IL MATRIMONIO: DIRITTI E DOVERI Eguaglianza dei coniugi È il principio su cui si fonda il matrimonio ed è regolato dalla Costituzione all’art. 29, comma 2. In base ad esso il marito e la moglie assumono gli stessi diritti e gli stessi doveri, concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare, fissano di comune accordo la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e, per l’effetto della loro unione, assumono dei doveri sia l’uno nei confronti dell’altra e sia verso i figli. L’accordo In base alla regola dell’uguaglianza, i coniugi devono concordare tra loro l’“indirizzo della vita familiare” e la residenza della famiglia che non è più decisa in maniera arbitraria dal marito ma secondo le esigenze di entrambi i coniugi e tenendo conto di quelle fondamentali del nucleo familiare stesso. È previsto che, in caso di disaccordo sulla fissazione della residenza o su altri affari essenziali, ciascun coniuge può rivolgersi al giudice, senza formalità, per chiedere di trovare una soluzione. Il cognome della famiglia La norma che prevede che la moglie deve aggiungere al proprio cognome quello del marito e lo conserva, anche se vedova, fino a che non a a nuove nozze. Il cognome del marito si perde in caso di divorzio ma il tribunale può autorizzare la ex moglie a conservarlo in aggiunta al proprio quando sussiste un suo interesse o un interesse per i figli meritevole di tutela, salvo la possibilità di revocare l’autorizzazione in un secondo tempo per motivi di particolare gravità. Obbligo di fedeltà Questo obbligo caratterizza il matrimonio quale relazione personale tra gli sposi a carattere esclusivo.La fedeltà costituisce un vero e proprio obbligo giuridico e anche se non vi è più alcuna sanzione può costituire il presupposto per imputare ad uno dei coniugi la responsabilità della separazione. Obbligo di assistenza Tra gli obblighi reciproci dei coniugi vi è quello dell’assistenza morale e materiale. Il primo aspetto (quello morale) sfugge a una precisa determinazione giuridica. L’aspetto materiale rappresenta il dovere di provvedere al mantenimento, ossia a tutti i bisogni della vita dell’altro coniuge che non sia in grado di provvedervi da sé.
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Tale dovere è sospeso nei confronti del coniuge che, allontanatosi senza motivo dalla residenza familiare, rifiuti di tornare. Anche la violazione di questo obbligo può essere causa di addebito della separazione. Obbligo di collaborazione Il dovere reciproco alla collaborazione rappresenta il dovere di contribuire alla vita familiare , a tutto quello che serve per lo svolgimento organizzativo della vita della famiglia e nell’interesse della stessa. La gestione della famiglia deve essere il frutto di consultazione e dialogo continuo tra i coniugi che devono essere pronti a sacrificare i propri interessi individuali per quelli della famiglia. Entrambi i coniugi vi sono tenuti tenendo in considerazione le loro sostanze e la loro capacità di lavoro professionale e casalingo. Obbligo di coabitazione Presupposto dell’obbligo di coabitazione è che i coniugi abbiano fissato, di comune accordo, la residenza della famiglia, dove entrambi sono tenuti a convivere. Se l’interruzione della convivenza deriva da giusta causa, vale a dire tutte le volte in cui la coabitazione sia diventata intollerabile, essa non costituisce violazione dei doveri coniugali. L’abbandono ingiustificato, invece, comporta la possibilità di addebito (in caso di separazione) a carico del coniuge che si è allontanato: da precisare è che la proposizione della domanda di separazione o di annullamento del matrimonio costituisce giusta causa di allontanamento dalla residenza. Obbligo di contribuzione economica Il principio di uguaglianza dei coniugi si esprime anche sul piano dei rapporti patrimoniali con l’affermazione che i coniugi sono tenuti in base alle proprie sostanze e alla capacità di lavo-
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ro a contribuire ai bisogni della famiglia. Allo stesso modo, ciascun coniuge deve adempiere all’obbligo di mantenere, istruire ed educare i figli, secondo la capacità di lavoro professionale o casalingo. Questo significa che, da un lato, entrambi i coniugi devono attivarsi per porre a frutto la loro capacità di lavoro (l’inerzia costituisce inadempimento degli obblighi che derivano dal matrimonio) e, dall’altro, l’attività casalinga, anche se non produce reddito, costituisce un modo per contribuire al soddisfacimento dei bisogni della famiglia. Nel caso in cui uno dei coniugi non contribuisca in maniera adeguata al soddisfacimento dei bisogni familiari, il tribunale può decidere che una quota dei redditi del coniuge inadempiente sia versata all’altro coniuge.
Avvocato Armando Cecatiello, Milano www.cecatiello.it
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