Italia Supposta - Una Repubblica Fondata Sulla Prostata 6p3758

Igor Righetti

Italia supposta

Una Repubblica fondata sulla prostata

Manuale di automedicazione cerebrale senza obbligo di ricetta

IGOR RIGHETTI COMUNICAZIONE

Al mio caro prozio Alberto Sordi per l’affetto che mi ha dato e per tutti i suoi preziosi insegnamenti. Nella professione e nella vita ho fatto mia la sua massima: «La nostra realtà è tragica solo per un quarto: il resto è comico. Si può ridere su quasi tutto».

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Prefazione

Istruzioni per l’uso contro le tossine mentali

Raffaele Morelli, psicoterapeuta e direttore del mensile Riza Psicosomatica

A volte per scendere dentro se stessi bisogna guardarsi intorno. Vedere il mondo in cui siamo calati e quanto prigionieri siamo dei luoghi comuni, delle banalità, dei modelli, degli schemi, peraltro quasi sempre nocivi. Ancor di più quando stiamo assorbendo pensieri altrui che sono diventati nostri, camuffati da finta saggezza. Igor lo sa e sfida il lettore. Gli sbatte in faccia una rivelazione: guarda che cosa siamo diventati! Lo sapevi che, continuando di questo o, finirai per ricorrere al lifting anche per il tuo cane, per ringiovanirlo, per trasformarlo completamente in un vero peluche?

Ci voleva pur qualcuno che ti rinfrescasse la memoria di quel che ti succede intorno, di un Paese allo sbando, malato di soluzioni sempre improvvisate… Ci voleva qualcuno che ti mostrasse cosa accadrà nei prossimi anni, quando le pensioni svaniranno, quando saremo superintossicati da tutte le pastiglie che prendiamo, quando vedremo di fronte agli occhi per davvero il mondo che stiamo costruendo. Igor parla di libro terapia, ma le pagine che ci regala non sono troppo rassicuranti, quando ci svelano da che mostri televisivi siamo circondati, da quali finzioni illusorie ci facciamo sommergere. La verità dicevano i grandi psicoanalisti è all’inizio amara, ma è l’unica certezza per chi vuole fare un percorso verso l’evoluzione. E Igor ce la somministra goccia a goccia,

snocciolando dati impressionanti sulla nostra visione del mondo e sulle illusioni che ci ingabbiano in una ragnatela e si nutrono della nostra essenza.

Sono 12 milioni gli italiani che corrono dai maghi per un giro d’affari di circa 6 miliardi di euro. Ci piace illuderci che qualcuno ci dica cose che già sappiamo e che le volga verso la profezia che desideriamo: lui tornerà, il lavoro andrà benissimo, avrai un figlio entro dicembre… Ma Igor, come Ulisse, ci insegna che le Sirene ci conducono verso l’annientamento: più o meno quello che sta accadendo a ciascuno di noi e alla nostra Italia. Non salva nessuna Sirena Igor: dagli chef della nouvelle cousine, alla diffusione caotica e senza senso degli psicofarmaci, del Viagra, ai laureati che non vanno via di casa, ai permessi premio che non si negano a nessuno, al crollo del Capitale Umano Italiano. Pagina dopo pagina si è sempre più indignati verso se stessi e verso la trappola che ci hanno costruito intorno.

Forse per Igor l’indignazione è il primium movens verso l’autocoscienza, che è anche rendersi conto del sistema in cui viviamo. Basta leggere la pagina sulle metropolitane italiane scarse come in Grecia, sulle carceri degli indulti, sugli amici di Facebook, senza i quali non ci sentiamo di esistere. C’è tanta ironia: Igor, si sa, è l’uomo delle battute taglienti, delle parole che entrano nell’inconscio e non si fermano alla superficie. Ma c’è anche tanta amarezza. C’è soprattutto il rammarico di aver perduto l’essenza, di non sapere più chi siamo e dove andiamo. Abbiamo perso il senso della giustizia, della natura, della comione per gli animali, del dono (leggete le pagine sul 5 per mille).

Siamo diventati così poco naturali, molto stupidi, imbottiti di pensieri sempre uguali, identici, che ripetiamo come scimmie per appartenere alle voci del coro. Igor non è mai stato una voce del coro… Si esce da questo libro con una certezza: che stiamo andando lontanissimo da noi stessi, dal destino che ci spetterebbe. Come individui e come cittadini, ne usciamo con molta tristezza, perché vedere le cose come sono ci toglie i veli del nulla; ma se cade l’inutile, il superfluo, l’illusorio, il vano saremo di fronte alla strada su cui incamminarci. Gli organismi reagiscono e si autoricreano quando spazzano via le tossine, che

Igor ci illustra una per una, non risparmiandocene nessuna.

www.youtube.com/watch?v=Vnafk0r7CYg

Booktrailer di questo libro. Il video è sconsigliato a coloro che sono troppo sensibili e “sodomizzano” tutto e alle persone facilmente impressionabili o portatrici di almeno 12 by e tre tele. Il booktrailer, scritto e ideato da Igor Righetti, è prodotto da Carlo Bacarelli di CNB Comunicazione e realizzato da Federico Gnemmi di Muvimood. La versione ridotta viene trasmessa nelle sale cinematografiche. “Italia supposta” entra nell’intimo dell’animo umano, nei meandri più profondi e nascosti.

Meglio una pillola d’informazione che un’informazione... SUPPOSTA!

Come esistono l’aromaterapia, l’ortoterapia, la clownterapia, l’arteterapia, la cromoterapia, l’ippoterapia e la pet therapy esiste anche la libroterapia o biblioterapia. Rappresenta uno strumento terapeutico molto importante per l’umore messo a dura prova dalle fatiche della quotidianità e dalla stupidità umana. Questo è il primo progetto editoriale italiano di libroterapia. In un mondo dove tutto viene bruciato con forsennata rapidità la lettura di questo libro costituisce, a seconda di ciò che ti tormenta, un aiuto indispensabile per riappropriarti dei tuoi spazi e per rinforzare le difese immunitarie minacciate da ipocrisia e soprusi. È un antidoto per combattere lo sconforto e la solitudine, per curare e confortare l’anima, per riflettere e confrontarsi sorridendo e sdrammatizzando i tanti fatti che caratterizzano l’Italia e che spesso ci vedono “protagonista-vittima”. Viviamo in un Paese dove pur di non leggere tutti scrivono (e pure tanto). La libroterapia quindi rappresenta un rimedio sano ed efficace privo di effetti collaterali ed è anche un valido strumento di prevenzione. Se ne consiglia pertanto un uso massiccio.

Nei Paesi anglosassoni, per esempio, da tempo viene prescritta la lettura come valido aiuto per la psiche. Questo libro segue il concetto dei vaccini: leggendolo contrai il virus ma poi diventi immune a tutte le schifezze che ti circondano. Immune, non indifferente, in quanto non ti farà perdere il senso di indignazione. Un percorso psicoterapeutico che può essere anche di gruppo. Perché quando leggiamo un libro la mente ci porta altrove dove nessuno ci può disturbare, ma i fatti narrati nel volume sono quelli di stretta attualità che in Italia ormai superano la più fervida immaginazione. Leggere questo libro è come bere uno sciroppo senza zucchero quando si ha la tosse: all’inizio è amaro ma poi ti fa stare bene. Come per una qualunque terapia non bisogna sbagliare il farmaco, altrimenti non si avranno benefici o, nel peggiore dei casi, lo stato di disagio aumenterà.

È un volume con tante risposte ai perché l’Italia, il Paese dove tutti vorrebbero venire a vivere, è arrivata a questo punto di declino. Nazione dalla quale fuggono sia i cervelli migliori sia i pensionati. Dove si parla tanto di meritocrazia ma chi la attua rischia una querela perché la meritocrazia ha lasciato il posto alla gerontocrazia e alla raccomandazione, dove truffare è una professione come le altre e dove i grandi truffatori sono sempre gli stessi in quanto per questa attività servono persone con esperienza, dove il sistema giudiziario è misericordioso con chi delinque, dove i grandi evasori fiscali totali patteggiano guadagnandoci. Un Paese che piange miseria ma non è in grado di spendere i fondi strutturali europei, collocato al primo posto dall’Unione europea nella classifica dei Paesi disonesti.

Una nazione frammentata da decine di partitini politici, dove ogni due minuti viene svaligiata una casa, dove si laurea la metà degli studenti rispetto alla media degli altri Paesi europei, dove il tasso di obesità infantile è il più alto d’Europa e costa allo Stato oltre otto miliardi di euro, dove circa un terzo del reddito che produce è sconosciuto al fisco. L’Italia è anche il Paese dei falsi invalidi, dei baby pensionati, di coloro che percepiscono ancora la pensione dei genitori morti da decenni, il secondo Paese al mondo con il numero maggiore di anziani dopo il Giappone, è all’ultimo posto per valore di capitale umano del gruppo dei Paesi Ocse e per qualità dei servizi pubblici locali. In questo libro la libertà di espressione è garantita totalmente, senza censure di nomi o di fatti, in quanto il suo autore è anche il suo editore. Un volume non riservato ai bibliofili ma aperto anche a coloro che i libri non li leggono dalla fine del loro percorso scolastico.

“Italia supposta - Una Repubblica fondata sulla prostata”, una considerazione che deriva dall’anzianità di tanti che occupano posizioni di comando. Questo per essere ottimisti perché ormai l’età avanzata di coloro che sono al potere in Italia è talmente vetusta che molti di loro la prostata non l’hanno nemmeno più. Del resto l’Italia ha smesso da tempo di essere una Repubblica fondata sul lavoro, dato che il lavoro non c’è soprattutto per i giovani. Perché abbiamo governanti e manager di Stato così vetusti con antitarme incorporato? Forse perché l’Italia è il Paese più ricco del mondo di reperti archeologici? La nostra è una nazione dove i maggiori investitori pubblicitari sono le società “compro oro” anche da denti e dentiere, società di prestiti personali, quelle dei numeri erotici e degli oroscopi.

Questi quattro investitori messi insieme ci danno il quadro di quale sia il momento in cui stiamo vivendo.

Nei miei quasi trent’anni di lavoro ho sempre cercato di non guardare al ato se non per fare tesoro delle esperienze di altri. Da lì sono partito alla continua ricerca dell’innovazione come del resto viene richiesto dal continuo sviluppo delle tecnologie di comunicazione. Una ricerca continua con l’unica preoccupazione di non scendere a compromessi con l’intelligenza, rispettando il pubblico come mi ha insegnato il mio illustre prozio Alberto Sordi. Nel mio ambito, quindi, voglio contribuire a migliorare il Paese in cui sono nato e che amo. E che non vorrei mai lasciare, non soltanto perché non posso vivere senza il bidet. L’Italia potrebbe essere un Paese meraviglioso, ci invidiano tutti per la nostra storia, le bellezze naturalistiche, il clima, l’alta qualità dei prodotti enogastronomici. Peccato che troppa politica sia stata più interessata a colpire l’avversario che al bene del Paese.

Una volta letto il libro può essere liberato, lasciato nei parchi o nelle sale di attesa di studi professionali perché da sempre credo nella condivisione. E un libro ha la capacità di aggregare e di alimentare lo spirito di appartenenza a un gruppo, come siamo noi ComuniCattivi. Non appena avrai terminato la mia libroterapia ti aspetto con i tuoi commenti sulle mie pagine Facebook: facebook.com/igorrighetti, facebook.com/ilcomunicattivo e sul Gruppo del ComuniCattivo. Questo volume vuole essere innovativo anche a livello di strategia di marketing e comunicazione in quanto non amo fare ciò che è già stato fatto e tu che mi segui da tanti anni in radio, in tv, sui media e che hai letto i miei libri precedenti lo sai bene. Quindi ho pensato di produrmi il libro in modo autonomo, mi sono cimentato nel self-publishing per dirla all’anglosassone, lasciando i grandi editori come De Agostini e Utet che mi hanno seguito in questi anni e che ringrazio. È quindi il mio primo libro da editore, un progetto al quale hanno aderito con entusiasmo grandi aziende italiane che nonostante il momento difficile hanno continuato a guardare al futuro. Anche la modalità di distribuzione è innovativa per un libro. Dopo tanti anni di presenza nelle librerie con i miei volumi ho preferito orientarmi verso luoghi frequentati da tutti come le gelaterie, i bar, gli hotel, i ristoranti, i villaggi turistici, gli stabilimenti balneari, gli Autogrill, gli aeroporti, le stazioni ferroviarie fino a numerose

edicole e negozi di abbigliamento. Del resto è un libro democratico, senza la puzza sotto il naso che non ama prendersi troppo sul serio.

Può essere acquistato a condizioni speciali anche sul mio sito www.igorrighetti.it. Lo puoi trovare in tutte le librerie online e nei miei readingone man show che faccio in giro per l’Italia, due ore di “spettacolo-terapia” per riflettere e sorridere. Ho pensato anche ai più giovani e a coloro che sono tecnologicamente evoluti e che si trovano spesso in viaggio per lavoro o per studio: del libro è stata fatta dall’eBook designer Roberto Inversa anche la versione digitale in tre formati che puoi trovare su tutte le piattaforme di vendita online.

I record dell’Italia negativa

L’Unione europea ci colloca al primo posto nella classifica dei disonesti.

Ogni due minuti una casa viene svaligiata.

Da noi si laurea la metà degli studenti rispetto alla media degli altri Paesi europei.

In soli tre anni il Paese ha perso altri 720 chilometri quadrati di suolo, una superficie vasta quanto la somma territoriale di cinque grandi comuni come Milano, Bologna, Firenze, Napoli e Salerno. A divorarla non sono soltanto gli edifici, ma anche le infrastrutture come strade e ferrovie.

Abbiamo il tasso di obesità infantile più alto d’Europa con percentuali altissime in alcune regioni del Sud che costa allo Stato oltre otto miliardi di euro.

Siamo il secondo Paese con il numero maggiore di anziani al mondo e stiamo anche incalzando il Giappone che attualmente detiene il primato di longevità.

L’Italia è all’ultimo posto per valore di capitale umano del gruppo dei Paesi Ocse. Ciò vuol dire che, in termini economici, un se, uno spagnolo, un canadese, un inglese e uno statunitense valgono più di un italiano.

Circa un terzo del reddito che produciamo è sconosciuto al fisco. Questa è la media, ma nel nostro Mezzogiorno è stato calcolato che tra criminalità e reddito sommerso sfugge al fisco oltre il 40% della sua attività economica.

Nella classifica europea per qualità dei servizi pubblici locali siamo all’ultimo posto in compagnia della Grecia.

Secondo l’annuale rapporto Pendolaria realizzato da Legambiente l’Italia è all’ultimo posto nella classifica dei cinque principali Paesi europei per linee metropolitane con soli 202,8 chilometri di rete su tutto il territorio nazionale. Il ritardo infrastrutturale che l’Italia ha rispetto all'Europa riguarda anche le linee ferroviarie suburbane, la rete ferroviaria ad alta velocità (molto inferiore a quella tedesca, spagnola e se) e, in misura minore, la rete autostradale. Il nostro Paese è all’ultimo posto anche per le linee ferroviarie suburbane con appena 626,8 chilometri. Gli italiani quindi continuano a scegliere l’automobile come principale mezzo di trasporto con le conseguenti ripercussioni sul traffico e l’inquinamento delle nostre città.

Sono ancora più di un terzo gli italiani che non hanno mai usato Internet. È quanto emerso dalle ultime indagini di Eurostat sul terzo trimestre 2013 in tema di banda larga e alfabetizzazione digitale. Al 2013, il 34% della popolazione italiana non ha mai navigato. Un dato che posiziona l’Italia in fondo alla classifica europea, sotto al Portogallo (33%) e di poco sopra Grecia (36%) e Bulgaria (41%). In media, nei 28 Paesi dell’Unione europea, è il 79% delle famiglie ad avere accesso a Internet delle quali il 76% dispone della banda larga. Anche in questo caso siamo sotto la media europea con il 69% delle famiglie connesse. Siamo in fondo alla classifica europea pure per la velocità di banda.

Ci collochiamo al quinto posto nel mondo per il tempo che trascorriamo guardando la televisione.

Siamo i più invidiati al mondo per i nostri record in campo sessuale: una media per coppia di 9 rapporti al mese ma una coppia su quattro non supera i due minuti di durata. Ben 800 mila coppie, quindi, sono a rischio d’infedeltà e rottura.

Del resto non siamo il Paese di Pulcinella? C’è quindi molto lavoro da fare in questa Italia granitica. Si continui con le riforme in tutti i settori e si polverizzi la burocrazia. E torneremo il Paese più bello del mondo in cui vivere.

...e ora un po’ di libroterapia sonora!

Bugiardino, anzi bugiardone!

Le pagine vengono igienizzate automaticamente al termine di ogni lettura. Le parole contenute nel volume non sono dannose all’epidermide delle dita mentre sfogli le pagine in quanto stampate con inchiostro biologico. Il volume è quindi un prodotto ecosostenibile, ecocompatibile e leggendolo ad alta voce è in grado di fare anche l’eco, eco, eco, ecooooooooooooooooooooooooooooo. Per espellere le tossine accumulate durante la giornata la lettura di questo libro è più efficace della palestra e non devi neppure sudare.Per l’intera durata della lettura di oggi cerca di rilassarti, abbandonare le tensioni, le bollette in scadenza, i bollettini condominiali, la rata del mutuo di casa che ti seguirà fino al giorno del tuo funerale, il dentista da saldare, l’auto da cambiare e chi più ne ha più ne metta. Un volume riconosciuto come patrimonio mondiale della disumanità dall’Unesco. Come ogni prodotto che si rispetti anche questo libro è stato testato. Non sugli animali bensì su 27 evasori fiscali totali, 18 falsi poveri e 23 falsi cardiologi. Ha anche una nuova apertura così è più semplice da sfogliare. È stato stampato in una tipografia che utilizza uova, nocciole, sedano, sesamo, prugne secche (piacciono tanto all’autore) e parti anatomiche dei sette nani. Il libro è stato ideato e scritto interamente in Italia. Una volta aperto va tenuto in frigorifero per mantenere intatta la fragranza delle parole e dei pensieri. Data di scadenza: 25 febbraio 2019. Sperando che nel frattempo qualcosa sia cambiato.

“Linguacidio”, le sevizie alla lingua italiana. Le e-mail di un punto e virgola e di una virgola

C’è un imbarbarimento e un impoverimento della nostra amata e bistrattata lingua. Molti termini rischiano l’estinzione come i panda perché non vengono più usati nel linguaggio della quotidianità. In coma profondo non ci sono soltanto molte parole, ma anche la punteggiatura. Lenta, quanto inesorabile, è la scomparsa del punto e virgola. In effetti chi utilizza il punto e virgola nella propria corrispondenza epistolare viene guardato con sospetto come fosse un sovversivo. Anche nel giornalismo il punto e virgola, che serve per indicare un’interruzione sul piano formale ma non sul piano dei contenuti, è agonizzante.

A tal proposito ho ricevuto una e-mail indignata che mi ha inviato un punto e virgola. Missiva che voglio condividere con te che stai leggendo queste pagine.

“Caro Igor - scrive il punto e virgola - la punteggiatura serve a conferire tonalità ed espressione ai vostri scritti. È indispensabile per una lettura e una comprensione corretta dei testi, ma voi umani vi vergognate a usare il punto e virgola e non ne capisco il motivo. Forse non ci considerate né carne né pesce? Siamo molto più simpatici di quello sbaffetto che chiamate virgola e che usate a pioggia soltanto perché vi permette una pausa breve e perché è il segno più versatile ma anche più ambiguo. Vi piacciono tanto anche i due punti in quanto da megalomani introducono i vostri discorsi diretti. Abbondate di puntini di sospensione perché non avete il coraggio di scrivere ciò che pensate realmente, così come utilizzate i punti esclamativi perché in quel modo pensate di far capire che avete fatto una battuta. Per non parlare della vostra ione per i punti interrogativi senza ricordarvi che la gente vuole risposte e non domande. Se abbandonerete il punto e virgola i vostri testi perderanno smalto; Igor lo ricordi ai suoi lettori”.

Ecco, caro punto e virgola, ho pubblicato la sua e-mail e condivido la sua amarezza; le prometto che in questo libro ne farò grande uso. Abbandonarvi sarebbe una vergogna. Per solidarietà le dedico tutte le prossime righe.

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; (è un punto e virgola asociale!)

Dopo la e-mail indignata inviatami da un punto e virgola, in cui attaccava le virgole definendole sbaffetti ambigui, sono stato sommerso da e-mail scritte da virgole. Ne riporto una per tutte.

“Caro Igor sono una Virgola di 27 anni e ti scrivo da Como. Sono rimasta basita per la e-mail che ti ha inviato un punto e virgola in cui sbeffeggiava noi virgole, da sempre le più amate da voi esseri umani anche se molti di voi abusano di noi. Per questo ci siamo rivolte in diverse occasioni al Tribunale della punteggiatura. Ma in Italia sappiamo bene che la giustizia è lumaca. Tornando a noi: hai pubblicato quella e-mail senza darci la possibilità di replicare al punto e virgola. Non è corretto, è una violazione della libertà e del pluralismo della punteggiatura. Mi spiace che i punto e virgola non siamo mai stati apprezzati da voi umani o che forse non abbiate mai capito quando usarli, ma noi virgole non siamo colpevoli della loro estinzione. Se la sono cercata: si sono messi un pallino sopra perché volevano fare gli originali e distinguersi da noi virgole. I punti e virgola sono troppo elitari per voi. Noi virgole, invece, siamo nazionalpopolari come Antonella Clerici o Pippo Baudo, possiamo essere utilizzate in mille modi diversi. Senza di noi sareste finiti, appiccichereste tutte le parole, perdereste enfasi, non vi capireste più. Ora il punto e virgola lo usate soltanto come emoticon negli sms quando volete fare l’occhiolino strizzato. Mi sembra che i punto e virgola stiano facendone un dramma. E allora che cosa dovremmo dire noi virgole che veniamo abusate e strapazzate di continuo da voi barbari

quando ci mettete tra soggetto e verbo, tra verbo e complemento oggetto, tra il verbo essere e l’aggettivo o il nome che lo accompagni nel predicato nominale, tra un nome e il suo aggettivo. Non dimenticarti, caro Igor, che la fine del punto e virgola era già scritta nel loro nome: possono essere chiamati anche punto coma. E in coma ci sono finiti. Con stima, Virgola di Como”.

Cara Virgola di Como, come hai visto assicuro sempre la pluralità d’informazione e di punteggiatura. Resto in attesa delle lettere dei punti interrogativi ed esclamativi, dei due punti, dei puntini di sospensione, dei trattini, delle parentesi, delle sbarrette, delle virgolette e degli asterischi.

Il virus h24

Sempre più spesso si usa dire “l’inquietante h24” al posto di “lavoro 24 ore al giorno” o “con turni di 24 ore al giorno”: lavoro h24, turno h24, aperto h24, impiego h24, disponibilità h24, servizio clienti h24, assistenza sanitaria h24... H24 sembra l’acronimo di un virus intestinale o il nome in codice di una base segreta dove tengono nascosti gli alieni disadattati che hanno avuto la sfortuna di raggiungere il nostro pianeta.

Gad Lerner, un volto delle opere di Picasso

Quando la notte sono costretto a restare sveglio fino a tardi per scrivere preferisco non ingerire caffeina, mi è sufficiente vedere in tv l’inquietante moralista Gad Lerner. I suoi intensi primi piani con gli occhi socchiusi in modo irregolare e blindati dagli occhialini che fanno tanto intellettuale, la sua “erre” arrotondata così marcata che lo fa sembrare doppiato, le sue labbra oblique (come si metteva Lilli Gruber quando conduceva il telegiornale) mi tolgono il sonno per giorni.Il suo volto asimmetrico mi ricorda le facce delle opere di Picasso anche se mi provoca la reazione del celebre dipinto di Munch: “L’urlo”.

Gad Lerner è uno dei pochi personaggi che riesce a farmi are anche l’appetito evitando così di mettermi a dieta. Dopo un’intera puntata di un suo programma mi viene sempre in mente la domanda: “Ma di che cosa hanno parlato?”. Uno studio televisivo che sembra una cantina ammuffita con illuminazione ispirata alle catacombe. Gli ospiti ano da un argomento all’altro, sono liberi di fare i propri spot, le voci si sovrappongono senza che il conduttore intervenga per far capire qualcosa al telespettatore. È la dimostrazione di quanto la politica sia autoreferenziale soprattutto quando non c’è un domatore.

Che stress scegliere un hamburger

Quando vengo colto da un’irrefrenabile voglia di hamburger e la mia macelleria di fiducia è chiusa vado al supermercato. Lì ci sono centinaia di tipi diversi di hamburger già pronti e conditi: quello classico fatto di carne macinata è arcaico e fare la fila dal macellaio per farsi tagliare un bel pezzo di carne per poi farsi preparare gli hamburger porta via troppo tempo. Oggi ci sono al formaggio, alla pizzaiola, allo speck, agli spinaci, ai carciofi, al rosmarino (hamburger difficilissimo da fare da soli quindi meglio acquistarlo già pronto), alla cipolla (per prepararlo occorre uno chef 3 stelle Michelin), hamburger di prosciutto, hamburger suino, di cavallo, di tacchino. E dagli scaffali mi chiamano disperati: “Prendi me che sono nuovo!”, “No, prendi me che sono più buono!”, “Metti me nel carrello e non te ne pentirai!”.

Esco sempre dal supermercato senza hamburger. La scelta è troppo faticosa. Preferisco andare a cena fuori.

Le prossime pagine ti sono offerte dal settimanale “Viaggiare a scrocco”: come usare i mezzi pubblici senza pagare.

“Viaggiare a scrocco”: un periodico per poter conoscere, trovare e scoprire le migliori tecniche su come prendere un mezzo pubblico riuscendo a eludere ogni tipo di controllo e sanzione. Duecento pagine ricche di illustrazioni, inserti, novità, interviste ai maggiori esperti internazionali di viaggi senza biglietto.

In questo numero:

intervista esclusiva a Tony Taccagno il quale da quando aveva sei anni non paga il biglietto su tram, bus, treni, metropolitane e traghetti. Ora, sempre senza biglietto, riesce anche viaggiare su voli intercontinentali in classe Magnifica e a guadagnare punti Millemiglia.

E ancora: come accorgersi dei controllori prima che salgano;

come riconoscere un controllore in borghese, come nascondersi nella toilette del treno senza farla risultare occupata, come aprire il tornello della metropolitana senza il biglietto, come appropriarsi del biglietto di un viaggiatore che lo ha appena timbrato, come viaggiare in dieci su un mezzo pubblico con un unico biglietto, come manomettere una obliteratrice e scrivere sul biglietto giorno e data con una penna a inchiostro cancellabile in modo da usarlo per diversi anni, come viaggiare gratis sui traghetti senza

doversi buttare in mare, come confondersi tra la folla sugli autobus e sui treni pendolari.

In più, nel caso in cui ti sorprendano in flagranza, “Viaggiare a scrocco” ti spiega i segreti e le tecniche su come impietosire un controllore ed evitare la sanzione e su come fingere di non capire l’italiano.

In regalo con il primo numero un carnet di biglietti falsi di tutte le aziende municipalizzate d’Italia, la mappa delle linee di bus, tram, metropolitane e ferroviarie di tutto il mondo su cui non salgono i controllori e quella delle linee da evitare. Inoltre, con soli 11 euro in più si può avere il primo fascicolo di “Donna Ramona” con 999 scuse per non pagare la corsa. Il settimanale “Viaggiare a scrocco” è pubblicato da Mario Portoghese editore e ti augura buon viaggio (a scrocco). Ti aspettiamo in tutte le edicole degli aeroporti, delle stazioni degli autobus, ferroviarie e metropolitane. Perché senza biglietto il viaggio è perfetto!

Gli “orrori” della comunicazione

Tra frasi fatte, anglismi, citazioni erudite, burocratese, “maleduchese”, “aggettivite”, “politichese”, banalità ed errori grammaticali i nostri messaggi sono sempre più incomprensibili e la nostra comunicazione perde efficacia. Nell’era del forno a microonde utilizziamo sempre più spesso frase precotte e predigerite che scongeliamo di continuo. La frase fatta toglie dall’impaccio della ricerca di espressioni adeguate, ma fa correre il rischio che invece di essere efficace, assuma la consistenza di un budino, diventi interessante come guardare il pavimento bagnato mentre si asciuga e irritante come l’ortica. Chi vuole essere ascoltato deve lasciare i luoghi comuni ai propri avversari o ai nemici. Oggi siamo circondati da pusher di comunicazione tagliata male. Chi non è visibile a livello mediatico non esiste. E questo vale per tutti coloro che per motivi professionali interagiscono con altre persone: dagli imprenditori ai politici, dai liberi professionisti ai personaggi dello spettacolo. Un’azienda che non sa comunicare è destinata all’oblio. Per essere ricordati bisogna fare come Zorro: lasciare un segno attraverso la nostra comunicazione.

Ma l’utilizzo dei luoghi comuni non aiuta: l’operazione è sempre brillante, la faccenda è sporca, il colpo è da manuale, l’ironia è sottile, il silenzio glaciale e i problemi sono sul tappeto. Insomma, le frasi “fatte” dovrebbero andare a farsi... disintossicare! E che cosa dire del linguaggio che usiamo senza neppure riflettere. Sempre più spesso in tv, in radio, sui giornali si sente o si legge “entrare dentro” (perché si può entrare fuori?), uscire fuori (si può uscire dentro?), problematiche invece di problemi (problematica ci fa sentire più colti?). Come dimenticare coloro che amano i termini destrutturare (“ho destrutturato l’opera”) e filiera (“lungo tutta la filiera” e “guai a interrompere la filiera”). E dicotomia? Ormai va di moda come far vedere l’elastico griffato della mutanda sotto il pantalone a vita bassa. Siamo diventati tutti “dicotomiadipendenti”. Dicotomia piace tanto ai nostri politici, agli opinionisti, ai conduttori che ci si sciacquano la bocca come fosse un collutorio. Dire “suddivisione di un concetto in due categorie distinte e opposte” è troppo semplice, comprensibile e banale. Dicotomia è più fashion, fa sentire dottori magistrali.

Ormai anche le trasmissioni televisive e radiofoniche non aiutano più ad arricchire il linguaggio in quanto troppi conduttori hanno un vocabolario che entra in un portapillole. Ci sono poi gli amanti del burocratese, duro a morire in un’italietta pettegola che affoga i propri problemi e le proprie frustrazioni nei reality show, game show e talent-show: “Entro e non oltre dieci minuti” (frase proveniente dai documenti della pubblica amministrazione), all’alba di domani mattina (perché c’è pure l’alba di sera?), “domani verrà somministrato il questionario”. Frasi talmente urticanti che dopo averle ascoltate devo prendere un antistaminico.

Come dimenticare coloro che adorano usare nel proprio linguaggio frasi che vanno di moda perché fanno tendenza come “il concetto va stressato” o “è soltanto una percezione”. Ormai l’importante è come si viene percepiti non come si è realmente. Non posso dimenticare quelli che si riempiono la bocca di parole inglesi: “Hai fatto il check?”, “Ho forwardato le vostre e-mail con l’attach”, “Domani faccio il recall”, “Aspetto il asap”. Già, “asap”, acronimo di as soon as possibile (niente paura, significa soltanto “il più presto possibile”). Volete mettere un “light dinner” al posto di una cena leggera, un “lunch” invece di un pranzo o una “location” al posto del volgare “luogo” che fa troppo italiano? Quando si usano termini del genere si dovrebbe usare il profilattico (o, se proprio non puoi a meno dell’inglese, il condom). Sono per il linguaggio sicuro.

E c’è ancora chi si stupisce se all’esame di abilitazione di alcuni aspiranti avvocati, questi giovani laureati siano arrivati a scrivere "paté d'animo" al posto di patema d’animo, “un altro” con l’apostrofo e “correzzione” con due zeta. Forse hanno usato la doppia zeta perché è sempre meglio aggiungere che togliere? Diffido di quelli che quando mi danno il proprio biglietto da visita me lo porgono dicendo: “Ecco la mia business card” (molti miei studenti universitari pensano sia la carta di credito, immagino l’espressione della signora Pina che guarda “C’è posta per te”...). Quelli che mi divertono di più sono coloro che vogliono dimostrare di essere colti e sapienti utilizzando in modo selvaggio le

citazioni erudite. Il momento più esilarante è quando non ricordano l’autore oppure associano la citazione a un intellettuale che non ha nulla a che vedere con il legittimo ideatore. Bisogna stare attenti, si rischia di “sodomizzare” tutto (ormai non si somatizza più nulla).

Il “Grande fratello” ci mostra giovani e giovanissimi che comunicano tra loro con una lingua che vorrebbe essere italiano, ma è più simile a quella che parla José Mourinho. Mi viene in mente uno dei reclusi di una ata edizione, tale Marco, il quale ripeté più volte “ho tanta sonno”, sì “tanta”. Se è vero che chi appare in tv rappresenta l’italiano medio ecco spiegati i tanti misteri di questo Paese. Non mancano poi coloro che dicono cinemi per il plurale di cinema. Ricordo ancora un giovane collega autore televisivo che prima di cominciare la trasmissione invitò me e gli altri ospiti a usare termini semplici evitando parole inglesi come... idem! Già, hai proprio letto bene, idem secondo questo autore è un vocabolo della lingua inglese. Da quel giorno sono ancora più convinto che non bisogna mai dare nulla per scontato. La lingua italiana è ricca di vocaboli, è musicale. Purtroppo questo maltrattamento indiscriminato della lingua riflette la società in cui viviamo, sempre più becera e volgare. Eppure io mi incanto ancora quando sento parlare un italiano corretto.

La collezione “Le sane cattiverie” con gli aforismi creati da Igor Righetti e acquistabili sul sito www.igorrighetti.it: “Poveri umani!”

In un’Italia come l’attuale queste notizie potrebbero apparire vere

Dopo essersi fratturato il femore scivolando su una cacca di cane un anziano signore ha denunciato il proprietario della cagnetta che, per mantenere la privacy dell’animale chiameremo con un nome di fantasia Fuffy. Il giudice dopo aver ascoltato il proprietario della piccola Fuffy come unico testimone ha deciso di assegnarle un premio al valore civile ricordando quanto possa portare fortuna, soprattutto in questi tempi, pestare la cacca dei cani. Il magistrato ha ricordato la storia di Gianna, una signora in gravi condizioni economiche che dopo aver calpestato una cacca di Fuffy aveva fatto 6 al Superenalotto. Ha inoltre condannato l’anziano signore a pagare le spese legali ricordandogli che la fortuna arriva soltanto se l’escremento lo si pesta con convinzione e per intero e non soltanto un pezzetto come aveva fatto lui.

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È vero che ormai in Italia tutto ciò che è sano deve avere davanti la parola BIO, ma questo non significa che la storia di un industriale chimico non possa essere definita bio-grafia.

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Ragazzo di 28 anni stermina la famiglia di 9 persone, uccide anche 5 zii, 5 zie, 6 amanti del padre e i 4 nonni. Non contento ammazza i 4 barboncini perché

troppo pelosi, i due gatti persiani, affoga le 5 tartarughine e toglie l’acqua ai pesci rossi dell’acquario di casa. Le forze dell’ordine lo hanno trovato in sala da pranzo intento a parlare con l’unico animale rimasto in vita: un pappagallo. Per questo motivo verrà rilasciato tra soli 2 anni in quanto è stato riconosciuto non in grado di intendere e di volere. “È giusto così. Solo un pazzo può parlare con un pappagallo”, ha affermato l’avvocato difensore del giovane. Si è poi scoperto che si trattava di un pappagallo parlante.

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Cinque ladri entrano in un appartamento del centro di Roma e sorprendono nel sonno l’anziano proprietario sofferente di cuore. “Come ci ha visti - hanno dichiarato i ladri durante una conferenza stampa in cui hanno firmato autografi e venduto la loro linea di amontagna di lana- ha iniziato a urlare prima ancora che cominciassimo a portare via gli oggetti dall’appartamento. Roba da matti. Abbiamo dovuto ucciderlo subito”. I delinquenti sono stati rilasciati con tanto di scuse in quanto il proprietario dell’appartamento non poteva conoscere a priori le intenzioni dei cinque signori vestiti di nero e con i amontagna in testa, entrati nel suo appartamento dal balcone alle 3 del mattino dopo aver rotto le finestre del soggiorno. Le urla dell’anziano signore dunque sono state ritenute del tutto ingiustificate. Anche se morto è stato denunciato per disturbo alla quiete pubblica.

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A un anziano signore cercano di strappare l’orologio, lui si difende e muore d’infarto. I due malviventi sono stati subito rintracciati. La pena ai due ladri verrà ridotta in quanto l’anziano signore non avrebbe dovuto fare così tanta resistenza dato che l’orologio era una patacca comprata al mercato e perché due

dei tre by erano difettosi. L’anziano quindi è stato accusato di mancata manutenzione dei by e di avere l’orologio 5 minuti indietro. Per questi motivi non potrà ricevere visite alla sua tomba per due anni.

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Sempre più giovani italiani per laurearsi in medicina vanno in Transilvania dove il test d’ingresso è più facile; l’unico problema è che si va incontro a un sicuro... salasso.

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Un giovane killer assoldato dall’Istituto nazionale di previdenza vecchi pensionati è stato arrestato mentre stava facendo una strage in una bocciofila. Il fratello kamikaze, adolescente, si era fatto esplodere in una casa di riposo per anziani, mentre la sorella di 25 anni aveva appiccato un incendio in un dancing di ballo liscio. I tre giovani assassini avevano un contratto di lavoro a tempo determinato, quindi erano precari del crimine, ed erano stati assunti dalla Istituto di previdenza vecchi pensionati per far fuori tutti gli anziani che erano andati in pensione da almeno due anni.

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I furti di farmaci per il trattamento della disfunzione erettile sono in continuo...

rialzo!

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Nota deputata viene fotografata pallida e dimagrita. I suoi colleghi parlamentari la costringono a mangiare pensando a uno sciopero della fame. Ma lei si ribella e chiarisce. “C’è un equivoco – ha precisato la deputata – i miei colleghi hanno una deformazione professionale: quando qualcuno perde qualche chilo pensano subito a uno sciopero della fame, invece mi sono messa a dieta per dimostrare che noi mangiamo meno di prima. Costringendomi a ingerire cibo mi hanno fatto riprendere i 4 chili che con grandi sacrifici avevo perso. Adesso dovrò ricominciare daccapo”.

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Nelle vicinanze di Roma un toro è fuggito da una stalla. Dopo alcuni tentativi la polizia locale e i veterinari dell’Asl sono riusciti a catturare l’animale per poi restituirlo al proprietario. Per fortuna l’operazione di recupero del toro ha avuto successo ma molti avevano paura che finisse in vacca.

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Dal prossimo mese tutti i maschi italiani di qualunque età, anche centenari, dovranno recarsi negli ospedali per sottoporsi alla circoncisione. Il

provvedimento si rende necessario per accelerare l’integrazione tra i popoli.

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Da un’indagine è emerso che in tempi di crisi nel mondo si sciopera di meno; per forza, vanno tutti a casa!

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Uomo di 65 anni uccide 763 persone, 27 cani e 48 gatti, 183 criceti e dà alle fiamme oltre 700 boschi. In carcere riceve oltre 10 mila lettere al giorno di donne che vogliono sposarlo.

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Bambini di tutto il mondo hanno denunciato la befana perché si è fatta vari interventi di chirurgia plastica . “La befana bella e rifatta non è più la befana” hanno affermato i bambini delusi. L’addetto stampa della befana e la sua manager hanno diramato un comunicato stampa in cui dichiaravano che l’anziana signora era stanca di andare in giro con scarpe rotte e porri sul naso e aveva bisogno di un rilancio della sua immagine. La befana ha abbandonato anche la scopa e come mezzo di trasporto à una city car datale in comodato gratuito dallo sponsor di cui è testimomial. I genitori dei piccoli hanno denunciato la befana per danno psicologico infantile e cambiamento d’identità

senza autorizzazione popolare. La befana ha diffidato i bambini che la sera del 5 gennaio lasceranno calze e calzini bucati o sporchi per essere riempiti di doni. Solidarietà è stata espressa alla Befana da Babbo Natale, dai folletti del Polo Nord e dalle renne transgeniche. Considerando i tempi della giustizia italiana la befana avrà tutti gli anni necessari per tornare quella di una volta.

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Noto personaggio dello spettacolo dopo aver perso le staffe durante la puntata di un programma televisivo ha preso a pugni la scenografia della trasmissione per scaricare la sua rabbia furiosa e si è fatto pure male a una mano. Basito lo scenografo del programma che ha esclamato: “Se non gli piaceva la mia scenografia bastava che me lo dicesse, non c’era bisogno di prenderla a pugni”.

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Signora di 88 anni violenta per otto ore un trentenne. “Sembrava indemoniata” ha raccontato il giovane ancora sotto choc. “Mi è saltata addosso mentre stavo portando il mio cane a so nel parco”. I giudici hanno condannato il giovane per aver fatto sesso con una minorenne in quanto l’ultraottuagenaria si era sottoposta a 48 interventi di chirurgia plastica e quindi aveva l’aspetto di una tredicenne.

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Per il prossimo mese in Italia è prevista molta neve a quote basse; questo significa che i consumatori di cocaina spenderanno meno del solito?

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Rivelazione choc di Babbo Natale: “La vita è come un albero di Natale: c’è sempre qualcuno che rompe le palle”.

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Da un’indagine della Federazione dentisti riuniti (non si sa dove) è emerso che le donne che non hanno il lavoro stabile avranno presto il mal di denti in quanto sono pre-carie.

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Il bullismo tra studenti sta infettando anche gli insegnanti. Un professore di lettere ha preso in ostaggio la calcolatrice di un collega di matematica e si è chiuso nella toilette. Come riscatto ha chiesto un dizionario d’italiano nuovo in quanto quello in dotazione alla scuola è del 1947.

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Agghiacciante ritrovamento in una cantina: dopo cento anni inciampano nel corpo mummificato della bisnonna ancora intenta a fare l’uncinetto. I nipoti stanno litigando per l’eredità del maglioncino che la bisnonna stava per ultimare.

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Paura per 3 ragazze di 18 anni scomparse da casa. A cercarle sono corsi gli autori del programma “Chi l’ha visto?”, polizia, carabinieri, guardia di finanza, Gino (non so chi sia questo Gino ma sarà senz’altro qualcuno di importante se me lo hanno segnalato), protezione civile, protezione animali, Wwf, WWW, Lipu e Barbara D’Urso. Le ragazze sono state ritrovate una a dormire nel proprio letto, un’altra in cantina e l’ultima appoggiata a un muro mentre stava contando. “Stavamo giocando a nascondino” hanno rivelato. E hanno aggiunto: “Tana libera tutti”.

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Eclatante rivelazione di una nota attrice italiana stagionata: “Non ho rughe? Sono trent’anni che non mi lavo la faccia”.

Le prossime pagine ti sono offerte dal centro sportivo “Suda te per me” che propone sport innovativi rivolti a tutti coloro che non si accontentano soltanto di sudare.

Offriamo lezioni esclusive di una disciplina sportiva che presto sarà ammessa alle Olimpiadi: il lancio del coriandolo controvento. Ti saranno forniti coriandoli di tutte le dimensioni e colori ricavati da carta bio ed ecocompatibile e un personal trainer, più personal che trainer, per riuscire a sfidare il vento e lanciare il coriandolo il più lontano possibile su un foglio di carta millimetrata. Abbandona gli ormai obsoleti corsi di spinning e pilates e vieni a provare il nostro esclusivo lancio del coriandolo controvento.

Il centro sportivo “Suda te per me” ti augura buon proseguimento di lettura.

Quegli spot che ci tolgono l’appetito

All’ora di colazione o di cena ci vengono propinate soprattutto in televisione, ma anche in radio, pubblicità da voltastomaco. Pubblicità che decantano le proprietà dei prodotti che dovremmo acquistare: “Fa scivolare via il muco”; “Scioglie il catarro", “Elimina l’odore di urina", “Contro gli odori intimi”, “Previene le fuoruscite in quei giorni", “Combatte il prurito intimo” e via con la schifezza e buon appetito a tutti.

C’è una spiegazione scientifica del perché questo tipo di messaggi trovino spazio proprio all’ora dei pasti. Vengono mandati in onda in quei momenti per evitare di farci ingrassare e di diventare obesi. Insomma, lo fanno per il nostro bene, come quando all’ora dei pasti mandano in onda rubriche di medicina in cui si parla di emorroidi, acne o malattie veneree. Quando sono a dieta mi sintonizzo sempre su questi programmi.

Alla faccia della privacy

Si parla tanto di privacy ma da quando usciamo di casa a quando rientriamo, di giorno e di notte, in auto, in ufficio o per strada, siamo spiati. La missione impossibile di oggi è evitare di essere ripresi da tutte le telecamere che ormai si trovano ovunque e che registrano i nostri i e i nostri aggi. Per la nostra sicurezza, certo, ma quando si eccede il controllo diventa invasivo. Andiamo al cimitero a portare un fiore a un nostro caro estinto e dobbiamo are sotto una videocamera di sorveglianza che registra pure che tipo di pianta portiamo e quindi il suo costo.

Se ci dovesse accadere qualcosa, dal video tutti verrebbero a sapere che la pianta era di poco valore o che eravamo andati al cimitero vestiti con la tuta da ginnastica. Quindi, per prevenire possibili chiacchiere, ci andiamo con una pianta costosa e abbigliati come se dovessimo partecipare a una cena di gala. Da quella telecamera qualcuno potrà sapere a quale ora siamo entrati e a quale siamo usciti, come eravamo vestiti, se ridevamo o eravamo affranti, se ci siamo incontrati con qualcuno o eravamo soli. Al cimitero quindi evita di dare eccessiva confidenza a sconosciuti.

Guai a fare incontri clandestini, quando si è sposati, vicino agli incroci stradali, alle metropolitane, ai supermercati, agli alberghi, a banche, ambasciate o ministeri. Tutto verrà immortalato dalle telecamere.E se nelle vicinanze avvenisse un furto, una sparatoria, un incidente, un attentato ecco che le forze dell’ordine sarebbero costrette a vedere tutte le riprese fatte dalle telecamere e a identificare eventuali testimoni. E come spiegherai a tua moglie che la bionda che stavi baciando sulla bocca al bar vicino alla banca e all’incrocio era soltanto una tua ex compagna di scuola che avevi incontrato per caso dopo tanti anni?

Ho visto persone sorridere alle telecamere di un supermercato come fanno Carlo

Conti o Barbara D’Urso quando conducono i loro programmi, ho visto signore sistemarsi i capelli e il trucco prima di are davanti alla videocamera di una banca, ho visto coppie entrare negli alberghi coprendosi i volti con le giacche come fanno i criminali quando vengono arrestati per evitare l’occhio indiscreto della telecamera. Anche are in auto da una varco elettronico o a un casello autostradale può essere pericoloso se con noi c’è una persona che non ci sarebbe dovuta essere. Siamo di continuo sotto l’occhio delle telecamere come in un reality show. Siamo ripresi pure in tabaccheria mentre acquistiamo le sigarette o grattiamo il “gratta e vinci”. E pensare che i nostri familiari sanno che abbiamo smesso di fumare e che non giochiamo mai.

Siamo immortalati mentre facciamo la spesa, in farmacia, nei negozi, negli ospedali e persino nei sottoaggi. Non possiamo permetterci di distrarci: dobbiamo essere sempre belli, forzatamente gentili e sorridenti, senza macchia perché, a causa di altre persone, potremmo finire in un video che potrebbe andare in onda in televisione e sul web e un’immagine potrebbe essere pubblicata sui giornali. Tutte queste telecamere ci rendono star metropolitane sempre sotto stress come i divi del cinema e della tv. Basterà che le telecamere vengano installate un po’ più in alto e potranno vedere anche che cosa facciamo nelle nostre case. Non è fantascienza: è già capitato. Ormai ci stiamo abituando a vivere le città come un immenso studio televisivo dove i riflettori corrispondono ai lampioni.

La videosorveglianza ci fa sentire più sicuri e protetti ma allo stesso tempo ci priva di una parte della libertà. Come faremmo oggi senza il videocitofono, senza vedere oltre che sentire chi ci ha suonato il camlo? Con il videocitofono sappiamo in anteprima di qualche piano come sono vestiti i nostri ospiti e quale dono ci hanno portato. Altro che 007! A Roma, per esempio,gli occhi elettronici delle telecamere della metropolitana hanno permesso di identificare la romena che con un’ombrellata in un occhio uccise una ragazza e a Napoli il killer del rione Sanità è stato identificato grazie alle telecamere collocate all’esterno del bar.

Del resto siamo già seguiti quando usiamo la posta elettronica o ci registriamo su qualche social network o sito, quando in auto il nostro Gps segnala a una centrale il nostro percorso, quando usiamo la carta di credito, il bancomat o la carta fedeltà. C’è chi sa tutto di noi. Con la carta fedeltà, in cambio di bicchieri, posate, tovaglie e sconti gli007 del marketing del supermercato sanno che cosa mangiamo, i nostri cibi preferiti, quanto spendiamo. Insomma, sanno i nostri vizi e le nostre abitudini. Il diritto alla privacy dunque è pura utopia, ma in una giungla urbana come quella in cui stiamo vivendo la videosorveglianza ci aiuta a farci sentire più sicuri. E se ti riprenderanno in un luogo dove non saresti mai dovuto essere fatti una grassa risata.

Le prossime pagine ti sono offerte dalle onoranze funebri “Manco morto”. Inviaci subito il testo sul tuo caro estinto. La società “Manco morto ti garantisce che con i suoi necrologi farai un figurone con i tuoi parenti, gli amici e con i nemici.E se acquisti subito 5 necrologi due sono in omaggio. In questo modo avrai già il regalo da fare per Natale.

Necrologio inviato da Domitilla Feretro in Cassa e Augusto Bara.

Il giorno 17 ottobre si è spenta a causa di indigestione di scatolette la professoressa Miao Pulcetta Alberica Fru Fru, nobile gattina baffuta discendente da antico casato, colta e dotata di graffiante ironia. Ne danno la dolorosa, come i suoi graffi, notizia la sua erba gatta e i suoi due topipeluche Osvaldo e Gustavo. La sua più cara amica Cicciottina III Von Gat di Pelo Maculato Fusa, gatta persiana purissima e altissima, la ricorda come la migliore gat-model sempre in competizione con le top-model e ne rammenta la sua dolcezza.

La lettura di questo libro fa dimagrire, assicura la ricrescita dei capelli, guarisce la miopia, le smagliature, la cellulite, elimina i peli superflui e stimola il desiderio sessuale. Nelle tre righe sotto regalate dall’autore puoi aggiungere ciò che desideri che questo libro faccia per te. Come d’incanto si avvererà.

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I regali di Natale

Sotto le feste natalizie siamo ormai costretti a elargire regali o pensierini, in molti casi spontanei come un organismo geneticamente modificato. Come globtrotter del regalo natalizio ci trasciniamo confusi ed esausti da un negozio all’altro alla ricerca di qualcosa che neppure noi sappiamo. E quando la troviamo veniamo assaliti da domande e osservazioni tipo: “Le piacerà questo colore?”, “Ma che taglia porta? A me sembra ingrassata”. Oppure: “Preferirà la vestaglia con l’orsetto o quella con la foca?”, “E le ciabatte? Le vorrà con il cane o con il gatto?”. Sono questi i quesiti di fondamentale importanza che ci facciamo nei giorni delle feste natalizie. Dopo lo scambio dei regali avverrà il crollo psicofisico di tutti noi.

E poi troviamo anche commesse che ci vogliono vendere camice lucide spacciandole per seta mentre leggendo l’etichetta appare evidente che si tratti di poliestere al 100 per cento ovvero una materia plastica e pure fatte in Cina o in P.R.C., acronimo di repubblica popolare cinese ma scritto così sembra un’altra cosa. Altro che seta! Oppure qualcuno ha il coraggio di affermare che il poliestere viene ottenuto da bachi di gomma che si alimentano con il petrolio?

Separati e divorziati

Negli ultimi anni nel nostro Paese si è sviluppata una nuova e irresistibile piaga sociale causata dall’aumento esponenziale di separati e divorziati, alcuni dei quali finiscono con il ridursi in miseria. Le separazioni e i divorzi, dati gli obblighi economici e le spese che sono determinate da queste azioni trasformano le persone in veri e propri senzatetto. Tanti degli ospiti delle mense dei poveri sono uomini separati o divorziati. Nella maggior parte dei casi si tratta di padri separati, obbligati a mantenere moglie e figli, ad abbandonare la propria casa e a non avere più risorse per sopravvivere. Quindi, se tu che stai leggendo in questo momento sei una donna separata o divorziata, la prossima volta che vedrai un uomo ripararsi dal freddo con cartoni e coperte di lana in un androne di un palazzo o della stazione ferroviaria, lascia un piccolo obolo perché potrebbe essere il tuo ex marito.

Le prossime pagine vanno lette in modo responsabile e, dato che si tratta di un libro di spirito, di buon... grado.

Daria Bignardi: la conduttrice dalla voce cigolante

La radical-chic prima della classe, prima barbarica poi glaciale poi di nuovo barbarica Daria Bignardi, moglie di Luca Sofri, pone domandine quasi sempre soporifere e scontate più dei saldi di fine stagione. Qualcuno provveda a mettere un po’ d’olio nelle corde vocali cigolanti della naturalmente antipatica Bignardi. C’è un celebre film dell’orrore che si intitola “Non aprite quella porta”. Ecco nel caso di Daria Bignardi direi “Non aprite quella bocca”. Non è possibile guardare il suo programma di interviste a catena abbassando di continuo il volume ogni volta che lei parla. La sacerdotessa Bignardi si sforza di risultare simpatica con sorrisi divertenti come strizzarsi i punti neri. Ha una comunicazione che scalda il pubblico come la luce al neon scalda gli ambienti.

La televisione è fiction anche quando pretende di mostrare i fatti reali

Il digitale terrestre ha donato alla platea tv affamata decine e decine di programmi televisivi. Il problema è che anche la nostra tv ha reso il trash, la spazzatura, una professione. Nulla di involontario, dunque, ma tutto costruito. Si dice che il trash stia nell’occhio di chi guarda. Ma allora come classificare la tv del dolore, delle teleurla e delle telerisse? La tv mostra il dolore, trasforma l’essere umano in spettatore, lo intrattiene e ne soddisfa il voyeurismo perverso. Il pubblico è ingordo, più riceve violenza e più ne vuole.È così da sempre. Basta andare ai tempi degli antichi romani quando la gente affollava le arene come il Colosseo dove si svolgevano combattimenti cruenti tra gladiatori e animali feroci.

La visione di simili spettacoli placava la sete di sangue. I media attuali non fanno altro che seguire l’antico solco, quello più sicuro, quello che richiama più pubblico: il solco dei delitti e degli stupri, dell’aggressività non repressa ma palesata. Dobbiamo sempre tenere in mente che la televisione è fiction anche quando pretende di mostrare i fatti reali. D’altronde alla tv non si chiede la verità, ma emozioni e intrattenimento. In questo modo la finzione diventa realtà e il verosimile è spacciato per vero.

Chi non ricorda il caso di Jade Goody, la 27enne concorrente del “Grande Fratello” inglese che ha commosso il mondo annunciando di essere malata di cancro? Scelse di far seguire dalle telecamere ogni istante del suo calvario per lasciare del denaro in eredità ai suoi due figli di 4 e 5 anni. Speriamo di non arrivare a ciò che è stato raccontato nel film “Live-Ascolti record al primo colpo” con Eva Mendes in cui viene presentata la nuova frontiera del reality show dove sei concorrenti si sfidano a colpi di pistola in una roulette russa per vincere cinque milioni di dollari. Per il Dio audience (più sono alti gli ascolti e più sale il costo degli spot pubblicitari) che cosa si potrà arrivare a fare?

E che cosa dire dello sciacallaggio mediatico a cui siamo sottoposti quando l’informazione di un fatto drammatico viene trasformata in intrattenimento becero o in finestre del dolore, in spettacolarizzazione dei sentimenti o quando si strumentalizza un accadimento? Perché siamo così attratti dal dolore? Perché il dolore rende tutti partecipi in quanto fa subentrare la commiserazione e, insieme, un certo sollievo perché la disgrazia è toccata ad altri e non a noi. Ma, anche se difficile, bisogna tendere al miglioramento o, quanto meno abbiamo il dovere di provarci. Ma oggi parlare male di certa televisione generalista è come sparare a un’ambulanza.

Dato che i programmi sono sempre gli stessi da anni, e i palinsesti sono diventati palINSISTI, si spiega anche perché alcuni critici televisivi siano impazziti. Vorrei vedere te che stai leggendo queste righe a scrivere recensioni sempre sulle stesse trasmissioni e sempre sugli stessi conduttori con antitarme incorporato. Ci sono programmi ideali per i masochisti, coinvolgenti come vedere all’opera un’autobotte durante lo spurgo di una fogna. La maggior parte delle trasmissioni televisive la vedo con la mascherina chirurgica. Senza idee sarà il trionfo del tonfo.

“Non ho paura della fuga dei cervelli ma dei tanti cretini rimasti”

Le prossime pagine ti sono offerte dal Centro dimagrante “Magri magri” che propone la sua eccezionale “Dieta a zone” che ti permetterà di dimagrire nei punti critici.

Con la nostra “Dieta a zone” per tre mesi farai colazione a Roma, uno spuntino verso le 11 a Firenze, il pranzo a Bologna, la merenda a Milano e la cena a Torino. Con questa dieta a zone sarà impossibile non dimagrire. Soprattutto se la seguirai a piedi o in bicicletta. Vieni a provarla!

Schiavi dell’apparenza

Apparire sembra essere diventato un valore, più importante dell’essere in questa nostra società dell’immagine. Il contenuto sembra aver lasciato spazio all’involucro. Non a caso si parla sempre più spesso di “percezione” e non di realtà. Pare che si possa fare a meno dell’igiene mentale ma non di quella orale. Anche a livello estetico il marketing e la pubblicità ci vogliono senza rughe, lontani dal modello epidermide-campo arato, levigati come la superficie del budino, piatti come lo schermo di un televisore, senza peli ormai definiti superflui che fanno troppo cavernicolo, lisci come anguille e uccelli implumi, senza adipe, senza carni molli e cadenti, senza macchie, senza borse tipo trolley e occhiaie modello panda in estinzione o pugno in un occhio, senza palpebre cadenti effetto mastino napoletano, con denti bianchissimi che più bianchi non si può e capelloni.

Insomma la morte ci deve trovare sodi, tonici, glabri sul corpo e con tanti capelli in testa, liftati e tirati modello prima che la carne abbandoni le ossa effetto pollo al girarrosto e con 20 o 30 anni di meno della nostra età anagrafica ormai soppiantata da quella biologica. E chi ha poche risorse economiche è disposto anche scendere a compromessi con la chirurgia estetica low cost (i rifatti a basso costo) pur di non vedere la propria faccia crollare come un palazzo dopo un terremoto. Il ricorso alla chirurgia plastica, quindi, è sempre più frequente. E non c’è età a fare da barriera al piacere del sentirsi meglio con se stessi e con gli altri. Ci sono persone che un mese sì e l’altro pure si rivolgono al chirurgo plastico per cercare di correggere quelli che considerano difetti. Chi va così spesso dal chirurgo plastico mi fa porre alcune domande: ma ci sono così tante persone completamente difettose? Oppure siamo soltanto pieni di insicurezze e frustrazioni che sfoghiamo anche in questo modo?Perché ci sono così tanti chirurghi plastici sul mercato? Forse perché molti di loro devono correggere gli errori fatti dai colleghi?

E così, a Natale, non si regalano soltanto viaggi o gioielli ma anche interventi di

chirurgia estetica. Il marito premuroso regala una rinoplastica alla moglie stanca del suo naso aquilino o con la punta pendula o con la gobba effetto dromedario e la moglie contraccambia donando al marito una bella addominoplastica che consente di rimuovere l’eccesso di cute e di grasso dalla parte superiore e inferiore dell’addome e di tonificare i muscoli, quando ci sono, della parete addominale. In questo modo si può dire addio a una pancia rilassata o prominente eliminando l’effetto camicia che esplode e quello della cravatta perennemente corta. Ci sono nasi rifatti talmente a punta che chi li ha li usa per fare il buco nelle pareti anziché usare il chiodo e il martello. Ma ci sono anche mogli ancora più premurose che preferiscono regalare al proprio consorte qualche centimetro in più al pene. Oppure l’uomo sposato regala all’amante una blefaroplastica cioè la correzione di occhiaie, palpebre cadenti effetto mastino napoletano e borse di grasso e l’amante gli dona un autotrapianto di capelli perché stufa di accarezzare una palla da bowling.

Donne di tutte le età si donano interventi per ingrandire o ridurre il seno: in questo caso si parla di mastoplastica additiva o riduttiva anche se la tv ci porta come esempio soprattutto quella additiva a giudicare da ciò che vediamo. Se si desidera aumentare il volume e arrotondare la forma dei glutei piatti, ecco che ci arriva in soccorso la gluteoplastica che può essere realizzata con microinnesti di grasso autologo prelevato dal paziente stesso, con protesi di silicone o con acido ialuronico. Insomma ci farciscono per le feste come si fa quando si riempie il tacchino.

Non posso dimenticare altri due interventi che vanno per la maggiore: la mentoplastica e la malaroplastica, note anche come chirurgia di rimodellamento del mento e degli zigomi. Ricordo ancora che a una cena diedi un bacetto su una guancia a una signora che con un colpo di zigomo farcito di protesi al silicone solido mi slogò la mandibola. Poi ci sono coloro che si rifanno le labbra perché madre natura ha dato loro soltanto una fessura, uno spiffero oppure hanno labbra troppo piccole o troppo carnose. E così anche in tv ammiriamo labbra spropositate che fanno quasi paura, sembra che ci vogliano inghiottire, più paurose del film Nightmare. Labbra che ricordano le gelatine. Ma le donne con labbra così resteranno sempre a galla in quanto hanno i canotti e poi sono sempre sulla bocca di tutti.

La chirurgia plastica non discrimina nessuna parte del corpo: tutto può essere rifatto. Non è un caso che molte donne si sottopongano anche ad interventi di chirurgia estetica dei genitali femminili. In un momento di crisi si rinuncia al superfluo non a caso uomini e donne ricorrono sempre più spesso alla depilazione laser permanente che estirpa per sempre l’odiato pelo superfluo che ci riporta ai nostri antenati pelosi. Gli uomini si sottopongono anche alla chirurgia estetica di aumento dei volume dei polpacci che permette di modificare la forma e le dimensioni dei polpacci troppo piccoli. Questo tipo di intervento è richiesto soprattutto da coloro che si dedicano al culturismo e che, nonostante l'esercizio, non riescono a conseguire un sufficiente volume dei polpacci. E come facciamo a vivere senza il polpaccio prominente, oggi vogliamo il polpaccio con noce di cocco incorporata.

Non ho nulla contro la chirurgia plastica se aiuta a correggere difetti naturali, se aiuta a sentirsi meglio e a essere più sicuri di sé può evitare l’assunzione di tranquillanti e psicofarmaci. L’importante è rivolgersi a un bravo chirurgo che operi in una buona clinica e diffidare degli interventi di chirurgia plastica low cost. Mi inquietano come i carboidrati terrorizzano le modelle quei chirurghi plastici che la mattina non fanno colazione ma “clonazione”. Si può rischiare di essere tutte o tutti uguali ed essere scambiati per altre persone. La ragazza acqua e sapone non va più di moda. Oggi, caso mai, va la ragazza acqua e gel igienizzante.

Le prossime pagine ti sono offerte dal centro dimagrimento “Magri come una sifilide”.

Con le diete scientifiche del nostro Centro sarà impossibile non dimagrire e non dovrai fare nessun sacrificio. La palestra la farà l’Avatar che creeremo per te. Ecco un esempio delle nostre diete:

per la colazione, 5 briciole di fetta biscottata, una sniffata di marmellata direttamente dal vasetto, 5 semi di mela biologica e 6 chicchi di riso crudi.

Per lo spuntino: un foglio di carta unto con olio extra vergine di oliva.

A pranzo: ripetere per cento volte la parola cotoletta. Alla centesima ti sentirai sazio.

A cena: lisca di pesce bollita, una carota transgenica alla julienne perché così sembra più abbondante, 1 etto di buccia di lenticchia, un giocattolo a scelta, una mosca o una zanzara sgrassate e 15 litri di acqua.

Al termine di una nostra dieta potrai aver perso anche 30 chili in 10 giorni, aver aumentato la tua aggressività, aver provato l’esperienza del cannibalismo e aver visto gli extraterrestri.

Gli annunci di pubblica inutilità

Compro, vendo, scambio, affitto e cerco lavoro, annunci che riflettono la situazione del Paese.

Società di call center specializzata nella gestione di qualunque televoto garantisce l'invio multiplo di sms per consentire qualsiasi vittoria in qualsiasi programma televisivo. Il nostro motto è “Il popolo è sovrano? Diventa sovrano del popolo”.

Associazione di genitori contro la tv spazzatura propone i propri figli ad agenti, produttori, registi e a emittenti televisive come attori, cantanti, ballerini, comici, scienziati, tronisti, veline, partecipanti a ogni tipo di reality show e testimonial pubblicitari.

Corruttore per appalti pubblici con grande esperienza nel settore certificata da numerosi articoli di cronaca giudiziaria che lo riguardano cerca corrotti.

Trentenne cerca lavoro come politico senza nessuna preclusione di partito.

Giovane espressivo come la carta da parati a tinta unita cerca lavoro come attore protagonista di film e fiction.

Carcere italiano cerca appartamenti, anche in nuda proprietà, per far trascorrere gli ultimi 18 mesi di detenzione agli arresti domiciliari a 30 rapinatori senza fissa

dimora.

Disoccupato con tre lauree e due master vende sputacchiera per epiteti, imprecazioni e moti viscerali di ogni tipo.

Noto boss affitta villa di 900 mq con piscina, campo da tennis, campo da golf, chef stellato in cucina e 12 camerieri. La villa ha anche un tunnel segreto per poter uscire senza farsi notare. Ideale per trascorrere i propri arresti domiciliari.

Detenuto, si fa per dire, vende braccialetto elettronico mai usato.

Pensionato italiano vende carillon che diffonde risate da utilizzare dopo aver letto le dichiarazioni di certi politici.

Evaso da 10 anni e mai ritrovato, ora in depressione, cerca raccomandazione per ritornare in carcere.

Falso filantropo vende finta onlus che frutta 500 mila euro all’anno di donazioni del 5 per mille.

Truffatore riconosciuto non in grado di intendere e di volere si offre per ogni tipo di crimine. Il pagamento dovrà essere effettuato prima del lavoro. Non sono mica matto!

Uomo di 45 anni single che vive con i genitori affitta a referenziati non sofferenti

di vertigini la parte superiore del suo letto a castello.

Donna formosa taglia 50 vende a signore in soprappeso pantaloni e gonne con etichetta taglia 42 ma che in effetti vestono come una taglia 50. In questo modo vi sentirete tutte modelle.

Vendo collezione completa di dvd con tutte le puntate della Signora in giallo. Allego anche cornetto portafortuna, ferro di cavallo e quadrifoglio benedetto.

Vendo oltre mille contatti di Facebook per poter avere amici a cui proporre offerte pubblicitarie. Costo: un euro ad amico.

Politico di 120 anni di cui 90 ati in Parlamento tra partiti di destra, sinistra, centro, centro destra, centro sinistra, estrema destra ed estrema sinistra, in pensione da un mese vende le sue 1.900 casacche.

Scambio toppe d’asfalto di buche stradali di Roma con quelle di Milano.

Necroforo cerca lavoro part-time come badante per anziani ultraottuagenari in gravi condizioni di salute.

Collezionista di stati su Facebook vende tutte le vicissitudini scritte dai propri amici, incluse le foto, i video e i commenti.

Regalo ritratto di Rosy Bindi eseguito al buio da celebre pittore contemporaneo

che preferisce restare anonimo. Confido in questo libro dato che in 10 anni ho pubblicato questo annuncio su ogni tipo di giornale e anche sulle pareti delle toilette delle autostrade ma non ha mai risposto nessuno. Ripeto: il ritratto di Rosy Bindi lo regalo ed è stato realizzato al buio.

Precario offre ore di ammirazione, adulazione e acclamazione a persone bisognose di autostima. Massima serietà e varietà di sinonimi. Utilizzo i più segreti e inconsueti aggettivi di venerazione tratti da tutte le lingue del mondo i compresa quella etrusca. Pratico sconti per i gruppi.

Cassaintegrato affitta villa di mille metri quadrati sul mare, 5 appartamenti nel centro storico di Roma e 7 appartamenti nel centro di Milano soltanto a lavoratori in nero e a professionisti evasori fiscali. Tra simili ci capiamo meglio.

Vendo cane lupo abituato a vestirsi con i panni della nonnina.

Vendo cane Rottweiler, mangia di tutto, adora i bambini.

Parrucchiere in pensione regala collezione di riccioli del cantante Riccardo Cocciante dagli Anni ’80 a oggi.

Ragazza affetta da disturbo bipolare si offre come baby sitter anche in orari notturni. Ma non darle retta! Questa è pazza! Era l’altra mia identità che ha scritto, io odio i bambini non a caso mi hanno soprannominata Erode. E poi di notte io vado a ballare.

Operaio 55 enne assunto da 35 anni a tempo indeterminato, annoiato e frustrato dalla monotonia del posto fisso cerca lavoro come precario.

Ex tesoriere di noti partiti politici cerca lavoro come cassiere.

Disoccupato cerca raccomandazione politica. Al primo partito di destra o di sinistra che lo raccomanderà per riconoscenza accetterà il taglio del braccio destro o sinistro in base a chi lo aiuterà. In questo modo il sottoscritto resterà sempre coerente con la sua scelta a differenza dei politici di professione.

Pensionata al minimo vende dentiera come nuova usata una sola volta.

Sofferente di stipsi vende a metà prezzo supposte usate pochissimo in quanto subito espulse.

Parrucchiere per calvi offre depilazione gratuita a persone glabre.

Cane di razza con esperienza decennale e grande pazienza cerca lavoro come badante per esseri umani.

Senza fissa dimora e privo di ogni tipo di documenti di riconoscimento, riservato per forza di cose, cerca lavoro in qualsiasi organizzazione criminale.

Collezionista scambia video di Matteo Renzi come concorrente nel 1994 del programma “La ruota della fortuna condotto” da Mike Bongiorno in cambio di

informazioni su come Renzi utilizzò la sua vincita di 48 milioni e 400 mila lire.

Sarta disoccupata offre lezioni private per cucirsi la bocca.

Boss della criminalità organizzata vende le proprie corde vocali mai usate.

Vendo wc in granito giamaicano come nuovo certificato da ricette mediche che attestano la mia stipsi.

Scambio lettere della tastiera per computer. Offro la C, la P, la F e la Z. Cerco la A, la L e la Q.

Noleggio dvd del programma di RaiTre “Storie maledette” condotto da Franca Leosini. Regalo cento dvd dell’orrore per riprendervi e tirarvi su di morale dopo la visione.

Pregiudicato automunito agli arresti domiciliari per altri 6 anni si offre come autista o corriere.

Evasore totale da 40 anni e mai scoperto si offre per lezioni private di evasione fiscale. Pagamento in contanti e senza ricevuta.

Disoccupato di 26 anni con due lauree, un master e conoscenza di 4 lingue cerca azienda che gli insegni un lavoro.

Ristorante “Pinocchio” di nuova apertura con 4 tavoli dichiarati cerca 18 camerieri e 8 cuochi. Chiedere di Marco Evasore.

Dipendente pubblico cerca lavoro dalle 8 alle 13,30. Alle 14 devo tornare in ufficio a timbrare il badge. Il pomeriggio faccio il muratore quindi non sono mai libero.

Turista del dolore scambia foto della nave Costa Concordia con quelle della casa di zio Misseri ad Avetrana.

Vendo ammortizzatori sociali mai usati.

Ex sindacalista e attualmente culturista, personal trainer e contorsionista impartisce lezioni di flessibilità.

Masochista regala ad altri amanti del genere gigantografia del volto di Sandra Milo.

Ex politico 75 enne alla prima esperienza lavorativa cerca qualsiasi lavoro purché serio.

La lettura delle pagine precedenti ti ha permesso di accumulare altri 2 punti di sutura per vincere il fantastico premio messo in palio dall’autore di questo libro: una settimana di birdwatching, vale a dire di osservazione dei volatili,in questo caso dei meravigliosi gabbiani reali, ora in disgrazia a causa della crisi, che popolano la discarica municipale di Bari per vedere come si vestono, cosa raccolgono e che cosa scartano. Gabbiani ormai umanizzati che con il becco riescono ad aprire anche le scatolette. Potrai ammirarli durante il romantico accoppiamento con barattoli, materassi e lavatrici. Un’esperienza unica da non perdere.

Immortali (ma sempre giovani)

Il marketing e la pubblicità ci vogliono sempre più giovani e tonici. Ogni giorno esce sul mercato un nuovo elisir di gioventù. Per questo ci fanno fare scorpacciate di integratori antiossidanti lanciati come rivoluzionari, innovativi e indispensabili. I cibi che ingeriamo sono sempre più anemici e poveri di tutto. Gli antiossidanti sono in grado di neutralizzare i temibili radicali liberi e proteggere l'organismo dalla loro azione negativa. Antiossidanti che promettono di ritardare l’invecchiamento cellulare, rendere la pelle più tonica, attenuare le rughe e avere capelli più luminosi. Questi sono gli incubi della società di oggi. Chi di noi vuole la pelle morbida come la carta vetrata, elastica e rugosa come quella delle mummie e i capelli secchi e sfibrati come la stoppa che usavano una volta gli idraulici per guarnizione?

Ma non finisce qui. Anche al mare non possiamo più andarci mettendo in mostra l’addome globoso, pancioni o pancette. La caccia all’adipe di addome e fianchi è aperta. Su quotidiani, periodici e televisioni campeggiano pubblicità con creme e fluidi affamati di masse adipose localizzate. Niente diete, niente esercizio fisico. Non abbiamo tempo né voglia. La società pretende tutto e subito senza sforzi. La chimica può fare miracoli anche contro il grasso. Principi attivi dai nomi impronunciabili assicurano la riduzione della nostra adipe abominevole che ci portiamo a so. Alcune creme magiche lavorano mentre dormiamo.

Altri prodotti assicurano addominali scolpiti con trattamenti rassodanti e tonificanti. Insomma, alle maniglie dell’amore, che di romantico hanno soltanto il nome come sempre accade per descrivere caratteristiche antiestetiche, si preferisce la tartaruga scolpita. I rotolini o rotoloni di grasso che circondano i fianchi sono troppo identificabili come diretta conseguenza di abitudini alimentari sbagliate e la società attuale, salutista e forzata dell’immagine, non li vede di buon occhio. Spesso escono dai jeans quando sono troppo stretti, fanno capolino dal costume da bagno e non permettono di indossare magliette aderenti a meno che non si voglia sembrare Bibendum, l’omino degli pneumatici

Michelin.

Il sale della vita

Avevo finito il sale. Sembrava una delle cose più semplici al mondo da recuperare. Mi sono detto: “Vado al supermercato e acquisto il sale grosso e quello fino”. Invece mi sono trovato davanti a decine di tipi di sale da cucina diversi. Ognuno serve a dare un gusto esaltando il sapore dei cibi. C’è il celebre sale Rosa dell’Himalaya che amici chef mi hanno assicurato conferire un sapore delicato e una consistenza croccante. Oltre a quello rosa c’è anche quello nero, tanto per facilitare le cose, un sale che fa un certo effetto a livello visivo.

C’è poi il sale rosso delle Hawaii, quello Vichingo affumicato di Norvegia prodotto da una miscela di sale affumicato con pepe nero e legno di pino nordico (perché in Norvegia affumicano tutto) consigliato come condimento degli stufati. C’è pure il sale speziato: non è altro che il normale sale da tavola aromatizzato con spezie macinate.

Per cento grammi di prodotto dobbiamo sborsare dai 7 ai 10 euro. Ma che cosa vuoi che siano qualche centinaia di euro rispetto alla bella figura che facciamo quando ai nostri amici presentiamo 20 diversi tipi di sale. E pensa alle loro espressioni attonite davanti al dilemma di quale tipo scegliere. A vederne così tanti tutti insieme mi è venuta l’ipertensione!

La non meritocrazia genera i miracolati

In Italia ci sono tante persone che si riempiono la bocca con il termine meritocrazia, parola che sempre più di rado viene messa in pratica. La non meritocrazia genera i miracolati. E il nostro Paese pullula di miracolati, mediocri, inetti, incapaci, limitati, derelitti, falliti e reietti che occupano posizioni di potere ma che poi sono burattini mossi dai fili di chi li ha messi su quelle poltrone. Se davvero la meritocrazia venisse messa in pratica non si spiegherebbe l’esistenza di quei super manager che non sanno amministrare neppure un condominio e che invece si trovano ai posti di comando di società pubbliche, non si spiegherebbero quei medici, avvocati, magistrati, colleghi giornalisti, direttori di mezzi di informazione al servizio degli editori e non certo paladini dei lettori, dirigenti e conduttori radiotelevisivi pubblici e privati che anche se non amati dal pubblico e con ascolti in picchiata non vengono mai sostituiti. Nelle emittente radiotelevisive americane c’è molta più dignità che in Italia. Per esempio il volto storico della Cnn, l’intervistatore dalle grandi bretelle Larry King annunciò il suo ritiro dal programma che l’ha reso celebre in quanto l’audience del suo programma era calato in modo progressivo. Da noi i conduttori rischiano di morire di vecchiaia in diretta tv. In Italia alla mummia del Similaun si affiderebbe la conduzione di un programma per bambini. La cosa che mi fa sorridere è che questi personaggi sono proprio quelli che si riempiono la bocca con la parola meritocrazia... Si ha paura dei talenti e l’esercito di mediocri al comando sceglie spesso altri mediocri a lavorare con loro. In questo modo evitano di essere messi in discussione.

Le prossime pagine ti sono offerte dalla Società di produzione televisiva “Tutti in tv”.

La nostra società sta realizzando il casting per la ricerca di due conduttori di un nuovo programma televisivo che andrà in onda in prima serata. È richiesta almeno un’espressione (non è indispensabile lo sguardo intelligente), mancanza di ironia e di creatività, assenza di spirito critico e un vocabolario di almeno 10 parole tra le quali no, sì, via al televoto, chi volete eliminare?, niente, boh, bravaaaaaaaaa, bella, buono, cattivo e la conoscenza della frase “ma anche no”. Fondamentali il sorriso perenne effetto paresi con denti bianchi come la ceramica dei wc e lenti a contatto per poter leggere i testi e le domande sui gobbi elettronici.

E-mail in lingua aliena

Spesso ricevo e-mail con oggetto “L’utente è stato bloccato”. Sono le classiche e-mail che con la scusa di doverci restituire somme ritirate per sbaglio ci chiedono informazioni e dati personali per poi saccheggiarci il conto corrente. Quello che mi lascia perplesso è come tanti nostri connazionali possano cadere in questi tranelli. E non mi riferisco alla ingenuità ma alla lingua con cui è scritto il testo di queste e-mail. Una lingua che vorrebbe essere italiano ma che soltanto un alieno può prendere per autentica.

Ecco il testo (reale) di una e-mail arrivata a me.

Gentile Cliente, seguito ha (verbo avere) un errore da nostra parte noi hanno ritirato una somma da 397 euro su vostro conto. Volete li scusate per quest'errore, abbiamo tentato di voi chiamate al numero di telefono che ci avete indicato ma non si riusciti a voi contattate. Per voi rimborsate questa somma prelevata da errore noi ci invitiamo a riempire uno formulairo in modo rassicurato premendo sul legame qui di seguito: la soma rimborzata sar pubblicata nel vostro sollevata bancario in nome di "rimborso".

Nota: Questo un terzo ed ultimo richiamo che li invita ad accedere al vostro formulario di sicurezza appena possibile, nel caso contrario noi non siamo responsabili di questi flussi.

Li ringraziamo per la fiducia che accordate al vostro servizio clientela.

Mai affidarsi ai traduttori on-line. Una e-mail del genere può essere presa in considerazione soltanto da un immigrato appena arrivato in Italia.

Il bassotto Byron Righetti con collare regolabile, inserti catarifrangenti cuciti e cravatta tricolore, prodotto di sartoria, ideato da Igor Righetti e realizzato dalla stilista Donatella Di Felice

Quella cucina creativa che lascia la fame

Mi innervosiscono molto quegli chef che propongono soltanto cucina creativa, una manciata di riso pasticciato servito in un piatto grande come un vassoio dove al centro, sofferente di solitudine come la particella di sodio di uno spot di un’acqua minerale, c’è il cibo, e tutt’intorno c’è il prezzemolo tritato fino fino fino e qualche schizzo colorato di salse non identificate. Più di una volta mi sono trovato a radunare il prezzemolo tritato e gli schizzetti colorati delle salse per metterli al centro del piatto sulla manciata di cibo in modo da far sembrare più abbondante quello che mi sarei dovuto mangiare.

Adoro la creatività e sono un fautore della sperimentazione, però, chef miei vi prego, cercate di metterci anche qualcosa di sostanzioso in questi piatti, non lasciateci morire di fame. Non vi fermate alla spolverata di prezzemolo tritato, ai fiorellini, alle carotine anoressiche tritate, agli schizzetti di salse intorno piatto. Portate che si fanno pagare anche 30-40 euro, quando va bene. In quel benedetto piatto perché non ci mettono anche qualcosa di serio da ingerire. Se ci mettessimo a togliere il prezzemolo, i fiorellini, le foglie di basilico, la foglia d’insalata torturata e il “ravanello circonciso” ci metteremmo a urlare dalla disperazione. Assicuro gli chef creativi che metterci qualcosa in più nel piatto non è un reato e neppure volgare. Ho visto persone che per la fame si sono avventate sui tovaglioli, hanno divorato il cestino del pane, la tovaglia e hanno preso a morsi la ceramica dei piatti.

Dopo un antipasto che non sarebbe stato sufficiente neppure per uno dei sette nani, un primo di riso di quantità inferiore a quello che mangiavano i naufraghi del reality l’Isola dei famosi, un secondo composto da un micro filetto di branzino timido che probabilmente era a dieta da anni o era appena nato da quanto era piccolo, piccolo piccolo su due ostie di patate bollite, io ho più appetito di quando sono entrato nel ristorante. Sono più abbondanti i nomi delle portate scritti sul menu (di solito occupano addirittura due o tre righe) che la portata stessa. In questo tipo di ristoranti ci avventiamo sui tanti tipi di pane che

ci portano (alle noci, alle olive, ai pistacchi, alle cipolle, la focaccia, i grissini caserecci) ma anche il cestino del pane è stitico e contiene soltanto frammenti striminziti di ciascun genere.

Il bello è che dopo un antipasto, un primo e un secondo, tutti rigorosamente creativi, ecco giungere il cameriere a chiederci: “Se avete ancora un posticino libero, vi propongo i dolci dello chef”. Oppure: “Non ditemi che non vi siete lasciati uno spazio libero per il dessert?”. Se abbiamo ancora un posticino libero? Ma quello che abbiamo mangiato era un assaggio, una degustazione. Ci prendono per deficienti soltanto perché siamo entrati in un ristorante del genere? E nessuno ha il coraggio di dire che ha più fame di prima, che nello stomaco si è aperta una voragine. Più di una volta ho sentito rumori molesti tipici della fame provenire da pance di persone che si dicevano satolle. Ma dire che si ha ancora appetito, in ristoranti del genere, non sarebbe chic, e quindi si sta al gioco dello chef, e il cuoco e i camerieri lo sanno bene.

“No grazie, sono sazio”. “No, anche il dolce, no, non ce la posso fare”. “No, grazie, il dolce lo prenderemo la prossima volta, magari saltiamo il primo”. Come se la manciata rachitica di riso ci avesse saziato. E se prenderemo anche il dolce, il cameriere ci guarderà come dire: “Ma quanta fame hanno? Non mangiano da una settimana”. Preferisco la qualità alla quantità, ma dato che quando si va al ristorante vorremmo anche mangiare qualcosa e uscire sazi, non dico con il bottone del pantalone o la gonna aperti, ma sazi altrimenti saremmo andati tutti all’Isola dei famosi. E dopo un pasto del genere siamo tutti Felici come mosche in un Paese di stitici.

L’angolo (acuto) della posta. La letterina ricevuta

Ho una laurea in ingegneria, conosco 4 lingue tra le quali l’arabo e il russo, ho un master in Finanza internazionale ma i miei genitori si ostinano a volere che partecipi al Grande fratello. Dicono che in Italia soltanto così troverò un lavoro decente.

Paolo Paoli - Roma (il nome di battesimo è di fantasia, sì sono molto creativo)

Risponde l’autore di questo libro.

Caro Paolo, mai come in questo caso i genitori hanno ragione. Dopo qualche mese di reality farai tante serate nelle pizzerie, nelle discoteche e se durante la tua permanenza al Grande Fratello ti sarai accoppiato con altri essere umani, avrai fatto docce hot, avrai insultato come si deve gli altri concorrenti e avrai mostrato il tuo linguaggio scurrile potresti anche finire in tv come conduttore o protagonista di qualche fiction oppure attore di qualche cinepanettone avariato al punto giusto e con i canditi ammuffiti. Ormai anche per fare l’elettricista si deve are da un talent o da un reality show.

Parcheggio dunque sono

Ci sono gli automobilisti ambientalisti che lasciano l’auto sulle aiuole sradicando i segnali stradali per farsi spazio, quelli che parcheggiano sul marciapiede lasciando dieci centimetri per i pedoni modello silfide (e non pedoni modello sifilide mi raccomando non confonderti), ci sono gli automobilisti stuntman che riescono a parcheggiare in verticale e quelli “una botta davanti e una botta dietro”, ovvero coloro che incuranti dei paraurti delle altre auto e dei propri parcheggia incastrandosi tra le auto come un pezzo di un puzzle. E poi ci sono gli automobilisti della doppia e tripla fila perenne che ormai considerano un parcheggio regolare costringendo gli altri a usare le corsie preferenziali per transitare, quelli che predicano contro le intolleranze e poi mettono l’auto nell’area riservata ai disabili senza averne diritto e quelli che parcheggiano dove capita lasciando la nonna o la mamma anziana all’interno dell’auto per impietosire l’eventuale agente di polizia municipale.

Mi sorge un dubbio, ma l’agente di polizia municipale che fa più multe, o sanzioni amministrative per dirla in modo politicamente corretto ma sempre multe sono, viene premiato con una... targa?

Che cosa sarebbe la nostra vita senza il marketing?

Il marketing continua a proporci prodotti indispensabili che non possiamo non avere. È uscito sul mercato uno spray contro l'alito pesante dei nostri amici a quattro zampe, cani e gatti.Finalmente quando ci baceranno non ci stordiranno più con il loro fiato pestilenziale. La speranza è quella che adesso non inventino pure uno spray contro il meteorismo dei nostri amici a quattro zampe: non sopporterei le puzzette del mio cane al profumo di stella alpina o di menta piperita. Del resto uno dei compiti del marketing e della pubblicità è quello di creare nuovi bisogni a tutti i costi. Per esempio, è sufficiente entrare in un qualsiasi negozio di elettrodomestici per notare le innumerevoli lavatrici con funzioni sempre più futuristiche e di dubbia utilità. La mia creatività è fertile e guardando le funzioni delle attuali lavatrici ho ipotizzato una lavatrice che analizzi lo sporco.

Questo elettrodomestico potrebbe fornirci durante il lavaggio e tramite l’invio di e-mail, un rapporto dettagliato da far invidia ai laboratori dei R.I.S.. Come novelli Perry Mason del bucato potremmo finalmente scoprire il tipo di macchia, avere l’anticipazione di come sarà risolto il problema, l’orario in cui il capo sì è impregnato e il Dna di chi ha causato la macchia, elementi di fondamentali importanza in caso di infedeltà coniugali. In effetti questa certificazione potrebbe essere valida come prova in giudizio anche in casi di divorzio. L’esempio classico è la camicia del marito con la macchia di rossetto, ma si potrebbe anche risalire alla marca del profumo della donna o dell’uomo che abbia baciato il o la partner.

Prevedo che anche nei sexy-shop possano sbarcare modelli di lavatrici che aiutino l’intesa della coppia come la lavatrice che "sa come si fa", un elettrodomestico che offre la possibilità di poter copulare con il proprio partner grazie alle sue vibrazioni sussultorie che agevolano qualsiasi amplesso d'amore e lo rendono unico.

Questa lavatrice potrebbe disporre di un vano superiore sul quale si potrebbe accomodare la coppia. Potrebbe essere promozionata con un messaggio molto forte: “Grazie ai suoi movimenti sussultori facilita del 43% le opportunità di poter restare incinta anche in casi di infertilità”. Naturalmente farei ufficializzare il tutto dall’Associazione ginecologi lavatrici fertili.

Nel mio viaggio creativo nel mondo delle lavatrici del futuro non posso dimenticare il ritorno del vintage.In questo caso immagino la nonnina che grida "Straap" qualora si verifichi un danneggiamento del capo di abbigliamento. Immagino anche la versione politicamente scorretta di questa lavatrice con la rivincita della nuora sulla suocera saputella o della figlia sulla madre: potrebbe chiamarsi “Se sei così brava fallo te”.

Chiedere è lecito, rispondere è cortesia

I miei studenti mi dicono che quando inviano un curriculum a un’azienda, questa neppure fa la grazia di rispondere come invece avveniva qualche anno fa quando agli invii rispondevano con un: “Grazie per l’invio del suo curriculum che terremo nei nostri archivi e non appena ci sarà occasione per una figura professionale come la sua ci metteremo in contatto con lei”. Distinti saluti.

Che tradotto dal politicamente corretto al politicamente scorretto voleva dire: “Siamo seppelliti da gente che ci chiede lavoro ma prendiamo soltanto gli amici degli amici. Il currriculum è stato protocollato solo perché obbligati ma neppure letto in quanto non ci è pervenuta nessuna telefonata di raccomandazione”. Traduco anche distinti saluti: “La preghiamo di non farci perdere altro tempo perché noi un lavoro ce l’abbiamo”.

A voi che le aziende non hanno neppure risposto ricordo che chiedere è lecito, rispondere è cortesia ma ormai viviamo in una società di cafoni. Un’arma, però, l’avete anche voi: boicottate queste aziende non acquistando più i loro prodotti.

La comicità raffinata di Raimondo Vianello

Se si potesse avere la lampada di Aladino con un solo desiderio si potrebbero trasformare l’ignoranza e la volgarità che in Italia pullulano in denaro sufficiente a risolvere la crisi economica del nostro Paese. La scomparsa di Raimondo Vianello, uno degli ultimi signori della tv, mi ha fatto pensare a come in Italia anche la comicità sia precipitata verso il baratro. La comicità di Vianello era raffinata, sottile, elegante espressa con linguaggio semplice e chiaro nonostante fosse un uomo di grande cultura. Aveva una laurea in giurisprudenza e proveniva da una famiglia di un certo lignaggio con il padre ammiraglio nella Marina militare. Ma il personaggio di cultura si vede proprio da questo: diffido di chi ostenta, chi usa un linguaggio aulico e orpelloso non è mai un vero colto, quello è soltanto un virtuosismo tecnico per incutere soggezione al proprio interlocutore e far sentire la propria supremazia. Ma se parliamo e non ci capiamo, che cosa parliamo a fare?

Vianello, gentiluomo della risata nato nella tv del bianco e nero, portava il colore nelle nostre case, si divertiva a spiazzare il pubblico, non si prendeva mai sul serio, era ironico e autoironico e amava sdrammatizzare l’esistenza. Una rarità in un Paese come l’Italia dove troppi nostri connazionali si prendono tanto sul serio anche soltanto quando starnutiscono o sbadigliano, si prendono così sul serio, ma così sul serio che poi diventano stitici. Più volte ha dichiarato di amare l’umorismo nero, un po’ cattivo. “Fosse stato per me - ha detto - avrei girato tutti i miei film nei cimiteri”.

Era un piacere ascoltare l’umorismo distaccato e il sano cinismo di Vianello perché non storpiava la lingua italiana. Era dissacrante, contro il buonismo, irriverente ma sempre garbato, dotato di ironia all’inglese, mai volgare. Proveniva dalla gavetta, dal teatro di rivista, dalla radio. E poi il cinema e la tv. Oggi si arriva a questi mezzi di comunicazione dopo essere usciti da un reality show. E quando non si hanno le basi culturali bisogna accontentarsi della creatività al minimo sindacale, delle banalità, delle frasi fatti e usare la volgarità

per cercare di strappare uno straccio di risata.

Le armi vincenti di Vianello non erano il corpo magro e abbastanza statico o l’espressione del volto quasi fissa, erano la parola e il linguaggio. È la dimostrazione che si può diventare popolari, piacere al pubblico senza le urla e la volgarità come invece troppi comici attuali dall’italiano sbilenco sono soliti fare. Vianello, Tognazzi, Manfredi, Alberto Sordi ci hanno regalato buonumore, tante risate e chi regala sorrisi in modo intelligente è un benefattore. Peccato che quasi tutti i conduttori televisivi di oggi abbiano un vocabolario che entra in un portapillole, abusino del buonismo per far contenti tutti e abbiano la personalità di uno spiffero tanto da somigliarsi l’uno all’altro.

A differenza di altri conduttori televisivi di programmi sul calcio Vianello ci ha ricordato che il calcio è soltanto un gioco. Ha osato sdrammatizzare anche i finti drammi del serioso mondo del calcio italiano che nel nostro Paese è ritenuto sacro come le vacche in India. Quella di Vianello era un’ironia che non scendeva a compromessi con l’intelligenza eppure faceva grandi ascolti. Era il made in Italy non il made in Italietta. Un elemento sul quale dovrebbero riflettere tanti direttori di rete, produttori, autori e conduttori. Ma Vianello non è morto perché una delle cose positive della tv è che rende immortali. Lo rivedremo di continuo, in bianco e nero e a colori. Per fortuna.

Siamo tutti un numero

Ormai siamo tutti un numero, al supermercato come al centro di analisi cliniche che, per rispettare la privacy, non chiamano più per cognome. Siamo un codice pin o puk (che non sono la versione tecnologica di Cip e Ciop), un codice fiscale, una partita Iva, un numero della tessera sanitaria, di quella elettorale, delle decine di carte fedeltà che affollano i nostri portafogli, siamo un numero alla posta, in banca e agli sportelli comunali. Ma ciascuno di noi ha un nome di battesimo e un cognome che ogni tanto vorrebbe pure utilizzare e sentire pronunciare quantomeno per ricordarsi della propria esistenza di essere umano.

Siamo stanchi di essere chiamati “serviamo il numero 34”, “tocca al numero 52” o “il numero 44 deve andare allo sportello 27”. Siamo stufi di tenere in mano numeri che ci rappresentano: “Signora c’ero prima io, sono il numero 22, lei è il 23, attenda il suo turno”. Per questo motivo il marketing punta sulla personalizzazione, per darci la possibilità di dire:“Igor Righetti sono io, hanno chiamato me”. Così come avviene con le camicie con le iniziali ricamate che ci fanno riassaporare il gusto della nostra identità oltre che del possesso: “La camicia con le iniziali i.r. è mia, i.r. sono io”.

Una volta le iniziali erano sinonimo di prodotto artigianale. Adesso si può acquistare una camicia al mercato, o tre al prezzo di due, e poi farsi ricamare le iniziali a prezzi molto contenuti.L’uso di marchiare con le proprie cifre deriva dall’antica necessità di contraddistinguere una proprietà. Fino ai primi del ‘900 era prerogativa quasi esclusiva della nobiltà o dell’alta borghesia. Oggi ha assunto il valore della mera decorazione. Possono essere utili nei casi in cui studenti o colleghi di lavoro con camicie simili condividano la stessa lavatrice. Per questo è meglio che Gianni Bianchi (g.b.) e Giuseppe Belli (g.b.) non dividano mai nessun appartamento.

Le iniziali sulle camicie, che viste da lontano sembrano macchie o piccoli escrementi di volatili sofferenti di stipsi, sono diventate un fenomeno di massa, non rappresentano più un particolare distintivo. Quindi il monogramma non conferisce più un tocco chic o di originalità. Su Internet, per esempio, ci sono tanti siti che insegnano come fare a ricamare le iniziali sulle camicie. C’è anche la possibilità che le iniziali vengano stampate o applicate, versione low cost dell’apionato delle iniziali. Immagino le camicie del principe Emanuele Filiberto di Savoia: il suo nome completo è Emanuele Umberto Reza Ciro René Maria Filiberto di Savoia. Le iniziali sulle sue camicie quindi saranno E.U.R.C.R.M.F.D.S., sembra l’acronimo di una setta segreta o di un gruppo appartenente ai servizi segreti.

Ma anche chi ha un doppio nome e un doppio cognome ha bisogno di un bel po’ di spazio sulla camicia. Ci sono pure i fanatici della personalizzazione e i maniaci del possesso che fanno ricamare o stampare le proprie iniziali anche su asciugamani e biancheria. Sia mai che qualche invitato possa portarsi via dal bagno un asciugamano o un paio di mutande sporche dalle cesta della biancheria. Molte volte mi trovo in riunione con più persone tutte vestite con tristi e anonime camicie di color celeste come le divise degli autoferrotranvieri. A queste riunioni quasi tutti hanno il marchio con le iniziali del nome e del cognome, i più megalomani in stampatello maiuscolo o ricamate con filo colorato, quelli più riservati in minuscolo e i romantici-nostalgici in corsivo. Più di una volta sono stato l’unico a non avere la camicia senza iniziali tant’è che hanno notato proprio questa assenza.

In genere le iniziali vengono ricamate in basso a sinistra a circa 12-15 centimetri sopra la vita. Impossibile non notare le iniziali su chi ha un addome globoso prominente e magari ha fatto pure ricamare il monogramma in carattere maiuscolo. In quei casi il monogramma appare in tutto il suo splendore come fosse in 3D. Inoltre, le iniziali ondeggiano con il movimento della pancia e a guardarle si rischia il mal di mare. Ma le iniziali ricamate sulle camicie altrui mi sono servite più di una volta. Sì, quando non mi ricordo il nome o il cognome di una persona o quando ho dubbi sul nome di battesimo: si chiama Marco o Antonio? È sufficiente guardare l’iniziale ricamata.

Siamo incapaci di spendere i fondi europei

In Italia stiamo sempre a piangere miseria quando in effetti Bruxelles mette a disposizione degli Stati membri, per promuovere lo sviluppo territoriale, fondi strutturali europei che il nostro Paese usa ben poco e quindi tornano a Bruxelles. Ferrovie, strade, centri di ricerca, ospedali, scuole, conservazione di aree archeologiche e parchi naturali sono soltanto alcuni dei progetti che i Paesi dell’Unione europea hanno realizzato con queste risorse fornite da Bruxelles. Tra i fondi di coesione e di sviluppo regionale, Bruxelles ha predisposto nel periodo 2007-2013 circa 278 miliardi di euro. All’Italia sono andati 30 miliardi ma è riuscita a spenderne poco più della metà: 17,3 miliardi di euro.

Non siamo capaci di spenderli. I motivi sono vari: burocrazia eccessiva, frodi e irregolarità di cui siamo maestri, spartizione degli appalti e frammentazione dei progetti finanziati. Molto denaro è stato utilizzato per progetti futili e di breve durata come sagre o feste mentre altri Paesi europei hanno usato i fondi per progetti a lungo termine. Non sapendo usare i fondi europei abbiamo bisogno di risorse e i nostri governanti fanno prima a varare infinite manovre economiche. E così continuiamo a buttare al vento un’occasione fondamentale per la nostra economia.

Le prossime pagine ti sono offerte dalla società “Prigione dorata” specializzata in noleggio ville di lusso per inquisiti agli arresti domiciliari.

Le nostre ville hanno dai 15 ai 40 vani e si trovano nelle più belle località di mare italiane come Taormina, la Costa Smeralda, l’Argentario, Portofino e il Gargano. Per gli amanti della montagna abbiamo resort a Cervinia, Courmayeur e Cortina. Le ville dispongono di cinema, sala giochi, piscina olimpionica, campo da golf, da tennis e centro benessere. I nostri chef prepareranno i piatti preferiti dall’arrestato con prodotti rigorosamente biologici. Ogni giorno sono previste anche aragoste e ostriche. Per non far sentire solo colui che si trova agli arresti domiciliari è a disposizione un robot che gli spalmerà la crema solare, gli praticherà massaggi relax e shiatsu e con i quali potrà giocare a scacchi, a golf o a tennis con la certezza di vincere sempre in modo da aumentare l’autostima. Inoltre, sono inclusi nel servizio due cani e due gatti da coccolare selezionati dal Tribunale e dalla Procura della Repubblica. E allora che cosa aspetti! Vieni anche tu a trascorrere la tua custodia cautelare nelle nostre ville. Siamo convenzionati con i migliori tribunali d’Italia.

Il biglietto da visita parla di noi

Un altro elemento che personalizza la nostra comunicazione è il biglietto da visita, quel pezzettino di carta, che può essere ovale, quadrato, rettangolare e via con la fantasia che resiste a tutte le diavolerie elettroniche come eBook, smartphone, social network ed e-mail. Il biglietto da visita o business card (per gli amanti dell’anglismo selvaggio) ha resistito all’avanzare del digitale. I mezzi elettronici hanno provato a rimpiazzarli ma senza alcun successo. Sembra che negli Stati Uniti le vendite dei biglietti da visita siano addirittura aumentate in modo sensibile. I cinesi, per esempio, amano molto scambiarsi i biglietti da visita. Questi pezzettini di carta non comunicano soltanto informazioni, ma sono veri e propri strumenti per promuovere la propria persona o attività commerciali. I biglietti da visita sono ormai diventati una sorta di manifesto del loro possessore. Ne raccontano il carattere e la personalità, le manie più occulte e le ambizioni più segrete. In Giappone si considera scortese scrivere sui biglietti da visita degli altri. Non a caso esistono anche biglietti da visita lucidi sui quali è impossibile scriverci sopra a meno che non si incidano le lettere.

Dall’originalità di un biglietto da visita, dal suo colore, dal formato, dallo sfondo colorato, dalla decorazione ci si ricorda del nostro interlocutore. Magari non si rammenta il nome della persona ma dalle caratteristiche del biglietto si risale al possessore. Per questo motivo, da comunicatore consiglio biglietti da visita particolari e curati anche dal punto di vista grafico. È sufficiente un logo originale, un disegno. Molto dipende anche dalla professione che viene svolta. Personalmente non amo la seriosità neppure nei biglietti da visita. La seriosità uccide ogni tipo di comunicazione: ci sono biglietti da visita di notai, avvocati, di miei colleghi docenti universitari e giornalisti che ricordano i necrologici. Non abbiate paura del colore, il colore non ha mai ucciso nessuno.

Trovo tristi più dei film “Ghost” e “Philadelphia” guardati insieme quei biglietti con la propria fototessera modello “wanted”. Ho una collezione di circa 20 mila biglietti da visita selezionati tra quelli più originali o quelli più orrorifici che ho

ricevuto. Tra i più particolari conservo quello di Elisabeth Taylor con i caratteri viola come il colore dei suoi occhi. Lo scambio dei biglietti da visita è ormai un rito, chi non ha il biglietto da visita da scambiare viene colto da un profondo imbarazzo così come colui che li ha terminati si giustifica subito dicendo: “Mi spiace tanto, li ho finiti, devo rifarli” oppure “Non ho avuto tempo di ritirarli dalla tipografia”. Dato che il biglietto parla di noi, evitate di farli in quelle macchinette dove con 5 euro ne portate a casa 10 mila. Quei biglietti trasudano sciatteria e la creatività non è neppure al minimo sindacale. I biglietti più ricercati sono quelli di coloro che operano nelle pubbliche relazioni. I più pacchiani quelli dei ristoranti dove compaiono sempre più spesso le foto di tutti i familiari incorniciati dai piatti tipici del locale. I più eleganti, a mio avviso, sono quelli con nome, cognome, un numero telefonico e una e-mail. La finta semplicità è vincente. Su questo tipo di biglietti, però, bisogna lavorare di creatività sul formato, sul colore o su un elemento che li caratterizzi.

I biglietti da visita da crema antistaminica sono quelli farciti di titoli accademici e onorificenze come Dott., Prof., Avv., Cav. Comm. oppure quelli stracolmi di recapiti, indirizzi di posta elettronica,del giurassico fax, telefoni fissi, mobili, privati, superprivati. Insomma per queste persone sembra che la reperibilità sia alla base della loro vita. Con così tante informazioni si celebra il funerale del biglietto da visita, si crea il caos. A quel punto il bigliettino è destinato alla morte, ovvero al cestino, e diventa controproducente e inutile. E che cosa dire dei biglietti dei nobili? Biglietti decapitati con un tratto di penna proprio sulla corona nobiliare impressa a secco o decorata in oro zecchino. Eliminando la corona il sangue blu diventa come quello degli altri. Così come il tratto di penna viene usato per barrare l'illeggibile qualifica in angloitaliano, o la sfilza di onorificenze e titoli accademici.Il risultato non cambia. È l’ennesima ipocrisia dei finti modesti in quanto il tratto di penna non cancella un fichetto secco. È come dire: io sono tutto questo, ma tu puoi chiamarmi soltanto Gigi!

“Sono felice come una mosca in un Paese di stitici”

Parola d’ordine: personalizzare

Per farci distinguere dagli altri il marketing ha creato pure il primo servizio di sci su misura. Sci artigianali made in Italy fatti a mano come le tagliatelle di una volta, personalizzati e adatti a tutti i tipi di neve e di sciata. In questi sci è anche possibile applicare le proprie iniziali, attraverso un inserto metallico. Come abbiamo fatto finora a sciare con sci senza le nostre iniziali e realizzati in modo industriale? E dato che vanno tanto di moda i termini ecologico e riciclato il marketing ha pensato di caratterizzarci anche con matrimoni eco chic che comprendono abito bianco in fibra di mais, carta riciclata per gli inviti, fedi nuziali in oro riciclato e diamanti “conflict-free”, i cui profitti cioè non sono usati per il finanziamento di guerre e le pietre vengono estratte da lavoratori trattati secondo certe condizioni etiche. In effetti da tempo si riciclano anche lo sposo o la sposa, visto che i divorzi sono all’ordine del giorno così come le seconde, terze e quarte nozze. Chissà se l’abito della sposa in fibra di mais, lo stesso materiale usato anche per le buste della spesa dei supermercati, puzza come i sacchetti? Ma che cosa volete che sia rispetto alla bella impressione che un matrimonio ecologico può fare sugli invitati?

Le prossime pagine ti sono offerte da “Petò”, la carta igienica nera al profumo di carbonara.

Un nostro rotolo di 20 chili ti basterà per un anno e se hai problemi di stipsi anche per due. Abbandona i 20 rotolini bianchi a basso costo che finiscono dopo 10 strappi.

Prova le nuove profumazioni della nostra carta igienica: sigaro cubano, peto selvaggio dell’Amazzonia, cozze e vongole, asparagi tibetani, marmellata di prugne transgeniche della California, ossigeno attivo del Monte Bianco. E da oggi c’è anche la profumazione alla torta di mele e cachi. “Petò” ti augura buona lettura.

Alcune mie riflessioni ComuniCattive

I governi di larghe intese mi inquietano sempre. Perché quando non c’è un’opposizione di spessore gli appartenenti alle larghe intese evitano di pestarsi i piedi e possono fare larghe intese anche tra loro.

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Sono intollerante a coloro che mi chiamano con la scusa di chiedere un consiglio e invece mi chiedono un favore! L’ipocrisia del linguaggio la trovo insopportabile.

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Migliaia di italiani stanno fuggendo dall’Italia, altre migliaia fuggiranno o sono già fuggite e migliaia di immigrati che hanno avuto la cittadinanza italiana ora rivogliono quella d’origine!

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Il giovane leader nordcoreano Kim Jong-un avrebbe imposto il suo taglio di

capelli a tutta la popolazione maschile, capelli rasati ai lati e il ciuffo sparato in alto. I primi a cui è stato imposto l'editto sono stati gli studenti della capitale. Una domanda mi sorge spontanea: “Sarà più doloroso questo taglio imposto ai nordcoreani o quelli imposti fino a oggi agli italiani?”.

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Da un’indagine fatta negli Stati Uniti è risultato che ogni anno oltre 24 mila bambini finiscono al pronto soccorso per traumi riportati a seguito di incidenti mentre erano a bordo dei carrelli della spesa nei supermercati. Dato che gli incidenti si verificano all’interno dei supermarket con una certa frequenza, posso dire che accada un incidente tra carrelli ogni 3x2?

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L’Italia è un Paese bizzarro dove i cittadini si rivolgono sempre più spesso a programmi come “Striscia la notizia”, “Chi l’hai visto?” o “Le iene” per denunciare scomparse e soprusi anziché rivolgersi alle forze dell’ordine. Elementi che dovrebbero farci riflettere. Il gabibbo al posto del magistrato.

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Da qualche tempo secondo una voce insistente che gira sul web, un vecchio vascello jugoslavo in disarmo, arenato nell'Atlantico e poi sparito, sarebbe alla

deriva e si starebbe dirigendo verso le coste britanniche, pieno di ratti cannibali che si mangiano tra loro e che potrebbero invadere il Regno Unito. Questa quindi è una nave piena di pi-ratti?

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Godiamoci le cose belle che ci regalano, regalano si fa per dire, i primi giorni di ogni gennaio. I saldi per esempio. In quel periodo finalmente possiamo tentare di acquistare a metà prezzo quella mutanda griffata o quel loden color verde muffa che fa tanto gentiluomo di campagna pure in città che avevamo visto in vetrina prima di Natale. Godiamoci gli assalti agli outlet dove in tempo di crisi sempre più persone vanno a trascorrere il week end. Godiamoci i dolci natalizi come panettoni, pandori, ricciarelli e panforti a prezzi stracciati: in quel periodo costano meno di una confezione di biscotti dell’hard discount. Godiamoci i mega supermercati che svendono ogni tipo di dolce avanzato dalla Befana. Quante cose belle ci regala l’inizio di ogni anno.

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Perché ogni volta che qualcuno ci porta fuori il cane al suo rientro ci premuriamo subito di chiedergli quale tipo di bisognino abbia fatto il nostro amico a quattro zampe?

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Da uno studio quinquennale dell’università americana di Buffalo sembrerebbe che dare assistenza agli altri proteggerebbe la propria salute e allungherebbe la vita; mentre chi riceverebbe l’aiuto non avrebbe analoghi benefici. Quindi, concludendo, dare invece di avere, allungherebbe la vita. Dall'alto tasso di corruzione che vige in Italia sembra che per milioni di nostri connazionali la teoria di Buffalo sia una bufala.

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L’Italia è il Paese dei lavori in corso che durano decenni, lavori che si fermano e non continuano, lavori che finiscono ma di cui nessuno sa che cosa farsene di ciò che è stato realizzato.

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A noi italiani i referendum stanno poco a “quorum”.

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Se uno scrittore piace viene adottato invece se non piace viene messo... all’indice?

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Dal rapporto sul consumo di suolo dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale risulta che negli ultimi tre anni l’Italia ha perso altri 720 chilometri quadrati. Ma c’era bisogno di un rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale per sapere che l’Italia sta perdendo... terreno?

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Il desiderio di sentirsi belli e in armonia con se stessi e con gli altri non muore neanche in tempi di crisi economica. Sarà per questo che, a sorpresa, gli ultimi dati relativi al settore della chirurgia e, soprattutto della medicina estetica, sono positivi nonostante le difficoltà economiche. Quindi, a seguito di questi dati, posso dire che la chirurgia e la medicina estetica continuano a non fare una... grinza?

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Dopo l’apertura nello zoo di Napoli del primo pronto soccorso per peluche scatta la protesta di Barbie che dopo tanti anni di onorata carriera al fianco delle ragazzine di tutto il mondo esige l’istituzione di una clinica privata di chirurgia plastica per bambole. Le bambole di plastica pretendono gli stessi diritti dei peluche e presto protesteranno davanti al ministero per le Pari opportunità. Con Barbie ci saranno anche Braz, Winx, Power Ranger e Cicciobello.

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Tempo fa un gabbiano ha attaccato una colomba, simbolo di pace, in piazza San Pietro appena liberata dalla finestra dal Papa dopo il tradizionale Angelus. È la dimostrazione che la pace è davvero a rischio, in ogni momento. Ci mancavano i gabbiani attentatori. A forza di nutrirsi nelle discariche con i nostri rifiuti li abbiamo fatti diventare aggressivi come noi.

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Negli ultimi anni molti attori, cantanti e registi stanno acquistando alberghi e resort di lusso. Pare anzi che molte star non si limitino ad acquistare strutture ricettive estremamente lussuose ma capita sempre più spesso che le pensino, le disegnino, le arredino e le gestiscano. Chissà che cosa ne pensa un italiano medio di questo fenomeno visto che se una star si troverà a gestire un hotel di lusso l’italiano medio non sa neanche se un giorno potrà gestire una misera... pensione?

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Da una ricerca fatta su un campione di oltre 6.500 bambini dai 10 ai 14 anni in 50 Stati americani risulta che avere il televisore in camera faccia ingrassare i bambini di oltre 500 grammi all’anno. In pratica l’ago della bilancia salirebbe di mezzo chilo solamente per la presenza dell’apparecchio in camera. Forse tra le soluzioni ci potrebbe essere quella di non usare televisori a schermo... piatto?

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È stata venduta all’asta per oltre 4 milioni di dollari la “Batmobile” usata nella serie televisiva degli anni Sessanta. L’auto, una Lincoln Futura del 1955 trasformata in una concept car, era guidata nella fiction da Adam West, nel ruolo di Batman. Nonostante sia un oggetto di culto, sembra che l’auto dell’uomo pipistrello abbia un grosso difetto: quando è in sosta si ribalta in modo automatico facendo restare gli occupanti a testa in giù.

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L’Italia si conferma uno dei primi Paesi al mondo nel campo della chirurgia plastica piazzandosi al sesto posto della classifica sia per interventi eseguiti sia per numero di professionisti. Trattandosi di una classifica mondiale riguardante la chirurgia estetica chi può garantire che pure il piazzamento non sia stato... ritoccato?

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Ogni anno in primavera circa ventimila esemplari di “Bufo Bufo”, vale a dire dei rospi comuni, vengono aiutati da volontari animalisti ad attraversare una strada molto trafficata in Valle Cavallina, in provincia di Bergamo, per raggiungere alcuni laghi e riprodursi; che cosa non rischierebbero questi rospi pur di fare un... girino!

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Tempo fa si è tenuto un “Motivation day” organizzato da un noto gruppo immobiliare per i propri dipendenti. All'interno del programma della giornata era prevista, per chi l'avesse voluta fare, una eggiata a piedi nudi sui carboni ardenti. Ben nove agenti immobiliari sono finiti al pronto soccorso a causa delle ustioni riportate. Forse il gruppo immobiliare voleva evitare che i propri agenti lavorassero con i piedi?

Le prossime pagine ti sono offerte dalla casa editrice “Figuraccia”, società che pubblica in esclusiva mondiale l’album di figurine con tutte le ricette non riuscite e mai viste delle chef televisive Benedetta Parodi e Antonella Clerici.

In regalo con la prima uscita le prime figurine degli orrori culinari delle due signore. Un soufflé agonizzante con flebo accanto, un piccione ripieno intento a vomitare la propria farcitura, un pollo al mattone mentre si prende a mattonate sulla testa, una faraona assetata a causa del troppo sale, un piatto di spaghetti alle vongole morte soffocate dalla sabbia, un sauté di cozze che non hanno avuto il coraggio di aprirsi per colpa dell’eccessiva quantità di aglio utilizzata, un pollo all’ortica completamente irritato, talmente irritato da trasformarsi in pollo alla diavola.

Abbiamo drogato pure i pesci

La cronaca porta spesso alla ribalta casi di ingenti sequestri di droga. Tra le più diffuse:cannabis, cocaina, crack, ecstasy, eroina, hashish, LSD, marijuana, metadone, metanfetamina, oppiacei. Tutte sono più o meno velenose, a seconda della quantità di sostanza assunta. Tra le droghe più consumate c’è la cosiddetta “neve”, la cocaina. Considerata fino a qualche anno fa una droga d’élite è oggi diffusa tra tutti i ceti e a tutte le età. La cocaina è una droga molto pericolosa. Per morirne non c’è bisogno di una overdose, può essere fatale anche in piccole dosi perché può provocare improvvisi infarti, ictus ed edemi polmonari. Ebbene, se ne consuma talmente tanta da averne inquinato i fiumi.

Per la verità, a inquinare i nostri corsi d’acqua non c’è soltanto la cocaina: gli ormoni e gli antibiotici espulsi dal nostro organismo sono arrivati in alcuni casi, là dove si verificano scarichi industriali dei residui di anticoncezionali, a far perdere ai pesci la propria identità sessuale facendoli diventare ermafroditi. I pesci del Po si caratterizzano per la grande quantità di cocaina che assorbono dall’acqua in cui finisce l’urina dei tanti consumatori di questa droga. E dal mondo scientifico arrivano le ultime statistiche: in Italia, ogni giorno, 60 milioni di litri di urina ricca di residui di farmaci e droghe finiscono nei fiumi. Adesso sappiamo perché la notte i topi che scorrazzano nelle città hanno tutti uno sguardo allucinato: sono drogati.

Quella buonanotte su Facebook che rende insonni

Tante persone, la sera, prima di andare a dormire, augurano la buonanotte sulla propria pagina Facebook a tutti i loro amici virtuali. Si innesta quindi una buonanotte corale: tutti i cosiddetti amici ricambiano la buonanotte generando così una buonanotte a catena, un’orgia di buonanotte, decine o centinaia di messaggi tutti uguali dove tutti si scambiano la buonanotte:sca augura la buonanotte ai suoi amici. Le risponde Anna: “Buonanotte sca”. sca, per educazione, replica: “Buonanotte a te Anna”. Si aggiunge Paola: “Dolce notte sca e anche a te Anna”. Anna risponde a Paola: Buonanotte Paola, sogni d’oro”.

Quindi è la volta di Maria la quale augura la buonanotte a sca, ad Anna e a Paola. sca ricambia la buonanotte a Maria così come fanno Anna e Paola. Poi è la volta di Adriana che non può non ricambiare la buonanotte alla sua amica sca che magari nemmeno conosce di persona né l’ha mai sentita al telefono in quanto amica di un’altra amica, ma il richiamo della buonanotte è troppo forte. Non si può andare a dormire senza prima aver augurato il buon riposo a tutti gli amici di Facebook: non si riuscirebbe a chiudere occhio, si avrebbero incubi peggiori di quelli provocati da una peperonata mangiata a cena. Alla buonanotte di Adriana risponde subito sca che dopo 40 minuti dal primo messaggio di buonanotte è ancora su Facebook a rispondere buonanotte a tutti i suoi amici che le stanno ricambiano il buon riposo. L’educazione prima di tutto. Non si può scrivere sul proprio profilo buonanotte a tutti i propri amici e poi spegnere il computer. Bisogna rispondere a coloro che augurano sogni d’oro. Ad Adriana augurano la buonanotte anche Anna, Paola e Maria. Adriana quindi risponde: “Buonanotte anche a voi Paola, Anna e Maria”. Quindi sca riceve gli auguri della buonanotte dalla pizzeria da Mario, da Rospo selvaggio e dal criceto Briciola. Nel frattempo l’elenco di messaggi di buonanotte si allunga a dismisura.

Un consiglio: augura la buonanotte ai tuoi amici su Facebook alle 21 in modo

che per mezzanotte avrai finito di rispondere alle decine di messaggi di buonanotte dei tuoi amici.

I giovani non leggono libri: non sarà colpa di chi li scrive?

I giovani italiani vengono accusati di non leggere libri. Ma non sarà colpa di chi li scrive? Anche perché ormai un libro non si nega a nessuno,spesso sono veri e propri mattoni scritti in molti casi da chi è ormai avulso dal contesto reale e che ignora il cambiamento della società. E poi, in tanti casi, lo stesso autore ne pubblica anche due all’anno, altri sono firmati da un grande nome e poi compare la dicitura “a cura di” con il nome di uno sconosciuto, manovale della penna, che ha scritto il libro.

Per non parlare dei ghost writer, cioè degli scrittori fantasma che nascondono il proprio nome ma prestano la propria penna o la propria tastiera, il pc e il mouse nonché il proprio talento letterario a qualche autore famoso a livello mediatico. E poi lo sappiamo, l’Italia è un Paese di grafomani, di scrittori, ma non di lettori. Scrittori che non leggono neppure se stessi, che scrivono per il puro piacere di fare sfoggio della loro erudizione o pseudo tale (ma per fare questo potrebbero scrivere sui muri o sulle pareti dei bagni). Del resto con il tempo anche il modo di scrivere è cambiato: prima si scriveva con il cuore oggi, sempre più spesso, si scrive con i piedi.

Comunque i lettori amano seguire le indicazioni di un buon libro: soprattutto se si tratta di una guida ai ristoranti d'Italia.

L’ottimismo fa bene alla salute

In questi tempi bisogna cercare di essere ottimisti. Ciò non significa però aspettare che qualcosa cambi senza fare nulla affinché il cambiamento avvenga. Un proverbio africano dice: “Se hai un solo dente in bocca, usa quello per sorridere”. La Harvard school of public health, l’istituzione americana delegata a migliorare la salute pubblica mediante ricerche e azioni di comunicazione ha analizzato oltre 200 studi di diverse università e istituti dislocati per il mondo. Dalla ricerca è emerso che fattori come ottimismo, soddisfazione nella vita e felicità sono associati a un ridotto rischio di infarto e ictus.

Le persone che pensano positivo hanno il 50% in meno di rischio. Per gli italiani è una notizia da tenere in grande considerazione visto che nel nostro Paese il primo fattore di morte è l’infarto. L’ottimismo fa bene alla salute in quanto combatte la depressione. Non a caso gli ottimisti hanno più successo sul lavoro e nella vita privata. L’ottimista patologico, però, rifiuta di elaborare le informazioni negative, falsando l'immagine della realtà.

L’ottimismo patologico impedisce alle persone di prendere le precauzioni necessarie contro qualsiasi rischio. La saggezza popolare combatteva i momenti bui con detti come “Quando si chiude una porta si apre un portone”. Lo stress causato dalla preoccupazione scatena una costante alterazione dell'equilibrio all'interno del sistema cardiovascolare: l’adrenalina prodotta su stimolo del cervello funziona come un vasocostrittore che alla lunga danneggia le arterie, soprattutto quelle che nutrono il cuore e il cervello.

Una ricerca condotta dall’università del Maryland ha dimostrato che ridere almeno 15 minuti al giorno fa bene al cuore. Ma devono essere risate coinvolgenti e fragorose. Soltanto così equivalgono ai famosi 30 minuti al giorno di camminata veloce, stabiliti da qualche anno come la “dose minima

quotidiana” di attività fisica che protegge dall'infarto. Ecco perché reputo benefattori dell’umanità coloro che soprattutto oggi riescono a strapparci qualche sana risata. E poi vuoi mettere 15 minuti di risate rispetto ai 30 minuti di camminata veloce. Le risate ci evitano anche di sudare. Essere pessimisti cosmici, soprattutto di questi tempi, non aiuta. Ricorda il proverbio africano che ho citato poco fa.

L’eccesso di difesa

La rapine in appartamenti e in ville, magari un po’ isolate, sono ormai all’ordine del giorno. I balordi, quasi sempre già con numerosi reati alle spalle ma liberi, non si accontentano di rubare auto, gioielli, cellulari e denaro ma, in molti casi, se all’interno delle case trovano i legittimi proprietari li aggrediscono, ferendoli, e li legano. Tanti gli episodi dove i proprietari reagiscono sia per paura, svegliati nel pieno della notte da intrusi con amontagna, sia per difendere se stessi e le proprie famiglie. Del resto i balordi che rapinano hanno sempre almeno un coltello o un machete, ma anche fucili o pistole. Chi in casa ha un fucile o una pistola, in quanto in possesso di porto d’armi, in molti casi le usa per difendersi. Ma in Italia bisogna stare attenti all’eccesso di difesa.

La casa è il nostro rifugio che raccoglie le nostre cose guadagnate con fatica, i nostri ricordi e quando qualcuno la viola è come se ci stesse violentando. Soltanto per questo un ladro andrebbe condannato all’ergastolo, ma quello vero, quello che conoscono bene i delinquenti di altri Paesi in cui il codice penale e davvero penale. Esiste una legge che tutela tutti noi, questa legge riguarda la legittima difesa, il diritto di poter reagire nelle nostre case o nei luoghi in cui lavoriamo. La legge del 13 febbraio 2006 numero 59 recita che “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta sempre che la difesa sia proporzionale all’offesa”.

Tante persone che hanno subito rapine nelle proprie abitazioni o nei propri negozi e che hanno osato difendersi sono state condannate per omicidio volontario anziché eccesso colposo di legittima difesa. Ci sono stati magistrati, i quali probabilmente non hanno ancora subito rapine, che in tanti casi non vedono la legittima difesa nonostante sia stata violata la proprietà privata, nonostante le parole siano inutili con i pluripregiudicati che vogliono soltanto rapinarci e nonostante questi balordi siano armati. E allora come difenderci senza rischiare di eccedere nella difesa?

Ipotizzo alcune soluzioni in caso in piena notte dovessi ricevere una visita di un ladro nel tuo appartamento: il ladro non risponde alla tua domanda su quali armi ha con sé. In questo caso per difenderti gioca a mosca cieca. Il ladro ti risponde che ha un arma giocattolo. Devi correre in soffitta o nel garage a cercare una pistola giocattolo di quando eri bambino oppure, se hai figli maschi, vai nella loro stanza e cercane una. Il ladro ti dice che ha un cacciavite. Chiedi al ladro se puoi fare un salto in garage per prenderne uno dalla cassetta degli attrezzi perché in casa hai soltanto una pistola e un macete.

Il ladro ti risponde con un generico: ho un coltello. Chiedi al ladro di poter andare in cucina e prenderne uno anche te. Quindi mentre il ladro sta svaligiando il tuo appartamento devi fargli un’altra domanda: “Di quanti centimetri è il suo coltello?”. Scopri che in effetti non è un coltello ma un macete di 70 centimetri. A quel punto il tuo coltellino da cucina non serve più a nulla. Devi chiedere il permesso al signor ladro di poter tornare in cucina e cambiare lama. Se non hai in casa un macete o non lo hai mai neppure visto in vita tua perché di lavoro fai l’avvocato o l’impiegato e non il macellaio rassegnati. Inoltre devi sempre offrire al signor ladro un tè o una tisana per rilassarlo un po’ e anche perché potrebbe denunciarti per mancata ospitalità.

E se il ladro ti dà una botta in testa? Se sei ancora in piedi puoi dargliene una anche te, ma niente di più, neppure un calcio ai genitali in quanto potrebbe farti causa per danni psicologici per il rischio di non poter procreare e per danni fisici all’apparato riproduttivo forse danneggiato in modo permanente. E se i ladri sono due? A quel punto devi chiedere ai ladri di poter chiamare tua moglie e se non ne hai una devi citofonare al vicino di casa per raggiungere la stessa quantità numerica dei delinquenti che sono nel tuo appartamento.

E se i ladri sono palestrati ed ex pugili e cominciano a prenderti a pugni e schiaffoni. Pure tu potrai reagire ma solo con le mani anche se l’unico sforzo fisico che fai è portare a so il tuo cane. E se il ladro scappa da casa tua con due sacchi di oggetti e beni? Se sta scappando puoi soltanto rincorrerlo e chiedere se cortesemente può restituirti le tue cose oppure se può attendere l’arrivo delle forze dell’ordine che, per altro, come i delinquenti sanno, sono sempre meno a livello numerico.

Spazio sputacchiera

In questo spazio puoi sfogare tutta la tua rabbia e il tuo risentimento. Puoi anche sputarci se la cosa ti fa stare meglio, offenderlo o prenderlo a botte. È uno spazio allenato in quanto ha subito un addestramento idoneo per assolvere a questa funzione. Prova a arci sopra il dito, vedrai che ti rilasserai...

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Che tenerezza gli scrittori snob

Mi fanno molta tenerezza gli autori e gli scrittori snob che parlano con un linguaggio aulico, magari con la erre moscia e vestono in stile radical chic finto povero ma tutto rigorosamente griffato. Scrittori e intellettuali che evitano i programmi popolari in quanto non vogliono confondersi con la massa e non vogliono trovarsi a presentare il proprio volume iper colto in un programma che prima o dopo di loro avrebbe ospitato uno chef per parlare di un libro di ricette o un astrologo per pubblicizzare un suo volume sull’oroscopo dell’anno.

Mi fanno tenerezza perché questi intellettuali pensano che essere tristi, noiosi e seriosi equivalga a essere intelligenti e colti. Ma le leggi del mercato non guardano in faccia a nessuno e sono uguali per tutti. Questi scrittori hanno evitato come la peste di mischiarsi con gli altri autori e con la gente comune e alla fine i loro libri trovano spazio nelle librerie e negli ipermercati assieme a quelli di showgirl, astrologi, chef catodici, gigolò, escort prolifiche, pornostar, nani e ballerine.

Penso a quale dolore per uno scrittore ultra snob vedere la propria creatura editoriale circondata da volumi che trasudano unto e odore di soffritto. Penso a che colpo al cuore quando questi scrittori snob vengono a sapere che il loro libro è stato acquistato nel reparto libri di un ipermercato, proprio accanto al reparto cibo per animali. Al ritorno a casa saranno costretti a imbottirsi di tranquillanti e ansiolitici per evitare di somatizzare o, peggio ancora, di sodomizzare.

La produzione sartoriale delle creative e colorate cravatte per cani ideate da Igor Righetti e realizzate in Italia dalla stilista Donatella Di Felice con la sorella Anna della Sartoria Ricucito. Il bassotto Byron, guest star dei collaricravatta, si accerta che le cravatte siano come le vuole lui. I collari-cravatta sono disponibili sul sito www.igorrighetti.it

L’Italia dei mangia gatti

Gli animalisti hanno dato l’allarme: in tutta Italia, attenti ai mangia gatti. Secondo i dati forniti dall’Associazione italiana difesa animali e ambiente quasi 7 mila gatti in Italia vengono uccisi a scopo alimentare. La cifra è il 10% dei gatti scomparsi o abbandonati. L’allarme precedente, scattato qualche anno fa, denunciava la pratica dei circhi equestri di dare in pasto alle proprie belve i gatti randagi. Ma l’allarme di oggi fa venire la pelle d’oca. Proprio la pelle d’oca no, meglio di no, con tanti orchi in giro meglio evitare. Fa rabbrividire. Ma come si fa a mangiare un gatto? Chiunque ne abbia avuto uno in casa sa di quante fusa riempiono il cuore. Il gatto, animale sacro nell’antico Egitto perché salvava il raccolto dall’invasione dei topi, ma anche perché si riteneva la rappresentazione terrestre della dea Bastit. Quando moriva il gatto la famiglia che lo ospitava si radeva le sopracciglia in segno di lutto e imbalsamava l’animale.

Ma i gatti, per il loro sguardo misterioso, sono spesso state vittime di superstizioni e anche da morti sono stati vilipesi. Basti pensare ai milioni di gatti egizi mummificati scoperti dagli inglesi che poi li usarono per fertilizzare le verdi campagne britanniche. Per gli egizi il gatto era tanto sacro da vietarne l’esportazione. Nel periodo dell’Inquisizione, poi, i gatti erano considerati l’incarnazione del demonio. Nella notte di San Giovanni nelle piazze venivano bruciati vivi assieme alle donne accusate di stregoneria. Ma, come scrive il poeta greco Esiodo “il male fatto alla natura torna indietro a chi lo ha fatto”. Non a caso ai gatti bruciati seguirono le epidemie di peste causate dal proliferare dei topi senza più antagonisti.

Ma torniamo ai mangia gatti italiani. Una volta era una prassi dettata dalla fame, dalla disperazione. Nel 2010, non nel 1940, l’esperto di gastronomia Beppe Bigazzi in una sua dimostrazione televisiva alla “Prova del cuoco” diede al pubblico una ricetta sui gatti, non nascondendo il fatto che lui li aveva mangiati. Fu sospeso dal programma. L’ennesima dimostrazione della vendetta dei gatti. Alla faccia degli esperti di gastronomia. E poi ci indigniamo se alcuni cinesi

mangiano la carne di cane. Ricordo, però,che fino ad alcuni anni fa avere un cane come animale domestico era vietato in Cina. Dopo la revoca di questo divieto possedere un cane è diventato sempre più popolare tra i cittadini cinesi. Dopo tante proteste da parte della popolazione le autorità locali hanno deciso di vietare pure una tradizionale festa che si svolgeva in alcune zone della Cina dove era usanza mangiare carne di cane.

Il brutto è che non c’è zona d’Italia che non pratichi questa specie di cannibalismo. Dalle Alpi alla Sicilia, ando per Milano dove una signora ha detto di aver allevato e poi cucinato 600 gatti, diventati la sua specialità gastronomica da offrire agli amici. Aldilà della naturale esecrazione nei confronti di coloro che barbaramente uccidono i gatti per poi cibarsene, tra l’altro non per fame bensì perché lo considerano una leccornia, ricordo che si tratta di un reato penale punito con la reclusione. Se conoscete qualcuno che mangia i gatti denunciatelo.

L’incubo di oggi si chiama RUGA!

Da sempre l’uomo è alla ricerca dell'eterna giovinezza. Le rughe fanno più paura delle malattie non a caso i necrologi sui pacchetti delle sigarette riportano anche frasi come Il fumo invecchia la pelle.

Alcuni tra i massimi esperti italiani e stranieri di scienza medica e biotecnologie hanno affermato che nel 2050 sarà possibile vivere fino a 150 anni grazie a vaccini, microrobot, laser e buona gestione delle risorse.

Francamente non mi interessa vivere fino a 150 anni anche perché mi imbarazzerebbe dire agli altri la mia età: “Ho 150 anni” oppure “Ho 148 anni” o far vedere la carta d’identità con il mio anno di nascita. Preferisco viverne meno ma in modo autosufficiente a livello fisico e con ancora i neuroni che litigano tra loro. E pensa a tutti i nostri politici già ultraottuagenari: pensa a vederli e a sentirli ancora per altri 70 o 80 anni. Ecco, ora mi manca il respiro, il mouse sta cominciando a vibrare dal nervoso e la mia tastiera ha cominciato a ululare.

Maquillage alla guida

Mi inquietano tutte quelle signore che mentre sono alla guida dell’auto compiono interventi conservativi al viso, truccandosi allo specchietto retrovisore come se stessero davanti allo specchio del proprio bagno. Più di una volta mi è capitato di vedere donne in auto ferme al semaforo o incolonnate e quindi costrette a un’andatura lenta darsi la cipria, il rossetto o il mascara. Lo fanno per ottimizzare i tempi, sanno che nel tragitto per andare a lavorare troveranno decine di semafori (ne conoscono anche il numero) e dovranno are molto tempo in fila, quindi perché rinunciare a 20 minuti di sonno per truccarsi quando dovranno stare in auto senza fare un fichetto secco, a parte guidare cercando di non tamponare nessuno?

Queste signore dal maquillage automobilistico si riconoscono subito. Come? Semplice, per quanto abbiano la mano ferma e siano ormai abituate a imbellettarsi durante il tragitto casa-lavoro il movimento dell’auto, il dover guardare con un occhio lo specchietto retrovisore e con l’altro la strada non permette un make-up degno di questo nome. Il rossetto supererà il contorno delle labbra, gli zigomi avranno un colore diverso e un occhio sarà più scuro dell’altro come se avessero avuto un incontro ravvicinato con Mike Tyson. Ma non importa: per queste automobiliste l’importante è arrivare in ufficio senza il colorito dell’attrice del film L’esorcista Linda Blair quando interpreta il ruolo di Regan, la bambina posseduta dal demonio.

Mi raccomando: in auto evitate almeno di mettervi la matita. In caso di frenata potreste essere reclutate per il prossimo film dell’orrore di Dario Argento. Sistemarsi i capelli quando si è alla guida, invece, è un vizio comune di uomini e donne, pure degli uomini calvi. In auto nascono spesso le acconciature più originali. Più di una volta mi è capitato di vedere uomini che usando la saliva come fosse gel o cera modellante

cercavano di dare una forma umana alla propria chioma e alle sopracciglia. Un’altra operazione di pulizia che accomuna uomini e donne è quella di guardarsi allo specchietto retrovisore per togliere eventuali residui di secrezioni dagli angoli degli occhi. Un’azione che fa urlare anche l’urlo di Munch.

L’azione che, quando siamo incolonnati in mezzo al traffico ci capita spesso di osservare, azione gradevole come vedere vomitare un cane dopo che ha ingerito dell’erba, è quella compiuta da coloro che usano le unghie come fossero filo interdentale. Sorridono allo specchietto retrovisore mostrando la dentatura come fanno i cani quando devono difendere il loro territorio. Per non parlare di quelli che usano le unghie come bastoncino di cotone per le orecchie. Molti appartenenti a quest’ultima categoria li riconoscete dall’unghia del dito mignolo lasciata per motivi di comodità più lunga delle altre...

Chi li ha visti i laureati italiani?

Noi italiani ci permettiamo molti lussi, tra cui quello di laureare la metà degli studenti rispetto alla media degli altri Paesi europei. Pensa un po’ : nel Regno Unito si laurea il 47% e in Francia il 43%. La media dell’Unione europea è del 36%. Una media che siamo noi ad abbassare con il nostro striminzito 21%. Per avere un’idea di quanto poco istruiti siamo basti pensare al Giappone che detiene il primato di laureati: ben il 59%.

I dati, forniti dal Consorzio di Almalaurea che riunisce 64 atenei italiani, danno anche altre cifre e rapporti, tutti preoccupanti, sulla condizione occupazionale di chi esce dall’università. Gli ingegneri e i medici, per esempio, guadagnano da subito il doppio rispetto agli psicologi. Ne abbiamo un terzo di tutta Europa, 70 mila su 210 mila. Possiamo esportare psicologi in tutto il mondo. Scegliere la laurea giusta, dunque, fa la differenza. I favoriti sono i laureati dei gruppi scientifici mentre risultano svantaggiati coloro che provengono dai percorsi giuridico-psicologico.

Ma il dato più drammatico che emerge dal rapporto è la scarsità d’interesse di tanti giovani verso gli studi universitari. Soltanto tre giovani su dieci proseguono gli studi. Una percentuale da vergogna nazionale, la più bassa tra i Paesi industrializzati. Il guaio è che non viene fatta un’adeguata politica di diritto allo studio, non si investe in cultura, in ricerca e in innovazione. Non ci sono stimoli e in tanti, troppi, pensano che la scuola sia soltanto una fabbrica di disoccupati.

Errore, gravissimo errore. Abbiamo lasciato che l’università perdesse il suo ruolo di ascensore sociale, che lo studio fosse disincentivato, che il merito fosse disconosciuto. Siamo un Paese che vede emigrare le sue menti più eccelse

perché qui non c’è alcuna possibilità per loro di mettere a frutto il proprio intelletto, le proprie capacità. Siamo un Paese senza politiche industriali né energetiche. E meno male che siamo un Bel Paese, un Paese ricco di storia, arte e cultura. Tutti beni del ato che ci permettono l’unica industria possibile: quella del turismo. Attenzione a non scialacquare le ultime risorse rimaste.

L’Italia è affamata di terreno

I ricercatori dell’Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, hanno messo a punto un programma per individuare le zone del territorio italiano che via via vengono consumate o, per meglio dire, vengono cementificate. Questo progressivo scempio del nostro territorio può adesso essere seguito perché documentato e aggiornato di continuo dall’Ispra, attraverso un semplice smartphone collegato online alla mappa dell’Istituto. Dalle comparazioni e dai rilievi fatti il consumo di suolo in Italia risulta in continuo, incessante aumento. In soli tre anni si sono persi altri 720 chilometri quadrati, una superficie vasta quanto la somma territoriale di cinque grandi comuni come Milano, Bologna, Firenze, Napoli e Salerno.

L’Ispra ha anche fatto una classifica delle cementificazioni dividendole per comuni e regioni. Così, dal rapporto sul consumo di suolo scopriamo che i comuni più cementificati sono Napoli, Milano, Torino, Pescara, Monza, Bergamo e Brescia. In quanto alle regioni le prime per cementificazione sono la Lombardia e il Veneto seguite da Emilia Romagna, Lazio, Campania, Puglia e Sicilia. L’Italia appare affamata di terreno, è insaziabile, bulimica, mangia otto metri quadrati al secondo.

A divorarla non sono soltanto gli edifici, ma anche le infrastrutture come strade e ferrovie. Da questa voracità di territorio derivano conseguenze molto serie all’ambiente e non soltanto ad animali e piante ma anche agli esseri umani dato che la cementificazione comporta l’immissione in atmosfera di milioni di tonnellate di CO2, ovvero anidride carbonica, in grado di produrre trasformazioni anche sull’acqua e sulla capacità di produzione agricola per via dell’impermeabilizzazione dei terreni. Quando si parla di cantieri e di nuove infrastrutture sarà bene allora chiedersi quanto siano necessarie perché ogni metro cementificato rende sempre più difficile la vita degli esseri viventi, noi

inclusi.

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Non conosci le regole della grammatica e della sintassi della lingua italiana o le hai dimenticate da tempo? Ti esprimi come un dizionario dei sinonimi e contrari? Ogni volta che apri bocca rischi l’arresto per stupro della lingua italiana? Per trovare il soggetto , il verbo e il complemento nelle tue frasi bisogna rivolgersi a un investigatore? Quando parli le persone preferiscono sentire la tua alitosi rispetto ai tuoi discorsi? Però hai una grande fantasia e inventi parole di cui soltanto tu conosci il significato?

E allora che cosa aspetti. Iscriviti subito all’Accademia internazionale di scrittura super creativa, dove l’unica regola è quella di non rispettare le regole. Con soli 10 mila euro potrai partecipare al nostro corso della durata di un mese e acquisire la qualifica professionale di scrittore creativo globale. Ti aspettiamo!

I centri benessere coltivano i propri clienti fin da bambini

I centri benessere e i beauty center, sempre a caccia di nuovi clienti,si aprono anche ai bambini. In tempi di crisi uomini, donne, vecchi, bambini, animali, extraterrestri e persino le piante diventano potenziali consumatori su cui il marketing deve agire. E così sono nati centri benessere e beauty center a misura di bambino dove i più piccoli possono farsi fare massaggi di ogni tipo anche al cioccolato e alla fragola, extension, pulizie del viso, maschere di bellezza, tatuaggi all’acqua, trattamenti estetici alle mani e ai piedi. Francamente penso che i bambini debbano fare i bambini e non giocare a fare gli adulti. Credo che per un bambino di 3-4 o 6 anni un massaggio anche di soli 20 minuti diventi una tortura.Sottoporre un bambino o a una bambina di 4 o 5 anni a un’ora di pulizia del viso, quando a quell’età non hanno né brufoli né punti neri, mi sembra di una perfidia senza limiti oltre che inutile.

I bambini lasciamoli giocare in serenità. Lasciamoli invecchiare senza problemi fino almeno all’adolescenza. Avranno tempo per diventare stressati, brufolosi e farsi fare massaggi costosi e pulizie del viso. Avranno tempo per rincretinirsi come tanti adulti che ano da un parrucchiere a un massaggiatore, da un chirurgo plastico a un centro estetico e che spendono una fortuna tra creme miracolose antirughe, antiocchiaie, antiborse e iniezioni di botulino per trovarsi alla fine tutti con la stessa espressione fissa di chi ha visto un fantasma. E poi si imbottiscono di tranquillanti e ansiolitici per controllare la loro fragilità e le loro insicurezze.

Il marketing fa il suo lavoro: deve fare business costi quel che costi, deve rimbambirci per stimolarci a spendere, ma da comunicatore e da ex dirigente di multinazionali trovo delirante e vigliacco accanirsi sui più piccoli, indifesi e innocenti. Se in un beauty center sentissi un bambino di 5 anni dire: “Mamma alle 17 ho un massaggio e alle 19 devo fare la pulizia del viso quindi oggi

pomeriggio non ho tempo per giocare”, mi potrebbe venire un infarto. Oppure se sentissi una bambina di 6 anni dire a un bambino: “Non posso venire giocare con te perché alle 17 devo fare le extension, alle 18 una maschera di bellezza e alle 19 il trattamento estetico alle mani e ai piedi” potrei chiamare uno psichiatra di quelli bravi. È chiaro che questi trattamenti sono invece utili ai centri benessere e ai beauty center per incrementare i propri profitti.

La tv si è sostituita ai comizi politici

La televisione crea i personaggi, dà loro una identità, nella politica come nei reality. I talk politici, secondo recenti ricerche, spostano pochi voti, non influenzano il pubblico più di tanto anche perché vengono seguiti sempre e soltanto dalle stesse persone. È molto influente, invece, specie nelle trasmissioni dove le discussioni sono particolarmente accese, nel polarizzare l’attenzione più sui personaggi che sui programmi politici.

La tv, l’immagine, i media in generale si sono sostituiti ai comizi, una volta modo d’incontro pressoché unico tra i politici e il pubblico. Il aggio dalla cultura scritta alla cultura elettronica ha modificato le nostre percezioni. Già sessant’anni fa il sociologo canadese McLuhan scriveva che le nostre strutture conoscitive vengono modificate sia dai contenuti informativi sia dalle tecniche con le quali l’informazione arriva. Quindi, il messaggio non è soltanto in quello che la macchina trasmette, ma anche nella macchina stessa.

La calamità naturale chiamata uomo

Mi piace viaggiare in treno o in auto, se a guidare è un’altra persona, perché posso concentrarmi su ciò che vedo, sul paesaggio fatto di costruzioni, di strade, di campagna, di coste, di colline e montagne. Il paesaggio fornisce molti spunti di riflessione, è la dimostrazione pratica, visibile, di come un territorio possa essere mutato nel tempo ed è anche testimonianza della politica e dell’amministrazione che lo governano. Una volta il Bel Paese, così come veniva chiamato dagli anglosassoni, si caratterizzava, mostrava una grande varietà di panorami: le colline si alternavano alle pianure, la campagna era distaccata dalle città, le coste erano libere e lo sguardo spaziava fino all’orizzonte.

Col tempo si è fatta consistente una forma di rapina del territorio, il cemento si è sempre più impossessato delle pianure e delle coste. Il territorio ha così perso le caratteristiche che lo differenziavano da altri luoghi, si è modificato il microclima e con esso la vegetazione e le specie animali. Territori impoveriti, dunque, a uso e consumo della speculazione edilizia, a Nord come al Sud. Nel Nord Italia si è costruito con motivazioni di tipo economico-industriale: fabbriche e industrie richiedono qualche sacrificio, ma poi si è cominciato a costruire lungo le coste e il recente fenomeno che vede distrutte tante coste liguri, celebrate in tutto il mondo per la loro bellezza, dimostra che anche le scelte pubbliche non sempre sono illuminate dalla saggezza.

Nel Sud Italia non si può neanche fare ricorso all’alibi del Nord perché qui le fabbriche, quando vengono costruite, sono poi chiuse senza mai farle entrare in funzione e, a testimonianza di tanto spreco di denaro pubblico e di territorio sono i molti scheletri di cemento che via via si incontrano, testimonianze mute ma molto loquaci di un uso sconsiderato del cervello e dell’anima. Nel Meridione la devastazione del territorio è stata perpetrata da un abusivismo feroce, aggressivo, totalizzante che ha trovato un’accondiscendenza silenziosa da parte di chi doveva controllare. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: il paesaggio è fatto di costruzioni arrampicate fin sulla bocca del Vesuvio. Sarno, per esempio, il centro

del salernitano devastato dalla frana del 1998 che provocò 160 morti, ha un paesaggio che, una volta apprezzato per la sua ampiezza dove lo sguardo si perdeva fino ad arrivare a scorgere il mare all’orizzonte, oggi è punteggiato da costruzioni di ogni tipo, edifici sorti alla rinfusa, dove capita capita.

Qui si ha l’impressione che i piani regolatori siano fantascienza. Il paesaggio è annullato da edifici spesso brutti, a volte orridi, scoordinati e confusi, costruiti qua e là, come viene, villette e capannoni non fa differenza. E se poi le colline franano e i corsi d’acqua straripano si urla alla malvagità del destino, si parla di calamità naturali, ma qui di calamità naturale c’è soltanto l’uomo, con la sua ingordigia, la sua arroganza e la sua stupidità.

Il modello donna indossato da Mariana Scutari della collezione “Le sane cattiverie”: “Non ho paura della fuga dei cervelli ma dei tanti cretini rimasti”

In aumento le malattie psicosomatiche

In molte strutture ospedaliere è in funzione lo sportello denominato “Mobbing” dove vengono raccolti i dati del disagio psicologico. La lettura di questi dati racconta di un continuo aumento di malattie psicosomatiche provocate da tensioni emotive a elevato stress. Ben 8 italiani su 10 risultano stressati. Il fatto è che viviamo in uno stato di continua tensione e non c’è bisogno di eventi estremi come lutti o terremoti per farci entrare in uno stato di ansia. È proprio la nostra quotidianità a essere intrisa di fattori che ci spingono all’insicurezza. Si comincia con la sveglia del mattino, quando si esce di casa con l’elmetto in testa, pronti per la battaglia giornaliera: l’auto che non parte, la corsa verso l’autobus, la metropolitana o il treno pendolari stipati come sardine, talmente appiccicati agli altri eggeri che rischiano un attacco di panico. E poi: i rapporti con il capo e con i colleghi, le liti condominiali e i rapporti con i familiari, le tasse, gli aumenti, il mutuo, le malattie, la squadra del cuore che perde, il partito politico pure. Insomma, affanni a non finire.

E così, se va bene, al risveglio mattutino ci troviamo con un nuovo brufolo sul naso, un herpes, la dermatite seborroica e se va male con una colica. Secondo una recente indagine sulle motivazioni di stress più frequenti tra gli italiani il primo posto è occupato dal lavoro, seguono i problemi economici, il traffico, la situazione politica, la relazione di coppia, suocere, computer e persino le festività natalizie. Tanti, dunque, sono i fattori scatenanti le cui conseguenze più frequenti sono problemi sul lavoro e in famiglia, con una vita sessuale scarsa e insoddisfacente.

Per l’Unione europea siamo i più corrotti

L’Unione europea ci ha bollati come i più corrotti. Ci colloca al primo posto nella classifica dei disonesti. Peggio, se possibile, dell’accusa di essere mafiosi o camorristi. Bel successo, non c’è che dire. Venendo al rapporto della Commissione europea sulla corruzione, l’atto di accusa contro l’Italia è lunghissimo. La corruzione ci costa ben 60 miliardi all’anno e corrisponde alla metà dei 120 miliardi del totale dell’Unione europea. Naturalmente in Europa ci sono altri Paesi che vengono accusati di corruzione, ma noi risultiamo essere i più bravi, i primi della classe. Questa tassa occulta di 60 miliardi riguarda sia il settore pubblico sia quello privato. L’atto di accusa contro l’Italia è lunghissimo.

Secondo il Rapporto dell’Unione europea la legge anticorruzione del 2012 firmata dall’allora ministro Paola Severino va inasprita perché lascia varie questioni irrisolte come il falso in bilancio, il voto di scambio e la prescrizione. È necessario poi mettere fine alle leggi ad personam come la depenalizzazione del falso in bilancio. E poi c’è il conflitto d’interesse che va prevenuto attraverso sistematiche verifiche con relative sanzioni. Inoltre, va rivisto il quadro giuridico e attuativo sul finanziamento ai partiti.

L’Unione europea ci ricorda ciò che a volte dimentichiamo ma di cui in Europa hanno preso nota come le tante indagini sui casi di corruzione, finanziamenti illeciti ai partiti e rimborsi elettorali indebiti che hanno visto coinvolti personaggi politici, specie a livello regionale. Il rapporto poi entra nei particolari ed evidenzia che nel 2012 sono state fatte indagini penali nei confronti di esponenti politici locali in circa la metà delle nostre Regioni, sono stati sciolti 201 consigli comunali e più di 30 deputati della precedente legislatura sono stati indagati per reati legati a corruzione o finanziamento illecito.

La conclusione del rapporto è che tutto ciò ha un impatto deleterio su

un’economia già colpita dalla crisi economica. E poi ci meravigliamo che come piove il Paese affondi, frani e si allaghi!

Abbiamo il triste primato in Europa di bambini obesi

In Italia abbiamo il tasso di obesità infantile più alto d’Europa con percentuali molto elevate in alcune regioni del Sud. È un primato che certo non avremmo voluto avere perché l’obesità non è soltanto un fatto estetico ma è, soprattutto, un danno alla salute capace com’è di provocare una serie di disfunzioni e di malattie tra cui la sindrome metabolica, patologia quasi sconosciuta che consiste in un incremento del grasso viscerale e si lega ad altre patologie. Il ministero della Salute ha stimato in oltre un milione i bambini italiani dai 6 agli 11 anni con problemi di sovrappeso e di obesità. Grasso, quindi, non è bello e, soprattutto, non fa vivere bene. In Italia quasi il 40% dei bambini è sovrappeso o obeso già a 6 anni. Un bambino sovrappeso ha un altissimo rischio di diventare un adulto malato e la sua qualità di vita sarà condizionata da diabete, ipertensione e difficoltà di movimento. Per fermare l’obesità sono necessari una buona educazione alimentare e tanto movimento quotidiano sin dai primi anni di vita: almeno due ore al giorno. Su questo tema è molto attiva la Fondazione italiana per la lotta all’obesità infantile Onlus fondata e presieduta dal professor Marco Gasparotti. Viviamo davvero una vita piena di contraddizioni.

Se da una parte aumenta l’interesse verso le trasmissioni televisive dove cuochi esperti e meno esperti mostrano come cucinare tanti deliziosi manicaretti, dall’altra si assiste al boom delle diete, spesso fai da te, ma altrettanto spesso assistite da dietologi. E anche in questo settore, come in quello della cucina in tv, c’è un diffuso interesse da parte del grande pubblico tanto che i libri di cucina, come quelli delle diete sono i più richiesti in libreria. Dai risultati, però, emerge chiaramente che in questa gara ipotetica a vincere sono le ricette di cucina. Nonostante la nostra sia una società perennemente a dieta, però, si prospetta un futuro extralarge. Secondo le previsioni tra dieci anni il 43% degli italiani potrebbe essere obeso. È una cifra davvero allarmante. L’obesità già oggi è una pandemia e costa allo Stato oltre otto miliardi di euro. E proprio l’Italia, quella celebrata per la dieta mediterranea ha il triste primato in Europa di bambini obesi. il grasso avanza, dunque. E il bello è che se senti gli obesi ti dicono che ingrassano senza sapere il perché. Loro, poverini, non mangiano, spilluzzicano appena. Falso. È stato accertato che non è vero che l’obeso ingrassa soltanto al

pensiero di dover mangiare qualche cosa, ma mangia, eccome. Ed ecco fiorire diete e ricorsi alla chirurgia estetica.

Scomparsi

Sempre più spesso e sempre di più sono le persone che scompaiono e di cui non si sa più nulla. Non a caso il lavoro per gli autori del programma “Chi l’ha visto?”aumenta di continuo. E non è un caso che“Chi l’ha visto?”, in onda dal 1989, sia tra le trasmissioni più longeve di RaiTre. Il numero degli scomparsi è diventato, nel tempo, così alto che dal 2012 è in vigore una legge che detta le disposizioni per la ricerca delle persone sparite nel nulla. A essere coinvolte sono soprattutto le prefetture chiamate a organizzare una task force per coordinare tutte le forze e tutti gli organismi allo scopo di intervenire immediatamente non appena arrivi la denuncia della scomparsa di una persona.

A volte la ricerca si conclude in modo positivo, lo scomparso viene rintracciato e restituito alla sua famiglia perché, nella maggior parte dei casi, si tratta di persone dove il confine tra coscienza e inconsapevolezza è molto sottile. Ma il desiderio comune a tutti sembra essere quello di cancellare il ato, di ricominciare una nuova vita. Nella maggior parte dei casi, però, gli scomparsi non vengono rintracciati. Molti, poi, non spariscono in modo volontario, ma vengono uccisi e, anche in questi casi, i loro corpi spesso non vengono ritrovati. Attualmente nelle prefetture sono aperte 27 mila pratiche di scomparsi. Il numero aumenta ogni anno di circa mille persone.

Tra le regioni la più colpita dal fenomeno delle scomparse è il Lazio, a cui seguono la Lombardia e la Campania. Molte delle persone di cui non si hanno più notizie sono straniere e, altro dato che rende il fenomeno ancora più drammatico, oltre il 40% degli scomparsi è composto da minorenni. Si fugge, dunque, e sempre più spesso. Sulle motivazioni che possono spingere a sparire si interrogano gli psicologi. Tra queste c’è la difficoltà del vivere e la voglia di evasione, nell’illusione di poter trovare qualche cosa più appagante. Illusione, appunto. Evadere dalla realtà è la cosa più difficile del mondo.

Le prossime pagine ti sono offerte dalla Società di casting e produzione televisiva “Tutti in tv”. La nostra società sta cercando aspiranti suicidi per la produzione di un nuovo reality dal titolo: “Il grande delitto”.

L’aspirante suicida dovrà avere avuto un ato turbolento, fatto di violenze e solitudine. Precedenti esperienze teatrali in opere drammatiche, partecipazione a film dell’orrore, un ricovero in un istituto psichiatrico e almeno due trattamenti sanitari obbligatori costituiranno titoli preferenziali.

È auspicabile che i parenti degli aspiranti suicidi dispongano di almeno una villetta ampia e confortevole con garage annesso per poter facilitare la produzione di plastici e ricostruzioni multimediali anche in 3D.

Al provino si dovrà consegnare l’album fotografico dei ricordi e il proprio lettore mp3, materiale necessario per la realizzazione di video commemorativi e per le sigle delle varie produzioni annesse al reality. Si ricercano anche sindaci di vari Comuni italiani sconosciuti per sottoporre le candidature di piccole località al fine di poter aumentare i flussi turistici e le attrazioni del proprio territorio.

Italia, Paese dei furti

Secondo una ricerca pubblicata dal centro studi Transcrime dell’università Cattolica di Milano e dell’università di Trento, ogni due minuti una casa viene svaligiata. I furti in abitazioni denunciati nel 2012 sono stati 238 mila con un aumento del 114% rispetto al 2004 e del 40% rispetto al 2010. È indubbio che norme favorevoli alla criminalità abbiano reso l’Italia molto vulnerabile rispetto ad altri Paesi dell’Unione europea. Del resto viviamo nella globalizzazione e i delinquenti sono furbi: per delinquere scelgono la nazione dove il codice penale è light.

E noi in Italia da questo punto di vista siamo leggeri leggeri, misericordiosi, mentre nei loro Paesi i delinquenti rischiano pene ben più severe. Ecco perché in Italia un terzo dei detenuti è straniero. “L’Espresso”, in una sua inchiesta sull’argomento, ha riportato anche la notizia di un sondaggio sommario tra alcuni commissariati di Milano e Roma: su dieci ladri d’appartamento arrestati tre sono italiani e sette stranieri.

E in Italia come veniamo difesi? Riducendo in modo drastico il numero degli agenti di polizia, dei carabinieri e degli uomini dalla Guardia di finanza. Basti pensare che degli oltre 8 mila Comuni d’Italia soltanto 4.997 hanno un ufficio dei carabinieri o della polizia sul proprio territorio. Prima c’erano le pattuglie che andavano nei paesi vicini. Oggi quelle pattuglie sono state tagliate. Come diceva Nanni Moretti nel film “Bianca”, continuiamo così, facciamoci del male...

Parità di genere e competenze. Quelle quote Pantera (rosa)

Il tema della parità di genere, le cosiddette quote rosa, non è certo di oggi, ma mai è stato così preponderante. Ma chissà perché ci si azzuffa tanto per la parità di genere e non si parla mai di merito. Mi pare quantomeno paradossale che ci si fermi alla distinzione uomo-donna e non si faccia caso alle competenze. Trovo che la suddivisione per genere maschile e femminile, eterosessuale o omosessuale, cattolico o musulmano, con la pelle bianca o nera, con gli occhi chiari o gli occhi scuri sia davvero discriminatoria.

Ritengo delirante parlare di quote che siano rosa, gialle, a pois, celesti o color blu Puffo. A mio parere, tra l’altro, penso che le donne siano più aperte alle innovazioni di noi uomini. Ma le carriere degli esseri umani dovrebbero fondarsi soltanto sul merito, sul talento insomma e non sulle differenze di qualunque tipo esse siano. Riservare alle donne, soltanto perché tali , una quota minima di poltrone, la trovo una mostruosità che uccide di nuovo ogni tentativo di meritocrazia. E sappiamo tutti molto bene quanto l’Italia abbia bisogno di meritocrazia.

Fossi una donna mi offenderei se mi offrissero per legge un incarico non perché ritenuta capace ma soltanto perché femmina. “Franca e Marta andate voi nel consiglio di amministrazione perché hanno bisogno di due donne”. Questo sì che è trattare le donne come oggetto. Le nostre aziende sono maschiliste? Beh, allora se è per questo sono anche gerontocratiche ovvero persone molto anziane detengono il potere. La gerontocrazia colpisce le nostre aziende, il nostro Parlamento. In Italia essere giovani sembra sia una colpa, una condanna da scontare, quando negli altri Paesi europei civili o negli Stati Uniti a 30 anni sono già a capo di multinazionali o grandi aziende. Basti pensare ai multimilionari ragazzini che hanno ideato i social network Facebook o Twitter o il motore di ricerca Google.

Gli studenti inglesi a 16 anni cominciano già a fare stage nelle aziende organizzati dalle scuole, gli studenti si a 18 anni lasciano le case dei propri genitori. Da noi tutto questo è impossibile. I giovani capaci, maschi e femmine che siano, sono un bene dell’umanità e andrebbero salvaguardati dall’Unesco. In tanti Paesi europei e negli Stati Uniti non considerano un giovane privo di credibilità soltanto perché non ha il viso solcato da rughe e non soffre ancora di prostatite. C’è chi vuole le quote rosa? Bene, allora istituiamo anche le quote giovani. Ma i giovani fanno troppa paura. Diamo la possibilità a quei tanti giovani che si applicano di dimostrare il loro valore e di fare esperienza professionale. A quarant’anni in Italia si viene ancora considerato un giovanissimo manager, un giovanissimo giornalista, un giovanissimo conduttore, un giovanissimo politico, un giovanissimo imprenditore, medico, avvocato o idraulico.

E dopo le quote rosa si vorranno istituire anche le quote per religione ed etnia, dato che andiamo verso una società multietnica, le quote per orientamento sessuale e per colore dei capelli? Poi se queste persone non sanno fare un fichetto secco senza neppure la mandorla dentro chi se ne importa. L’importante è averle suddivise per genere. Sembra quasi che si preferisca dare spazio all’esteriorità mentre oggi più che mai l’Italia ha bisogno di persone capaci, di cultura e conoscenza, ma anche di carattere forte e deciso. E non importa se a possedere queste caratteristiche, che sono quelle che in genere dovrebbero avere i rappresentanti del popolo, siano uomini , donne o del terzo sesso, importante è che facciano bene il loro lavoro che non è certo di poco conto visto che il nostro futuro dipende in gran parte da loro.

Mi chiedo spesso perché quando i neo eletti alle più alte cariche parlamentari giurano al Quirinale non vengano presentati con il loro percorso di studi e professionale. Ci si accorgerebbe, allora, che le donne, deputate o senatrici che siano, fanno una politica rigorosamente uguale a quella degli uomini. Attualmente, i Comuni italiani sono amministrati quasi esclusivamente da uomini, le donne sono appena 925 su 8.097 amministrazioni comunali. Non va meglio nelle amministrazioni regionali che contano appena due donne

governatori. Sembra allora che parlare della parità di genere o di quote rosa come si diceva fino a ieri non porti fortuna alle donne. Meglio cominciare a parlare di meriti e di competenze.

Dai cani inselvatichiti nasce il pericolo di estinzione per i lupi

Quando fu scritta la fiaba di Cappuccetto Rosso da Charles Perrault il lupo era ritenuto l’animale più feroce che si conoscesse, escluso l’uomo, naturalmente, che in quanto a ferocia non lo batte nessuno. Si aveva molta paura del lupo quando il territorio italiano era ricco di boschi, di selve, più o meno oscure, quando la vita animale pullulava dalle Alpi alla Sicilia, quando i mezzi per cacciarli erano rudimentali, primitivi, non capaci di fare stragi di piccoli e adulti. Una caccia artigianale fatta spesso di trappole, tagliole e di fucili che potevano sparare un solo colpo per volta. Un fai da te venatorio. Ma con l’andar del tempo i boschi sono stati diradati e così tutte le creature che li abitavano.

Di più: l’intervento dell’uomo, fatto di disboscamento, inquinamento, di caccia a oltranza con armi sempre più sofisticate ha provocato un forte disequilibrio tra le specie che porta a continui interventi dell’uomo, sempre più sbilanciati, nocivi per l’equilibrio delle specie che non possono così autoregolarsi. Ma torniamo ai lupi italiani, quelli a quattro zampe e con la coda, naturalmente. Ebbene, nonostante il loro numero sia cresciuto il pericolo estinzione è sempre più forte. Colpa di chi? Ma dell’uomo naturalmente, c’è da dirlo? che privo di rispetto com’è verso la vita delle altre creature quando il proprio cane diventa un peso non trova niente di meglio che abbandonarlo. E il cane abbandonato, specie se di grossa taglia, che cosa fa? Prova a tornare dal padrone, è capace di fare centinaia di chilometri guidato dal suo fiuto. Ma spesso non ce la fa e allora o muore sotto qualche auto o di stenti o, ed è l’ipotesi per lui migliore, si aggrega a un branco di altri disgraziati con la coda.

Ecco, è dai cani inselvatichiti che nasce il pericolo di estinzione per i lupi. Oltretutto i meticci nati dall’accoppiamento cane-lupo sono molto più feroci dei loro padri, molto più pericolosi. Le numerose stragi di pecore sono spesso frutto dell’aggressività dei cani inselvatichiti o dei meticci di lupo. Così la

sopravvivenza di questa splendida specie, romantica col suo abbaiare alla luna, è a rischio. A forza di dire “al lupo al lupo”abbiamo creato un animale molto più feroce di lui: il meticcio. Consapevole di quanto di grave stia accadendo ai lupi italiani l’Unione europea ha varato un progetto volto a salvaguardare l’identità del lupo in Toscana, regione dove più numerosi sono gli attacchi alle greggi e dove con eccessiva facilità si colpevolizzano i lupi anziché i cani randagi, come è più facile che sia. E si sa, la Toscana è anche la patria dei cacciatori.

Latte di mucca simile a quello materno

Tra pochi anni probabilmente sarà possibile comprare nei negozi latte prodotto da mucche geneticamente modificate simile in tutto e per tutto a quello materno. Sembra però che gli scienziati stiano ancora lavorando soprattutto su una controindicazione: pare che al termine della bevuta il bambino vada al bagno e alzi la coda!

Quando parlare di sesso è ancora un tabù

Il sesso in Italia è ancora un argomento tabù, non a caso sono ben poche le scuole dove si insegna educazione sessuale ai nostri giovani che così risultano ignoranti in materia nonostante i primi rapporti sessuali ormai avvengano a 1112 anni. Tutti i sondaggi e gli studi ci ricordano che i nostri giovani sono ignoranti sulle malattie sessualmente trasmissibili e sui metodi anticoncezionali. Le sole informazioni le raccolgono su Internet o parlando con i loro coetanei. Il dialogo con i genitori su questo argomento è quasi assente e anzi con l’occasione mi complimento con quei padri e con quelle madri che con i propri figli affrontano anche questo tema. In questo modo li rendete informati e consapevoli.

È pericoloso far finta di non sapere o di non vedere anche se per molti genitori può essere imbarazzante parlare di sessualità con i propri figli, è indubbio che affrontare l’argomento protegge i giovani dagli innumerevoli rischi che possono incorrere per ignoranza. Mi ha colpito un sondaggio recente dal quale è emerso che tante ragazze non usano il profilattico perché al termine del rapporto si lavano con la Coca Cola convinte così di evitare la gravidanza o di tanti ragazzi che usano la pellicola trasparente, quella che si utilizza in cucina, al posto del profilattico che nel nostro Paese ha prezzi da capogiro, tra i più alti del mondo. Prezzi spesso proibitivi per un adolescente. Non dimentichiamo che un giovane che si ammala diventa un grave problema e un costo per tutta la società.

La paura di parlare italiano (in Italia)

Le trasformazioni del linguaggio mi affascinano. Sempre più spesso sento dire problematica anziché problema e tematiche anziché temi: “È una problematica complessa”. Questo accade perché chi usa questi termini pensa di mostrare la sua sapienza. Sento dire spesso anche borderline, vocabolo inglese che tradotto vuol dire linea di confine. “Paolo è borderline”, “È un’esperienza borderline” detto di chi è al limite tra due condizioni, una delle quali in genere non regolare. Usiamo la nostra lingua e diciamo è al limite, non dobbiamo aver paura di sembrare troppo italiani.

Le modelle mangiano davvero tutto?

Nelle loro interviste le indossatrici ci dicono che mangiano tutto, amano la pasta, il pane e non si fanno mancare neppure i dolci. Ci fanno sentire in colpa perché anche noi mangiamo pane, pasta e dolci ma a differenza loro che sono silfidi noi lievitiamo come un ciambellone. A quanto pare, però, quando le modelle dicono che mangiano tutto e restano così magre mentono. Oppure a differenza nostra mangiano la pasta sì, ma due spaghetti di numero, due grammi di pane nero e cinque briciole contate di un dolce. A questo punto, in effetti, possono dichiarare di mangiare tutto.

Alla ricerca del “fatto in Italia” perduto

Ti sei mai imposto di acquistare soltanto prodotti italiani per contribuire alla ripresa del nostro sgangherato Paese? Io ho avuto davvero grandi difficoltà ad acquistare qualcosa perché quasi tutti gli oggetti che ho visto, dagli articoli per la cucina all’abbigliamento, dalle ceramiche agli accessori per animali sono tutti fatti in Cina. Ho scoperto che anche una nota marca di pesce in scatola confeziona e produce gli sgombri in Cina.

Purtroppo con la globalizzazione il nostro Paese non è più competitivo in quanto in nazioni come la Thailandia, l’India, la Cina, l’Egitto, il Vietnam e la Cambogia la manodopera costa pochissimo. Ci sono tanti marchi noti italiani che ormai producono tutto o quasi in questi Paesi e che poi rivendono i loro articoli a prezzi da capogiro come se fossero stati realizzati in Italia. Del resto note griffe di moda non potrebbero mai far scendere il prezzo delle loro creazioni soltanto perché realizzate a bassissimo costo. In quel modo distruggerebbero l’immagine del proprio marchio.

Il made in Italy, poi, è caro in quanto dovrebbe essere sinonimo di alta qualità, ma ormai trovo anche in tanti prodotti che ancora oggi vengono realizzati una certa sciatteria. Questi Paesi a basso costo provano a copiare i nostri prodotti ma per ora non ci sono riusciti. Se i nostri prodotti dovessero scendere di qualità, come purtroppo in molti casi è già avvenuto, assisteremmo al nostro tracollo definitivo.

Le prossime pagine ti sono offerte da Giuseppe Carlettino del Gruppo immobiliare specializzato in nuda proprietà, sempre più nuda, “Nessuno è immortale”, società che vanta appartamenti occupati da ultraottuagenari in precario stato di salute.

Ti ricordo che il nostro è l’unico gruppo immobiliare che fornisce le cartelle cliniche dei proprietari degli appartamenti per darti modo di vedere con i tuoi occhi le gravi condizioni di salute in cui versano. Ora ti propongo un appartamento di 6 metri quadrati con pareti color verde muffa da un millimetro in modo da non togliere spazio. Per evitare dispersioni di calore e inutili sprechi l’appartamento non ha finestre ma soltanto una fessura di 4 centimetri dotata di filo interdentale stendibiancheria e balconcino per le bambole delle vostre bambine.

La cucina è abitabile: è sufficiente mangiare in piedi. Il bagno è in granito nero con sanitari di design. Si trova su una fotografia appesa alla parete dell’ingresso. La camera da letto matrimoniale di 2 metri quadrati è dotata di letto in verticale. L’appartamento in nuda proprietà è abitato da un signore di 93 anni, Augusto, e dalla sua gallina afona, Clotilde, entrambi in precarie condizioni di salute. E allora che cosa aspetti? Corri nelle nostre agenzie prima che sia troppo tardi. Fai l’affare della tua vita!

Il grande business della sperimentazione sugli animali

Molto dibattuta e controversa è quella parte di ricerca scientifica che viene fatta sacrificando milioni di animali. È stato calcolato che sono oltre dodici milioni gli animali che ogni anno vengono sacrificati nei laboratori europei. In Italia sono novecentomila. Una cifra enorme da cui non emergono grandi risultati per la scienza. Anzi. Una strada lastricata di vittime nonostante il 92% dei farmaci che ha dato un qualche risultato sugli animali si è dimostrato non essere efficace sull’uomo.

E sono sempre di più nel mondo scientifico coloro che non credono che la sperimentazione in vivo sia una necessità. La sperimentazione sugli animali, purtroppo, è un grande business che ha il suo punto di forza sull’importanza che la salute riveste per noi tutti ma è opinione diffusa nella comunità scientifica in tutto il mondo che una sua eccessiva e diffusa pratica si riveli dannosa per la stessa salute dell’uomo in quanto inaffidabile.

Scienziati extra europei accusano l’Europa di fare un uso eccessivo di sperimentazione animale e di essere nelle retrovie del progresso scientifico per quanto riguarda biomedica e tossicologia. Scriveva il filosofo e zoologo russo Pëtr Kropotkin: “La scienza non fa veri progressi se non quando una verità nuova trova un ambiente pronto ad accoglierla”.

Sommersi dall’immondizia

L’ultimo secolo della nostra esistenza si è lasciato dietro di sé più immondizia di quanta ne era stata prodotta in diversi milioni di anni. Parola del famoso scrittore e filosofo statunitense Ronald Wright. Il fatto è che il grande problema del mondo non è rappresentato tanto dalle malattie o dalla fame, ma dai rifiuti che inquinano terra, acqua e aria.

Preso atto a livello universale di questa realtà si è cercato di dare delle norme alla produzione e al trattamento dei rifiuti nel tentativo di ridurre i danni. Così i Paesi dell’Unione europea sono sottoposti a severe normative per ridurre le drammatiche conseguenze ambientali causate dall’immondizia e, per chi sgarra, sono previste severe sanzioni come ben sappiamo noi italiani chiamati a pagare una forte penale perché, indisciplinati come siamo, non riusciamo a stare dietro alle direttive europee il cui obiettivo, quello del recupero del 50% dei rifiuti domestici entro il 2020 è stato già raggiunto da Austria, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Svizzera.

L’Italia è ancora lontana e, per raggiungere l’obiettivo previsto ha disposto nuove severe misure. Il fatto è che al problema cronico, irrisolto delle discariche si deve aggiungere l’indisciplina di tanta gente che pensa di essere più furba degli altri nel non dividere in modo corretto i rifiuti. Pesano molto, inoltre, le forti disparità che si registrano tra Nord e Sud dell’Italia: hanno raggiunto l’obiettivo europeo: Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna.

Roma, capitale d’Italia, in fatto di rifiuti fa una pessima figura. Nelle tante realtà territoriali gli amministratori pubblici fanno quello che possono nel tentativo di disciplinare il getto dei rifiuti e cercano soluzioni usando la fantasia per mettere alle corde i cittadini più riottosi a seguire le regole.

Ci mancava il nastro adesivo per spianare le rughe...

Nei laboratori scientifici di tutto il mondo migliaia di scienziati studiano i sistemi per sconfiggere le più terribili malattie, quelle che affliggono molta parte dell’umanità. In uno di questi, dopo molti anni di ricerca svolta da un gruppo di scienziati e docenti di Boston è stata fatta la scoperta del secolo, quella che spiana le rughe e riduce le borse sotto gli occhi: il nastro adesivo cosmetico che agisce stirando la pelle e rassodando l’area sub oculare. Una volta tolto l’effetto levigante sparisce e tornano le rughe. Il nastro adesivo, dunque, per tirare la pelle. Ricordatelo quando nei mesi a venire incontrerai personaggi con gli occhi a mandorla: non è detto che siano orientali, è più facile che siano portatori di nastro adesivo.

Speriamo soltanto che questo scotch non sia biadesivo altrimenti in caso di saluto con una delle persone che usano questo rimedio estetico potremmo rischiare di rimanere incollati. Chissà se questo nastro potrà essere usato anche per sollevare le masse flaccide di braccia e cosce. O per chi ha il doppio mento modello tacchino oppure per coloro che hanno i glutei scesi alle caviglie. Completamente avvolti dal nastro adesivo come le mummie. Tanto sotto i vestiti lo scotch non si vedrebbe. Il problema arriva quando il nastro adesivo viene tolto.

E soprattutto in un incontro amoroso l’episodio potrebbe provocare uno choc dal quale la persona con cui si interagisce difficilmente potrà riprendersi. Tutto torna come prima. La carne cadente e flaccida che aveva osato sfidare la forza di gravità torna a precipitare come una valanga. Un po’ come accade a una parete in precario stato di equilibrio quando vengono tolte le impalcature che la sorreggono. E tutti noi che fino a oggi abbiamo sempre pensato che il nastro adesivo servisse soltanto per incollare oggetti fra loro. Come siamo antichi.

Siamo la società dei narcisisti

Siamo all’autarchia digitale. Facciamo tutto da soli. Le fotografie, per esempio. Non abbiamo più bisogno di altri che ci fotografino, facciamo da noi, assumiamo tutte le pose che vogliamo e poi via eccole lì nella nostra bacheca di Twitter o di Facebook. E che cosa dire poi della smania di voler essere sempre dappertutto. Attraverso i tweet i telespettatori partecipano con i propri pareri alle trasmissioni televisive manifestando il proprio pensiero, se ce l’hanno, o la propria critica. Comunque, la propria presenza, l’esserci.

La logorrea autoreferenziale tocca il massimo nei social network dove è sufficiente scrivere qualche cosa e subito arriva una valanga di commenti in cui ognuno scrive e parla della propria idea spesso, però, senza aver letto le idee degli altri. È la società fai da te. O meglio, per dirla come gli psicologi statunitensi che hanno studiato il fenomeno, è la società dei narcisisti, perlopiù giovani, ma non soltanto. Narcisisti fai da te sempre più non curanti degli altri, incapaci di interagire emotivamente e quindi chiusi ognuno nel proprio io. Parola della rivista Psychology Today che parla del 70% dei ragazzi affetti da narcisismo, vale a dire con una visione ampliata di sé per cui tutti gli altri sono soltanto un mezzo per raggiungere i propri scopi.

Gli antichi rapporti tra giovani, da sempre vissuti come relazioni profonde e stabili ormai non esistono più. Ora sono tutti amici là dove il termine ha perduto totalmente il significato originale perché nessuno conosce veramente l’altro. Secondo gli studiosi la causa principale di tanta diffusione del narcisismo è dovuta al fatto che sin da piccoli i genitori li riempiono di lodi fino a farli sentire speciali, dotati di qualità superiori agli altri. Così, quando i bambini adulati si gettano nella mischia con i loro coetanei vivono in un’ottica di competizione esasperata. I compagni non sono tali, ma avversari da battere. E, come scriveva Francis Scott Fitzgerald “O s’impara l’educazione in casa propria o il mondo la

insegna con la frusta e ci si può far male”.

Gli ogm della discordia

Uno dei personaggi italiani più noti a livello internazionale del mondo della scienza, Franco Scaramuzzi, presidente dell’Accademia dei Georgofili è intervenuto sulla stampa con una sua dichiarazione a proposito degli ogm, gli organismi geneticamente modificati che sempre di più entrano nelle produzioni agricole mondiali, Europa inclusa. In Italia, intorno agli ogm, è da sempre in atto un feroce conflitto con molti gruppi ambientalisti, proprio come accade per il nucleare. Ma se il mondo può fare a meno di molte cose non c’è alcun dubbio che non possa vivere senza energia e senza cibo e il Paese che non è in grado di produrre cibo ed energia deve comunque farne provviste ricorrendo a chi ha queste produzioni.

Secondo stime della Fao, organismo internazionale di sicuro sopra le parti, entro una trentina di anni l’attuale produzione mondiale di alimenti dovrà raddoppiare. Tutti i Paesi sono chiamati a impegnarsi a non ridurre le proprie superfici agrarie, a incrementare le produzioni, a realizzare scorte di prodotti alimentari primari. In questa prospettiva molti Paesi, i più lungimiranti, dedicano alla ricerca scientifica copiosi investimenti. L’Italia, tanto per cambiare, va controcorrente impedendo la coltivazione degli organismi geneticamente modificati e vietandone anche la prosecuzione delle ricerche pur sapendo che la scienza, ovunque nel mondo, continua a progredire per creare nuovi organismi capaci di adattarsi ad ambienti difficili e capaci anche di resistere ad avversità sanitarie.

La conseguenza più diretta della posizione italiana è il continuo richiamo della Commissione Europea che bolla come inconsistenti le nostre prese di posizione. Secondo il professor Scaramuzzi il nostro Paese sta subendo gravi danni dai veti che ha imposto alla ricerca scientifica italiana. Il fatto è che da noi, come da consuetudine, si mescolano presunti rischi biologici a motivazioni politicoideologiche. Il risultato è che abbiamo vietato lo studio e l’uso di una tecnologia genetica che ha il merito, riconosciuto in tutto il mondo di aver ripercorso

preziosi meccanismi naturali dell’evoluzione. Dopo quindici anni dal loro uso si sono registrati soltanto vantaggi.

E poi, che senso ha proibire l’uso degli ogm sulle nostre produzioni e poi importare alimenti che, invece, ne sono il risultato? In tutto il mondo si continuano a produrre nuovi ogm e il valore delle nuove conoscenze è sottoposto di continuo al giudizio di scienziati competenti. “Ognuno all’arte sua il lupo alle pecore” dice un vecchio proverbio. E allora lasciamo che siano loro, con la loro scienza a creare il cibo di domani. Senza tralasciare il fatto che, comunque, a tutti noi resta il compito di vigilare perché, come dice un altro proverbio “Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”.

L’università in crisi

L’università è sempre più in crisi. A 15 anni dalla riforma che ha visto l’istituzione dei corsi 3+2 con la laurea breve è stato stilato il primo rapporto biennale sullo stato del sistema dell’università e della ricerca. Un rapporto duro, amaro, che registra un fallimento della riforma universitaria che non è stata capace di recuperare il distacco coi partner europei. Anche se il numero dei giovani laureati è aumentato restiamo sempre sotto la media europea con lo stesso scarto di vent’anni fa. Toccano il 40% i giovani iscritti alla laurea di primo livello che non arrivano a terminare il loro percorso di studi. Il dato è meno drammatico nel caso dei corsi a ciclo unico come ingegneria o medicina dove la scelta appare più motivata e consapevole delle difficoltà.

Ma non soltanto sono numerosi i ritiri, anche il conseguimento del titolo nei corsi triennali è difficoltoso arrivando a durare una media di cinque anni al posto dei tre fissati e su cento immatricolati soltanto poco più della metà consegue il titolo contro una media europea del 70%. Il dato, già di per sé negativo, lo diventa ancora di più proseguendo l’analisi sui giovani che rinunciano a prendere il titolo di studio perché si scopre che non soltanto arrivano a 35 anni senza più studiare, ma che non fanno niente: non lavorano e non seguono un programma di formazione professionale. In questa situazione ci sono ben 4 milioni di giovani che vivono sulle spalle della loro famiglia. E non va bene neanche a coloro che, al contrario, studiano con lena e dimostrano di valere.

Il Paese dei furbetti

L’Italia, è noto, è un Paese dove si tende a fare i furbi, a contravvenire alle regole, a piegarle per soddisfare le proprie necessità. Ma questa caratteristica di un popolo che, per necessità, era costretto all’arte di arrangiarsi, si trova ora di fronte a chi, facendo tesoro di questa nostra caratteristica, esagera, invade gli spazi pubblici, danneggia gli altri commercianti. È quanto accade in molte città e paesi italiani, specie là dove i cordoni del rigore sono un po’ più lenti, un po’ per spirito umanitario, un po’ per apatia, dove i marciapiedi vengono invasi da cassette di frutta e di ortaggi.

Il fenomeno, all’inizio molto limitato, si sta via via ampliando arrivando a costituire un vero ostacolo ai pedoni. Invano i vigili urbani, sollecitati spesso dai commercianti in regola a eliminare l’occupazione abusiva dei marciapiedi, provvedono a multare e a far chiudere le attività dei venditori invasivi per qualche giorno. Venditori che infestano l’intera area come fa la gramigna. ato il periodo di punizione ecco ricomparire sui marciapiedi le cassette di frutta e verdura. I venditori occupanti del suolo pubblico sono in continuo aumento, fanno parte di una catena di rivendita e sono perlopiù extracomunitari.

In aiuto dei vigili esasperati e dei commercianti in regola imbestialiti è arrivata una sentenza della terza sezione penale della Cassazione che fa diventare reato penale l’esposizione degli ortaggi in cassetta sul marciapiede davanti al negozio. La norma fa riferimento all’ordine alimentare, alla necessità, cioè, che gli alimenti abbiano le garanzie igieniche che, se esposti agli agenti inquinanti dell’aria, a partire dai gas di scarico dei veicoli in transito, non possono avere. Responsabilità penale per il fruttivendolo, dunque, e non più soltanto l’occupazione abusiva di suolo pubblico. C’è voluta una sentenza della Cassazione per sancirlo. Ora non ci resta che attendere e vedere i risultati. Scriveva il Sommo Poeta nel suo Purgatorio: “Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?” E da allora ben poco è cambiato.

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Ti propongo un appartamento esclusivo di 20 mq al 36° piano senza ascensore ma con comode liane rivestite in seta pregiata per salire e scendere. È abitato da una coppia di 98 anni, i signori Tarzan e Jane, e dalla loro scimmia Similaun agli arresti domiciliari per furto di 3 banane. Non farti ingannare dal loro aspetto giovanile. I coniugi si sono sottoposti a 23 interventi di chirurgia plastica a testa ma sono nati nel 1912. Le fotocopie delle loro carte d’identità e la cartella clinica con i referti medici che attestano le loro precarie condizioni di salute ti saranno consegnati con la planimetria dell’appartamento che è stato completamente ristrutturato nel 1660. Meravigliose le piante secolari nate in modo spontaneo sul balcone abitabile di 1 metro quadrato.

La birra tedesca nel patrimonio immateriale dell’umanità

È incredibile, davvero una notizia che non ci saremmo mai aspettati: anche la Germania ha un settore produttivo in crisi e non si tratta di arachidi, ma della leggendaria birra. È proprio vero che il mondo è cambiato. È accaduto l’imponderabile: la birra prodotta da altri Paesi fa concorrenza a quella tedesca, la scalza dal trono.È accaduto che la Germania, pur rimanendo il maggiore esportatore nel mondo, non ha saputo far valere il proprio prodotto che viene così venduto a prezzi molto più bassi di molti concorrenti che la superano non per qualità o per la quantità del venduto, ma per ricavi.

Ed è così che nella classifica delle multinazionali interessate alla produzione della birra in testa a tutti per il ricavato c’è una società belga-brasiliana, segue una anglo-sudafricana e, quindi, Olanda, Danimarca e due birre giapponesi. In questa classifica non figura la Germania. C’è di che consolarci: anche l’Italia deve difendere il proprio vino e il proprio olio dagli attacchi di concorrenze che vengono da molto lontano. Ma che anche la Germania dovesse affrontare il problema di un ricollocamento nelle vendite del prodotto che nell’immaginario collettivo più la rappresenta non ce lo saremmo mai aspettato.

Ma così è e siccome i tedeschi, come è noto, non amano essere superati ecco pronto un piano strategico per rilanciare la propria birra e darle il valore commerciale che merita: la Germania ha avanzato ufficiale richiesta all’Unesco di inserire il proprio metodo tradizionale di produzione della birra nel patrimonio immateriale dell’umanità. Il fatto è che la birra tedesca viene ancora prodotta secondo i dettami rigorosissimi di 500 anni fa quando il duca Guglielmo IV di Baviera promulgò l’editto di purezza. Ed è da quel lontano periodo che i soli ingredienti ammessi nella produzione della birra tedesca sono il luppolo, il malto d’orzo, il lievito e l’acqua. Ma il mondo va avanti, le abitudini si modificano e così se gli italiani bevono sempre più birra i tedeschi bevono sempre più vino.

Il riconoscimento dell’Unesco può valorizzare ulteriormente la birra prodotta in Germania e darle modo di fronteggiare sul piano della qualità la nuova, invasiva concorrenza internazionale. Tutto sta a vedere se l’Unesco accetterà di certificare l’editto di purezza della birra risalente al 1516. Certo, sembra un po’ azzardato: una birra assurta a patrimonio dell’umanità. Ma ormai tutto è possibile.

Siamo un popolo di impasticcati

Non sarà la tecnologia a far are alla storia quest’ultimo decennio, ma il boom di pillole. Ce ne sono di tutti i colori e per tutte le necessità. Siamo un popolo di impasticcati. E non mi riferisco soltanto a quella blu Puffo resa famosa non per il suo colore ma per le prestazioni che offre a coloro che non hanno problemi cardiaci. Ma a tutte quelle decine di pillole che fanno parte ormai del nostro rituale quotidiano. Anche qui faccio un distinguo: non parlo delle pastiglie prese per motivi di salute come quelle per il colesterolo o per la pressione alta, ma a quell’ampio ventaglio di prodotti che ogni giorno arrivano a noi attraverso la pubblicità e che, a ogni uscita, fanno sperare di essere di fronte alla pillola miracolosa, quella capace di risolvere tutti i nostri problemi e magari di donarci pure l’agognata, per molti, immortalità. In attesa, ci accontentiamo di migliorare le nostre prestazioni attraverso le pilloline. Pensiamo per esempio alla miriade di integratori alimentari.

Ormai sembra che senza di loro il nostro organismo non ce la possa fare ad andare avanti. È vero che ciò che mangiamo è sempre più anemico e sempre meno ricco di vitamine e minerali, spesso in ciò che ingeriamo ci sono rimaste soltanto le fibre, ma altrettanto vero è che si fa un abuso di integratori. Ma torniamo ai farmaci. La crisi fa decollare anche il consumo di psicofarmaci. In otto anni gli antidepressivi sono aumentati del 310%. Ci hanno talmente stressati e resi ansiosi che milioni di nostri connazionali assumono sonniferi, ansiolitici o antidepressivi con la stessa frequenza con cui usano il telefonino.

È boom di antidepressivi e di psicostimolanti sempre più sentiti come necessari per una vita che va sempre di più al massimo. Queste nostre angosce scaturite dal vivere una situazione di instabilità totale e di incertezza hanno però fatto bene a una categoria professionale, quella degli psicologi che in Italia, come ho scritto nelle pagine precedenti ma lo ripeto per essere sicuro che non lo dimentichi, sono ben un terzo di tutta Europa (70 mila su 210 mila). Per carità, non penso proprio che questi 70 mila professionisti lavorino tutti come psicologi

o almeno me lo auguro per l’Italia.

Secondo l’Istat nel 1998 nel nostro Paese gli psicologi iscritti all’Ordine erano 27 mila su 56 milioni di abitanti: in pratica c’era uno psicologo ogni 2.074 abitanti. Nel 2007, però, gli psicologi sono saliti a 55 mila su 59 milioni di abitanti. C’era dunque uno psicologo ogni 1.072 abitanti. Attualmente Roma ha un rapporto di uno psicologo ogni 371 abitanti e uno psicoterapeuta ogni 625. In effetti in un Paese schizofrenico come l’Italia che non si sforza più neppure di sembrare normale c’è tanto bisogno di psicologi e pure di psichiatri. Ma di quelli bravi però.

Il mercato dei farmaci non conosce crisi. Anzi, più c’è crisi e più cresce. Invano l’Agenzia del farmaco lancia allarmi affinché non ci si lasci convincere da quella biscia che è Internet ad acquistare qualunque cosa venga pubblicizzata. Il fatto è che non si acquistano soltanto le medicine per curare i malati, ma anche per chi è sano, come la famosa pillola blu, appunto, che ha aperto all’acquisto di pastiglie per superprestazioni fisiche e mentali. Ed è così che ogni età, ogni settore di attività ha le sue pillole: gli amanti dello sport, per esempio, fanno il pieno di integratori e di ormoni. Per gli amanti dello sballo ci sono gli antidolorifici e gli antinfiammatori. La pillola magica non è ancora stata inventata e tutti i farmaci che vengono assunti hanno rischi collaterali e così, sempre più spesso, invece di miracoli del benessere si assiste a gente che collassa.

Complice di tutto ciò è di certo la vita moderna che spinge a dare di più e ad avere di più andando anche oltre le proprie possibilità. È lontano il tempo in cui gli studenti alla vigilia dell’esame di maturità si bevevano litri di caffè nell’illusione di poter stare svegli e migliorare le prestazioni intellettive. Oggi, coi farmaci-rimedio, si cerca un doping indotto che esalti le funzioni del corpo e del pensiero. Se ci pensi è una nuova forma di sfruttamento che ognuno fa su se stesso per avere prestazioni sempre maggiori, sempre migliori. Fino ad arrivare a una meta sconosciuta e che, forse, non esiste neppure.

Quella voglia di apparire

Si parla tanto di privacy ma il successo dei social network come Facebook e Twitter dimostra che in realtà ben pochi di noi vogliono tenere privata la propria vita. E non sto parlando soltanto di noi personaggi pubblici che per motivi professionali dobbiamo, a volte, anche assecondare certe morbosità dei media, ma ormai chiunque, di qualunque età e stato sociale non appena fa qualcosa viene preso dalla smania di rendere partecipi tutti di ciò che ha fatto. Dimenticandosi però che in questo modo, attraverso le varie applicazioni, chiunque viene a conoscenza dei nostri interessi, personali, professionali, commerciali e sessuali. Ma tanti di noi sono disposti a sacrificare la propria privacy in nome della visibilità, per far sapere a tutti di aver fatto un viaggio ai tropici o di aver acquistato un’auto sportiva (dimenticandosi magari di essere un evasore totale e quindi un falso povero), per mostrare la nuova fiamma che si frequenta dimenticandosi che la donna o l’uomo è già sposato e quindi anche il o la consorte potrebbe venire a conoscenza del tradimento.

Esserci, apparire a tutti i costi sembra essere diventata la priorità, perché nell’attuale società bombardata da messaggi comunicativi chi non è visibile non esiste. E la stragrande maggioranza degli individui vuole poter lasciare una traccia del proprio aggio terreno, vuole uscire dall’anonimato, vuole ostentare le proprie conquiste sociali o economiche anche in un periodo come questo dove si parla tanto di sobrietà. Dalle milioni di immagini pubblicate su Facebook sembra che la prima cosa a cui pensano milioni di persone è farsi immortalare in una foto per poi poterla pubblicare e mostrare a tutti: “In questa foto sono venuto benissimo. La pubblico subito sul mio profilo Facebook”. E si resta in attesa dei commenti degli amici o pseudo tali sperando che esprimano parere positivo cliccato sul fatidico “Mi piace”.

Ma attenzione: gran parte delle foto pubblicate su Facebook vengono ritoccate prima di essere pubblicate, proprio come i periodici gossip e familiari ritoccano le immagini dei personaggi noti. Anche su Facebook in tanti casi vengono tolti i

chili di troppo, viene corretta la stempiatura, vengono cancellate eventuali smagliature o la cellulite. Insomma, esserci sì,ma nel modo migliore possibile. Ritocchi che in molti casi rendono irriconoscibili le persone. Ma forse è proprio questo il modo per tutelare la propria privacy.

Attenti ai logorroici

Mi soffermo spesso sul potere e sull’uso terapeutico che ha la parola, ma mai avrei pensato che la parola, l’essere loquaci, verbosi e logorroici potesse sventare addirittura una rapina. Forse perché la gente non è più abituata ad ascoltare, o forse perché si parla sempre meno in quanto ormai troppi nostri simili preferiscono usare la violenza fisica. A parte questo, non credo che c’entri molto la capacità oratoria e persuasiva del titolare di una libreria di Torino che è riuscito a far desistere un ladro dal portare a termine la propria rapina.

Il commerciante si è trovato di fronte un uomo con un cappuccio in testa, armato di coltello e pistola giocattolo che gli ha intimato di consegnargli il denaro presente nella cassa. Il titolare della libreria ha cominciato a parlare all'uomo fino a quando il ladro mancato ha chiesto di chiamargli un’ambulanza in quanto si sentiva male. Insomma, le parole possono anche stordire? In effetti i logorroici possono provocare anche emicranie. Nel caso della libreria di Torino, però, credo che ormai tutti si improvvisino qualunque cosa, anche ladri, perché sopraffatti da mutui, bollette, rate del condominio o soltanto per cercare di mantenere un tenore di vita troppo elevato rispetto allo stipendio.

Dovremmo accontentarci tutti di ciò che abbiamo senza lasciarci influenzare dal consumismo sfrenato che ci impone di avere di continuo nuove auto, nuovi cellulari, nuovi computer e via col nuovo. Un rapinatore professionista non si sarebbe mai messo a parlare. C’è quindi chi si improvvisa anche ladro ma senza averne la stoffa né il cinismo. Le persone oneste non possono rubare neppure un pacchetto di caramelle al supermercato perché vengono sempre scoperte. O si sentono male!

Sono arrivati gli spot che parlano ai cani

Il marketing e la pubblicità ci amano. Siamo i loro migliori amici. Sono loro a dettarci che cosa dobbiamo acquistare e che cosa è meglio lasciare negli scaffali dei supermercati e dei negozi. In base a ciò che compriamo definiamo il nostro status.

Nei nostri bagni non possiamo non avere la carta igienica profumata, colorata o alla crema idratante. La crema idratante evita il rossore effetto “lato b”del babbuino. Il marketing ha pensato anche a coloro che hanno l’intestino agitato e ha donato loro la carta igienica alla camomilla. L’unica controindicazione è quella che ci si può addormentare sul wc.

La candeggina deve essere soltanto all’aria di montagna o ai fiori di campo, e l’ammorbidente al profumo di ossigeno. Già, anche l’ossigeno ha un profumo e grazie al marketing lo abbiamo scoperto. Quando siamo raffreddati possiamo usare soltanto i fazzoletti di carta all’aromaterapia, profumati con delicate essenze di sintesi oppure i fazzoletti tonificanti, rilassanti (forse imbevuti di cloroformio?) e quelli energizzanti. Per lavare i pavimenti c’è poi la linea home therapy per un’atmosfera rilassante o energizzante a seconda del nostro stato d’animo. Una terapia fatta in casa mentre puliamo il pavimento. Al supermercato ho visto sniffare questi flaconi da casalinghe sull’orlo di una crisi di nervi.

Ma il marketing cerca sempre nuovi clienti. Non gli bastavano gli esseri umani, da tempo cerca di catturare l’attenzione di tutti gli esseri viventi. Un’azienda tedesca produttrice di cibi per animali ha realizzato una pubblicità televisiva con suoni capaci di arrivare soltanto alle orecchie dei cani. Spot che parlano non soltanto il linguaggio dei cani ma anche quello dell'uomo. Suoni ad hoc, captabili unicamente dall’udito animale, attirano l’attenzione del nostro amico a quattro zampe mentre le immagini cercano di convincere noi umani ad

acquistare il prodotto pubblicizzato.

Anche nel Regno Unito da qualche tempo sta andando in onda uno spot televisivo destinato al più fedele amico dell’uomo. Con questi spot il nostro cane quando erà davanti a un negozio di animali e vedrà il prodotto pubblicizzato in tv comincerà a fare i capricci come fanno i bambini quando vogliono una cosa a tutti i costi? È proprio vero che la crisi aguzza l’ingegno. A quando gli spot in tv diretti alle piante carnivore e ai pesci rossi?

L’importanza della voce

Quante volte ascoltando un programma radiofonico o parlando al telefono con una persona che non conosci e della quale non hai mai visto una foto ti sei fatto un’idea soltanto dalla voce. Una voce calda e sensuale porta la fantasia a volare alto. E, poi, magari, sei rimasti deluso quando in tv, su Facebook o su un giornale hai visto una sua fotografia e quindi hai dato un volto alla voce di colui o colei che da anni ti accompagna in auto con il suo programma radiofonico, ti parla quando sei a casa o in ufficio.

In moti casi quindi si può restare delusi perché la voce calda e sensuale che avevi immaginato appartenere a un uomo sui 40 anni, moro con occhi verdi, alto 185x70 chili esce invece dalle corde vocali di un uomo di 70 anni, calvo, con addome globoso e alto, si fa per dire, 1.60 per 90 chili. Insomma, uno scorfano radiofonico. Oppure una donna che nel tuo immaginario pensavi fosse alta e snella, bionda e con occhi azzurri ha in realtà il naso aquilino, occhiali dalle lenti spesse perché miope e si fa prima a saltarla che a girarle intorno.

La voce, il registro linguistico che si utilizza e l’assenza o meno di cadenza dialettale parlano di noi e della nostra storia. In una società come quella attuale in cui prevale l’immagine, l’apparire all’essere sempre più persone si basano sul “Dimmi come parli e ti dirò chi sei”. Non a caso pullulano i corsi e le scuole di dizione e impostazione della voce, per acquisire padronanza del linguaggio verbale. Ormai anche per lavorare in un call center è fondamentale avere una corretta dizione e una buona timbrica vocale. Il cliente che telefona non dovrebbe riconoscere da quale regione italiana risponde l’operatore che ha chiamato.

Le corde vocali, dunque, costituiscono uno strumento per emettere suoni: è tanto piccolo quanto capace di esprimere pensieri ed emozioni all’infinito. Nessun

altro strumento è altrettanto in grado di comunicare. La voce può sedurre o allontanare, convincere, illudere, ingannare. Attraverso la voce si può stabilire lo status socio-economico, chi comanda e chi esegue. Si comunicano simpatie e antipatie, odio e amore. La paralinguistica è un campo di ricerca che si dedica allo studio di tutti quegli elementi che possono modificare il significato dei messaggi verbali come il ritmo, gli accenti, l’intonazione, pause e silenzi.

Non a caso le voci gracchianti, stridule, cigolanti e nasali ci fanno cambiare subito canale o, se non stiamo ascoltando la radio o guardando la tv, ma provengono da un nostro interlocutore, non vediamo l’ora che smetta di parlare. L’attenzione che prestiamo equivale a zero. Persone dalle voci stridule rischiano anche una denuncia per inquinamento acustico. Nell’approccio verbale il tono contiene informazioni sullo stato emozionale di chi parla che risulta essere tanto evidente da riuscire a comprenderlo anche se si tratta di una lingua straniera a noi sconosciuta. Del forte impatto comunicativo della voce sono ben consapevoli i politici che la sanno modulare per tranquillizzare, per convincere e, anche, per mentire. A una bella voce si perdona quasi tutto.

Le pagine che hai appena letto ti sono state offerte catena di hard discount dai prezzi più bassi d’Italia “Mangia e zitto”. In tempo di crisi economica non è il caso di fare troppo i sofisticati. La filosofia della nostra catena di hard discount è farti riempire lo stomaco spendendo pochissimo. Ti proponiamo le nostre incredibili offerte di questo mese:

sei uova di galline cinesi con solo albume allevate nelle migliori discariche italiane a 20 centesimi.

Barattoli di fagioli “Petò” da 500 grammi scaduti nel 1927 a soli 5 centesimi.

Fagiolini transgenici congelati in Antartide a 30 centesimi al chilo.

Tacchino italiano, parlante anche russo, arabo e inglese a un euro al chilo.

Tonno pinna gialla, maschera azzurra, occhialini rossi e fucile rosa a 80 centesimi a scatoletta.

Vitellone molto adulto, per non dire maturo, al quale però sono stati praticati 6 interventi di chirurgia plastica a 50 centesimi al chilo.

Fettine sceltissime (ma non sappiamo chi le abbia scelte) di bovino del Perù, allevato in Iran, portato in vacanza in Marocco, Francia, Germania, Maldive e Mauritius, macellato in Russia e confezionato in Cina a 50 centesimi al chilo.

Gelato al gusto di crema e cioccolato ma senza la crema e senza il cioccolato a soli 50 centesimi al chilo.

Vino bianco, quasi trasparente, prodotto da uva riciclata a soli 15 centesimi al litro.

Macinato di animali vari della terza, quasi quarta età a 1 euro al chilo.

Patate al sapore di arrosto che ti faranno risparmiare sull’acquisto della carne a soli 20 centesimi al chilo.

Pietra su cui è stata cotta la pizza a 30 centesimi l’una. Chi vorrà anche la pizza dovrà aggiungere 5 euro.

Schiuma da barba marca “Tagliati tutto” a soli 60 centesimi.

Confezione condominio di 1 quintale di carne macinata scelta di bovini

centenari vari morti d’infarto a 3 euro e 99 centesimi.

Polli arrosto nati con una sola zampa a 1 euro l’uno.

Carta igienica “Stitik” imbevuta di lassativo a 10 centesimi al rotolo.

Hamburger di tacchino abbandonato sull’autostrada a 20 centesimi l’uno.

Fettine di coscia con cellulite e smagliature di bovino molto adulto a 40 centesimo al chilo.

Latte “Trasparente” completamente scremato a 8 centesimi al litro.

Insalata lavata, tagliata e già masticata a 20 centesimi alla confezione.

Pomodori giapponesi Fukushima di forma triangolare a 2 centesimi al chilo.

Petto di pollo claustrofobico alimentato con antibiotici, eccezionale anche per prevenire l’influenza e il raffreddore stagionale, 99 centesimi.

Petto di pollo pudico, venduto con reggiseno,a 20 centesimi più 3 euro per il reggiseno.

Bistecche di maiale camuffato da tacchino, ideali per i musulmani, a 2 euro al chilo.

Mozzarella al gusto di latte a 5 centesimi l’una.

Pollo ucciso con il metodo di macellazione islamico “Halal” con tanto di burka a 1 euro l’uno più 6 euro per il burka.

Biscotti dietetici leggerissimi ricchi di aria di montagna a 25 centesimi la confezione.

Stracchino da bere a 8 centesimi al litro.

Cozze obese grandi come meloni provenienti da aree in cui i depuratori non sono mai entrati in funzione a 50 centesimi al chilo.

Pesche decongelate di cui non sappiamo la nazione di provenienza ma

hanno comunque la forma della pesca, garantite 15 anni, a 10 centesimo al chilo.

Prosciutto cinese di animale che sembra un maiale a 20 centesimi l’etto.

Tagliatelle “Nonna Rosalba”, è nonna soltanto per il marketing perché ha solo 25 anni, al gusto di patata raccolta nel dopoguerra a 5 centesimi al chilo

Noccioli di olive verdi a 1 centesimo al barattolo.

Kiwi glabri al sapore di banana a 4 centesimi al chilo.

Mini angurie grandi come noci e con un unico seme all’interno a 40 centesimi al chilo.

Escrementi di lumaca siberiana a 2 centesimi all’etto.

Vasetto all’odore di alici in olio di frittura a 2 centesimi.

Confettura “Extra extra” senza frutta in 12 sapori e colori diversi a 10

centesimi.

Yogurt “Nonna Ugo” ricco di fermenti lattici putrefatti per aiutare i sofferenti di stipsi e delle vitamine B2, B12, D2, Bari 67, Roma 45 , calcio, ferro, fosforo, sale, pepe nero, pezzi di vetro, broccoli e chiodi a 2 centesimi al vasetto.

Acqua minerale naturale “Camposanto” di colore giallo paglierino proveniente dalla sorgente che scorre sotto un cimitero di alta montagna a 1 centesimo al litro.

Vini di colore rosso, bianco, rosé, verde, a pois, giallo, marrone, blu elettrico, viola e fucsia prodotti con le bucce di uva di prima categoria a 8 centesimi a bottiglia.

Pizza margherita “Vomito” con impasto lavorato con i piedi e lievitata in un termovalorizzatore, cotta sull’asfalto dell’autostrada Roma-Napoli e ricca di mozzarella di bufala dopata a 6 centesimi l’una.

Biscotti “Granito” sempre fragranti alla polvere di marmo a 50 centesimi la confezione.

Confezione di 6 uova senza tuorlo di pollo alieno allevato su Marte a 10 centesimi.

Carta igienica “Kakì” confezione gran risparmio composta da 20 mila rotoli a 2 euro. In regalo 10 confezioni di lassativi per facilitare lo smaltimento dei 20 mila rotoli.

Pesce decongelato ma che sembra fresco con occhi di vetro fluorescenti a 30 centesimi al chilo.

Vongole “Fregene” ripiene di sabbia artificiale e al profumo di depuratore a 50 centesimi al chilo.

Latte “Bevilo te” a lunga conservazione scaduto e ribollito ricco di antibiotici per evitare l’influenza con scadenza nel 2100 a 8 centesimi al litro.

Cantuccini ai gusci di mandorle di “Bisnonna Giovanna Fregona” a 30 centesimi al pacco (e che pacco!).

Fagioli neri “Peto sicuro” grandi come susine a 5 centesimi al barattolo.

Fragole “TuttaTette” grandi come angurie e ricche di ormoni che assicurano l’aumento di 2 taglie del seno senza andare dal chirurgo plastico a 40 centesimi al chilo.

Pomodori ciliegino grandi come uno spillo e appena raccolti dopo una grandinata a 5 centesimi al chilo.

Ravioli ripieni di truciolato a 6 centesimi al chilo.

Vasetto foderato con un’alice gigante immersa in un liquido che sembra olio a 6 centesimi.

Sushi di rana di fogna a 20 centesimi a porzione.

Filetti di ratto al pepe verde a 15 centesimi.

Fettine di carne sceltissime, non chiedeteci da quali animali provengano ma vi assicuriamo che sono animali, a 45 centesimi al chilo. Certo a questa cifra non vorrete la vitella, il manzo o il maiale!

Carpaccio anemico di vitella centenaria con osteoporosi a 60 centesimi al chilo.

Mozzarelle cinesi gialle e rosse a 1 centesimo l’una.

Pesche con alopecia a 4 centesimi al chilo.

Pesche lisce come bisce dopo trattamento di depilazione definitiva a 1 euro al chilo.

Albicocche più brufolose degli adolescenti in tempesta ormonale raccontati da Federico Moccia a 3 centesimi al chilo.

Prosciutto di montagna di maiali sofferenti di vertigini a 25 centesimo all’etto.

Cozze nazionali sottocosto da quanto sono cozze a 2 centesimi al chilo.

Cefali di allevamento al sapore di branzino addestrati a entrare direttamente nel forno a 15 centesimi l’uno.

Polpette marca “C’è quello che abbiamo trovato” con trota un po’ salmonata allevata in vasca da bagno, polpa di rana stonata e scorfano liftato a 5 centesimi l’una. Le polpette possono contenere tracce di crostacei, molluschi, patate, ravanelli, cioccolato, peli pubici e sudore.

Zuppa di pesce marca “Tutta spine” a 8 centesimi.

Fragoline di bosco incendiato al sapore di fumo a 50 centesimi la confezione.

Pezzi di scoglio da 50 chili con 12 cozze attaccate a 1 euro a scoglio.

E ancora: tovaglioli monovelo “Si sfonda subito” a 10 centesimi la confezione, 600 chili di terriccio universale “Pollice nero” a 2 euro, televisore in bianco e nero per i nostalgici dei programmi di una volta a 10 euro l’uno, Tv Lcd senza schermo a 20 euro l’uno,300 chili di terriccio “Terra dei fuochi” a 1 centesimo, colapasta con un unico grande foro al centro a 2 centesimi, caricatore ecologico per cellulare con micro pale eoliche a 35 centesimi, set di coltelli senza lama a 8 centesimi,filo interdentale d’acciaio a 40 centesimi, ombrello ecostenibile ed ecocompatibile di carta riciclata a 30 centesimi, navigatore satellitare “Perditi con gioia” senza satellite e senza display a 1.99 centesimi, piante di rose infestate da ragnetti rossi molto decorativi a 1 euro a pianta, set di pentole senza manici a 1 euro, sei rotoli di carta igienica a un velo al profumo di sciacquone a 30 centesimi, candeggina al profumo di spogliatoio di palestra a 5 centesimi al litro, trapano con punte di polistirolo a 99 centesimi, martello con manico in cartone a 50 centesimi.

E allora, che cosa aspetti? Corri negli hard discount dai prezzi più bassi d’Italia “Mangia e zitto”. Spendere meno e riempirsi lo stomaco si può. E noi ne siamo la dimostrazione.

Le pagine che stai per leggere ti sono offerte da Giuseppe Carlettino del Gruppo immobiliare specializzato in nuda proprietà, sempre più nuda, “Nessuno è immortale”, società che vanta appartamenti occupati da ultraottuagenari in precario stato di salute.

Ti propongo un appartamento di 20 mq al 16° piano senza ascensore ideale per chi deve dimagrire ma non vuole fare diete. La cucina si trova su un mini vano sopraelevato al 9° piano, il soggiorno con divano letto e balcone estraibile dal muro è collocato al 12° piano e il bagno al 5° piano. Un appartamento bipartisan in quanto nell’immobile si trova sia la sede di Forza Italia sia quella del Partito democratico. Dal balcone di 1 metro quadrato potrai godere del meraviglioso paesaggio della villa con parco e 6 piscine di un evasore fiscale totale. L’appartamento, abitato da due sorelle gemelle di 86 anni le quali non si somigliano per niente ma quando le conoscerai dovrai far finta di nulla, è luminosissimo: basterà pulire i vetri delle finestre che le due signore non lavano dal 1963 per motivi di privacy, dicono loro. Le due sorelle non ci hanno comunicato di che cosa soffrano, ma ti basterà vederle per capire che stanno soffrendo, e pure tanto. Se recitassero sarebbero due attrici da premio Oscar. Non farti ingannare dalle loro gambe possenti e dai polpacci muscolosi. Sono sessant’anni che salgono e scendono i 16 piani a piedi. Il riscaldamento è autonomo a candela o ad alito di gatto che verrà ceduto assieme all’appartamento. L’immobile si trova sopra la tangenziale di Roma quindi non ti sentirai mai solo. Dato che la zona è molto abitata non c’è il posto auto ma a disposizione dei condomini ci sono pistole, lanciarazzi, mitragliatrici, granate e due cannoni per poter parcheggiare con tutta serenità.

La mattanza dei cavalli

Torno a parlare di animali che vivono in uno stato di sofferenza sull’ingrato suolo italico. Questa volta mi soffermo sui cavalli, questi splendidi, mitici animali, compagni di vita e di lavoro, di sport e anche di guerra. Che cosa sarebbe stato dell’uomo se non ci fosse stato il cavallo? Ti è mai capitato di pensarci? Non ci sarebbe stato il progresso possibile soltanto grazie agli spostamenti compiuti in groppa al nobile animale. Ma si sa, l’uomo è un irriconoscente e oggi che vive un periodo di crisi economica a essere più colpiti sono proprio loro: i protagonisti dell’avventura dell’uomo.

Accade perché a causa della scarsità di fondi chiudono gli ippodromi dal Nord al Sud della penisola. È su di loro che si abbatte più pesante l’ascia del risparmio forzoso. Viene sempre di più premuto l’acceleratore sullo sfruttamento dei cavalli, si cerca di recuperare risorse tagliando le spese di mantenimento, abbassando sempre di più l’età in cui il cavallo viene messo in pista, lo si fa correre quando è ancora puledro, con l’ossatura non del tutto pronta. A quattro anni il cavallo, diventato adulto, è già un prodotto di scarto, un costo inutile per gli operatori economici che trattano questi poveri animali proprio come fossero cose e non esseri con il cuore e il cervello. Sono circa 230 mila i cavalli che rischiano una fine prematura.

La mattanza degli animali è cominciata da un po’ di tempo. Migliaia di cavalli sono finiti al mattatoio, ma in questo caso si cela un pericolo anche per la salute degli umani perché i cavalli sportivi hanno spesso ingurgitato medicine varie che rendono le loro carni incompatibili con la macellazione e non li rendono commestibili. Si rischia che, come avviene per i cani, i cavalli possano essere abbandonati al loro destino nei verdi pascoli degli agricoltori che, di certo, non ne sarebbero contenti. Ma un provvedimento va cercato. Il futuro dei cavalli sportivi appare davvero oscuro. Quanto appare lontano il grido di Riccardo III: “Un cavallo! Un cavallo! Il mio regno per un cavallo!”.

Donazioni per la povera Italia

Date le difficoltà economiche in cui versa l’Italia pare che l’India e il Brasile manderanno nel nostro Paese aiuti di ogni tipo: abbigliamento e mobili etnici per i nostri connazionali amanti del gusto esotico che dai noi costa una fortuna, caffè, bachi da seta, bachi e basta, corni (come se già non ne avessimo abbastanza di produzione locale). Tutto questo per alleviare le sofferenze degli italiani messi a dura prova dalla crisi e dalle tasse. Insomma, dato che la realtà supera da tempo la fantasia potremmo arrivare ad assistere a una beneficenza al contrario. Adesso i Paesi una volta definiti emergenti sono emersi mentre noi stiamo affogando.

Non resta che attendere donazioni da parte di questi Paesi per aiutare a tenere in piedi il nostro sistema sanitario, quello scolastico e tutti gli altri. Attendiamo donazioni per realizzare nuove carceri, costruire scuole, ospedali, ristrutturare in modo degno e mettere a norma gli edifici esistenti, costruire nuove strade e sistemare quelle che già ci sono ridotte in molti casi a groviera. L’Italia è sempre stata generosa con tutti, ha sempre preso parte a operazioni umanitarie per aiutare le popolazioni più bisognose. Adesso vediamo se qualcuno di questi Paesi che abbiamo aiutato quando erano ancora emergenti si muoveranno a comione verso di noi.

Il Paese in cui scioperano tutti

Ormai gli scioperi sono all’ordine del giorno. Scioperano anche i calciatori. Ecco la situazione scioperi in Italia.

Domani dalle 8.37 alle 19.22 secondo gli organizzatori ma pare che durerà fino alle 19.23 secondo la questura, incroceranno i piedi i podologi appartenenti ai sindacati Unghia incarnita, Pellicina che orrore, Alluce valgo e anch’io valgo, Callo che ione, Verruca profonda, Credo che credo. I podologi rivendicano la pulizia dei piedi dei clienti prima di presentarsi nei loro studi.

Questione di crisi

Più la crisi morde e più i negozi “Compro oro” proveniente pure da denti e dentiere purché sia oro così come ho letto sull’insegna di un negozio della capitale, pullulano. Da tempo pure i maggiori inserzionisti dei giornali sono le società finanziarie per prestiti personali con speciali pensionati, speciali giovani e tra poco arriveremo agli speciali bambini visto che ogni nato ha già un debito senza aver ancora comprato neppure un biberon.

Le professioni più stressanti

Chissà se ti è mai è venuto il pensiero di quanto sia stressante fare il sacerdote, in particolar modo il confessore, quando si ascoltano i peccati del mondo, spesso sussurrati, mai urlati. A pensarci, comunque, è stato il professor Dutton, psichiatra dell’università di Oxford. Il professore ha dato alle stampe un libro sulle patologie psichiche causate dai lavori più stressanti, quelli capaci di provocare gravi alterazioni nello stato mentale. Ebbene, tra le professioni più rischiose per l’equilibrio della psiche figurano proprio i sacerdoti e non importa che siano curati di campagna o vescovi, sono comunque tutti a rischio psicologico.

Il fatto è che proprio per la caratteristica della loro missione, gli ecclesiastici hanno spesso a che fare con persone portatrici di disturbi della personalità. Il libro dello psichiatra inglese prende in esame dieci professioni facendo anche una lista della loro attitudine a far stressare chi le esercita. Al primo posto dei possibili nevrotici sono stati messi gli amministratori delegati a cui fanno seguito avvocati, magistrati e chirurghi. Ci sono poi i giornalisti e, quindi, è il turno delle forze dell’ordine. Al nono posto ci sono gli chef. Chi l’avrebbe mai detto che cucinare un’anatra all’arancia avrebbe potuto portare all’isteria.

Ultimi in classifica sono i dipendenti pubblici. Nel soffermarmi ad analizzare un po’ tutte le professioni ampio spazio viene dato dal professor Dutton agli insegnanti, ritenuti sufficientemente lontani dalle psicopatie all’infuori di quelli che hanno a che fare con i più piccoli. Va bene anche per gli infermieri i quali, evidentemente, sanno come non farsi coinvolgere a livello emotivo dai guai degli altri. La conclusione del ricercatore è che alcuni dei nostri tratti caratteriali ci spingono verso certe professioni, ma nel caso di traumi o di esperienze negative possono insorgere disturbi della personalità. Non mi risulta che sia ancora stato scritto un trattato sullo stress di chi anziché esercitare una professione stressante si trova a essere disoccupato. Forse è perché non si vuole sondare l’abisso? Altro che crisi di nervi!

Le pagine che stai per leggere ti sono offerte da Giuseppe Carlettino del Gruppo immobiliare specializzato in nuda proprietà, sempre più nuda, “Nessuno è immortale”, società che vanta appartamenti occupati da ultraottuagenari in precario stato di salute.

Ti propongo un monolocale soppalcato di 10 mq composto da ampio ingresso, 2 bagni, cucina, salone, due camere da letto, ripostiglio, cantina e garage nell’appartamento. Ogni spazio è stato sfruttato alla perfezione. L’appartamento è abitato da un pigmeo di 93 anni che fa da badante alla sua badante di 98 anni, entrambi pieni di acciacchi (quando li vedrai sei pregato di non fare loro le condoglianze in anticipo) e dal loro bassotto di 12 anni sofferente di alitosi e affetto da polmonite. L’appartamento è stato completamente ristrutturato nel 1888 e si trova al primo piano nobile in quanto sullo stesso pianerottolo vive una contessa. Il riscaldamento è autonomo ad alito di bassotto, quello sofferente di alitosi, finché riuscirà ad alitare.

Non perdere questa occasione!

L’importanza delle mani

Ti è mai capitato di pensare a quante cose facciamo con le mani? Sono tante, ma davvero tante e ogni dito, ogni ossicino ha la sua importanza. La mano è il primo strumento usato dal genere umano: serve a toccare, a prendere, a scrivere, ma è anche un modo di espressione quando aiuta la parola o la sostituisce tramite il linguaggio dei segni. Secondo il filosofo Engels la mano è sinonimo di dignità e di lavoro. Fatto a mano è sinonimo di una lavorazione di pregio, accurata mentre sporcarsi le mani sta a significare un atto di compromesso, di perdita di dignità.

La mano è stata sempre al centro dell’attenzione anche delle religioni e ha assunto più volte ruoli sacrali. Molti elementi della mano dell’uomo primitivo avevano caratteristiche presenti nell’ultimo antenato comune: lo scimpanzé, ma poi gli esseri umani, forse dopo aver scoperto l’uso degli strumenti, hanno modificato palmo e dita. Oggi, però, questa teoria viene messa in discussione. Un biologo americano, tal David Carrier, avanza una propria teoria secondo cui le mani dell’uomo si differenziano da quella degli altri primati allo scopo di potersene servire come arma, per fare più male possibile ai propri simili.

La caratteristica tutta umana che mostra un pollice più lungo, dita e palmo più corti, secondo lo studioso consentono di colpire in modo molto violento senza, però, creare fratture alle ossa. Secondo Carrier, dunque, le nostre mani non si sono evolute per toccare, per accarezzare, bensì per diventare armi. Ma se questa teoria fosse vera madre natura già qualche milione di anni fa aveva previsto che l’uomo non avrebbe mai amato i suoi simili.

Un mondo scremato

Cominciamo la terapia. Ormai il latte intero non lo acquista quasi più nessuno: orrore il latte intero pieno di grassi, un po’ come il burro. Nel frigorifero degli italiani non c’è quasi più spazio per l’ingrassante e calorico burro. Su quasi tutti gli alimenti campeggia il termine “leggero” o ”light” se ami parlare in inglese anche al supermercato mentre scegli le clementine in offerta. Ormai siamo diventati una società “grasso fobica” che però si alimenta con soia transgenica, frutta ai pesticidi, carne agli ormoni e pesce di allevamento. E anche noi stiamo diventando senza sapore come ciò di cui ci nutriamo.

Al supermercato, quindi, acquistiamo latte scremato, scrematissimo praticamente beviamo un liquido trasparente che ricorda l’acqua. Della mucca tradizionale non c’è quasi più un fichetto secco. Un latte che neppure la mucca riconosce come suo. Propongo di inserire nell’apertura del cartone o della bottiglia del latte un piccolo apparecchio acustico con il muggito. Una società della Nuova Zelanda dopo 6 anni di ricerche ha affermato di aver selezionato tramite la zootecnia e l’ingegneria genetica mucche che producono latte già scremato un po’ come si è fatto con i maiali che ormai hanno freddo perché non hanno più grasso. Abbiamo scremato anche le mucche. Come faremmo a vivere senza l’ingegneria genetica!

La bellezza della radio

La radio, questo universo sonoro, questo orologio sociale che informa in tempo reale coinvolgendo tutto il mondo è stato lo strumento che più è intervenuto per annullare le distanze, per eguagliare i ceti sociali, per avvicinare e informare. La sua opera educativa è stata enorme e anche oggi, con la presenza di tanti nuovi media e, soprattutto, con l’avvento del web, non resta indietro, si adegua e si evolve. Sin dal suo primo apparire, nel lontano 1924, è stata lo strumento per diffondere informazioni, divertire, ma anche, e soprattutto, per acculturare le masse. Tanta gente ascoltando la radio ha imparato la lingua italiana, in precedenza patrimonio di pochi acculturati, usandola al posto dei dialetti.

La radio, dunque, dimostra di non essere invecchiata, di sapersi adeguare ai tempi che, spesso, dimostra di saper precedere. Un mezzo di comunicazione a basso costo, di facile uso, adatto a raggiungere comunità remote e popolazioni lontane dai centri culturali. Gli illetterati, i poveri e i malati possono unirsi a tutti gli altri ascoltatori e formarsi opinioni, intervenire, dibattere aldilà dei titoli di studio e delle competenze culturali. Un mezzo di comunicazione forte e vitale che ben un miliardo di persone nel mondo ancora non possiedono. Superata la sfida con la tv la radio si confronta con il web e dimostra ancora una volta di essere uno strumento flessibile, capace d’integrarsi con i sistemi più avanzati. Segue, in questo suo percorso, quanto stanno facendo gli italiani che si spostano sempre più verso una cosciente multimedialità, frutto di un maggiore apprendimento delle nuove tecnologie e delle loro potenzialità. Il fiume del rinnovamento scorre sempre più veloce ma il rapporto della radio con i suoi ascoltatori non conosce soste né derive.

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Sei stanco di vedere il tuo mastino napoletano con la pelle abbondante e rugosa? Sei stufo di vedere i tuoi polli con le zampe di gallina sotto gli occhi? Non ne puoi più dei peli del tuo cane pechinese o del tuo gatto persiano in giro per tutta casa e vuoi ricorrere alla depilazione definitiva? Vuoi trasformare il tuo chihuahua in un alano senza cambiare cane? Vuoi finalmente vedere di quale colore ha gli occhi il tuo barboncino? Ti sei stancato del tuo dalmata con il mantello bianco con macchie nere o marroni e vorresti che avesse macchie fucsia, giallo limone e verde acido? Vuoi rendere le zampe del tuo bassotto come quelle di Naomi Campbell? Hai un cane non di razza ma vorresti che diventasse un pastore tedesco per sentirti più chic? Ti vergogni di portare a so il tuo cane di 12 anni con il naso bianco dalla vecchiaia? Hai un labrador di 15 anni ma vorresti ne dimostrasse 2?

E allora che cosa aspetti? I nostri chirurghi plastici saranno in grado di trasformare i tuoi animali come tu li vuoi, moderni, alla moda, senza più adipe e rughe, agili e scattanti, giovani, con zigomi pronunciati e code degne del design all’avanguardia.

L’errore di voler piacere a tutti

Non si può e non si deve piacere a tutti, è l’errore più grande che può essere commesso assieme alla generalizzazione. Io esprimo le mie opinioni ma non pretendo che tu sia d’accordo. Anzi, amo il confronto, quando è sano, propositivo e costruttivo. Quando è sterile o fazioso non mi interessa in quanto non mi aiuta a crescere, non mi arricchisce a livello intellettivo. Il populismo, più fastidioso di una gastroscopia che pullula soprattutto in occasione delle campagne elettorali, lo lascio agli amanti del genere. La diversità culturale secondo me è un valore.

Quando le idee sono diverse si può non essere d’accordo, ma vanno comunque rispettate se vengono esposte con rispetto. Se invece si utilizzano la strumentalizzazione, la faziosità, il preconcetto, l’aggressività verbale o la mera provocazione si può pure non ascoltare. Tutti possiamo sbagliare, è il bello di essere umani, l’importante è tendere al miglioramento e non avere il paraocchi, essere sempre pronti a mettere in dubbio e in discussone ciò che stiamo dicendo. Mi inquietano coloro che affermano di non avere mai dubbi. Non so te, ma io ho sempre così tanti dubbi...

L’invasione dei laureati cinesi

Continua inesorabile l’invasione cinese. Dopo aver esportato prodotti a basso costo di ogni tipo adesso esporterà pure cervelli umani. Ora la Cina produrrà frotte di laureati competitivi come quelli americani, giapponesi o tedeschi. Il governo cinese per i prossimi 5 anni ha investito 250 miliardi di dollari all’anno che entro il decennio dovrebbe portare, secondo il piano cinese, 195 milioni di studenti usciti da college e università.

Altro che le tonnellate di involtini primavera e ravioli al vapore. Ben 195 milioni di giovani cinesi saranno pronti a sbarcare sul mercato globale del lavoro e a ridurre tutti gli altri laureati del mondo a carta straccia. Un esercito pronto a farsi largo nelle società e nelle multinazionali americane ed europee. In un mercato del lavoro sempre più asfittico ci mancano le decine di milioni di laureati made in China!

Le pagine che stai per leggere ti sono offerte da Giuseppe Carlettino del Gruppo immobiliare specializzato in nuda proprietà, sempre più nuda, “Nessuno è immortale”, società che vanta appartamenti occupati da ultraottuagenari in precario stato di salute.

Ti propongo un appartamento di 10 metri quadrati con pareti in vetro, luminosissimo, 2 bagni di 1 metro quadrato ciascuno, cucina abitabile già arredata con i mobili della casa della Barbie, 3 porte di camere (ci sono soltanto le porte, non pretendevi di avere anche le stanze in 10 mt quadrati di appartamento vero?). L’immobile ha anche 4 ripostigli che possono essere visti dopo aver assunto una pastiglia di ecstasy, un chilo di funghi allucinogeni o in seguito a una sbronza colossale. La miniatura del soggiorno è esposta sulla porta d’ingresso. L’appartamento in nuda proprietà è abitato da una coppia di fatto di 84 anni, Ermenegildo e Carmela, in precarie condizioni di salute (per la privacy non potrei dirtelo ma ieri la signora Carmela è caduta e si è rotta femore e anca quindi sbrigati a venire in agenzia). In casa con loro vive anche un ex pesciolino rosso ormai bianco, anche lui in precarie condizioni di salute.

Il rapporto in evoluzione tra nonni e nipoti

Ma quale enorme trasformazione sociale stiamo vivendo con il web. Tutto cambia, anche e soprattutto, le fonti da cui attingere l’antica sapienza. Prima dell’avvento della Rete che tutto sa e tutto comunica, erano gli anziani della famiglia a consigliare e informare i giovani virgulti ansiosi di sapere le cose della vita. Trasmettevano, oltre alle informazioni, le loro esperienze, le loro emozioni.

E lo facevano tra un rimprovero e una carezza trasmettendo affetto e conoscenza. E guarda oggi, invece, quei poveri ragazzi che nulla più chiedono convinti come sono di trovare tutte le risposte ai loro dubbi, alle loro angosce, nella Rete. Così, gli anziani non possono più trasmettere la loro sapienza e i giovani impoveriscono la loro anima. Secondo una ricerca britannica il 50% dei bambini di appena 3-4 anni sa già usare la tecnologia, padroneggiano uno strumento e un alfabeto che non soltanto i nonni, ma spesso anche i genitori non sanno usare in modo adeguato, non ne conoscono tutte le potenzialità.

E il fatto grave è che se non si parla lo stesso linguaggio, non ci si comprende e i giovanissimi dialogano attraverso smartphone, tablet, Ipad e computer. Il rischio, molto concreto, è che venga ribaltato il modello educativo: non più il nonno o il padre che insegna al giovane, ma al contrario: il pargolo che insegna agli anziani. L’invito degli educatori rivolto a nonni e genitori è dunque quello di imparare l’alfabeto tecnologico se non vogliono perdere il contatto con i più giovani della famiglia. Perché la lingua tecnologica non è soltanto un idioma, ma è una nuova concezione della vita. Se non parlano la stessa lingua dei figli o nipoti gli anziani rischiano di non essere più ascoltati, di non essere credibili. L’invito rivolto agli adulti, dunque, è quello, tanto per cominciare, di acquistare le figurine dei Pokemon e poi guardare sulla Rete i bambini di tutto il mondo che aprono le bustine condividendo con gli amici virtuali gioia e delusione.

Insomma, c’è da studiare una nuova grammatica se non si vogliono perdere i contatti con il presente.

Avanti robot

La tecnologia continua la sua marcia trionfale. Ormai tutto è tecnologico e chi non si adegua a questa tendenza è fuori da tutto, anche dai piccoli gesti della quotidianità: dal parcheggio dell’auto al prelievo del denaro all’iscrizione dei figli a scuola. E sempre più numerosi sono i lavori che richiedono specificità nel settore tecnologico. Ma, come in tutte le cose, anche qui c’è il rovescio della medaglia. Se da una parte aumentano le richieste di specialisti tecnologici dall’altra diminuiscono gli occupati in tutti gli altri settori. E avanzano i robot industriali. Ma che tristezza soltanto a pensarlo!

Ma ti immagini una mensa aziendale dove a servire i pasti ci sia una robottina con tanto di cuffietta e grembiulino che con voce metallica ci chiede: “Acqua o vino? Minestra o spaghetti?”. Il guaio è che le aziende preferiscono sempre di più acquistare robot anziché assumere. E se è vero che hanno bisogno di specialisti quando vanno in avaria è anche vero che non scioperano, non vanno in maternità, in ferie né si mettono in malattia. E non pretendono neanche la pensione quando le loro giunture si sono arrugginite. Avanti robot, dunque.

Intanto è scattato l’allarme. Siamo di fronte al rischio concreto che nei prossimi anni possano sparire per sempre mestieri e occupazioni come dattilografe , segretarie o postini. Hai notato? Arriva sempre meno posta nelle nostre cassette. Nessuno più invia lettere. Arrivano soltanto bollettini e sanzioni amministrative da pagare. Tutto adesso viene fatto in modo elettronico: dalla corrispondenza con amici e parenti, agli acquisti, alle operazioni bancarie si usano i telefonini, il computer o i social network. Anche per la pulizia delle strade si prevedono robot operatori ecologici, neppure i robot vogliono essere chiamati spazzini altrimenti ci querelano.

Difficoltà di sopravvivenza, inoltre, per gli edicolanti perché saranno sempre

meno gli acquisti dei giornali e già oggi le edicole sembrano essere diventate piccoli empori, stracolme come sono di articoli vari. Insomma, c’è una grande fiducia nei robot perché è forte la convinzione che con il loro uso diffuso verranno eliminati gli errori che fanno gli umani. In molti Paesi dove la tecnologia è più diffusa come in Giappone e in Corea hanno cominciato a ridurre anche gli insegnanti oltre agli interpreti e ai traduttori. La crisi economica sta facendo premere il piede sull’acceleratore della robotica i cui fan nello sperticarsi in lodi per i lavoratori automi si dicono ottimisti per il futuro dell’uomo al quale saranno affidati soltanto incarichi creativi, ci saranno professionisti qualificatissimi e intellettuali di alto profilo. Poveri noi. E le persone di intelletto normale che cosa faranno? Saranno buttati giù dalla Rupe Tarpea come facevano gli antichi romani con i bimbi nati malformati?

I grandi effetti benefici dei cani sui bambini

Il potere degli animali domestici di donare se stessi al loro proprietario in modo totale e incondizionato era noto da sempre così come erano noti i benefici effetti che le piccole creature hanno nei confronti di tanti anziani e, anche dei piccoli dell’uomo, due classi di età molto lontane, ma vicinissime nella necessità di superare momenti angoscianti di solitudine e di abbandono. Adesso, però, grazie alle aumentate possibilità della scienza di scavare nell’animo umano si è scoperto che l’interazione con un cane può aiutare i bambini con disturbi dello spettro autistico a essere più socievoli, meno ansiosi e aggressivi. La scoperta è dovuta allo studio svolto da un gruppo di ricercatori dell’Istituto superiore di sanità che ha comparato sei pubblicazioni scientifiche sugli effetti che ha l’introduzione di un cane, adeguatamente addestrato, in una famiglia con un bambino autistico. E si è scoperto che, grazie alla nuova compagnia, il bambino diventa meno ansioso, diminuiscono gli scatti emotivi e l’aggressività.

Altri effetti positivi sono quelli interni,quelli basati sui parametri fisiologici: si è scoperto, per esempio, che diminuiscono i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, livelli che aumentano quando il cane viene allontanato dal bambino. Ulteriori risultati sono venuti da altre situazioni: alla presenza di un terapista i bambini autistici parlano di più in presenza del cane e il soggetto preferito dei loro argomenti è proprio il loro caro amico a quattro zampe. Inoltre, dimostrano minori reazioni ossessive e aggressive mentre aumentano i loro gesti affettuosi e gli atteggiamenti socievoli, sorridono più spesso. Per il momento gli studiosi sono prudenti: non si può generalizzare, occorre esaminare caso per caso. E poi non a tutti i bambini piacciono i cani. E, comunque, il cane va selezionato con l’aiuto di chi sostiene psicologicamente il bambino e questo perché anche i cani hanno la loro personalità.

Non va mai dimenticato che non sono peluche, ma fatti di carne e ossa. Così, un bambino molto aggressivo avrà bisogno di un cane in grado di tollerare manipolazioni non appropriate. C’è poi da considerare il diritto degli animali a

non essere maltrattati o torturati: il fine non giustifica i mezzi e un animale ha i suoi sacrosanti diritti a essere trattato bene. E poi si sa, la pazienza ha un limite e anche il cane più tranquillo sopporta per un po’ ma poi può reagire e mordere la mano che gli fa male, anche se si tratta della mano di un bambino.

Prudenza, quindi, su questa nuova forma di pet therapy, prudenza e vigilanza. Mai lasciare un bambino che ha dei problemi solo con un cane. In questo caso i problemi potrebbero aumentare. Insomma, non va mai dimenticato che l’amico a quattro zampe è una creatura anch’essa, che soffre e gioisce proprio come il nostro bambino. Soltanto che manifesta la sua allegria agitando la coda anziché la manina.

Quei poveri cani usati come corrieri di droga e poi uccisi

Mai come in questo momento gli animali sono al centro dell’interesse internazionale. Nel bene e nel male, ma purtroppo più spesso nel male. Per loro, s’intende. Hanno emozionato molto due gesti di Papa sco che oltre a parlare agli umani ha volto la sua attenzione anche agli animali. E così quando un giornalista cieco lo ha salutato portando al guinzaglio il suo grosso labrador il Papa non ha indugiato un istante: si è chinato verso di lui e lo ha accarezzato. In precedenza il pontefice, al momento del saluto al popolo festante ha mostrato chiaramente che era privo della mozzetta bordata di ermellino che altri papi, invece, usavano indossare. I simboli per Papa sco sono importanti, ma non devono avere un valore materiale, soltanto spirituale. Ma se da una parte abbiamo un pontefice che ama tutte le creature della terra, da tante altre parti gli animali vengono barbaramente sfruttati, maltrattati e uccisi.

L’ultimo caso, in ordine di tempo, venuto alla ribalta più nera in Italia è quello che riguarda un numero imprecisato di cani uccisi dopo atroci dolori per recuperare la cocaina che i narcotrafficanti sudamericani avevano nascosto nel loro ventre. Nelle campagne di Pisa sono state trovate 78 carcasse di questi cani di taglia grande: san bernardo, mastino napoletano, labrador (come l’esemplare accarezzato dal Papa) gran danese e dog di Bordeaux. Grandi per ospitare un gran numero di ovuli di cocaina che chiusi in un panetto di cellophane nero risultavano impenetrabili ai controlli degli aeroporti. La droga veniva inserita nei loro corpi in Messico, attraverso un taglio cesareo praticato da un veterinariomacellaio-delinquente che sistemava gli ovuli di cocaina tra gli organi interni.

Arrivati a destinazione i poveri animali che durante tutto il viaggio soffrivano di dolori lancinanti venivano poi uccisi con un colpo di pistola alla testa. Una esecuzione per squartarli e riprendersi il bottino senza perdere tempo. Non si sa, né si saprà mai quante di queste povere creature siano state seviziate in questo

modo orrendo. Ma gli inquirenti sono sicuri che si tratti di una vera e propria strage. Il traffico è stato scoperto grazie alla pietà di una donna: è proprio vero che la pietà non è morta. Si tratta della convivente di un narcotrafficante residente a Pisa che impietosita dai lamenti del povero cane corriere della droga ha reagito urlando contro l’uomo tanto violentemente che i vicini di casa hanno chiamato le forze dell’ordine. A loro la donna ha raccontato della droga che il cane aveva in corpo. Da lì è partita l’operazione che ha portato all’arresto di 75 persone appartenenti a bande sudamericane. Ma centinaia di indagati sono un po’ in tutte le province lombarde e a Roma. Un riconoscimento sentito va ai tutori della legge ma un grazie di cuore va alla generosa e coraggiosa donna di cui non si conosce il nome.

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Tutti in cucina!

L’Italia è divenuta in questi ultimi anni il Paese della gastronomia. Giornali, tv, web, libri è tutto un parlare di cibo, di carni, frutta, verdura, pesce e dolci. Sembra quasi che per non pensare alla crisi economica e alle tante difficoltà si voglia abbuffarsi, perdersi nei sapori.Il cibo è presente ovunque e in ogni tempo, si è conquistato una posizione di privilegio come mai era accaduto prima. Sul web impazzano i gruppi fanatici di costolette di maiale, di pizza e di torte.

Le edicole e le librerie pullulano di pubblicazioni di ricette. Milioni di italiani sono diventati bulimici di ricette che consumano con la voracità pari a quella di orchi affamati e, mentre da una parte fioriscono i corsi per cibi dolci altamente calorici dall’altra è tutta una affannosa corsa alla ricerca di frutta e verdura a chilometri zero. Impazza anche la moda degli orti sui balconi divenuti quasi un obbligo: dopo l’esempio di Michelle Obama è molto chic coltivare basilico e pomodori anche in pieno centro città dove lo smog è alle stelle. Furoreggiano gli chef stellati che hanno soppiantato nell’immaginario collettivo i divi del cinema.

Ricette che spaziano dalla cucina mediterranea a quella orientale ando da quella anglosassone per non parlare poi dei tanti corsi per imparare a fare il pane e la pasta in casa, i biscotti, la maionese e le conserve. Insomma, la gastronomia è diventata la protagonista dell’economia italiana e il cibo ha assunto il ruolo di accentratore di ogni interesse. C’è un’Italia che si fa valere nel mondo con 329 tavole stellate a cui si riconosce una cucina alta, fatta di sperimentazione, talento e inventiva. Fare lo chef è diventato il sogno di migliaia di giovani. Non a caso sono 30 mila i ragazzi che frequentano master, accademie e corsi di cucina.

In dieci anni le scuole alberghiere statali sono ate da 223 a 348 e gli iscritti

sono quasi 200 mila. Lo chef televisivo è il nuovo sex symbol. Vuoi mettere un gonfio soufflé rispetto a un bicipite tonico? Meglio il soufflé, non c’è dubbio! I programmi tv si sfidano a colpi di ricette e i cuochi si rivolgono a un pubblico che appare affamato e pronto ad abbuffarsi. Alla faccia delle diete. Gli chef televisivi sono ormai talmente tanti che per farsi notare sono costretti a proporre più che piatti provocazioni culinarie.

Rivoluzione all’anagrafe

Con la sua sentenza sulla libertà di scelta dei genitori del cognome da dare ai propri figli da parte della Corte di Strasburgo si è definitivamente frantumata l’antica tradizione che faceva dell’Italia un Paese patriarcale. Quanti misfatti sono stati compiuti nelle famiglie del ato, piccole e grandi che fossero non importa, pur di continuare a mantenere presente nel tempo il cognome di famiglia.

La nascita di bambine era considerata una vera disgrazia se non accompagnata da quella di almeno un maschio. E ora, a cancellare secoli di tradizione, ecco la sentenza della Corte europea dei diritti umani che ha condannato l’Italia per aver violato i diritti di una coppia di coniugi che non ha potuto attribuire alla propria figlia il cognome della madre invece di quello del padre. Va stabilita, dunque, l’eguaglianza tra i coniugi anche nell’attribuire il cognome ai nascituri. Subito dopo la sentenza di Strasburgo, con una velocità davvero inusuale qui da noi, è stato stilato il disegno di legge che modifica l’articolo del codice civile incriminato.

Le disposizioni sono contenute in quattro articoli. Nella bozza del disegno di legge è scritto che il figlio assume il cognome del padre, ovvero, in caso di accordo tra i genitori risultante dalla dichiarazione di nascita, quello della madre o di entrambi i genitori. Ciò vale anche per i figli nati fuori dal matrimonio o adottati. Con una tempestività inusuale è arrivata ai legislatori un’altra richiesta, quella dell’Associazione italiana difesa animali e ambiente che chiede di dare il cognome della famiglia che li possiede agli animali conviventi. Basterebbe aggiungere in sede di registrazione del microchip, obbligatorio per legge, il cognome del proprietario e l’animale, cane, gatto, furetto o cavallo che sia entrerebbe automaticamente nel nostro stato di famiglia.

Sin da subito si può chiedere al momento della registrazione del nostro amico a quattro zampe all’anagrafe di aggiungere il nostro cognome. È una buona proposta, attuata già in molti Paesi e anche in Italia è abbastanza diffusa. Ma codificarla la renderebbe ufficiale e renderebbe i nostri stati di famiglia molto più allegri e vitali.

Regolamentare la prostituzione

L’Italia è alla disperata ricerca di denaro. Tutti chiedono tagli alle tasse, rimborsi e sovvenzioni, ma di denaro non ce n’è. Per trovare soldi si cerca ogni tipo di soluzione come per esempio quella di far pagare le tasse alle prostitute. In effetti le lucciole in attività sul territorio nazionale sarebbero circa 70 mila (cifra senz’altro in difetto) e i loro clienti si aggirerebbero intorno ai 9 milioni per un giro d’affari stimato in 15 miliardi l’anno. Denaro che non arriva nelle casse dello Stato ma che in gran parte finisce in tasca alla criminalità organizzata. La prostituzione va regolamentata e le “lucciole”, alla pari di altre lavoratrici autonome, devono pagare le tasse. È il succo di una mozione, proposta dalla Lega Nord, approvata dal Consiglio regionale del Veneto. L’idea è buona ed è già praticata in tante nazioni.

In Italia la prostituzione non è illecita, ma non è regolamentata. In sette Paesi europei la prostituzione è legale e regolamentata (Paesi Bassi, Germania, Ungheria, Lettonia, Grecia, Svizzera e Austria). Le prostitute inglesi, per esempio, possono finire anche in prigione per evasione fiscale. Ma noi siamo un Paese dove la giustizia è misericordiosa e sappiamo bene che in galera è difficile andarci pure per reati ben più gravi. In Olanda una delle più importanti agenzie di escort di lusso di Amsterdam sottolinea sul proprio sito di pagare le tasse al fisco e di essere registrata alla camera di commercio olandese. Insomma diverse nazioni europee si sono attrezzate per cercare di incassare denaro da questa attività.

La nota escort turca Efe Bal si è denudata tempo fa davanti alla sede del Corriere della sera, a Milano, per protestare contro l'ingiunzione da parte di Equitalia a pagare 425 mila euro per la sua attività. La escort, transessuale, ha spiegato che vuole pagare le tasse, per le quali ha già impegnato alcuni suoi beni, ma in cambio vuole che la sua professione sia regolarizzata. “Per pagare le tasse - ha detto Efe Bal - ho venduto tutti i miei beni e in cambio non ho nulla: se pago le tasse, perché non devo avere la pensione?".Come darle torto. In effetti chi paga

le tasse ed è quindi in regola è giusto che abbia anche la pensione. Insomma, è bene che anche l’Italia cominci a pensare in modo serio a questo problema che può diventare un’opportunità grazie al suo immenso giro d’affari, denaro che da sempre in Italia finisce in tutte le tasche tranne che in quelle dello Stato.

La violenza contro le donne

Di violenza contro le donne in Italia se ne parla molto. E sulla scia della cronaca nera si moltiplicano comitati e associazioni in loro difesa. Come tutte le azioni violente che hanno come vittima il soggetto più debole le emozioni suscitate sono diffuse e partecipi, non soltanto in Italia, ma in tutta Europa tanto che si è arrivati a una ricerca che ha portato a un rapporto choc: una donna su tre in Europa è vittima di violenza fisica o verbale o tutte e due. Purtroppo viviamo in una società sempre più becera, violenta e volgare.

È un dato impressionante, soprattutto se si considera che il 70% delle vittime non denuncia gli atti di violenza subita. In questo rapporto, però, emerge un dato positivo per l’Italia che risulta essere un Paese dove la violenza contro le donne è inferiore alla media europea. Ma tornando ai dati europei sono ben 62 milioni le donne che hanno subito violenze fisiche dal proprio partner, a cominciare dall’adolescenza. Il tasso di violenza, al contrario di quanto si potrebbe pensare, è più alto nei Paesi in cui la condizione sociale della donna è migliore: in Danimarca, per esempio, è del 52% contro il 19% della Polonia.

Viene da pensare che ciò potrebbe essere dovuto proprio al fatto che nei Paesi più evoluti le donne hanno minor timore a denunciare le violenze. Di contro gli psicologi che si sono occupati della ricerca affermano che i bassi tassi denunciati dalle donne dell’Est europeo si potrebbero legare all’ideologia del socialismo che predica l’uguaglianza tra i sessi. L’Italia, comunque, nella classifica delle violenze alle donne, si colloca ai livelli più bassi, dopo le repubbliche post socialiste, con la stessa percentuale di Grecia e Portogallo, il 19% contro una media europea del 22%.

In quanto alle molestie la Svezia si colloca al primo posto con l’81% di denunce mentre la media italiana è del 51%. La domanda di fondo, però, è: che valore ha

una ricerca di questo genere che non tiene in considerazione le differenze culturali, storiche e sociali dei diversi popoli? Le minori denunce possono essere causate da una minore consapevolezza dei propri diritti o da una sensibilità diversa nei confronti delle molestie rispetto ad altri Paesi o, ancora, da un diverso grado di cultura delle donne stesse. Sono tutte perplessità importanti che partono dalla considerazione che anche la rassegnazione alla violenza è un fatto di cultura e di mentalità.

Le plossime pagine ti sono offelte dalla Lepubblica popolale cinese. A Pechino abbiamo plovato a lifale un liblo come questo ma non ci liusciamo. Pel la plima volta siamo stati costletti a complale l’oliginale pelché questo liblo è tloppo stlano. Peccato pelché noi amiamo la libeltà di esplessione. In Cina tu puoi fale ogni esplessione: tu puoi fale linguaccia, faccia blutta, faccia allabbiata, faccia sollidente basta che tu non fai faccia da dissidente. Da noi in Cina si può fale tutto ciò che si vuole: si può dolmile, mangiale, bele acqua e addilittula poltale a so il cane stando pelò attenti a quelli che chiedono se è buono.

Quanti pensionati morti da anni ci sono nei congelatori?

Sappiamo bene che l’Italia pullula di falsi poveri, falsi invalidi e pensionati morti da decenni dei quali i figli continuano a percepire le pensioni. Dato che siamo un Paese di creativi e il periodo è quello che è c’è chi si inventa qualunque cosa, pure la più macabra, per non perdere denaro.

E così la cronaca nera ci riporta ormai diversi episodi in cui i cadaveri di genitori pensionati, quasi sempre le madri, vengono nascosti dai figli nel congelatore di casa. I corpi vengono occultati per continuare a riscuotere la loro pensione. Vengono scoperti dalle forze dell’ordine sempre in modo accidentale. Quanti pensionati morti da anni ci sono nei congelatori degli italiani? Lascio il quesito al programma “Chi l’ha visto?”.

Le sofferenze degli italiani onesti

La cronaca quotidiana, attraverso la stampa, ci porta una montagna di notizie destinate a far peggiorare il nostro umore, a farci sentire inadeguati esposti come siamo a ogni sorta di raggiro, di sopruso. Le notizie che ci arrivano ci fanno sentire la nostalgia di personaggi ati alla leggenda come il mitico Robin Hood, ma anche come quelli più malmessi e popolani come i briganti maremmani che, leggenda vuole, forse per giustificare le loro azioni criminose, toglievano ai ricchi per donare ai poveri.

Ecco, i briganti di oggi, quelli colti, eruditi, eleganti, sotto ogni latitudine non soltanto ai poveri non donano, ma è proprio a loro che tolgono. Sono proprio i cittadini rispettosi delle leggi e corretti nel pagare le tasse a soffrire di più e a sentirsi più coinvolti dalle notizie di cronaca. Mai come in questo periodo, neppure ai tempi di Mani Pulite, le procure italiane sono sommerse di lavoro. Ma se ai tempi di Mani Pulite ci fu sdegno ma non rabbia, oggi, con la disoccupazione in aumento e i soldi che non bastano mai lo sdegno si trasforma spesso in rabbia.

Non meraviglia, allora, che si cerchino i futuri rappresentanti della politica tra i volti estranei all’ambiente, una reazione umana allo sdegno e al senso di nausea e di schifo che proviamo, magari pescando nel mondo della tv o dello spettacolo dove volti conosciuti possono dare l’illusione di un cambiamento. Sono ati anni luce da quando agli aspiranti deputati venivano chiesti titoli di studio e preparazione politico-amministrativa. Oggi i curricula preferiti sono quelli di apparizioni televisive, meglio se in orario di grande ascolto. Insomma,l’importante è essere visibili.

Trasformare in parole gli impulsi cerebrali dei cani

La tecnologia permette di innovare, di fare nuove scoperte, di entrare in mondi sconosciuti come nel pensiero animale, per esempio. Nei cartoni animati i protagonisti a quattro zampe si esprimono spesso con la parola e forse è da lì che sono partiti con la loro ricerca alcuni studiosi svedesi che cercano di realizzare un ausilio tecnologico capace di trasmettere agli umani i pensieri dei propri amici con la coda, cani in particolar modo. Il mezzo tecnologico è costituito da una cuffia che, calzata dall’animale, è capace di trasformare in parole i suoi impulsi cerebrali.

Il traduttore è composto da sensori, simili a quelli usati per un elettroencefalogramma, collegati a un microcomputer che analizza i segnali e li riconduce a schemi di pensiero interpretabile. Un ulteriore software trasforma le informazioni in frasi. Un esperimento davvero azzardato, complesso, che sa molto di fantascientifico e di cui gli stessi scienziati che lo hanno progettato nutrono dubbi di poter arrivare a un codificatore simultaneo uomo-cane.

Ma tutto sommato né gli umani né i cani hanno necessità di un apparecchio per tradurre il loro pensiero: attraverso l’amore comprendono benissimo le sensazioni e le necessità, gli uni nei confronti degli altri. E poi siamo sicuri che saremmo felici di scoprire che cosa i nostri animali domestici pensano di noi e tutte le volte che, giustamente, ci mandano a quel paese?

Il tatuaggio aziendalista

Ogni occasione è buona per farsi pubblicità. Il mondo della pubblicità ormai non conosce più confini. Negli Stati Uniti, tal Anthony Lolli, fondatore e proprietario di una agenzia immobiliare di New York, ha proposto ai suoi 1.100 dipendenti il quindici per cento di aumento di stipendio se accettano di farsi un tatuaggio con il logo della ditta. Pare che siano stati in pochi ad accettare l’idea di farsi un tatuaggio “aziendalista”, composto da una scritta e una sigla.

In tempo di budget sempre più limitati da investire in campagne pubblicitarie molti imprenditori italiani potrebbero copiare l’idea del proprietario dell’agenzia immobiliare newyorkese. Certo, l’accettazione di un tatuaggio della società per la quale lavorano non è così scontata per tutte le categorie di lavoratori: immagino i dipendenti di un sexy shop, una macelleria, un supermercato, un’impresa di pulizie, un’impresa di auto spurgo o di onoranze funebri.

Non è proprio il massimo andare in giro con un tatuaggio sul collo, sul braccio o sul petto con la scritta “Ultima dimora, onoranze funebri” e il logo composto da un sarcofago o un carro funebre così come bisogna avere davvero una forte personalità per esporre sul proprio corpo un tatuaggio con la dicitura “Ditta auto spurgo Aspira” di Ettore e figli risolve i vostri problemi fognari e impressa sull’epidermide l’immagine di una fossa biologica con tanto di ratti in fuga. Va bene l’attaccamento al lavoro e all’azienda che ci dà da vivere ma a tutto c’è un limite.

E si fanno chiamare artisti

La tecnologia e la scienza moderna mettono a disposizione di chiunque voglia sperimentare qualche cosa, non importa che cosa se utile o effimera, se frutto d’invenzione personale o copiata, importa soltanto lo sperimentare, il provare nuove emozioni e il brivido della novità. Fin qui tutto bene, naturalmente, l’uomo è un animale curioso che vuole sempre mettersi alla prova. I problemi, soprattutto di ordine morale, insorgono quando i soggetti di tanta sperimentazione sono gli animali, vale a dire esseri viventi che, al pari dell’uomo, meritano rispetto.

E invece eccoli lì, utilizzati nei modi più incredibili. Ci sono alcuni individui che, spacciandosi per artisti, espongono le loro opere oscene. Una giovane olandese. di nome Katinka, è diventata famosa da quando mostrò una borsetta fatta con la pelle della sua micia che, come dichiarò la pseudo-artista, fu costretta a uccidere rompendole il collo perché era una gatta depressa: ci credo, con una padrona del genere. Ma questa Katinka, della quale non mi spiego come faccia a circolare nella civile Olanda, tiene in condizioni da manicomio criceti chiusi in piccole sfere colorate, pulcini incastratati in tagliacarte e via di questo o, ma io mi fermo qui, non voglio rattristarti con altri esempi.

Non ci crederai, ma nonostante le tante denunce delle associazioni animaliste questa donna per la legge del suo Paese non ha commesso alcun reato punibile. Ma questa donna non è la sola pseudo-artista che utilizza gli animali per scopi impropri, molti altri figuranti entrano a far parte di questo museo dell’orrore come un certo Vargas che in una sua mostra in Nicaragua ha lasciato morire di fame il suo cane legato a catena con accanto una ciotola piena di cibo irraggiungibile per lui. La giustificazione dell’orrido individuo? Voleva dare visibilità alla tragedia dei randagi. Mi fermo qui, ma ti garantisco che sono stati riportati moltissimi altri atti sadici sugli animali ati come manifestazioni d’arte. Il famoso etologo Giorgio Celli scrisse che i malvagi, i sadici, se trovano un alibi, anche nella scienza, possono essere loro stessi a seguire le proprie

inclinazioni senza sentirsi colpevoli.

Ed è proprio così. Arte e scienza sono prese a pretesto per motivare i propri istinti che altrimenti porterebbero dritti a un manicomio. E, ando dall’arte alla scienza, il copione è sempre lo stesso, cambiano le motivazioni degli interventi. Gli animali soggetti a esperimenti assurdi vengono lasciati vivere. Così è per i gatti che un gruppo di scienziati americani ha fatto nascere privi di unghie. Il fine dichiarato è di proteggere la tappezzeria di casa. In Uruguay, invece, sono nati agnelli transgenici che, se esposti alla luce ultravioletta assumono un colore giallo fluorescente. Non se ne capisce l’utilità: forse per poterli vedere bene pure di notte. La genetica, inoltre, è riuscita a produrre bovini senza corna.

Esperimenti che vengono compiuti in tutto il mondo alla ricerca dell’eliminazione di tutto ciò che è di ostacolo alla riduzione in totale schiavitù degli animali. Ma questi scienziati stanno sottovalutando le leggi della natura che ha impiegato millenni per creare ciò che loro stanno stravolgendo. Scriveva il filosofo e matematico Pascal:” La natura ha delle perfezioni per mostrare che è l’immagine di Dio e dei difetti per mostrare che ne è soltanto l’immagine”.

Perennemente giovani

La vita si è allungata di molti anni. Si è considerati ragazzini fino a vent’anni, ragazzi fino a trenta. Poi si diventa giovani e tali si rimane fino a 50 anni. Non a caso sempre più spesso, e non soltanto nelle chat d’incontri, i trentenni e i quarantenni si definiscono ragazzi. Dopo i cinquant’anni si entra nell’età matura e da lì non si esce più: la vecchiaia è stata abolita e pure la terza età. Dare del vecchio a una persona è come dargli una bastonata in testa. Non si può. E forse è per questo che i giovani quarantenni prendono ancora la paghetta dal proprio papà e dalla propria mamma che, comprensiva come tutte le madri, allunga di nascosto dal padre una sommetta un po’ più consistente.

Se poi ci sono anche i nonni allora il giovane quarantenne privo di lavoro può permettersi anche una piccola utilitaria, tanto vive in famiglia dove è spesato di tutto. Niente mutuo per la casa né bollette da pagare. Il guaio, però, è che, se le cose non cambiano, se l’economia non si mette in moto, se si continua invece di creare nuovi posti di lavoro a perdere quelli esistenti, il cosiddetto aiutino proveniente dalla famiglia andrà a essere sempre più esiguo fino a sparire. Un po’ perché le famiglie impoveriscono e un po’ perché si stanno estinguendo come nucleo tradizionale e assumono sempre più la sembianza di tribù, con tanti individui frutto di legami diversi.

Così, se la famiglia tradizionale, con i suoi ben delineati e forti legami ha potuto pensare a risparmiare in previsione di possibili tempi difficili, quella attuale, cosiddetta allargata, non è dotata delle caratteristiche necessarie per pensare a fare economie e sacrifici, in previsione di un possibile futuro incerto. È stato proprio il nostro attaccamento alla famiglia ad averci tutelati nel momento economico peggiore, quando si è scatenato l’impatto brutale di una crisi tanto inaspettata quanto violenta. A farne le spese, dunque, sono soprattutto i giovani e, tra loro, quelli che vivono in città.

Va meglio, molto meglio, ai loro coetanei figli di agricoltori che, in un periodo incerto come l’attuale, scoprono che la società agricola non soltanto mantiene solidi e forti i legami familiari ma garantisce la sopravvivenza lavorativa. In campagna, poi, non accade che a cinquant’anni si sia considerati vecchi per lavorare. Un giovane su tre, in città, pur di lavorare farebbe qualsiasi cosa, dicono i sondaggi. Ma anche chi ha un lavoro stenta ad arrivare a fine mese.

Ed ecco, di nuovo, l’aiuto della famiglia di origine. C’è anche da chiedersi quali conoscenze, quali sensibilità abbia verso questi problemi la nostra classe dirigente di cui la più anziana è proprio nel mondo economico, specie negli istituti di credito dove l’età media è di settant’anni. Alta anche l’età dei dirigenti impegnati in politica e nella pubblica amministrazione. È la più alta tra tutti i Paesi europei. Secondo l’Istat l’Italia ha un alto indice di vecchiaia con i suoi 144 anziani ogni 100 giovani. Il problema più grave è che alcuni di questi anziani non vanno a godersi la pensione, vanno in Parlamento.

La “cura del vampiro” per la calvizie

Se le donne sono terrorizzate da smagliature e cellulite gli uomini hanno l’incubo di restare calvi e di vedere le loro teste lisce come le palle da bowling. C’è infatti chi non si definisce pelato ma rasato o chi afferma di avere i capelli ma di averli color carne. Da sempre l’uomo ha cercato di combattere la perdita dei capelli ricorrendo ai più svariati rimedi: dalle tisane ai ridicoli parrucchini. I primi rimedi sono riportati persino negli antichi papiri egizi. Ma, nonostante millenni di ricerche a tutt’oggi pochi sono i rimedi capaci di arginare il fenomeno e ancora meno sono i farmaci riconosciuti scientificamente in grado di contrastare il progredire della cosiddetta calvizie comune che colpisce le donne, ma che preferisce gli uomini.

E non è che la consuetudine a vedere crani glabri abbia portato a una qualche forma di assuefazione o di accettazione: l’uomo è alla continua ricerca di un qualche cosa che restituisca la capigliatura di quando si era ragazzi e, come consolazione, ma soltanto apparente, si è inventato il detto che pochi capelli è sinonimo di grande virilità. Instancabile, la ricerca indaga nel mondo vegetale e animale alla scoperta del prodotto miracoloso. Intanto, però, la scienza ha trovato un sistema chirurgico per affrontare il problema della calvizie ed è l’autotrapianto. Oggi, però, si parla di un altro sistema, sempre scientifico e basato sull’autotrapianto, ma non più di capelli, bensì di sangue. Ed è così che questo metodo è chiamato “La cura del vampiro”.

Il sistema appare abbastanza semplice: si preleva il sangue da chi è affetto da calvizie, si tratta per ottenere un plasma arricchito di piastrine che viene poi di nuovo iniettato sul cuoio capelluto dello stesso paziente. Secondo i ricercatori i soggetti trattati in questo modo hanno mostrato una significativa ricrescita di capelli. Insomma, la scienza è al lavoro per migliorare il nostro apparire dando così più fiducia al nostro essere. Ed è noncurante del fatto che anche il bello deve morire, come diceva quell’ottimista di Friedrich Schiller. Insomma, ci faranno diventare vampiri del nostro stesso sangue. Per fortuna non dovremo

succhiare il sangue di quelli che invece i capelli li hanno ancora tutti!

Il momento è “prepuzio” per andare avanti nella libroterapia... Lo dicono anche gli urologi!

Il tatuaggio ci ricorderà sempre chi eravamo

Sono sempre di più coloro che non soddisfatti di quanto hanno ricevuto da madre natura mostrano fieri le ferite sul corpo da essi stessi volute e pagate non soltanto con denaro, ma anche con sofferenze, più o meno forti. Di tatuaggi, anzi del tatuaggio della farfallina all’inguine, si parlò molto quando la showgirl Belen la mostrò a tutto il mondo, in occasione della presentazione del festival di Sanremo, attraverso lo spacco inguinale del suo abito. In quel caso non si fece molto caso ai colori e alla maestria del tatuaggio, si cercò di vedere oltre il tatuaggio. Il tattoo impazza, è diventato una moda. All’inizio voleva essere un segno distintivo, oggi è un simbolo di omologazione.

Oltretutto, una volta inciso sul corpo il tatuaggio potrà essere cancellato soltanto attraverso costosi interventi con il laser. Se lo devono ricordare soprattutto gli innamorati che, ebbri del loro sentimento si fanno tatuare il nome dell’amato o amata salvo poi lasciarsi, avere un altro amore e non potere più liberarsi del fardello che si porteranno dietro per tutta la vita: il nome di una persona che, magari, nel frattempo è divenuta ostile e che, nel migliore dei casi, non conta più un fichetto secco. C’è poi da considerare che dare forma a sentimenti e idee attraverso il linguaggio del tatuaggio è esporre per sempre la nostra interiorità, i nostri fatti personali e, come per il nome dell’amato che non è più tale, anche altri sentimenti e pensieri possono col tempo cambiare.

Ma il tatuaggio è sempre lì, testimone muto, ma esplicito del nostro ato, anche di quello che non vorremmo più ricordare o mostrare. Ogni simbolo, ciascun segno attraverso il tatuaggio si trasforma e diventa la rappresentazione di un bisogno, espressione di un modo di essere o di una sensazione provata in un determinato momento della propria vita. E se si cambia idee e concetti? Ecco, è in quel momento che vorremmo cancellare il testimone muto di ciò che eravamo, ma, a meno di avere molte possibilità economiche, il tattoo resta, beffardo, a ricordarci ciò che eravamo.

L’isolamento provocato dalla tecnologia

Da quando la tecnologia è entrata nelle case degli italiani si è sempre ritenuto di dover salvaguardare i figli, i più giovani, da un uso eccessivo di social network e cellulari. Una recente ricerca americana, però, sfata il mito: non sono i più giovani a essere preda del virus delle moderne tecniche di comunicazione, ma i loro genitori che non riescono a staccarsi da tablet e smartphone. Le implicazioni di tipo sociologico che nascono da questo atteggiamento sono enormi. L’isolamento tecnologico porta con sé un cambiamento epocale nella vita sociale e genera conflitti in quella familiare.

Quella di are il tempo a scrutare un piccolo schermo e a digitare è una mania diffusa ovunque: sui treni come sugli autobus e persino per strada, non si hanno più occhi e orecchie per osservare il mondo che ci circonda incollati come siamo a quel piccolo mostro che ci portiamo dietro ovunque andiamo e che ormai riteniamo essere il nostro mondo. Nessuno più si guarda intorno, nessuno più si interessa della vita che scorre al di fuori del piccolo schermo. Non più contatti con gli altri, né parole né sorrisi.

Un sistema di vita che dall’esterno ci portiamo anche in casa, in famiglia dove tutti i componenti sono chiusi nel loro piccolo mondo e i contatti con i familiari sono ridotti al minimo indispensabile. Ognuno con la propria vita, ognuno con il proprio piccolo schermo. Un modo di vivere che nuoce alla conoscenza, agli affetti, alla comprensione, ma anche alla salute perché c’è un legame molto stretto tra il benessere fisico e quello mentale ed essere isolati, ingabbiati nella digitazione e nella connessione modifica il nostro cervello che, come i muscoli che si atrofizzano se non vengono usati, così accade per la mente.

Questo del tablet e dello smartphone segna il prosieguo del nuovo rapporto genitori-figli che comincia proprio con un incontro tecnologico: quello

dell’ecografia. Le relazioni virtuali, è vero, sono sempre esistite, e che cos’altro erano le lettere d’amore? Eppure erano capaci di provocare grandi emozioni. Ma c’era un totale coinvolgimento, non ci si estraniava da tutto ciò che ci circondava. Oggi siamo tutti degli sconosciuti che al posto della voce usiamo le dita, al posto di un bacio premiamo un tasto.

Viaggio su Marte

Sei pronto a partire per un viaggio eccezionale? Un viaggio organizzato i cui partecipanti devono avere al momento dell’iscrizione dai 18 ai 40 anni, non un anno di più perché la partenza è prevista per il 2023 e il viaggio richiede doti di resistenza fisica e psichica non indifferenti. La meta è Marte. Sì, si vanno a trovare i marziani a casa loro. Chi aderirà al viaggio, però,non potrà dare appuntamenti per il ritorno perché la data del rientro non è prevedibile, si saprà soltanto quella della partenza. Le selezioni per gli aspiranti viaggiatori dell’infinito sono aperte e le richieste sono talmente tante da bloccare la pagina web che conteneva informazioni e modalità.

Tra le oltre 10 mila domande provenienti da tutto il mondo 4 sono di italiani. Persone che a quanto pare dopo il 2023 non hanno nessun tipo di impegno dato che non sapranno quando torneranno sulla Terra. Tra i requisiti, oltre all’età e all’ottimo stato di salute c’è anche la perfetta conoscenza della lingua inglese. Io credevo che avrebbero chiesto anche qualche parola della lingua extraterrestre. Un viaggio di sola andata verso l’ignoto perché non si ha ancora la tecnologia per far tornare i viaggiatori.

La durata del viaggio, salvo inconvenienti che non saranno dati da scioperi o da perdita del bagaglio, ma da fenomeni naturali o legati alla meccanicistica della navetta spaziale, è prevista in 7 mesi ma sette anni sono necessari per i corsi di preparazione. Nel caso non si venisse reclutati nessuna paura: c’è la possibilità di partecipare alle missioni seguenti previste ogni due anni a partire dal 2025. Ogni navicella porterà in orbita 4 futuri abitanti del pianeta rosso, due donne e due uomini. Il consiglio, però, è di non fare bambini perché l’ambiente in cui vivere è sufficiente appena per 4 persone: si tratta di piccoli moduli costruiti da robot inviati prima degli umani. In una cella cresceranno vegetali freschi e in un angolo ci saranno attrezzi ginnici, la televisione e Internet.

Il tutto sarà ripreso come un reality televisivo, un’Isola dei famosi o un Grande fratello insomma, proveniente dallo spazio. Formula questa fondamentale per il reperimento dei fondi necessari all’espletamento della missione. E forse è per questo aspetto che le richieste sono state decine di migliaia. Che cosa non si fa pur di apparire in televisione. Il viaggio su Marte potrebbe essere un’occasione unica per liberarsi di un capoufficio arrogante e prepotente, di un coniuge schiavizzante, petulante e fastidioso, di un amico appiccicoso e noioso o di una vicina di casa acida.

A tutti costoro potrai proporre la possibilità d’imbarcarsi in un’avventura senza precedenti, di diventare leggenda, superando in notorietà i leggendari eroi di Star Trek. L’opportunità è ghiotta: si può entrare nella storia come primi coloni su un pianeta diverso dalla Terra. Chi vuole emigrare su Marte deve avere buona salute fisica e mentale, essere intelligente a sufficienza per reagire alle varie situazioni che dovranno affrontare e, come ho detto, parlare inglese. Tra i fautori dell’iniziativa ci sono molti illustri scienziati tra cui un premio Nobel per la fisica, ricercatori della Nasa e aziende di tutto il mondo. E ci sono anche gli sponsor perché lo sbarco su Marte sarà il più grande spettacolo della storia.

Da parte sua l’ideatore del viaggio ha messo al corrente i partecipanti che il viaggio per Marte significa anche rischiare di ammalarsi di cancro, di diventare sterili, di mutazioni del sistema immunitario. Inoltre, i viaggiatori perderanno massa muscolare e ossea. Praticamente saranno più simili a meduse che a uomini. Altro che film dell’orrore. Sai che spavento prenderanno i marziani quando li vedranno arrivare. Comunque, i preparativi vanno avanti. Sono già pronti gli indumenti che i marsonauti, così vengono definiti, dovranno indossare. Con tanto di logo. È la pubblicità bellezza che segna la storia degli uomini.

Cervelli in fuga

La fuga dei cervelli costa all’Italia circa 5 miliardi di euro dato che un ricercatore è un investimento collettivo di circa 800 mila euro. Una cifra in difetto, in quanto i nostri ricercatori poi sono galline dalle uova d’oro grazie al loro lavoro e ai loro brevetti. Lavoro che avrebbero potuto svolgere in Italia e che invece vanno a fare all’estero. Però ciò che mi preoccupa di più non sono i 5 miliardi di euro che ci costano i cervelli fuggiti dall’Italia, ma tutti i miliardi che ci costano i tanti cretini, incompetenti e parassiti rimasti nel nostro Paese.

Lo scarso interesse verso il turismo

L’Italia è un Paese straordinario: cultura, arte, paesaggio, enogastronomia, artigianato e la cordialità dei suoi cittadini lo rendono unico, meta ambita dei turisti del mondo. Abbiamo, dunque, tutto ciò che serve per fare dell’Italia il Paese turistico per eccellenza. E invece no. Alla voce turismo, chissà perché, viene data così poca importanza che il ministero è senza portafoglio. E dello scarso interesse verso questo settore che potrebbe davvero essere strategico per risollevare la nostra povera economia, si hanno prove ogni giorno, basti vedere come il flusso turistico sia in continuo calo, inevitabile se si considera la scarsa promozione che viene fatta all’estero e l’altrettanta scarsa attenzione verso le necessità dei turisti, a partire dagli orari di accesso ai musei, troppo limitati, e la poca attenzione posta dai guardiani nei confronti dei turisti, troppo spesso non all’altezza del loro compito.

E, alla fine, arriva il conto. Inutile lamentarsi se risulta molto salato: nessun museo italiano è nella classifica mondiale dei primi venti più visitati. Il Louvre si conferma al primo posto con quasi un milione di visitatori in più rispetto all’anno precedente, il Metropolitan Museum di New York è secondo a cui seguono la Tate National Gallery, il National Palace di Tapei, il Centre Pompidou e il Musée d’Orsay. La Francia, dunque, colloca ben tre musei tra i primi dieci. E noi ci salviamo, si fa per dire, grazie all’ottimo posto degli extraterritoriali Musei Vaticani. Tutti i nostri musei risultano in discesa per numero di visitatori con le sole eccezioni del Palazzo Ducale di Venezia e della fiorentina Accademia che deve dire grazie al superbo David.

Eppure, il vero carattere che distingue l’Italia è quello costituito dalle tante capitali dell’arte: da Milano a Palermo, da Venezia a Perugia, da Torino a Napoli. Ovunque, in Italia, ci sono capolavori. Un museo sterminato e stupefacente. Tanta arte in un unico Paese che manca, però, della giusta conoscenza di tanta ricchezza. Non ci si rende conto di averla e, di conseguenza, non si amministra nel modo più opportuno. Ed è così che si fanno file

chilometriche per accedere a un museo, l’informazione è scarsa e gli addetti ai lavori inadeguati. Eppure il turismo d’arte è come una grande fabbrica che produce cultura e, quindi, ricchezza. Quando riusciremo a capirlo?

La produzione sartoriale delle creative e colorate cravatte per cani ideate da Igor Righetti e realizzate in Italia dalla stilista Donatella Di Felice con la sorella Anna della Sartoria Ricucito. Il bassotto Byron, guest star dei collaricravatta, si accerta che le cravatte siano come le vuole lui. I collari-cravatta sono disponibili sul sito www.igorrighetti.it

Comunicare è alla base, ma chi è all’altezza?

Conoscere le tecniche per comunicare in modo efficace nelle varie situazioni di vita quotidiana, personale e professionale è oggi più che mai di fondamentale importanza. Chi sbaglia a comunicare muore di fame. Con un mio aforisma dico: “Comunicare è alla base, ma chi è all’altezza?”. In effetti basta guardare l’immagine e il modo di comunicare di tanti, troppi nostri manager, top manager, politici e imprenditori per capire che quando parlano in pubblico,in tv o si fanno immortalare nei servizi fotografici appaiono più rigidi di un paio di jeans lavati senza ammorbidente oppure si muovono come indemoniati. Oggi più che mai la forma è sostanza.

Saper comunicare significa essere in grado di esprimersi e sapersi esprimere vuol dire farsi capire, trasmettere un messaggio. Del resto comunicare vuol dire trasmettere. Ma per trasmettere qualcosa che arrivi al ricevente dobbiamo suscitare interesse nel nostro interlocutore. Quante volte ti sei arrabbiato perché il destinatario della tua comunicazione aveva travisato le tue parole? Le parole pronunciate, il tono della voce, l'inflessione, il ritmo dell'eloquio, le pause, la gestualità: questi aspetti sono utilizzati da chi li percepisce per formulare un giudizio sull'interlocutore, l'attenzione da prestare e il valore da attribuire al suo messaggio.

Molti dei nostri messaggi non arrivano al ricevente (il quale quindi non li riceve)perché si sbaglia il modo di diffusione. Quando si vuole trasmettere il nostro messaggio non dobbiamo pensare soltanto a che cosa vogliamo dire ma anche a come dirlo. Saper comunicare è importante per tutti non soltanto per un professionista, un politico, un imprenditore, un venditore, un avvocato, un medico o un impiegato pubblico o privato. Saper comunicare in modo efficace non serve soltanto sul lavoro ma anche nelle relazioni interpersonali. Chi conosce le tecniche ha la possibilità di raggiungere i propri obiettivi di crescita personale e professionale. Comunicare è il destino dell’uomo. E non si comunica con un solo linguaggio, ma con un caleidoscopio di linguaggi, diretti o indiretti.

Il celebre pubblicitario se Jacques Séguéla ama raccontare la storiella di un creativo che per andare a lavorare in metropolitana incontra tutti i giorni un cieco che chiede l’elemosina ma senza grandi risultati. Un giorno il creativo gli scrive qualche parola sul cartello in sostituzione della scritta “Cieco dalla nascita”. Il cieco il giorno dopo riconosce il creativo dalla voce e gli chiede: “Ma che cosa hai scritto sul mio cartello? Ieri ho incassato il doppio del solito”. Il creativo gli risponde che il concetto era lo stesso ma che aveva cambiato la strategia. Aveva scritto: “Oggi è il primo giorno di primavera e io non lo posso vedere”.

Tu a chi avresti fatto l’elemosina? Al cieco con il primo cartello o a quello con il secondo cartello? Naturalmente a quello con il secondo cartello in quanto quel messaggio colpiva il tuo lato emotivo. Pensa ai farmaci cosiddetti generici. Il termine generico ha una percezione di vago, impreciso, qualcosa che può essere utile a tutto o a niente. Da quando sono stati ridefiniti equivalenti, gli italiani hanno cominciato ad acquistarli con maggiore fiducia.Oppure quando ti rechi in una gioielleria e il gioielliere ti porta la scatola con gli anelli porgendotela con le due mani: hai subito la percezione che ciò che ti sta facendo vedere è molto prezioso. Se dovessi andare in un altro negozio che magari ha gli stessi anelli del primo, ma dove il gioielliere te li mostra portandoti la scatola con una mano soltanto avremmo la percezione di un prodotto meno prezioso.

Da non sottovalutare il “comportamento prossemico”, la modalità con cui l'uomo percepisce lo spazio e l'uso che ne fa nelle relazioni interpersonali. Quando qualcuno ci parla da una posizione troppo vicina ci infastidisce e ci fa retrocedere anche se non soffre di alitosi. Questo accade perché vogliamo ristabilire lo spazio che riteniamo importante per sentirci a nostro agio.Ti sarà capitato di salire su un autobus, su un treno o su una metropolitana dove lo scompartimento era quasi vuoto. Ci piace l’idea di non dividere il nostro spazio con altre decine di persone. Ma se una persona si siede accanto a noi ecco che il nostro compiacimento viene meno e si trasforma in disturbo.Quando il medico che ci riceve si alza dalla sedia e lascia la scrivania per avvicinarsi a noi ci fa piacere in quanto dimostra interesse nei nostri confronti. In caso contrario

abbiamo subito una percezione negativa. La comunicazione verbale trasmette in prevalenza informazioni a differenza di quella non verbale che invece trasmette stati d’animo.

Secondo lo psicologo statunitense Albert Mehrabianla comunicazione si compone di una parte verbale fatta di parole e di due parti non verbali: la tonalità della voce che emette le parole e la fisiologia del corpo. Secondo una regola generale dettata da Mehrabian, le parole hanno un impatto basso nel trasferimento del messaggio, circa del 7%. Invece, la tonalità (che comprende tra gli altri il timbro, il ritmo e il volume, la velocità, la dizione e la cadenza) il cosiddetto linguaggio paraverbale, ha una importanza nel trasferimento del messaggio del 38%. Infine, la fisiologia (la postura, lo sguardo e gesti) ha la percentuale maggiore pari al 55%.

Una regola generale che deve essere distinta in base al contesto e al mezzo usato. In radio, per esempio, non esiste il linguaggio del corpo ma oltre al linguaggio verbale c’è quello paraverbale. Il linguaggio paraverbale è importante anche per mantenere alta l’attenzione dell’interlocutore durante un colloquio di lavoro. Bisogna essere convincenti facendo trapelare l’entusiasmo in ciò che si vuole comunicare. Ecco perché è fondamentale saper comunicare.

La morte di lettere e cartoline

Scrivere, inviare lettere e cartoline, è stato fino a non molto tempo fa il modo più frequente per comunicare: dagli affari all’amore tutto veniva trasmesso attraverso la scrittura. Ma viviamo nella civiltà delle immagini prima ancora che in quella dei suoni e la scrittura è diventata un esercizio per pochi. Pensare che parlare e scrivere d’amore era una consuetudine, sia nel caso dell’amore felice sia in quello che finiva! Tutto diverso dalla comunicazione di oggi dove con un sms si liquida un rapporto sentimentale o si cerca di conquistare chi interessa. Telefonini, sms, Internet: mezzi inadeguati a esprimere la forza del cuore e dei sensi. Le emozioni, i pensieri avevano nella scrittura la possibilità di esprimersi al meglio. Ma per scrivere occorre tempo, occorre pensare a lungo e poi sono pochi coloro che sanno esprimere per iscritto i propri pensieri, i propri sentimenti.

La televisione con i suoi spettacoli d’intrattenimento domestico e, soprattutto i social network e i cellulari con la loro scrittura criptata provocano una sorta di analfabetismo di ritorno, una incapacità a trasmettere le proprie emozioni. Ma non sono soltanto le lettere, specie quelle d’amore, a essere scomparse. Anche le cartoline, testimonianze di viaggi e di avvenimenti, si sono molto diradate. Chi invia una cartolina oggi viene visto quasi come un sovversivo o un feticista. Quando si andava in viaggio si spedivano cartoline a tutti: parenti, amici, conoscenti e colleghi di lavoro. Si spendeva un patrimonio in francobolli e si impiegava tanto tempo nello scriverle. Si partiva per il viaggio con un lungo elenco di nomi e di indirizzi per non dimenticare qualcuno che, in caso di nostra dimenticanza, si sarebbe potuto offendere nel non ricevere il nostro messaggio postale.

Un modo di esibizionismo e di affetto. Internet e gli smartphone hanno annullato l’antica consuetudine. Soltanto un turista su 20 usa ancora inviare cartoline, gli altri preferiscono gli sms o i social network. E così i produttori di cartoline si

sono ridotti a un numero molto esiguo, giusto per soddisfare quei pochi che le usano come souvenir. Anche i francobolli sono cambiati, non sono più autoadesivi. Per attaccarli non è più sufficiente la spugnetta o la saliva, adesso è necessario munirsi dello stick di colla. “Scrivere è una forma di preghiera” diceva Kafka. E oggi anche la preghiera è in crisi.

Quell’insalata di pomodori neri

Il pomodoro nero messo a punto in Italia diventa il riferimento per nuove varietà di piante. Questo pomodoro resiste agli attacchi dei funghi e si conserva più a lungo. Il pomodoro supereroe che sa “abbronzarsi” resisterà pure agli attacchi dei funghi e si conserverà di più dei suoi cugini rossi ma francamente un’insalata di pomodori neri mi inquieta soltanto a pensarla. Così come mi inquieta il fatto che questo pomodoro sia diventato il punto di riferimento per nuove varietà di piante. Il pomodoro lo voglio rosso, non viola, giallo, verde acido o fosforescente.

Il consenso elettorale non premia chi pone regole ferree sul fisco

L’Italia vanta due primati: siamo campioni di evasione, dagli arresti domiciliari, e campioni di evasione...fiscale. In tempo di crisi economica si parla molto di aumento delle tasse e di sprechi, un po’ meno di evasione fiscale, quasi una sorta di omertà, quasi fossimo tutti colpevoli. In realtà, molti di noi lo sono, magari in modo inconsapevole. Sono complici degli evasori, per esempio, coloro, tanti, che per alcune prestazioni si rivolgono a lavoratori in nero. Ma il vero problema è rappresentato dai grandi evasori che, quando scoperti, patteggiano. In un modo o nell’altro, quindi, ci guadagnano sempre.

L’evasione fiscale è soprattutto un’azione ingiusta nei confronti dei diritti di tutti. Fuori dai nostri confini è considerata moralmente odiosa. Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna è punita in modo severo. In Francia è stata creata una polizia fiscale mentre in Belgio agli evasori vengono pignorate quote di stipendio. In Germania il fisco è un’attività matematica alla quale partecipano tutti i cittadini segnalando i potenziali evasori. Per la verità anche in Italia molto è stato fatto: contribuenti e conti in banca vengono schedati fino all’ultimo euro. Ma chissà per quale maligna magia delle decine di miliardi ogni anno sottratti al fisco vengono recuperati soltanto spiccioli.

E pensare che l’evasione fiscale è una delle cause principali dei conti che non tornano e della tassazione selvaggia per i lavoratori onesti. Il fatto è che il consenso elettorale, a detta dei tecnici, non premia chi pone regole ferree sul fisco. Per il recupero dei crediti da evasione fiscale, poi, ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere tanto che l’Ocse ci pone dietro a Turchia e Messico. Scriveva Benjamin Franklin: “In questo mondo non v’è nulla di sicuro tranne la morte e le tasse”. Appunto, ma lui era statunitense.

Le plossime pagine ti sono offelte dalla Lepubblica popolale cinese.

Italia Paese diventato tanto povelo, mangiate pane e tasse olmai, avete benzina più cala del caviale. Smetti di pensale alle imposte, all’evasione fiscale, ai falsi poveli che ti flegano tutto, alla giustizia senza la pena celta, all’amministlazione pubblica splecona e ai politici collotti. Tu italiano lascia Italia dato che olmai sei lidotto alla povertà e a planzale alla Calitas. Vieni a scoplile la Cina e dimenticati pel semple la disoccupazione. In Cina tlovelai tante cose da fale: potlai lavolale, potlai lavolale tanto, ma tanto, e poi potlai anche lavolale. Insomma, in Cina c’è tanto lavolo pel tutti e non esistono gli sciopeli pelché i lavolatoli sono felici di lavolale tanto. Lavolando tanto non avlai più tempo di piangelti addosso, di lamentalti e di fale la vittima. La Cina ti aspetta.

Dall’Italia fuggono pure i pensionati

L’Italia è un Paese gerontocratico dove anche la mummia del Similaun viene considerata un’adolescente. Nel nostro Paese è atteso nei prossimi dieci anni un aumento di 90 volte la quota degli over 80 e di 150 volte degli ultracentenari. Siamo il secondo Paese più vecchio al mondo e stiamo anche incalzando il Giappone che attualmente detiene il primato di longevità. Non si può quindi dire che l’Italia non sia un Paese per vecchi. Casomai non è un Paese per giovani, visto che i giovani stanno letteralmente sparendo a causa della bassa natalità e i vecchi grazie alla scienza saranno sempre più vecchi. Per di più migliaia di giovani italiani lasciano il nostro Paese per cercare un lavoro.

Susanna Camusso ha detto: “Il futuro è dei giovani e del lavoro”. Come darle torto. Il problema sarà trovare i giovani. Il paradosso, però, è che pure i pensionati stanno abbandonando l’Italia per godersi la pensione che da noi risulta striminzita ma in altri Paesi con 500 o mille euro al mese si può vivere più che dignitosamente. Da noi con 500 euro al mese è difficile sopravvivere, non vivere. E se c’è pure un affitto da pagare non resta che usufruire della mensa della Caritas almeno per mangiare.

Nel 2013, secondo Eurostat, erano 676mila gli italiani che si trovavano all’estero per motivi di lavoro. I pensionati fuggiti dall’Italia, invece, poco più di 400 mila. Nel 2011 le pensioni erogate dall’Inps a persone residenti fuori dall’Italia sono state oltre 496 mila, per un monte complessivo di 1 miliardo e 322 milioni di euro. Oltre 300 mila erano pensioni di vecchiaia. La fuga dei pensionati quindi è ormai una realtà. In particolare scappano quelli del Nord Italia. Negli ultimi cinque anni soltanto la quota di anziani lombardi iscritti all’anagrafe estera è aumentata di 5 mila persone.

La crisi in Italia ha portato anche a questo triste fenomeno: la fuga dei pochi

giovani che abbiamo, soprattutto quelli laureati o specializzati, e l’inizio della fuga di migliaia di pensionati che preferiscono spendere la misera pensione in Paesi più economici dell’Italia, Paesi che danno loro la possibilità di continuare a vivere. Del resto i dati parlano chiaro: Il 52% dei pensionati Inps percepisce meno di mille euro al mese. Secondo il Codacons sotto i 1.700 euro al mese specialmente al Nord e nelle grandi città, si vive di rinunce.

L’Italia, quindi, in cui il costo della vita è sempre più alto e dove le tasse di ogni tipo aumentano di giorno in giorno non è un Paese per vecchi. Il dramma è che il nostro Paese non è neppure una nazione per i giovani dato che il tasso di natalità è esiguo e i giovani che ci sono o sono precari o sono disoccupati. Sul sitoMollotutto.com si trovano le testimonianze di chi ha cambiato vita. I pensionati che abbandonano l’Italia oltre a trovare un costo della vita più basso, in decine di Paesi esteri, che hanno stipulato convenzioni con l’Italia, godono anche del favore fiscale di poter versare le tasse in loco.

Tra le mete più gettonate dai pensionati italiani in fuga ci sono Spagna, Repubblica Dominicana, Cipro, Grecia, Tunisia, Thailandia, Filippine ed Ecuador.In alcuni di questi Paesi si trovano affitti anche a 100 o 200 euro e si possono acquistare bilocali da 30 a 60 mila euro. Alle Canarie, per esempio, gli italiani sono già 20 mila e negli ultimi due anni i pensionati italici che hanno deciso di trascorrere più di sei mesi sono quadruplicati. Qui, per una coppia bastano 900 euro al mese, c’è l’assistenza medica garantita, l’Iva è al 4% e si risparmia il 40% di imposte.

Tante le esenzioni presenti in Irlanda. Pure Malta, Spagna e Grecia stanno pensando allo “sconto fiscale del pensionato”. In Tunisia, invece, si paga soltanto il 25% delle tasse sul 20% del reddito. A Santo Domingo per vivere sono sufficienti 12 euro al giorno mentre a Panama e in Costa Rica con mille dollari al mese si ottengono le agevolazioni da “pensionato permanente”. In Ecuador ai pensionati viene applicato uno sconto perfino sulle bollette. In tutti questi Paesi i Governi stanno lavorando per accaparrarsi i pensionati (e quindi le loro pensioni) che nei propri Paesi sarebbero costretti a vivere di stenti. Un

nuovo turismo per tutto l’anno, quello del pensionato fuggito. Denaro che ovviamente viene speso nel nuovo Paese e non in Italia.

Matrimoni mediatici

Alcuni eventi nella vita delle persone, anche se comuni a tanti, hanno la capacità di suscitare profonde emozioni, di coinvolgere gli estranei nelle vicende private dei singoli. Il matrimonio è uno di questi eventi. Religioso o civile che sia, anche oggi che sono così frequenti separazioni e divorzi, il matrimonio ha il potere di attirare la benevola attenzione delle folle. Ben lo sanno coloro che per l’attività che svolgono hanno sempre necessità di essere alla ribalta della cronaca e niente è meglio di una cerimonia nuziale, aldilà, naturalmente, del suo valore etico e religioso. Le coppie note al grande pubblico si sposano con clamore, tutto al contrario di quanto avviene sempre più spesso per tutte le altre coppie.Nozze come strumento per aumentare la propria popolarità? Forse, a volte accade.

Non è un caso che tanti matrimoni di personaggi noti non permettano a fotografi e troupe televisive di essere ripresi o di fotografare il vestito della sposa. Ciò accade perché gli sposini hanno venduto l’esclusiva del loro matrimonio (e quindi dell’abito) a una testata o a un programma televisivo. E il prezzo sale in base alla popolarità dei due piccioncini. Da considerare anche che in molti casi i matrimoni dei personaggi noti vengono completamente pagati dagli sponsor in cambio di citazione e diffusione di immagini a livello mediatiaco di abiti, accessori, acconciature, catering, auto e luogo in cui si svolge il banchetto.

Del resto tanti personaggi celebri sfruttano la propria popolarità vendendo in esclusiva ai media le immagini dei pancioni quando sono in dolce attesa, del bambino appena nato, del nuovo amore appena incontrato (in molti casi pure patacca) e via con l’esclusiva per racimolare un po’ di denaro. I personaggi caduti in disgrazia invece devono sperare che qualcuno li fotografi in occasioni del genere in modo da tornare alla ribalta almeno a tempo determinato.

La tendenza dei non personaggi, invece, è quella di unirsi in matrimonio il più

lontano possibile dall’Italia. New York o le Seychelles,Caraibi o Mauritius, India o Cina purché all’estero e purché lontanissimo. Gli sposi con la valigia sono in continuo aumento. Gusto per l’avventura, per il “famolo strano” di sicuro, ma non è secondario il fattore economico. Si risparmia sui costi sia perché alberghi e ristoranti in determinate località sono molto più bassi, sia perché molti invitati non se la sentono di prendere l’aereo per partecipare a un matrimonio. Così si risparmia anche sul numero delle presenze.

La tristezza dei delfinari

Quando vediamo trasmesse le immagini dei delfini che giocano nelle vasche in cui sono costretti a vivere e danno spettacolo proprio come fanno le scimmie addestrate, non riceviamo il messaggio della loro infelicità. E invece è quanto dovremmo vedere se il Governo indiano ha proibito gli spettacoli acquatici e ha dichiarato moralmente inaccettabile la detenzione dei cetacei per spettacoli. Ma il ministro dell’Ambiente e delle foreste è andato oltre: ha affermato che i delfini dovrebbero essere considerati come esseri viventi e avere rispettati i loro diritti, la loro intelligenza e la loro sensibilità.

L’India non è il primo grande Paese ad aver messo fuorilegge i delfinari. Prima di lei lo avevano fatto Cile, Costa Rica e Ungheria. Purtroppo per i delfini, però, il pubblico è attratto dai grandi salti e dalle giravolte che compiono questi cetacei e le strutture che li ospitano ne ricavano ingenti risorse economiche. Ed è così che, nonostante i continui appelli delle associazioni per la protezione degli animali si continua quasi ovunque a tenere i delfini in gabbia: dagli Stati Uniti alla maggior parte dei paesi europei. A quando la fine dell’angosciante spettacolo anche in Italia?

Le tisane del “malessere”

Le erbe sono sempre più frequentemente usate anche in Italia come tisane, ma anche come vere e proprie medicine. Le più richieste sono le erbe della medicina tradizionale cinese. Ma anche in questo settore, come in molti altri diffusi nella vita quotidiana, è scattato l’allarme. A farlo scattare è stata Greenpeace che ha fatto controlli sui prodotti venduti nel Nord America e in Europa. I dati più preoccupanti vengono dall’aver scoperto nelle erbe la presenza di dosi massicce di pesticidi nocivi. Anche l’Italia non è immune dalla presenza di questi prodotti pericolosi per la salute. In alcuni prodotti acquistati sono stati rintracciati ben 23 pesticidi di diversa natura. Tra questi ne figurano due che risultano essere vietati anche nel Paese produttore, la Cina.

I residui chimici sono tossici e un loro accumulo nell’organismo può causare disturbi gravissimi al sistema ormonale e riproduttivo oltreché a quello cognitivo. Il fatto è che in Cina il sistema agricolo fa grande uso della chimica e le erbe del benessere non ne sono esenti, tanto da poter essere chiamate “del malessere”. Si attendono ora interventi delle autorità europee volti a tutelare la salute dei consumatori attraverso controlli e sistema di monitoraggio molto severi. Si attendono...

Sesso: gli italiani più veloci di Speedy Gonzales

Noi italiani siamo i più invidiati al mondo per i nostri record in campo sessuale. Pensa un po’ : una media per coppia di 9 rapporti al mese. È una cifra che supera alla grande la media mondiale. Purtroppo, però, a tante prestazioni non corrisponde un’altrettanto alta qualità delle stesse. Al contrario, c’è veramente da rattristarsi. Ed è quanto accade . Gli italiani nel dichiarare l’alto numero di prestazioni palesano anche la loro grande insoddisfazione per la velocità dei rapporti stessi: ben una coppia su quattro non supera i due minuti.

È questa la fotografia di un’indagine promossa dalla Società italiana di urologia e dall’Associazione ginecologi ospedalieri italiani. Secondo la ricerca, condotta dalla DoxaPharma, nonostante i 108 rapporti l’anno il 70% degli italiani a letto è insoddisfatto delle proprie prestazioni. Ed è per questa insoddisfazione che 800 mila coppie sono a rischio d’infedeltà e rottura perché non basta la quantità, è necessaria anche la qualità del rapporto. Secondo il segretario generale della Società di urologia il disturbo sessuale maschile più comune è l’eiaculazione precoce che comporta molta frustrazione in entrambi i partner che reagiscono in modo diverso: lui perde l’autostima e lei con rabbia e aggressività. Da qui le tensioni che possono portare alla crisi della coppia.

Fatti i debiti conti il sesso per 4 milioni di coppie non dura più di due minuti, ma, nonostante la gravità del disturbo, soltanto un uomo su dieci affetti da questo problema si rivolge al medico per migliorare la situazione. La maggior parte cerca il rimedio attraverso un’anonima ricerca fai da te sul web. Probabilmente per non voler ammettere davanti al medico di avere questo disturbo. Ma difficilmente attraverso il web risolverà i propri problemi, anzi, è più facile che entri in confusione e peggiori la propria condizione. Scriveva Baudelaire: “Il sesso è il lirismo del popolo”. Allora, stando alle statistiche, il popolo italiano è in gran parte stonato...

Italia in saldo

I grandi marchi della moda, il famoso made in Italy che da un po’ di anni è made ovunque tranne che in Italia, hanno preso già da tempo la strada dell’estero. Siamo arrivati persino a vendere a un magnate indonesiano una squadra di calcio storica e potente come l’Inter. Da che mondo è mondo i gioielli di famiglia vengono venduti quando si è all’estremo delle forze. È questo il punto in cui siamo arrivati nonostante il contributo di sangue e sudore che i cittadini pagano attraverso tasse e contributi tra i più alti del mondo?

Ci stanno spogliando di tutti i nostri averi e meno male che non ci portano via la terra su cui poggiamo i piedi. Perché con tutta la nostra intelligenza, cultura ed esperienza non riusciamo a salvare quelle tradizioni che ci hanno fatto grandi nel mondo? Il patrimonio di un Paese, economico, culturale, storico, ambientale va tutelato, coccolato, protetto, integrato e aumentato. È vero, in un libero mercato le operazioni economiche e finanziarie, se corrette, non possono essere impedite, ma prevenute sì. Non si può privare il nostro Paese delle innovazioni e della genialità tipiche della nostra classe imprenditoriale. Ma c’è qualcuno che possa spiegarci perché marchi storici del made in Italy abbiano preso il volo per essere nelle disponibilità di multinazionali d’Oltralpe?

E che cosa facciamo per frenare il depauperamento delle nostre aziende che sono patrimonio comune tutti gli italiani? La lista delle imprese che sono state cedute ad altri Paesi è lunghissima e ogni giorno cresce: dalla Ducati alla Parmalat, dalla Lamborghini al Nuovo Pignone, da Bulgari a Richard Ginori, da Pomellato a Loro Piana. Una fetta d’Italia acquistata dalla Francia. E poi c’è l’emiro del Qatar che ha rilevato Marzotto e Valentino, l’Olanda che ha preso Safilo. Senza parlare del made in Italy nel settore agro-alimentare. E ancora: le bollicine di Gancia sono finite in Russia. E poi Galbani, Carapelli, Sasso, Locatelli, San Pellegrino tutti in mano straniera. Anche la birra Peroni che è andata addirittura

in Sudafrica. E poi l’Antica gelateria del corso, Buitoni e Perugina. Nelle vigne del Chianti è un tripudio di giapponesi e di cinesi.

Il riso Scotti è spagnolo come la Star mentre la giapponese Mitsubishi, famosa per i suoi motori, è diventata il più grande produttore di pelati del nostro Sud. Anche l’Orzo bimbo batte bandiera straniera. Si spiega allora perché la nostra produzione industriale negli ultimi 5 anni sia calata del 20% e perché in Europa siamo al 15° posto per produttività del lavoro, dopo la Grecia. È facile: stiamo perdendo le industrie.

Un Paese dove vige l’ipocrisia

L’Italia è un Paese molto ipocrita. Non a caso se ci fossero le centraline per misurare l’ipocrisia esploderebbero. Altro che polveri sottili. È il Paese dei paradossi. Prendiamo, per esempio, la normativa che vieta le coltivazioni ogm, ovvero degli organismi geneticamente modificati. Ebbene, nonostante questo non siamo un Paese “ogm free”, vale a dire libero dagli ogm in quanto la gran parte dei mangimi utilizzati negli allevamenti italiani (esclusi gli allevamenti biologici) è prodotta da soia e mais geneticamente modificati importati da Stati Uniti, Canada e America Latina. Importiamo il 70% del grano tenero, il 56% del grano duro, il 30% del mais, il 90% della soia, oltre a metà delle carni e persino pomodori e olio di oliva.

In gran parte le derrate che importiamo derivano da prodotti ogm. Senza queste tonnellate di derivati di ogm tutto il settore dei mangimi scomparirebbe e, con quello, il meglio del “made in Italy” alimentare, fondato sui marchi Dop e Igp. Quindi i formaggi sono fatti in Italia ma le mucche vengono alimentate con mangimi ogm nella stragrande maggioranza importati dall’estero. L'Italia produce solo l'8% della soia di cui necessita. Non c’è dubbio quindi che i formaggi e i prosciutti Dop italiani esistono anche grazie ai mangimi ogm. Con i mangimi ogm con i quali viene nutrito il 90% degli animali d’allevamento e sono all’origine di tutto il made in Italy. Più ipocriti di così?

Le plossime pagine vi sono offelte dalla Lepubblica popolale cinese.

Ti invitiamo ad assaggiale i nostli plodotti tipici uguali a quelli italiani: compla le nostle mozzalelle flitte di bufala cinese, il plosciutto flitto di maiale cinese a folma di bolsa italiana, i folmaggi flitti cinesi plovenienti da pecole e mucche allevate con involtini plimavela e liso alla cantonese nelle campagne di Pechino. Se non ti piace il folmaggio puoi complale soltanto il plosciutto cinese pelché hanno lo stesso sapole. Assieme alla base del plodotto, infatti, ti vendiamo la bustina col gusto identico all’oliginale: gusto salmone, gusto plosciutto, gusto mozzalella, gusto pizza, gusto cappuccino, gusto bistecca alla fiolentina. Ploplio come piace ate, calo italiano.

Parlare in pubblico è la seconda paura dopo quella di morire

Hai paura di parlare in pubblico? Come devi fare un intervento di qualsiasi tipo cominci a sudare come Paolo Bonolis? Ti si azzera la salivazione e non riesci più a emettere nemmeno un sibilo? Tranquillizzati, sei in ottima compagnia in quanto le statistiche dicono che la paura di parlare in pubblico è seconda dopo quella della morte. Quindi è una delle ansie sociali più diffuse. Ma saper comunicare è sempre più importante soprattutto in questa che comunemente viene definita come era della comunicazione. Come dico ai miei studenti quando parliamo in pubblico subentra l’ansia per un motivo molto semplice. Perché temiamo il giudizio degli altri. Prima di parlare in pubblico dobbiamo conoscere bene da chi è composta la platea alla quale ci rivolgiamo. Quindi carica la tua autostima, non devi mai pensare che non ce la farai. Devi pensare positivo, pensare che il pubblico ti ascolterà con interesse.

Preparati molto bene prima di un discorso ma non imparare a memoria ciò che devi dire (la lettura risulta innaturale e quindi non convincente e al primo vuoto di memoria ti bloccherai) e non leggere mai. Al massimo dai un’occhiata alla tua scaletta suddivisa soltanto per punti. Ti consiglio di ridurre il discorso a parole chiave vale a dire a un elenco di quelle parole che da sole possono aiutare la memoria a continuare il tuo intervento. Esercitati davanti a uno specchio a parlare a voce alta oppure di fronte a un tuo amico cavia. Soltanto una grande preparazione sull’argomento che dovrai trattare ti farà sentire sicuro.

Si può imparare a gestire la paura di parlare in pubblico solo esercitandosi. Esercitati alla riunioni di condominio, a quelle sindacali, prendi la parola alle presentazioni di libri o durante alcuni eventi, a matrimoni o compleanni. Insomma, non farti sfuggire le occasioni per condividere i tuoi pensieri assieme ad altre persone. Per risultare più dinamico e convincente non fare perdere alla platea il linguaggio del tuo corpo. Fai il tuo intervento in piedi(consente di essere

visti e sentiti meglio) non seduto e se puoi muoviti, ma non come un indemoniato. E ricordati di guardare tutta la platea non soltanto coloro che ti osservano in modo interessato. Bisogna scambiare lo sguardo con le persone per farle sentire coinvolte. Mai privilegiare una sola parte della platea. In questo modo eviterai di creare i cosiddetti “orfani”, persone cioè che se non sono contattate con gli occhi si sentono escluse e di conseguenza tendono a distrarsi. Lo psichiatra austriaco Alfred Adler diceva: “L’occhio non è solo un organo di ricezione e trasmissione di raggi, ma anche un organo di comunicazione sociale”.

Quindi evita le braccia conserte (posizione che comunica stati di disagio, di ansia o di disinteresse) e le mani in tasca, puoi tenere una penna stilografica in mano e avrai risolto così il problema. Le mani vanno usate per accompagnare e dare forza a ciò che si sta dicendo e non vanno mai tenute in tasca. Vanno tenute aperte e rivolte verso la platea (lo sanno bene anche i pontefici). L’effetto “insaponatura” tipico della comunicazione di Bruno Vespa ha sempre una percezione negativa. Evita i pugni e non mettere le mani sui fianchi. Importanti sono un gesticolare misurato con le mani mai più alte del torace, senza puntare il dito e una distanza dall’altro tale per cui non lo si induce a retrocedere. Quando parli, poi, cambia spesso la scala timbrica. Un abbigliamento adeguato alla situazione ti aiuterà a sentirti a tuo agio. Se puoi utilizza i visivi: sono importanti per distogliere l’attenzione su dite e ti suggeriscono il o successivo. Di grande importanza è anche la respirazione.

Fai esercizi di respirazione diaframmatica, inspirazione, pancia in fuori e viceversa. Se si trattiene il fiato il corpo s'irrigidisce e l’ansia cresce. Inspira ed espira lentamente immaginando che con l’aria se ne vada anche la tensione. Questo esercizio ti aiuterà anche a mantenere la concentrazione. Respira con calma e in profondità nei minuti prima del tuo intervento e fallo anche durante. Non dimenticare che anche i bravi oratori hanno paura quando salgono su un palco ma hanno imparato a gestirla. L’ansia e la paura non possono essere eliminate ma gestite o usate a proprio vantaggio. I pensieri creano i comportamenti e quindi le emozioni. Se visualizzerai te stesso vincente, sarai vincente. Nella comunicazione l’improvvisazione non esiste. Non a caso lo scrittore americano Mark Twain diceva: “Di solito ci metto tre settimane per

preparare un discorso improvvisato”.

I danni della contraffazione

I consumatori complici della falsificazione degli alimenti. È questa la nuova strategia dei truffatori internazionali. I prodotti più falsificati sono proprio quelli italiani, particolarmente richiesti per la loro qualità. E così dal vino all’olio, dalle mozzarelle al parmigiano tutto viene prodotto in laboratorio. Sì lo so, era già noto. È vero, ma ora i truffatori si sono perfezionati: non sono più loro a vendere i prodotti contraffatti, ma i consumatori stessi a produrli. Le organizzazioni truffaldine hanno reso loro complici i comuni cittadini in un modo molto semplice: facendoli acquistare il kit per farli loro stessi. I kit contengono tutto ciò che serve per fare formaggi, mozzarelle e ricotte: dalle garze ai termometri, dai recipienti alle polveri varie.

All’acquirente-produttore è sufficiente aggiungere il latte. E poco importa se il risultato è un prodotto gommoso e duro: il suo costo è molto ridotto e la soddisfazione per aver fatto da sé una ricotta o una mozzarella rende il tutto molto gustoso anche se si tratta di un prodotto disgustoso. Il fatto che i cittadini australiani e britannici facciano da sé i prodotti caseari traendone grande soddisfazione, magari anche pensando di essere capaci di fare l’italian cheese può importarci poco, importa invece il danno economico che ci deriva dalle contraffazioni e sofisticazioni dei nostri prodotti alimentari che ammonta a 60 miliardi di euro e ci costa ben 300 mila posti di lavoro.

Si sta producendo, insomma, quel grave fenomeno che riguarda i nostri vini, sommersi, soltanto in Europa, da 20 milioni di bottiglie contenenti un prodotto marcato come vino italiano ma fatto con le polverine.È vero, l’Interpol è intervenuta e la Gran Bretagna ha bloccato le vendite del vino artefatto, ma i produttori hanno rimesso nel mercato gli stessi pseudo vini semplicemente aggiungendo o togliendo una lettera alla loro denominazione. Così il Chianti è diventato Canti e al Barolo ha aggiunto una lettera: Barollo. E il gioco è fatto, anzi la contraffazione è fatta.

Tutti noi condanniamo a parole i prodotti taroccati in quanto l'illegalità altera le regole del mercato e penalizza le imprese regolari, ma milioni di italiani quando si tratta di acquistare una borsa griffata non rinunciano a comprarla falsa pur di ostentarla. Un atteggiamento che, secondo un'indagine Confcommercio-Format, coinvolge un consumatore italiano su quattro. Oltre alle borse anche cinture, portafogli, occhiali, abiti, giacche, magliette ma anche cosmetici, parafarmaci, cibi, gadget elettronici, perfino elettrodomestici, sono i prodotti illegali maggiormente acquistati dal 25,6% dei consumatori, almeno una volta. Il fenomeno - rivela l’indagine - in aumento negli ultimi anni, è più diffuso tra le donne e i giovani; il Mezzogiorno l'area più colpita.

Per oltre il 50% dei consumatori la ragione principale degli acquisti illegali è di natura economica e con la crisi, il fenomeno ha subito un incremento. Acquistare prodotti o servizi illegali rischia però di diventare la normalità: oltre il 55% dei consumatori ritiene questi acquisti piuttosto normali e, inoltre, utili per chi ha difficoltà economiche. Ecco l’ipocrisia italiana: chi non si può permettere una borsa, un accessorio o un abito griffati dovrebbe acquistare quelli di marche non famose evitando di voler ostentare a tutti i costi la griffe che poi griffe non è in quanto è puro tarocco. Meglio un bell’oggetto non firmato che un oggetto falso. Chi ha l’originale individua subito il falso e così si creano anche situazioni imbarazzanti.

“Sono felice come una mosca in un Paese di stitici”

Il ristorante in casa

Dalla Repubblica Ceca arriva un’idea golosa: are dal bed and breakfast, cioè dal soggiorno in camera con tanto di prima colazione in un’abitazione privata all’home restaurant, vale a dire al ristorante in casa. Così, invece di preparare il pranzo e la cena soltanto per se stessi e per i propri familiari la cerchia si allarga verso l’esterno. Anche il modo per pubblicizzare la propria attività e far intervenire gli ospiti paganti è inconsueto: anziché mettere il menu all’esterno della propria abitazione, cosa quasi sempre impossibile e, soprattutto, di scarsa visibilità, si mandano le e-mail con la descrizione dei piatti del giorno a quante più persone è possibile.

A quanto pare questa iniziativa riscuote un successo talmente grande che per assicurarsi un posto a tavola occorre prenotarsi al momento stesso in cui si riceve la mail. Molti luoghi di ristoro sono dotati di balconi o terrazze dove, al posto dei vasi di fiori, sono collocati tavoli e sedie. Insieme alle portate della giornata viene indicato il costo a persona e non soltanto: si specifica il costo degli ingredienti e quello del tempo impiegato per portare il cibo in tavola. Non è dato sapere se, a richiesta degli avventori, vengono mostrati gli scontrini degli acquisti, ma quest’ultima parte della e-mail mi sembra francamente un po’ ingenua o, forse, gli ideatori di questi ristoranti in casa fanno un abile uso dell’ingenuità dei loro avventori. Un’iniziativa che ora, in tempi di crisi, sta prendendo piede anche in Italia.

I falsi poveri che lavorano in nero

Peccato che l’Istat non ci dica quanti milioni di italiani lavorano in nero tanto da risultare indigenti e usufruire così di tutti gli aiuti statali. In compenso ogni giorno ce lo ricordano la Guardia di finanza e gli ispettori dell’Agenzia delle entrare. Persone che appaiono disoccupate ma che in realtà lavorano e pure tanto ma soltanto in nero. Indigenti sulla carta che però vivono da pascià utilizzando auto di lusso intestate ad altri e indossando abiti griffati. Non a caso se provi a prenotare un volo intercontinentale per alcuni Paesi tropicali per Natale e Capodanno oppure per le festività pasquali (quando i prezzi sono alle stelle) avrai grandi difficoltà a trovare un posto. Così come i ristoranti di lusso non hanno subito grandi perdite. Anzi, per accaparrarsi un tavolo bisogna prenotare con alcuni giorni di anticipo. Un motivo ci sarà...

Truffatori si nasce

I risultati di una ricerca di studiosi del comportamento umano realizzata da varie, prestigiose università statunitensi e britanniche hanno creato panico e sconcerto non soltanto nel mondo scientifico, ma un po’ in tutti i settori che si occupano di psicologia e sociologia. Ma che cosa è emerso di tanto sconvolgente in questa ricerca? Semplice: si è scoperto che tutti coloro che compiono azioni ritenute dalla morale corrente non etiche, ma disonorevoli, se la sfangano, nel senso che se il loro inganno o frode o qualunque altra azione ritenuta biasimevole non viene scoperta provano una soddisfazione enorme. Non è un caso che i nostri truffatori celebri, anche se scoperti, poi tornino a truffare.

La loro autostima sale alle stelle, si sentono più furbi e intelligenti degli altri e sono quindi spronati a ripetere le azioni indegne volte a ingannare il prossimo. Risultati sbalorditivi, quelli di questa ricerca, specialmente per il mondo anglosassone, molto meno, per la verità, per gli italiani che da sempre convivono con l’arte di arrangiarsi come è stato ben dimostrato da tante pellicole cinematografiche e da tante opere teatrali. E adesso arriva l’argomentazione scientifica ad apporre il suo suggello. Niente rimorso, dunque, né pentimento in chi frega il prossimo, ma intima soddisfazione. A questo punto per l’Italia si apre un nuovo settore economico da sfruttare: quello dell’istituzione delle “Accademie della fregatura”.

La nostra esperienza è lunga e vasta, comincia dagli anni della scuola primaria quando ci si allena a copiare il compito del compagno di banco per poi taroccare gli esami a un qualunque concorso pubblico per arrivare poi a destreggiarsi tra rimborsi fasulli, dichiarazioni di redditi, pagamenti di tasse e di emolumenti vari fino a farsi dichiarare ciechi nonostante l’auto e la regolare patente di guida o sordi malgrado la riconosciuta abilità nel suonare la chitarra, per non parlare dell’abilità nella fuga per evitare controlli su autobus e treni. Insomma, abbiamo scoperto il nostro petrolio: la cara, vecchia arte della truffa.

L’importanza di parlare con i bambini

Grazie alla tecnologia non c’è settore dello scibile umano che non venga studiato e analizzato. Particolarmente attive sono le scienze che hanno come soggetto l’uomo, le sue azioni, i suoi desideri e le sue reazioni. Un recente studio della Stanford university, particolarmente attiva in questo settore, è riuscito a dimostrare l’influenza della parola quando è diretta ai bambini e quando, invece, è da loro ascoltata dalla televisione, senza interazione, dunque. Prima di ogni altra valutazione è emersa la diffusione dell’assenza o della rarefazione del dialogo parentale con i minori. I ricercatori hanno osservato 29 bambini molto piccoli, di appena 19 mesi la cui origine era per tutti latinoamericana.

Ogni bambino indossava un registratore per captare tutti i suoni a cui veniva esposto durante una giornata. A distanza di 5 mesi dall’inizio dell’esperimento i bambini sono stati esaminati dall’équipe di studiosi ed è emersa una verità già nota ma non dimostrata a livello scientifico. Ora lo è: i bambini con i genitori che si rivolgevano a loro parlando e interagendo avevano un vocabolario molto più ampio, ricco e una velocità maggiore nell’elaborare le parole che gli venivano dette.

Al contrario, sono apparsi con un vocabolario molto ridotto e stentato tutti quei bambini con i quali i familiari non avevano molto dialogo. Quantificando, i bambini che si esprimevano con più parole erano quelli i cui familiari ne rivolgevano ben 12 mila al giorno, mentre quelli con un lessico ridotto ne sentivano soltanto 600 e, perlopiù, captate dalla televisione o dal dialogo tra adulti. La considerazione finale dello studio è che esporre i bambini all’ascolto delle parole provenienti dalla televisione non è sufficiente a far sviluppare il loro vocabolario perché per impararle è necessario interagire con gli altri.

Le plossime pagine ti sono offelte dalla Lepubblica popolale cinese.

Abbiamo complato tutti i dilitti di questo liblo pelché il suo autole, quello con quel nome assuldo pieno di elle, Igol Lighetti, aveva tanti debiti e noi cinesi siamo molto genelosi e amiamo aiutale le pelsone e le nazioni in difficoltà. Non a caso abbiamo complato anche gli Stati Uniti. Voi italiani siete blave pelsone e noi vogliamo aiutale voi. Ai vostli debiti possiamo pensalci noi, ve li possiamo complale anche tutti se volete. Voi non pleoccupatevi: i vostli paltiti di centlodestla e di centlosinistla continuino pule a litigale pel qualunque cosa, voi continuate pule a evadele il fisco, a fale tanti come li chiamate voi, ah sì, sciopeli, quando non andate a lavolale insomma, noi non conosciamo questa palola. Continuate pule a fale tante feste, a lavolale 7-8 ole al giolno, a complale la nostla enelgia elettlica ploveniente dalle noslte centlali nucleali pelché voi non le avete e non potete neppule complalvi le auto elettliche pelché l’enelgia vi costelebbe ogni anno più di un appaltamento nel centlo di Loma, continuate pule a litigale pelché non volete le autoslade e le fellovie veloci, continuate pule ad aumentale il numelo dei vostli politici e a dale lolo tanti soldini. State seleni, i vostli debiti possiamo complalveli tutti noi. E facciamo tanti negozi impolt expolt, tanti listolanti cinesi e negozi dove potlete tlovale qualunque cosa, apelti 24 ole al giolno anche la domenica e i festivi pelché il noslto pelsonale è più lesistente del vostro pelsonale e lavola anche 24 ole al giolno senza bisogno di liposo.

La Lepubblica popolale cinese ti augula buon ploseguimento di lettula.

In Albania per diventare medico

Non si danno per vinti, non sono riusciti a superare il test di ammissione alle facoltà di Medicina e odontoiatria e allora vanno studiare dove? In Albania. Già, la stessa nazione dove si diceva che Renzo Bossi in arte il Trota, figlio del celebre Senatur, prese la laurea. Proprio in quell’occasione fu intervistato Edi Rama, presidente del partito socialista albanese, dal 2000 al 2011 sindaco di Tirana. In Albania, spiegò Rama, dopo la riforma del 2005 che ha liberalizzato il sistema, sono spuntate “moltissime università private: alcune buone mentre altre sono fabbriche di diplomi a pagamento”.

A Tirana funziona una università privata, Nostra Signora del Buon Consiglio, gestita da una fondazione della Congregazione dei figli dell’Immacolata concezione, un istituto religioso di diritto pontificio. Anche qui si devono superare i test di ammissione che non prevedono, però, quesiti di cultura generale. Ed è così che centinaia di giovani si troveranno alla fine con un titolo accademico che non c’è bisogno di convalidare in quanto l’università Nostra Signora del Buon Consiglio rilascia lauree congiunte con alcune università statali italiane.

Le rette dell’ateneo albanese vanno dai 7 agli 8 mila euro all’anno. A questa cifra si devono aggiungere i costi per il mantenimento degli studenti. Che cosa dire? È una possibilità in più che viene offerta ai giovani intenzionati a fare il medico senza essere riusciti a superare il test di ammissione in Italia. Quelli di Tirana si suppone che saranno superati con successo. Resta da vedere quale preparazione medica riceveranno. Il poeta Carlo Porta, nella sua traduzione dall’Inferno di Dante scrive: “Mi sembrava impossibile che la morte avesse avuto tempo di ammazzarne tanti, sebbene abbia sempre in sua compagnia tanti medici, cerusici e speziali”.

Il pesce con il lifting

Esiste un prodotto di origine spagnola che, spruzzato sul pesce vecchio, lo fa apparire di nuovo fresco, appena pescato, anche nel caso sia marcio e ne copre le eventuali tossicità. Insomma, i pescatori truffatori sono ora diventati chirurghi plastici ittici. Ci mancava il lifting ai pesci. Chissà se questa sostanza funziona anche sugli esseri umani. Sarebbe la fine della chirurgia plastica e milioni di chirurghi sarebbero all’improvviso disoccupati. Una spruzzata e si perdono 20 anni. Fai attenzione quindi a quei pesci che ti fanno l’occhio di triglia.

Popolo di spreconi

I tumulti popolari che di tanto in tanto infiammano quella parte di mondo dove più numerosi sono i poveri e gli sfruttati scoppiano quando la gente non ne può più, quando non si riescono a sopire i morsi della fame. Fame che soltanto un appropriato uso del territorio può debellare. È l’agricoltura la regina di tutte le attività produttive perché né il petrolio né l’oro o l’argento possono saziare la fame. Ma chissà perché si parla molto poco di alimentazione, di aumento della produzione agricola, l’unica che ci permette di vivere. In diverse parti del mondo la pochezza delle aree coltivate provoca la morte per fame. E sarà sempre peggio perché la popolazione mondiale tra qualche decennio erà dagli attuali 6 miliardi di individui a oltre 10 miliardi.

E c’è molta preoccupazione tra gli studiosi perché le aree coltivabili anziché aumentare si stanno restringendo. La scienza, quindi, cerca il modo per incrementare le produzioni alimentari attraverso una nuova e impegnativa rivoluzione verde globale che vede protagonista l’intero pianeta. Ma mentre gli scienziati studiano il modo per nutrire il mondo gli italiani buttano il cibo avanzato o andato a male nei frigoriferi. Quasi il 10% della popolazione ha un’idea fissa: riempire il frigo di cibo come se il giorno dopo dovesse scoppiare chissà quale guerra o epidemia. La conseguenza è che molto cibo fresco va a male e deve essere buttato, così come accade anche con i barattoli di alimenti scaduti. Lo spreco domestico fa marcire ogni settimana tra i 250 grammi e i due chili di alimenti pari a un importo di sette euro a famiglia.

È questa la stima di uno studio dell’università di Bologna pubblicata nel Rapporto 2013 sullo spreco domestico in Italia, uno spreco alimentare che ci costa ben 8 miliardi di euro ogni anno. E meno male che con la crisi ci sono un po’ meno rifiuti perché gli acquisti sono più attenti, ma il getto di cibo nella spazzatura continua. Gli spreconi degli alimenti non sono tutti uguali: ci sono quelli ossessionati dalla scorta in frigo, i quali somigliano a coloro che fanno la scorta di farmaci, ma ci sono anche quelli che non mangiano gli avanzi e sembra

che siano proprio tanti coloro che non sanno regolarsi e cucinano porzioni esageratamente grandi che poi finiscono nella pattumiera. Chissà se la colpa è anche dei tanti programmi televisivi di cucina?

E pensare che la cucina italiana è ricca di ricette per riutilizzare gli avanzi così come è sempre stato fatto in ato nelle nostre case. In effetti si potrebbe pensare a un programma televisivo di cucina che insegni a realizzare piatti soltanto con gli avanzi. Almeno avrebbe un nobile scopo. Nella lista degli alimenti che più vengono gettati perché andati a male figurano la frutta e gli ortaggi, il pane, il latte e i formaggi. Questa sovrabbondanza di acquisti non è dovuta soltanto all’imperizia, ma spesso intervengono altre motivazioni dovute al frazionamento delle famiglie, al fatto che non si pranza tutti assieme a una determinata ora, ma ogni componente familiare si trattiene a scuola o al lavoro.

Una nota curiosa viene messa in luce dal Rapporto dell’università di Bologna che ha diviso gli sciuponi in categorie. Ebbene, il più sciupone di tutti è lo sperimentatore deluso, quello che vuole provare, assaggiare e poi, non soddisfatto, getta il cibo rifiutato. Insomma, se una parte di mondo muore di fame un’altra parte spreca il cibo. Non meravigliamoci allora delle reazioni cruente degli affamati. Scriveva James Joyce: “Uomo affamato uomo arrabbiato”. Mentre Elio Vittorini affermava in modo provocatorio: “Ogni morto di fame è un uomo pericoloso”. Insomma, sulla fame e affamati dovremmo soffermarci a pensare un po’ di più.

Anche gli oggetti hanno una data di scadenza

In natura tutto ha un termine e così è anche per gli oggetti di consumo che vengono immessi sul mercato con una scadenza nel loro Dna così da poter tenere sempre alta la richiesta. Al momento della sua produzione la merce ha una determinata prospettiva di vita e questo vale per le auto come per gli abiti, per le abitazioni come per gli elettrodomestici. Singolare e sotto gli occhi delle donne è il fenomeno delle calze di nylon che, apparse sul mercato nei primi anni ’40, subito dopo la guerra mondiale, erano indistruttibili, realizzate con la stessa fibra dei paracadute.

Piano, piano, però, venne modificata la composizione del materiale e le calze cominciarono a smagliarsi diminuendo sempre di più la loro resistenza.Ed è per questa scadenza dei prodotti che, nonostante la crisi economica, le fabbriche continuano a sfornare nuove produzioni in sostituzione di quelle finite, spente, non più funzionanti. La programmazione della fine è facilissima in qualsiasi apparecchio elettronico, basta inserire un comando nel software. Dopo un certo numero di utilizzi gli oggetti si guastano e, perlopiù, ripararli costa molto di più che acquistarli nuovi. Con l’elettronica si arriva a pianificare addirittura un guasto subito dopo il termine della garanzia, evento diffuso specie con i computer e i telefonini, auto ed elettrodomestici. È questo meccanismo diabolico a far continuare a vivere la società dei consumi che, seguendo il ritmo di vita, è sempre più accelerata così una lavatrice che fino a qualche tempo fa durava 10 anni adesso arriva a stento a 5 anni.

Se l’acquisto forzoso porta anche aspetti positivi per l’economia e per l’occupazione non c’è dubbio, però, che costituisca uno spreco enorme di materie prime e di energia oltre, ed è l’aspetto più inquietante, a generare una quantità spaventosa di rifiuti. Tutto ciò con grave danno per l’ambiente e con costi insostenibili per il loro smaltimento tanto che, sempre più spesso, container

colmi di televisori, computer e lavatrici partono per Paesi lontani e poveri come il Ghana e la Nigeria dove finiscono in discariche tossiche a cielo aperto. Contro questo spreco di denaro e questo continuo avvelenamento del Pianeta si muovono numerose associazioni che usano proprio uno strumento tecnologico come il web per raccogliere le segnalazioni degli utenti che parlano delle proprie esperienze con i prodotti acquistati fornendo informazioni su marche e modelli soggetti a un’usura precoce. I prodotti-spazzatura dunque, adesso hanno degli sceriffi che gli danno la caccia. E non soltanto. In molti Paesi europei si è aperta la ricerca per norme legislative atte a combattere l’obsolescenza dei prodotti.

I pro e i contro dei videogiochi

I videogiochi sono sempre stati messi sotto accusa per i loro effetti negativi soprattutto nei più giovani. Nocivi, dunque, sia dal punto di vista psicologico sia fisico. La loro influenza sulla psiche è notevole perché immedesimarsi in un assassino, sia pure per gioco, non può che traumatizzare e la risposta scientifica in tal senso viene dall’Indiana university school of medicine dove un gruppo di studenti è stato sottoposto a test comportamentali dopo una settimana di videogiochi violenti. Il risultato, molto visibile, è stato di un notevole aumento nell’aggressività, nell’ostilità e nella rabbia. Giocare per molto tempo, inoltre, magari fino a notte inoltrata, può favorire disturbi del sonno e ridurre, quindi, la capacità di concentrazione sul lavoro o sui banchi di scuola.

Per quanto riguarda l’aspetto fisico, invece, i videogiochi provocano effetti negativi sullo sviluppo corporeo dei più giovani che, attratti da quanto avviene sullo schermo si isolano da tutto ciò che li circonda e restano lì seduti per ore e ore. La mancanza di movimento e la posizione statica favoriscono l’obesità. Fin qui le critiche mosse dai ricercatori. Ma altri studiosi hanno cercato gli aspetti positivi dei videogiochi sui giovani e ne hanno trovati molti. Uno studio dell’università della California dimostra che i giochi di strategia, specie quelli tridimensionali, stimolano l’attività cerebrale e, nelle persone avanti con l’età, migliorano le abilità cognitive. Inoltre, quelli d’azione allenano il cervello dei giocatori ad aumentare la velocità delle capacità visive.

Fin qui quello che dicono le ricerche scientifiche che non si fermano, comunque, allo studio dei fenomeni causati dai videogiochi ma ne creano di nuovi, particolari. I ricercatori del dipartimento di oftalmologia della Harvard medical school, per esempio, hanno ideato un videogioco che migliora le capacità di orientamento delle persone non vedenti attraverso una mappa cognitiva fatta di tastiere e suoni. Benefici ne ricevono anche i bambini autistici che restano

affascinati dalle luci e dai suoni dei giochi. Insomma, come in tutte le cose, sembra di capire che è la quantità di tempo dedicata a questi giochi a dover essere controllata oltre, naturalmente, ad alcune immagini e situazioni eccessivamente violente, traumatizzanti per chi non possiede una personalità formata. Anche perché dai videogiochi raffiguranti battaglie e combattimenti il prossimo viene visto come nemico da abbattere, distruggere e annientare. Visioni, immagini che non possono non influenzare in modo negativo la visione dell’altro, soprattutto se più debole. Scriveva Karl Marx: “La violenza è la levatrice di ogni vecchia società, gravida di una nuova società”. Chissà allora che cosa ci aspetta.

Potremo ancora parlare di pensione?

I quarantenni come me possono soltanto parlare di pensione perché dubito che tra trent’anni (sempre ammesso e concesso che le pensioni le daranno a settant’anni e non a cento anni) quando il 90% dell’Italia sarà formato da pensionati e quei pochi giovani presenti e non ancora fuggiti all’estero dovranno lavorare per tutti noi ex quarantenni riceveremo qualcosa, forse non ci sarà dato neppure tutto quello che abbiamo versato. Già adesso il trattamento fiscale dei pensionati italiani è pesante e punitivo. Sia per la combinazione fra Irpef e addizionali regionale e comunale, sia perché, diversamente da quanto avviene nel resto d'Europa, il carico fiscale sulle pensioni è superiore a quello su analoghi redditi da lavoro dipendente. Per una pensione pari a tre volte il minimo (19.322 euro) si va dagli oltre 4 mila euro di tasse per pensionato italiano ai 39 a carico del pensionato tedesco. Pure il Wall Street Journal in un editoriale dedicato al modello fiscale italiano ha lanciato un avvertimento. “Con un’economia che stenta a ripartire e una disoccupazione a livelli record - ha scritto il giornale americano - il peso delle tasse in Italia potrebbe distruggere le prospettive di ripresa''. E aggiunge: “L'Italia si distingue in Europa per la sua dipendenza dalle tasse sul lavoro, pagate da imprese e dipendenti, per finanziare il sistema pensionistico, l’esborso per le pensioni di anzianità rappresenta circa il 13% del pil, ossia un terzo più alto rispetto alla Germania e il doppio rispetto agli Stati Uniti secondo i dati Ocse”.

Il paradosso è che in tempo di crisi economica e di carenza di posti di lavoro i pensionati vengono guardati come fossero privilegiati. Fra 30 anni, con una natalità sempre più bassa e l’invecchiamento della popolazione si potrà ancora parlare di pensioni o chi si azzarderà soltanto a pronunciarne la parola rischierà l’ergastolo ai domiciliari, ovvero nella propria casa di cui sta ancora pagando un mutuo di cinquant’anni, in quanto le carceri saranno più sovraffollate di come sono adesso?

Overdose di medicine

Sarà colpa delle brutte notizie che arrivano tutti i giorni dal fronte economico con tagli ai posti di lavoro e aziende che chiudono fatto sta che gli italiani si stanno ingozzando di medicine. Parola dell’Agenzia del farmaco che denuncia l’uso spropositato di medicine. È vero anche che molti farmaci, addirittura un terzo di quelli acquistati non vengono usati, ma gettati nella spazzatura. Italiani spreconi, dunque, e molto depressi. La spesa pubblica per i farmaci è esorbitante, fa male al bilancio dello Stato e anche ai cittadini che ne assumono in dosi eccessive quasi fossero un modo per sentirsi coccolati. Tra i farmaci più acquistati figurano gli anti ipertensivi, molto richiesti in Umbria, Lazio, Campania e Sicilia mentre gli antibiotici sono richiestissimi in Campania, Calabria e Puglia dove se ne fa un uso assolutamente eccessivo. Ma quello che più colpisce nel rapporto dell’Agenzia del farmaco è la grande quantità di consumo degli antidepressivi. L’Italia, Paese del sole è diventata la nazione della tristezza, dell’infelicità.

Le regioni dove se ne fa più uso sono Toscana, Liguria e Umbria. Ma gli psicofarmaci sono presenti in ogni luogo, in ogni armadietto dei medicinali. Sono soprattutto le donne a farne maggiore uso ed è un fenomeno davvero allarmante perché la depressione causa malattie serie che portano alla perdita di un elevato numero di anni di vita in buona salute. Naturalmente i maggiori consumatori di farmaci sono gli anziani. A volte li consumano, altre volte li dimenticano per decenni in qualche cassetto, altre volte ancora ne fanno incetta come nei periodi di carestia facendoli così scadere. Ma siccome siamo il Paese delle contraddizioni ecco che dall’analisi emerge come accanto a una spesa per i farmaci esorbitante ed eccessiva a causa dei tanti sprechi, per le terapie delle patologie rare non c’è alcuna garanzia di esenzione dalla spesa dei farmaci.

E le persone affette da questa patologie sono ben due milioni. Due milioni di cittadini dimenticati dallo Stato, affetti molto spesso da tumori maligni. Il 70% di loro sono bambini. È troppo chiedere un’integrazione delle cure a livello

territoriale ed eliminare le lacune legislative che gravano su di loro? No, non è troppo, ma in una Italia litigiosa, caotica e confusionaria può accadere anche questo.

I bar etici contro le slot

Tutto cambia, si modifica, si evolve. Soprattutto i consumi e le tendenze. C’è un movimento di opinioni, la cosiddetta tendenza sociale, che modifica le abitudini dei cittadini giorno dopo giorno attraverso il fare. Si spiega così un fenomeno nuovo, quello della diffusione via via sempre più massiccia dei bar senza videopoker, dei bar no slot che rinunciano al guadagno facile delle macchinette mangiasoldi, centinaia, migliaia di euro, per non essere complici della mania del gioco che sta prendendo sempre più persone. È vero, le sale del gioco d’azzardo si stanno moltiplicando e prendono il posto dell’anglosassone Bingo, ma è pur vero che anche i bar senza slot attraggono sempre più pubblico che rifugge la mania dei videopoker.

I bar etici, quindi, si stanno affermando in un’Italia dove i bar con le slot annesse sono oltre il 50%. Una scelta critica, dunque, contro l’ignoranza. Il gioco delle slot sta mettendo in crisi sempre più famiglie, rappresenta una moltiplicazione della crisi economica, ma anche sociale. Secondo dati recenti gli italiani dediti al gioco sono ben 35 milioni, tra loro 2 milioni sono quelli patologici.

Cifre spaventose che parlano di un profondo disagio, anche morale. Uno stato biscazziere, il nostro, dunque. In Italia lo Stato ogni anno incassa 33 miliardi e 800 milioni di euro dalla tassazione complessiva su gioco d’azzardo, alcol e tabacco ma ne spende ben 59 miliardi e mezzo per far fronte alle conseguenze che provocano dal punto di vista sociosanitario e della criminalità. Alla faccia dell’affare!

Nessuna scusa per i ritardi dei treni

La Corte di giustizia della Comunità europea ha sancito un nuovo principio che non potrà che trovare consenzienti i milioni di viaggiatori italiani vessati dai ritardi ricorrenti della nostra rete ferroviaria. I giudici europei sono stati molto chiari e in modo inappellabile sanciscono che non c’è scusa che tenga, non c’è frana, alluvione, terremoto, scioperi o suicidi sui binari che possano giustificare i ritardi dei treni. Gli orari vanno rispettati e se questo non avviene, non importa per quale causa, il viaggiatore va risarcito per il danno subito. Niente più cavilli normativi, dunque, di cui siamo maestri, non c’è più alcuna scusa: il viaggiatore ha diritto a un rimborso, sia pure parziale, del costo del biglietto.

La decisione della Corte di giustizia si applica in tutta l’Unione europea e d’ora in poi qualunque eggero, su qualunque treno viaggi, in qualunque parte d’Europa ha diritto a chiedere il rimborso parziale del prezzo del biglietto nel caso di ritardo, da quello di 60 minuti a salire. Il rimborso sarà maggiore quanto maggiore sarà il ritardo. E non c’è scusa che tenga. Finalmente un provvedimento chiaro e inappellabile!

La corsa all’aggiornamento

C’è una continua corsa all’aggiornamento non soltanto da parte degli individui, ma anche, e soprattutto da parte degli istituti di formazione e di cultura come le università che sembra facciano a gara nell’istituire i corsi più originali e, apparentemente, più inutili. Ed è così che aumentano i corsi di laurea che suscitano non poche perplessità. Prendiamo il caso, per esempio, della Facoltà di veterinaria dell’università di Bari dove è stato istituito il corso in Scienze dell’allevamento, igiene e benessere del cane e del gatto.

È vero, gli animali domestici sono in forte aumento nelle famiglie italiane ed è anche vero che non tutti conoscono le buone regole per tenere al meglio un cane o un gatto, ma sono sorpreso nel leggere che ci si può specializzare nella toelettatura di Fido e di Miao. Tra i corsi più originali spicca quello dell’università di Bologna che propone un corso di laurea in Scienze di Internet, materia che si suppone gli studenti universitari di oggi conoscano abbastanza bene. L’università Ca’Foscari di Venezia, invece, propone un master in Yoga ed è rivolto ai neolaureati in materie filosofico-religiose. Tutto da meditare.

Siamo italiani. O no?

Italia: Paese che vai, usanze che trovi. Se in alcuni rifugi dell’Alto Adige, là dove è consuetudine apporre il tricolore si è preferito eliminarlo ritenendosi evidentemente non italiani, a Padova, nel nuovo regolamento comunale appena approvato, nella parte riguardante la polizia mortuaria, spicca un articolo di legge assolutamente categorico che ordina come sulle tombe vadano scritti nome e cognome dei defunti. Qualunque parola commemorativa si voglia aggiungere deve essere rigorosamente in italiano. A sancirlo è l’articolo 31 che recita testualmente: “È fatto obbligo di iscrizione sul chiusino di loculo e di ossario di nome, cognome, data di nascita e morte del defunto ed eventuali parole celebrative in lingua italiana”. È scritto proprio così, in un italiano imperfetto, ma molto chiaro.

La nostra voce come

Sempre più italiani usano il computer con più o meno abilità, ma tutti, sia pure in misura diversa, hanno problemi a ricordare la con la quale identificarsi e questo perché c’è l’abitudine a modificarla a seconda delle operazioni che si fanno sul web. Così, quando i sistemi elettronici fanno la richiesta di controllo in caso di errori si entra nel panico, l’ansia genera confusione e dimenticanza. Ebbene, anche questo grave inconveniente è stato risolto grazie alla nuova generazione di riconoscitori biometrici vocali. È la nostra voce, insomma, a farci aprire tutte le porte. Non c’è bisogno di ricordare nulla, è sufficiente pronunciare qualche parola e scatta l’autenticazione.

Il sistema è molto utile anche per prevenire frodi e contraffazioni ed è già stato adottato da alcune grandi banche statunitensi e dall’operatore telefonico TMobile, ma per i prossimi anni ne è prevista una grande diffusione perché il sistema appare sicuro, molto di più dell’esibizione delle impronte digitali per il riconoscimento, prassi in uso per breve tempo, fin quando cominciò a circolare la voce che alcuni truffatori erano arrivati al taglio del dito della persona che usava questo modo per identificarsi. Con la voce, almeno per il momento, questo appare molto più difficile.

L’uso responsabile dei social media

Sappiamo bene quanto giovani e giovanissimi amino i social network, mezzi di comunicazione spesso ricchi di insidie per coloro che ancora non hanno la maturità necessaria per poter filtrare tutto quello con cui entrano in contatto. I giovanissimi, definitivi nativi digitali, sono nati con il computer, i telefonini intelligenti e i social network: li considerano quindi oggetti di uso comune. Questa caratteristica fa abbassare le difese verso questi strumenti. I tanti fatti di cronaca, anche nera,purtroppo dimostrano come troppi adolescenti siano indifesi di fronte a questi strumenti di comunicazione. Ci sarebbe bisogno di educarli all’uso dei social media inserendo corsi nei programmi scolastici.

È ciò a cui stanno pensando gli americani. Nel New Jersey, per esempio, il Senato dello Stato sta per approvare una legge in base alla quale nelle scuole pubbliche dovranno essere fornite agli studenti indicazioni per un “uso responsabile”dei social media. La novità dovrebbe essere valida dal prossimo anno scolastico. Mi auguro che ci si pensi anche in Italia, ma la vedo particolarmente lontana come ipotesi. La vedo lontana anche in considerazione del fatto che nei programmi scolastici italiani, a differenza di quasi tutti gli altri Paesi dell’Unione europea, non è obbligatoria neppure l’educazione sessuale e così tanti giovani continuano a ignorare le norme di prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili. E ad ammalarsi.

Ci si è ristretto il cane

Il mercato, si sa, controlla e registra ogni nostro acquisto che può essere un tablet, un paio di scarpe o una busta di insalata già lavata e tagliata. Anche le nostre abitudini vengono osservate e catalogate. Nulla di noi può sfuggire all’immenso occhio del Grande Fratello! E così ecco arrivare nuove statistiche sulle nostre abitudini. Questa volta riguardano i nostri amici a 4 zampe: i cani. Ed ecco la rivelazione, che poi tanto rivelazione non è dato che è sotto gli occhi di tutti: agli italiani si è rimpicciolito il cane.

Gli oltre sette milioni di esemplari che vivono sul nostro territorio hanno la taglia ridotta, sono bonsai insomma. A farne le spese sono i cani più grandi come i rottweiler, sostituiti dal molto più piccolo, jack russell. Senza parlare poi del chihuahua sempre più diffuso e coccolato forse perché fa tanta tenerezza piccolo com’è, tanto piccolo da non aver posto per gli occhi che trovano il loro spazio fuori dalle orbite. Ma non sembra essere stata la crisi economica a far ridurre la taglia dei cani ospitati nelle nostre case. È vero, un cane grande mangia molto di più di uno piccolo ma i produttori di alimenti per animali affermano che gli acquisti si orientano sempre di più verso le confezioni di cibo più costose.

Questioni di spazio, allora. Nelle abitazioni si convive con più facilità se il cane è di taglia piccola mentre quelli più grandi vivono in campagna o nelle ville dove la loro funzione è anche quella di difesa. Ma non sono soltanto i cani bonsai a convivere con noi. Anche quelli più grandi, ma giocherelloni o pubblicizzati dal cinema o dalla tv, trovano l’habitat ideale in un appartamento. Così è stato per il dalmata dopo il film “La carica dei 101” e poi del cocker a seguito di “Lilli e il vagabondo” e quindi il labrador dopo lo spot che lo vedeva srotolare la carta igienica. Di pari o con la vita dell’uomo anche quella del cane si è allungata e quelli di taglia piccola sono i più longevi, ma hanno un limite: soffrono di solitudine. Così, mentre un cane grosso fa compagnia all’uomo nel caso di un cane piccolo è l’uomo a dover fare compagnia al cane.

Le prossime pagine ti sono offerte dal corso pratico in 989 dvd sull’importanza del silenzio e sul suo ruolo nella comunicazione.

La società attuale è composta da rumore. “Il rumore - diceva Gandhi - non può imporsi sul rumore. Il silenzio sì”. Il corso parte dalla celebre massima di Oscar Wilde che disse: “A volte è meglio tacere e sembrare stupidi che aprir bocca e togliere ogni dubbio!”. I dvd sono stati realizzati da 20 studiosi noti a livello internazionale che sono rimasti in silenzio per vent’anni. Un corso consigliato anche ai single in quanto è risaputo che alle donne piacciono gli uomini silenziosi perché pensano che stiano ascoltando. Un bambino impiega due anni per imparare a parlare, un uomo impiega una vita per imparare a tacere. Vieni anche tu a riscoprire il valore del silenzio. Ben 727 ore di silenzio per imparare una volta per tutte a fare silenzio. Con soli 6.800 euro potrai acquistare l’opera che sognavi da sempre. Ora fai silenzio e continua la libroterapia.

L’esagerazione nell’uso diagnostico

Uno studio scientifico pubblicato dal British Medical Journal su 3 mila interventi medici ha provato che soltanto poco più del 10% di essi è risultato efficace. Il fatto è che, così come accadeva al tempo in cui la cura delle malattie era affidata agli stregoni, si ha una fiducia eccessiva sulle capacità della medicina che, al contrario, dimostra sempre di più di avere dei limiti, di non essere una scienza esatta. Così è nata un’associazione internazionale, la Slow medicine, il cui obiettivo è di ridurre gli interventi medici inutili. Si parte dalla constatazione di quanto l’eccesso di interventi sanitari causi più danni che benefici.

Secondo l’Institute of medicine americano le prestazioni che non recano alcun beneficio ai malati costituiscono il 30% della spesa sanitaria globale. Tra i Paesi nell’Ocse l’Italia ha alcuni record come il più alto consumo di antibiotici e il maggior ricorso al parto cesareo. Possediamo anche un più alto numero di apparecchiature diagnostiche per la risonanza magnetica e per la Tac e, di conseguenza, eseguiamo un numero eccessivo di esami radiologici non necessari. Questa esagerazione nell’uso diagnostico e di medicinali comporta danni alla salute dei pazienti, provocati sia dagli effetti collaterali dei farmaci sia dalle radiazioni cancerogene delle apparecchiature diagnostiche, oltre a incidere in modo pesante sui costi, tra i più elevati in Europa. Andarci piano, dunque, dare retta alla Slow medicine.

“Cane... a chi?” e, sul retro, “kiss my...”

Quanto lavorano le donne italiane

Incredibile: avevamo un record mondiale e non lo sapevamo. Per fortuna c’è l’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo che fa le pulci ai cittadini del mondo e in questo suo spulciare è venuto fuori che le donne italiane sono quelle che lavorano di più in casa e questo a livello planetario. E lavorano anche molto di più degli uomini italiani: ben 326 minuti al giorno. È sulle loro spalle che ricade in massima parte il lavoro per accudire i genitori anziani, i figli e le attività domestiche. La media dell’Ocse è molto più bassa: appena 131 minuti. E viene da ridere a leggere la media degli uomini italiani: a fronte dei 326 minuti delle donne loro dedicano appena 103 minuti. Se si leggessero le medie degli altri Paesi ci si renderebbe conto di quanta influenza abbia ancora in Italia il retaggio dei secoli che, non senza ironia, vedeva la donna “regina della casa”.

Una regina-schiava, per la verità. In Danimarca la differenza tra uomo e donna per il lavoro domestico non va oltre le 3 ore settimanali mentre le mamme cinesi ogni settimana lavorano 8 ore in più dei papà. E così noi svettiamo con uno scettro che non ci fa onore. Per curiosità, dietro all’Italia in questa classifica nera, si collocano il Giappone, India, Spagna, Nuova Zelanda e Turchia. Lavorano tanto le donne italiane, non più regine della casa, ma colf a tempo pieno, e come meravigliarsi se il sondaggio sulla soddisfazione della vita le vede in fondo alla classifica perché non hanno il tempo che vorrebbero da dedicare a se stesse e sono, quindi, delle insoddisfatte. Ma il dato più preoccupante deve ancora venire. Eccolo. Mentre nei Paesi Ocse la differenza delle ore lavorate tra uomini e donne si è assottigliata in Italia è aumentata.

I dati negativi, insomma, sono sempre più negativi. E la crisi economica rischia di aumentare questi dislivelli lavorativi. Oltretutto, anche le opportunità di lavoro e di carriera in Italia sono contro le donne. Anche qui c’è una classifica internazionale che, è inutile dirlo, ci vede in coda. Secondo il World economic

forum su 136 Paesi siamo al 124° posto per quanto riguarda la parità degli stipendi. Le donne italiane negli ambiti professionali sono ancora relegate in ruoli considerati femminili e quindi minori. Ma una speranza c’è ed è che in Italia avvenga quanto è accaduto negli Stati Uniti dove si è verificata una recessione maschile che ha travolto i colletti blu e le donne ne hanno occupato i posti.

I condomini come i ring

Le cause che più ingolfano i tribunali italiani sono quelle condominiali. Non c’è luogo sulla Terra più litigioso e rancoroso. Non mi risulta di qualche volume che riporti i tanti modi per litigare messi in atto dai condomini. Se qualcuno avesse la pazienza di cercare nell’archivio dei tribunali troverebbe materiale per un’intera enciclopedia. I pretesti per discutere sono talmente tanti, ma talmente tanti che la nostra mente non arriva a pensarli tutti. Penso ai più banali come il rumore dei tacchi, le porte sbattute, il cane nell’ascensore, l’auto parcheggiata fuori posto nel cortile, musica, radio e tv con il volume troppo alto, panni stesi gocciolanti, tappeti sbattuti mentre di sotto a un condomino.

E, ancora: cani che abbaiano in modo insistente, sigarette spente nell’ascensore, cartacce gettate nell’androne del palazzo, sputi sullo zerbino del portone d’ingresso.

Insomma, il condominio è il centro di tutte le nefandezze umane. È un luogo dove si esacerbano gli animi e si mettono a punto vendette diaboliche di ritorsione come il taglio delle gomme dell’auto del condomino che si vuole colpire. Non potendo intervenire sulle liti condominiali si è reso necessario emettere un decreto per evitare la paralisi dei tribunali.

E così è entrato in vigore il decreto Milleproroghe che prevede l’atto di conciliazione davanti a un esperto prima di arrivare in Tribunale. Le vie legali, infatti, oltre a non risolvere tutti i problemi, hanno un costo e una lunghezza nei tempi non indifferenti. Molto meglio, dunque, ricorrere all’arbitrato, un metodo alternativo alle liti giudiziali e, oltretutto, più rapido e meno dispendioso. Emblematico di quanto le liti condominiali possano arrivare a essere nefaste è il caso preso in esame dal Tribunale di Milano che riguardava il reato di stalking in un condominio. Il giudice ha decretato di sfrattare da casa sua la vicina che

disturbava i condomini del pianerottolo. Tutto è cominciato quando una coppia di circa 40 anni, forse proveniente dalla giungla e amica di Tarzan, va ad abitare in un condominio.

E comincia con i rumori molesti: tv e radio ad alto volume, urla di entrambi di giorno e di notte. Una coppia vivace, insomma. Nell’appartamento accanto vive un’altra coppia che chiede con gentilezza un po’ di calma. La risposta è immediata: una serie di insulti. E siamo solo all’inizio. La vicenda viene portata in condominio. Tornando al proprio alloggio il povero condomino viene afferrato per la collottola dal turbolento vicino che minaccia anche di ucciderlo con la pistola che dice di possedere. Da quel momento in poi canti a squarciagola fino al mattino e minacce di ogni tipo. Ecco scattare il reato di stalking e la condanna di allontanamento della donna vivace rimasta nel frattempo senza compagno. Scriveva John Ruskin: “Questa è la vera natura della casa: il luogo della pace, il rifugio, non soltanto da ogni torto, ma anche da ogni paura, dubbio e discordia”. Ma che sognatore!

Cocaina nell’acqua dei fossi

Un uomo di 36 anni era stato coinvolto con la sua moto in un incidente stradale nel quale aveva subìto l’amputazione di una gamba. Il motociclista era stato anche condannato per la presenza di droga nelle sue urine. L’uomo è stato assolto in appello perché il suo avvocato ha dimostrato che la presenza di cocaina era dovuta all’acqua del fosso nel quale il motociclista era caduto dopo l’incidente. E pensare che fino a oggi ero convinto che al massimo in un fosso si potessero trovare delle... canne!

Le plossime pagine ti sono offelte dalla Lepubblica popolale cinese.

Abbiamo voluto sponsolizzale di nuovo pelché sulla Cina sono state dette tante cose cattive e non vele.

Voi dite che noi cinesi mangiamo solo in listolanti cinesi. Non è velo: noi nei listolanti cinesi mangiamo anche cucina italiana e pizza. Voi dite che noi cinesi ci somigliamo tutti. È falso: noi cinesi abbiamo una calta d’identità pel tutti i componenti della famiglia pelché vogliamo lispalmiale la calta. Voi dite che noi cinesi stiamo distluggendo il melcato con i nostli plezzi bassi: non è colpa noslta se i vosli sindacati vi fanno lavolale così poco e vi pagano così tanto. Voi siete pigli noi no e dolmiamo poco voi dolmile tloppo. Voi dite che non avete mai visto un funelale cinese: questo è velo pelché noi cinesi siamo popolo immoltale.

La tassa sulle tasse

La tassa di sbarco nelle piccole isole è realtà. Anche se molti sindaci la preferiscono chiamare contributo di sbarco perché definirla contributo sa meno di imposta. Altri invece l’hanno definita “tassa di scopo”. Ma tale è: una tassa per turisti mordi e fuggi, più fuggi che mordi vista la situazione economica attuale. Il turista che sbarca su una piccola isola italiana su qualsiasi mezzo di trasporto è costretto a pagarla. Forse questa tassa servirà a frenare gli arrivi dei migranti irregolari. Chissà...

Comunque, consoliamoci. È più economica la tassa di sbarco della tassa di soggiorno. Del resto le tasse in Italia sono come le caramelle, una tira l’altra. Da noi le tasse sono davvero tante, sono come una matrioska: all’interno ce ne è sempre un’altra. A volte c’è anche la tassa sulla tassa. Se ci togliessero un po’ di tasse ci sentiremmo smarriti, non riconosceremmo più il nostro Paese, avremmo bisogno subito di uno psicologo.

Gli arresti domiciliari in albergo

Sono tanti i paradossi provocati dagli arresti domiciliari: detenuti che escono per fare la spesa, altri per continuare a delinquere, altri per fare una bella corsa e via dicendo. Esilarante la storia di un giovane arrestato dagli agenti del commissariato di Scanzano Jonico, in provincia di Matera, con l’accusa in concorso - con un altro giovane di 26 anni - di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Il ragazzo è stato allontanato da casa, dove si trovava agli arresti domiciliari, per dissapori con i familiari. Ha scontato gli arresti domiciliari in un albergo, a sue spese. Per fortuna non siamo ancora arrivati a pagare le camere degli hotel a chi commette reati.

Forse il nostro sistema giudiziario ha trovato il modo per evitare il sovraffollamento carcerario e aiutare tante strutture alberghiere durante tutto l’anno: riempire le camere con delinquenti agli arresti domiciliari in hotel. Ciascun delinquente, in base alla propria disponibilità economica, può scegliere l’hotel e la camera che desidera? Può scegliere anche hotel di lusso e suite con vasca idromassaggio, sauna, palestra privata e servizio in camera? Il delinquente potrà pure scegliere la località in cui intende are i propri arresti domiciliari? Gli spacciatori di denaro ne hanno sempre tanto quindi credo che possano tranquillamente trascorrere i domiciliari in località rinomate al mare, al lago o in montagna.

Chissà se potranno anche cambiare hotel in base alle stagioni. In estate un bell’hotel da sogno sul mare, magari a Taormina o a Porto Cervo e in inverno a Cortina. Non c’è che dire: il nostro sistema giudiziario è davvero creativo: si è inventato anche il turismo alberghiero degli arresti domiciliari. Ha trasformato gli hotel in galere. Francamente, però, non alloggerei mai in un albergo dove so che la metà delle camere è occupata da delinquenti ai domiciliari. Anche perché i casi di cronaca ci riportano di continuo evasioni di questi delinquenti e trovarmene uno in ascensore, nel corridoio o nella sala colazione mi provocherebbe una certa ansia mista a rabbia.

Il televisore è un tritacarne

Più guardo questa tv più penso che il televisore sia, tra gli elettrodomestici presenti nelle nostre case, il più inutile e il meno divertente. Preferisco guardare un pollo girare nel forno a microonde che vedere Barbara D’Urso e le sue espressioni di circostanza, reputo molto più divertente e interessante osservare l’oblò della lavatrice mentre sta lavorando la centrifuga che guardare e ascoltare Antonella Clerici, mi coinvolge di più osservare il mio frigorifero che fermare la mia attenzione su Gad Lerner. Di questi elettrodomestici non potrei fare a meno. L’elettrodomestico televisore con dentro questo tipo di personaggi è soltanto un bel soprammobile quando ha lo schermo piatto. Il problema è che anche il contenuto è piatto.

I necrologi sui pacchetti di sigarette

I fumatori, ma anche coloro che non lo sono, sanno bene che in Italia sui pacchetti delle sigarette da qualche anno campeggiano messaggi funesti all’interno di una cornice bordata di nero che ricorda i necrologi. Messaggi come “Il fumo danneggia gravemente te e chi ti sta intorno” oppure “Il fumo provoca cancro mortale ai polmoni” o “Il fumo uccide”. Purtroppo, però, siamo bombardati da messaggi comunicativi e le sole parole senza immagini altrettanto esaustive e drammatiche non suscitano più alcun effetto. Ormai siamo impermeabili alle parole tanto è vero che quelle frasi non hanno provocato alcuna diminuzione nel numero dei fumatori. Anzi, i fumatori le ritengono un elemento decorativo. C’è anche chi va in tabaccheria e dice:“Mi dia il pacchetto con la mia frase preferita, quella che dice il fumo danneggia gravemente te e chi ti sta intorno”.

I soli ad averne gioito sono stati i produttori di sigarette che grazie a quelle frasi non possono più essere denunciati dai fumatori che scoprono di essersi ammalati a causa del fumo. In altri Paesi, invece, assieme a frasi come “La dipendenza da nicotina causa dolore e morte” vengono pubblicate immagini choc con uomini o donne nel letto di ospedale oppure foto di un polmone annerito. Ritengo che prevenire i tumori e tutta la serie di patologie provocate dalle sigarette e dal fumo sia un dovere di tutti i governi del mondo. Però perché frasi analoghe, accompagnate da foto altrettanto crude, non vengono riportate anche sulle bottiglie di superalcolici che provocano non meno danni del fumo? E non provocano soltanto danni a se stessi ma anche agli altri come dimostrano i numerosi incidenti stradali provocati da conducenti in stato di ebbrezza.

I prodotti alimentari, per esempio, hanno tutti la tabella con i valori nutrizionali e con le calorie. Ma quelli ricchi di grassi e di zuccheri come le merendine o i biscotti perché non hanno anche frasi come “Questo prodotto fa ingrassare”, oppure “Se non vuoi diventare una balena mangia questo prodotto con parsimonia” o “Prima di spendere denaro per una liposuzione pensa a ciò che

mangi”. Del resto siamo ciò che mangiamo. Stiamo andando verso una società di obesi, sono tanti ormai i bambini in sovrappeso. E allora che cosa aspettiamo a pubblicare su questi prodotti foto di bambini e adulti over size, maniglie dell’amore che fu, addomi globosi e adipe traboccante dalle magliette?

Qual è il nostro profilo migliore?

Ogni volta che dobbiamo fare una fotografia con gli amici ci poniamo sempre la stessa domanda: ma qual è il nostro profilo migliore, quello destro o quello sinistro? C’è chi a questa domanda non riesce a dormire soprattutto coloro che hanno il naso aquilino. In genere chi ha un naso non regolare lo definisce “importante” in modo da non sentirsi ghettizzato. A prescindere dalle idee politiche di ciascuno di noi il lato migliore per essere immortalati sembra sia quello sinistro. Lo sostiene uno studio della Wake Forest university pubblicato sulla rivista Experimental Brain Research. Gli autori sono due psicologi i quali hanno fatto vedere a un gruppo di ricerca foto di donne e uomini immortalati sia dal lato destro sia da quello sinistro. Guardando il lato sinistro la pupilla del pubblico si dilatava di più sottolineando un coinvolgimento maggiore. Pare che le guance di sinistra mostrerebbero una più spiccata intensità delle emozioni venendo percepite come più attraenti.

La colonizzazione cinese

Non so se hai notato che sembrano essere quasi del tutto spariti i prodotti realizzati in Cina. O almeno su questi prodotti non compare quasi più la dicitura made in China. I produttori cinesi sono furbi: sanno che in Occidente i loro articoli hanno molto spesso una percezione negativa, di scarsa qualità. Quindi che cosa hanno fatto: continuano a produrre di tutto di più ma con l’etichetta made in Prc. Tante persone si sono chieste se Prc fosse un nuovo stato o una nazione che non conoscevano. Invece Prc è l’acronimo inglese di Repubblica popolare cinese, vale a dire made in China. Sempre in Cina si torna! Nella comunicazione è sufficiente mettere una sigla e il prodotto ha un’altra percezione ma la provenienza non cambia.

Le prossime pagine ti sono offerte dal centro estetico “Massaggio sushi”.

Vieni a provare i nostri massaggi sushi realizzati da pescatori giapponesi precari. Sono massaggi un po’ crudi ma molto efficaci. Questo mese abbiamo in offerta il massaggio sushi al piranha in 3D, quello ai gamberetti indiani ancora congelati e quello allo scorfano del Madagascar, brutto da vedere ma molto rilassante. Buona lettura.

Si fanno ricerche su tutto

In tutto il mondo i ricercatori universitari hanno il cervello fertile. Esistono studi e ricerche su tutto quello che può venirci in mente e anche su quello che in mente non ci verrà mai. Dal numero di acari presenti sulla tastiera del nostro computer a quanti capelli lasciamo sul cuscino ogni giorno. Un ricercatore giapponese, tal Kaoru Kumada, docente all’università di Tsukuba (i nomi e la notizia non sono frutto della mia creatività né di quella di Dario Argento) ha condotto uno studio sulle gomme da masticare usate e gettate per strada. Si è avvalso della collaborazione di una associazione che riunisce volontari per ripulire le città dai chewingum. Sensazionale la scoperta del ricercatore. Le gomme da masticare sono concentrati di batteri e ne ha stimato anche la quantità:tra uno e 10 milioni di unità per grammo.

Ci voleva uno studio per sapere che le gomme masticate pullulano di batteri. In che modo è arrivato a questo incredibile risultato? Nella maniera più tradizionale e disgustosa possibile. I volontari hanno raccolto le gomme da masticare sui marciapiedi di un quartiere di Tokyo. Quindi le hanno portate al ricercatore il quale con pazienza certosina le ha analizzate una a una. Come avrebbe fatto il pianeta ad andare avanti senza sapere il numero dei batteri che popola una gomma da masticare usata?

Senza questo studio avremmo potuto prendere tanti batteri quando raccogliamo una gomma già masticata per mettercela in bocca. Sì, perché sia io sia te che stai leggendo adesso raccogliamo chewingum usati per masticarli di nuovo. Il prossimo studio di questo ricercatore giapponese verterà su quanta verdura o quanto pesce mangiano i cani dei vari quartieri di Tokyo andando a raccogliere gli escrementi fumanti? O di quanti batteri ci sono negli sputi abbandonati sui marciapiedi? Oppure scoprirà quante volte al giorno un essere umano sputa? Mi piacerebbe tanto vedere le facce dei volontari di questa associazione che sono andati in giro per la città con i raccogli gomme da masticare.

I saluti nelle escursioni in montagna

Durante le escursioni in montagna ogni volta che lungo un sentiero si incontra qualcuno c’è la buona usanza, di grande educazione e cordialità, di salutarsi. Il problema sorge quando si percorrono sentieri semplici e molto frequentati. Tempo fa dopo soltanto mezz’ora di escursione avevo già detto 653 buongiorno e 500 salve. Mi si era seccata la gola da quante volte avevo salutato: buongiorno, buongiorno a lei, salve, ciao. Al solo pensiero che mancassero ancora due ore al rifugio mi sarei voluto gettare da un dirupo. Persone che salivano e che scendevano come fossimo sulla scala mobile di un centro commerciale di sabato pomeriggio. Dopo un’ora ero sfinito, non per la stanchezza causata dalla camminata bensì per quanto volte avevo dovuto aprire la bocca per salutare accennando pure un sorriso. In quel momento la mia solidarietà è andata ai commessi dei supermercati che per ore devono salutare, abbozzare un sorriso, chiedere quanti sacchetti occorrono, se hanno la carta fedeltà e, a chi non paga in contanti, se la card è un bancomat o una carta di credito.

Costretti a dire sempre dove andiamo

In Italia non si è più neppure liberi di uscire di casa perché c’è subito chi fa la spia alla redazione del programma “Chi l’ha visto?”. Niente, non ci si può neppure prendere un weekend libero. Dobbiamo sempre dire a parenti e amici dove stiamo andando, con chi e quanto tempo ci resteremo. Alla faccia della privacy. Se amici o parenti non ci vedono in giro, dopo due giorni rischiamo di trovare le nostre foto in tv, foto che magari non avremmo mai voluto far vedere a nessuno da quanto siamo venuti male. Per non parlare delle descrizioni che vengono fatte in questi casi.

Ipotizzo la descrizione che verrebbe fatta se sparissi per due giorni... “Da ieri Igor Righetti non lo sentiamo più in radio, non lo vediamo più in tv, né sui giornali. Non si è presentato neppure al suo corso universitario. L’ultima volta è stato visto ieri alle 9.58 vicino a un cassonetto intento a gettare la spazzatura. Indossava una tuta da ginnastica bucata di color verde muffa di una taglia più piccola e una maglietta orrenda acquistata probabilmente a una bancarella di abiti usati. Aveva i capelli sporchi e un brufolo sul naso. Igor Righetti è alto 1.83 ma ne dichiara 1.80. È quindi un evasore di centimetri.

Interagire con i maiali

Alcuni ricercatori olandesi stanno mettendo a punto un apparecchio attraverso il quale un essere umano può interagire con i maiali. Secondo i ricercatori in questo gioco, basato su fasci di luce proiettati sulla parete che i maiali possono seguire, si divertirebbero tutti i protagonisti. Belle parole, ma chi è che non sa che tra uomo e maiale il primo è il protagonista mentre il secondo fa.... la spalla?

L’artista che dipinge col pene

L’arte da sempre suscita emozioni. C’è chi dice che l’artista dipinge col cuore e chi con il cervello. L’artista di cui ti parlo, invece, rispecchia a pieno titolo il momento storico becero e sempre con meno valori che stiamo vivendo. Sto parlando dell’americano Tim Patch, più noto come Pricasso, il quale grazie alla sua particolare abilità artistica è tra i più richiesti del momento. Il pittore è riuscito a emergere e a farsi notare in tutto il mondo perché realizza le sue opere con il suo organo genitale.

Già, dato che tutti dipingono con le mani e molti artisti sono diventanti noti invece per usare i piedi o la bocca, questo pittore avrà pensato che l’unico modo per farsi notare fosse quello di realizzare le sue opere con una parte del corpo che in genere viene tenuta nascosta e che certo non è stata creata per la pittura. Grazie alla sua appendice usata come pennello quest’uomo è diventato celebre, super richiesto e quindi super pagato.Dopo tante opere probabilmente ormai à il suo organo soltanto come pennello per dipingere. Tra i suoi lavori più apprezzati spicca quello che ritrae l'ex presidente degli Stati Uniti George W. Bush. Chissà se il severo presidente ha posato davanti a lui per essere ritratto. Se così non è stato qualcuno aveva avvisato Bush che il suo ritratto sarebbe stato eseguito con quel tipo di pennello? E guai a chi dice che sono opere del c....!

Tutti dai veggenti

Sono circa 12 milioni e mezzo gli italiani che ogni anno si rivolgono a sensitivi, veggenti e guaritori, per un volume d'affari di circa 6 miliardi di euro l'anno, spesso non fatturati, anche se molti di loro conoscono bene le fatture. Gli operatori dell'occulto in Italia sono circa 120 mila, di cui 20mila quelli che ricorrono alla pubblicità per farsi conoscere.

Forse tanti milioni di italiani si rivolgono ai guaritori anziché ai medici perché hanno paura di trovarsi in una sala operatoria con i chirurghi che si prendono a pugni date le diverse colluttazioni riportate dalle cronache? Forse tutti questi milioni di italiani si rivolgono ai veggenti perché in Italia c’è bisogno della sfera di cristallo per capire che cosa sta accadendo?

Quando l’ignoranza fa più male della cattiveria

Tempo fa sono entrato in un bar della capitale per prendere un caffè. Nel locale non c’erano clienti. Subito dopo di me è entrata una signora con un chihuahua. La titolare del bar ha detto alla signora di legare il cane all’apposito gancio fuori dal locale perché i cani sono sporchi. La proprietaria dell’animale le ha risposto che essendo un cane di razza aveva paura che potesse essere rubato come già accaduto all’esterno di altri locali. Quindi è andata via. A quel punto mentre stavo finendo il mio caffè ho chiesto alla titolare del bar se disponeva dei guanti per servire i croissant. Mi ha risposto di no, che li trova scomodi per lavorare. Dato che nel bar c’era soltanto lei significava che con le mani con cui prende il denaro, notoriamente lurido, prende pure i croissant. Le ho fatto quindi presente che non avrei più messo piede in un bar dove con la stessa mano con cui si prende il denaro si servono i cornetti.

Quanta ipocrisia nei confronti degli animali. Ha fatto bene la signora con il chihuahua a uscire subito dal bar. Il suo cane, in quel bar vietato agli animali, avrebbe potuto prendere diverse malattie. E così la titolare di quell’esercizio pubblico ha perso due clienti in pochi secondi. E poi magari si lamenterà che gli affari vanno male a causa della crisi. Tra l’altro gli animali che vivono con noi negli appartamenti sono più puliti di tanti essere cosiddetti umani e iper vaccinati. Quasi la metà degli italiani ha un animale domestico. Naturalmente, così come i figli vengono educati a maggior ragione devono essere educati gli animali, e i proprietari non si devono sentire in diritto di imporre agli altri il proprio cane, soprattutto di grande taglia. Come i bambini cafoni sono insopportabili così lo sono gli amici a quattro zampe privi della giusta educazione.

Dai dati dell’assessorato alle Politiche sociali del Comune di Milano, per esempio, risulta che nel capoluogo lombardo vivono più cani che bambini: è stata stimata la presenza di una popolazione canina compresa tra le 100 e le 120 mila unità, contro gli 83.600 bambini di età compresa tra 0 e 6 anni.

Le promoter dei supermercati sono un bene dell’umanità

A mio avviso le promoter dei supermercati dovrebbero essere inserite come patrimonio mondiale dell’umanità e tutelate dall’Unesco. Tempo fa una di queste signore mi ha proposto tre litri di latte fresco al prezzo di due. Ma il latte fresco scade in pochi giorni e bere un litro di latte al giorno mi sembra eccessivo anche per chi soffre di mancanza di calcio. Per invogliarmi all’acquisto mi ha detto che con i tre litri di latte avrei avuto anche un meraviglioso regalo: una tazza per la prima colazione? No. Un cucchiaio o un cucchiaino? Nemmeno. Una tovaglietta per la colazione? Figuriamoci. Mi avrebbe regalato... un’insalatiera! Un’insalatiera con tre litri di latte. Quale attinenza ha un’insalatiera con il latte? La prossima volta con tre litri di latte mi offriranno un vasetto di alici o un cotechino?

Ma questi abbinamenti li fa un direttore marketing alieno o un manager che si è bruciato le papille gustative? Chi decide i regali assume pastiglie di ecstasy come antiacido? Ho rischiato che con i miei cereali al cioccolato mi regalassero un sugo al pesto? Che con un chilo di spaghetti mi offrissero un vasetto di marmellata? In un’altra occasione una promoter che stava promuovendo la mortadella mi ha detto che mi avrebbe regalato uno yogurt. Perché i regali non li abbinano a ciò che stanno vendendo? È forse un test per vedere in quanto tempo insorge la sensazione di nausea?

Ma queste promoter dei supermercati compiono anche un’operazione di grande umanità per la collettività. Sfamano con assaggini di qualunque cosa migliaia e migliaia di persone. Sono una sorta di Caritas all’interno della grande distribuzione. In un supermercato oggi si può cenare senza spendere un centesimo, con tanto di dolce, caffè e limoncello finale. Le promoter di turno offrono assaggi ai pellegrini che affollano i supermercati: dai crostini ai formaggi, dai salumi alla pasta, fino ai dolci, al gelato, al caffè e al liquore. Del

resto ormai il weekend fuori porta è stato sostituito da quello al centro commerciale dove si può entrare la mattina e uscire a tarda sera.

“Poveri umani!”

Le prossime pagine ti sono offerte dal settimanale “Modellismo politico”.

Costruisci con le tue mani i modelli da collezione dei ministri del nuovo governo italiano realizzati con plastica biodegradabile proveniente da soia transgenica. Essendo biodegradabili i modellini dei ministri sono facilmente deteriorabili. Temono il sole, l’acqua, il vento, il caldo, il freddo e i sindacati. Non perdere “Modellismo politico”, 999 pezzi per comporre i personaggi del nuovo esecutivo ed esporli dove meglio credi. Con il primo numero in regalo il primo pezzo: i capelli del premier e l’adesivo con la sua foto da attaccare sulla tua auto ferma a causa del costo eccessivo dei carburanti e dell’assicurazione. Il settimanale ha il patrocinio del Governo italiano e metà dei ricavi verrà usata per promuovere la crescita economica del Paese e incrementare l’occupazione giovanile.

Gli effetti positivi di un animale in casa

Finora si era creduto che il tenere un cane in casa richiedesse particolari attenzioni in presenza di bambini. Era opinione comune che i contatti tra i cuccioli dell’uomo e gli amici a quattro zampe dovessero essere seguiti osservando particolari regole igieniche. E ora ecco che dalla Finlandia arriva una notizia in grado di mandare al macero tutte le nostre convinzioni: non soltanto gli amici a quattro zampe non sono portatori di malattie ma i bambini crescono più sani se fin da piccolissimi vivono accanto a un cane o a un gatto.

È quanto emerso da una ricerca universitaria secondo la quale i neonati che hanno un amico peloso si ammalano molto meno degli altri bambini e la conseguenza più diretta di questo loro star bene è un uso inferiore di antibiotici. Secondo i ricercatori finlandesi la frequenza di infezioni respiratorie, così frequenti durante il primo anno di vita, nei neonati osservati è risultata inferiore rispetto ai bambini privi di animali domestici di ben il 31%. Il pediatra che ha diretto l’équipe di ricercatori ha dichiarato che i risultati dimostrano che nel primo anno di vita i contatti tra bambini e animali portano a una maggiore resistenza alle malattie respiratorie durante l’infanzia. E, come se non bastasse, il medico rivela un altro particolare che smonta ogni convinzione comune: più il cane vive all’aperto, ovviamente sporcandosi maggiormente, più una volta entrato nell’abitazione introduce microbi che stimolano così il sistema immunitario del bambino. Va da sé che questo non significa che il cane o il gatto che sia debbano stare nella sporcizia, ma si intende un ambiente normale come può essere un giardino.

È incredibile, oggi, nell’era tecnologica, scienziati scoprono quanto già avevano intuito le nostre bisnonne. E noi che pensavamo che quel rapporto così stretto, specie per la gente di campagna, tra bambini e animali fosse causa d’ignoranza e di povertà. E invece no, avevano ragione loro, le nostre bisnonne. Altri studi lo confermano. Il centro ricerche di Monaco ha scoperto che per i bambini vivere con i cani tiene lontano il rischio di sviluppare allergie. Così alla pet therapy,

tanto importante a livello affettivo e psicologico, ora si scopre che gli animali possono anche migliorare la salute dei bambini. Scriveva la scrittrice inglese George Eliot: “Gli animali sono amici così simpatici: non fanno domande, non muovono critiche”. E oggi avrebbe potuto aggiungere: “E fanno stare meglio i bambini”.

La creatività nei cartelli uomo e donna per distinguere le toilette

Mi piacerebbe tanto conoscere i disegnatori delle immagini dell’uomo e della donna che compaiono sui cartelli delle toilette. Sappiamo che le toilette sono divise in base al sesso (chissà ancora per quanto) e fino a non molto tempo fa si distingueva subito quale fosse la toilette dell’uomo e quella della donna. Ora però le immagini sono talmente stilizzate, ma talmente stilizzate che se non compare anche la scritta “uomo” o “donna” bisogna affidarci alla fortuna. I generi non sono più così netti e i gabinetti riflettono questa evoluzione sociale. E poi la comunicazione si evolve, la creatività entra in ogni ambito: scrivere “lui” o “lei”, “uomo” e “donna” o riportare la sagoma con l’uomo in pantaloni e la donna con la gonna è troppo banale.

Adesso, però, prima di entrare in una toilette dobbiamo fermarci a guardare l’immagine e cercare di capire se è quella giusta per noi. Quante volte vedo uomini che per errore entrano nelle toilette delle donne e viceversa perché non avevano capito se il disegno stilizzato, a volte sembrano scarabocchi, rappresentava un uomo o una donna. C’è anche chi si ferma davanti ai due cartelli e medita, scruta, cerca di capire l’arte contemporanea applicata ai cessi, che cosa ha mosso la mano dell’ignoto artista della segnaletica delle toilette. Si cercano appigli stilistici per interpretare se la toilette è quella giusta oppure no.

Ormai ci vorrebbe la presenza di un critico d’arte o di un medium per capire quale sia il gabinetto degli uomini e quello delle donne. Va molto meglio in quei locali che utilizzano l’ironia: ho trovato cartelli con le scritte “bufale” e “bufali” oppure si avvalgono dei colori azzurro e rosa come i fiocchi che vengono messi sulle porte delle case alla nascita di un bambino. In quei casi chi sbaglia la porta della toilette o è daltonico o lo fa apposta per scoprire un nuovo universo. Ma c’è anche chi dall’ironia scade nella volgarità distinguendo le toilette tra “vacche” e “tori” o disegnando un simbolo fallico e un organo genitale femminile.

E meno male che si definiscono “cacciatori animalisti”

I cacciatori spesso si definiscono animalisti e ambientalisti. Non credo sia il caso dei 200 cacciatori ai quali tempo fa durante un’operazione di sequestro di uccelli da richiamo sono stati sequestrati circa 900 esemplari di volatili. In particolare uno dei cacciatori residente a Fucecchio aveva ben tre uccelli da richiamo: a uno aveva tagliato le ali, a un altro aveva mozzato una zampa e l’ultimo lo aveva accecato. L’uomo è stato denunciato dal Corpo forestale per maltrattamento di animali. Probabilmente questo“cacciatore animalista” aveva visto troppe volte la saga del film Saw in cui gli esseri umani vengono fatti a pezzi. Francamente non lo avrei denunciato: gli avrei applicato lo stesso trattamento che lui ha fatto ai poveri volatili.

L’Italia dei musei

L’Italia è un Paese ricco, anzi no: ricchissimo, il più ricco del mondo. È quanto emerge da una ricerca dell’Istat fatta in collaborazione con il ministero dei Beni culturali, Regioni e Province autonome. È la prima volta nella nostra storia che viene tracciato un quadro completo di musei, aree archeologiche e monumenti d’Italia, non soltanto pubblici, ma anche privati. A colpire è soprattutto il divario tra potenzialità di sviluppo e attrazione del pubblico. Il censimento parla di una ricchezza enorme e di un patrimonio diffuso su tutto il territorio, a differenza di altri Paesi che, come la Francia, vede il 70% dei musei concentrati intorno a Parigi.

Gli istituti espositivi italiani sono quasi 5 mila di cui oltre la metà pubblici e sono divisi tra musei, gallerie, aree archeologiche e complessi monumentali. Lo scettro di possesso del più alto numero di musei va al Nord con in testa la Toscana, Emilia Romagna e Piemonte. Al Sud e nelle isole è invece concentrato il 52% delle aree archeologiche. L’indagine è entrata anche nel cuore di musei e gallerie e ne ha scrutato il contenuto. Sappiamo così che al primo posto ci sono collezioni di etnografia e antropologia e soltanto in seconda battuta c’è l’archeologia seguita da opere d’arte, documenti storici, arte sacra e arte moderna e contemporanea.

Ma la grande differenza, la grande spaccatura del Paese non viene tanto dal numero dei tesori conservati, ma dalla quantità di pubblico che li visita e dagli incassi dei biglietti. Il maggior numero di visitatori è appannaggio della Toscana, con oltre il 50%, segue, a lunga distanza con appena il 20% il Lazio e poi la Lombardia con nemmeno il 9%. In queste tre regioni ci sono i 15 musei che da soli attirano un terzo del pubblico di tutto il territorio nazionale.

Quanto agli incassi risultano scarsi così come appare carente il numero del

personale di cui una minima parte è in grado di fornire informazioni in inglese. Ma il dato che più fa riflettere viene proprio dal numero degli addetti: 21 mila di cui ben 16.400 sono volontari. Personale carente e, spesso, non adeguatamente preparato, dunque, ma non basta. È risultata critica anche la situazione della ricettività, della ristorazione, dei laboratori, del wi-fi e presenza sul web. I musei, dunque, vanno svecchiati, non nel contenuto, ovviamente, ma nella loro gestione. Per fortuna non mancano le eccezioni.

Le prossime pagine ti sono offerte dal sale marino grosso iodato e pure biologico “Sghiacciatutto”, ideale per scongelare scalini, ingressi, pianerottoli, balconi, terrazze e rampe di accesso ai garage.

Il sale marino grosso “Sghiacciatutto” è perfetto per prevenire brutte cadute causate da superfici ghiacciate. Ma non fare confusione: ogni grammo di sale corrisponde a circa 1 centimetro di neve. Con ogni 20 chili di sale marino grosso “Sghiacciatutto” in regalo la splendida ed esclusiva pala color neve lurida, il berretto color ghiaccio sporco del perfetto spalatore e la guida al perfetto utilizzo del sale sul ghiaccio realizzata dai maggiori chef televisivi italiani con consigli preziosi come quello che il sale va usato prima che il ghiaccio si formi.

Dire volgarità per fare presa su un certo tipo di pubblico

Il linguaggio è fondamentale in ogni situazione. C’è chi anche in radio e in televisione, per esempio, utilizza una profusione di volgarità per fare presa sul pubblico in modo facile facile. Questi speaker triviali giustificano l’utilizzo della scurrilità affermando che il loro registro linguistico è lo stesso della gente per strada. Secondo loro dato che per strada la gente dice volgarità la stessa cosa può essere riproposta nei programmi radio-televisivi in quanto specchio della realtà.

Francamente non sono d’accordo. Capisco che usando frasi triviali si arrivi più in fretta a una parte del pubblico, ma amo le sfide e adoro le strade in salita. Ogni ambiente ha il suo linguaggio e le sue regole da seguire. La radio e la tv non sono la strada. Così come quando si va in chiesa non si dicono parolacce o quando si frequenta una biblioteca o un ospedale non si urla. Oppure quando ci troviamo al cinema o a teatro spegniamo i cellulari, anche se non tutti lo fanno. Ma si sa il buzzurro e il tecnocafone sono sempre in agguato. Per il rispetto che ho verso il mio pubblico non amo cavalcare tutto ciò che titilla gli istinti più bassi di quella parte di persone che accetta di ascoltare o di vedere persone o programmi che scendono a compromessi con l’intelligenza.

Gli speaker o i conduttori che lo fanno a mio parere non hanno altri modi per poter catturare l’attenzione della gente. E quando non c’è il contenuto, quando la sostanza e anemica, l’utilizzo della trivialità viene in soccorso. Non c’è cosa peggiore, per esempio, di quelle persone avanti con l’età che per carpire il pubblico giovane si mettono a dire volgarità. Come se per sembrare giovani e per attirare la loro attenzione sia necessario utilizzare le parolacce. Alla fine ognuno ha il pubblico che si merita.

Il nuovo linguaggio per evitare di fare figuracce

Un sondaggio svolto in Gran Bretagna su 2 mila donne ha rivelato che il complimento preferito da mogli e fidanzate è “sei dimagrita”. Già, nell’attuale società della comunicazione i Casanova del Terzo millennio devono imparare il nuovo linguaggio per evitare di fare figuracce. Dopo “sei dimagrita” seguono “hai un bel sorriso”, “hai un buon odore” e “hai dei bei capelli”. In effetti quando qualcuno dice a una donna, ma ormai anche a un uomo, “ma sei dimagrita o dimagrito” , anche se in realtà non ha perso un etto nonostante una dieta oppure ha soltanto un abito scuro che snellisce, alla donna e all’uomo si illuminano gli occhi pure se sono consapevoli di non aver perso nemmeno un grammo. Ma sono comunque felici che la percezione del loro aspetto fisico sia quella di essere dimagriti.

All’ultimo posto nella lista dei complimenti c’è il banale e scontato “sei bella”. Perché sei bella probabilmente è un complimento troppo generico e inflazionato. “Ciao bella” declinato anche al maschile “ciao bello” ormai lo si dice a tutte e a tutti, anche alla signora alta 1.50 per 80 chili dotata di baffetti e al signore calvo, con addome globoso, doppio mento e con i peli che escono dalle narici e dalle orecchie. Ma quali sono, invece, i peggiori insulti che possono essere fatti a una donna? Secondo il sondaggio inglese è “stai bene” o “sei formosa”. Per il 15% delle ragazze sono sinonimi di “sei grassa”. Sull’espressione “sei formosa” non ci voleva lo studio inglese per dirci che non è amato dalla donne.

Non capisco, invece, perché “stai bene” sia considerato un insulto. “Stai bene” mica vuol dire che abbiamo la faccia tonda come il pesce palla. Certo dipende dal modo in cui viene detto: “Come stai bene pacioccona” strizzando con le dita la guancia della nostra interlocutrice ha tutto un altro effetto. Il sondaggio inglese ha preso in esame i complimenti e gli insulti. Ma stai pur certo che se sei sposato o convivi nessun “ma sei dimagrita!” ti salverà dal divorzio se non ti

accorgerai quando tua moglie dopo essere tornata dal parrucchiere ha un nuovo taglio o colore di capelli e se il giorno del suo compleanno non ti sarai ricordato almeno di farle gli auguri.

Call center e delocalizzazione

Per risparmiare denaro molte società hanno ormai delocalizzato nei Paesi più disparati i loro call center. Ecco una mia ipotetica conversazione intercettata con un operatore di una società produttrice di cellulari. Dopo venti minuti di attesa...

Attendele plego, tla pochi istanti salete collegati con un opelatole. Lisponde opelatole Pechino 27.

Operatore: buona notte signole italiano sono Xi Min Xin in che cosa posso essele utile?

Io: come buona notte, buon pomeriggio caso mai.

Operatore: ah, sì mi scusi, lei chiamale da Italia. Che tempo fale ola in Italia?

Io: c’è il sole ma io la chiamo perché da qualche giorno ho problemi con il mio cellulare.

Operatore: Cellulale? Cosa essele cellulale mi scusi.

Io: il mio telefonino.

Operatore: ah, sì telefonino, lei palale bene italiano altlimenti io non capile cosa lei dile.

Io: il mio telefonino fa strani rumori e poi cade la conversazione.

Operatore: mi scusi signole italiano tanto gentile ma io non capile cosa significa stlani. Pultloppo il colso di lingua italiana che hanno fatto a noi essele stato intellotto dopo tle settimane pelché vostla società italiana non avele più soldi.

Io: non fa niente grazie lo stesso per aver risposto.

Operatore: glazie a lei signole italiano simpatico pel avel chiamato. E mi laccomando: quando salà lichiamato da mia collega Mi Xin Tai dica che il selvizio è stato di suo gladimento altlimenti invece di dale a me 20 centesimi l’ola me ne danno 5.

Quando il linguaggio diventa politicamente corretto

La lingua cambia, si evolve, si adatta ai momenti storici. In questi ultimi anni abbiamo assistito a un'evoluzione del linguaggio verso il politically correct o meglio all’ipocritically correct. Francamente diffido di coloro che hanno paura di dire è morto, non è mancanza di rispetto o di tatto. È un dato di fatto. Edulcorare il nostro linguaggio, il nostro modo di comunicare ci fa apparire troppo formali per essere sinceri. Ma in Italia il buonismo impera nonostante ciechi e sordi ritengano offensivo essere chiamati non vedenti e non udenti. Alla fine, a mio parere, ciascuno può usare il termine che preferisce in base alla propria cultura, sensibilità e all’occasione. Ecco alcune parole edulcorate per evitare che qualcuno possa sentirsi offeso o svilito nella propria professione.

Barbone o senzatetto: clochard

Stewart e hostess: assistenti di volo

Spazzino o netturbino: operatore ecologico

Bidella: collaboratrice scolastica

Donna di servizio: colf o collaboratrice domestica

Prostituta: escort

Cieco: non vedente (ma i ciechi non amano essere chiamati non vedenti. Non a caso la loro associazione si chiama Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti)

Sordo: non udenti (ma la loro associazione si chiama Ente nazionale sordi e come i ciechi non apprezzano di essere definiti non udenti)

Handicappato: portatore di handicap, diversamente abile o disabile

Commesso: addetto alla vendita

Ladro: detrattore di beni altrui o diversamente onesto (vedrai che ci arriveremo)

E ancora:

Palestra: fitness club

Nano: diversamente alto

Morto: diversamente vivo, scomparso (ma nessuno lo ha cercato?), se ne è andato (dove?), si è spento (e non si è più ri? Qualcuno aveva controllato le sue batterie?), è andato lassù (in montagna?)

Antipatico: diversamente simpatico

Brutto: diversamente bello

Pisellone: super dotato

Tettona: maggiorata

Culo o sedere: lato b, posteriore, didietro

L’unico che ha visto peggiorare la propria definizione è l’evasore fiscale totale definito parassita della società.

In Italia la laurea è un optional

E poi ci si lamenta che in Italia ci siano meno laureati del resto d’Europa. Da noi non serve la laurea, si può fare carriera anche senza. Dall’analisi svolta da Aran, un organismo tecnico di diritto pubblico, sul personale amministrativo e tecnico della pubblica amministrazione, sul gruppo degli occupati che svolgono mansioni per le quali è richiesta la laurea, è risultato che soltanto il 50% di loro è munito di tale titolo di studio. Il che vuol dire che l’altro 50% occupa posizioni non dovute, ma ottenute a seguito di anzianità e di deroghe non meglio precisate. Oltre a incassare emolumenti superiori a quanto spetterebbe loro, questi dipendenti, secondo il risultato della ricerca, spesso non sono all’altezza dei compiti affidati tanto che la pubblica amministrazione mostra evidenti segnali di una complessiva debolezza del capitale umano accentuatasi negli ultimi anni anche per effetto delle politiche del blocco del turn-over. E poi ci si lamenta se tanti impiegati timbrano il cartellino e poi escono a fare gli affari loro privati. Secondo i dati di questo rapporto sono di sicuro meno dannosi fuori dell’ufficio che dentro.

Imbrogliamo pure alle maratone

Tutti lo dicono: per la salute e per lo spirito non c’è niente di meglio di una sana gara agonistica dove in palio non c’è né denaro né gloria, ma una intensa, ricca soddisfazione morale. Oltretutto marciare fa molto bene alla salute e non costa niente. Ed è così che non c’è sagra paesana o sabato del villaggio che non veda bipedi di tutte le età, e non fa differenza il sesso, partecipare con allegria e con un sano spirito agonistico a maratone lunghe e faticose. Una sana competizione dove a vincere deve per forza essere il migliore venendo meno in queste gare ogni altro interesse. E qui casca l’asino.

Non è per niente vero. Non è proprio così. A ogni edizione della maratona romana, per esempio, gli organizzatori infliggono punizioni che consistono in ritiri forzosi agli imbroglioni di turno che nell’edizione del 2012 segnò il record dei truffatori: ben 230. E si è scoperto che in tutte le maratone, anche in quelle più familiari, c’è chi imbroglia, se non altro per sfottere gli amici. Nell’ultima maratona romana che non può dirsi certo familiare dato l’alto numero di partecipanti e la lunghezza del percorso, ben 42 chilometri, i giudici hanno scoperto un baro mentre faceva la sua corsa. Un maratoneta che aveva coperto il pettorale con una maglietta e in testa calzava un berretto a coprirsi il viso per non farsi riconoscere dai giudici di gara che, invece, l’hanno scoperto e cancellato dall’ordine di arrivo.

Si è scoperto che per ottenere un buon tempo a una maratona non è necessario macinare in allenamento chilometri e chilometri di strada, è sufficiente are, come il podista beccato, in bicicletta con il volto coperto e il pettorale nascosto. Poi, arrivato al 40° chilometro, l’uomo ha lasciato la bici a un suo amico e si è messo finalmente in marcia per arrivare al vicino traguardo col pettorale esposto e i capelli al vento, le guance rosse dalla fatica e magari prendersi gli applausi una volta tagliato il traguardo. Sfortunatamente per il podista romano i giudici, attraverso i dati elettronici, incrociando tempi, foto e video hanno squalificato il

runner scoperto a barare.

Stessa condanna hanno subito altri 60 podisti che, in vari modi, hanno tentato di barare dribblando i controlli e usando metodi scorretti: c’è, come il runner beccato, chi usa la bicicletta, ma anche chi prende il taxi o l’autobus. Su 19 mila iscritti alla maratona di Roma 8 mila erano stranieri. Ebbene, a imbrogliare sono stati tutti italiani.

Tutto è diverso da come appare

Viviamo in un mondo dove tutto può essere diverso da come appare. Un cieco, per esempio, che cammina incerto con il suo bastone bianco e gli occhiali scuri, con o senza cane-guida, può in realtà, essere un mistificatore. E di tanto in tanto si scopre qualche truffatore, come la donna milanese che per 25 anni si è finta cieca incassando così dallo Stato 124 mila euro. Non è la prima volta che accade e non sarà nemmeno l’ultima data l’ampia dimensione del fenomeno che, comunque, sembra facilitato a essere messo in atto da una carenza colpevole di controlli seri e da un’efficace comunicazione che si preoccupa di pubblicare i dati dei finti ciechi e non fornisce le generalità di chi permette e abilita questa truffe, vale a dire i medici compiacenti e i funzionari infedeli.

Su di loro si dovrebbe indagare e intervenire per punirli e per non farli più nuocere alla collettività. Ma altri truffatori sono in giro, ben più pericolosi di un finto cieco. A Bologna è stato scoperto un pregiudicato che aveva intestate a suo nome oltre cento auto, macchine perlopiù utilitarie, vecchie e malmesse. Ma non si tratta di auto sconosciute: ben 800 verbali fanno riferimento a loro. Multe ovviamente mai pagate. L’auto che guidava l’uomo al momento del fermo è risultata priva di assicurazione e anche mai revisionata nonostante avesse superato la dozzina di anni. La scoperta del caso è avvenuta a seguito di un tamponamento. Per sfortuna del malvivente il tamponato era un carabiniere che, insospettito, ha chiamato i vigili. Al momento dell’esibizione della patente gli agenti hanno subito visto che il documento era falso.

Da qui le verifiche e l’accertamento della marea di multe mai pagate. Il caso non sorprende più di tanto gli agenti che denunciano un continuo aumento di reati connessi alle 4 ruote. Si fa l’esempio di una Mercedes che risultava proprietà di un autosalone, priva di assicurazione, ma da qui scomparsa per riapparire poi attraverso 450 verbali di multe. Auto fantasma, dunque, guidate da autisti anch’essi fantasmi visto che non risulta che qualcuno di loro sia finito in prigione o processato. In Italia abbiamo bisogno di acchiappafantasmi.

Gli extraterrestri sono tra noi

Nei cieli italiani c’è una ressa di Ufo, un traffico di oggetti volanti non identificati come a Roma, Napoli, Palermo e Bari nell’ora di punta. Probabilmente gli extraterrestri non hanno i carburanti cari come da noi. Sono arrivati nel momento giusto, quasi fossero stati chiamati per risollevarci da anni di sacrifici e di incertezze economiche, ma anche politiche. Sì, gli Ufo sono arrivati e il bello è che continuano a solcare i nostri cieli con una certa frequenza tanto che se continua così si dovrà regolare la loro circolazione per evitare incidenti dall’esito imprevedibile. Sono talmente tanti che l’Aeronautica militare ha dedicato un dossier al fenomeno celeste. Gli avvistamenti di oggetti non identificati in volo sui cieli italiani negli ultimi quattro anni sono stati ben 56, di misura e forme variabili: si va dai piccoli punti luminosi ad autentiche formazioni di dischi volanti. Le segnalazioni arrivano un po’ da tutta Italia da parte di persone di tutte le età. Le testimonianze vengono rese attraverso una denuncia di ciò che si è visto rilasciata ai carabinieri o ad altre forze di polizia. Quelle raccolte nel dossier sono state oggetto di indagini tecniche per il dovuto accertamento sulle cause che possono essere dovute a vari fattori: dagli eventi climatici ai palloni-sonda o a fenomeni comunque spiegabili.

Queste ricerche vengono sempre compiute dopo una segnalazione e, nel caso in cui non si trovi una spiegazione tecnico-scientifica o naturale, l’oggetto avvistato viene definito Ovni, sigla che sta per Oggetti volanti non identificati, l’equivalente italiano di Ufo. Qualunque sia la spiegazione sulla causa che determina questo affollamento dei nostri cieli un fatto è certo: lassù qualche cosa si muove. Il vero mistero è perché questi Ufo abbiano scelto proprio l’Italia. Forse il nostro Paese piace tanto pure a loro. O forse facciamo loro tenerezza per tutto quello che stiamo ando?

I permessi premio non si negano a nessuno

Italia, Paese dove vengono concessi permessi premio pure ai serial killer come nel caso di Bartolomeo Gagliano, accusato di tre omicidi, evaso e poi riacciuffato o al camorrista omicida pentito Pietro Esposito il quale è uscito dal carcere di Pescara beneficiando di un permesso orario e la sera non è rientrato. Insomma, in Italia gli assassini si sentono in permesso di fare ciò che vogliono. Hanno il terrore del nostro sistema giudiziario. Hanno talmente tanta paura che i delinquenti agli arresti domiciliari escono quando vogliono come se stessero scontando la pena in un villaggio turistico e gli assassini in permesso premio non ci pensano nemmeno a ritornare in carcere. Ma forse questa profusione di permessi premio potrebbe evitare il sovraffollamento carcerario. E potrebbe anche far terminare la pratica dell’indulto. Si potrebbero dare permessi premio a pioggia ad assassini, serial killer, stupratori e chi più delinquente ne ha più ne metta tanto poi non farebbero più ritorno in galera. In un Paese come l’Italia dove il pianeta giustizia sta su un altro pianeta non è detto che non si arrivi a questa soluzione così creativa.

Del resto l’Italia è Paese degli arresti domiciliari, dei condoni, degli indulti e delle amnistie di massa che in tutti questi anni non hanno mai risolto il problema del sovraffollamento carcerario. I permessi premio, poi, non si negano a nessuno. L’Italia è un Paese che premia tutti, tranne quelli che dovrebbero essere premiati per davvero.

Poi però si viene a scoprire che i detenuti questi permessi premio li prendono sulla parola, premio appunto, e non tornano più in carcere. Anzi approfittano del permesso premio per continuare a delinquere. D’altronde era un premio o no? Col premio pensano di poterci fare ciò che vogliono. Se sono stati premiati un motivo ci sarà. E così la cronaca ci riporta ogni giorno gravi episodi che vedono protagonisti delinquenti in permesso premio. I detenuti italiani hanno fretta di lasciare le

prigioni e tornare a delinquere e a truffare le persone per bene. Non hanno tempo da perdere ad aspettare il prossimo indulto o la prossima amnistia di massa. Sanno bene che c’è il sovraffollamento carcerario e che loro in prigione ci sono capitati soltanto per sfortuna.

Del resto ormai in galera in Italia è facile andarci come riuscire a inserire una moneta da 1 euro a dieci metri di distanza all’interno di una bottiglia. E poi con il sovraffollamento carcerario e la carenza di agenti di polizia penitenziaria i detenuti sperano che nessuno si accorga della loro fuga se non quando ormai sono scappati. Lo hanno capito anche le zanzare sedate che in Italia i delinquenti non vogliono restare chiusi nelle loro case e quindi se ne vanno quando vogliono.

Dalle carceri se ne vanno tutti, tra indulti e evasioni. Alla fine resteranno in prigione soltanto gli agenti di polizia penitenziaria. Ma forse è una strategia per non assumerne di nuovi. Una volta che in carcere resteranno soltanto pochi sfortunati gli agenti di polizia penitenziaria non serviranno più. Forse sarebbe bene fare un o indietro evitando di riempire le carceri di persone in attesa di giudizio e, pertanto, presunte innocenti, invece di svuotarle di colpevoli condannati che rendono la sicurezza dei cittadini estremamente insicura tanto che i reati contro il patrimonio restano impuniti in più del 90% dei casi. Sono migliaia i detenuti in attesa di giudizio, quasi un terzo, oltre 24 mila persone. Altro che indulti.

Tra le tante maglie nere che abbiamo, l’Italia dopo Ucraina e Turchia è il Paese con più detenuti in attesa di un primo giudizio. Detenuti che sono indagati o imputati per i quali i giudici hanno deciso la custodia cautelare in carcere per gravi indizi di colpevolezza e per la possibilità che fuggano, ripetano il reato o inquinino le prove. Oppure hanno cominciato a scontare una sentenza in attesa di decisione in secondo grado o ricorso in Cassazione. E sono ancora lì in attesa... Una sconfitta per tutti il fatto che i delinquenti anziché entrare escano dalle carceri.

L’Italia è nell’ultimo posto per valore di capitale umano

L’occhio del Grande Fratello arriva ovunque. Non c’è granello di polvere che possa alzarsi dal suolo senza che qualcuno o qualche cosa non lo registri. Tra le ultime ricerche fatte dall’Istat c’è quella sulla misurazione del capitale umano degli italiani il cui risultato non è galante con le donne: valgono meno degli uomini: 231 mila euro contro 453 mila. Una bella differenza, non c’è che dire. A rendere meno prezioso il lavoro femminile è proprio la sua caratteristica domestica, familiare. Questo si traduce in un minor valore di mercato. E così le donne, con un tasso inferiore di occupazione dovuto al carico familiare, a parità di competenze con gli uomini sul mercato del lavoro valgono meno. Ciò vuol dire che in Italia molto capitale umano, quello delle donne, appunto, contribuisce al benessere totale lavorando a titolo gratuito.

Ma la ricerca sul capitale umano in Italia non finisce di sorprendere. Oltre alle donne sono gli anziani a essere poco stimati. A superarli ci pensano i giovani che hanno davanti a sé, ovviamente, una vita lavorativa più lunga e, quindi, potranno produrre un reddito di lavoro molto più alto. Ma le statistiche non tengono conto della disoccupazione giovanile che, inevitabilmente, accorcia i tempi di produzione del capitale umano. Ed è proprio quest’ultimo fattore a collocare l’Italia nell’ultimo posto per valore di capitale umano del gruppo dei Paesi Ocse il che vuol dire che, in termini economici, un se, uno spagnolo, un canadese, un inglese e uno statunitense valgono più di un italiano.

Traducendo in euro il valore di un italiano sappiamo così che un uomo di 60 anni vale 46 mila euro indipendentemente dalle sue capacità ed esperienze. Il suo futuro, quindi, è nel suo ato. Il valore monetario del capitale umano prende in considerazione il tempo che un individuo ha davanti a sé per lavorare e la nostra posizione in coda alla classifica dimostra il nostro grave deficit nell’occupazione femminile: appena il 50% delle donne italiane lavora e il

compenso che percepisce è molto inferiore a quello degli uomini. Se, però, si tenesse conto del lavoro non calcolabile di cura della famiglia e della casa il suo valore supererebbe quello di chiunque altro. Il guaio è che non si monetizza il welfare familiare. Così le donne continuano a essere discriminate. E pensare che il filosofo e storico tedesco Schiller esortava: “Onorate le donne! Intrecciano e intessono rose celesti nella vita terrena”.

Abolire il contante per frenare l’evasione

Per trovare denaro, dato che siamo un popolo di creativi, tutti all’opera a spremersi le meningi. E poi ecco esplodere come una bomba l’idea: togliamo agli evasori fiscali la possibilità di evadere il fisco eliminando il contante. Non si può evadere se si paga con bancomat, carte di credito o assegni. Ed ecco l’equazione: abolire il contante per abolire o almeno ridurre in modo drastico l’evasione. Un po’ troppo semplice per la verità. Il fatto è che l’euro è spendibile ovunque in Europa e anche altrove. Certo, si creerebbe qualche difficoltà all’evasore di piccole dimensioni. Ma non c’è dubbio che il sistema del pagamento in contanti sia praticato in Italia in modo eccessivo rispetto agli altri Paesi europei che fanno molto più uso delle carte di credito. È stato calcolato che nel nostro Paese ogni giorno circa la metà della ricchezza prodotta viene rubata da malavitosi, corrotti ed evasori fiscali.

Fiumi di denaro liquido scorrono lungo le stanze di uffici e corridoi delle amministrazioni, pubbliche e private. L’abolizione, o almeno la riduzione dell’uso dei contanti sostituiti da assegni e carte di credito potrebbe segnare la fine dei pagamenti sottobanco più diffusi. È noto da sempre come il denaro liquido permette di non essere identificati e come, stranamente, siano sparite dalla circolazione le banconote da 200 e 500 euro.

La moneta elettronica frenerebbe sia la corruzione sia l’evasione. Importante, però, è che non vi siano costi aggiunti né per le imprese né per il cittadino che usi la moneta di plastica al posto del contanti. E mi vengono in mente i tanti anziani restii all’uso della moneta elettronica perché figli di un’altra era. A loro verrebbe chiesto un piccolo sacrificio, uno sforzo nel cambiamento di abitudini ma che di sicuro sarebbero ben lieti di fare nel momento in cui sapessero che ogni mattina nel nostro Paese scompare in tasche anonime metà della ricchezza nazionale.

Ladri di biciclette

Ti ricordi il film “Ladri di biciclette?”. Fu girato nell’ormai lontano 1948 quando le auto erano un sogno che pochi potevano realizzare e già avere una bicicletta era un lusso. Quei tempi sembrano essere tornati. È vero, di auto in giro ora ce ne sono molte, anche troppe, ma il fatto è che sono aumentati i furti di biciclette: 320 mila ogni anno. Il record è appannaggio di Torino dove spariscono 50 bici al giorno. Roma ha un altro record: quello dei furti di biciclette pubbliche, quelle che il Comune mette a disposizione di quanti vogliano servirsene come mezzo di locomozione. Dai dati della Federazione italiana amici della bicicletta emerge che in Italia vengono rubate ogni anno oltre 300 mila biciclette.

Il guaio è che rubare una bici è troppo facile e altrettanto facile è immetterle sul mercato nero che provvede anche alla collocazione delle due ruote all’estero, soprattutto in Marocco. Di registrare le bici neanche a parlarne visto che in Italia è stato calcolato che ce ne sono oltre 40 milioni e applicare una targa sarebbe altrettanto difficile anche se qualche Comune italiano ha cominciato a farlo.

L’unica arma per proteggere la bici dai furti sarebbe quella della costruzione di spazi per parcheggiarle e, magari, procedere a un servizio di punzonamento delle bici con il codice fiscale del proprietario. Insomma, qualche cosa va fatta per contrastare i furti e tra le proposte c’è quella di considerarla non più come un mero oggetto ma come un veicolo anche perché la sella di una bici è cara al proprietario quanto quella di un cavallo al suo cavaliere.

Il matrimonio fa bene alle ossa

C’è chi dice che il matrimonio faccia ingrassare (quando si è felici). Adesso si è scoperto che il matrimonio fa bene alle ossa degli uomini, ma attenzione soltanto se avviene dopo i 25 anni e se non sfocia in un divorzio. Lo afferma uno studio dell'università di Los Angeles pubblicato dalla rivista Osteoporosis International. Lo studio ha mostrato che gli uomini sposati o con una relazione di lungo periodo hanno una densità ossea maggiore della spina dorsale rispetto a quelli separati, divorziati o che non si sono mai sposati. Quindi gli sposati e i conviventi per lungo tempo insieme battono i divorziati, i separati e gli scapoloni incalliti. L'effetto però scompare per chi si è sposato prima dei 25 anni. Chissà se prima dei 25 anni aumenta invece il rischio osteoporosi? Comunque io l’ho sempre pensato che il matrimonio fa le ossa.

Tempi duri per i divorziati

Dai matrimoni ai divorzi. Un’indagine Demoskopea entra nelle faccende economiche di chi divorzia. La separazione di una coppia, oltre a modificare lo stato sociale influisce in modo molto pesante sulla vita economica di entrambi i coniugi. A rendere difficile il bilancio di fine mese è soprattutto la perdita della casa coniugale per la quale, spesso, si deve finire di pagare il mutuo. E questa è la situazione in cui si trovano oltre 600 mila divorziati di cui la maggioranza è composta da uomini. A fronte del 18% di donne separate che pagano il mutuo vi è il 28% di uomini nelle stesse condizioni. Ad aggiungere guai ai guai precedenti c’è la grande difficoltà per i separati ad accendere un secondo mutuo per l’acquisto di un’altra abitazione.

Così, alla fine del matrimonio tra quanti chiedono un nuovo mutuo alle banche oltre la metà si vede negare la concessione. Dopo la separazione, quindi, la condizione economica dei divorziati peggiora tanto che nel primo anno successivo alla fine del matrimonio quasi il 60% dei separati abita ancora sotto le stesso tetto, con quale armonia è facile intuire. Per risolvere in qualche modo il problema di un tetto sulla testa, dopo la tegola dovuta alla separazione, oltre il 10% fa mestamente ritorno nella casa dei propri genitori, vera e propria ancora di salvezza sia per gli uomini sia per le donne che in questo ritorno all’origine ritrovano un po’ di conforto, tale da permettere loro di leccarsi le ferite e di progettare un nuovo futuro. Scriveva lo scrittore e poeta John Ruskin: “Questa è la vera natura della casa, il luogo della pace, il rifugio, non soltanto da ogni torto, ma anche da ogni paura, dubbio e discordia”.

C’è chi si fuma pure le ortensie

Ormai ci sono droghe di ogni tipo. Tante persone hanno bisogno di alterare la propria mente cercando lo sballo a tutti i costi. Basti pensare a quante droghe sintetiche pericolosissime si trovino in giro. C’è una vera e propria caccia a tutto ciò che può dare euforia e allucinazioni. E così in Francia si moltiplicano i furti di ortensie. Le colorate e profumate piante però non vengono rubate da apionati di giardinaggio bensì da chi ha scoperto che le ortensie, se fumate, danno forte euforia e allucinazioni.

È la nuova frontiera delle droghe cosiddette “di strada” o “fai da te” scelte dagli adolescenti: costano poco, si trovano ovunque e l'effetto è assicurato. Ma fumare queste piante può essere molto pericoloso, persino mortale. Nella regione del Nord-Pas-de-Calais, diversi villaggi sono colpiti da questo fenomeno, già diffuso in Germania. La Germania è sempre avanti a tutti. I petali mescolati al tabacco, però, se fumati in dosi elevate, possono trasformarsi in Zyklon B, il gas tossico usato nei lager nazisti. La vendetta dell’ortensia usata a sproposito.

E pensare che sono piante usate in tante campagne di sensibilizzazione e raccolta fondi per cause sociali e mediche. Povere ortensie. Il fatto drammatico è che sul web ci sono sempre più siti in cui viene spiegato come fumare le ortensie ma non si fa un minimo accenno ai rischi anche mortali del loro consumo. Ed è proprio Internet il mezzo più usato e frequentato dai giovanissimi. Se questa moda delirante dovesse arrivare anche in Italia ti consiglio di mettere al sicuro in casa le tue ortensie.

La specie più pericolosa in natura? L’uomo

È proprio vero: non c’è specie al mondo più pericolosa in natura di quella dell’uomo che arriva a fare l’impensabile pur di trarne una qualche convenienza economica. Sono note da tempo le proteste dei nostri pastori nei confronti dei predatori che aggrediscono le greggi ed è noto anche come la responsabilità di queste razzie venga sempre fatta risalire ai lupi, animali che in Italia rischiano l’estinzione per la caccia feroce che viene praticata nei loro confronti ma che in realtà sono molto meno aggressivi dei cani inselvatichiti, quelli che una volta presi in casa vengono poi abbandonati dall’animale-uomo.

E ora si è scoperta un’altra specie, assai più feroce dei lupi e dei cani inselvatichiti messi insieme. La voracità dell’uomo è tale da averlo spinto a generare una nuova razza, un misto tra cani inselvatichiti e lupi. Particolare ancora più agghiacciante: questo traffico di genetica canina che ha dato vita a ibridi della natura particolarmente aggressivi è stato organizzato da alcuni allevatori di pecore otto dei quali denunciati dal Corpo Forestale dello Stato del Servizio Cites di Roma per detenzione di specie protetta, i lupi, falso in atto pubblico e violazione della legge sulla caccia.

L’incredibile traffico di incroci pericolosi, non di strade, ma di animali, ha visto il centro delle operazioni a Pistoia, provincia in cui è stato sequestrato il gruppo più numeroso di animali ma coinvolte nell’inchiesta sono anche Alessandria, Modena, Parma, Rimini, Arezzo, Salerno e Cosenza. Dalle Alpi alla Calabria, dunque. Gli incroci venivano fatti tra i lupi selvatici e la razza canina del lupo cecoslovacco. Nessuno, anche tra i più navigati investigatori, avrebbe mai potuto sospettare che proprio coloro che più traevano svantaggio dalla presenza di lupi e di cani inselvatichiti lavorassero a curare non l’antica arte della pastorizia, ma la genetica per dare vita a una specie di cani ancora più feroce.

Su quale uso ne volessero fare non è dato sapere. Quanto prima se ne saprà di più. Intanto, però, questo brutta vicenda serve a portare un po’ di giustizia al lupo, indicato come autore delle stragi di ovini mentre altri animali, resi volutamente crudeli, venivano creati. E pensare che c’è un progetto europeo per salvare dall’estinzione il lupo che in Italia viene abbattuto in modo irregolare, fuori dalla legge perché ritenuto dannoso. La Commissione europea, nel frattempo, ha confermato come la questione degli ibridi sia molto seria, tale da dover essere affrontata al più presto.

Se hai pochi amici su Facebook non sei nessuno

Oggi sembra che chi non ha un profilo Facebook o non si trova su Twitter non è nessuno. Ormai non si scambia più il biglietto da visita, considerato da molti un mezzo di comunicazione giurassico degno dell’uomo della pietra. Oggi quando si conosce qualcuno ci viene subito chiesto il nostro profilo Facebook “così ti chiedo l’amicizia e diventiamo amici anche lì” ci viene detto. C’è quindi una gara a chi ha più amici. E poco importa se non si conoscono personalmente o se sono fake di personaggi noti, vale a dire profili falsi. Molti di coloro che s trovano sui social media ambiscono ad avere centinaia o migliaia di amici da mostrare agli altri amici come trofei.

Sono affetti dalla ricerca compulsiva di amicizia soprattutto i personaggi pubblici, attori, giornalisti, starlettine della tv, conduttori e naturalmente i politici. Un personaggio pubblico che ha poche decine o poche centinaia di amici, seppur virtuali, per molti è poco pubblico ovvero quasi sconosciuto. Nella percezione di certe persone i profili con pochi amici sono appannaggio di personaggi un po’ sfigati o antipatici. Vengono messe in atto quindi delle vere e proprie campagne acquisti per aumentare il proprio numero di fan. Una strategia portata avanti anche dai candidati alla presidenza negli Stati Uniti. Nell’era di Internet “dimmi quanti amici hanno cliccato su mi piace e ti dirò chi sei”. Insomma, pare che la popolarità i anche da quanti amici si ha sul proprio profilo Facebook.

Lo stesso David Cameron su Facebook non è abbastanza popolare e così il suo staff ha deciso di tirare fuori migliaia di sterline dalle casse dei Tory per “comprare” fan: una campagna pubblicitaria per invogliare gli utenti a cliccare “mi piace” sulla pagina del premier. La notizia è stata pubblicata dal Mail on Sunday. La strategia ha già dato i suoi frutti: in un mese Cameron aveva raddoppiato i suo fan sul social network. Sembra che l’operazione sia costata al partito conservatore più o meno 7.500 sterline (circa 10 mila euro). Anche se a livello politico a Cameron tutti questi amici non serviranno saranno senz’altro

utili a risollevare il suo ego.

I problemi delle università italiane

Purtroppo le università italiane sono ancora troppo scollegate dal mondo del lavoro, troppo teoriche e poco pratiche. E così dopo 3 o 5 anni i giovani escono con l’agognato pezzo di carta in mano che resta per molti soltanto un pezzo di carta. Sappiamo anche bene che, soprattutto in tempi come questi le aziende non hanno né denaro né tempo per formare i giovani a digiuno dal punto di vista pratico. Non è un caso, quindi, che circa un giovane neolaureato su 4 è senza lavoro a un anno dal conseguimento del titolo. E chi ha una occupazione non guadagna più di mille euro. È quanto riportato dal XVI Rapporto Almalaurea, il consorzio interuniversitario che riunisce 64 atenei italiani.

A mio giudizio la colpa non è quindi soltanto della crisi economica ma anche della quasi totale assenza del saper fare di troppi laureati. Per non parlare dell’età elevata dei nostri docenti universitari ormai avulsi dalla realtà e lontani anni luce dagli studenti. Su 28 Paesi dell’Unione europea sono quasi la metà i docenti con meno di 40 anni. L’Italia è vergognosamente ultima in questa graduatoria con un terzo dei docenti che ha più di 65 anni. Va anche considerato che spesso chi si laurea in una determinata disciplina vorrebbe poter cimentarsi con ciò che ha studiato, ma non sempre questo è possibile. Almeno all’inizio. Molti di loro quindi preferiscono aspettare e continuare a vivere in famiglia che accettare un lavoro mal pagato e che non rientra nei propri interessi e nella propria formazione culturale.

Il tasso di disoccupazione a un anno dalla laurea è cresciuto di dodici punti in quattro anni per le magistrali e di quindici punti per lauree di primo livello e magistrali a ciclo unico. Secondo il Rapporto i neo laureati disoccupati sono il 26,5% di chi ha terminato la triennale, quasi il 23% di quelli con laurea specialistica e il 24,4% di chi ha una laurea magistrale a ciclo unico. Soltanto il 30% dei diciannovenni si iscrive a un programma di studi di livello universitario. Un dato, quello sulle iscrizioni del 2012, che allontana in partenza quello che era l'obiettivo fissato dalla Commissione europea per il 2020, ovvero il

raggiungimento del 40% di laureati nella popolazione tra i 30 e i 34 anni. Ad oggi, tra i 25 e i 34 anni ha un titolo di istruzione di terzo livello solo il 21% contro il 59% del Giappone, il 47% del Regno Unito o il 43% di Francia e Stati Uniti. L’Italia è ben al di sotto della media Ocse (39%) e di quella dell'Unione Europea a 21 (36%).

Per carità, è vero che non tutti i giovani devono per forza laurearsi così come non è vero che un laureato vale più di un diplomato o di uno specializzato. Ricordiamo tutti i tanti concorsi pubblici riservati ai laureati i quali tra errori di grammatica e di ignoranza generale fecero impallidire i componenti delle commissioni. Ci sono fior fior di scuole di specializzazione che insegnano il saper fare e assicurano quindi un mestiere. Purtroppo, però, in Italia il lavoro manuale è stato demonizzato. Per riportare i giovani italiani nelle università si deve svecchiare il corpo docente, prevedere stage e corsi pratici attinenti al percorso di studi intrapreso dagli studenti e cercare un maggior coinvolgimento e attaccamento al mondo del lavoro. Uno studente così formato non avrà bisogno di fare pratica dovendosi iscrivere a successivi master costosi e in molti casi del tutto inutili. Uno studente laureato ben formato può, a quel punto, ottenere anche uno stipendio iniziale che non mortifica i sacrifici e gli sforzi fatti per raggiungere la laurea. Soprattutto in Italia bisogna cominciare a valorizzare il merito e il talento, termini finora considerati tabù e chi si azzarda a parlarne rischia una querela. Altrimenti il numero degli iscritti all’università continuerà a diminuire in modo inesorabile.

Diamanti dalle ceneri dei defunti

Ci volevano gli svizzeri per pensare di tirar fuori un diamante dalle ceneri di un defunto. La prima azienda in Europa che opera in questo settore è a Coira, nel Cantone dei Grigioni, una città antica circondata da boschi. L’altra è negli Stati Uniti, a Chicago. Il diamante si può creare anche in laboratorio, e questo è noto, è da lì che arrivano i falsi brillanti, ma quello che proprio non si arrivava a pensare era di ottenerlo dai poveri resti di un defunto. E invece è il modo più semplice: lo si ottiene trasformando il carbonio che è parte essenziale del corpo di ognuno di noi. Per la verità non è così semplice l’equazione: resti umani=diamante.

Occorrono alcuni mesi di lavoro, dipende dalla grandezza della pietra che si vuole ottenere. Alla fine, la pietra risultante splende come tutti i diamanti e si può indossare come si vuole: incastonata in un anello, in una collana, in un bracciale o in una spilla. Mai è stato più appropriato come in questo caso il celebre claim pubblicitario che diceva: “Un diamante è per sempre”. L’idea si è dimostrata vincente. Da tutto il mondo in questo piccolo stabilimento arrivano le urne con le ceneri. I clienti migliori sono i tedeschi e i giapponesi. Molti anche dal Brasile, Spagna, India e Italia. In questo laboratorio si produce una media di mille diamanti all’anno. A muovere l’interesse della gente per questo modo originale di recupero non è di certo quello economico dato che per ottenere un diamante da un carato si pagano 13 mila euro più Iva. Un costo oneroso.

Dunque la motivazione è di tipo affettivo. Probabilmente il poter indossare un diamante ottenuto dalle ceneri della persona cara è un modo per sentirla vicina. E, forse, è anche un modo simpatico per il defunto di partecipare ancora alla vita dei propri cari. Scriveva il famoso storico dell’arte Bernard Berenson: “Giù, giù, in fondo al cuore, non crediamo alla nostra estinzione,in qualche modo ci aspettiamo di essere presenti, a osservare quello che succederà ai posteri”.

La produzione sartoriale delle creative e colorate cravatte per cani ideate da Igor Righetti e realizzate in Italia dalla stilista Donatella Di Felice con la sorella Anna della Sartoria Ricucito. Il bassotto Byron, guest star dei collaricravatta, si accerta che le cravatte siano come le vuole lui. I collari-cravatta sono disponibili sul sito www.igorrighetti.it

Tutti centenari

La società umana sarà sempre più composta da persone molto avanti negli anni. Quello che fino a poco tempo fa sembrava soltanto un sogno oggi è realtà: si può vivere fino a cent’anni e anche oltre. È stato calcolato che il 50% dei neonati venuti alla luce in questi ultimi anni avranno la concreta possibilità di superare il secolo di vita. Se la longevità secolare sia o no un’aspettativa felice non si sa, ma di certo lo spettro della vecchiaia è stato allontanato di molto. Attualmente, secondo le statistiche Istat, i maschi sfiorano gli ottant’anni mentre le donne hanno superato gli 84.

Negli ultimi 5 anni abbiamo guadagnato un anno di vita. Ma non soltanto. Le attuali novantenni possono sperare su altri 5 anni arrivando così ad approssimarsi al secolo. La vita si allunga, dunque, e anche la lucidità mentale nelle centenarie è sempre più presente. Il vantaggio delle donne sugli uomini in quanto a longevità, dunque, permane. È Firenze la città più longeva seguita da Bari, Bologna e Milano. Roma è nella classifica bassa della sopravvivenza e Napoli è ancora più in fondo. Se di fronte a questi dati non possiamo che rallegrarci, delle preoccupazioni ci sono. Che ne sarà, per esempio, del sistema pensionistico? E della sanità pubblica?

Il fatto è che la longevità dipende in gran parte dalle cure e dall’ambiente che ci circonda. Gli anziani che sopravvivono più a lungo sono quelli che si curano di più. Grazie al sistema sanitario pubblico la salute viene tutelata, ma ecco farsi avanti la preoccupazione per il futuro quando gli anziani saranno sempre di più e sempre più vetusti e, nel contempo, aumentano i tagli delle pensioni e della salute. Quale scenario allora si presenterà a coloro che giovani oggi e precari pure, saranno anziani? Chi li tutelerà? Incognite alle quali oggi non viene data risposta.

La burocrazia italiana paralizza tutto

Le case degli italiani sono sempre più abitate da gente che ha evitato le patrie galere, come si diceva una volta. Si tratta dell’unico rimedio contro il disumano sovraffollamento delle nostre carceri: non farci entrare più nessuno e mettere fuori quanti è più possibile è la parola d’ordine. È il momento buono per i delinquenti di soddisfare il loro sogno nel cassetto. In tempo di saldi si acquista un oggetto che può essere di abbigliamento o di altro genere, sognato, ma troppo costoso per acquistarlo e allora si attendono i saldi, quando si dimezzano i prezzi.

Lo stesso accade per tanti delinquenti: aspettano il decreto svuota carceri per compiere la rapina tanto sognata o per derubare la vecchietta della porta accanto. E così non a giorno che la cronaca non riporti episodi di violenza, di ruberie, di reati contro la persona o il patrimonio da parte di delinquenti di mezza tacca prontamente acciuffati e altrettanto prontamente portati davanti al giudice che li pone, tanto per fare una cosa poco originale, agli arresti domiciliari.L’Italia è diventata l’eden anche per i malviventi internazionali che si fanno il tour delle ruberie, dello spaccio veloce, dello scippo. Il fatto è che il nostro Paese non è più un Paese di santi, se mai lo è stato: tra i Paesi occidentali vantiamo uno dei più alti tassi di criminalità.

Eppure, incredibile, ma vero, si sono spesi fiumi di denaro per palazzi in cui ospitare autorevoli servitori dello Stato e non si sono costruite nuove carceri. Anzi, per la verità ne sono state costruite, ma non sono mai state frequentate da reclusi tanto che versano in condizioni di totale abbandono o sono state adibite ad altri usi. Insomma, si sono trovati capitali enormi per rimborsare le trasferte extralusso di tanti impiegati della politica, si sono materializzate molte evasioni fiscali totali per cifre a tanti zeri, ma non si è trovato il modo di realizzare strutture carcerarie decenti per i detenuti e per le guardie carcerarie che in carcere ci vivono e ci lavorano tutti i giorni. E il dubbio serpeggia: non è che la

trascuratezza nei confronti di questo stato di bisogno sia il preludio per arrivare a promulgare indulti?

La palma d’oro che ci ha assegnato l’Europa come Paese europeo più corrotto porta con sé una verità che fa davvero male perché colpisce tutti noi: circa un terzo del reddito che produciamo è sconosciuto al fisco. Questa è la media, ma c’è il nostro Mezzogiorno che, ambito per le sue bellezze naturalistiche, per il clima, per la gastronomia e per la simpatia dei suoi abitanti è stato calcolato che tra criminalità e reddito sommerso sfugge al fisco per oltre il 40% della sua attività economica. E si badi bene che la causa non è da addebitarsi soltanto alla criminalità, che pure incide e molto, ma anche alla pubblica amministrazione. Non si hanno dati certi ma sembra che l’alta velocità in Italia costi dieci volte di più di quella realizzata all’estero.

La nostra borbonica macchina burocratico-amministrativa fa lievitare tutti i costi, a partire da quelli degli uffici e riesce a rallentare qualsiasi opera: dal raddoppio della Firenze-Bologna, inaugurata numerose volte ma ancora da fare alla Tav in Val di Susa dove per progredire coi lavori è stata necessaria la presenza dell’esercito, proprio come accade nei Paesi dove c’è una perenne rivoluzione. In quanto ai ritardi dei lavori, ma anche per le operazioni più semplici, quotidiane, come l’ottenimento di una licenza, abbiamo una burocrazia paralizzante che ostacola e provoca anch’essa con la sua lentezza il diffondersi delle bustarelle, dei favori e delle manovre nascoste. Con tutta questa burocrazia perché c’è ancora chi si stupisce se le aziende estere non investono in Italia? Soltanto un masochista investirebbe in un Paese in cui la tassazione e la pressione fiscale sono alle stelle, il sistema giudiziario è più lento di una lumaca narcotizzata e la burocrazia fa perdere tanto tempo e denaro.

Siamo pure in fondo alla classifica europea per qualità dei servizi pubblici locali

Chissà perché tutte le ricerche e i dati pubblicati dalle varie Commissioni europee ci danno spesso per originali e, come tali, ci collocano in fondo alle classifiche come fossimo tanti Pierini che devono stare sempre dietro alla lavagna. In realtà Pierino in confronto a come appariamo è uno sgobbone, è il primo della classe. Il fatto è che anche per quanto riguarda la classifica europea per qualità dei servizi pubblici locali siamo non in fondo alla classifica, ma proprio all’ultimo posto, in compagnia della Grecia che, come è noto, non sta ando un periodo florido.

Davanti a noi sfilano tutti gli altri Paesi, partner europei, ma non soltanto: nella lista ci sono anche Islanda, Norvegia, Svizzera e Turchia. Ma la sorpresa negativa non finisce qui. Entrando nei particolari la ricerca fa anche la classifica delle città prese in esame: sono 83 e indovina un po’ Roma, capitale d’Italia, dove si colloca? Ma no, all’ultimo posto no, lì c’è Palermo, preceduta da Napoli. Roma è subito prima di loro, all’81° posto. È Lussemburgo la città con i migliori servizi seguita dalle si Rennes e Strasburgo. La città italiana dove si vive meglio è Bologna, seguita da Verona e Torino.

Ma se le città italiane sono quelle peggio servite in compenso sono anche quelle con le tariffe tra le più care in Europa, specie per quanto riguarda la fornitura di acqua, la raccolta rifiuti e il trasporto civile su strada. A farci fare questa brutta figura e a farci sentire i reietti d’Europa è dunque la scarsa qualità dei servizi locali, dalla pulizia delle strade ai trasporti pubblici ai rifiuti urbani. E se Roma piange non è che per le altre città italiane vada molto meglio. È vero, Bologna, la meglio sistemata è al 39° posto su 83 ma la sua non è una grande posizione e in quanto a Verona e Torino sono al di sotto della sufficienza. In compenso, però, paghiamo molto salati i servizi, pur se scadenti: siamo ultimi per qualità e primi per tariffe pagate!

Ma non è finita qui. Delle oltre 6 mila aziende pubbliche locali che erogano servizi meno della metà hanno chiuso il bilancio in utile, poco più di mille in pareggio e le restanti duemila con il bilancio in rosso. Un rosso tanto da costare alla collettività oltre un milione di euro ciascuna.E il bello è che i loro bilanci, che mostrano tutta la loro incapacità ad amministrare, continuano ad espandere il rosso come neppure Dario Argento ha fatto nel suo celebre film dell’orrore“Profondo rosso” così come crescono di continuo gli addetti.

La giungla del 5 per mille

Il 5 per mille è una giungla. Sembra incredibile, ma non c’è strada, non c’è iniziativa o attività che non porti al finanziamento ai partiti. L’ultima notizia, in ordine di tempo, arriva dalla relazione della Corte dei Conti che si addentra sul complicato meccanismo del 5 per mille, vale a dire dei contributi dei cittadini devoluti al finanziamento delle onlus benefiche e filantropiche. Ebbene, il denaro destinato alle opere di volontariato finisce anche ai politici oltre che nelle casse di notai e di sindacati. Come un mostro a cinque teste il cinque per mille si è insinuato in tanti organismi assumendo via via le forme più diverse e originali superando così ogni ostacolo normativo.

Nella relazione della Corte dei Conti si cita una nota dell’Agenzia delle entrate dove è scritto che “la fondazione Liberal ha presentato domanda di iscrizione nella categoria degli enti per la ricerca scientifica ed è stata ammessa dopo i controlli eseguiti dal ministero dell’Istruzione. La Fondazione Liberal, di Ferdinando Adornato, ex deputato che in ato, per il suo Cronache di Liberal, già organo ufficiale dell’Udc, ha avuto un paio di milioni l’anno di finanziamento per la stampa di partito fino alla chiusura della testata avvenuta tempo fa.

La porta per entrare nel mondo del 5 per mille è molto alta e larga e negli elenchi dei beneficiari appaiono tanti altri nomi illustri come la Fondazione presieduta dall’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, chiamata Nuova Italia, e la Fondazione Italiani europei di Massimo D’Alema. Nel rapporto della Corte dei conti viene sottolineato che i controlli sulla legittimità dei richiedenti sono spesso inesistenti. Tocca al ministero del Lavoro fare i riscontri tra le tante migliaia di potenziali destinatari dei finanziamenti ma la confusione burocratica finisce per penalizzare chi di quel denaro ne ha diritto. Nei poderosi elenchi dei postulanti c’è di tutto e di più, anche la fondazione dei notai. I notai in Italia sono pochi ma non si fanno

mancare nulla. I giudici contabili scrivono che le disposizioni legislative sono molto confuse, incerte. A questo si deve aggiungere la mancanza di una selezione rigorosa.

Il risultato è che è cresciuto a dismisura il numero dei beneficiari. Ed è così che sono comparse le fondazioni di tendenza politica ma anche fondi di assistenza e previdenza nonché le fondazioni di o alle squadre di calcio tra cui la Fondazione Milan. La conclusione della Corte dei Conti è che la polverizzazione di contributi a favore di una pletora di soggetti fa salire i costi e rallenta le procedure di erogazione rischiando di indebolire l’istituto del 5 per mille rendendolo un inutile contributo a pioggia privo di ogni ricaduta positiva.

Italiani mangiatutto

Tempo fa la trasmissione televisiva “Le Iene” mandò in onda un servizio che fece orrore: mostrava come nonostante i delfini non si possano catturare in quanto specie protetta molti ristoratori li servano nel piatto nei propri locali. La Forestale ha contato nel 2011, nello spazio di dieci mesi, oltre duemila reati che vedevano i delfini come vittime. Tra Lombardia, Puglia e Campania sono state quasi 1.500 le persone denunciate e 12 quelle arrestate.

Ma sulle tavole imbandite dall’attività dei bracconieri non ci sono soltanto i grandi mammiferi protetti, ma anche i minuscoli pettirossi sterminati a migliaia e serviti illegalmente nei ristoranti specie nel Triveneto e nel Friuli. Molto apprezzati anche i ricci di bosco, animali particolarmente sfortunati perché per ucciderli viene usato un metodo particolarmente crudele: vengono gettati vivi nell’acqua bollente.

Regione che vai usanza che trovi. Se i ricci vengono uccisi particolarmente in Emilia e in Abruzzo lo scoiattolo è molto apprezzato in Calabria mentre il ghiro con la polenta è una delizia del Veneto. Non sappiamo se il successo culinario di tanti animali protetti sia effetto della bontà delle loro carni o se deriva dal piacere di fare una cosa proibita: la trasgressione, si sa, in alcuni elementi accende desideri sopiti anche se il costo è elevato. Anzi, forse è proprio nel costo salatissimo di frittelle di riccio di bosco, pettirossi allo spiedo, filetti di delfino e ghiri in umido che si annida la voluttà mangereccia di chi ha bisogno del viagra naturale per provare soddisfazioni voluttuose. Alla faccia del Paese civile. E poi ci permettiamo di giudicare i Paesi del Terzo Mondo.

“Non ho paura della fuga dei cervelli ma dei tanti cretini rimasti”

Sessant’anni di differenza e... sentirli tutti!

Ogni mese nei municipi delle nostre città si celebrano decine di matrimoni tra un over settant’anni e una lei under 40. Matrimoni di cui oltre un terzo finisce con una richiesta di divorzio entro un breve periodo. Recenti studi elaborati da vari servizi sociali regionali denunciano un continuo aumento di queste unioni la cui differenza anagrafica arriva anche a superare i sessant’anni. Spesso le donne che vanno a nozze sono le badanti degli sposi. Il fenomeno è salito alla ribalta della cronaca per il caso di un uomo di 91 anni che aveva deciso di sposare la badante di 28 anni anche per lasciarle la pensione oltreché la casa e i suoi beni. Ma durante il banchetto di nozze il clima è cambiato: la sposina e i suoi parenti hanno cominciato a deriderlo, a insultarlo e a sputargli addosso.

Immediata la reazione del neosposo che ha dato il via alle pratiche per la separazione più veloce del mondo. Un caso non inconsueto, però, secondo i dati di uno studio che rivela come ogni giorno in Italia oltre 50 anziani sposano donne under 30. Matrimoni destinati a finire entro un breve termine. Ma è la dimostrazione più palese di come il cuore non invecchia mai. La vita si allunga sempre di più e gli over si confrontano con altri over più over di loro. Si arriva così a considerare un uomo di settant’anni come persona con molti anni ancora da vivere. Purtroppo, però, l’allungamento della vita non è uguale per tutti e prima o poi capita che in una coppia resti un single.È sempre accaduto e sempre succederà. Ma mentre in ato il coniuge superstite se arrivato a essere un over si metteva l’anima in pace e si limitava a giocare a bocce o a carte oggi si guarda intorno, naviga su Internet alla ricerca di un nuovo partner. E lo fa con gli occhi ben aperti su una realtà sociale che non è più quella di qualche decina di anni fa.

Quella attuale è opulenta, ricca di donne giovani desiderose di accasarsi come ben sanno coloro che frequentano i social network dove pullulano le offerte di giovani donne straniere. Chissà perché quando si parla di social network si allude sempre ai giovanissimi e alle tentazioni cui vanno incontro mentre è sui nonni che andrebbe focalizzata maggiormente l’attenzione: nell’interesse di tutti,

anche dei più giovani.

I patti prematrimoniali

Paesi che vai patti nuziali che trovi. È consuetudine in ogni società stabilire per scritto regole, diritti e doveri delle unioni coniugali che, in ato, arrivavano a coinvolgere nazioni e potentati economici nel caso di patti tra regnanti. Sempre più spesso la cronaca rosa svela gli accordi prematrimoniali di coppie famose che toccano interessi economici, ma anche privati, privatissimi come il numero di rapporti sessuali minimi o massimi da avere in una settimana o in un mese. Sono formule permesse in molti stati occidentali, specie negli Stati Uniti, ma non consentiti nella pudica Italia dove pure sono stati fatti dei progressi rispetto al 1968, anno in cui l’adulterio, che prevedeva soltanto per la donna la reclusione, smise di essere considerato reato come non viene più considerata come colpa nelle cause di separazione l’infedeltà coniugale, fatta eccezione se il tradimento è stato la causa della rottura del matrimonio.

I patti prematrimoniali possono riguardare soltanto la comunione o la separazione dei beni. I ripensamenti tardivi non vengono accolti. La rigidità della nostra legge è in contrasto con ciò che avviene negli altri Paesi. È impensabile che da noi si possa stilare un contratto nuziale come quello del fondatore di Facebook Mark Zuckerberg con Priscilla Chan che ha regolamentato tutto, anche il numero delle notti d’amore: almeno una a settimana. Sullo stesso tenore era il patto stilato da Jacqueline vedova Kennedy con il secondo marito, Onassis. Nel contratto prematrimoniale Jacqueline chiedeva tre miliardi l’anno e imponeva non più di un rapporto sessuale al mese.

Ai patti prematrimoniali sono favorevoli gli avvocati matrimonialisti secondo i quali se fossero autorizzati eviterebbero di ingolfare di cause i tribunali. Soprattutto se le cose fossero messe in chiaro sul piano economico perché la separazione, sentenziano, non è mai portatrice sana di buoni sentimenti. Tutte le

separazioni avvengono in modo rancoroso con pretese risarcitorie. Con i patti stilati in precedenza tutto avverrebbe in modo più tranquillo. Scriveva Robert Louis Stevenson “Il matrimonio è simile alla vita: è un campo di battaglia e non un letto di rose”.

I rapporti familiari sanciti per legge

Il nuovo testo di riforma del diritto di famiglia è entrato in vigore da un po’ . Molte sono le novità introdotte che non soltanto incidono in maniera profonda sul vivere delle famiglie, ma modificano la prospettiva con cui i vari componenti familiari devono fare i conti. Partendo proprio dai nonni che, finalmente, si sono guadagnati uno spazio tutto loro nel nuovo ordinamento. Il loro diritto a vedere e frequentare i nipoti è ora riconosciuto nel decreto legislativo 154 che segna una tappa importante dopo la legge sul divorzio e la riforma delle adozioni.

Il codice, insomma, prende atto di prassi consolidate nelle aule dei tribunali o imposte dagli organismi europei come la parificazione dei bambini legittimi a quelli nati fuori dal matrimonio. Ben più difficile è codificare il ruolo dei nonni nei confronti dei nipoti. Il loro diritto a frequentarli è ora sancito per legge alla stessa stregua dei genitori separati. Ma se si deve ricorrere agli articoli di legge per vedere rispettato un diritto del cuore prima ancora che legale come possono i nonni che ottengono in questo modo di vedere i nipoti seguirli con affetto sì, ma anche con la dovuta serenità di animo e di giudizio?

In un ambiente familiare lacerato da liti e separazioni non è certo un obbligo giuridico a rasserenare gli animi, anzi, può accadere il contrario e cioè che i nonni approfittino dei loro diritti per esacerbare gli animi, per instillare una qualche forma di ribellione nei nipoti e, dall’altra parte, che i genitori facciano la stessa opera di distruzione nei confronti dei nonni.E allora, poveri nipoti. No, i rapporti familiari costituiscono sempre materia da prendere con le molle e non è certo un magistrato che può appianare eventuali divergenze che impediscono un rapporto armonioso tra i componenti di una famiglia.

Fa anche pensare la costrizione per legge del mantenimento dei figli finché non siano in grado di autogestirsi. I genitori, da sempre, di regola, sostengono i figli

ben oltre i 18 anni. Ma che una legge li obblighi a farlo fintanto che un figlio non decida di andarsene da casa e rendersi indipendente, magari mai, è veramente un obbligo crudele e innaturale. In natura gli animali spingono la prole a essere autosufficiente, ad allontanarsi per compiere il proprio ciclo di vita. Gli uomini hanno altre regole, altre necessità, aspettano, aiutano, ma non si possono obbligare i genitori a mantenere a vita un figlio che non ha alcuna intenzione di cimentarsi con i problemi della quotidianità ma trova molto comodo essere mantenuto a vita. Insomma, reputo veramente aberrante che sia lecito che un adulto viva come un parassita.

La doppia moralità dello Stato

Il gioco è entrato nel Dna degli italiani. Per la verità si tratta di una ione diffusa in tutto il mondo che, a seconda delle latitudini assume connotati diversi. Nei Paesi del Nord Europa si prediligono le scommesse, nei Paesi latini ci si affida di più alla fortuna. Gratta e vinci (oggi in commercio ci sono anche da 20 euro) e, soprattutto, il Lotto ne sono l’esempio più eclatante. Di questa ione, legata alla speranza di poter vincere e magari cambiare in meglio la propria vita, si è fatto protagonista lo Stato che subito dopo la nascita dell’Italia Unita pensò bene di far nascere il Lotto, gioco che, nonostante l’avvento di altri giochi ben più moderni, continua a mantenere le sue schiere di fan.

Gioco di Stato che visti gli introiti che ne derivano ha pensato bene di cavalcare la ione degli italiani moltiplicando le lotterie, diversificandole per assecondare tutti i gusti e coinvolgere più gente possibile. Uno Stato dalla doppia moralità: da una parte incentiva al gioco moltiplicando l’offerta e, dall’altra, fa la morale invitando alla prudenza. Un po’ Arlecchino e Pulcinella. Ce n’è per tutti i gusti. E in questo mondo pieno di contraddizioni ecco prendere il via da parte di tante amministrazioni comunali, spinte da comitati cittadini, la guerra alle sale scommesse attraverso ordinanze di chiusura che prendono a prestito le motivazioni più varie come la vicinanza a una scuola o a un ospedale.

Ordinanze dall’esito incerto e dall’incerta legalità che una recente sentenza del Tar di Milano ha chiarito, anche se in modo del tutto inaspettato. È accaduto che l’esercente di una sala scommesse fatta chiudere da un’ordinanza comunale per la sua posizione adiacente a una scuola ha fatto ricorso al Tar il quale, nella propria sentenza, motivala sospensione dell’ordine del Comune di chiudere la sala scommesse scrivendo che il legislatore italiano ha adottato da tempo una politica espansiva nel settore dei giochi d’azzardo allo scopo di incrementare le entrate fiscali. Lo Stato, dunque, campa fomentando le illusioni di milioni di italiani di poter un giorno cambiare la propria vita con una vincita milionaria. Illusioni, appunto. E intanto lo Stato continua a mettere in commercio nuovi

giochi, nuove lotterie cavalcando la dipendenza da gioco dei propri cittadini.

Quando crollano le certezze sulle antiche credenze

È proprio vero: non c’è più da fidarsi di un fichetto secco, neanche delle tradizioni. Tutte le nostre certezze crollano alla luce delle nuove ricerche scientifiche compiute con sistemi sempre più sofisticati e precisi. E così si scopre che quando la nonna ci esortava a mangiare la mela con la buccia perché era lì che si annidavano le vitamine era completamente errato. Le vitamine sono contenute in misura maggiore nella polpa. In quanto agli spinaci poi è stato preso in giro per tanti anni anche Braccio di Ferro, personaggio dei fumetti che doveva la sua forza alla grande quantità di spinaci che ingurgitava.

Dobbiamo rivedere tutto e ricollocare ogni cosa nella giusta casella. Sempre a proposito di antiche credenze, è stata dichiarata non vera quella riguardante la diceria che la frutta vada mangiata lontano dai pasti. Ed è sbagliato pensare che mangiare di notte faccia ingrassare o che sia meglio mangiare poco e spesso anziché abbuffarsi. Le ricerche, poi, assolvono il glutammato sodico, quello contenuto nei dadi da brodo finora ritenuto pericoloso, tossico e cancerogeno. Niente di tutto questo, il glutammato viene prosciolto da ogni accusa. Tra i miti sfatati dalle ricerche c’è anche quello che riguarda il fosforo contenuto nel pesce: i legumi e la frutta secca ne contengono di più.

Riflessioni in libertà

Impossibile vergognarsi quando si è perso il senso della vergogna.

L’insulto sostituisce la parola, la rende muta e atrofizza il pensiero.

Se è vero che una citazione fa diventare DOTTO, una critica trasforma in... BRONTOLO?

Prima di montarti la testa, leggi con attenzione il libretto delle istruzioni.

La biblioteca pubblica di Brooklyn ha reso noto che New York, capitale mondiale degli arresti per marijuana, era fino a non molto tempo fa coperta dalla pianta incriminata. Soltanto negli Anni ‘50 la città dichiarò guerra alla marijuana con il capo del dipartimento della sanità il quale organizzò squadre per confiscare e distruggere ogni pianta di quella specie. Ma, visto che anticamente New York era ricoperta di marijuana, perché è conosciuta come “LA GRANDE MELA” invece che come “LA GRANDE CANNA?”.

Pare che la corsa possa stimolare la produzione di nuove cellule staminali, in parole povere correre ringiovanirebbe il cervello. Sarà per questo motivo che al loro arrivo ai maratoneti vengano distribuiti dei...biberon?

Gli italiani si collocano al quinto posto nel mondo per il tempo che trascorrono guardando la televisione. E per guardare la nostra televisione ci vuole davvero

tanto coraggio. L’ho sempre detto che siamo un popolo di masochisti.

Non parlo con quelli che ragionano come prima che la crosta terrestre si consolidasse.

Mettete fiori nei vostri cannoni, se potete... papaveri!

I politici mi inquietano come i carboidrati terrorizzano le modelle.

La tv è come il maiale, non si butta via nulla.

In Italia si è resa eccellenza la mediocrità.

La tv italiana è affollata da personaggi che non bucano il video, lo graffiano!

In Italia diminuiscono gli stranieri che soggiornano ma aumentano quelli che sbarcano.

In Kenya è stata scoperta la “prima” mano anatomicamente moderna; era in grado di afferrare gli oggetti e appartiene a un antenato dell'uomo. Essendo la prima mano è possibile che nella preistoria esistessero già... gli imbianchini?

Il mondo della ricerca in Italia non si apre all’apporto di nuova linfa e di nuove

idee. È un mondo stantio, odora di chiuso, di naftalina ma noi non siamo Eta Beta.

Negli ultimi anni i monumenti storici delle città sono sempre più danneggiati, sarà colpa del turismo MORDI e FUGGI?

Molti turisti sono ati dagli alberghi agli agriturismi. È proprio il caso di dire... dalle stelle alle stalle.

Il turismo nei conventi va sempre più di moda. Quindi diminuiscono le vocazioni ma aumentano le prenotazioni.

Se trovi una crociera troppo economica controlla che non ci sia la parola “BARCONI”.

Una nave che viene rifatta ha una poppa più grossa?

Appena uscito questo libro ha già ricevuto numerosi e importanti riconoscimenti tra i quali i premi Bancarotta e Stregone, Dita rubate all’agricoltura e Tastiera rotta.

I commenti su questo libro fatti dai critici letterari dei maggiori quotidiani nazionali:

“Mai letto niente di simile. Dopo la lettura del volume i nostri pazienti hanno capito che fuori c’è chi sta peggio di loro”.

Il Corriere dell’ospedale psichiatrico

“In Italia un progetto editoriale del genere è senz’altro frutto di una mente malata che necessita di cure idonee. Però devo ammettere che dopo aver letto il libro sono più ottimista”.

La Gazzetta del depresso cronico

“Sentirsi meglio dopo aver sfogliato un libro? Un’assurdità. Solo i farmaci possono assolvere a questa funzione”.

Il giornale dello psicofarmaco

“Righetti anche questa volta ha scritto un sacco di stronzate. È un analfabeta e un poveretto abituato a pisciare fuori dal vaso”.

Il Messaggero della Volgarità

“Non si capisce perché l’autore debba sempre mettere in evidenza i pochi evasori fiscali presenti in Italia. Il Paese ha cose ben più serie a cui pensare”.

Il quotidiano dell’Evasore

“A me mi sembra che pure in questo suo libro Righetti ha detto cose invere, solo per accatturarsi le simpatie del pubbliquo”.

Il Qorriere dell’Incolto

“Un liblo da boicotale pelché pieno di fesselie. Noi avlemmo potuto lealizzallo con meno di un eulo”.

Xin Xan, quotidiano italo-cinese

“Un volume del genere lo avrebbe potuto scrivere chiunque. Non c’è bisogno di un giornalista e docente universitario. È banale, volgare, stupido, becero, scritto coi piedi e fa sorridere solo il suo autore”.

Invidia Oggi

Non posso concludere questo libro senza i miei saluti ComuniCattivi che dedico...

a tutti coloro che tutti i giorni vanno sul motore di ricerca Google e digitano il proprio nome per vedere se qualcuno li ha citati da qualche parte e dopo la dicitura “Nessun risultato trovato” entrano in crisi e cominciano a urlare.

A quelle persone che quando vanno nelle profumerie o nelle farmacie chiedono campioni gratuiti di creme idratanti, antirughe, shampoo, bagnoschiuma, creme corpo e chi più campioni gratuiti ha più ne metta. Trovandosi a casa decine di campioni di marche diverse e con profumazioni varie queste persone hanno il coraggio di mettersi una crema per il corpo all’estratto di gelso sulla gamba sinistra, una al patchouli sulla gamba destra, una alle mandorle dolci sull’addome, un’altra al mirtillo sulla schiena e quella al melograno sui piedi. Questo accade perché hanno soltanto un campione di ogni profumazione. Diventano così macedonie umane.

A tutti quelli che quando vanno a teatro si vestono come se stessero andando a un matrimonio o a ritirare l’Oscar. Negli altri Paesi europei, dove ci sono molti più teatri che in Italia, la gente ci va vestita in modo semplice, come quando si va al supermercato perché per queste persone ciò che importa davvero è la cultura e il valore dell’opera e degli artisti, non il farsi vedere, l’ostentazione, come invece accade da noi.

A tutti coloro che chiedono libri in prestito e poi si dimenticano di restituirli. Queste persone hanno nelle proprie abitazioni librerie immense fatte con i volumi degli altri. Quindi attenzione a chi presti i tuoi libri. Rischi di doverti rivolgere a un avvocato o al programma “Chi l’ha visto?” per cercare di riaverli.

A quei commercianti che ogni volta che acquistiamo un prodotto coperto da garanzia ci ricordano di conservare lo scontrino fiscale in quanto in caso di malfunzionamento di un oggetto senza scontrino non possono provvedere alla sostituzione. La garanzia di tanti elettrodomestici e di oggetti tecnologici è valida in genere anche per due anni. Il problema allora qual è? Il problema è che gli scontrini vengono stampati su carta termica e sbiadiscono dopo poche settimane. Quindi se non sono state fatte fotocopie di quegli scontrini nessuno, in caso di malfunzionamento di un oggetto, ci farà valere la garanzia. In pratica la garanzia non dura due anni ma pochi giorni vale a dire finché lo scontrino fiscale risulta essere leggibile.

A tutti coloro che al ristorante, al termine del pranzo o della cena, chiedono il conto, lo pagano e restano seduti per un’altra mezz’ora non curanti di coloro che sono in piedi e che stanno aspettando che si liberi il tavolo.

A tutti quelli che reputano il lavoro intellettuale un non lavoro a differenza di quello manuale. Per troppi italiani è normale che un idraulico, un muratore, un elettricista, un falegname, un fabbro percepiscano un compenso per le loro prestazioni; è normale che uno di questi professionisti pretenda anche 200 euro per un lavoro di mezz’ora o un’ora mentre è considerato quasi un furto pagare 20 euro un libro per il quale occorre anche un anno di lavoro. Soprattutto in Italia risulta quasi bizzarro che un intellettuale percepisca denaro per ciò che ha scritto o ideato. Così come sembra normale che un ingegnere protegga i propri brevetti mentre sembra quasi un atto criminale che un intellettuale tuteli la propria attività letteraria frutto del suo ingegno, della sua creatività e dei suoi studi perché, si dice, le idee devono circolare liberamente. E allora perché non possono circolare liberamente anche i brevetti?

A quelle persone che omettono l’articolo quando salutano dicendo “ci vediamo settimana prossima”.

A tutti i postini che una volta accoglievo con gioia. Oggi non ci portano più le cartoline dei viaggi dei nostri amici, quelle ormai arrivano on-line o via smartphone, né le lettere d’amore. Oggi i postini ci portano soltanto le sanzioni amministrative (chiamarle multe è troppo punitivo e troppo volgare), le raccomandate dei controlli fiscali dell’Agenzia delle entrate e le bollette di acqua, luce e gas da pagare per chi non usa la domiciliazione bancaria.

A tutti coloro che sul social network Facebook alla voce “orientamento politico” rispondono “apolide” pensando che significhi apolitico e non privo di ogni cittadinanza.

Ai tanti populisti che non esprimono mai la propria opinione ma che mirano ad accattivarsi il favore popolare mediante proposte demagogiche, di facile presa. E non mi riferisco soltanto ad alcuni politici, ma anche a conduttori radiotelevisivi, a personaggi dello spettacolo e a gente comune.

A tutti i produttori e i disegnatori di spazzolini da denti manuali. Questi spazzolini hanno manici ergonomici sempre più fantasiosi che sfidano anche la forza di gravità. Spazzolini che per togliere la placca hanno forme orrorifiche che mettono paura e che per questo andrebbero vietati ai minori. Sono talmente brutti che i batteri presenti all’interno della bocca come li vedono muoiono d’infarto.

Agli smemorati del primo incontro, a coloro che dopo pochi minuti dalla nostra presentazione con nome e cognome dichiarano. “Sei simpaticissimo, ma come hai detto che ti chiami?”.

A tutti quelli che soffrono di alitosi, coloro che se provano a parlare con le piante, anche cactus, rischiano di farle afflosciare come un soufflé venuto male. Altro che diserbante. Si definisce alito cattivo, ma spesso risulta essere un eufemismo in quanto queste persone, con la sola potenza della parola, riescono a trasformare in riccioli il capello liscio del proprio interlocutore.Sembra che in bocca abbiano una discarica e che al posto dello stomaco ci sia un termovalorizzatore. Insomma, in bocca hanno vere e proprie armi chimiche. Pare che l’alitosi interessi il 50% della popolazione mondiale. Non c’è dubbio che questo problema influisca in modo negativo sulla nostra vita sociale e possa creare imbarazzo nei rapporti interpersonali. Nessuno di noi parlerebbe con una fogna a cielo aperto. Molti studenti con i professori dall’alito pestilenziale più potente del topicida si difendono sniffando il pennarello indelebile. Per risolvere questa piaga sociale ecco che il marketing e la pubblicità ci vengono in aiuto con i prodotti più disparati che dovrebbero neutralizzare il cattivo odore. Sul mercato si trova di tutto: compresse masticabili, dentifrici, collutori, chewingum, puliscilingua, sciroppi, succo di aloe vera che ormai va su tutto anche sulle lasagne e gli spaghetti alle vongole, caramelle, spray al mentolo, filo interdentale, tisane magiche. C’è anche chi, ogni giorno, usa questi rimedi tutti insieme per evitare di far urlare anche i peli superflui. I fumatori, per esempio, sono consapevoli di avere un posacenere in bocca e hanno sempre con loro chewingum extra strong, spray al mentolo, caramelle alla menta talmente forti che quando parlano gelano l’interlocutore. C’è anche chi inserisce in bocca l’arbre magique, quello usato per profumare l’interno delle auto. Se tutti questi accorgimenti dovessero risultare vani si può sempre ingerire l’idraulico liquido o qualche chilo di cemento a presa rapida. Del resto, con bocche del genere non basta uno spray rinfrescante, ci vorrebbe un’autocisterna per lo spurgo dei pozzi neri.

A tutte quelle mamme e quei papà che nei locali pubblici come negozi o ristoranti permettono ai propri figli di rincorrersi, urlare come faceva Tarzan nella foresta o picchiarsi come Mike Tyson durante un incontro di boxe senza mai intervenire. Quando qualcuno, che magari è stato travolto dai pargoli, si permette di riprendere verbalmente questi bambini o adolescenti cafoni le mamme buzzurre apostrofano chi ha osato dire loro qualcosa con la frase: “Ma non vede che sono soltanto bambini!”. È vero

sono bambini, ma bambini maleducati.

A tutti quei pensionati che affollano gli uffici postali nei giorni in cui vengono pagate le pensioni creando file chilometriche. In quei giorni gli uffici postali si trasformano in centri anziani o ricordano le sedi delle società bocciofile. File chilometriche soltanto perché questi pensionati non hanno fatto l’accredito della pensione sul proprio conto corrente. Andare in giro con il libretto della pensione e uscire dall’ufficio postale con denaro contante è anche molto rischioso. La cronaca ci riporta di continuo episodi di scippi ai danni di anziani che avevano appena riscosso la pensione. E allora che cosa aspettate voi anziani? Smettetela di intasare gli uffici postali per giorni. Fatevi accreditare la pensione sul vostro conto corrente.

A tutte quelle persone, soprattutto anziane, che quando vanno in farmacia fanno la scorta di farmaci come se stessero partendo per un viaggio di 3 anni nel deserto o su un’isola sperduta. Fanno incetta di farmaci di tutti i tipi come quando al supermercato si acquistano i prodotti sotto costo. Ma che cosa ci fanno con tutte quelle medicine? Un pic nic con gli antidolorici? Una cena con gli amici a base di supposte, lassativi e antibiotici? Forse li vogliono lasciare in eredità ai nipoti?

A quei farmacisti e dipendenti delle farmacie comunali che non sorridono mai, hanno modi garbati come l’ortica e sembrano farci un favore quando acquistiamo un prodotto. Per carità, generalizzare è un errore sempre e comunque, ma la mia esperienza in numerose farmacie comunali è abbastanza negativa sul piano della comunicazione e del servizio. Per evitare di disturbare quei dipendenti cafoni della farmacie comunali evito di andarci e mi rivolgo sempre alle farmacie private dove è più facile trovare un sorriso e un’accoglienza diversa. Questo accade perché chi in Italia ha il posto pubblico è convinto che ci resterà per sempre a prescindere dal proprio livello di professionalità e in molti casi non fa nessuno sforzo per migliorare dato che il rischio per lui è inesistente mentre il privato sa bene che un atteggiamento scortese porterà la sua attività al fallimento. Per

fortuna esiste il libero mercato e la concorrenza è ormai agguerrita anche in questo settore. Rivolgendoci al farmacista professionale e cortese avremo compiuto un’operazione di meritocrazia di cui l’Italia ha tanto bisogno.

A tutti quei cafoni e incivili che parcheggiano l’auto in seconda o terza fila, come se fosse un parcheggio regolare, e se ne vanno a fare la spesa, a prendere il figlio a scuola, dal medico o in farmacia. Questo accade soprattutto nelle grandi città: a Roma ormai parcheggiare in seconda o terza fila viene considerato normale. E quando, dopo 15 o 30 minuti che suoniamo il clacson in quanto con la nostra auto siamo rimasti bloccati, torna il proprietario della macchina neppure chiede scusa e adirato ci dice: “Ma che cosa suona a fare? Non vede che sono qui?”. Perché molti di noi perdono tempo a cercare un parcheggio per evitare di bloccare altre auto in sosta e altre persone se ne fregano e parcheggiano in seconda fila? E quando tornano pretendono anche di avere ragione. Più di una volta ho visto, anche in estate, cani lasciati mezz’ora in quelle auto in seconda fila. Dopo tanto clacson una signora tornò a prendere l’auto e mi disse: “Ma non ha visto che c’era il cane sull’auto?”. Ancora mi sto chiedendo che cosa avesse voluto dirmi. Forse che il suo cane aveva la patente e quindi avrebbe dovuto spostare la macchina? Era colpa del cane quindi se l’auto in doppia fila bloccava la mia? Ormai quando parcheggiano in doppia fila non inseriscono più neppure le quattro frecce lampeggianti. L’arroganza nella giungla metropolitana è diventata davvero preoccupante.

A tutti coloro che superano sempre la striscia gialla realizzata per motivi di privacy e collocata prima dello sportello di un ufficio postale, di una banca o di centri di analisi cliniche. Queste persone invadenti, impiccione o soltanto cafone si appiccicano a noi mentre siamo intenti a parlare con l’addetto allo sportello. In ospedale capita spesso ma forse le strisce gialle non le vedono in quanto devono prenotarsi una visita oculistica?

A quei tour operator che nei loro cataloghi con le proposte dei viaggi per farci ammirare la bellezza degli hotel, delle spiagge, dei ristoranti, delle

piscine e via dicendo inseriscono sempre bambini bellissimi, papà dal fisico scultoreo e mamme che ricordano le modelle. Anche nei viaggi dedicati alla terza età, gli anziani sono impeccabili, eleganti e sempre sorridenti e felici tanto da farci venire il dubbio che siano affetti da paresi. La comunicazione dei cataloghi turistici è patinata ma in questo modo diventa innaturale. Villaggi, spiagge e hotel dove non c’è nessuno in sovrappeso, calvo, con addome globoso o con fianchi sporgenti. Nessuno ha l’espressione malinconica o triste. In vacanza bisogna sorridere sempre. Un po’ quello che accade con la grandezza delle camere. Sul catalogo sembrano spaziose grazie all’effetto del grandangolo, ma quando ci rechiamo sul posto in molti casi siamo costretti a mettere la nostra valigia sul balconcino. Camere ideali soltanto per due dei sette nani. A proposito del balcone. Anche quello spesso non è come lo avevamo visto nelle foto. Possiamo farci colazione sì, ma in piedi. E così il nostro sogno romantico del tavolo con due sedie e la rosa rossa al centro svanisce. Pure la rosa che sul catalogo sembrava vera, era invece di plastica.

A coloro che non usano più il latte di mucca ma soltanto quello di riso e di soia non perché abbiano intolleranze bensì perché chiedere il latte di mucca è volgare e poco elegante: “Mi a un po’ di latte di riso?”, “Mi macchia il caffè con un po’ di latte di soia?”. “Che cosa dice? Ha soltanto il latte di mucca? Che volgare! Quello lo beva lei”.

A quelli che anche quando sulle porte c’è scritto tirare loro spingono.

A quei turisti italiani che quando si recano all’estero vanno a caccia dei ristoranti italici preferendo una pizza gommosa o un piatto di spaghetti stracotti a un ottimo piatto della cucina locale. Turisti che come tornano in Italia si lamentano della cucina pessima dei Paesi che hanno visitato.

A quelle persone che si offendono quando vengono chiamate netturbini al posto di operatori ecologici, steward e hostess al posto di assistenti di volo,

bidello invece di collaboratore scolastico, prostituta invece di escort, donna delle pulizie al posto di colf e ladro invece di detrattore di beni altrui.

A quelli che mentre corrono ascoltano la musica a tutto volume attraverso le cuffiette non sentendo così gli altri rumori. Sì, i famosi i-pod-disti!

A tutti quegli architetti e a quei costruttori che alle finestre degli edifici che realizzano prevedono inferriate esili e ricche di decorazioni, ma carenti in fatto di sicurezza. Dato che le inferriate non sono mai decorative ma vengono messe per evitare sorprese sgradite all’interno delle nostre case, per difenderci dai tanti, troppi ladri e aggressori che vagano nelle nostre città, e dato che il loro costo non è esiguo, se le si mettono devono essere di sicurezza cioè ben salde, robuste e con serrature di sicurezza possibilmente brevettate contro lo scasso. Per aprire questo tipo di inferriate e le serrature di sicurezza i ladri, anche quelli più esperti, impiegano molto tempo e quindi o rinunciano all’azione criminale in quanto rischiano di essere notati o l’impianto di allarme ha tutto il tempo necessario per farsi sentire dai vicini. Quindi cari architetti che sui vostri progetti disegnate inferriate leggere come libellule ricordate che la sicurezza, oggi più che mai, viene prima dell’estetica.

A quei genitori che pensando a se stessi e non al Paese e al futuro dei propri figli hanno beneficiato delle baby pensioni, di false pensioni di invalidità o di assunzioni ottenute soltanto con voti di scambio e per meriti politici. Genitori che adesso si rendono conto che i loro figli stanno peggio di loro guardando in prospettiva. Figli che ora non riescono a trovare uno straccio di lavoro. Questi genitori hanno senz’altro contribuito a rendere il futuro di milioni di giovani italiani meno certo.

A tutte quelle persone che il sabato e la domenica vanno nei centri commerciali indossando la tuta da ginnastica. Ma vanno a fare shopping o a correre?

Ai nostalgici che ancora usano l’aceto di vino come condimento a crudo al posto dell’aceto balsamico che ha sostituito quasi esclusivamente il primo e pure quello di mele. L’aceto di vino è tornato a essere usato come anticalcare naturale, per pulire i vetri o l’interno del frigorifero. Un ritorno al ato.

Ai produttori di asciugamani che per renderli ultramorbidi non assolvono più alla loro funzione, cioè asciugare. Prima che si possano definire asciugamani vanno lavati e rilavati decine di volte. Ci sono anche quelli che quando li usiamo perdono pezzetti di spugna facendoci ritrovare con la faccia “pelosa”modello Cita, la celebre scimmia di Tarzan. Quando finalmente cominciano ad asciugare non sono più morbidi, si lacerano, il colore è sbiadito e quelli più economici ricordano la carta vetrata.

A tutti coloro che prendono il caffè con il dolcificante e poi si mangiano due croissant alla crema.

A quelli che invitano sempre tutti ad abbassare il tono della voce ma lo dicono urlando.

A quelli che al supermercato si sforzano di leggere le tabelle degli ingredienti dei prodotti che stanno acquistando facendo finta di capire ciò che stanno leggendo ovvero: mono e digliceridi degli acidi grassi, stabilizzanti E 1442 (servono per stabilizzare un prodotto un po’ squilibrato?), E 451 ed E 452 che sembrano le sigle degli Eurostar, esaltatore di sapidità E 621 senza il quale quello che stiamo acquistando non saprebbe di un fichetto secco, correttore di acidità E 507, destrosio, antiossidante E301 conservante E 250. Insomma, è tutto “EEEEEE”. Tutto chiaro vero? Bisogna andare a fare la spesa con un chimico per capirci qualcosa.

Ma che cosa ci fanno mangiare? Un miscuglio di numeri accompagnati dalla vocale E?

Quante persone stavo per dimenticarmi di salutare.

I partner che hanno creduto in questo primo progetto editoriale italiano di libroterapia

Best Western Italia

Bloody fine

Blue Panorama Airlines

Eden Viaggi

Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi

Hosting Solutions

L’Erbolario

www.narcissus.me

Piquadro

Samuele Socci

Take a way

Best Western Italia

Best Western è il marchio alberghiero più diffuso al mondo e in Italia. È presente in cento nazioni per un totale di 4 mila hotel e, in Italia, grazie al crescente sviluppo iniziato nel 1982 può contare su 180 hotel affiliati con oltre 13 mila camere, in 120 destinazioni business e leisure. La storia di Best Western Italia è soprattutto l’avvincente racconto di albergatori. In tutto il mondo infatti gli imprenditori si affiliano a una Cooperativa e, in qualità di soci, entrano realmente a far parte del Gruppo, partecipando ad assemblee periodiche, aggiornamenti e corsi votando per le decisioni strategiche. Con l’ingresso in Best Western acquisiscono l’utilizzo del brand, la tecnologia e l’identificazione agli standard internazionali.

Sono questi i principali motivi per i quali la formula di Best Western ha riscosso, anche in Italia, una significativa e costante approvazione da parte degli imprenditori alberghieri. Guidata da Giovanna Manzi dal 2004 può contare oggi su un giovane staff di 60 persone suddivise in reparti: marketing, sales & , pricing & online distribution, Web & IT, help desk & training, amministrazione e acquisti, attraverso Besteam, la supply division. La sede centrale di Best Western Italia e uno dei due centri di prenotazione del mondo si trovano a Milano. Lontano dal rigore e dalla complessità del franchising tradizionale, il modello cooperativo proposto permette agli aderenti di sposare

un programma garantito da un brand internazionale, di usufruire di comprovato know how, di utilizzare gli strumenti di comunicazione e di formazione, di ricevere prenotazioni da tutto il mondo, di rientrare in piani e attività di marketing tradizionali e online ma, sempre, di conservare la propria unicità continuando a gestire direttamente il proprio albergo. Quest’ultimo è un aspetto fondamentale per il settore alberghiero italiano costituito ancor oggi in larga parte da realtà con una caratterizzazione propria, in alcuni casi fortemente radicate nel territorio e legate a consuetudini specifiche.

La vera ricchezza di Best Western è proprio questa: la differenza di un hotel da un altro, da un albergatore da un altro, da una realtà territoriale ad un’altra. Il nostro Paese ha specificità locali che si riflettono ovviamente anche sulle strutture deputate all’ospitalità: Best Western sa bene cosa significa e infatti accoglie i nuovi soci con il senso profondo dei valori dell’ospitalità. La costante promozione del brand, del prodotto alberghiero e della destinazione Italia sono una priorità per Best Western che si è sempre fatta sperimentatrice di nuovi canali e piattaforme. Gli hotel Best Western sono classificati in tre declinazioni del marchio: dal brand core Best Western a Best Western Plus fino Best Western Premier sulla base delle caratteristiche, i servizi, il design e la localizzazione degli hotel. Tutte le informazioni su hotel, promozioni e destinazioni sono online su www.bestwestern.it.

Bloody fine, il fermento creativo che nasce a Firenze

Bloody fine nasce dal fermento creativo della Firenze di fine anni ‘80.Inizialmente lavora nel settore del design e della progettazione grafica ed editoriale.

Successivamente si specializza nella comunicazione pubblicitaria grazie ad un pool multi-servizio che integra varie competenze professionali: dalla strategia creativa alla realizzazione di campagne, dal web al copywriting.

Rinnovata ed evoluta nel tempo, è oggi una struttura agile e flessibile che riesce a fornire soluzioni personalizzate a ogni cliente, offrendo a ciascuno la stessa autentica attenzione, ione e creatività.

Lavorare con una clientela diversificata (fashion, credito al consumo, information technology, grande distribuzione, leisure, arte e cultura) ha stimolato lo sviluppo di una comunicazione ricca di contaminazioni. I linguaggi sono i più disparati: illustrazione, grafica, fotografia, creazioni in plastilina; le soluzioni sono sempre fresche e originali, attente al susseguirsi delle tendenze culturali e tecnologiche ma al tempo stesso forti di un’esperienza maturata nel tempo (www.bloodyfine.it).

Blue Panorama Airlines, il piacere di volare

Blue Panorama Airlines è una compagnia aerea che offre voli di linea internazionali e domestici e opera nel mercato dei charter/inclusive tour con voli sulla media e lunga distanza. La sua strategia è quella di fornire un servizio ai massimi livelli di cortesia e affidabilità rivolto alla clientela privata, ai tour operator, alle agenzie di viaggio e alle aziende.

Nata a Roma nel 1998 e membro IATA dal 2002, con base presso l’aeroporto di Fiumicino, Blue Panorama Airlines si è da subito affermata nel mondo dei voli turistici o cd. leisure, aprendo successivamente basi operative e commerciali a Milano Malpensa e in altri scali italiani, fra i quali Bologna, Catania e Torino. La società si posiziona come una delle prime compagnie italiane nonché come vettore di riferimento del mercato nazionale per le più incantevoli destinazioni turistiche.

Allestiti in due classi di servizio i Boeing 767-Extended Range collegano l’Italia in primo luogo con Cuba, dove Blue Panorama Airlines è leader da oltre un decennio, servendo l’Isla Grande da Est a Ovest con voli su L’Avana, Cayo Largo, Holguin, Santa Clara e Santiago. Inoltre Blue Panorama Airlines opera sul resto dell’area caraibica, con voli verso la Repubblica Dominicana, la Giamaica e il Messico che viene servito con servizi diretti da Milano e da Roma per Cancun. Con i Boeing 737, gli aerei di linea più venduti al mondo, vengono invece servite le principali destinazioni turistiche del bacino mediterraneo - con Baleari, Grecia e Mar Rosso collegati sia con voli di linea sia charter in collaborazione con i migliori tour operator italiani.

La flotta Boeing 737 di Blue Panorama Airlines opera anche con il marchio low cost blu-express, dando ai propri eggeri la possibilità di volare low cost con la stessa puntualità, lo stesso comfort e gli stessi servizi di qualità che contraddistinguono Blue Panorama Airlines. Nata nel 2005, blu-express vola da Roma Fiumicino per Bergamo, Torino e Reggio Calabria che viene servita anche da Milano Linate. Tutte le estati blu-express introduce voli diretti da Milano Malpensa e Roma Fiumicino per le isole di Lampedusa e Pantelleria.

Blu-express collega inoltre l’Albania all’Italia con voli da Tirana per Milano Malpensa, Milano-Bergamo Orio al Serio, Venezia, Verona, Bologna, Pisa e Roma Fiumicino. Sono anche attivi collegamenti stagionali per la Grecia. Le isole di Creta, Mykonos, Rodi e Santorini vengono raggiunte anche da Catania. Verso la Spagna blu-express collega Roma con Ibiza, Minorca e Palma de Mallorca; la Turchia con il volo da Roma per Bodrum. Infine blu-express ha introdotto il primo collegamento stagionale low cost da Roma per Mosca, servizio divenuto permanente per tutto il corso dell’anno e raggiunge il più moderno e confortevole aeroporto moscovita di Domodedovo (www.bluepanorama.it e www.blu-express.com).

Eden Viaggi, esperti in emozioni

Eden Viaggi nasce nel 1983 dall’esperienza alberghiera di Nardo Filippetti, un tour operator che offre soluzioni per qualsiasi esigenza di viaggio. I cataloghi principali di Eden Viaggi, disponibili in tutte le agenzie di viaggio e su Edenviaggi.it sono tre: la villaggistica degli Eden Village ed Eden Resort, i viaggi liberi di Eden Margò e i viaggi su misura di Eden Made.

Sui cataloghi Eden Viaggi sono presenti più di 50 villaggi in tutto il mondo che hanno la caratteristica di essere situati sulle spiagge più belle d’Italia, Africa, Mar Mediterraneo, Oceano Indiano e Caraibi. Gli Eden Village sono italiani al 100% e offrono cucina, animazione e assistenza italiana. Gli Eden Resort sono villaggi internazionali, in esclusiva Eden Viaggi per il mercato italiano, che garantiscono un pizzico di italianità all’interno di resort 4 o 5 stelle.

I cataloghi Eden Margò si rivolgono agli amanti della scoperta al di fuori dei tradizionali villaggi vacanza in stile italiano. Ogni struttura e ogni servizio Margò sono stati selezionati e pensati in funzione delle esigenze di chi che vuole sentirsi libero di costruirsi una vacanza in base alle proprie esigenze. Durante l’estate Margò viaggia specialmente attraverso il Mediterraneo, l’Egitto, l’Africa e i Caraibi. Durante la stagione invernale si spinge a esplorare tutta l’area caraibica.

I cataloghi Eden Made sono dedicati ai viaggiatori più esigenti. Sono pensati su misura per coloro che non si accontentano di prodotti di serie e ambiscono a un viaggio costruito secondo i propri interessi da esperti consulenti pronti a esaudire ogni desiderio. L’Oriente, l’America, il Sud America, gli Emirati, l’Africa profonda: queste le destinazioni presenti sui cataloghi Eden Made (www.edenviaggi.it).

CONCORSO “ACQUISTA IL LIBRO E PARTI CON EDEN VIAGGI PER I CARAIBI!”

Tutti coloro che hanno acquistato questo libro hanno l’occasione di partecipare a un concorso a premi con in palio una vacanza in un Eden Village ai Caraibi per due persone. Per partecipare è sufficiente iscriversi alla newsletter Eden Viaggi (clicca su “Iscriviti alla newsletter” sulla homepage di www.edenviaggi.it) e inviare una e-mail a [email protected] cui si comunica l’avvenuta iscrizione allegando anche un selfie con la copertina del libro o scrivendo il nome del bassotto di Igor Righetti.

Tra tutti coloro di cui risulta avvenuta l’iscrizione con l’invio del selfie o del nome esatto del bassotto dell’autore di questo volume, verrà estratta una vacanza per 2 persone presso un Eden Village ai Caraibi. La vacanza premio include volo più soggiorno presso un Eden Village a scelta del vincitore, tra quelli presenti a Cuba, Repubblica Dominicana e Messico, previa verifica della disponibilità nel periodo prescelto per la partenza. La vacanza premio non include tasse, assicurazione, adeguamento carburante e tutto quanto non incluso nella quota “volo più soggiorno”. L’estrazione avverrà a luglio 2015 e il premio avrà validità di utilizzo di un anno, eccetto il periodo incluso tra venerdì 25 dicembre 2015 e domenica 10 gennaio 2016, il mese di agosto, tutti i ponti e le festività. Regolamento consultabile interamente su www.edenviaggi.it alla sezione “Azienda” e successivamente “Premi e concorsi”.

FIPE - Federazione Italiana Pubblici Esercizi

È l’associazione leader nel settore della ristorazione e dell’intrattenimento nel quale operano più di 300 mila imprese tra bar, ristoranti, discoteche e stabilimenti balneari. Conta 960 mila addetti e un valore aggiunto di oltre 40 miliardi di euro (dati 2011).

Aderisce a livello nazionale a Confcommercio - Imprese per l’Italia, principale

organizzazione del settore terziario e ne rappresenta, assieme ad altre componenti, il settore turismo (Confturismo). A livello internazionale è membro di Hotrec (European trade association of hotels, restaurants and cafés). Il presidente è Lino Enrico Stoppani.

Fipe mantiene i rapporti con gli organi istituzionali e svolge attività di proposta e monitoraggio normativo, assistenza e consulenza alle imprese in materia di diritto comunitario, amministrativo, civile e penale, diritto d’autore, diritto tributario, igiene e sanità, diritto del lavoro e formazione. Gestisce le relazioni sindacali e stipula il Ccnl di settore. Assiste le associazioni territoriali e i sindacati nazionali in materia contrattuale e previdenziale. Svolge attività di ricerca e documentazione sui consumi, con particolare attenzione a quelli alimentari e turistici. Monitora l’evoluzione delle statistiche fiscali e si occupa di progetti per lo sviluppo delle imprese (credito, rapporti di filiera, reti, innovazione). Promuove lo sviluppo dell’associazionismo e la valorizzazione del settore mediante l’organizzazione di eventi, la partecipazione a manifestazioni fieristiche e la promozione di partnership con enti e aziende.

Il profilo organizzativo

Territori e categorie concorrono a delineare il modello organizzativo di Fipe: 20 unioni regionali, 108 associazioni provinciali e 1.079 delegazioni subprovinciali; 8 sindacati di categoria in rappresentanza delle diverse tipologie di attività che si riconoscono in Fipe. È rappresentata in importanti organismi (Ebnt, For.Te, Fon.Dir , Fon.Te Turismo, Fondoest e Quas). Il sito è www.fipe.it.

Hosting Solutions rende efficace la presenza sul web

Hosting Solutions è un marchio di Genesys Informatica srl, società fiorentina

che da quasi 30 anni opera nell’ambito dei servizi di Information technology. Nel 1999 con l’avvento e l’affermazione del web, l’azienda sente la necessità di valorizzare e accrescere le competenze sviluppate per trasferirle nel webhosting e nella registrazione di nomi a dominio: nasce Hosting Solutions, il nuovo punto di riferimento nel mercato dell’hosting italiano.

Oggi rappresenta una realtà leader del settore, con uno staff interno di oltre 20 persone e un’offerta ampia e innovativa capace di rispondere sempre con la massima efficacia a un mercato in continua evoluzione: Web presence providing, Internet applications, Soluzioni Cloud, Site generator di nuova generazione e tanti altri servizi rivolti a un target allargato, dal privato al professionista.

La ricerca e lo sviluppo giocano un ruolo centrale e costituiscono una parte fondamentale della strategia aziendale. Le competenze scientifiche e informatiche si integrano creando capacità di analizzare gli scenari futuri e sviluppare nuovi approcci e soluzioni (www.hostingsolutions.it).

L’Erbolario, cosmesi sicura e senza crudeltà sugli animali

La società ha compiuto 35 anni ed è un marchio noto a livello internazionale

L’Erbolario è nata a Lodi nel 1978 e si è poi affermata a livello internazionale. È nata come Premiata erboristeria artigiana, nel retro del piccolo negozio di corso Archinti. Qui Franco Bergamaschi e la moglie Daniela Villa, fondatori dell’Erbolario, diedero vita ai loro primi cosmetici, attingendo a vecchi e collaudati ricettari di famiglia. Si trattava di acque aromatiche, oli da bagno e lozioni contraddistinti tutti dalla derivazione esclusivamente naturale dei loro ingredienti, da profumazioni delicate, per nulla artefatte e da confezioni dalla

grafica pulita e accattivante. Il successo fu immediato. Alla fine del 1983 L’Erbolario trasferisce così la produzione in un sito più spazioso, nella storica sede di via Nazario Sauro, sulle rive dell’Adda. L’Erbolario muove i suo i sotto l’egida di personaggi del calibro di Vera Lodi, Paolo Rovesti, iniziatore dell’arte fitocosmetica italiana, Gianfranco Patri e del professor Gianni Proserpio, che ha orchestrato per anni i lavori del laboratorio di ricerca e sviluppo dell’Erbolario.

Da piccola impresa a conduzione familiare si trasforma in un’azienda rinomata a livello internazionale. Lungo il suo felice cammino di crescita, L’Erbolario non ha perso nulla della sua peculiare e originaria filosofia: la natura, prima di tutto, rispettata al massimo e coniugata alla tecnica e al sapere più aggiornati. Cosmetici che danno ampie garanzie di sicurezza, ipoallergenicità e funzionalità, come viene certificato dai severi test clinici che l’Università di Pavia conduce solo su volontari sani, mai su animali- per conto dell’Erbolario. I trattamenti di bellezza sono sottoposti a test clinico-strumentali, in vitro o di autovalutazione, sempre sotto il controllo dell’Università di Pavia. Il laboratorio di ricerca e sviluppo dell’Erbolario, il cui avanzato livello di abilità nella formulazione cosmetica e le cui rigorose metodiche di ricerca sono stati riconosciuti dal ministero dell’Università e della Ricerca (Murst), lavora in modo costante sull’identificazione di sempre nuove applicazioni per gli attivi vegetali e sulla creazione di cosmetici sempre più efficaci e sicuri. L’innovativo laboratorio estrattivo si concentra invece sulla messa a punto di tecniche estrattive sempre più raffinate. La filosofia che guida l’attività dell’Erbolario si fonda sulla ricerca dell’equilibrio tra scienza e tradizione: i più avanzati sistemi di produzione e una costante ricerca cosmetologica procedono in parallelo con il rispetto della tradizione erboristica. L’Erbolario, il cui presidente è Franco Bergamaschi, è dotata di un sistema di gestione ambientale, utilizza energia rinnovabile, aderisce allo Standard internazionale contro i test sugli animali e può esibire molti altri attestati di etica ambientale. È la dimostrazione che si possono ottenere prodotti di qualità rispettando ambiente e animali (www.erbolario.com).

Piquadro, tech inside

Piquadro è un marchio di accessori tech-design per persone che si spostano di frequente per lavoro e per piacere. Nei prodotti Piquadro i tre valori distintivi che ispirano il marchio - design, funzionalità e innovazione tecnologica - si fondono con il sapore della lavorazione artigianale italiana, la qualità dei pellami pregiati e la cura per i dettagli. In ogni collezione, Piquadro propone un’ampia gamma di borse, valigie e piccoli accessori in pelle in cui l’originalità e l’eleganza dello stile italiano si uniscono a una studiata praticità e affidabilità al servizio del lavoro, del viaggio e dei ritmi intensi della vita contemporanea.

Lo spirito dei prodotti Piquadro sta tutto nel concetto fondante dietro alla progettazione di ognuno di essi: “Tech inside”. Infatti i prodotti Piquadro sono borse e cartelle di design specificamente pensate per trasportare in sicurezza e con eleganza device tecnologici come laptop computer, tablet, smartphone, sim card e usb sticks. La tecnologia è un valore che davvero fa la differenza anche se non è mai ostentato ma al contrario elegantemente nascosto e scoperto solo con l’uso quotidiano.

I pellami, esclusivamente italiani, provengono prevalentemente dal distretto conciario toscano, la cui antica tradizione ne fa il più noto e prestigioso a livello mondiale. Abbinati a tessuti tecnologici di ultima generazione, danno origine a prodotti dall’estetica riconoscibile ed essenziale in colori classici e tinte inedite. La gamma di prodotto include linee continuative e stagionali. Tra quelle continuative, alcune come la Modus e la Blue Square, sono diventate, per il loro design lineare e riconoscibile, delle vere icone, proposte e rinnovate a ogni stagione con l’inserimento di nuovi modelli e colori.

Recentemente Piquadro ha presentato Sartoria, un progetto di tailor-made che fonde perfettamente l’anima tecnologica del marchio con l’antica maestria degli artigiani toscani. Le cartelle porta computer possono essere configurate sul sito Internet www.piquadro.com per essere realizzate a mano in un laboratorio artigiano dove, da generazioni, si tramanda l’arte della lavorazione selleria. I prodotti Piquadro sono venduti in oltre 50 Paesi attraverso una rete distributiva di 1.500 punti vendita tra i quali oltre 100 boutique monomarca

(www.piquadro.com).

Samuele Socci, un cantautore che tocca i sentimenti

“Resurrezione”: il suo nuovo emozionante singolo

Samuele Socci, cantautore toscano, da molti anni svolge la professione di guida turistica a Firenze, trascorrendo, tuttavia, parte del suo tempo a Città del Capo, in Sudafrica, dove a livello artistico si nutre di contaminazioni di vari generi musicali. Ama l’arte, i viaggi, la commedia e i gialli all’italiana, lo yoga e l’esoterismo. Dal punto di vista musicale, dopo aver mosso i primi i nella scena underground fiorentina dei primi anni ‘90, Samuele Socci realizza nel 1996 il suo primo lavoro solista distribuito dalla Sony Music su etichetta Larione 10, arrangiato e curato da Stefano Melani e prodotto da Sergio Salaorni, suo attuale produttore e anche il primo ad aver creduto nelle sue qualità artistiche.

L’album si contraddistingue per i suoni acustici, con largo uso di pianoforte e violino, melodie e testi ricercati e raffinati ma allo stesso tempo molto orecchiabili. Due brani dell'album, “La la la”e “Vattene via”, ottengono un notevole successo radiofonico, con un conseguente lungo tour nelle radio di tutte la penisola e un’ottima accoglienza da parte della critica musicale: la cover di “impressioni di settembre” della PFM viene elogiata anche da Franco Mussida, uno degli autori del brano. Nel 1997, sempre su etichetta Larione 10/Sony, esce il singolo “In me” e, due anni dopo, il singolo autoprodotto “Chiedimi!”, entrambi molto influenzati dal sound di Barry White e della discomusic anni ‘70.

Nel 1999 Samuele viene notato da Beppe Cantarelli, arrangiatore e autore di hits per artisti come Mina e Aretha Franklin, il quale lo invita a entrare nel suo Millennium Choir con cui, in compagnia di star americane, partecipa a svariati

eventi in giro per l’Italia. Il più importante è sicuramente l’esibizione in mondovisione nella Sala Nervi nel giorno di Natale sotto la direzione di Maurice Jarre e Renato Serio. Nel 2001, dopo la laurea in Lingue e Letterature straniere, in inglese e spagnolo, Samuele Socci si dedica a un’altra sua grande ione: la storia dell’arte e diventa guida turistica di Firenze, professione che svolge tuttora. Come nella musica, Samuele Socci riesce ad apionare i turisti di tutto il mondo con curiosità e aneddoti, mostrando loro le meraviglie di Firenze, sia quelle note sia quelle poco conosciute al grande pubblico. Su etichetta Azzurra Music è ora uscito il suo nuovo singolo “Resurrezione” arrangiato da Nicola Serena e prodotto da lui stesso e da Sergio Salaorni, brano al quale si sente particolarmente legato e che risente dell'influenza di band da lui molto amate in ato come i New Order, gli Smiths, i Depeche Mode e, tra gli artisti italiani, Franco Battiato e Alice. Un singolo che sta riscuotendo ottimi consensi in radio, dalla critica e dal pubblico. Una voce, quella di Samuele Socci, che tocca i sentimenti, che apre il cuore e la mente all’amore (www.samuelesocci.com).

Simplicissimus Book Farm

(SBF) - www.simplicissimus.it, fondata nel giugno 2006 da Antonio Tombolini, è la prima società che in Italia e non solo, ha individuato la portata e l’importanza della transizione al digitale che l’intera industria dell’editoria sta attraversando. La missione di Simplicissimus Book Farm consiste nel facilitare la transizione al digitale di tutti i soggetti protagonisti dell’editoria: dagli autori agli agenti, dagli editori ai distributori e ai retailer, fino ovviamente agli stessi lettori. Tutto questo attraverso i suoi servizi di produzione, distribuzione e vendita di cui i settori principali sono Narcissus.me (piattaforma di self publishing per autori), STEALTH (piattaforma di distribuzione per editori e selfpublishers) e Ultima Books (libreria digitale). www.simplicissimus.it.

Take a Way

Lo stile casual dal sapore vintage

The Way s.r.l. nasce nel 2010 dalla fusione con la Daniele Baldassarri Studio Style costituita nel 2001 che ha come suo obiettivo finale quello di dare un servizio a 360° dal design al processo produttivo. Oggi The Way s.r.l. è suddivisa in tre dipartimenti: progetto e design, sviluppo prodotto, produzione e organizzazione rete commerciale Italia-estero.Tra le tipologie di prodotto che possono essere sviluppate figurano t-shirt, polo, felpe, maglieria, denim, giubbotti in pelle, cotone o nylon, cappellini in cotone o lana, cinture, borse e accessori vari, giacche e abiti,vestiti donna.

The Way s.r.l. è proprietaria del marchio Take a Way Clothing, brand di t-shirt e polo di fama internazionale che viene disegnato, prodotto e distribuito interamente da The Way che oggi vanta circa 200 punti vendita nel mondo di medio e alto livello.Il mondo “Easy Rider” e i miti degli Anni ‘50 di Hollywood tra i quali Steve McQueen, Marlon Brando e Paul Newman, quando un jeans, una t-shirt, una giacca di pelle e una moto erano sufficienti per partire per nuove emozionanti avventure. L’uomo “Take a Way” prende la sua ispirazione da questo leggendario stile di vita selvaggio, come l’indimenticabile protagonista del film che ha fatto storia.

Con un look rivisto, semplice ma sofisticato che punta su trattamenti unici, colori e dettagli. Obiettivo: realizzare capi con un vero sapore vintage. “Take a Way” racconta il viaggio attraverso un quaderno polveroso, sgualcito, dove i pensieri affollano le pagine rendendo reale il percorso, chilometro dopo chilometro. Il marchio, che in un primo momento si è concentrato solamente su t-shirt e polo, è ora arricchito da camicie in denim leggero e bermuda in canvas. La collezione si adatta all'uomo che vive la sua moto come compagna di avventura, così come per la vita, ma cattura anche chi ama creare il proprio abbigliamento casual.

La cura e la ricerca dei finissaggi è subito visibile. L’utilizzo di tessuti molto confortevoli, la selezione di processi speciali di lavaggio e tinture diverse come, per esempio oil dye enzimi e silicone, oppure tintura diretta con un trattamento a spruzzo di acido o termo-tintura sono tutti elementi che fanno sembrare il capo come se fosse uscito dal ato ma, nello stesso tempo, inserito perfettamente nella contemporaneità (www.take-a-wayclothing.it).

I profili informativi hanno voluto fornire una presentazione delle imprese che hanno creduto in questo progetto editoriale dando il loro sostegno. Pertanto non costituiscono messaggio promozionale.

Ringraziamenti (si fa per dire)

Addetta al fazzolettino asciuga sudore dell’autore di questo libro: Valeria Assorbente

Suggeritore dell’autore: Mario Spifferotutto

Trucco e parrucco per l’autostima dell’autore: la contessa Adele Non servo a Nulla ma ho il mutuo da pagare

Riempitore del bicchiere d’acqua dell’autore: Marco Astemio

Pusher di cioccolata, noccioline e schifezze varie: Franco Obeso

Massaggiatore delle gambe dell’autore del volume costretto a restare seduto per tante ore a causa della scrittura: Paolo Chemitoccafare

Ringraziamenti (quelli veri)

Ringrazio la mia squadra di sempre che da tanti anni sopporta e a i miei deliri creativi: Vittoria Lapi, Valter Righetti e Carla Pagliai. I nuovi arrivati: Grigore Scutari, grafico e fotografo, e l’esperto di marketing Emanuele Massari. Grazie allo psicoterapeuta Raffaele Morelli; al presidente di Eden Viaggi Nardo Filippetti; al direttore generale di Best Western Italia Giovanna Manzi; al presidente di Hosting Solutions Luigi Corbacella e al direttore marketing Alessio Fanfano; al presidente de L’Erbolario Franco Bergamaschi; al presidente di Rai World Bruno Socillo; al presidente di Blue Panorama Airlines Franco Pecci; al presidente della Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe) Lino Enrico Stoppani e al direttore Ufficio studi Fipe Luciano Sbraga; a Silvia Paoli, creative and art director e a Simone Marinelli, graphic designer and illustrator di Bloody fine; all’amministratore delegato di Simplicissimus Antonio Tombolini;all’amministratore delegato della divisione ristorazione del Gruppo Cremonini Valentino Fabbian; al presidente di Piquadro Marco Palmieri; al direttore di Ied-Istituto Europeo di Design di Roma Antonio Venece; a Daniele Baldassarri di Take a Way; a Lorenzo Farina, direttore creativo dell’agenzia Walk In; all’ideatrice del marchio Sartoria Ricucito Deborah Cersosimo; alla stilista Donatella Di Felice dello staff della Sartoria Ricucito; al presidente e amministratore delegato del Gruppo editoriale Mauri Spagnol Stefano Mauri per i preziosi consigli; al cantautore Samuele Socci; a Ruggero Ruggeri della società “Fratelli Ruggeri diffusioni editoriali” Srl; all’esperto di marketing strategico Stefano Mosetti e all’esperto di marketing Fabio Rispoli; alla società SDA Express Courier; alla CNB Comunicazione di Roma; all’eBook designer Roberto Inversa de “il Menocchio - eBook & Co.”; agli esperti d’immagine Luca e Stefano Ciuti; all’esperta di moda e costume Nenella Impiglia Curzi; a Mariana Scutari, Federico Assenzo, Claudio Colasanti; agli stilisti Luca Roda e Gianluca Isaia.

Un ringraziamento va anche al tributarista Gianluca Timpone, all’avvocato professor Andrea Maria Azzaro, a Pasquale e Luigi Scala de “Le firme” di Grosseto, a sco Turnu di “Eleonora d’Arborea” di Roma. Non posso non ringraziare il mio fedele bassotto Byron, guest star della linea “Pet friendly”

della Collezione di t-shirt terapia “Le sane cattiverie” che si è prestato anche per la copertina di questo libro. Lo ringrazio per la sua infinita pazienza e il suo grande amore incondizionato. Lui mi perdona sempre tutto. Senza di loro questo mio progetto di libroterapia non sarei riuscito a realizzarlo.

Informazioni utili, quasi indispensabili

Se hai alcuni amici a cui vuoi davvero molto bene e che vedi stressati, depressi o ansiosi regala loro una copia di questo volume: ordinala subito a condizioni speciali sul sito www.igorrighetti.it. Si sentiranno subito meglio. Inoltre, con l’acquisto del volume sul sito riceverai l’autografo di Igor Righetti e una dedica personalizzata con il tuo nome e i nomi dei tuoi amici ai quali vuoi regalarlo. Per te anche un pezzo di film plastico a bolle d’aria antistress da scoppiare per non scoppiare. Previsti sconti per le aziende interessate al libro come strenna antistress per i propri dipendenti e clienti e far tornare loro il buonumore. Sul sito puoi acquistare anche la t-shirt terapia (TOGLIERE QUESTA FRASE sempre con spese di spedizione gratuite) e riceverai un autografo di Igor Righetti con dedica personalizzata con il tuo nome e i nomi dei tuoi amici ai quali vuoi regalare le t-shirt.

Caratteristiche delle t-shirt: 100% cotone pettinato, 160 grammi, stampa ad acqua e digitale (quelle della linea “Pet friendly”), misure comfort fit, tiratura limitata.Le t-shirt sono rifinite a mano dallo staff della Sartoria Ricucito.

Sul sito www.igorrighetti.it troverai gli esercizi pubblici e le boutique che hanno i libri e la collezione di t-shirt “Le sane cattiverie”.

I negozi interessati alla vendita del libro e della collezione di t-shirt si possono rivolgere a: Emanuele Massari [email protected].

Il volume è disponibile anche in formato digitale realizzato da Roberto Inversa (“il Menocchio - eBook & Co.”).

Per l’organizzazione e la conduzione di eventi ad alto tasso comunicativo, moderazioni di convegni, convention aziendali, attività di comunicazione e ufficio stampa, corsi di public speaking e come scoprire se il nostro interlocutore mente o “One man show-terapia” per riflettere e sorridere sull’Italia di oggi con Igor Righetti puoi scrivere a Carla Pagliai: [email protected]. Igor Righetti non partecipa a compleanni, matrimoni, nascite e funerali in quanto è molto sensibile e “sodomizza” tutto.

Sei curioso di vedere tutto quello che ho fatto in questi anni di vita? Se sei così masochista puoi leggere le pagine che seguono scritte dal mio Avatar. Ma ti avviso: ho cominciato la mia esperienza professionale in tv e sui quotidiani a 16 anni...

Igor Righetti è giornalista professionista, docente di Giornalismo, Comunicazione d’impresa, Linguaggi radiotelevisivi, Dizione e Public speaking in numerose università pubbliche e private, massmediologo, saggista, autore e conduttore radiotelevisivo. È stato capo ufficio stampa dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato e delle sue consociate, dirigente nella funzione di capo ufficio stampa e web content manager della sede italiana della multinazionale svedese Ericsson. Ha inoltre curato le media relations di Sony-Ericsson.

Il suo stile di conduzione ricorda gli anchormen anglosassoni. Voce fuori dal coro e innovatore nel Dna sperimenta ogni genere di mezzo di comunicazione. Ama le contaminazioni e le integrazioni di generi e di linguaggi diversi. Proprio come il suo illustre prozio Alberto Sordi è divenuto popolare grazie alla radio, al suo originale e innovativo programma quotidiano intergenerazionale sui linguaggi della comunicazione trasmesso per 12 anni su Rai Radio 1 “Il ComuniCattivo-Perché l’ignoranza fa più male della cattiveria”. Fu proprio Alberto Sordi a iniziarlo ai segreti del mestiere radiofonico. Il progetto del “ComuniCattivo” è crossmediale (radio, tv, Internet, telefonia mobile, social media, editoria e carta stampata). Ben 43 gli universitari che hanno fatto tesi di laurea sul programma, sul linguaggio e sul modo di Righetti di fare infotainment (informazione e intrattenimento).

L’attività di Igor Righetti è rivolta al mondo della comunicazione e dell'informazione: quotidiani e periodici, editoria, docenze universitarie e formazione manageriale sulla comunicazione pubblica e d’impresa, sulla dizione e il public speaking, new media, creazione e conduzione di programmi e format radiotelevisivi innovativi. È attore di cinema con Pupi Avati e in numerose fiction tv Rai e Mediaset nonché autore e interprete con Donatella Rettore dell'audiolibro da lui ideato “MusiCattiva - La comunicazione a pezzi”.

Docenze universitarie e formazione manageriale

Tiene corsi, master e seminari di giornalismo, linguaggi radiotelevisivi, comunicazione pubblica e d'impresa, ufficio stampa, dizione e public speaking in numerosi enti pubblici, enti privati e istituti universitari (facoltà di Scienze della comunicazione dell’Università Sapienza di Roma, Scuola superiore di giornalismo della Luiss “Guido Carli” di Roma, Facoltà di Scienze politiche Università Luiss “Guido Carli” di Roma, Università Iulm, Università degli studi di Roma Tor Vergata, Ied-Istituto Europeo di Design, Scuola nazionale dell’Amministrazione della Presidenza del Consiglio dei ministri, Università degli studi di Palermo, Quality college del Consiglio nazionale delle ricerche Cnr, Business school Il Sole24Ore, Campus Mediaset, Istituto di formazione per la pubblica amministrazione - Formez - Roma, Link Campus University di Roma, Business School Ateneo Impresa, Regione Siciliana. Per l’Università degli studi di Udine ha ideato il primo corso italiano sull’“Informazione radiotelevisiva nell'era crossmediale attraverso l’infotainment”. Le originali tecniche e i linguaggi radiotelevisivi del metodo “ComuniCattivo” vengono quindi insegnati da oltre 15 anni da Igor Righetti in numerose università italiane.

Programmi radiofonici ideati, scritti e condotti

Su Rai Radio 1 per 12 anni è stato autore e conduttore del primo programma quotidiano crossmediale d’infotainment sui linguaggi della comunicazione “Il ComuniCattivo” (oltre 12 mila le interviste realizzate).

Sempre su Radio 1 Rai, nel 2004, ha ideato e condotto il format del primo radio reality a livello internazionale “In radio veritas, la parola alla parola”. L’esperimento mediatico in diretta si è tenuto nella storica sede Rai di via Asiago, a Roma, con l’obiettivo di concentrare l'evento sugli elementi

caratterizzanti il linguaggio e in particolare sulla forza della parola come strumento di approccio, di interazione e di persuasione. Al radio reality - che ha celebrato gli ottant'anni della radio - hanno partecipato oltre 30 personaggi del mondo dello spettacolo, della cultura e del giornalismo tra i quali Mario Monicelli, Renzo Arbore, Giorgio Albertazzi, Domenico De Masi, Carlo Rossella, Giordano Bruno Guerri, Maria Venturi, Natalia Aspesi.

In occasione dei cento anni del premio Nobel per la Fisica a Guglielmo Marconi, nel 2009 ha ideato per la Divisione radiofonia della Rai, Radio 1 Rai e Nuovi Talenti Rai il Concorso annuale nazionale per aspiranti conduttori radiofonici “La radio è di parola”, primo talent dedicato a coloro che amano la radio. Si sono già svolte quattro edizioni.

Comunicazione d'impresa

È stato capo ufficio stampa dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato e delle sue consociate, dirigente nella funzione di capo ufficio stampa e web content manager della sede italiana della multinazionale svedese Ericsson. Ha inoltre curato le media relations di Sony-Ericsson. È stato direttore comunicazione di Pineider 1774 e Nazareno Gabrielli.

All’estero ha curato l'ufficio stampa della XXI Biennale internazionale d’arte grafica di Lubiana.

Quotidiani e periodici

Ha cominciato il suo percorso professionale di giornalista al quotidiano La

Nazione e ha proseguito a La Stampa (dove è stato responsabile della pagina “Cultura e tradizioni locali” dell’edizione della Valle d’Aosta) e all’Indipendente.

Ha collaborato per i quotidiani Italia Oggi (dove ha curato anche la pagina settimanale “ComunicAteneo”, notizie e informazioni sul mondo universitario della comunicazione), Milano Finanza, Il Sole 24 Ore e per i periodici La Repubblica Affari & Finanza, I viaggi di Repubblica, Panorama, Panorama Travel, Panorama Economy, Capital, Class, Max, Men’s Health, Archeo e Archeologia Viva.

Ha diretto numerose testate tra cui Lettere - il mensile dell’Italia che scrive, primo periodico italiano dedicato alle varie forme di scrittura (dal 1998 al 2000).

Attualmente collabora come editorialista e con rubriche a numerosi quotidiani e periodici nazionali.

Libri pubblicati

Nel 2003 ha scritto i libri “Prove tecniche di comunicazione” (prefazione di Mario Morcellini, adottato in diverse facoltà e istituti universitari pubblici e privati) e “Il ComuniCattivo e la sua vena creativa” (Guerini e Associati editore).

Nel 2005 ha pubblicato con Baldini Castoldi Dalai “Come ammazzare il tempo senza farlo soffrire” (prefazioni di Alberto Bevilacqua, Domenico De Masi e del presidente onorario dell’Accademia della Crusca sco Sabatini).

A gennaio 2009 è uscito edito da De Agostini “Felici come mosche in un Paese di stitici”.

A maggio 2009 ha pubblicato il suo secondo testo universitario edito da Utet dal titolo “Comunicare, un successo” (all’interno anche 47 interventi di grandi personaggi del mondo della comunicazione e dell'informazione). Prefazioni di Lorenzo Del Boca (già presidente Ordine nazionale dei Giornalisti; Massimo Egidi, rettore Luiss; Alessandro Finazzi Agrò, già rettore Università di Roma Tor Vergata; Giovanni Puglisi, rettore Iulm).

Programmi televisivi ideati, scritti e condotti

Su Videomusic, la prima tv musicale d’Europa, dal 1986 al 1989, ha fatto parte del cast fisso come autore e conduttore del programma “Crazy Time” di Clive Malcolm Griffiths e Rick Hutton. Su Raitre dal 1992 al 1993 è stato autore e conduttore di trasmissioni storico-artistiche e culturali. Su Raidue dal 2001 al 2003, assieme a Mariolina Sattanino, è stato autore dello speciale in diretta delle Giornate internazionali di studio promosse dalla Fondazione Pio Manzù. Sempre su Raidue, nel 2004 e nel 2005 è stato autore e inviato di “Futura city”, programma sulle nuove tecnologie dove ha realizzato inchieste seguendo il genere dell’infotainment. Su Raiuno dal 2004 al 2007, ogni domenica all'interno di “Tg1 libri” è stato autore e conduttore dell’“Aforisma del ComuniCattivo”. Per Il Tg2 “Costume e società” ha realizzato servizi sulle nuove tendenze degli italiani. Per il Tg1 realizza servizi-inchiesta sul rapporto degli italiani con la cultura e la tecnologia. Dal 2012, su RaiDue, all’interno di “Tg2Insieme”, è autore e conduttore del “ComuniCattivo in Tv”, rubrica sul mondo della televisione

Come esperto di comunicazione interviene in numerosi programmi televisivi e

radiofonici.

Cinema

Ha preso parte ai film di Pupi Avati “Il papà di Giovanna” con Silvio Orlando, sca Neri ed Ezio Greggio e “Gli amici del bar Margherita” con Diego Abatantuono, Laura Chiatti, Luigi Lo Cascio e Fabio De Luigi.

Fiction tv Rai e Mediaset

Ha preso parte alle fiction tv prodotte da Taodue Film e andate in onda in prima serata su Canale 5 “Distretto di Polizia 7”, “R.I.S. 4–Delitti imperfetti” e “Intelligence”con Raoul Bova. Quindi su RaiUno è stato nel cast di “Mio figlio Altre storie per il commissario Vivaldi” con Lando Buzzanca, di “Un medico in famiglia” con Giulio Scarpati e di “Un matrimonio” per la regia di Pupi Avati.

Sitcom televisive

Su Stream, nel 2001, ha partecipato come autore e attore alla sitcom “An ice family” con Clive Malcolm Griffiths. Nel 2009, su RaiDue, ha interpretato il ruolo del professore di storia nella sitcom “7 vite” prodotta da Publispei.

Comitati radiotelevisivi

Ha fatto parte del consiglio direttivo del Co.Re.Rat. (Comitato regionale per i servizi radiotelevisivi) della Regione Autonoma Valle d'Aosta. Ha fatto anche parte dell'Osservatorio per le comunicazioni radio-tv “Sguardo giovane” istituito dal ministero delle Comunicazioni.

Premi giornalistici e radiotelevisivi

Per il suo linguaggio innovativo nel 2005 ha ricevuto il premio nazionale di cultura nel giornalismo “Penna d'oro” nella sezione arte e la letteratura.

Nel 2006 ha ricevuto il “Grand Prix Corallo Città di Alghero” per aver sperimentato un linguaggio moderno dove l'informazione e la cultura vanno di pari o con l'ironia e l'intrattenimento.

Il 6 novembre 2007, come esempio originale di programma di infotainment, gli è stato assegnato il premio internazionale Euromediterraneo destinato ai migliori progetti nazionali e internazionali di comunicazione per lo sviluppo nell'area del Mediterraneo che da sette anni viene consegnato a Bologna in occasione del Com.P.A., il salone europeo della comunicazione pubblica.

Nel 2010 “Il ComuniCattivo” è stato premiato a Parigi con la medaglia di bronzo (su 90 Paesi partecipanti) del Gran Premio Urti Radio, uno dei più prestigiosi tra i pochi concorsi radiofonici internazionali.

Nel 2010 ha ricevuto la medaglia della Presidenza della Camera dei deputati alla Comunicazione socio-culturale “per le sue tecniche radiotelevisive innovative

che coniugano in modo sapiente informazione e intrattenimento, capaci di unificare nell'ascolto e nella comprensione tutta la popolazione italiana, dal Nord al Sud, a livello intergenerazionale oltre a tanti italiani all'estero che ritrovano nel registro linguistico di Righetti il gusto della riscoperta della propria lingua”. Per essere riuscito altresì “ad accreditarsi come strumento di studio della lingua italiana presso gli studenti stranieri di ben 5 nazioni (Australia, Spagna, Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna) che attraverso il suo programma radiofonico ‘Il ComuniCattivo’ studiano e imparano la lingua del nostro Paese. In Italia presso varie università di Scienze della comunicazione sono state discusse 43 tesi di laurea sul ‘ComuniCattivo’e il suo linguaggio rendendo così la trasmissione accademica. Titolo questo che Igor Righetti nella sua persona espleta da tanti anni come docente di Linguaggi radiotelevisivi in molti atenei italiani”.

Premi artistici

Il 26 luglio 2008 ha ricevuto il “Leggio d'oro - Premio nazionale doppiatori” come “Voce dell'anno, la più rappresentativa dell'informazione radiofonica”. Il premio, istituito nel 1995, è promosso dal Dipartimento arte e spettacolo dell’Endas e ha il patrocinio del ministero per i Beni e le attività culturali. In ato hanno ricevuto il prestigioso riconoscimento artisti come Alberto Sordi, Renato e Rossella Izzo, Oreste Lionello, Claudio Bisio, Tonino Accolla e Roberto Chevalier.

Sei riuscito a leggere tutto il mio profilo? Meriti un premio: rileggi il libro dall’inizio!

I corsi di comunicazione efficace, ufficio stampa e public speaking di Igor Righetti

Sei un manager, un imprenditore, un professionista e vuoi rendere più incisivo e convincente il tuo modo di comunicare e interagire con gli altri? Vuoi dare maggiore visibilità alla tua azienda e ai prodotti che realizzi? Oppure già operi nel settore della comunicazione e del marketing ma senti la necessità di apprendere nuove tecniche?

Iscriviti ai corsi di comunicazione efficace, ufficio stampa e public speaking ideati e tenuti da Igor Righetti. Sono previsti sconti per studenti e la formula intensiva weekend di public speaking (sabato e domenica) di 8 ore al giorno per un totale di 16 ore o di due weekend per 32 ore. I corsi sono a numero chiuso: massimo 20 partecipanti. Viene rilasciato un attestato di partecipazione. È prevista la partecipazione in qualità di docenti di noti personaggi del mondo del giornalismo, della televisione e dell’imprenditoria. Vengono organizzati corsi specifici per aziende, anche nelle sedi delle imprese, in base alle esigenze comunicative. Per informazioni puoi scrivere a Carla Pagliai ([email protected]).

Comunicare in modo efficace

Parlare in pubblico, in radio e in tv con successo

Per essere convincenti e acquisire abilità e strumenti adeguati a sviluppare relazioni interpersonali positive e vincenti

Linee generali

Obiettivi

Acquisire le modalità per affinare le tecniche del linguaggio del corpo e per gestire con successo un intervento pubblico, in radio e in televisione

Acquisire le tecniche per rilasciare un’intervista vincente in radio e in tv

Acquisire le tecniche per un’immagine fotografica e televisiva personale efficace

Come scoprire se il nostro interlocutore mente

Metodologia didattica

Il programma sarà svolto attraverso lezioni frontali. Costituiranno argomenti le tecniche e il linguaggio radiotelevisivo, i social media, l’uso corretto della voce, le tecniche di public speaking e quelle per rilasciare un’intervista efficace dal punto di vista comunicativo, il valore aggiunto degli elementi persuasivi: timbro, tono e presenza. Il corso sarà coadiuvato da workshop tematici. L’analisi degli errori da non fare nei diversi ambiti fornirà le conoscenze principali per operare in modo efficace. Costituiranno parte integrante del corso le prove pratiche per la

gestione del linguaggio del corpo e della voce durante le presentazioni pubbliche.

PROGRAMMA

Il linguaggio radiotelevisivo

La specificità del linguaggio per la radio e la televisione

Come gestire un’intervista

Tutti gli errori da evitare durante un’intervista

Accorgimenti tecnici per parlare davanti a un microfono o a una telecamera

Le tecniche per rilasciare un’intervista

Come gestire la voce

La postura corretta da assumere in uno studio televisivo (sedia, poltroncina, sgabello e divano)

Laboratorio tematico: stesura e interpretazione di un testo per la radio e per la tv. Simulazione di un’intervista radiofonica e di una televisiva (gli errori più comuni da non fare). Riprese con videocamera e commenti personalizzati.

L’esposizione orale per conquistare il pubblico

Superare la paura di parlare in pubblico

Conoscere il pubblico

Le regole del buon oratore

L’organizzazione del discorsoL’uso delle pause e del silenzio

La gestione delle obiezioni

La preparazione e l’esposizione dei messaggi

La colorazione del messaggio: metafore, aneddoti, esempi

Tecniche di attivazione dell’uditorio

Analisi della postura del corpo e della gestualità: gli errori più diffusi da non commettere

Norme di pronuncia, di dizione e di impostazione della voce

Chiarezza, linearità e semplicità

Il ritmo espositivo

L’importanza di una respirazione corretta per allentare la tensione

Cinesica: capire il linguaggio del corpo e l’espressione facciale

Come controllare gli scarichi tensionali

Come evitare i segnali di chiusura psicologica

La prossemica

Laboratorio tematico: lettura e interpretazione di un testo per correggere

eventuali errori di pronuncia. Commenti in base all’analisi del ritmo espositivo, della comprensibilità del messaggio, del controllo dei tempi, della costruzione della frase e della consequenzialità espositiva (esercitazioni guidate). Riprese con videocamera e commenti personalizzati.

Parlare in pubblico

Stesura di un intervento pubblico, prove pratiche di public speaking: controllo del timbro, del tono e del volume della voce, degli accenti, delle pause, della dizione, uso del microfono e metalinguaggio. Esercitazioni individuali riprese con videocamera e commentate.

Come scoprire se il nostro interlocutore mente

È possibile scoprire i bugiardi osservando il loro comportamento e le loro risposte emotive in situazioni specifiche. Tutto di noi trasmette messaggi, messaggi che tradiscono ciò che stiamo provando o i nostri atteggiamenti. Segnali intenzionali e appresi e altri del tutto involontari, inconsapevoli e istintivi.

L’importanza dell’immagine fotografica

Imparare a sorridere, a essere assertivi e rassicuranti

Gli errori più frequenti da evitare in un servizio fotografico

Laboratorio tematico: simulazione di un servizio fotografico

Il comunicatore nell’era crossmediale

L’importanza dell’ufficio stampa per far conoscere un personaggio, un’azienda e i suoi prodotti

Linee generali

Obiettivi

Valorizzare la comunicazione scritta, orale e visiva come fattore strategico

Approfondire il linguaggio della carta stampata, radiotelevisivo e la conoscenza dei nuovi media

Approfondire gli strumenti di comunicazione specifici dell’ufficio stampa (come si scrive un comunicato, come si prepara la cartella e la conferenza stampa)

Approfondire il sistema dei media e i loro processi operativi

Acquisire le tecniche di comunicazione per l’organizzazione di eventi

Approfondire le tecniche per comunicare attraverso i social media

Destinatari

Il corso, con taglio operativo e innovativo, si rivolge a persone interessate ad apprendere o ad approfondire le tecniche dell’ufficio stampa per promuovere la propria immagine, quella della propria azienda e dei suoi prodotti, ad acquisire le tecniche dell’organizzazione di eventi con grande risonanza mediatica e della comunicazione social.

Metodologia didattica

Il programma sarà svolto attraverso lezioni frontali. Costituiranno argomenti le tecniche e il linguaggio radiotelevisivo, le differenze tra il linguaggio giornalistico e quello pubblicitario, i social media. Sono previste esercitazioni individuali sulla stesura di comunicati stampa e sull’ideazione di cartelle stampa innovative. L’analisi degli errori da non fare nei diversi ambiti fornirà le conoscenze principali per operare in modo efficace.

PROGRAMMA

La comunicazione

La comunicazione per creare valore

L’importanza della comunicazione: conoscere la forma per trasmettere la sostanza

Il linguaggio e lo stile

I trabocchetti della lingua italiana

I linguaggi codificati da non usare

I luoghi comuni

Norme e tecniche di scrittura di un articolo, un testo radiofonico e televisivo

L’antivocabolario: errori frequenti nel linguaggio scritto e parlato

Il rapporto fra testo scritto e immagine

I linguaggi settoriali

La creatività nei linguaggi mediali

Laboratorio tematico: correzione di un testo con gli errori più frequenti nel linguaggio scritto.

Conoscere il mondo dei media

Dinamiche e funzionamento dei diversi media: il quotidiano, il periodico, le agenzie di stampa, la radio, la televisione, il web

Il linguaggio radiotelevisivo

La specificità del linguaggio per la radio e la televisione

Come gestire un’intervista

Quando è il caso di rilasciare un’intervista: un annuncio importante, una presa di posizione, un tema “caldo”

Intervista face to face e conversazione telefonica

Comprendere e anticipare le aspettative del giornalista

Come prepararsi e documentarsi per un’intervista

Il materiale di o e la documentazione

Tutti gli errori da evitare

Come gestire le domande “ostili” e le notizie difficili

Accorgimenti tecnici per parlare davanti a un microfono e a una telecamera

Le tecniche per rilasciare un’intervista in modo assertivo

Laboratorio tematico: stesura e interpretazione di un testo per la radio o per la tv.

Il giornalismo come analisi della realtà

I criteri per capire che cosa “fa notizia”

Il giornalismo come ricerca, come analisi e strategia di confronto

Le fonti delle notizie

Il linguaggio giornalistico e quello pubblicitario

Laboratorio tematico: simulazione di un’intervista radiofonica

Ufficio stampa

L’organizzazione dell’ufficio stampa: ruoli e profili professionali, l’attrezzatura, l’archivio

Obiettivi, interlocutori di riferimento, limiti e potenzialità

Il rapporto con gli altri comparti della comunicazione

Il rapporto con i giornalisti

I criteri di notiziabilità tra logiche dei media ed esigenze organizzative

Il press meeting, la press list e il press tour

Il recall: come si parla a un giornalista

Tecniche di gestione e organizzazione di una conferenza stampa

La rassegna stampa

La rettifica e la smentita

La gestione della crisi e il ruolo della comunicazione

La comunicazione scritta efficace

Le quattro fasi principali nella redazione di un messaggio: la raccolta delle informazioni, l’organizzazione del testo, la stesura, la revisione del messaggio

Il comunicato stampa

La struttura di un comunicato: le 5W+H di un comunicato stampa: Who, What, Where, When, Why e How

Come preparare e gestire la notizia verso agenzie di stampa, quotidiani e periodici, siti Internet

Esercitazione individuale di stesura e correzione di comunicati stampa.

Laboratorio tematico: workshop per l’elaborazione di cartelle stampa originali, funzionali e complementari all’evento da rappresentare. Ideazione di un invito.

Organizzare un evento tra creatività e informazione

Tecniche di comunicazione di un evento

Caratteristiche e peculiarità di un evento

L’originalità per essere primi

Organizzare un evento con visibilità mediatica

L’evento diventa social

Laboratorio tematico: ideazione e simulazione di un “brain storming” per la realizzazione di un evento.

Mi auguro che questa libroterapia abbia provocato in te qualche reazione, non importa di che tipo, importa che ci siano state. Se vuoi prendere appunti su ciò che accade in questo nostro Paese bizzarro e inviarmeli puoi farlo. Mandali a [email protected]. Saranno uno spunto prezioso per i miei prossimi scritti.

Igor Righetti è giornalista professionista, docente universitario di Comunicazione d’impresa, Public speaking e Linguaggi radiotelevisivi in numerose università pubbliche e private, docente alla Scuola nazionale dell’amministrazione della presidenza del Consiglio dei ministri, autore e conduttore radiotelevisivo, saggista. È stato dirigente di multinazionali come Ericsson nella funzione di capo ufficio stampa e web content manager, capo ufficio stampa dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, direttore comunicazione di Pineider 1774 e Nazareno Gabrielli; ha curato le relazioni con i media di Sony-Ericsson e diretto il mensile Lettere. Ama le contaminazioni e le integrazioni di generi e di linguaggi diversi come il suo illustre prozio Alberto Sordi. Proprio come lui è divenuto popolare grazie alla radio con l’originale e innovativo programma quotidiano “Il ComuniCattivo” in onda per 12 anni su Rai Radio 1.

Igor Righetti

Italia supposta

Una Repubblica fondata sulla prostata

Manuale di automedicazione cerebrale senza obbligo di ricetta del libro

Prefazione di Raffaele Morelli

1ª edizione: luglio 2014

ISBN 978-88-94005-81-3

Proprietà letteraria riservata.

© 2014 Igor Righetti

www.igorrighetticomunicazione.it

Ufficio stampa, comunicazione ed eventi: Carla Pagliai: [email protected]

Printed in Italy – Igor Righetti Comunicazione

ISBN Cartaceo 978–88–940058–0–6

Versione eBook realizzata da Roberto Inversa - “il Menocchio - eBook & Co.”

Copertina: Bloody fine - Firenze, illustrazione Simone Marinelli

Foto della copertina, della quarta di copertina e nell’interno: Studio Miglianti di Marco Miglianti - Grosseto (www.marcomiglianti.it).

Il collare regolabile in nylon con inserti cuciti in tessuto catarifrangente e cravatta tricolore in satin di Byron, prodotto di sartoria, fa parte della linea “Pet friendly” della collezione “Le sane cattiverie”. È stato realizzato su concept di Igor Righetti dalla stilista Donatella Di Felice dello staff Sartoria Ricucito.

Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo volume può essere riprodotta, memorizzata o trasmessa in alcuna forma e con alcun mezzo, elettronico, meccanico, in fotocopia, in disco o in altro modo, compresi cinema, radio, televisione, senza autorizzazione scritta dell’autore Igor Righetti.

Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n.633.

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