il concerto. Arrivammo ad Agrigento la sera e, come spesso succede, con tutti e due i cellulari che avrebbero dovuto fungere anche da navigatori, scarichi. Un’ora per trovare il B&B. Il tempo di scaricare i bagagli e andammo a cenare in un vicino locale dove facevano musica dal vivo.. serata salvata. Rientrati in camera, leggermente su di giri, ci spogliammo e la cominciai a fotografare mentre era nuda.. Il feeling sessuale era divenuto straordinario.. E questo, per quanto detto nelle prime 100 pagine di questo libro, era veramente straordinario.. cosa scatta nella mente? L’indomani mattina, appena svegli (abbastanza tardi) ci vestimmo per fare colazione, rientrati ci rendemmo conto che l’ingresso della nostra camera, coperto da alcune tendine bianche, dava verso un cortiletto interno dove c’erano tutti gli altri ospiti che facevano colazione… La situazione, questo stare a pochi i da tanta gente con una sola persiana o tendina in mezzo ci eccitò tantissimo (ogni scusa era buona), invece di rassettare le valigie per andare, ci ritrovammo di nuovo a fare l’amore. Usciti dal B&B, arrivati a Porta di Ponte decidemmo di aggregarci ad un gruppo con pulmino per fare il giro della città e della Valle dei Templi. Titti stette tutto il tempo abbracciata a me, era veramente rilassata. Facemmo delle foto vicino il Tempio di Hera ed andammo a mangiare a San Leone. Ritornati, nel pomeriggio, al punto di partenza, prendemmo finalmente l’auto per dirigerci al tanto agognato concerto. Eccoci, quasi, macchè tutto bloccato… un’ora per parcheggiare a venti minuti a piedi di distanza. Finalmente dentro e… ci trovammo in un concerto multi palco di MUSICA TECHNO!!!!! Tum tum tum.. e tutti ‘sti ragazzini con le dita alzate, tum tum tum tum, tutti impazziti. Facemmo un selfie con noi due con le facce inebetite e dietro di noi una moltitudine di ragazzi estasiati dal tum tum tum. Restammo lì un’oretta.. al diavolo il concerto, com’è che si dice: è il viaggio che conta non la meta.
Malgrado la giornata bellissima ero ancora molto giù per la situazione con i miei figli, questo stato mandò in crisi pure Titti.
00:04 5 Mag - Titti: Io ci sono. Ti amo. Non ti voglio caricare di nessuna responsabilità. Ti amo tanto. Veramente tanto. 00:06 5 Mag - Titti: Fili 00:07 5 Mag - Titti: Amore mio 00:07 5 Mag - Titti: Fili 00:08 5 Mag - Titti: Mi chiami 10:40 5 Mag - Titti: Io vorrei avere solo la possibilità di amarti 10:53 5 Mag - Lorenzo: Lo so Titti. . Lo so 10:58 5 Mag - Titti: Senza case, convivenze, figli, ex 10:58 5 Mag - Titti: Noi che nel bene e nel male ci siamo sempre cercati, voluti e amati 10:58 5 Mag - Titti: E che abbiamo sempre sofferto nella lontananza 10:58 5 Mag - Titti: Noi che ,quando ognuno dei nostri figli seguira' la propria strada ,ci titroveremo a seguire la nostra 10:58 5 Mag - Titti: Noi che siamo capaci di cose magnifiche 10:58 5 Mag - Titti: Che abbiamo tanto lottato per difendere il nostro amore 10:58 5 Mag - Titti: Contro tutti 10:58 5 Mag - Titti: Il nostro difetto comune è quello di correre troppo e di proiettarci in situazioni che quando si presenteranno saranno sicuramente diverse da come le abbiamo immaginate. 10:58 5 Mag - Titti: La vita è così breve ed io ti amo così tanto 10:58 5 Mag - Titti: Perché vai a casa
11:03 5 Mag - Titti: Che fai a casa? 11:05 5 Mag - Titti: Avevo capito male 11:06 5 Mag - Lorenzo: ??? 11:06 5 Mag - Lorenzo: Chiamo 11:06 5 Mag - Titti: Avevo letto un sms precedente 11:06 5 Mag - Titti: Ok 11:41 5 Mag - Titti: Guarda "Garbage - Cup of Coffee" su YouTube - Garbage Cup of Coffee: http://youtu.be/4A2JZFXhPdY 12:21 5 Mag - Titti: Mi accompagni alla visita? 12:25 5 Mag - Lorenzo: Si 12:25 5 Mag - Lorenzo: A che ora? 12:26 5 Mag - Titti: La visita è alle 15 ma bisogna andare prima 12:26 5 Mag - Titti: Magari essere li alle 14.45 max 12:26 5 Mag - Lorenzo: o a prenderti io? 12:26 5 Mag - Titti: Si 12:27 5 Mag - Lorenzo: Alle 14 e 30? 12:27 5 Mag - Titti: Va bene 12:27 5 Mag - Titti: Grazie 12:27 5 Mag - Lorenzo: Ok 12:28 5 Mag - Titti: A dopo 18:52 5 Mag - Lorenzo: Ci sei?
18:52 5 Mag - Titti: Si. Bell'uomo 18:53 5 Mag - Titti: Sei molto bello 18:53 5 Mag - Lorenzo: Buon uomo prego 18:53 5 Mag - Titti: Bellissimo 18:54 5 Mag - Lorenzo: Come va? Sei a casa.. tu sei molto bella 18:54 5 Mag - Titti: Si 18:54 5 Mag - Titti: Sono a casa 18:54 5 Mag - Titti: Bene 18:54 5 Mag - Titti: Tu sei bellissimo 18:55 5 Mag - Titti: Mai avevo visto una tale bellezza 19:12 5 Mag - Lorenzo: Titti per caso hai il mio portafoglio 19:12 5 Mag - Lorenzo: ? 19:12 5 Mag - Lorenzo: Credo proprio di si 19:12 5 Mag - Lorenzo: È in ostaggio? 19:45 5 Mag - Lorenzo: Vedo cosa posso mangiare con 5 euro e vado a casa 19:45 5 Mag - Titti: Monello! 19:45 5 Mag - Lorenzo: A dormire per 14 ore 19:45 5 Mag - Titti: Povero te 19:46 5 Mag - Lorenzo: Il portafoglio poi me lo dai 19:46 5 Mag - Titti: Non credo 19:46 5 Mag - Lorenzo: Il derrière?
19:46 5 Mag - Titti: Si, certo! 19:46 5 Mag - Lorenzo: Ok 19:47 5 Mag - Titti: E tu che mi dai? 19:48 5 Mag - Titti: Ti do tutto quello che vuoi (derrière included). 19:49 5 Mag - Titti: Ask, just ask! 19:50 5 Mag - Lorenzo: Tu che vuoi? 19:50 5 Mag - Lorenzo: Da me 19:50 5 Mag - Titti: Mi accontento di tutto 19:50 5 Mag - Lorenzo: 19:50 5 Mag - Lorenzo: Ce l'hai 19:51 5 Mag - Titti: Mi emozioni. ...... 20:06 5 Mag - Lorenzo: Ho mangiato un pezzo di pizza .. vado a casa 20:08 5 Mag - Titti: Ok 20:08 5 Mag - Lorenzo: Tu stai cenando? 20:13 5 Mag - Titti: No 20:13 5 Mag - Titti: Docce in corso 20:48 5 Mag - Titti: Sei già a letto! 20:53 5 Mag - Lorenzo: Mi ci sto infilando in questo momento 20:54 5 Mag - Titti: Beato te 20:54 5 Mag - Titti: Qua ancora siamo all"alba 20:55 5 Mag - Lorenzo: Beato me?
20:55 5 Mag - Lorenzo: Sn stanchissimo 20:55 5 Mag - Titti: Ho scoperto che non è stata pagata neanche una rata del telelefono 20:55 5 Mag - Titti: Si 20:55 5 Mag - Titti: Sei stanco 20:56 5 Mag - Titti: Ma ti sei coricato 20:56 5 Mag - Titti: Qua non so che ora facciamo 20:56 5 Mag - Lorenzo: Come mai? 20:56 5 Mag - Titti: Non si capisce 20:56 5 Mag - Lorenzo: Risolto? 20:56 5 Mag - Titti: No 20:57 5 Mag - Titti: Domani gli do il contratto 20:57 5 Mag - Lorenzo: Capito 20:57 5 Mag - Lorenzo: Io provo a leggere un po 20:57 5 Mag - Titti: Ok 20:58 5 Mag - Lorenzo: Prima di crollare vuoi che chiamo? 21:16 5 Mag - Titti: IMG-20130505-WA0013.jpg (file allegato)
07:14 6 Mag - Titti: Finalmente la giornata di ieri è ata! Decisamente non mi sono piaciuta. Ce lo siamo anche detto, se una cosa deve finire finisce. Sono proprio arrabbiata con me stessa per aver reagito cosi'. Non succedera' mai più. Ho affrontato di tutto nella vita cercando di trovare soluzioni e camminando sempre a testa alta. Non voglio cambiare.
07:42 6 Mag - Lorenzo: ???? Buongiorno Titti 07:50 6 Mag - Titti: Morning honey 07:50 6 Mag - Titti: Non ho sentito la chiamata 07:50 6 Mag - Lorenzo: Ok 07:50 6 Mag - Lorenzo: L'appuntamento è confermato? 07:51 6 Mag - Titti: Certo 07:51 6 Mag - Lorenzo: Va bene 07:51 6 Mag - Lorenzo: Ci vediamo alle 9 e 30 di fronte da thun 07:52 6 Mag - Titti: Ok 07:57 6 Mag - Titti: Chiami ? 08:40 6 Mag - Lorenzo: Dimmi 08:56 6 Mag - Titti: o io 08:56 6 Mag - Titti: 9.30 sotto casa tua 09:04 6 Mag - Lorenzo: Ok 09:06 6 Mag - Titti: Posso venire adesso? 09:06 6 Mag - Titti: E salgo un attimo? 09:06 6 Mag - Lorenzo: Ok 09:06 6 Mag - Tiziana: Arrivo
Non riuscì ad accettare la mia crisi. Forse non poteva. Litigammo. Si arrabbio. Mi arrabbiai. Se ne andò. Non la fermai.
Non ci siamo mai potuti permettere una discussione, un attimo di crisi. Incredibilmente, dopo tutto quello che avevamo fatto e stavamo facendo, bastava un alterco per mettere in discussione tutto. Facevamo un tiro alla fune da soli contro tutto l’universo, nessuno di noi poteva mollare un attimo… se ciò accadeva, tutte le forze antagoniste riuscivano a mandarci a gambe all’aria. Ritornata a casa distrusse, si, esattamente, distrusse e buttò tutto ciò che aveva a che fare con me, regali, foto.. un’opera sistematica di distruzione. Cercò di resistere ma poi non riuscì a trattenere le lacrime davanti a sua figlia Mirella che, vedendo la disperazione della madre per un litigio con me, chiamò il padre .. e venne il bastone che picchiò il cane che morse il gatto che si mangiò il topo… Tutto terribilmente sempre in bilico. Due pazzi, siamo sempre stati due pazzi!! arono solo due giorni da quella lite ed il caso volle ci incrociassimo vicino allo stabilimento, ad un tabacchi. Entrai e la vidi. Faceva l’offesa, mi avvicinai e le dissi che era “una stronza.” Mi guardò e disse “Io?? Tu sei pazzo.” “ E tu peggio di me.”
Tranquillo caro lettore fu l’ultima crisi di quell’anno. Sul campo erano rimasti uccisi una ventina di regali, una scena da dimenticare davanti al suo ex, una bambina, la sua, molto scossa.
21 – Convivenza spensierata
La mia crisi, il mio dolore per il distacco dai miei figli, furono, dovettero essere fugati. Avrei dovuto avere molta pazienza e coerenza con loro, piano, piano, pur se non fisicamente presente come prima in quantità di tempo, avrei dovuto cercare di guadagnare in qualità. Senza mai forzarli!! Equilibrio, equilibrio a costo di sacrificarmi, a costo di acquisire una specie di dono dell’ubiquità, avrei cercato di dare tutto l’amore che posso, necessario, sia come genitore che come amante. Quella crisi determinò il superamento di un’altra soglia. Terminò, con essa, il periodo in cui eravamo logisticamente, filosoficamente, due entità separate e cominciò la nostra convivenza.
Finirono finalmente i cicli di chemio. Fece i controlli: tutto ok!!! Era ata (per ora). Sembravano confermati tutti i nostri migliori auspici: dovevano essere rimaste poche cellule che indisturbate erano cresciute ma che appena attaccate, venivano estirpate. Ci eravamo di nuovo calmati. Eravamo consapevoli di dovere agire con molta cautela con i nostri figli. Con i nostri ex eravamo stati chiari. La nostra follia di amore era sempre fortissima.. Poteva cominciare una Nuova estate
La mia nuova (nostra) casa era una specie di paese per balocchi per grandi e piccini. Cominciammo ad invitare coppie di amici suoi, le sue amiche più vicine, quelle che avevano sempre saputo tutto di noi, insieme ai rispettivi mariti e figli. Si costituivano due tavolate, quella dei bimbi e quella degli adulti.. tanto tanto casino, tanto tanto divertimento. Cene, giocate a ping pong, qualche film e tante cantate. Ci eravamo organizzati con un karaoke da dilettanti però molto efficace. La star era lei ma scopriva, sia
lei che i suoi amici che anche io me la cavavo bene a cantare. Tante volte gruppetti di bambini rimasero a dormire da me, da noi. Quella era casa nostra. I bimbi tutti in un lettone enorme improvvisato a terra nel salone e noi due beati in camera da letto. Tutte le volte che era possibile, c’erano con me i miei piccoli, dolcissimi Mattia e Samuele. Per i miei grandi sapevo che era più complicato. D’altronde, a prescindere dalla situazione familiare che si era creata, quanti figli in fase adolescenziale (o più) come i miei, vogliono stare con i genitori? Quando con me c’erano i gemelli, in quelle giornate così spensierate, ero veramente felice, proprio come avevo sempre sognato di essere. Anna continuava a confermarsi quella gran persona che è, ato il primo momento di dolore infinito e di astio non mi fece mai mancare la possibilità di stare con i nostri piccoli. Con Titti andava benissimo, sembrava avessimo finalmente smesso di farci del mare. Quell’estate facemmo l’amore sempre, la sera, la mattina… c’era dell’arretrato da riscuotere.. bbellissimo. Gli unici motivi di discussione erano, da parte mia, l’insofferenza verso il suo ex marito che continuava ad essere, malgrado fosse ormai pubblica la mia presenza, molto invadente. Io capivo perfettamente, essendo io stesso padre, che questa persona avrebbe sempre interferito con la nostra vita per via delle figlie ancora piccole ma, per quello che Titti mi confermava essere una sua indole, non permetteva alcuna pianificazione. Pensava di potersi presentare tutte le volte che gli ava per la testa e senza preavviso. Chiesi a Titti di concordare una ordinata distribuzione dei tempi in cui ognuno di loro si sarebbe dedicato, a turno, delle figlie. Ovviamente il mio fastidio era pure di gelosia e derivante da ferite che pur se, forse, rimarginate, mi avevano lasciato scosso: Ogni volta che avevamo avuto (Titti ed io) qualche problema “questo” come lo chiamavo io sembrava sempre pronto a fungere da riserva. Era motivo di analisi nostra questo comportamento di Carmelo. Io pensavo che, effettivamente, si poteva trattare di quell’amore incondizionato citato da Titti in
quel suo preistorico messaggio. “Io non sarei e non sarò mai in grado di provare amore incondizionato” - le dicevo – “Ti amo e ti amerò infinitamente fino a quando mi amerai e mi farai sentire a mia volta amato.” “No” - mi ribatteva lei – “quello suo non è amore. Il suo dna è pervaso dallo spirito di competizione. Tutto questo rappresenta per lui una sconfitta. La più bruciante delle sconfitte. Potrebbe pure ammettere che io possa stare con un altro, tutti … non tu.” E poi mi parlò delle conferme che aveva avuto che il suo ex ai tempi della prima comparsa della sua malattia, per consolarsi, si era rifugiato tra le gambe di una sua conoscente. La presenza di questa figura era la mia preoccupazione (oltre ovviamente a quella già più volte espressa e ben più importante, di relazione con i miei figli) e motivo di mie recriminazioni. Le preoccupazioni maggiori di Titti erano invece rappresentate dalla figlia maggiore. Per sollecitazioni non corrette che riceveva, soprattutto dai parents paterni, e per un suo naturale processo di crescita della personalità, cominciò un conflitto madre/figlia. La madre era colpevole di avere distrutto il povero padre e, in più, se la sava facendo la fidanzata. Gli incubi di Titti si stavano materializzando: sua figlia aveva gli stessi pensieri che aveva lei da bambina. Nei miei confronti questa bambina aveva sentimenti dicotomici. Si rendeva conto che ero una bella persona (eroica addirittura per quella volta che erano rimasti fuori dalla porta con le chiavi dentro e, con sprezzante coraggio, mi lanciai dal balcone per entrare in casa), facevo stare bene sua madre, ma, contemporaneamente, ero la causa di tutto. Titti divenne, per la cura di ogni questione che aveva a che fare con la figlia, paranoica.
Avevamo concordato un piano di ferie con i nostri ex, io e Titti prenotammo due vacanze: una di tre giorni a Taormina, in coincidenza con un concerto dei Negramaro, ed una di una settimana nel mio vecchio governatorato, le Eolie.
I tre giorni di Taormina furono e sono rimasti i più bei giorni trascorsi insieme. Assieme a quelli della nascita dei miei figli, i più belli della mia vita. Il nostro amore aveva superato tantissime sfide ed era divenuto maturo ed accesissimo. La location era bellissima, lo stesso B&B che Titti aveva, come sempre oculatamente, scelto, era meraviglioso. C’era una terrazza che dominava tutto il panorama e dove facemmo una delle nostre foto più belle (“Il più grande spettacolo…”). Andammo al mare, molto bello di Isola Bella. Mangiammo sempre benissimo. Assistemmo ad un concerto straordinario. eggiammo per quelle vie sempre fonte di sorpresa. ammo una serata in un pub dove si esibì un gruppo ed una cantante jazz bravissimi, mentre su un divano sorseggiavamo il nostro sempre ottimo vino.. “Chi cinn?è na sta vita!” Avemmo momenti di relax e facemmo tantissime volte l’amore sempre con grandissimo appetito e grandissima soddisfazione per entrambi. Il terzo giorno lei sorridendo mi disse: “Non credo sia fisicamente possibile continuare..” “E lo dici tu?” - ribattei io - “Ma che ti sei messa in testa? Io sono anzianotto, non mi puoi usare così...” Scherzavamo ma eravamo veramente stremati. Proprio dopo aver detto così mi avvicinai a lei e mi coricai appoggiando la mia testa sul suo pube. Avevo, mi disse, un’espressione paradisiaca, angelica e mi scattò una serie di foto. In una di queste foto tempo dopo avrei scritto: “Ci possono essere, se si è fortunati, solo pochi momenti nella vita in cui ci si sente in pace con il mondo.. sereni… felici come non mai, in cui non vorresti essere altrove, anzi, ti sembra di essere nato solo per essere lì.” I tre giorni di paradiso finirono.
Dopo il ritorno, pure perché c’erano state affermazioni accusatorie ed offensive da parte dell’ex verso Titti, l’atteggiamento di Mirella divenne sempre più preoccupante. Vennero alcune settimane di nervosismo accentuato ed arrivati alla vigilia dell’altra partenza che avevamo programmato, mi resi conto che ulteriore motivo di nervosismo era per lei quel nuovo distacco programmato. Le chiesi se voleva rinunciare alla vacanza e lei mi ribatté “Ma come facciamo? Ormai non c’è più possibilità di annullare e perdi tutti i soldi!” - Ovviamente la abbracciai e le dissi “Se tu starai meglio se non andiamo, non andremo”. E così fu.
22 – Di ruolo
Titti non aveva mai smesso di provare con i ragazzi del gruppo e questo loro impegno fu premiato, in agosto riuscirono ad avere alcune serate in diversi locali a Bagheria, Misilmeri, ecc. Quello di Bagheria fu il primo concerto in assoluto alla quale assistetti. Andammo lì con tutti i figli piccoli (le sue ed i miei gemelli). Fu una serata molto bella, mi sentivo emozionato, quanti i avanti.. Nel corso della serata, Titti mi chiamò sul palco e mi chiese di cantare una canzone del loro repertorio che io (lei lo sapeva benissimo) conoscevo e canto bene: Wish you were here. Andò molto bene. Nel proseguo del concerto, verso la fine, si creo la bellissima scena di avere tutti e quattro i bambini che si erano addormentati appoggiati a me, sosissima.. Al ritorno dal concerto eravamo tutti e due molto contenti, molto affiatati. Anche gli altri concerti andarono bene.
Agosto stava per finire ed eravamo rimasti in debito con noi stessi di un’altra vacanza. Grazie all’invito che ci venne da una mia amica, che ci avrebbe messo a disposizione casa sua, organizzammo una breve escursione romana di 4 giorni proprio a cavallo tra agosto e settembre. La mia amica ci accolse nella sua fantastica casa, ci lasciò le chiavi e andò via per una sua escursione altrove. La casa era letteralmente stracolma di piante, papere di plastica, oggetti appesi al tetto, barattoli, sculture, dipinti e tanto altro, una ridda di colori e di forme. In una stanza c’erano pure dei grilli vivi tenuti in una specie di scatola, servivano da pranzo per un rettile presente in una teca vicino (!!). L’indomani mattina portai Titti a Villa Borghese sia per visitarla sia per presentarle mia sorella che lavorava lì.
Proprio mentre eravamo in giro estasiati dalle opere del Bernini ci giunse una telefonata da parte di un suo amico: Titti era stata selezionata per l’immissione in ruolo! Immissione in ruolo a Milano. Dovevamo recarci lì immediatamente, entro il giorno dopo, per la firma del contratto! Pronti, via! Titti era tra l’euforico e l’incredulo. “Può essere che ha capito male? E’ da 16 anni che aspetto questo momento!! Tutto va bene, ti amooo!” Di pomeriggio, dopo avere fatto tutto di corsa, eravamo già sul treno per Milano e con un albergo prenotato. Il nostro amico non si era sbagliato. Immortalata da me, che feci un book fotografico per l’evento, Titti il giorno dopo firmò il contratto a tempo indeterminato: era una Prof di se in una scuola di Como. Restammo un giorno in più, per permetterle di svolgere alcuni adempimenti obbligatori nella scuola di assegnazione e ritornammo in Sicilia con un altro grosso peso tolto.
Con i miei figli, ognuno con i suoi tempi, ettino dopo ettino il rapporto migliorava. Mi mancavano sempre tantissimo e provavo sempre a creare situazioni che in qualche modo avrebbero potuto farmi stare con loro, non sempre con esito positivo. Anche i “disturbi” di Carmelo divennero (per me) un po’ meno pesanti, più rari ed a fine ottobre, lui e Titti (indipendenti economicamente ormai entrambi) si separarono giuridicamente con una “consensuale”. Per me invece i tempi di separazione non sarebbero stati brevi, io ero l’unica fonte di reddito e le cose erano più complicate.
Al lavoro il cantiere per la realizzazione delle modifiche dell’impianto volgeva ormai al termine, anche lì si erano dovute affrontare mille difficoltà e la mia opera era stata: di cerniera tra le varie funzioni; di pompiere per spegnere liti fra
le parti; di problem solver. Il team di costruzione era formato da persone molto preparate, ma a volte ciò può non bastare, bisognava individuare e risolvere tutte quelle questioni che in qualche modo potevano essere di ostacolo per il raggiungimento dell’obiettivo. I colleghi dimostrarono di non essere solo preparati ma di essere in grado di fare lavoro di squadra e l’obiettivo, inizialmente quasi insperato, si stava avvicinando sempre più.
PARTE V
23 – Incubo
A metà ottobre cominciò l’incubo che ci avrebbe portato inesorabilmente, dopo mesi, alla nostra disintegrazione. Nel primo esame periodico di controllo dopo la chemio terminata solo tre mesi prima, a Titti diagnosticarono una nuova formazione, più grossa rispetto a quella ultima rilevata, sempre nella stessa posizione. Ci crollò il mondo addosso. C’era bisogno di verifiche incrociate ed effettuammo un altro tipo di esame. Anche questo, tragicamente, ci confermò la cosa. Involuzione. Malattia bastarda. Lei era accanto a me, così bella così solare, com’era possibile? La sua reazione fu apparentemente meno sorpresa. “Che facciamo?” che facciamo??.. Sentimmo la dottoressa che l’aveva operata il dicembre prima e ci prospettò un intervento molto più demolitivo rispetto ai precedenti. Demolitivo, ci pensate che aggettivi che si usano? Demolitivo. No, demolitivo no. Ci deve essere un’alternativa … Non potevamo più affrontare la cosa senza ricorrere a chi con queste cose ci lavora in modo dedicato. Dovevamo e volevamo sentire qualcun altro. Richiamammo la stessa dottoressa per avere proprio da lei un suggerimento. Una sua collega amica lavorava allo INT, a Milano, il centro di eccellenza, poteva verificare se e come avere un appuntamento con lei. Dopo avere avuto riscontro, ci organizzammo e per la seconda volta nel giro di due mesi fummo di nuovo a Milano, stavolta con animo e con impegni di tutt’altra natura.
La Dott.ssa Piacenza ci accolse, la visitò e, tra le prime cose, ci escluse la possibilità di dover procedere ad interventi demolitivi. Addirittura, in un eccesso di ottimismo ci disse che forse si poteva prendere in considerazione anche solo una radioterapia. La decisione sarebbe stata presa, come loro modus operandi, in equipe dopo avere analizzato tutte le relazioni delle analisi che le avevamo portato. Usciti da lì, io fui di nuovo pervaso da ottimismo “Siamo nel posto giusto. Hai visto che abbiamo scongiurato questo cazzo di demolitivo!!” Titti rimase molto più pacata “Sì, probabilmente siamo nel posto giusto ma che questa cosa si risolve solo con la radio non ci credo!” Aveva, come quasi sempre, ragione. Arrivò la comunicazione: si doveva effettuare un intervento chirurgico perché i medici volevano “vedere” la situazione. Saremmo dovuti ritornare a Milano per il prericovero e poi per l’intervento vero e proprio.
Come se questa rivoluzione da sola non bastasse, anche dal lato mio vennero novità, che in un altro momento della vita, mi avrebbero reso enormemente felice ed orgoglioso di me stesso ma, in quel momento, aumentarono la confusione. Ero stato promosso ad un incarico di maggiore responsabilità e prestigio. Gli ottimi risultati ottenuti, la riorganizzazione profonda dell’azienda per cui lavoravo, il minore peso che avrebbe avuto il ruolo fin lì da me ricoperto a fine cantiere, furono i fattori che determinarono quel risultato. Il problema era che le mie nuove sedi di lavoro si trovavano in Puglia e in Calabria.
Come fare? A Milano ci avevano ridato ottimismo. Sia Titti che io guardammo la cosa in termini positivi, avremmo trovato una soluzione! Una cosa alla volta. 1V.
In ogni caso, qualunque fosse stato l’esito dell’intervento, era sicuro un altro ciclo di chemio. I mesi successivi si prospettavano quindi pesantissimi per Titti. Pensai allora di organizzare una festa a sorpresa per lei, con tutti i suoi parenti ed amici più cari. Li contattai uno per uno, chiedendo loro sia la disponibilità che la discrezione. A lei piaceva la “confusione”. Volevo che l’amore mio ricevesse questo grandissimo abbraccio. La sera dell’”agguato” eravamo sempre con le sue bimbe, Samuele e Mattia, la convinsi ad andare a cena fuori. Arrivati al ristorante… che faccia che fece!! Che sorpresa, che sorriso!! Eravamo tutti stretti a lei per manifestare amore ed affetto. Avevo invitato anche i ragazzi del gruppo musicale. Vennero con le chitarre, ammo la serata a cantare ed a ballare. La sera mi abbracciò forte “Grazie amore mio. Come farei senza di te?” “Non ci stare..” – risposi - “.. senza di me… Ti amo”
24 – Ricovero
Arrivò il momento dell’intervento, erano i primi di dicembre. Partimmo con il dubbio che io potessi, a seconda della durata, essere presente per tutta la degenza, per via del fatto che nelle stesse giornate (con data ancora non certa) era prevista la mia convocazione a Roma per la nomina ufficiale al nuovo incarico. Tutto contemporaneamente, tutto, sempre, maledettamente complicato, senza mezze misure.
Titti restò abbastanza tranquilla sino al momento della sua chiamata in sala operatoria, dopo di che, giustamente, ebbe una crisi. Davanti all’anestesista che doveva farle l’epidurale. Si mise a piangere ed a tremare, per calmarsi solo dopo avere assunto un ansiolitico. Io rimasi fuori ad aspettarla, anche io ansioso, con mille pensieri che mi avano per la testa e con il telefono, che mi avevano fornito per essere contattato dal medico per ricevere notizie, stretto forte forte tra le mani. eggiavo e eggiavo e eggiavo nervosamente in quella corsia di ospedale .. what the hell are we doing here… cazzo! Dopo quasi 3 ore, un tempo che mi parve secolare, quel caspita di telefono mi fece saltare in aria, il medico mi aggiornò sulla situazione. L’intervento era terminato, avevano asportato sia la formazione già individuata che altre più piccole sparse nel peritoneo. Per il momento e fino a quando non sarebbe stata pronta la relazione non avremmo saputo altro. Titti uscì dopo quasi 4 ore, ancora semicosciente. Vegliai il suo sonno ed i suoi momentanei risvegli. Non si lamentava, non era sofferente, pure perché, come mi resi poi conto, le veniva continuamente somministrata un po’ di morfina. Fino alla sera tardi, cioè fino a quando mi permettevano di stare, stavo accanto a lei. Il primo giorno dopo l’intervento (morfina ancora on) sembrò stare
benissimo, anche se un nuovo ricamo le attraversava in verticale quella pancia che tante volte avevo accarezzato e baciato. Il secondo giorno after (morfina off) invece fu il giorno in cui stette peggio, sia fisicamente che psicologicamente. Si fissò con l’odore della mia maglietta, lo avvertiva nauseante… dovetti ritornare in albergo per cambiarla con una che mi sembrò inodore. Si lamentò tutto il giorno poi, dal giorno successivo un costante progressivo miglioramento.
Il mio insediamento fu programmato il giorno dopo delle dimissioni di Titti. Ebbi quindi il tempo di accompagnarla a casa, lasciarla dai suoi, are dai miei figli per un abbraccio e ripartii subito per l’impegno di lavoro. Era cominciato per me il periodo delle valigie.
Titti dopo qualche settimana dall’intervento, in netta ripresa, fu risoluta “Tu vai al lavoro in Puglia ed io ti seguo, mi trasferisco pure io con le mie figlie. Faremo in maniera tale da rientrare spesso. Tu per stare con i tuoi figli, noi per fare stare le bambine col padre”. Io non avevo niente in contrario, anzi. Ero solo molto scettico sull’accettazione della cosa da parte dell’ex.
Accettazione che ovviamente non ci fu. Fu scatenata da lui una guerra su tutti i fronti. Cominciò un periodo di istigazione alla disobbedienza della figlia maggiore, diffide preventive, non collaborazione.
Ci fu ancora tempo prima della fine del 2013 per un altro evento. Mentre per la prima volta mi recavo in macchina in uno dei nuovi impianti di mia competenza, sotto Natale, appena uscito dall’autostrada dopo 6 ore di viaggio, quasi arrivato a destinazione, la mia auto venne centrata in pieno da una vettura proveniente in senso opposto che per la forte velocità aveva perso il controllo. La mia auto venne distrutta ed io restai miracolosamente illeso, tanto che, dopo solo un’ora da quel bruttissimo incidente, tenni un discorso in aula conferenza davanti a tutti i nuovi collaboratori.
25 – Chemio e valigie
Vennero le festività e portarono la positiva chiusura del cantiere di rinnovamento del sito di cui ero stato responsabile sino a poche settimane prima. Un successo straordinario.
Erano le prime feste che avamo nella nuova situazione delle due famiglie. Troppo tristi le festività siffatte, non vedevamo l’ora che finissero!! Al mio rientro al lavoro, dopo il capodanno, Titti, che già si era praticamente del tutto ripresa a meno dell’astenia che non la lasciò mai più, venne con me a Bari con le sue figlie. Per visitare la città e per visionare qualcuna delle case arredate in affitto che avevamo individuato su internet come papabili. La città piacque molto. Molto pulita per essere una città del sud e con una buona viabilità. Anche le scuole sembravano ben attrezzate ed una delle case che visitammo risultò essere molto bella. In linea di massima, a meno di un approfondimento sulle modalità di spostamento da e per la Sicilia, l’idea di Titti sembrava percorribile. In albergo a Bari, dopo un mese di astinenza, sentendosi lei nella condizione di farlo, con grande desiderio di entrambi e tanta tanta cautela, facemmo di nuovo l’amore. Solo dopo qualche giorno chiedemmo alla ginecologa se era possibile farlo e ci confermò l’ok. E se avesse detto no? Titti ritornò in Sicilia con le figlie, io iniziai il tour de force. La mia settimana tipo divenne: Lunedì: Catania - Bari Martedì Bari – Catanzaro Mercoledì Catanzaro - Lauria
Giovedì Lauria – Bari Venerdì Bari Palermo Sabato Palermo Domenica Catania. E così via. A volte si inserivano altre destinazioni come Potenza, Napoli oltre che la solita Roma. Fatto sta che ogni mattina preparavo valigie. Ogni giorno viaggi, tante ore di volo, migliaia di km in auto. Titti, scesa giù, si ritrovò ancora di più in conflitto. Il viaggio fatto aveva reso agli occhi di tutti la sua volontà di trasferirsi ancora più realistica. Dopo una decina di giorni dal rientro risultò chiaro che il rapporto con Mirella si stava guastando irreparabilmente. Non voleva trasferirsi e, ata dal padre, si allontanava sempre più da lei. Il tutto mentre stava per iniziare il nuovo ciclo di chemio. Situazione impossibile da reggere!!! Eravamo insieme quando le dissi “Lascia stare, rinunciamo all’idea, non parlare più di trasferirti, viaggerò io, poi si vedrà” Non potevamo fare altrimenti, lei è sempre stata una che ha sempre voluto tutto e subito, questa volta si dovette arrendere. Chiamò subito sua figlia per dirle, davanti a me, che avevamo parlato ed avevamo deciso che loro non si sarebbero più spostate. Tripudio ed abbracci. La mina, quella mina era stata disinnescata.
Cominciò la nuova sequenza di chemio. Altro farmaco a cui affidare le nostre speranza. Dal punto di vista della somministrazione aveva una cadenza quasi settimanale. Faceva sentire i suoi effetti lo stesso giorno dell’assunzione anche se in modo più blando rispetto agli altri farmaci. Niente perdita di capelli o dolori, solo una costante astenia.
Io mi trasferii a casa sua. Prima delle festività, saputo del cambio di sede di lavoro, avevo lasciato casa mia (nostra). Non aveva più senso tenere una casa per un giorno alla settimana, quando ero a Palermo abitavo da lei a Mondello. Quella casa, a cui rinunciavamo con malinconia, era stato il luogo di tante gioie, la vera ed unica nostra casa, quella che aveva visto risplendere nel suo massimo fulgore il nostro amore, il nostro ottimismo, i nostri sogni.
Per il suo compleanno organizzammo un’altra festa, stavolta con il suo consenso, a casa sua. Io, di ritorno dal solito giro sarei arrivato solo in serata. Mi presentai con la macchina piena di regali: un mazzo di bellissime rose scarlatte, un bellissimo baule vintage, libri di musicisti, occhiale da sole, un bracciale ed un gufetto. Volevo farla felice. Non ci devo essere riuscito. Economicamente io cominciavo ad arrancare, il mantenimento in pratica di due case e due famiglie per quasi tutto l‘anno prima, i viaggi più o meno previsti, .. avevano inciso pesantemente sulle mie riserve. Per non creare altre preoccupazioni non ne feci mai menzione. Continuai a fare la mia vita da pazzi, e, malgrado ciò, feci sempre in modo di essere sempre con lei ogni volta che ne aveva bisogno. Conciliai sempre i miei impegni di lavoro con quello di accompagnarla in ospedale. A metà febbraio arrivò la relazione definitiva sull’intervento subito da Titti. Quasi tutte le altre formazioni più piccole, asportate da varie parti dell’addome, erano di natura maligna. Il quadro era ancora più grave di quello che si poteva pensare. Diventò molto probabile, quasi certo, che la situazione si stava cronicizzando.
Credo che proprio in quel momento, dopo tutti i colpi che il suo sistema nervoso aveva e stava subendo, tra malattia, separazione, difficoltà economiche, conflitto
con la figlia e chi più ne ha più ne metta, ci deve essere stata una rottura interna. Titti fino al viaggio a Bari era stata molto amorevole nei miei confronti, molto presa. Da quel momento cominciò a distaccarsi.
Dopo aver avuto il quadro clinico chiaro, mentre una notte mi trovavo a Napoli, maturai una decisione che per me fu dirompente. Ho sempre dato tantissimo per il mio lavoro, per la mia azienda. Il mio impegno è qualcosa che, mi piace pensare, va oltre l’ambizione. Io sono bravo, molto e lo so. Più che ruoli, ho sempre accettato sfide. Non mi ero mai accontentato di svolgere “un lavoro”, non ho svolto un compitino, sono riuscito ad incidere profondamente sui metodi, sull’organizzazione con risultati, grazie anche ad un po’ di fortuna, sempre ottimi. Per rendere l’idea: un paio di volte nel corso della mia carriera avevo accettato spostamenti orizzontali, senza alcun vantaggio economico o gerarchico, solo perché mi affascinava la nuova sfida. Sono stato fortunato perché ho più volte incrociato (non sempre) miei responsabili in grado di apprezzare i miei risultati ed il mio fare spigoloso. Non mi ero mai tirato indietro da nessuna missione. Ma ora.?. Come fare con Titti così? Come fare per mantenere un equilibrio decente anche per vedere, per partecipare alla crescita, rispondere ai bisogni pure dei miei figli?? Titti avrebbe avuto necessità di assistenza. Non c’era la possibilità di svolgere il mio nuovo incarico in modo adeguato! Questa fu la conclusione a cui giunsi. Non avevo ancora ricevuto i riconoscimenti retributivi ed i benefit connessi al nuovo incarico, potevo essere ancora in tempo per rinunciare.
La mattina dopo volevo parlare di questa mia risoluzione con Titti, volevo condividere la cosa con lei. Eravamo al telefono e cominciai a riportarle tutti i miei ragionamenti, con grande emozione.. ma .. era andata a trovarla una sua amica e mi chiese se potevamo risentirci dopo.. Mi richiamò dopo qualche ora e le chiesi se aveva inteso quello che le avevo detto “Sì, certo sarebbe bellissimo, tu pensi che potranno accogliere la tua richiesta?” “Non lo so… chiederò” chiusi l’argomento. Era una rinuncia importantissima per me, non ci potevo fare niente
se la sua importanza non venisse percepita appieno. Non credo sia comune il mio attaccamento al lavoro, è normale che non sia compreso. La settimana dopo, per mettere in atto quanto deciso, mi presentai a Roma dal mio referente della Direzione del personale. Un uomo di cui ho sempre avuto grande stima, una vera eccezione di grande umanità in una categoria, quella degli HR, spesso molto cinica. Entrato nel suo ufficio, provò, andando fuori tema, ad anticiparmi “Lorenzo ancora non sono stati decisi i livelli riservati ai vostri nuovi ruoli” - “Fermati dissi, non sono venuto qui per parlare di questo, anzi. Se tu pensi sia possibile NON mi fare avere alcun beneficio, tienimi nel nuovo ruolo fino a quando è necessario ma appena ti è possibile per favore riportami in Sicilia, dovunque vorrai.” “E perché? E’ successo qualcosa?” Spiegai sinteticamente la mia situazione e mi disse che capiva e che avrebbe fatto il possibile per accogliere la mia richiesta nel più breve tempo possibile. Lo ringraziai calorosamente ed uscii dal suo ufficio con aria comunque triste.
26 – Distacco
Come non comprendere il cambio radicale di atteggiamento che ebbe Titti. Il nostro amore ci aveva fatto rivoluzionare le nostre vite, era stato (e per me era ancora!!) la cosa più importante di tutta la mia vita. Ma lei stava subendo troppe cose: la situazione sempre grave, le chemio ripetute,… erano aumentate le dosi di antidepressivi-sedativi che assumeva giornalmente. cominciò a presentarsi il problema della disponibilità di vene “buone”, sia per i prelievi che per le somministrazioni. La dolce Titti di quella triade laica citata capitoli addietro sembra essere il Cristo crocifisso.. Cominciai ad avere qualche cedimento del sistema nervoso. Si manifestò un peggioramento dell’umore e aumento delle paranoie. Su suggerimento di Titti, mi rivolsi anch’io ad un neuropsichiatra che mi consigliò di assumere il Cypralex. Malgrado fossi già super-iper-stra carico pensai fosse necessario sperimentare qualcosa per distrarre Titti. Lei, in pratica, non era mai andata al lavoro ed era sempre stata in malattia. Il 90% del suo tempo lo trascorreva a casa perché, dopo aver fatto anche un minimo sforzo, si stancava tanto. Pensai alla TV. Erano in programma, di lì a breve, le selezioni per un programma stile “Amici” dal titolo “Tu showgirl” che sarebbe stato presentato da Fiorello. Per accedere alla fase finale dello spettacolo era necessario trasmettere entro maggio un proprio show registrato ed assicurarsi il sostegno di quanti più amici possibile perché, anche per questa trasmissione sarebbe stato utilizzato il televoto. Avevo una buona amicizia con un manager catanese a sua volta amico di Fiorello e Titti nutriva grande ammirazione per lo showman. “Ti vuoi presentare le chiesi?” “Io? Ma non credo di esserne capace.” “Ti aiuto io.” Le sottolineai la grande importanza di avere avuto molti amici, molti contatti, come li aveva avuti lei. Poteva essere occasione per riallacciare rapporti con loro, con alcuni non si sentiva più da tempo. Si mostrò veramente intrigata dalla cosa. “Siii!!!” Ecco finalmente di nuovo un po’ di entusiasmo.
“Mi riapro un profilo facebook con una pagina dedicata allo spettacolo e cerco di ricontattare tutti i miei amici.” “Organizziamo un rinfresco con il mio amico manager e vediamo se viene Fiorello ed invitiamo quante più persone possiamo” proposi io “Si”. Ipso facto. Chiamai Giuseppe, il mio amico manager che si disse d’accordo. Contattò Fiorello che diede il suo ok sia alla candidatura di Titti che al rinfresco. Poteva cominciare l’avventura.
Mi ripeto. Il nostro amore per me è stato sempre la cosa più importante di tutte e percepivo tra l’altro che, anche per chi ci conosceva, quel palese sentimento risultava benefico. Io avrei voluto risaltarlo sempre, comunque, dovunque. Ma non eravamo d’accordo su questa cosa. Mentre preparavamo il discorsetto per il rinfresco proposi, tra l’altro, di dire l’importanza che aveva per noi quel modo di affrontare la vita, che metteva il sentimento al primo posto. Non fu d’accordo “Ma cosa interessa agli altri?”. Il rinfresco riuscì benissimo. Lei più scherzosa, fece la parte della fan adulatrice di Fiorello, io più serio provai a parlare di contenuti..in realtà mi parve di fare un po’ la figura del pirla con la compagna accanto che faceva la scema col divo materializzato vicino a noi. Pensai che l’avventura architettata, costruita insieme potesse supplire, rigenerare quel trasporto emotivo/sentimentale che non vedevo più così forte. Avvenne tutt’altro.
Le mie settimane si susseguivano con i folli ritmi descritti prima. Arrivavo da lei molto stanco e, però, pronto per pensare alle esigenze di quella casa, sue ed anche delle sue bambine. La cosa che più desideravo era avere le sue attenzioni. Spesso, dopo aver pensato ai vari bisogni casalinghi, mi mettevo accanto a lei per accarezzarla, baciarla. Titti, invece, sempre più, quando non stava male, si trovava distratta dal telefono, da facebook, dai messaggi.. “Ma lo faccio per la mia partecipazione allo spettacolo!” Non volevo essere contraddittorio e non avrei mai voluto pesare …. ma io ero lì per lei… per nient’altro che lei… La notte non dormivamo da soli. Le sue bambine si traumatizzarono (a seguito di
qualche “leggerezza” dei nonni) e non vollero più dormire nella loro stanza. Titti allora sperimentò e realizzò un mega letto da 4 o da 6 piazze a seconda se c’erano anche i miei gemelli. Immaginate la mia gioia!! Il sesso era improvvisamente diventato, tra malesseri fisici e psichici vari, qualcosa di più raro. Razionalmente comprendevo le mille cause per tale comportamento e provai a non farmi prendere dallo sconforto ma la mattina della festa della donna, però, dopo una notte in cui (come spesso accadeva) mi ero spostato su un divano a meditare sulla mia nuova solitudine, ebbi la prima esplosione. La mattina delle “chiavi”. Dopo che le figlie erano andate via a scuola, sbottai. “Ma è possibile che di me sembra non fregartene proprio più niente, che non ti viene di darmi anche il più piccolo gesto d’amore, che non parliamo più come prima…. Eravamo il primo e l’ultimo pensiero … Mi faccio migliaia di chilometri col desiderio di viverti e ti sento e ti trovo così distratta.. Sembriamo una coppia che sta insieme da vent’anni, ma non è così! Io posso capire la tua attenzione per le bambine, posso capire che ci siamo presi questo impegno con Fiorello, ma non lo vedi che ci stiamo allontanando..??!” Ero molto nervoso e lei quando mi vedeva così, come più volte detto, invece di cercare una qualche consolazione, spesso mi diceva che era “meglio non parlarmi perché ..divento incalzante, prevaricante.. ” - “..in difesa, bisognoso di aiuto, di te..” ribattevo io. Mi feci un bel pianto e quando mi ripresi, le dissi che avevo bisogno di riprendermi un po’, di uscire.. Lei, però, prevedendo qualcosa del genere, aveva chiuso la porta a chiave e le aveva nascoste. “Non voglio che te ne vai” mi disse dopo un po’ “Io lo so che sono più lontana, più distaccata ed ho pure meno desiderio sessuale, saranno i farmaci.. Finita la chemio andrà tutto meglio.” “Ma può essere invece che ti stai disamorando di me? Tu tra il serio ed il faceto hai sempre detto che tutto finisce.. Ti sarai stancata di me?” “No. Ti amo.” Il fatto di esternare le mie paure mi fece calmare e ritrovare le forze per reindossare i panni dell’angelo il più possibile sorridente e disponibile … anche se di sorrisi non ne ricevevo. Quella stessa sera si svolse l’unica serata musicale invernale del gruppo di Titti. Tutto il giorno la aiutai a preparare una sequenza di diapositive da proiettare … la sera, durante il concerto, mi chiamò di nuovo sul palco per cantare e dopo che io finii, Titti mi abbracciò da dietro per uno dei due gesti amorevoli che ebbe per
me in tutti quei mesi del 2014. Quei gesti che erano il mio più grande desiderio.
27 – Stupro
La mia richiesta di ritorno in Sicilia venne accolta. Entro fine aprile sarei ritornato ad occupare il vecchio incarico a Isola delle Femmine. Era stato pure individuato chi avrebbe preso il mio posto in Puglia e, con lui, avrei dovuto effettuare un periodo di affiancamento per il aggio di consegne.
La preparazione per le selezioni andava avanti e, pure per sentirmi di nuovo coinvolto (perché invece mi sentivo escluso), proposi a Titti di organizzare e realizzare lo spettacolo da trasmettere a Fiorello, in un piccolo teatro. Avremmo fatto riprendere il tutto dai tecnici di una TV locale, prevedendo alcuni aggi di trasmissione dello show nel palinsesto della stessa emittente. “Per darci maggiore visibilità.” le dissi. Anche questa proposta fu accolta favorevolmente da Titti. Questa esperienza coniugava tutte le sue ioni: il canto, l’intrattenimento e quella attuale, l’uso del telefono.
Il profilo facebook che aveva riaperto a suo nome lo avevamo “appoggiato” su una mail nostra, condivisa. Anche al profilo avevamo possibilità di accesso entrambi. Malgrado avesse cercato l’aiuto di qualche conoscente, la sua pagina dedicata allo spettacolo la realizzammo insieme. Desideravo tanto che sentisse tutte le cose come “nostre”… “Ma c’è il mio nome” mi diceva a volte “Ma tutti sanno che io sono te Titti, ogni cosa nostra è tua” “Ci sono diversi modi di amare” diceva a volte. Io, però l’avevo conosciuta con un modo di amare uguale,..esagerato, folle …come quello mio. Io non vorrei che asse il concetto che Titti mi volesse male. No! Affatto. Credo non avesse più l’energia per amare. Mi dedicava pensieri e attenzioni razionali ed era come se sapesse solo accettare il mio amore. Tutto quello che è
follia di amore, spontaneità da parte sua, purtroppo, stava scemando. Ed io diventai sempre più pesante, sempre più affetto da esaurimento nervoso. C’era, si stava sviluppando in me quella che mi venne di definire “sindrome di Apollo”.. avevo, avevamo fatto così tanto, combattuto così tanto ed adesso che avevamo cominciato a godere l’uno dell’altra, l’alloro/cancro, il freddo ed il gelo s’impadronivano della mia Dafne contemporanea. Le sue figlie, anche Mirella, erano più tranquille e sempre più mi avevano come riferimento. Un caso emblematico. Una sera scoppiò un casino tra Titti e Mirella. Avevano litigato perché la madre le aveva negato qualcosa, poi Titti era stata distratta da una telefonata mentre la figlia voleva riprendere il discorso. Non ricevendo risposta, la piccola aveva pensato bene di chiamare il padre per dirgli che voleva andare con lui. Resasi conto di quello che stava accadendo Titti era andata su tutte le furie, aveva mollato 4 bei ceffoni alla figlia (l’aveva “scassata”) che, a sua volta, era scappata giù dal padre. Ne era seguito un vociare da quartieri popolari, con grida ed offese dal balcone. La figlia si era, infine, decisa a salire continuando comunque il conflitto con la madre. Proprio in quella fase arrivai (dopo le solite migliaia di chilometri di spostamenti) a casa. Fattomi raccontare l’accaduto, la piccola voleva che le rendessi la ragione. La zittii e la rimproverai seccamente, le spiegai con severità tutti gli errori commessi senza permetterle alcun tipo di replica. Risultato: nel giro di pochi minuti tutto era rientrato nei ranghi, con Mirella che chiedeva scusa alla madre che a sua volta l’accoglieva a braccia aperte. “Ci volevi tu per risolvere il casino, risolvi sempre tutto!”
La sua, fatemi dire, inconscia contrapposizione (quella di Titti nei miei confronti) si evidenziava di più in presenza di altri. A volte, mentre eravamo in compagnia, mi sembrava di parlare senza volume e solo se approvato da altri quello che dicevo diveniva degno di attenzione. Ad Aprile il mio esaurimento nervoso cominciò a diventare preoccupante. Un giorno, mentre mi trovavo in una delle solite file interminabili di auto palermitane, uno dei soliti furbi, classico emblema di inciviltà, di quelli che
sorano chi sta in fila ritenendo di avere precedenza di aggio rispetto a tutti gli altri idioti, come me, che pazientemente aspettano, si venne a fermare proprio accanto a me. Voleva rientrare nel normale flusso di transito, dopo aver trionfalmente byato una ventina di automobilisti. Io, di solito, non presto molta attenzione agli automobilisti in generale ed agli incivili in particolare ma a questo, che si era fermato accanto a me, dedicai uno sguardo, più distratto che di rimprovero. Questo cosa fa? Abbassa il finestrino e mi dice “Che ci guardi coglione?” Scattai come una molla, mi vide uscire dall’auto e uscì pure lui per contrapporsi. Non ne ebbe proprio la possibilità, in un attimo avevo nella mano destra la sua testa e gliela stavo per sbattere sul cofano della sua auto. Fortunatamente accorsero altri automobilisti che, avendo visto tutta la scena, me lo tolsero dalle mani per “.. evitare di avere problemi per colpa di un vero coglione!!” Mi spaventai molto della mia reazione e incrementai autonomamente il numero di gocce che assumevo. Nella mia vita ho fatto a botte 4 volte: una da piccolo decenne per difendere mia sorella, una da militare per difendere un commilitone, una volta perchè aggredito da un balordo e quella sopra descritta. Sono sempre stato un tipo generalmente calmo ma sanguigno.. di quelli che si accalorano, arrivando anche ad alzare la voce..però l’alterco fisico non fa parte del mio dna. Ero diventato pesante e triste eppure mi sforzavo sempre, malgrado tutto, di essere propositivo, allegro con Titti. Non dimenticavo mai che questa, la donna che amavo, non era una svampita in vacanza, era una donna che stava attraversando un periodo pazzesco ed era pure imbottita di farmaci.
Almeno al lavoro, anche nelle nuove sedi, veniva confermata la mia efficacia. In pochi mesi ero riuscito ad avere buoni rapporti con i nuovi collaboratori, con alcuni veramente amichevoli, affettuosi.. Lorenzo, Ignazio, Annalisa, Martino, Maurizio, Maria Rita, Marilena, Cesare. Avevo elaborato una rinnovata macchina organizzativa e stavo per mettere in pratica tutte le azioni che avrebbero permesso di governare i siti nel senso da me inteso. Il tempo a disposizione, però, era praticamente finito. La terza settimana di aprile era quella che era stata individuata per fare “il giro”
in affiancamento col mio successore. La stessa settimana, il venerdì, ci sarebbe stata una cena di lavoro con la nostra Direzione centrale a Cefalù per celebrare il successo raggiunto con i lavori di adeguamento del sito dove mi apprestavo a ritornare. Ero una specie di Dottor Jekill e Mister Hide. Di giorno facevo il giro con il sostituto designato, spiegando ed illustrando, indossando la maschera della calma e della professionalità e distribuendo sorrisi, la sera ….ero colto da crisi di pianto. Il mercoledì pensando che forse le gocce che assumevo mi stavano facendo sentire più male, le lanciai nella spazzatura sospendendone di colpo l’assunzione. Titti era sempre molto presa dai contatti di possibili fan, dalle prove musicali e di recitazione dello spettacolo che stavamo preparando. Almeno l’obiettivo della distrazione era stato ottenuto, eccome. Il venerdì rientrai in Sicilia in aereo e cominciai il trasferimento veloce verso Cefalù dov’era prevista la cena di lavoro. Mentre mi trovavo in auto alla guida, venni colto di nuovo da una crisi e stavolta, a differenza degli altri giorni, quando non la volli preoccupare, chiamai Titti. “Titti io non mi sento bene, è stata una settimana difficile per me, mi viene da piangere..” “Ah…aspetta! Arrivo!” sentii dire “Titti” - “Senti Lorenzo devo dare conto a mia figlia Cinzia, ti chiamo io tra un po’. Ok?” Restai a bocca aperta a guardare il telefono. La fanno fondere pensai.. Percorrendo quella strada, lacrime senza pianto cominciarono a colarmi sul viso.. il cuore sempre più attanagliato dall’angoscia arono i minuti, un’ora, ero quasi arrivato e la sua telefonata non arrivava, la richiamai “Ah Lorenzo dimmi” “Ma come dimmi??” - cominciai a dire sconvolto - “Ti dico che sto male che mi viene da piangere, lavoro da stamattina, Bari Roma, Roma Palermo, Palermo Cefalù, chiedo il tuo aiuto e tu mi mandi a cagare e te lo scordi perché non riesci a zittire tua figlia che, così facendo, cresce viziata?” - “Quando sei nervoso così, con te non ci parlo!” e chiuse il telefono!!! Ma con quale stato d’animo arrivai a quella cena, quale riserva nascosta mi permise di restare, apparire “normale”.
Mentre ero a cena mi arrivò sullo smart la foto di un foglio scritto a penna da Titti. In sintesi diceva: “Tu pensi di amare e di volere una come me, in realtà non mi sopporti, non sopporti come gestisco le mie figlie (dire che vizio mia figlia è una dichiarazione di guerra), come gestisco i rapporti con l’ex, il mio stare su facebook. Forse ami una idealizzazione di me, io sono come sono, come tu sei come sei, vivaddio” Che cazzo scrive? pensai, ma se pure avesse ragione e questa lei a me non piace, può essere mai così centrata su se stessa? si rende conto di quanto sto male io adesso? Finita la cena, le scrissi che sarei andato a dormire a Catania per stare, così facendo, con i miei figli. Ci saremmo visti l’indomani sera, permettendo ai nostri nervi di sbollire un po’.
Venne l’indomani e la mattina ci sentimmo, glissando su quanto era successo la sera prima e dedicandoci a parlare di preparativi per lo spettacolo e di altre cose da fare. Io, però, continuavo a non sentirmi bene, non mi stavo neanche godendo la giornata con i miei figli. Di solito lasciavo i bimbi a casa dopo pranzo e mi mettevo, senza riposo, di nuovo in viaggio verso lei. Quella giornata non me la sentii. La chiamai per dirle che volevo andare a riposare da mio padre e lei mi disse che facevo bene. Mi misi a letto anche se non dormii affatto, troppo nervoso. Mi chiamò dopo qualche ora lei “Sei partito?” “Senti Titti io non mi sento molto bene di testa, non credo di stare tanto meglio rispetto a ieri sera. Siccome il mio malessere deriva anche da come sei in questo periodo ed io effettivamente ce l’ho con te, vorrei restare qui a Catania, per evitare altri casini.” “Ma che dici?” mi fece “Allora che cosa dobbiamo fare? Appena abbiamo una discussione dobbiamo cominciare ad evitarci. Dai vieni che ti aspetto. Stasera usciamo solo noi due. Andiamo a cena ed al cinema”…. “Va bene. Ok.” Sembrava sinceramente desiderarmi ed io .. non desideravo altro “Tra poco mi metto in marcia” Arrivai ad ora di cena e lei mi attendeva già pronta. Era oggettivamente fatta più gonfia, come me d’altronde, a me, però, appariva sempre più bella. Poi era sorridente, gioiosa. Stava mettendo in atto il suo fare irresistibile per chiudere la discussione. Ed io (ma credo che lei possa mettersi in tasca chiunque) a vederla così, mi smontavo, mi scordavo tutti i malesseri.
Mi diede un bacio sulle labbra, si mise sottobraccio ed andammo a cena in un ristorante vicino. Lì incontrammo una nostra amica che cenava da sola e le chiedemmo di aggregarsi al nostro tavolo. Non parlammo, quindi, di niente che avesse a che fare con noi due. In compenso ci scolammo due bottiglie di vino in due e un quarto, perché la nostra ospite ne sorseggiò solo un bicchiere. Finita la cena ci dirigemmo in un cinema. Io avevo bevuto più di tutti, venivo da una discreta astinenza, avevo tanta tensione interna accumulata, ero veramente bisognoso di tanto amore, anche fisico e mostrai subito di volere ricorrere al più antico ammazza stress dell’universo noto: il sesso. E i tocchi ed i baci divennero più facchini venendo ricambiati. Al cinema vedemmo un film molto divertente.. Io, però ero ancora strano.. mi resi conto, in un attimo di maggiore lucidità, che le mie risate erano troppo euforiche, esagerate. Stavo ancora male! Al cinema ogni volta che potevo toccavo i suoi bei seni o le spalle o le cosce, tutto quello che riuscivo ad “afferrare”. Usciti dal cinema, appena saliti in macchina, infilai la mano sotto il vestito ma non andai molto oltre.. eravamo proprio vicino al cinema. Altre volte, tante, avevamo fatto l’amore in macchina per strada, però con un pochino di pazienza ci aspettava tutta la casa a disposizione. Mi ricomposi, si ricompose ed andammo verso casa. Arrivati quasi sotto casa lei mi disse “Io lo so che tu ora vorresti fare l’amore e so pure che non mi capirai perciò te lo dico subito: a me non va!” Era come se mi avessero assestato un uppercut, non dissi nulla, impietrito “Lo vedi non lo capisci vero?” - Scossi la testa - “No non lo capisco… pure perché è premeditato, è un’affermazione di testa..” “Comunque io non me la sento, mi dispiace” Avevo parcheggiato e lei scese dall’auto. La vidi incamminarsi e restai immobile, in uno stato confusionale. Si girò per guardare cosa stessi facendo e continuò ad andare verso casa. Come un automa scesi dall’auto, vidi che aveva lasciato il cancello aperto e restai per un attimo indeciso se entrare oppure andare. Girai gli occhi e vidi che c’era il bar lì vicino aperto e decisi che era opportuno prendere un paio di Ceres. E così feci. Arrivato sopra, lei si era già lavata, svestita e si stava mettendo a letto. “Cos’hai fatto?” “Ho preso 2 birre la vuoi?” “Si un sorso” le diedi una bottiglia e mi sedetti ancora vestito nell’angolo del letto più lontano da lei, per trangugiare la mia birra. Lei ne bevve solo un sorso e la posò. “Non ti spogli non vieni a letto?” “Si, ora” dissi mentre diventavo sempre meno lucido. Avevo però ancora voglia di bere. Avevo già finito la mia birra e le chiesi se lei ne volesse più, mi disse no ed in un paio di
sorsi bevvi pure la sua. Andai quindi in bagno, per l’igiene personale e per togliere le lenti a contatto, senza il quale vedo tutto ancora più distorto. La testa adesso mi girava abbastanza forte, però non mi sentivo soddisfatto, andai nel frigo in cucina e mi versai un bel bicchierone di Fernet, bello, freddo, lo scolai, ottimo. Ce ne volle un altro …. Non ero già più in condizione di formulare parola…Mi diressi quindi a letto e, in quel letto 4 o 6 piazze, mi misi il più possibile lontano da lei. E si spense la luce.
Ricostruendo, anche grazie a quanto mi raccontò poi lei, dopo pochi minuti io mi girai e le cominciai a toccare il seno piano poi mi ero spostato giù e le avevo sfilato le mutandine e avevo provato a baciarla, lei mi allontanò dicendo no ed io dopo aver tergiversato un attimo con i tocchi, staccandomi da lei, le avevo dato uno schiaffo dicendole “Così provi tutto il male che mi fai.” Dato lo schiaffo mi staccai da lei, barcollante mi alzai dal letto, mi vestii, presi le chiavi ed andai in macchina, misi in moto e, miracolosamente senza avere incidenti, cominciai a dirigermi verso Catania. Dopo una ventina di minuti, mentre ero ancora tra i fumi dell’alcool, fuori di me, alla guida dell’auto, sullo smartphone mi giunse la notifica che era stata cambiata la foto di copertina del profilo facebook. C’era una foto nostra ed era stata sostituita con una foto di Titti. Mi parve un affronto. Avendo la possibilità di accedere, levai la sua foto e rimisi quella nostra. Dopo neanche un minuto di nuovo il cambio. Cominciò uno schizofrenico botta e risposta via fb. Lei cambiava la foto ed io la sostituivo, all’inizio con quella nostra, poi con quella che casualmente mi capitava per prima dalla galleria.. comprese foto dei gemelli. La battaglia continuava e, arrivato ad un certo punto, scrissi sotto la foto “Stronza”. Mi venne da vomitare e scesi dall’auto. Riuscii un po’ a liberarmi. Fatto ciò mandai a quel paese lei e fb e continuai la mia strada verso Catania. Verso le 4 arrivai stremato da mio padre e crollai sul letto.
L’indomani mattina mi svegliai con un fortissimo mal di testa e con la sensazione di avere vissuto un incubo, la realtà sa essere peggiore. Mi collegai alla “nostra/sua” pagina fb e tutto era per come lo aveva voluto cambiare lei, non c’era più traccia di me. Da quando avevamo aperto quella pagina, dovevo quasi
pregarla per mettere qualcosa di nostro, qualche nostra foto.. un paio di volte mi aveva accontentato ed ora veniva tolta proprio una delle immagini tanto desiderate. Per la campagna promozionale Titti aveva creato tutta una serie di post che in qualche modo rappresentavano tutti gli aspetti della sua vita. la ione per la musica, la sua competenza di istruttrice di palestra, la sua malattia, il ruolo di mamma… non gli uscì mai dalla tastiera un post sul nostro amore. Quella mattina scrissi e pubblicai il seguente post: “Non poteva mancare questo post. Questa pagina di promozione per lo spettacolo “Tu showgirl”, quella principale facebook, tutte le scelte, i momenti meravigliosi e quelli brutti (per come siamo fatti senza vie di mezzo), i pensieri, il linguaggio da utilizzare, le disponibilità economiche , le preoccupazioni per i figli, gli amici, i sogni, le scelte… li abbiamo vissuti e condivisi insieme, battito dopo battito, dando tutto ma proprio tutto quello che si può dare, Tiziana e Lorenzo. Tutto a ma finchè c’è.. viva l’Amore vero!!!”
Lo pubblicai e prese in 5 minuti un paio di Mi piace. Andai a riguardare e, dopo 15 minuti, il post non c’era più, eliminato. Dopo altri 10 minuti non ebbi più la possibilità di accedere alla pagina che avevamo creato insieme. ai quella domenica con i miei figli e non ebbi alcuna comunicazione con Titti. Il giorno dopo cominciò l’ultima settimana dell’incarico che stavo abbandonando, e lo cominciavo mentre litigavo con la persona a cui offrivo la mia rinuncia. Le cose, dovevo scoprire, stavano ancora peggio di quanto potessi immaginare. Il lunedì ed il martedì andai a Roma per alcune riunioni. Durante una di queste, casualmente, mi accorsi che tutte le sue amiche ed amici più vicini ed i suoi familiari mi avevano bloccato su whatsapp. Che significava? Nella serata di quel giorno mi chiamò, stranamente, mia sorella “Ciao. Tutto a posto?” “A posto niente Camilla, sono fuso ed in più abbiamo avuto una brutta discussione con Titti, proprio nel momento in cui sto lasciando l’incarico prestigioso che avevo ottenuto” “Beh io proprio di questo ti volevo parlare. Che cosa hai combinato?” “Che significa?” “Tu sei mio fratello però queste cose sono inaccettabili” “Ma di che cosa stai parlando?”
Vogliate considerare che la descrizione riportata prima su quella notte, come precisato, è fatta sulla base di particolari che io avrei sentito solo successivamente. “Titti ha detto a tutti che tu hai cercato di violentarla e mi ha chiamato per dirmi che sei una persona che ha bisogno di aiuto.” Ci sono momenti nella vita in cui capisci cosa porta al suicidio, quello che in genere ti sembra un assurdo …. cominci a valutare i motivi per non farlo. L’unico motivo che può essere così forte da farti resistere alla follia che ti acceca, per la mia esperienza personale, sono i figli. Il colpo psicologico che ne potrebbero avere e ciò che toglieresti, senza alcuna colpa da parte loro. Ti a per la testa tutto il bene che gli vuoi …’ i miei piccoli che fanno a gara per dirmi che mi vogliono bene..’ questo è ciò che ti salva o ti condanna alla vita. “Camilla, io avevo bevuto molto e non ricordo granché, sono certo di non avere fatto niente da poter giustificare questa enormità. Ho dato a Titti, progressivamente, da quando ci conosciamo, tutta la mia vita…” - “Ah bevi pure tanto, ma che ti succede? E mi ha detto pure che assumevi psicofarmaci e li hai interrotti di colpo… lo sai che è gravissimo..” - “Senti io … ci possiamo sentire dopo?..” interruppi la conversazione e scoppiai a piangere, distrutto. Chiamai Titti “Ma che hai fatto?” Chiesi tra le lacrime “Mi stai accusando di essere uno stupratore.. io? Uno stupratore? Come è possibile?” “Lorenzo, forse non ti rendi conto della gravità di quello che hai fatto. E non solo, hai pure tentato di screditare la mia immagine pubblica mettendo foto e post che volevi sul mio profilo e scrivendo stronza ed hai pure cercato di cancellare tutti i miei amici..” “Ma che stai dicendo?? Mi hai accusato a tutte le tue amiche ed ai tuoi parenti ed hai pure chiamato mia sorella .. quella era la nostra pagina… “ disperato non riuscii a continuare la comunicazione.. La notte mentre, ancora senza pace, giravo e rigiravo maniacalmente il telefono tra le mani, mi accorsi che solo una sua amica, quella a lei più vicina e che mi piaceva di più non mi aveva bloccato, scrissi allora disperato questo messaggio su whatsapp: “Sei l’amica di Titti che da sempre mi è piaciuta di più. Lo sai che sei l’unica che non mi ha bloccato su whatsapp? Io sono diventato un mostro sai? Un violento …dopo averle dato tutta la mia vita, adesso sono un criminale.. Certamente avrò fatto qualcosa di sbagliato ma merito tutto questo?”
Non riuscivo a darmi pace. Possibile che effettivamente non mi rendessi conto della gravità di quello che avevo fatto? Quasi 50 anni e sposato per quasi 29 anni e non mi era mai successo niente del genere … una volta con Anna litigando ci eravamo spinti con violenza … Avevo (giustamente) preso quel bel pugno sullo zigomo. Possibile che io ero veramente impazzito? Anche stavolta, malgrado l’enormità dell’accusa e il dolore mi mettevo in discussione, il primo accusatore di me stesso… Avevo certamente commesso qualcosa di gravissimo e non me ne ero reso conto. ‘Ho bisogno di aiuto.’ Contattai la mattina dopo un mio amico e mi feci indicare un ottimo psicoterapeuta romano. Lo chiamai e riuscii ad ottenere per quello stesso giorno un appuntamento. “Lei è chiaramente esaurito!” mi disse “Deve ritrovare serenità e riprendere i farmaci che stava prendendo e la cui interruzione ha, certamente, avuto forti ripercussioni sulla sua psiche. Non mi sembra comunque un tipo violento.. peraltro un uomo della sua stazza, quando diventa violento fa certamente molto molto male. La rabbia” - continuò – “ esplode quando si sono via via accumulate insofferenze prolungate, la sensazione di non essere amati o ascoltati, un forte senso di ingiustizia, il rancore inespresso … La rabbia raccoglie tutto questo ed, alla fine, quando si manifesta, vuole gridare -C’è qualcosa di cui non ne posso più! - Può sembrare banale ma la rabbia è un NO ad una certa situazione. Un NO che non è stato espresso al momento giusto o non è stato ascoltato e che è gonfiato fino a farsi potente e torbido. Deve sempre denunciare ciò che la fa stare male e, se possibile, evitarlo.” Di pomeriggio scrissi un messaggio a Titti in cui le chiedevo scusa se mi ero comportato male.. “Abbiamo fatto tanto non roviniamo tutto.. E’ un momento molto difficile per me, per la prima volta sono io che ho bisogno di aiuto, del tuo aiuto..” Non mi rispose subito. Il giorno dopo mi scrisse che si sentiva molto confusa ed era ancora molto scossa..” Accadeva tutto questo mentre facevo il giro per gli stabilimenti che mi avevano visto come responsabile solo per pochi mesi. Mentre salutavo tanta bella gente che in poco tempo aveva conquistato la mia stima ed il mio rispetto e me l’aveva ricambiati. “Sei un capo diverso da tutti quelli che abbiamo avuto” mi disse qualcuno “la cosa che più ti contraddistingue è la tua umanità, sei preparatissimo ma la tua umanità è straordinaria…”
Certo è facile fare bella figura, piacere, a chi ti conosce per poco.. si vede che il frequentarmi evidenzia una personalità molto diversa, molto “brutta”.
Ritornai a Catania ed il sabato mattina ricevetti una sua telefonata non ostile. Anche lei stava male, sentiva la mia mancanza. Si era sentita attaccata dall’uomo che la doveva proteggere, il suo uomo. Io lo so quanto tu hai fatto per me, anche in questa avventura televisiva, in pratica quelle che metto in campo sono tutte idee tue, spesso da te stesso realizzate. Mi rendo conto di essere diversa nei tuoi confronti e te l’ho già detto” - “Mi ripeto stolidamente secondo me non mi ami più. Può essere che la riconoscenza che hai nei miei confronti ti confonde?” “No non è così, io voglio stare con te!” Aveva parlato, mi disse ancora, con sua zia Concetta, persona molto pacata e che, molto probabilmente, aveva inciso non poco nel farle mutare l’atteggiamento nel giro di poche ore. “Ritorna, ricominciamo a lavorare insieme, io ti amo” “Ma io come faccio a ritornare lì, come faccio a guardare in faccia i tuoi amici, i tuoi parenti dopo quello che hanno sentito di me?! Io mi vergogno!” - “Non ti preoccupare di questo, al limite fai loro un discorsetto..” “Io un discorsetto?... No… no.. io non parlo con nessuno.. Io sto ancora troppo male! Ho bisogno di riposare ..” - “Io non sono stata in grado di fare più niente, vieni per favore!” mi disse allora singhiozzando. Non potevo sentirla così… Dopo qualche ora la chiamai e le dissi “Ok, faccio strada”. Quando avevo già percorso metà del tragitto, mi arrivò di nuovo una sua chiamata “Quanto tempo ci metti ad arrivare?” “Un’altra oretta credo” “Te lo chiedo per organizzarmi meglio, perché oggi vengono i ragazzi del gruppo a fare le prove …” “Come? iamo una settimana d’inferno che più d’inferno non ce n’è… Mi chiedi di venire e tu… ti devi fare le prove?? Sono veramente uscito di senno oppure è corretto pensare che le prove potevano are in secondo piano rispetto alla possibilità di dedicarci a noi???” “Ma loro poi hanno tanti altri problemi e rischiamo di non riuscire più a provare … E’ per lo spettacolo che hai progettato tu.” “No, continuo a non capire.. Non riesco a capirti per ora, non riesco ad accettare le tue tesi ed il medico mi ha detto di non accettare niente che mi fa star male” E chiusi il telefono.
Credo che le cose facciano molto male entro una banda di gravità. Se scendono al di sotto del livello minimo della banda, hanno assunto una importanza non così rilevante da farci ancora male. Credo che lo stesso avvenga anche se la gravità supera il limite massimo di tale banda.. perchè le vicende diventano più assurde che gravi. Quell’ultima uscita delle prove musicali, dopo il primo impatto negativo, mi fece calmare… Sta chiaramente male, pensai aggiungendo.. amore mio. Non mi posso permettere per ora (forse non lo potrò mai) di stare male io. Per la seconda volta nella giornata mi rimisi in marcia verso Palermo. Di nuovo quasi a metà strada mi arrivò la telefonata di sua figlia Mirella “Lorenzo, la mamma è molto triste, ha finito le prove ed è a letto e sta piangendo…” “Non ti preoccupare piccola sono già in marcia e sto arrivando
28 – Show
Erano le ultime settimane di preparazione per lo show e le ultime chemio da fare. Avevo ripreso ad assumere il Cypralex e non dovevo più sostenere i ritmi massacranti sin lì avuti. Vivevo nei giorni feriali a Mondello, a casa sua. I fine settimana mi spostavo per stare con i miei figli a Catania. Il primo fine settimana di maggio andai a trovare mia figlia in Germania, dove si trovava ormai da qualche mese per l’Erasmus. I giorni ati in Germania con mia figlia mi diedero di nuovo motivo di grande gioia. Il rapporto con lei era definitivamente recuperato e con esso una complicità straordinaria.
Rientrato a vivere con Titti ci fu chiaro che il rapporto con i suoi amici non si sarebbe recuperato, non sarebbe tornato ad essere quello di prima. Sicuramente ero divenuto una figura ambigua. Con i suoi familiari, in pratica, facemmo tutti finta di nulla.
Con Titti le cose ripresero ad andare leggermente meglio. Dopo il mio rientro, affrontò subito il problema della dormita in comune notturna e riportò le bambine a dormire nella loro stanza. Il giorno dopo il mio rientro facemmo l’amore. Era però, quest’atto ridiventato, per motivi diversi del ato, un momento non più di piena gioia, di piacere ma fonte di turbe. Io, adesso, avevo paura ad avvicinarmi a lei. A volte cominciavo ad accarezzarla ed a baciarla in modo languido per interrompermi poco dopo, quasi in attesa di un consenso o di un qualche riscontro di fame corrisposta. Una delle volte in cui sembrò potessi
spingermi oltre, non riuscii a farlo. Credo che la nostra storia di amore sia definitivamente finita quella maledetta notte.. ci tenevano ormai insieme le tante lotte fatte, il mio amore, la sua riconoscenza. Mi ero iscritto pure io su fb. Se qualcosa non riesci a combatterla provi a fartela amica e così non ebbi più niente da ridire se perdeva tempo tra i social, cominciai a perderlo anche io. La preparazione dello spettacolo era a buon punto. Ebbi di nuovo una qualche delusione quando manifestò dubbi sulla opportunità di prevedere uno spazio mio all’interno dello show. Io volevo lanciare un mio messaggio a favore suo e volevo dedicarle una canzone. Pensavo che qualcosa del genere potesse rendere felice qualsiasi donna. I suoi dubbi venivano così spiegati: avendo già io (Lori) in onere di fare l’intervistatore, in qualche modo potevo risultare troppo presente, protagonista a tal punto da distrarre l’attenzione da lei che era oggetto della promozione. Alla fine, rilevando la mia nuova possibile delusione, accettò forzatamente la cosa. La sua attenzione nel tenere sempre più riservato il nostro rapporto mi fece pensare che dopo l’episodio dello “stupro” qualcuno, forse proprio sua zia Concetta, le avesse mosso proprio questo rimprovero: “..troppo pubblica, quasi sbandierata la vostra relazione!!”
Arrivò un altro mio compleanno il cinquantesimo. “Vorrei che andassimo tutti, tu e le tue bambine, mio padre, Angela ed Antonio (i miei migliori amici) ed i miei figli (tranne Germana che era ancora all’estero, a cena insieme.” Andammo a cena e ricevetti, per la prima ed ultima volta, la gioia di vedere quel gruppo unito ed in una condizione di estrema giovialità. Unico momento di delusione quando mi cominciarono a dare i regalini. Vidi un gesto di stizza da parte di sua figlia Mirella nei suoi confronti “Che succede chiesi?” “Niente, è seccata perché noi non abbiamo avuto tempo per comprarti qualcosa e le stavo dicendo che non è importante fare il regalo proprio il giorno del compleanno..” “Certamente!” confermai non senza un velo di tristezza. Il regalo non sarebbe mai arrivato e di per se, effettivamente, non è importante.. fu solo un’altra
occasione, non sfruttata, per un gesto amorevole. Dopo qualche settimana, riprendendo, non ricordo perché, l’argomento, Titti mi disse una cosa ancora più brutta “ma io non so cosa regalarti, non so cosa ti serve, cosa desideri..”
La settimana dopo It’s show time!!. Lo show si svolse in un piccolo e rinomato Teatro della città, avevamo affittato lo spazio e la regia ed avevamo pagato il servizio di ripresa e trasmissione televisiva a TGS. Fu uno spettacolo variegato, di ritmo sempre sostenuto ad alti livelli: momenti di recitazione, di canto di Titti col suo gruppo, di filmati, lo spazio che mi ero ritagliato già suddetto e il tutto completato da due interviste mie a Titti. Ci fu, anche se ce ne aspettavamo ancora di più, una buona partecipazione di pubblico in sala. Lo show risultò veramente molto bello, leggero, divertente. Tutti, gli attori, i musicisti, Titti ed io fummo veramente molto bravi. Il giorno dopo lei fece quel secondo gesto di amore di quei mesi, scrisse un post sulla mia pagina fb (non pubblicò mai più niente di nostro nella sua) scrivendo “Grazie amore abbiamo realizzato una cosa bellissima!” Dopo alcune giornate di lavoro, insieme ai tecnici di TGS, per ottimizzare la registrazione dello show, la trasmettemmo a Fiorello per le selezioni che si sarebbero svolte la settimana successiva, la prima settimana di giugno.
Speravamo, lei stessa spesso lo diceva, che con la fine della chemio potesse migliorare di molto, oltre che il suo stato fisico anche il suo umore, permettendole, tra l’altro, di allontanare quei farmaci che in qualche modo certamente influenzavano il suo essere. Si verificò invece l’opposto. Il suo disagio peggiorò ancora di più, come se, non essendo più sotto copertura della chemio, si sentisse alla mercé del male, della bestia che agiva dentro di lei. Il risultato delle selezioni fu buono per una neofita, anche se molto al di sotto delle aspettative e molto lontano da quanto necessario per essere ammessi allo spettacolo televisivo.
Non era servita a molto neanche un’altra iniziativa che negli ultimi giorni avevamo messo in campo, un gazebo/punto informativo e di pubblicità… facevo il rappresentante di Titti, fermavo con grande sfacciataggine tutti i anti e cominciavo a decantare le lodi della mia fidanzata/candidata. “Ma come fai ad essere così sfacciato, così suadente?” “L’amour… l’amour” rispondevo ridendo. Quando, ormai quasi due anni prima, mentre il nostro amore nasceva parlando seduti sul divano, una delle frasi che a lei piacque di più fu quando le dissi “Tutto? Si può fare!” E, credetemi, tutto quello che potevo e sapevo fare, in questi due anni, l’ho fatto per questa donna. Ciò non significa che il risultato, ciò che ha avuto e che le resta (se le resta), è stato positivo, bello. Io sono e posso essere solo quello che sono. Nel bene (se c’è) e nel male. Lei ora scrive che credeva di non bastare… quante volte mi sono sentito sbagliato, quanto ho cercato di cambiare di me … ma se non sono buono… non sono buono, il mio buio prevale sulla mia luce.
29 – Di troppo
L’abbracciavo e le davo baci tutte le volte che potevo. L’ho guardata e se ne accorgevano tutti con occhi sempre sopraffatti dalla sua bellezza e lei mi lasciava fare. Nell’ultimo mese ha “accettato” il mio amore. Il vuoto lasciato da tutti gli impegni avuti nei mesi precedenti fu da me riempito da nuotate, un tentativo di riprendere gli allenamenti e poi (di nuovo) tante partite a scacchi. Gli scacchi sono per me una cartina di tornasole. E’ un gioco che mi piace tanto ma che, lo so, mi aliena. Negli ultimi anni vissuti a casa con mia moglie ci giocavo tantissimo.. è una specie di fuga dalla realtà. Arrivavo a Mondello dopo il lavoro e mi mettevo a fare le mie cose, mentre lei continuava a fare le sue. Fino a pochi mesi prima parlavamo (ed era oggetto di scherno da parte di qualche sua amica) tantissimo e, se non parlavamo, ci scrivevamo sempre. Se scorro whatsapp dell’ultimo mese è quasi vuoto.. I controlli fatti dopo la chemio misero in evidenza una situazione ancora peggiore rispetto a prima. Per il momento non era possibile fare azioni di contrasto, si poteva solo stare in attesa di una stabilizzazione della situazione. Mi sembrò di sentire ancora di più la mia inutilità, il mio peso, un amore ha bisogno di volare, di sognare, in questa situazione diventa quasi impossibile.. sono di nuovo un intruso… Diventa ancora più egoista.. consolida .. le figlie, se stessa. Non uscì tutto ciò da parole …ma da gesti, dalle azioni. Sempre di più quello che dico o faccio o non va bene o non conta o fa spazientire. Usciamo con una sua amica e lei dice sediamoci qui, trovo una sistemazione migliore, la sua amica mi segue e lei si innervosisce. Decidiamo di fare qualcosa, lei prima riluttante accetta, per poi dire che non vuole più andare dove avevo proposto. E provo a convincerla scherzando e lei s’incazza. Gli equilibri
raggiunti nel ato non vengono più tollerati e le mie posizioni schernite. Seduti accanto, una sera, parlando di una sua amica che penava per avere collaborazione nella gestione delle figlie da parte dell’ex, lei mi fece “Sarebbe il tuo sogno se il mio ex si comportasse così..” “Certo” dissi “perché tu hai un fidanzato stronzo che non vuole il bene delle tue bambine.. sai che ho sempre chiesto solo un po d’ordine..” Stavo smanettando in quel momento con un cubo di Rubick, me l’ero messo in mano il giorno prima e stavo cercando di risolverlo. Dopo una ventina di minuti le dissi “Lo sai, non mi sono mai sentito nella mia vita così idiota come in questo periodo… malgrado questo” e le diedi il cubo risolto. Titti chiamò subito Mirella per farle vedere la mia nuova impresa, sono sempre stato visto come una specie di genio della matematica. Restati soli a casa, poco dopo, mi venne a trovare in camera da letto mentre giocavo a scacchi. Mi disse che si sentiva bene e nel frattempo mi cominciò ad accarezzare: è stata l’ultima volta che abbiamo fatto l’amore. Quando mi allontanavo da lei, nel fine settimana, mi si ricostituiva la speranza di riavere, anche in quella situazione, un nuovo slancio per il nostro amore. Ed una notte pubblicai, sulla sua pagina, una sua foto in cui scrissi “Amore mio sei bellissima, ti amo” Lei, anche dopo le selezioni era rimasta molto vicina ai lavori della produzione televisiva e pubblicava spesso post relativi allo show e non solo.. La mattina quando ci sentimmo al telefono mi disse che, senza che per questo io ne trovassi motivo di offesa, lei avrebbe cancellato quel post, perché non le sembrava adeguato per la sua immagine pubblica. “Ma quale? Il post in cui ti scrivo che sei bella e che ti amo?” “Lo vedi, mi dispiace che non lo capisci…” “Io non lo posso capire ma tranquilla, lo tolgo io il post” Quella sera erano in programma a casa sua le prove musicali, vennero i suoi amici e, mentre provavano, mi sentii in dovere di andare a prendere della pizza e delle birre per essere in qualche modo partecipe.. “Bravo però non era il momento giusto!” Finite che ebbero le loro prove, stavo, insieme ad un componente del gruppo canticchiando una canzone (per tutta la serata, mentre lei cantava, avevo badato alle esigenze delle sue figlie e mi stavo, finalmente,
divertendo anch’io). Siccome, però, era cominciata una discussione tra lei ed un altro componente del gruppo, mentre cantavo si girò in malo modo con me, per dirmi “Ma non vedi che stiamo parlando non potete giocare dopo?” La stessa sera, dopo che furono andati via tutti, mi trovavo sul divano grande a guardare un film, quando lei mi chiese “Lori ti puoi spostare, per favore, così ci mettiamo su quel divano io e Cinzia sicché lei si possa addormentare?” “Certo” dopo un po visto che la piccola si era addormentata, la presi e l’andai a mettere a letto. Dopo qualche minuto lei mi fa “Lori che fa ti rimetti di nuovo qui così io mi metto accanto a mia figlia Mirella” la guardai, per un attimo senza espressione, e lei aggiunse “Così sei pure più comodo” ed allora mi si stampò sulle labbra un sorriso amaro “Perché sorridi?” mi chiese. Perché sono di troppo pensai, senza però dire nulla. L’indomani mattina mi svegliai con una nuova crisi di pianto “Ma che hai?” “Io ti amo… ti amo” dicevo, mentre invece pensavo... Perchè ti sei allontanata da me? Perché questo male non ti ha lasciato più vivere il nostro sogno “Io ti amo..” Perché non hai più un gesto d’amore per me? Perché non senti più quel continuo desiderio del mio corpo che avevi? “Ti amo..”
30 – Epilogo
Il sabato sua figlia Mirella doveva partire, in volo, da Catania, per la sua prima gita da sola, lontano da casa e se ciò avveniva era pure grazie a me. Ai suggerimenti che diedi alla piccola, sempre meno piccola. La spinsi ad avere maggiore fiducia in se stessa, le suggerii le parole da dire al padre ed alla madre per fugare i loro dubbi. Il giovedì prima, avendo il venerdì libero da impegni lavorativi, andai da Palermo a Catania, in treno. Ufficialmente solo per stare con i miei figli. In realtà avevo preso un appuntamento nello stesso Istituto dove 15 anni prima era stata operata, purtroppo invano, mia madre. Per avere anche un loro parere sulla malattia di Titti. Non le avevo detto niente prima perché non volevo illuderla o farla partecipare a qualcosa che poteva essere inutile. E così purtroppo fu, non era una situazione tra quelle di loro competenza. Ero andato a Catania in treno perché avevo lasciato la mia auto a disposizione di Titti. Il sabato lei avrebbe accompagnato la figlia all’aeroporto con la mia auto, sarebbe poi ata a pranzare da mio padre, per poi ritornare insieme a Palermo. In quei due giorni ci sentimmo poco. Il venerdì pomeriggio, avevo i miei gemelli con me e loro, saputo della partenza della figlia di Titti, mi chiesero se potevamo andare anche noi all’aeroporto “Ma ci dobbiamo svegliare presto ed andare col treno…!” A tale risposta i bambini ancora di più furono allettati dall’idea. Comunicai quindi la cosa a Titti, che si mostrò perplessa “Ma vi conviene?” “Non è questione di convenienza, i bambini lo prendono come gioco, diversivo. C’è qualche problema?” chiesi “Ci sono controindicazioni?” “ No” disse.
La mattina svegliai i bambini molto presto, alle 6e15 e, dopo, qualche resistenza ci cominciammo a preparare. Mentre eravamo in bagno mi accorgo di un messaggio di Titti “Sto apprendendo adesso che in aeroporto viene pure il mio ex. Sono in ritardo, ci sentiamo dopo.”
E quindi? Pensai. Rimasi impallato. La chiamai “E quindi?” “Quello che ti ho scritto..” “Che devo fare? Come mai?” già disturbato dalla cosa “Vabbè io comunque mi sto sbrigando..” dissi e chiusi. Mi ero già smontato, sua figlia stava partendo, che suo padre l’andasse a salutare era pure giusto, perché, però, non dirlo prima, perché non avere comunque il pensiero a me ed ai miei piccolini già organizzati per venire. Al suo posto, se pure l’avessi saputo in quel momento avrei detto, guarda che era già previsto che venisse Lorenzo.. avrei detto, c’è questa novità ma non ti preoccupare amore mio, ti sei già svegliato e ti stai preparando ok ci vediamo lì.. pensavo queste cose e però scrissi un messaggio “Niente non vengo, non creo disturbo, fatti sentire dopo che ti vedi col tuo ex.” Mi arrivò, contemporaneamente, una telefonata “Senti ti volevo dire che è meglio se non vieni per non creare una situazione d’imbarazzo” “Grazie amore, non ti preoccupare te l’ho già scritto su whatsapp” “Ok poi parliamo” scrissi, allora, ancora “Non sei corretta e giusta con me, avresti dovuto dirlo prima o trovare una soluzione. Come sempre non te ne frega niente di me!” Richiamò per dirmi “Quello che scrivi non è una bella cosa ed è offensivo per me” “Ah certo risposi ma tu quando mai ti metti nei miei panni. Comunque la cosa importante è la partenza di tua figlia.” “Difatti ne parliamo dopo” Spiegai a Mattia che stava per cominciare a protestare che non saremmo più andati e ritornammo tutti e tre a letto. Dopo un paio d’ore mi telefonò lei. “Suo padre si è fatto trovare davanti alla rotonda, l’ha salutata e se n’è andato. Ora la sto lasciando, ti posso chiamare dopo o dormi?” “No, non dormo, chiamami.” I piccoli ed io ci alzammo per fare colazione. Squillò il telefono, era lei: “Perché non hai risposto al messaggio?” “Ma che messaggio?” “Ti avevo chiesto che programmi avevamo, se saremmo rimasti a Catania, se i piccoli sarebbero venuto con noi?” “Io non l’ho visto questo messaggio, aspettavo una tua telefonata. Comunque, io devo lasciare Mattia e Samu dopo pranzo, dopo di che possiamo ritornare a Palermo noi due soli” “Ah va bene, io sto venendo lì da tuo padre.” “Ma la strada la sai?” “La trovo”. Perché mi ha chiesto dei programmi? chiesi tra me e me. Dopo una mezz’oretta la chiamai “Dove sei arrivata?” “Sono al Porticciolo, devo
proseguire vero?” “Si” la sua voce era chiaramente risentita… anzi stufa sì stufa, veniva lì ma era l’ultima cosa che avrebbe fatto. Pensando che potesse avere una qualche difficoltà, decisi di andarle incontro con la moto. La chiamai quando arrivai nel posto dove pensavo dovesse are “Dove sei?” Mi descrisse un luogo fuori percorso corretto. “Resta lì non ti muovere che arrivo.” Arrivai a fianco della sua auto. Era al telefono e non mi degnò di uno sguardo se non dopo qualche secondo.. la osservai con occhi spalancati ….. finalmente con sufficienza mi fece cenno che mi avrebbe seguito… Io non merito di essere trattato così! Giungemmo sotto casa e, sotto gli occhi di mio padre che stava per uscire, a favore di quegli occhi, mi fece un sorriso forzato e disse “Ciao” La mattinata, il contrattempo, quell’atteggiamento, l’universo .. io ero veramente molto seccato. Salimmo a casa e dopo che lei fu andata in bagno, ebbi un’intuizione “Perché mi hai scritto dei programmi? Hai avuto qualche altra richiesta dal tuo ex?” “Mi ha chiamato per chiedermi se può prendersi sua figlia Cinzia per il fine settimana” “Ah capisco perché hai scritto e non chiamato..E tu?” “Gli ho detto va bene. Tra l’altro mi ha chiesto prima se c’erano Mattia e Samuele” Come a dire vedi che delicatezza??! Ah cazzo! Chisti su masculi!! Lei è stanca di me. Io sono stanco del suo atteggiamento nei miei confronti. Mentre mi risponde continua a consultare e ad utilizzare il telefono “Ti posso parlare 10 minuti di la o sei impegnata?” “No non sono impegnata. Certo” disse palesando ancora di più di non sopportare più nulla. “Non credi” attaccai che in qualche modo tu dovresti avere il pensiero per me in queste situazioni.” “Ti ho già detto com’è andata!” “Ma non potevi pensare che ci poteva essere una situazione che non metteva a disagio nessuno?” “No non ci ho pensato” “Ma…” “Io credo che noi adesso non possiamo parlare, perché tu sei nervoso e quando tu sei nervoso io non ci posso parlare con te.” cercai di formulare qualche altra parola … non dissi niente. E’ finita non esisto più. “Ti vuoi andare a riposare sul letto?” “No preferisco stare sul divano” e nel frattempo aveva ripreso ad armeggiare col telefono Andai di là e Mattia mi chiese “Papà ci andiamo al Giardino Inglese con Titti?”
ritornai da lei e glielo chiesi “Noo io sono troppo stanca.. io mi vado a mettere un po a letto (ma come te l’ho proposto un attimo fa!) voi uscite e poi, quando venite, si vede” “Ma i bambini avrebbero questo piacere … Non puoi riposare un poco e poi vediamo, non c’è fretta possiamo aspettare” “Ti ho già detto che a me non va..” “Ma non ti sembra ingiusto? Perché fai così, perché mi guardi e mi tratti con questo atteggiamento del cazzo? Perché si tratta dei miei figli e non delle tue?” “Senti Lorenzo, sai che faccio, mi raccolgo le mie cose e me ne ritorno subito a Palermo!” rimasi di nuovo imbambolato a guardarla, mentre lei si alzava e si dirigeva in cucina. Come un automa mi alzai e la seguii. Prese la borsa, le cose che aveva lasciato sul tavolo, mi ò davanti, si diresse verso la porta ed uscì. Ancora inebetito, andai al balcone e vidi che ava da lì sotto con il viso nauseato.. basta, basta, basta diceva, girò l’angolo e uscì fuori dalla mia visuale. Ero bloccato, non c’era più niente da dire… Squilla il telefono, il suo numero “Dimmi” dissi con voce dimessa, annullata “Senti, siccome a me sono rimaste le tue chiavi dell’auto e tu hai le mie e sta arrivando il taxi che ho chiamato, che fa me li porti così le cambiamo?” è pazza ed io sono pazzo.. “Vieni qua col taxi, lo fai aspettare, ti prendi le chiavi e te ne vai” “mmm Ok”
Ho capito. In questa nuova fase della tua vita, del nostro rapporto mi stai chiedendo, forse non puoi fare altrimenti, di essere solo tuo amico, di volerti solo bene. Ed invece io ti amo e, in alternativa, ti posso solo odiare. Non si può volere bene quando si ama ed io ti amo da morire. Tu forse già ci sei riuscita, io non credo che ne sarò mai capace, sicuramente non lo sono ora. Ti posso solo odiare ora. E porre te in una condizione migliore solo distruggendo definitivamente quello che hanno rappresentato Titti e Lori. L’ufficio, il centro commerciale, Elisa, gli abbracci ed i baci e l’amore, le nostre mani intrecciate… sono finite. Tutto? Si può fare! Devo distruggere noi … e piango un pianto solo interno, straziante, mi sono … mi sto scindendo da me stesso. Ti amo come non ha mai fatto e non potrà mai fare nessuno.
Dopo 10 minuti giunse, proprio mentre ritornava mio padre “Che fa mi lanci le mie chiavi?” “Ma non puoi salire?” “Mi lanci le chiavi!!” mio padre arrivò accanto a lei “Sto salendo” mi fece. Si presentò davanti a me e le dissi “Titti sei sicura di quello che fai?” mi guardò, un’estranea che mi fulminava con gli occhi “Ti ho detto dammi le chiavi che me ne devo andare!!” le diedi uno schiaffo (stavolta confermo, lo ricordo benissimo)… è finito tutto, quanta sofferenza, quanti pensieri, quanti sacrifici, quante rinunce, quanto amore, due disgraziati vinti dagli eventi… “Che succede?” domandò dall’altra stanza mio padre “Niente” “tieni le chiavi e vattene!! Mi hai rovinato.. ti ho dato tutto, non riesco a darti il mio affetto.. ti libero io, ti libero io..” la presi per il braccio con lei che preventivamente gridava “ahi ahi” aprii la porta e la spinsi forte fuori. Ebbi il tempo di vedere che si aggrappava al corrimano e sbattei la porta. Mio padre aveva visto tutto, avevo gli occhi spiritati “Lorenzo ti senti male??... Non mi portare mai più nessuna donna a casa..” Andai sul balcone e vidi che saliva sul taxi ed andava via.
The pros and cons of teen spirits
2015
#tuttosipuofare
The pros and cons of teen spirits
un romanzo di Filippo Lo Nigro