La Dieta Delkazz 5f4u4z

Copyright © 2012 Velvet Hands

v. 01

© copyright 2012 by Velvet Hands [email protected] I edizione digitale ISBN 9788890741791 Developed in Italy https://www.facebook.com/LaDietaDelkazz

Indice

Introduzione Randa Romero

La morbicicletta e la tartaruga Velvet Hands

AAA cercasi culo disperatamente Vironika

Barbie 500 Sabina Fiorentini

Mens sana in Corpore morbidvm Djamanda

Mariangela Margot Pucci

Trattamento di bellezza Manuela Rossa

Dal barbiere Discretoeionale

Sesso, cibo e… Vuerre

La Signora degli Anelli Nigricante

Contatti

Introduzione

Riflessioni od ossessioni? Piccole storie, in questo libro, dedicate a momenti di riflessione individuali che scoprono pensieri ossessivi e caratterizzano la qualità del rapporto con noi stessi. Una catena di pensieri che girano intorno ad un unico tema, espressi nel linguaggio comune, spezzettato e spesso carnale del pensiero quotidiano. Attraverso storie ironiche o sensuali, frammenti di quotidianità resi leggeri da uno sguardo divertito, si affronta un tema importante per ognuno di noi e pregnante per il tipo di società nella quale viviamo. Il tema del “modello desiderabile, che ossessiona, nel vero senso della parola, ognuno, e si coagula in pensieri disperati, soprattutto in concomitanza dell’estate. Gabbia imposta da un sistema d’immagine sempre più invadente, la desiderabilità del modello si polverizza in queste storie, che hanno la capacità di far emergere “l’umano vero” in tutta la sua varietà espressiva. Corpi di ogni fattezza e dimensione emergono, finalmente, dalla patinatura appiattita delle riviste di moda, per esalare i loro odori individuali nell’aria intorno a chi legge. Dalla ossessione per il proprio aspetto esteriore, sempre riferito ad un modello standard esterno, i protagonisti hanno la fortuna ed il coraggio, la saggezza e la conferma esterna, di arrivare a vivere se stessi dall’interno, dal centro di sé e recuperano, perciò, il senso della loro vita. Con storie corte, piccole frasi, brevi pennellate, questo libro riesce a generare una forte impressione. L’umanità, finalmente liberata dalla sua gabbia narcisistica, comunica al lettore il senso della presenza e del calore, ormai estinti nelle immagini che si affacciano ogni giorno da cartelloni e riviste.

Randa Romero

Psicologa e psicoterapeuta.

La morbicicletta e la tartaruga

- Massaggiatore erotico? Tu? Almeno dovresti far fuori quella panzetta, non ti pare?

(minx ma non mi stavi pregando di sposarti soltanto qualche ora fa?) - Ma scusa, mica cercheranno me per il mio aspetto fisico ma per la qualità del mio tocco, no?

- Embeh massì ma faresti bene a farla sparire quella là.

Giuro, in 40 anni di vita, mai mi ero reso conto esistesse. Cioè… ma non dicevano che uomo senza panza è come un cielo senza stelle? Probabilmente è stato un uomo a inventare quello stupido slogan. So che è quella parte che fuoriesce dal girovita dei pantaloni e che ha una cavità pelosa chiamata ombelico. Questa è stata l’unica relazione che abbia mai avuto con ombelichi maschili.

Un amico diceva: “io sarò grasso il giorno in cui non vedrò il mio pistolino quando vado a fare la pipì”. Quasi senza volerlo mi era rimasta impressa quella frase da una vita. Non è che mi ballonzola nulla, ho soltanto il mio rotolino che ritengo così normale che pensavo addirittura nessuno lo notasse.

Ambeh Diamoci da fare. Incomincio informandomi.

Aah 3 mesi di routine e pem! Viene fuori una tartaruga che sembra fatta di piastrelle di cioccolato. Eh la cosa è facile, come mai a nessuno è venuto in mente di farla diventar obbligatoria per tutti, come a Sparta, mi chiedo io.

Incomincio nei mesi freddi d’inverno con le prime ore del mattino. Una sorta di sacrificio purificatore, un saluto al sole, un unirsi con l'universo in un'unica entità.

Trovo questo parchetto vicino a casa mia, c’è un amani dei bambini, mi incastro bene li e huaaaang mi piego come un como che compie cicli di oltre 180°.

Ispirato a Rocky, uuungh s’incomincia!

Serie di 10, 20 che poi diventano col are dei mesi 40 fino arrivare a 50 (ma scusa, non erano tre i mesi per far piastrellare la tua panza?).

I primi due mesi infatti si rivelano troppo duri, visto che mi son fatto un male pazzesco alla schiena.

Eeh mica sono Rambo e oltre i 40 non sei più un ragazzo. Non bisogna essere medico per capire che stavo aggredendo in modo atroce i dischi della colonna. È stato il dolore a farmi fuori per tre settimane lunghe (addirittura presi un bubbone enorme al gomito della misura di una palla da ping pong mentre facevo le flessioni).

Dopo l’obbligata pausa ho ricominciato con una routine più addolcita e più efficace (nel senso che mi facevo meno male). Mi sentivo meglio, addirittura il dolore agli addominali era sparito. Sono capace di farne una al secondo per 50 di fila. È pazzesco.

Ma di tartaruga nulla!

Un giorno di primavera stando in un posto che conosco nel parco Sempione, mi trovo intorno a una barra fissa tutti questi torelli a far ginnastica all’aperto.

Un po’ la menano come volendo farti credere: “eh noi siamo a Santa Monica beach”, (a me invece mi sembra di veder una tipica scena di carcerati).

Aah vedi? La cosa è facile, è che sei tu a non saper come farle. Cioè, Francis Bacon diceva: “knowledge is power”… certo.

- Scusa… secondo te come si fa a ottener la tartaruga?

Uno lì tutto scolpito - Moh, fammi vede

- ?? Scusa?

- Sì, fammi veder la tua

Ho provato imbarazzo Della serie: “ma chi cazzo sei te per voler veder la mia pancia?” Ma dopotutto non che non esisteva? Cioè Saranno un bel po’ di mesi lunghi da quando ho iniziato a lavorarci “Toh, guarda e ammira”. Mi alzo la maglietta e questo qua la prima frase che dice è:

- Ma tu sei grasso!

- Guat?

Mi ripeti?

- Si, tu sei grasso.

(guardando la mia espressione si ammorbidisce)

- No, è che la zona è coperta di grasso, devi lavorarci lì.

- Aaah già Certo, grazie

- Figurati

Ma come si fa ad essere grassi senza mai esserlo stato? Cioè, il mio peso è dentro i parametri. Non ho carne ammosciata e i miei muscoli sono sodi. Ho soltanto quel rotolino che si ostina a non sparire.

Continuo nella mia solitaria routine a far le serie. Oramai ho imparato sulla mia pelle che non ci vogliono 3 mesi. Dopotutto sto bene a far esercizio, mi piace.

Un giorno di questi entro per caso in farmacia e il benvenuto è stato sponsorizzato dalla Somatoline.

"Lo sapevi che la cellulite è una malattia?"

Non ce la faccio a star zitto, parlo accalorandomi con le farmaciste fino ad arrivare al proprietario:

- Ma dov’è finita la vostra etica per affermare spudoratamente uno slogan così palesemente falso?

- Eeeengh, si ha ragione signore.

- Allora togliete quella pubblicità …

- Aaah non possiamo!

Siamo in tempi dove sono i viscidi marketers a determinare cos’è malattia e cosa no.

Dove ridendo e scherzando per dimagrire si prende dallo scaffale un prodotto per giocare alla roulette russa a casa coi delicati orologi ormonali toccando nient’altro di meno che la tiroide, ma siamo matti?

Domani a qualche testa brillante gli verrà in mente che siccome l’Infasil è un presidio medico chirurgico allora saremo malati a non usarlo ogni qualvolta si va

in cesso.

Forse bisognerebbe far qualcosa,

solo che non saprei da dove cominciare.

Tempo fa ho imparato che se faccio 80 km di bici in una sola giornata sotto il sole cocente di estate perdo la bellezza di due chili di peso (non che mi serva, ve lo dico soltanto come informazione).

Allora, dicevo, abbinando un attrezzo apposta per far addominali allo stesso tempo che si pedala, tipo come si fa per il remo per intenderci, dovreste tornare a casa modellati come tori.

Certo, bisogna farlo a regola d’arte: con crema iperprotettiva, con un bidone di Gatorade alla mano, con pause tranquille e col proposito di non voler uccidersi da soli.

Il risultato è che torni a casa con due chili in meno ma ti ci vogliono un 3-4 giorni per rimetterti in sesto. È una roba da legionari. Metti che lo fai una domenica mattina, continui a pagar il malessere fin giovedì circa.

Penso sia un prezzo molto duro da pagare, non so se valga la pena.

Poi basta un bicchiere di vino, una salamella, del buon formaggio o una bistecca

e FLUM che ti gonfi di nuovo mandando a farsi benedir l’embrione di tartaruga che con tanta fatica stavi allevando.

Alla fine sono convinto che per ottenerla basti soltanto andar al lago con della lattuga in mano e cercarla nella riva dell’acqua oppure nel caso più disperato prendere un pennarello indelebile e farsi le righe sulla pancia e ridere di se stessi davanti allo specchio.

L’idea di questo libro vorrei fosse una risposta a tutti questi condizionamenti che ci impongono da fuori, c’è chi si permette di giudicarti, di farti sentire inadeguato, c’è chi ci gode e addirittura c’è chi ci guadagna spudoratamente di tutto questo, io non ci sto.

Citando un po’ la famosa canzone di Robert Smith, io direi: “why can’t I be myself?” Buona lettura

Velvet Hands, Milano

A.A.A.Cercasi culo disperatamente

Se gli uomini avessero la reale percezione delle pippe mentali che ci facciamo a causa loro, forse ci apprezzerebbero di più o forse capirebbero quanto stupide noi donne possiamo essere delle volte.

Prendete me ad esempio, una donna nella media, con un lavoro nella media, interessi medi, amicizie medie e un culo extralarge.

Sì, ho il culo grosso e neanche a dire che io abbia origini sud americane, io ho un culo mediterraneo. Nel senso che sono la classica bellezza italiana? No, ho un culo che per ampiezza potrebbe sembrare un' isola nel nostro bel mar Mediterraneo.

Beh insomma io e il mio culo abbiamo sempre avuto un rapporto di odio e amore: una convivenza forzata, che riservava anche bellissime esperienze insieme. Quella volta che caddi, mi salvò dal ruppermi il coccige … amato culo!

Insomma il mio culo extra e io vivevamo insieme fin quando in questo nostro rapporto si insinuò lui. Un uomo. No … uomo è un complimento, l’essere era un omuncolo.

Faceva tutto il brillante con me, cene insieme, interessantissime disquisizioni sulla patafisica e il cinema orientale … insomma due palle! Ma era così carino, moro, occhi grandi, un naso spettacolare e a occhio e croce doveva avere anche un cazzo interessante.

Ci fu il primo bacio, bello intenso … io avrei anche voluto mollargliela lì per lì

sulle scale di casa, mentre la mia vicina Pina sicuramente dallo spioncino di casa sua ci osservava, e invece nulla.

arono dei giorni prima che l’omuncolo si fece sentire.

Aveva una voce ben diversa, molto distaccata. Cercai di capire cosa fosse successo e insomma la testina di cazzo mi disse: “sai sei una persona molto interessante, mi piace parlare con te di tutto, ma io non ho mai avuto una donna come dire … in carne e forse …”

Non gli permisi di continuare a dirmi stronzate, gli attaccai il telefono in faccia e sì lo ammetto mi feci certi pianti! Ero uno schifo, mi guardai allo specchio, fissai il mio culo e gli dissi addio.

Sì decisi che il problema era il mio o per meglio dire di quel culo che mi guardava come a dire “oh ma che cazzo vuoi, a te ha baciato l’altra sera mica me, sennò col cavolo che ci mollava”.

Non mi feci intenerire e da quel giorno iniziai a muovermi … sì a camminare, correre no perché non esageriamo.

Sono stata una delle prime donne deficienti a comprare la wii pensando davvero che facendo Zumba potessi dimagrire. E poi che parola è Zumba? No davvero parliamone, se il gioco si fosse chiamato “trumba” sarebbe stato decisamente meglio.

Mesi a zumbare e alimentarmi con ortaggi dal sapore certo. Nel senso che non si potesse opinare sul gusto che era certamente una merda.

Serate a mangiare ato di verdure, bere litri e litri di acqua liscia, perché quella gassata a quanto pare non va bene per dimagrire. Ma da quando in qua l’anidride carbonica mi fa venire la cellulite?!

Ammetto che tutto questo mi stava facendo perdere sì il culo ma anche la voglia … la voglia di uscire, di dire le mie stronzate e avevo smesso anche di masturbarmi.

La mia figa era di un depresso … come il resto del corpo.

E i colleghi, i conoscenti, l’impicciona della Pina invece mi dicevano come stai bene, ti vedo meglio … Cazzo prima ero il doppio e ora mi vedi bene? Problemi oculistici si diffondevano tra coloro che frequentavo.

Sì i vestiti mi stavano meglio, ma ogni volta che indossavo un paio di jeans nei camerini e mi giravo per vedere come mi scendevano … lo vedevo, o meglio non lo vedevo e questo era il dramma.

C’era un vuoto in me, oltre che nello stomaco, non nel cuore a causa dell’omuncolo, ma c’era un vuoto dietro. Il mio culo era sparito.

Quando uscivo, quelle rare volte che le mie amiche mi convincevano, vedevo che il genere maschile mi guardava, ci furono anche diverse avance ma io non

mi sentivo completa, non mi sentivo sicura e lasciavo cadere qualsiasi interesse.

Un giorno mi svegliai e mi accorsi che era già estate. Da cosa me ne accorsi? Dal fatto che un 747 durante la notte mi aveva pizzicato ovunque.

Il fatto che ormai mi trovavo in estate fece balenare nella mia testa una serie di associazioni di idee:

Cazzo la prova costume e soprattutto CAZZO LA CERETTA!!!!!!!!!!!

Non avevo nessun costume in casa e sapendo che la mia amica Bea sicuramente mi avrebbe chiamato nei prossimi giorni per farci un 12 ore a rosolare in spiaggia, prenotai la ceretta.

Perché io sono di quelle donne che prima di andare a comprare il costume da bagno si fa la ceretta, perché innanzitutto se becca la commessa impicciona evita che la suddetta le veda un grizzly laddove dovrebbe esserci la fringuella, e poi perché con su i peli dovrei comprarmi un costume di una taglia in più.

L’esperienza della ceretta è sempre come la prima volta soprattutto se è la prima dopo il disgelo invernale.

Andare a farsi la ceretta è mettere in piazza i propri affari, perché quando la tizia ti fa i peli capisce subito tu in che situazione sentimentale ti trovi. Se hai una lieve peluria capisce che tu trombi e che quella è la ceretta pre-trombata, ma se invece la fuffa stava nelle mie condizioni la tipa comprende che ti vai a fare la ceretta non perché non trombi, ma perché non riesci proprio a trovarla lì in mezzo.

Metto il perizoma di carta, sono pronta, l’estetista mi guarda e traffica qualcosa con lo stereo. La visione della mia fuffa-grizzly la ispira tanto da mettere su un cd di Tiziano Ferro. La depressione si appropria di me.

Una volta finita la tortura e la violenza psicologica, decido di farmi un giro a

piedi. Vedo una faccia da stronzo che conosco… è l’omuncolo! Non so cosa mi prende ma mi dirigo verso di lui con un andamento molto simile a un bersagliere. Lui vede che gli vado incontro e ha il coraggio di sorridermi e dire:

-Ma dai! Ciao, ma da quanto? Ma lo sai che stai proprio bene!

-Apparte ciao un cazzo, mi vedi bene? Ecco un altro miope di merda! Tu sei uno dei peggiori casi di “coglionarus homurus”: Uomo coglione. Ma come ti viene in mente di dirmi come se fosse 'na roba negativa che io sono in carne? Grazie a Dio ho del tessuto a ricoprirmi gli organi vitali, sono mesi che a causa tua mi alimento di ortaggi a chiara forma fallica mentre in realtà dovrei davvero mangiarmi dei cazzi! Sono mesi che non trombo, non ho più il culo e a volte credo di cagare dalla cervicale, perché non so più dov’è il mio ano. SEI UNO STRONZO !!!!!!!!!!!!!!

Bellissimo momento, uno dei più alti della mia vita. Lascio il tizio così in mezzo la strada, non so neanche se accanto a lui ci fossero degli amici.

Mi sento libera, e di nuovo me stessa.

Ho una voglia di trombare, di ridere, di riappropriarmi della mia vita prima del black-out.

Ma in primis devo rivedere un vecchio carissimo amico.

Entro nella prima gelateria e mi compro mezzo chilo di gelato.

Penso che per cominciare possa andare bene. C’ho messo tanto per mandarlo via ma spero che il mio culo possa tornare presto.

Questo è ciò che mi è capitato qualche mese fa, ora sto molto meglio.

C’ho messo del tempo prima di risentirmi completa e prima che il mio culo mi scusasse, è un culo particolarmente permaloso. Ma alla fine mi ha perdonato, inizialmente ha avuto crisi di panico e paura di essere abbandonato, ma con una buona terapia ne siamo usciti.

Il mio terapista è stato un genio: per rasserenare il culo me lo scopa 2/3 volte a settimana a seconda delle crisi, sospetto che il mio culo se ne stia approfittando.

Morale della storia (se una morale deve esserci)?

Signore siamo donne e nella vita ci sarà qualcuno pronto a mettercelo nel culo … facciamoci furbe, scegliamocelo noi per prime :)

Vironika, Roma

Barbie 500

E’ successo una mattina di inizio estate, mentre guidavo. La mia dolce bimba seduta dietro, sul seggiolino. Ero appena uscita indenne e in tempi ragionevolmente brevi da un mini ingorgo estivo, di quelli che quando te li trovi davanti inizi a smoccolare pronunciando frasi del tipo: “Ma state ancora tutti qui? Ma perché non ve ne andate in vacanza?”. Eppure quella mattina non mi ero dilungata nel solito, scontato repertorio di rabbiose lamentele da imbottigliamento. No, non avevo fatto una piega neanche di fronte al camion per la raccolta dell’immondizia che lento e irritante, nel momento meno azzeccato della giornata, aveva bloccato la strada. Ero di buon umore e stranamente puntuale. Cinque minuti in più, cinque minuti in meno non ci avrebbero impedito di iniziare entro le nove la splendida avventura del Centro estivo. Certo, non è che fossi proprio all’apice della forma e a pensarci bene, mentre mi vestivo, avevo pensato per un attimo a cosa avrebbero detto le ex insegnanti del nido di mia figlia nel rivedermi dopo due anni. Riportarla nel suo vecchio ambiente per un mese di giochi dopo due anni di scuola materna frequentata nel nostro nuovo quartiere mi era sembrata una scelta particolarmente felice per lei, un tuffo nel ato, un raggomitolarsi in una vecchia comoda cuccia, magari in compagnia degli amichetti di un tempo. Avevo forse bisogno di vecchie certezze? O di rinnovate conferme? Lo facevo per lei o per me?

Fatto sta che superato l’ingorgo, dopo aver lanciato uno sguardo di fuoco all’operatore ecologico di turno alla guida, riflesso condizionato pur in presenza di quell’insolito buonumore, la mia bimba mi ricorda della sua presenza.

- Mamma?

- Dimmi tesoro.

- Hai i jeans di Barbie.

Quella mattina in effetti, non sapendo assolutamente cosa indossare a causa del sovrappeso accumulato nei mesi invernali, inaspettato e scomodo compagno di quell’estate agli albori, avevo optato per un paio di jeans a pinocchietto con allacciatura variabile in vita. Una vera drittata. In ato quei jeans avevano fatto girare più di un maschietto. Avrebbero sortito lo stesso ‘effetto annebbiamento’ sulle insegnanti di mia figlia tanto da non far notare il peso accumulato? Ne dubitavo. Quel che è certo è che alla ‘Barbie 500’ di mia figlia, bionda, boccoluta e vergognosamente in piena forma quello stesso modello di jeans stava d’incanto.

- Sì, forse a Barbie stanno un po’ meglio.

L’avevo detto, avevo buttato le mani avanti per non cadere indietro e sapevo che mia figlia avrebbe colto al volo quell’infelice assist.

- Sì mamma, le stanno proprio meglio. Parecchio meglio.

La risposta si era avventata sul mio buonumore come una mannaia. Cosa udivano le mie orecchie? Anche mia figlia, la mia prima sostenitrice, quella che ogni giorno era lì a ricordarmi quanto fossi bella, si era accorta del mio disfacimento. Momenti di silenzio. Scendo dalla macchina senza proferire parola. Subito incontro qualche mamma conosciuta, la saluto con un sorriso tirato, tirato come la pancia che cercavo di nascondere. Ed eccomi alla prova del fuoco. Una delle ex insegnanti di mia figlia, la mia preferita, apre la porta del vecchio nido per accoglierci ed io piazzo la bambina esattamente davanti a me a coprire la visuale del mio giro vita lievitato. In una mano il suo zaino, nell’altra le chiavi della macchina e lei al centro. Un goffo appendiabiti. Sorrisi, baci, abbracci. Qualche frase di circostanza. Spingo mia figlia all’interno, mi chino tatticamente su di lei per baciarla, le o lo zaino piegata ancora a squadra, saluto e in quel preciso istante il mio classico dolore lombare inizia a farsi

sentire con un triste esordio dolente. Mi rialzo lentamente mentre la porta si chiude, il sorriso finto ancora stampato sul volto che si trasforma immantinente in una smorfia di dolore appena cerco di riacquistare una posizione eretta. Scivolo fuori come una ladra sperando di non fare altri incontri e mi dirigo verso la macchina. E’ in quel momento che qualcosa scatta dentro di me. Noncurante delle calzature totalmente inadatte e della tracolla pesantissima che ero certa mi avrebbero regalato un peggioramento della lombo sciatalgia appena risvegliatasi richiudo la macchina e in preda ad una sorta di delirio mi incammino verso il parco adiacente. Noncurante del caldo e del sole, senza neanche un goccio d’acqua a disposizione, inizio a camminare come una forsennata ripetendo a mò di mantra: “Ora vi faccio vedere io!”. Con chi ce l’avevo? Con il mondo intero. In questo stato d’animo avrò camminato una quarantina di minuti finché, mentre affrontavo la salita finale che mi avrebbe riportata alla macchina, le gambe iniziano a cedermi, la vista si annebbia e un tremendo senso di nausea si impossessa di me. Non ricordo più nulla se non di essermi ritrovata su una panchina all’ombra, con un nugolo di gente attorno. Ma il ritorno allo stato cosciente mi rimanda chiaramente un solo volto, un’immagine, il resto è ancora sfocato. Una Barbie bionda, statuaria, perfetta, in tenuta da corsa, solo un pelo sudata, unghie perfette, già abbronzata, che mi chiede come sto.

Un immediato senso di fastidio si impossessa di me e nel ricompormi alla bell’e meglio le rispondo vagamente irritata.

- Sto bene, perché?

- Beva un po’ d’acqua.

Ringrazio la Barbie e mi avvento come un assetato nel deserto sulla sua bottiglietta d’acqua quasi piena. Mentre penso di avere davanti un esemplare di donna bionica che non sente l’esigenza di dissetarsi neanche durante una sessione di corsa mi becco la seconda mazzata della giornata.

- Ma signora cosa fa? Nel suo stato. E con questo caldo poi. Si mette a camminare sotto il sole?

- In quale stato scusi? – rispondo alla Barbie rinviandole un altro assist infelice. Ne sono tristemente consapevole, ma ormai è troppo tardi.

- Beh, nel suo stato, insomma. Aspetta un bambino, no?

Sento la rabbia salire da una profondità viscerale che non sapevo neanche esistesse tanto è profonda, il cuore impazzito, le forze che tornano e si concentrano tutte nella voce, nelle membra, nelle mani che improvvisamente si serrano a pugno. Vorrei picchiarla forte, prenderla a mazzate, questa perfettina del cavolo. A guardarla bene non mi sembra neanche così bella. Solo una Barbie di plastica senza anima, scipita, scialbetta, incolore. Con un’impercettibile ricrescita all’attaccatura dei capelli. Grigiastra, per giunta. Impercettibile, ma io l’ho notata. Ho sempre avuto uno sguardo attento per certi particolari. Cerco di trattenere la rabbia, ora metto a fuoco anche le altre persone attorno a me. Tutte silenziose e imbarazzate. Tutte consapevoli della gaffe di Miss Perfettina. Tutte, tranne lei. Mi alzo in piedi, inizio a togliermi di dosso la polvere che nella caduta deve avermi avvolta come un pesce nella panatura, raccolgo la borsa, le riconsegno la bottiglia, raddrizzo le spalle nonostante il dolore tremendo ai lombi e con l’aplomb più aplomb che sia mai stata capace di esprimere le rispondo.

- Si sbaglia signorina, non sono incinta, sono solo in leggero sovrappeso. Grazie a tutti per l’assistenza. Molto gentili. Ora sto bene, grazie.

E mentre faccio per avviarmi, mi giro di nuovo verso di lei.

- Ah signorina, si è accorta di avere una brutta ricrescita grigiastra? Non le rende giustizia. Lo dico per lei. Sa, bella com’è. E’ un vero peccato.

Colpita e affondata. Lascio la Barbie che si tocca la scriminatura con fare sgomento e mentre scommetto che la sua prossima telefonata sarà al parrucchiere di fiducia, le altre persone trattengono a stento risatine ironiche. Inizio a ridere anch’io, per prima. Rido forte, con una rinnovata allegria e mi ricordo che proprio lì vicino c’è la migliore gelateria del quartiere. Non è forse saggio rifocillarsi dopo uno sforzo? Decido che d’ora in poi riprenderò a ballare, mi piaceva tanto ballare. Così non rinuncerò ai piaceri della buona tavola. E il mio programma di remise en forme per l’estate si dipana immediato davanti ai miei occhi: sana attività fisica, tanta acqua, cibo e vino di ottima qualità, senza esagerare. E sesso, tanto sesso. Del buon sesso. Esagerando. La corsa lasciamola alle Barbie.

Sabina Fiorentini, Roma

Mens sana in Corpore morbidvm

stanza da letto

M: Svegliati, che fai ancora addormentato, sudato, in quella posizione scomposta che non ti fa granché onore?

C: Lasciami dormire ancora un po’, non mi disturbare, lo sai che quando dormo sto bene, mi sento in pace con il mondo, non ho consapevolezza di me.

M: Non dire fesserie, non puoi star lì a crogiolarti nei soliti dubbi, nelle solite paure, alzati!

C: Tu sei matta, ma non ci penso neanche, così improvvisamente poi?

Fammi almeno prendere un lenzuolo.

M: No, niente! Vieni così con quella specie di rete che ti ritrovi addosso.

C: No, ti prego…almeno la maglietta…

M: No, neanche quella! Ieri non la volevi la maglietta mentre ti dimenavi su quel lettone e ti cimentavi in numeri acrobatici facendomi fluttuare tra la trance e l’estasi.

C: Una federa… un foulard… un fazzo…let…to!

M: No! Devo farti vedere una cosa importante anzi guarda, porta le braccia avanti, chiudi gli occhi e seguimi.

Corpo nudo si muove con incertezza nella stanza ancora in penombra.

Un'altra sagoma immobile sul letto: dorme. bagno

M: Accendi la luce, presto!

C: Fatto E adesso mi vuoi dire cosa è tutto questo mistero? Che hai stamattina? In genere mi dai il tormento, non ti rilassi mai, mi bisbigli cattiverie vessandomi in un modo indicibile.

M: Si hai ragione, in genere faccio così. Per una vita non ho fatto che mandarti input positivi e negativi insieme. Più volte ti ho creato momenti di imbarazzante confusione chiedendoti alle sette di mattina di dimagrire per infonderti il senso di fame dieci minuti dopo.

C: Non solo... per anni mi hai convinto a seguire regimi dietetici di una crudeltà inenarrabile da alternare a momenti di solenni abbuffate.

M: Sì, è vero e dopo queste abbuffate ti costringevo a liberarti del cibo nemico tra mille sensi di colpa, in un ambiente simile a questo, questo dove siamo adesso.

C: E allora che vuoi adesso? Che cosa ti aspetti che faccia? Che cosa vuoi “regalarmi” ancora? Non basta tutto quello che ci siamo già fatti? Non bastano i trent’anni di odio che mi sono regalato e il tempo perso a inseguire una perfezione per te sempre lontanissima?

M: Sì bastano, credo che bastino. Apri gli occhi, voglio farti un regalo. Voglio regalarti uno sguardo diverso. Voglio regalarti lo sguardo degli altri. Guardati e quando lo fai, staccati da me e da ogni mia idea, immagine o pensiero.

C: Oddio, ma sono io quello? Sono io quello dentro quella rete di lycra nera cosi sfacciatamente, morbido, bianco, materno?

Sono io quello con quegli occhi gonfi dalla nottata, dal trucco sfatto e pesantemente retrò? Sono io quello dalle labbra tumide che portano ancora rimasugli rosso ciliegia? Sono io quello dai seni dolenti e dai graffi lungo la schiena? Sono io quello che vedo, in quest’ambiente che mi è stato nemico per una durata infinita, dove ora invece mi scopro e mi osservo incredulo? Dove tu, eterno giudice severissimo e implacabile, adesso ti compiaci rilassata mandando impulsi di grazia all’ambiente circostante e a me?

M: Ssssh… non parlare oltre. Esci dal tuo stupore che ti rende fragile e concentrati invece su ciò che ora sei: un corpo morbido, tatuato dalle trame di una rete nera, umido di acquolina altrui. Tigrato da mani che ti hanno graffiato, esplorato, accarezzato, stretto; tratteggiato da labbra che ti hanno sfiorato, baciato, assaporato, morso.

C: Mmmm… tu non mi hai mai parlato in questo modo, mai così amichevolmente. I miei giorni con te sono stati contraddistinti da un clima variabile e le nuvole

sono state il più delle volte chiuse che distanti fra loro. Adesso, in un giorno qualunque, di un mese qualunque, in un posto qualunque mi irrori di luce elargendomi arcobaleni di fiducia. Perché?

M: Perché è arrivato il momento, per noi, di diventare un tutt’uno e dare forma ad un insieme di cellule che sprigioni pacatezza ed armonia. Perché dopo anni ati a tirare le somme di conti sbagliati, è tempo di fare la pace ed accorgersi che il bilancio di un’esistenza trascorsa, non risulta in perdita e forse non lo è neanche mai stato. Asciugati gli occhi e raddrizza le spalle e poi, diamo la schiena a questo posto e rientriamo da dove siamo venuti di modo che possiamo riprendere a dormire. Io in serena quiete e tu, tu con nuove consapevolezze: bianco, tondo, morbido e palpitante di vita

Djamanda, Sassari

Mariangela

- Signora. Signora...

Anche se non pronuncia il mio nome capisco che sta chiamando me perché mi arrivano dei buffetti sulle guance.

- Signora, tiri fuori la lingua.

Un colpo di tosse mi squarcia da tutte le parti.

- Brava, è tutto finito.

No. Si sbaglia. Non è tutto finito. Sta appena cominciando. Ed è un inferno. Devo avere un buco nella testa e una spada conficcata da qualche parte. Tento di muovermi ma sono bloccata da qualcosa; forse sono legata. Non riesco a stabilire se sono in piedi o coricata. Ho perso la percezione del mio corpo nello spazio. E adesso sento un freddo intenso; non un freddo per il freddo ma un freddo che mi viene dalle budella. Comincio a tremare.

- Copritemi - Credo di aver detto. Ma quello che è uscito dalla mia bocca è solo un suono. Sento rumori metallici, cose che camminano sulle ruote e gente che parla a bassa voce di qualcosa che non riesco a percepire. Un forte odore di disinfettante rende la mia nausea insopportabile. Forse sono appena morta e loro mi stanno preparando per la cremazione. Ma perché quando ero in condizioni di intendere e di volere avevo espresso questa volontà? Ehi, Voi... Guardate che ho cambiato idea, adesso non lo voglio più!

Qualcuno aggeggia con il mio braccio. Me lo sento stringere e qualcosa di ghiacciato mi viene a contatto.

- La pressione è regolare - mi dice la stessa voce - adesso la portiamo in camera.Poi sento che si avvicina al mio orecchio e mi confida:

- Il dottor De Michelis ha fatto un’opera d’arte.

- Allora sono come quelle... di... ?

Di chi? Non me lo ricordo più. Come le volevo le mie tette nuove? Le volevo come quelle della Bellucci o come quelle di Belèn? Ma forse le volevo come quelle della zia Lina quando era giovane. Sì, in quella foto con mamma al mare. No, come quelle di Laura, no. Speriamo di no. Le sono diventate dure come due pietre. Come le volevo? Non lo so più. E se non glielo ho spiegato bene prima di addormentarmi e me le ha fatte a gusto suo? E se me le ha fatte troppo grandi? Oddio, e se me le ha fatte una diversa dall’altra? E se invece di mettermi quelle a goccia, come le volevo io, mi ha messo quelle rotonde, come le voleva lui. E se mi ha messo quelle a doppia camera come voleva lui e non quelle all’olio di soia come volevo io? Ma ci siamo messi d’accordo? Non mi ricordo... Sono stata una pazza. In fondo le mie non erano proprio da buttare. A Marco piacevano. Quando facevamo l’amore gli piaceva molto carezzarmele. Ma io mi ero fissata con la terza misura coppa C. E pensavo sempre a quella barzelletta del marito che diceva che la moglie aveva le tette come due uova fritte! Ma come fa una donna a convivere con le tette a forma di uova fritte? Ma le mie non erano come due uova fritte, erano come... come...? Com’erano le mie tette? Erano tette! Erano proporzionate al mio corpo e alla mia età. Erano tette che si notavano solo quando e se lo volevo. Tette discrete, eleganti. Se erano com’erano vuol dire che andavano bene. E adesso che non le ho più perché le rimpiango? In fondo ancora non ho visto quelle nuove. Magari saranno... più belle, più sode, più sensuali.

Magari mi verrà la voglia di mettermi in topless. Di farmele ammirare quando andiamo in barca con quell’odiosa di Marilina, una quarta coppa D. Oddio, e le cicatrici? Si vedranno? No, no... ! Aiutoooo... ! Ridatemi le mie vecchie tette! Il dottore... dov’è il dottore? Le voglio levate! Le voglio levate subito!

- Dottore, la scongiuro, me le tolga!

- Ehi, Mariangela, svegliati! Non mi strattonare! Non gridare. Sono io. Stavi sognando.

- Marco... menomale - farfuglio mettendo una mano su ogni tetta palpeggiandole accuratamente. Che sollievo, sono loro!

- Che ne dici di un buon caffè. Ho il sospetto che ieri sera abbiamo esagerato con il vino.

- Sì. Il mal di testa e la nausea credo non mi abbiano dato tregua tutta la notte, a giudicare dagli incubi.

- Non mi hai detto che cosa volevi che ti togliessi?

- Ho detto così? Non lo ricordo più.

Sotto il confortante getto d’acqua della doccia chiudo gli occhi e comincio ad accarezzarmi. Provo una piacevole sensazione che credevo perduta. Così divento

allegra e decido che oggi è arrivato il momento di indossare l'abito di seta blu che mi ha regalato Marco e che giace immeritatamente nell’armadio da due mesi.

Quando mi guardo allo specchio noto che la scollatura va un po’ più giù del dovuto e lascia intravedere l’attaccatura morbida di un sodalizio armonioso e discreto di curve.

Scopro che quell’immagine mi piace. Non può che essere così il seno di una donna intelligente e creativa come me. Un momento... stringendomi il vestito sui fianchi e girandomi per controllare anche il dietro, noto che dovrei perdere un paio di chili. Forse anche tre. Devo chiamare Stefania e farmi dare il numero di telefono del suo fantastico dietologo. Faccio giusto in tempo per quella famigerata prova costume di cui anche i telegiornali hanno cominciato a parlare insieme ad altri disastri come terremoti, imu e spread. E se ne parlano i telegiornali... Spread. Ma che cos’è questo spread? Mi chiedo mentre mi avvicino allo specchio per un controllo accurato del mio primo piano. Comincio a fare le smorfie. Orrenda questa rughetta tra le sopracciglia, qui ci vorrebbe una punturina di botox...

- Mariangela... dai vieni, il caffè si fredda!

Vabbè ci penserò lunedì. D’altro canto tutte le cose importanti si cominciano di lunedì.

- Arrivo. Arrivo!

Margot Pucci, Palermo

Trattamento di bellezza

71.5 kg. Il display della bilancia stamattina mi ha confermato la mia tesi sul dimagrimento da innamoramento! Evviva! Ho perso 2 chili in dieci giorni, senza assolutamente fare nulla, né dieta, né ginnastiche noiose, né sudate o corse alienanti nei parchi cittadini, con le cuffie nelle orecchie, insieme a tante altre persone che desiderano buttare giù pancetta e rotolini di ciccia accumulati nei mesi, negli anni... Per rimettermi in forma mi basta innamorarmi!

Ogni volta che mi sono innamorata ho buttato via peso e sono diventata più bella in modo vistoso. Non è solo una mia impressione, non è perché con gli occhi dell’amore si vede tutto più bello ... è un dato di fatto ato dalla constatazione che persone, che normalmente non mi consideravano più di un soprammobile, ogni volta che sono innamorata mi fermano per strada per chiedermi quale sia il mio segreto di bellezza. E non è solo una questione di peso... è la pelle che diventa più luminosa, lo sguardo che diventa più bello.

La prima volta che mi sono resa conto dell'effetto positivo dell'innamoramento è stata circa 15 anni fa. Avevo appena preso casa nuova, il vicino di casa era un bellissimo trentenne, alto, moro, brillante e simpatico ... fu colpo di fulmine alla prima occhiata, reciproco, sfociato successivamente in una ione travolgente che consumavamo sul divano di casa mia o sul tavolo della cucina. Mi scopava da Dio. Entrava e usciva dal mio corpo con velocità e forza diverse in ogni istante. Era imprevedibile e travolgente. Mi prendeva in braccio e, senza uscire da me col suo sesso vigoroso, mi portava in cucina e mi sbatteva con forza sul tavolo mentre i miei seni ondeggiavano sotto le sue spinte. Durò diversi mesi e persi 9 chili.

Altro “trattamento di bellezza” me lo fece fare il direttore commerciale con cui ho lavorato dieci anni fa.

Dopo la fine della ione con il vicino di casa ingrassai di nuovo. Cercavo di

compensare la mancanza di amore e sesso con sostanziose porzioni di dolci e di cioccolato, e i risultati non tardarono a notarsi. Anche in quel caso non era solo una questione di chili ma di luce negli occhi. Ero spenta, svogliata, senza sorriso. Finché non arrivò il nuovo direttore commerciale...

Che bello che era!...giovane, alto, elegantissimo, occhi chiari e capelli sempre un po’ in disordine. Fin dall'inizio della nostra conoscenza iniziai a desiderare di scoparlo in ogni posizione possibile e quando la moglie, in un momento di confidenza estrema, durante una serata di gala mi disse, quasi per vantarsene, che era fortemente dotato, decisi di non aspettare oltre e di non crearmi troppi problemi.

Così una sera in cui eravamo a Milano per un convegno aziendale, dopo la cena con tutti i colleghi tornammo ognuno alla propria camera; le nostre erano fortunatamente attigue e io non mi lasciai sfuggire l'occasione. Bussai alla porta della sua camera in vestaglia e intimo, con la scusa banale di chiedergli del materiale informativo di lavoro per il giorno successivo. Naturalmente, una volta dentro, la vestaglia di seta scivolò con nonchalance sulla moquette. Non aspettò di certo che glielo chiedessi … mi saltò addosso con la foga di un animale in gabbia e ammo una notte da urlo. Era veramente molto dotato! Un cazzo bello, largo, ricamato di vene in rilievo, di quelli che quando ti entrano dentro ti senti sfondare. Se non mi sentiva urlare e se non mi faceva venire almeno tre volte non si fermava. Era una macchina da sesso. E aveva due occhi di ghiaccio che mi perforavano l'anima.

I nostri incontri erano tutti rigorosamente clandestini e consumati in orario lavorativo in motel, hotel, parcheggi, bagni degli autogrill. Non ho mai lavorato così volentieri in tutta la mia vita come in quel periodo. La nostra relazione durò circa tre mesi, fino al suo nuovo trasferimento in un’altra regione.

Anche in quel caso il mio personale ringiovanimento e dimagrimento fu visibile e sostanziale. Ogni volta che camminavo per strada si giravano a guardarmi sia

uomini che donne. Avevo lo sguardo di una donna che ha appena soddisfatto tutte le sue voglie, uno sguardo malizioso e appagato, sicuro e affascinante. Non contai i chili persi quella volta, non mi interessava il mio peso, anche perché quei chili che rimasero saldamente attaccati ai miei fianchi, erano costantemente massaggiati dalle sue forti mani che mi artigliavano per tirarmi giù con forza quando lo cavalcavo.

Poi sposai il tipico “bravo ragazzo”, scelta che fanno molte donne in cerca di tranquillità, e iniziai a mettere peso con la stessa velocità con cui i miei occhi perdevano luce. Iniziai a diventare una di quelle donne che non si curano tanto, di quelle che preparano solo manicaretti prelibati per il maritino che torna a casa da lavoro stanco, che pensano alla casa e ai ninnoli, ai mobili e ai soprammobili, ai fiori e al giardino da curare, e iniziai a perdere il gusto per il sesso. Con la gravidanza mi detti il colpo di grazia. Mi trasformai definitivamente da “donna” in “mamma”, e i chili accumulati li usavo come uno scudo emozionale per evitare di cadere in tentazioni. Pensavo, povera ingenua, che i miei chili mi avrebbero tenuta lontana da uomini e ioni travolgenti. Quasi come se fossero una corazza antiguai … Ma non avevo fatto i conti con il fatto che al mondo esistono tanti tipi di uomini, con gusti sessuali di vario genere, e quando ho conosciuto il mio ultimo amante non credevo esistessero uomini che amano le donne decisamente in carne. Le cosiddette BBW, Big Beautiful Women. Anzi, a dire il vero, con lui dopo qualche mese mi sentivo fin troppo magra per i suoi gusti! Mio Dio, non c’è scampo, ho pensato.

Mi ha corteggiata spudoratamente e non mi ci è voluto molto per cadere tra le sue braccia e, anche se avevo forti sensi di colpa per le corna che facevo al mio adorabile maritino, mi ha aiutato a ritrovare una cosa importantissima che avevo perso per strada nel corso degli anni: l’amore per me stessa.

Finalmente, nonostante non avessi più trent’anni, mi sono sentita nuovamente bella e apprezzata, sensuale e piacevole. Ho ripreso a curare il mio aspetto, il mio look, il mio guardaroba, e sono ringiovanita.

Ci incontriamo nel mio ufficio in orario di chiusura e i nostri amplessi sono travolgenti e ionali, occhi negli occhi. Sulla scrivania, sulla sedia, sul divanetto, o addirittura per terra. A volte anche in macchina in qualche campagna poco frequentata, anche di giorno col pericolo di essere visti, o nella penombra della sera.

Ricordo la prima volta che lo facemmo … avevo un completo intimo inguardabile, in cotone bianco. E rotoli di ciccia che mi ballavano sulla pancia, e i miei seni floridi non erano più sodi come tanti anni fa. Questa cosa, mentre facevamo l’amore, all’inizio mi imbarazzava da morire, al punto quasi da non riuscire a concentrarmi sul mio piacere. Eppure gli piacevo, lo eccitavo molto, e questa cosa ha stravolto i miei piani di autodifesa accumulati sotto forma di grasso superfluo.

Dopo le prime volte vissute con l’imbarazzo di una vergine, e dopo avere avuto difficoltà oggettive nello sfilare i pantaloni, i collant, o gli stivaloni, ho iniziato ad apprezzare nuovamente l’uso della gonna, ho incominciato ad usare le calze autoreggenti, e ad indossarle senza null’altro … per i nostri incontri in macchina sono perfette. Ormai non mi peso più e, quando mi guardo allo specchio , quello che guardo non è il mio giro vita ma il mio sorriso e la luce nei miei occhi. Sono quelli il mio segreto di bellezza.

E anche se la mia ciccia è sempre qua con me, e anche se i miei chili vanno e vengono come le stagioni e le maree, mi sento nuovamente donna, bella nonostante le rughe in più, affascinante nonostante il mio corpo imperfetto, femmina e soprattutto felice.

Manuela Rossa, Napoli

Dal Barbiere

- Li vuole lavare?

Guardo la shampista, una ragazzotta giovane e burrosa, niente trucco, il suo volto non mi è nuovo. La sua voce calda mi risuona in testa, il suo timbro di voce richiama alla mia memoria frammenti di sere d’estate, di dolci profumi, di dolce e di aspro, di allegria e risate. L’ho già sentita quella voce, ho già visto quel viso, ho già adocchiato quelle forme voluttuose, ma dove? Mentre cerco di ordinare i ricordi un filo rosso inizia ad unire quelle sensazioni rimettendole nella giusta sequenza! Eccomi li seduto nel dehor della gelateria “da Mimmo” mentre, rapito dai miei pensieri, affondo avidamente il cucchiaino nella mia coppa gigante di variegato all’amarena. Ascolto lo scricchiolio dell’amarena mentre cede sotto i miei denti... siamo soli, io e quell’ultima amarena, quando quella voce calda mi richiama alla realtà.

- Non è così orribile!

- Seh...come no! Adesso mi vorrai dire che il gelato di soia è il meglio che c’è!!!

Una coppia di ragazze con i loro gelati si accomodano al tavolino di fianco al mio. Metto a fuoco un vestitino blu che fascia dei fianchi superbi lasciando semi scoperte le gambe, un paio di sandali alti incorniciano le caviglie possenti quanto i polpacci.

Il mio sguardo risale lungo quelle generose forme fino a posarsi sulla scollatura che a stento trattiene il seno, i capelli cortissimi e neri come la notte non oscurano il sorriso solare che illumina un viso semplice e senza trucco.

- No, non è il meglio che c’è ma non tutte sono fortunate come te, che mangi come un gigante e sei secca come una formica! Già sono grossa così, se mangio un gelato come il tuo chi ci entra più nel costume dell’anno scorso?

- E se non ci entri non metterlo quel costume... Perché coprire tanta grazia?-

La frase mi è uscita a mezza bocca quasi senza che me ne accorgessi, come se avessi dato voce ai miei pensieri. Lei si gira, vedo le sue labbra aprirsi in un sorriso dolce e infantile mentre io imbarazzatissimo non riesco neanche a scusarmi, mi alzo in fretta per tornare al lavoro.

- Mi scusi...

Ancora una volta quella voce mi riporta alla realtà, questa volta nella bottega del mio barbiere. La ragazza del gelato di soia è di fronte a me con un asciugamano in mano, mi fissa quasi divertita. Si, è proprio lei... bianca come il latte, tonda come la luna.

- Ehm... si?

- Li vuole lavare?

mi allarga un sorriso malizioso, o forse sono io che lo interpreto così. Come potrei dirle di no?

- Si grazie mi alzo e mi avvio verso di lei.

- Si accomodi

mi appoggia l'asciugamano sulle spalle e lo risvolta dentro il colletto della camicia, mani calde e morbide mi sfiorano la pelle e mi provocano un brivido lungo la schiena.

Mi sistemo sul poggiatesta del lavandino, l'acqua tiepida scorre tra i miei capelli, lei si abbassa verso di me e mi sussurra quasi con un filo di voce "com’è la temperatura dell’acqua?" il suo profumo mi invade le narici, profumo di pulito, di donna, avverto il tepore del suo seno a pochi centimetri dal mio viso, ho la sensazione che profumi di latte, di borotalco..."è perfetta... ancora meglio del gelato di soia di Mimmo!". Si ferma giusto il tempo di squadrare il mio viso, la vedo sorridere prima di riprendere facendo finta di nulla. Ne sono certo: mi ha riconosciuto!

Lo shampoo freddo contrasta il caldo dell'acqua che ancora gocciola all'indietro tra i miei capelli. Attendo un secondo ed ecco le sue mani iniziare a massaggiarmi la testa, mani morbide, delicate, quasi infantili per la loro dolcezza e rotondità, mi scopro a sognare quelle mani che esplorano il mio corpo, che seguono lentamente il profilo dei miei muscoli, disegnandomi il petto, sfiorandomi le spalle, tastando dolcemente i miei addominali prima di infilarsi delicate nei miei boxer aderenti che a stento contengono il mio desiderio.

Sento le sue labbra carnose sul mio collo, sogno il suo seno prosperoso appoggiato al mio viso, la mia lingua che gioca con i suoi capezzoli. Provo ad immaginare il suo sesso non completamente glabro, nascosto da una morbida

peluria corvina come i suoi capelli cortissimi, lo sento appoggiarsi al mio, sento la sua calda e umida eccitazione guidare il mio sesso turgido accarezzandolo con movimenti lenti e sinuosi, bagnandolo di lei. La immagino seduta su di me, con gli occhi chiusi per vivere intensamente il suo piacere, le sue mani aggrappate alla mia schiena, le sue calde forme mi avvolgono, le sue unghie entrano nella mia carne nell'esatto istante in cui, per una fortunata geometria dei nostri corpi, con l'ultimo movimento del suo bacino il mio sesso scivola dentro di lei e il calore della sua lussuria avvolge il mio sesso provocandomi uno spasmo di piacere.

La immagino cavalcare il suo piacere, in un crescendo continuo, sento i suoi movimenti trasformarsi da dolci a irruenti, da regolari a disordinati, sento la sua foga aumentare, il ritmo crescere, sento la delicatezza trasformarsi in forza, sento tutto il suo peso su di me, mi avvolge, mi accoglie quasi come per proteggermi, la sento fermarsi mentre il suo orgasmo la raggiunge. La pressione del suo bacino sul mio aumenta, il respiro si spezza e avverto i suoi umori colare sul mio inguine.

Immagino il suo tremolio che accompagna l'orgasmo vibrarmi sotto le mani e provocare il mio.

Ci vedo abbandonati, ancora uno nell'altra, con le nostre bocche incollate e le lingue che battagliano.

Mi sveglio dal sogno ad occhi aperti quando un asciugamano caldo mi si appoggia sulla fronte e ancora le sue mani massaggiano i miei capelli per asciugarli.

- Prego si accomodi.

mi sussurra accompagnando la mia testa con le mani mentre mi alzo.

Di fronte allo specchio il ragazzo con le forbici in mano mi chiede sorridendo: - Allora... come li facciamo?

Lancio un'occhiata alla ragazza attraverso lo specchio, mi sta sorridendo... - Non troppo corti... male che vada, mi toccherà ritornare!

Discretoeionale, Ivrea

Sesso cibo e…

Cazzo. Cazzo cazzo cazzo.

La bilancia digitale si è rotta, non può essere vero! Ma quanto sono ingrassata??

Ora scendo e ci riprovo… 'ste tecnologie moderne!

Ma non era meglio quella lancetta che saliva fino a fermarsi tra una tacchetta e l'altra così non eri mai certa se avessi preso un kilo o mezzo o… niente? No, ora devi schiacciare il piatto con la punta del piede, aspettare lo zero, salire e… i numerini girano roteando impazziti e ti segnano pure i grammi con diabolica precisione.

Ecco… vado…

Mio Dio! Allora non si è rotta!

Mi tolgo tutto, via pure mutandine e reggiseno, ché questo con il ferretto chissà quanto pesa. Sì, deve essere il ferretto, cribbio!

Ora ci riprovo.

uhhmmm… soltanto cento grammi?

Va bene, faccio colazione così poi vado al bagno. Però devo togliere il peso della colazione e aggiungere quello della evacuazione… quanto farà? E chissà se la sudata che ho fatto e il salire e scendere almeno dieci volte dalla bilancia mi vale come step per il rassodamento dei glutei!

Ma perché a inizio estate mi ritrovo lievitata come un pandoro? Saranno state tutte quelle visite a mia madre!

Ah la cara, adorata mammina che è capace di propinarmi polenta con sugo di maiale a metà giugno. E il bello è che si è offesa perché le ho detto che mi vuole morta. Ma dico io, va bene che sei veneta e per te la polenta è come il ragù per un napoletano, il raviolo al vapore per un cantonese, la baguette per un se ma… questo è l'amore che provi per tua figlia?

Mi vedeva che ero lì davanti a un piattone di insalata con un goccio d'olio, il pane integrale, una tristissima trota al cartoccio e si presenta con la polenta fumante ricoperta da quella massa scura densa e untissima! Vade retro Satana!

Qui ci vuole un rimedio d'urgenza prima della prova bikini e prima che la cucina della mamma mi dia il colpo di grazia. Ma altro che insalatine e acqua gym!

Sesso sesso e sesso! Questo mi ci vuole!

Eh già… da quando Franco è all'estero la mia vita sessuale si è pressoché azzerata da… da quanto tempo? Troppo per i miei gusti. Mi manca tantissimo e tornerà a fine agosto… ed intanto io cosa faccio? Aspetto di diventare un budino

gelatinoso? Di gonfiarmi come un soufflé?

No dico, l'avete notato il paragone culinario, sì? Perché quando si sta a dieta non si pensa ad altro. Una volta mi sono persino sognata di affondare il cucchiaio nella nutella e il bello è che mi sono svegliata con quel sapore dolcissimo di cioccolata in bocca, un peso allo stomaco e il senso di colpa. Quando ho aperto gli occhi è stato come riemergere da un incubo. Fiùùùù era solo un sogno!

Va bene, ci sto girando intorno per prendere tempo… facciamola 'sta prova costume!

Sono pronta. Allontaniamo tutti i coltelli da cucina, gli oggetti taglienti e contundenti nel caso mi venisse una crisi isterica.

Apro il cassetto e ritrovo il bikini sotto strati di biancheria.

Arrggh!

Ma l'anno scorso ero così… magra? Beh si fa per dire… ma mi va stretto! Non c'è niente di peggio che uno slip con l'elastico che ti segna pancia e fianchi, guarda qui, sembro un insaccato!

Si ora ricordo! Ero dimagrita perché avevo appena conosciuto Franco, il mio adoratore di fica. Ah non lo sapete che esiste questa tipologia di uomo? Che come ci sono i feticisti del piede, quelli del seno e quelli del culo ci sono anche quelli che amano la fica più di ogni parte del vostro corpo? Beh io in effetti sono

tanta e tanta che mi devono amare un pezzetto per volta. Apposta mi piacciono belli alti e robusti, che altrimenti non mi acchiappano mica tutta!

Ricordo che la prima volta che mi ritrovai in intimità con lui mi disse: "non vedo l’ora di mangiartela". Sì, diceva proprio così, non leccartela! Che avevo quasi paura mi staccasse il clitoride a morsi, una volta l’avesse avuta a portata di bocca. E sì che l’ha letteralmente mangiata, assaporata, degustata… un vero buongustaio!

Mi piaceva starmene lì con le gambe aperte, completamente offerta, sentire i miei umori che scivolavano via, mentre mi mangiava come fossi un succoso frutto maturo di cui non era mai sazio. Il mio mango mi chiamava. Lui si cibava di me e io di lui senza che avessi voglia di altro. Ecco perché ero dimagrita! Non so più neanche quanti giorni abbiamo ato così... e intanto il mio giro vita si assottigliava.

Prima di lui ci fu anche un altro appartenente alla tipologia che amava pure la carne, sì la mia carne! Ormai avrete capito che io sono… una falsa magra? E quando trovi un adoratore della fica e della carne nello stesso uomo ti senti letteralmente divorare.

Lui non ha fatto che impastarmi come pasta lievitata, specialmente la mia pancia. Mi sono sentita come una focaccia. La conoscete quella genovese bella gonfia con le impronte dei polpastrelli, no? Quando ero bambina tutti gli anni d'estate andavamo in Liguria e quella era la merenda che ci portavamo al mare, farcita al prosciutto o semplice così com' era.

Ah! quei buchini pieni d’olio d’oliva in cui affondavo le mie piccole dita di bimba! Lì dentro la focaccia era soffice e bianca, senza la crosticina dorata. Le ritraevo belle unte e me le succhiavo, salate e condite. Poi, dopo, me la

mangiavo... sotto i denti l'olio schizzava fuori, sulla lingua. Una vera goduria, da gustare appena usciti dal mare con le mani ancora umide, i polpastrelli lessati dal troppo tempo in acqua che bruciavano a contatto con il sale.

In fondo da bambina mi comportavo come l'adoratore della carne che affondava le dita nelle mie morbide rotondità.

Il giorno dopo l’incontro con l'impastatore avevo la pancia con tanti piccoli lividi tondi a forma di polpastrello, proprio come quella focaccia.

Ma che dita piccine aveva, l'ho notato dalle impronte, mica me ne ero accorta… sentivo solo come mi pizzicava, mi impastava… la pancia, i seni… e mugolava, mugolava. Era eccitatissimo. Sarà stato a cazzo dritto per quasi un'ora, dico… ma quando si scopa? Che poi a me i preliminari lunghi mica piacciono troppo.

Ma oramai… l’avevo presa come una specie di massaggio. Me ne stavo rilassatissima sdraiata sul letto, la stanza in penombra rischiarata dalla luce fuori sulla terrazza... la finestra aperta, il fresco ponentino romano mi accarezzava la pelle, regalandomi ulteriori brividi. Mi godevo il momento. Oh una volta tanto che non dovevo fare qualcosa io!

Intanto me la strizzava, la leccava, la mangiava… ci infilava le dita dentro, nella fica e pure nel culo, tanto per gradire. Poi finalmente si è come risvegliato:

- Cosa vuoi che faccia, dimmi… cosa ti piace?- ha sussurrato zuccheroso mentre risaliva tra le mie gambe.

- Mettimelo dentro!- Oh si, me ne sono uscita così. E beh quando ce vo' ce vo'!

Ed ora eccomi qui… mi guardo allo specchio con il costume che mi strizza i punti critici. E sono pure bianca come una mozzarella, anzi sono come una grassa burrata di bufala. Ma ho ancora un mese di tempo, coraggio! Ora so cosa devo fare, quale è la cura migliore per me.

Prendo il telefono.

- Amoooreee come stai?… stavo pensando ma… se venissi io a trovarti? Non vedo l'ora di vederti e… lo sai?... devo proprio perdere qualche chilo…

Vuerre, Roma

La Signora degli Anelli e la Compagnia degli Anoressici

E così anche nella Contea giunse la tanto attesa stagione estiva.

Gli alberi ricolmi di frutta matura, i fiori colorati e l'erba alta pullulanti di insetti svolazzanti e felici, i branchi di cavalli atletici e liberi di correre nelle radure intorno a Snelliville, i campi di mais e le grandi pannocchie pronte per essere raccolte, bollite, imburrate e mangiate... Tutta la natura, tutto ciò che esisteva nella Contea durante quel rigoglioso periodo dell'anno, era un omaggio alla bellezza, alla salute. Al sesso.

Froda, davanti allo specchio di casa Bacon, osservava avvilita il suo enorme fondo schiena e i suoi fianchi rotondi e mollicci, degni di un rimorchiatore dei Porti del Nord. Froda era una delle ragazze meno avvenenti del villaggio e la vacanza presso le colonie estive dei Mari Interni della Terra di Mezzo si avvicinava inesorabilmente. Anche quell'anno avrebbe sfigurato sulle spiagge della bellezza standardizzata, anche quell'anno i ragazzi e le ragazze della feroce Compagnia degli Anoressici (anoressici se confrontati con le sue forme!) l'avrebbero presa in giro dal primo fino all'ultimo giorno di vacanza. E lei, mentre toccava con le mani il grasso che adornava le sue cosce sproporzionate, sapeva benissimo che non avrebbe potuto farci proprio niente. Doveva andare così: era il suo destino intrappolato in un corpo sbagliato.

“Il mio tessssoro!” ripeteva spesso il buon Gollum - l'unico che apprezzava Froda per come era - ogni volta che avvicinandosi silenziosamente da dietro le prendeva in mano le grosse tette agitandole nell'aria. Gollum era un altro disadattato di Snelliville: guida turistica nella Terra di Mezzo durante il giorno e di notte impiegato in un sexy shop della Contea, nutriva una particolare predilezione per il sesso con donne di “robusta costituzione”. Froda era la sua diva.

“Non vedi come ti sei ridotto stando con me!?” gli chiedeva spesso Froda,

stupendosi per l'immutata ione sessuale che Gollum nutriva nei suoi confronti. Lei non amava Gollum: provava per lui un affetto amichevole e lo usava per soddisfare le proprie fantasie erotiche, per troppi anni seppellite sotto un rispettabile strato di tessuto adiposo. Se avesse avuto un altro corpo avrebbe potuto conquistare uno dei ragazzi della Compagnia degli Anoressici, uno di quelli che puntualmente durante il periodo estivo la insultava per il suo aspetto fisico: l'amore, si sa, sceglie sempre strade difficili e le semplici gioie a nostra disposizione ano il più delle volte inosservate, proprio perché facili da raggiungere o addirittura già raggiunte e quindi inflazionate.

“C'è solo un modo per cambiare le cose!” disse risoluta Froda rivolgendosi all'ingenuo Gollum.

“Ma tu mi piaci per come sei, Froda!” rispose il povero Gollum lasciando i seni della ragazzona in balia della forza di gravità.

“Devo farlo per me!” mentì Froda, pregustando il momento in cui, finalmente snella e tonica come una statua greca, avrebbe sottomesso sessualmente il Principe GranCasso, leader incontrastato della Compagnia degli Anoressici ed erede legittimo del Gran Mandrillato della Terra di Mezzo.

“Ma tu sei il mio tessssoro!” insisteva Gollum.

“Piantala di ripetere sempre la stessa cosa e cercami piuttosto il sito web della Signora degli Anelli...!” ordinò Froda.

“Sei impazzzzzzita?” chiese allarmato Gollum mentre guardava esterrefatto la sua dolce farfallina corpulenta.

“Lo so che è una maga pericolosa e che in pochi sono tornati dai Boschi della Fibra Vegetale per raccontarlo... Ma devo tentare!” rispose quasi in lacrime Froda, rivestendosi. “Lei è l'unica custode e padrona dell'Anello Bruciagrassi... Un anello magico capace di far scomparire decine e decine di chili, nel giro di poche ore, a chiunque lo porti!”

“Non te lo presterà mai!” disse Gollum sconfortato.

“Lo so... Ma devo provarci!”

“Ma tu mi piaci per...!”

“E basta! Che rottura... Sono io che non piaccio a me stessa! Va bene?”

“Il castello della Signora degli Anelli si trova nella regione dei Boschi della Fibra Vegetale, in cima al Monte Fiato, così denominato per il fiato corto che provoca in chiunque tenti di scalarlo...” l'informò Gollum.

“La cosa non mi spaventa!” rispose Froda.

“E poi vedila in questo modo: già il fatto di scalare il Monte Fiato ti farà bruciare qualche etto di grasso!” disse Gollum pensando di essere spiritoso.

“Fottiti!” sentenziò Froda mentre cominciava a preparare la bisaccia per il viaggio impegnativo verso il Monte Fiato.

La Signora degli Anelli, abitante millenaria del Castello di Weight Watchers sul Monte Fiato, era così denominata per via dei Venti Anelli Magici - uno per ogni dito delle mani e dei piedi - che indossava perennemente: uno di questi, il famigerato Anello Bruciagrassi, le procurava da secoli un aspetto invidiabile. Il suo corpo non conosceva la cellulite, la sua pelle era liscia e morbida, le sue forme sode e incrollabili erano la rara e duratura rappresentazione di una perfezione sovrumana.

Seduta sul suo trono di avorio e con il corpo rivestito di seta finissima, osservava il mondo esterno attraverso la Pettegola Pietra Veggente: “Ecco un'altra obesa che scala inutilmente il Monte Fiato! Ahahahah!” rise sarcasticamente la Signora degli Anelli seguendo le fatiche di Froda e Gollum mentre si apprestavano a raggiungere, sudati e sfiniti, il castello della maga. “Sono stanca, però, di trasformare in cinghiali, alberi e pietre tutti quelli che vengono a importunarmi fin quassù!” ammise, stupendo persino se stessa, la Signora degli Anelli. “Questa volta preparerò ai miei nuovi autoinvitati una sorpresa diversa dalle altre...”

“Quanto manca al Castello?” chiese Froda a Gollum che essendo più mingherlino riusciva a muoversi con una maggiore agilità rispetto all'ingombrante fidanzata. “Poco tesssssssoro! Poco!”

“Sono ore che dici che manca poco! Si può sapere quanto tempo ci vuole ancora?” aggiunse Froda in modo alterato dando fondo alle sue ultime energie. E mentre stava per scagliare una pietra in testa a Gollum ecco che intravide, seminascosta da una roccia, la torre ovest del Castello della Signora degli Anelli. “Ci siamo!” urlò soddisfatta, facendo cadere la pietra che aveva in mano.

“Che ti avevo detto?” si difese Gollum.

“Dai, bussiamo!” disse Froda tutta eccitata e dimenticando la triste fama che accompagnava la Signora degli Anelli.

“Aspetta Froda, leggi qui!” la fermò allarmato il povero Gollum che aveva evitato, solo pochi minuti prima, di essere colpito dalla pietra di Froda.

Scolpito su una lapide, vicino all'enorme portone di legno dell'oscura dimora, un avvertimento inequivocabile della padrona di casa:

“Fermate dunque i vostri speranzosi i viandanti ignari e fate obese. Se qui sperate di ottenere il Bruciagrassi niente sembreranno le molte offese quando vi tramuterò in piante e sassi.”

“Il messaggio mi pare chiaro. Andiamocene!” disse allarmato Gollum

“Dove vai codardo, buono a nulla, omuncolo rinsecchito che non sei altro!” s'impose Froda. “E secondo te dopo tutta questa faticata io mi faccio fermare da una stupida scritta?”

“No, è che non mi vedo bene sotto forma di travertino!”

“Io busso! Tu fai quello che vuoi, ma sappi che se mi lasci da sola in questa storia non avrai più niente da me...” minacciò Froda.

“Niente, niente?” chiese preoccupato Gollum “Nemmeno i nostri giochetti sotto le coperte?”

“Niente è niente!” concluse Froda.

“Quand'è così, resto... "

Il portone si era spalancato accompagnato da un sinistro cigolio, mosso da una forza invisibile, e stranamente Froda e Gollum erano ancora tutti interi e soprattutto erano ancora in carne e ossa. Lungo le pareti di un corridoio che sembrava infinito, le sagome pietrificate di tutti i vips che erano andati in pellegrinaggio al Monte Fiato in cerca dell'anello magico della crudele Signora: Maurizio Costanzo, Moira Orfei, Giuliano Ferrara, Elvis Presley, Jabba The Hutt, vari cardinali di Città del Vaticano e numerosi altri volti noti e meno noti.

“Signora maga!” chiamò Froda interrompendo il silenzio che fino a quel momento aveva avvolto il loro ingresso.

“Non gridare, tessssssoro!” consigliò Gollum sempre più impaurito. “Può essere che stia riposando... iamo più tardi, caso mai!”

Froda fulminò Gollum con uno sguardo e proseguì nel suo maldestro tentativo di entrare in contatto con la Signora degli Anelli. Fino a quando...

“Chi osa interrompere la pennica della Signora degli Anelli?” finalmente una voce rimbombò facendo tremare di paura persino le sagome già pietrificate da anni e secoli.

“Che t'avevo detto?” esplose Gollum

“Sono Froda! Di grazia risparmiateci! Sono venuta fin quassù non per vanità o perché aspiro a condurre la trasmissione sportiva 'Controcampo' su Italia 1 facendo vedere solo il mio corpo e senza sentire il bisogno di dire una parola rischiando di apparire come un'oca! No! Sono qui perché sono semplicemente disperata e in guerra con il mondo bello!”

“Cosa ti fa credere che non trasformerò te e il relitto umano che ti porti dietro...”

“Vostra anellosità, il mio nome è Gollum!”

“... in un tavolino in ferro e marmo-mosaico per il mio giardino?” disse severamente la Signora degli Anelli scendendo dalle scale e mostrandosi finalmente in tutto il suo splendore agli occhi di Froda e Gollum.

“Me lo fa credere... il cuore!” disse Froda inginocchiandosi.

“Ahahahah! Il cuore? Buona questa... Mò me la segno.” rispose sarcasticamente la maga.

“Sono stanca di essere presa in giro dai ragazzi e dalle ragazze della Compagnia degli Anoressici, giù a Snelliville... La disperazione mi spinge spesso a trattare male gli altri e ad essere scorbutica, ma la mia è solo una reazione negativa per difendermi dalla cattiveria del mondo che esalta la bellezza patinata e nega ogni possibilità a chi è meno avvenente... Come me!” Froda attinse a piene mani da un discorso che aveva preparato nella propria mente, durante la scalata del Monte Fiato. “Seguimi...” disse la bella maga “... ma senza lo sgorbio!” indicando Gollum.

“Aspettami qui!” disse Froda rivolgendo uno sguardo fiducioso al suo ossuto cavaliere.

“Lo sai perché ho trasformato quelle persone in statue?” chiese la Signora a Froda, riferendosi alle sagome pietrificate incontrate lungo il corridoio.

“Non saprei...” rispose Froda, ostentando ingenuità.

“Pretendevano la bellezza!” rivelò la maga alla ragazza formosa.

“Non capisco!”

“La maggior parte delle persone pretende di diventare bella in un batter d'occhio...” confidò la Signora “... e soprattutto senza voler capire una cosa

molto importante.”

“Quale?” chiese Froda incuriosita e ormai convinta di aver fatto breccia nell'infinita saggezza della donna millenaria.

“La bellezza non è solo una conquista visibile esteriormente...” cominciò la maga.

“Speriamo che non mi propini la predica su quanto sia importante essere belli dentro!” pensò Froda un tantinello scoraggiata dalla piega che aveva preso il discorso della Signora.

“... ma è soprattutto una luce che parte dall'interno di ognuno di noi!”

“Ecco, lo sapevo!” continuò a pensare Froda.

“Una luce che...”

“Sì, ma allora perché lei usa l'Anello Bruciagrassi?” l'interruppe Froda sperando di non infrangere con quella domanda avventata una fiducia conquistata in maniera fortunosa.

“Io ho duemilasettecentoventinove anni, piccerè!” rivelò la Signora alla giovane impertinente “Se togliessi dal mio dito l'Anello Bruciagrassi per prestarlo a te o a qualsiasi altro obeso che bussa al mio castello, anche solo per poche ore, mi

trasformerei in un ammasso rugoso e nel giro di poco tempo diventerei un cumulo di polvere buono solo per concimare le rose!”

“Azz!” esclamò Froda.

“Ormai, mia cara ragazza, io e l'Anello siamo un'entità unica da secoli. Inscindibili, simbiotici, osmotici...”

“Ho capito, ma allora io che ci sono venuta a fare fin quassù?”

“Il coraggio genuino che hai dimostrato nell'affrontare il viaggio e soprattutto nel momento in cui hai deciso di bussare al portone del mio castello, ti ripagherà!” disse la Signora.

“Sul serio?” incalzò Froda speranzosa. “E come?”

“Ecco cosa ti donerò!” disse la maga aprendo un piccolo scrigno contenente un anello che emanava una luce sovrannaturale.

“L'Anello Bruciagrassi!?” si lasciò sfuggire Froda.

“E aridaje!” rispose paziente la maga volgendo gli occhi al soffitto.

“Mi scusi! Dimenticavo...”

“Questo è l'Anello del Conosci Te Stesso!”

“E come si usa? E a che serve? E mi farà dimagrire? E per quanto tempo lo devo usare? E...”

“Fermati! Non hai capito... Ti spiego.” la maga cercò in quel momento di non pensare alla preziosa possibilità che aveva avuto alcune ore prima di trasformare in pietra Froda e Gollum e tentò di proseguire pazientemente la sua missione educatrice riesumata dopo secoli di magia nera e di pura cattiveria. “L'anello che ti mostro oggi, e che hai l'inestimabile fortuna di ricevere in regalo, è un anello che non agisce sul corpo bensì sulla mente e quindi sulla parte più preziosa che abbiamo!”

“In che senso?”

“La mente è la fonte di tutte le nostre convinzioni: quelle sane e purtroppo anche quelle sbagliate e dannose. Indossandolo tu avrai la possibilità di trasformare non il tuo corpo ma la visione che tu hai del tuo corpo e quindi della tua esistenza fisica...”

“Credo di cominciare a capire, ora!” disse Froda commuovendosi.

“La bellezza, come ti dicevo poc'anzi, nasce dall'interno, dal profondo del nostro io e si propaga dentro di noi, esce dal nostro corpo come un raggio luminoso fino

a raggiungere gli oggetti e le persone che incontriamo durante la nostra vita terrena...”

“Io diventavo ogni giorno sempre più brutta e grassa perché odiavo i miei coetanei giù a Snelliville?”

“Certo, mia cara!”

“E volevo a tutti i costi essere accettata dai ragazzi della Compagnia degli Anoressici, dimenticando di coltivare la bellezza che è già dentro di me... Nascosta e raggrinzita!” disse finalmente Froda completando un ragionamento che attendeva da anni di essere liberato dalle catene dell'odio verso se stessa e gli altri.

“Vabbè, un po' di palestra e una dieta equilibrata non ti farebbero male in aggiunta alla bellezza interiore!” ammise maliziosamente la maga.

Froda prese avidamente l'Anello del Conosci Te Stesso dallo scrigno e lo infilò al suo dito. Nell'istante in cui lo avvicinò al volto per osservare meglio la luminosa pietra preziosa incastonata nell'oro, l'Anello magicamente svanì dalla sua mano.

“Ma... Ma... Ma che cosa è successo, Signora degli Anelli?” chiese incredula Froda.

“Nulla. L'Anello del Conosci Te Stesso semplicemente non è mai esistito: era un

frutto illusorio creato dalla mia arte magica. T'è piaciùt?”

“Non capisco!” domandò confusa la povera Froda.

“Non avevi bisogno di alcun anello. Quello che avevi bisogno di capire lo avevi già capito un istante prima di indossare l'anello inesistente che credevi di aver ricevuto in regalo. Ricordi ciò che ho detto sul potere della mente di creare convinzioni dannose o liberatorie?”

“Fregata come una sciocca!” disse Froda sorridendo.

“Avevi solo bisogno di un oggetto catalizzante, di un segno su cui concentrare le tue energie mentali positive... Una volta fatta la conoscenza della tua vera forza interiore non c'era più bisogno dell'anello.”

“Addio, Signora degli Anelli!” gridò Froda mentre, voltandosi per l'ultima volta verso il portone del castello, aveva già imboccato insieme al fedele Gollum la via del ritorno.

“Le cose andranno meglio d'ora in poi, vero Froda?” chiese Gollum, più innamorato di prima, ora che vedeva sul volto della sua erotica cicciottella una nuova luce.

“Puoi dirlo forte, caro Gollum!”

“Il mio tesssssoro!”

“Anzi, per festeggiare, non appena arriveremo a Snelliville andremo alla vecchia bettola 'Il Vitello Tonnato'. Questa scampagnata sul Monte Fiato m'ha messo un po' di famina! E a guardarti bene anche tu avresti bisogno di metter su qualche chiletto, non credi?” ammise Froda guardando le braccia e le gambe ossute dell'amante.

“E i buoni propositi sulla dieta e sulla palestra?” chiese giustamente Gollum.

“Comincerò da... domani!” rispose Froda.

“Questa l'ho già sentita altre volte.” E insieme risero di gusto.

Nigricante, Salerno

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