Walter D'Amario
L'elearning nell'università
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Indice dei contenuti
Indice Ringraziamenti Introduzione PARTE PRIMA Capitolo I Capitolo II PARTE SECONDA Capitolo III Capitolo IV Capitolo V Capitolo VI Capitolo VII Capitolo VIII Capitolo IX Bibliografia
Indice
Ringraziamenti
Introduzione
Parte I
eLearning e Università
Capitolo I
Perché l'eLearning nell'università
1.1 Il concetto di Società della Conoscenza
1.2 Centralità della conoscenza: quali implicazioni?
1.3 La società della conoscenza in Europa
2.1 Il ruolo emblematico dell'Università
2.2 L'eLearning nell'Università
Capitolo II
Quale eLearning nell'università
1.1 Introduzione
2.1 Il contesto: l’università e la conoscenza
3.1 La sostenibilità dell’e-learning
4.1 La sostenibilità didattica dell’e-learning
4.2 La Costruzione Collaborativa della Conoscenza
4.3 NCL: l’apprendimento collaborativo in rete
5.1 Gli indicatori di qualità
Parte II
La ricerca sull’uso dell’e-learning nelle università italiane
Capitolo III
Questioni chiave e metodologie della ricerca
1.1 Introduzione
2.1 Descrizione della metodologia adottata per la definizione delle key issue
2.2 Il questionario 2006
2.3 L’articolazione del questionario 2006
2.4 Dal questionario 2006 al questionario 2010
3.1 Il questionario 2012:questioni chiave e inquadramento
3.2 Com’è attualmente l’offerta didattico – formativa dell’e-learning nelle università?
3.3 Oltre la didattica, che importanza hanno l’organizzazione, i servizi e le competenze tecnologiche nell’offerta?
3.4 Motivazioni, valutazione e criticità dell’offerta?
3.5 Quali sono le motivazioni per le quali un ateneo non offre percorsi elearning?
Capitolo IV
Strumenti e modalità operative
1.1 Introduzione
2.1 Il questionario 2012
2.2 La piattaforma
2.3 La somministrazione del questionario
3.1 Il contenuto del questionario
3.2 La struttura del questionario
4.1 La macro sezione degli Atenei che offrono percorsi e-learning
4.2 Prima sezione. La qualità didattico – formativa del prodotto/processo
4.3 Seconda, terza e ultima sezione. Qualità tecnica, organizzativa e aspetti economici
4.4 Le sezioni: motivazione, valutazione e criticità
4.5 Le università che non offrono percorsi e-learning
Capitolo V
Analisi dei risultati: gli Atenei che offrono percorsi
1.1 Introduzione
2.1 Key issue: l’offerta didattica - formativa dell’e-learning nelle università
Capitolo VI
Analisi dei risultati: organizzazione, servizi e costi
1.1Key issue: oltre la didattica che importanza hanno l’organizzazione, i servizi e i costi
1.2 La qualità dei servizi
1.3 Costi
Capitolo VII
Analisi dei risultati: motivazioni, valutazione e criticità
1.1 Le motivazioni
2.1 La soddisfazione
3.1 Criticità
Capitolo VIII
Analisi dei risultati: non offrono percorsi e-learning
1.1 Le università che non offrono percorsi e-learning
Capitolo IX
Conclusioni
1.1 Aspetti
2.1 Il cuore della ricerca
Bibliografia
Ringraziamenti
I ringraziamenti sono la forza di una ricerca, ne sono il presupposto. Potrebbe sembrar strano ma è proprio così. Sì, perché dover ringraziare significa aver fatto del proprio lavoro un momento di partecipazione condivisa di intellettualità ed umanità. La condivisione in una ricerca, nella maggior parte dei casi, coinvolge contributi intellettuali di docenti, ricercatori, operatori che hanno prima di noi contribuito in vario modo a un sapere al quale abbiamo potuto fare riferimento. A questi è dovuto il mio primo ringraziamento, un grazie a tutti coloro che fanno della curiosità, della voglia di contribuire alla ricerca scientifica la propria vita.
Ci sono, però, persone che in carne e ossa hanno contribuito a vario titolo alla ricerca.
Il Prof. Fabio Capani, Rettore dell’Università Telematica “L. Da Vinci” che mi ha spronato a partecipare al dottorato di ricerca e che mi è stato sempre vicino in tutto l’arco del dottorato.
Non posso non ringraziare il Rettore dell’Università “G. D’Annunzio” Prof. Carmine Di Ilio che ha patrocinato la ricerca e ha creduto per primo alle sue potenzialità.
Un ringraziamento particolare lo devo alla Prof.ssa Ester Vitacolonna, responsabile del dottorato che ha contribuito alla ricerca e mi ha ato umanamente nei momenti critici del lavoro. Cosa non facile, visto il mio carattere e la mia cocciutaggine, per questo motivo devo ringraziarla due volte.
La ricerca non avrebbe preso avvio, se non avessi incontrato il lavoro del Prof. Guglielmo Trentin. Il mio Tutor, la persona che con la sua intelligenza non ha solo contribuito a ispirare il lavoro, ma ha avuto la pazienza d’indirizzarmi verso un risultato che potesse avere tutti i crismi di una ricerca scientifica di valore. Lo ringrazio per la fiducia che mi ha dato, per il suo tempo e per la sua straordinaria umanità.
Ringrazio la Prof.ssa Cristina Costantiniche è stata sempre presente nei momenti nei quali ho avuto la necessità di un o da parte del Dipartimento di Scienze. La sua diponibilità è andata oltre a quello che mi sarei aspettato. Devo ringraziare il dott. sco Polcini per il o intellettuale e umano, ormai un amico. Lo stesso vale per il dott. Giovanni Capani.
Ringrazio tutti i colleghi del dottorato, tra tutti il mio caro amico, Prof. Maurizio Canfora.
Dovrei ringraziare tutti i miei cari, i miei affetti. Senza la loro presenza la mia intellettualità non troverebbe quel sostegno umano che mi regala serenità. Lo farò personalmente uno a uno, ma tutti dico già da ora, grazie.
Introduzione
Scopo della presente ricerca è fotografare l’attuale offerta e-learning nelle università pubbliche italiane al fine di comprenderne le criticità e le possibili azioni correttive che potrebbero essere intraprese.
L’e-learning nel nostro Paese stenta a decollare soprattutto nell’ambito universitario dove probabilmente il suo utilizzo potrebbe essere più proficuo. Anche questo stato di fatto sarà oggetto del nostro lavoro.
Il lavoro è diviso in due parti. Nella prima parte, nello specifico nel primo capitolo, illustriamo le ragioni per le quali ai giorni d’oggi l’e-learning debba essere uno strumento di riferimento nella formazione universitaria. Di come la stessa Comunità Europea ne faccia uno strumento di riferimento per il raggiungimento di quella che è la Società della Conoscenza.
Nel secondo capitolo, mostreremo come anche nella metodologia e-learning è possibile discernere diversi livelli di qualità. Cercheremo di far comprendere come il mero ausilio dell’ICT nella didattica non possa essere molte volte paragonato all’e-learning nella sua giusta accezione. In sostanza, cercheremo di delineare una definizione di e-learning, di qualità dell’e-learning e proporremo una serie di indicatori di qualità dei percorsi e-learning universitari.
Nella seconda parte, illustreremo e discuteremo il nostro case history. Al fine di fotografare lo stato dell’offerta e-learning abbiamo studiato e realizzato un questionario che è stato successivamente somministrato a tutte le università pubbliche italiane.
Nel terzo capitolo ripercorriamo tutte le riflessioni e le attività che ci hanno condotto alla definizione delle key issue della ricerca. Di fondamentale importanza è stato il lavoro di Guglielmo Trentin, inerente la sostenibilità didattico – formativa dell’e-learning. Importante è stato anche il lavoro “Elearning. Strategie per lo sviluppo delle competenze, Osservatorio AITechAssinform ” nel quale era stato realizzato un questionario per rilevare l’offerta elearning. Infine è stata essenziale l’esperienza maturata all’interno del percorso del dottorato svolto presso il dipartimento dell’Università “G. D’Annunzio” e presso il laboratorio dell’Università Telematica “L. DaVinci”.
Le key issue alle quale abbiamo cercato di dare una risposta, non sono altro che le membra dello scopo ultimo della ricerca.
Com’è attualmente l’offerta didattica- formativa dell’e-learning nelle università? Oltre la didattica che importanza hanno l’organizzazione, i servizi e i costi? Le motivazioni, valutazione e criticità?Perché alcune università non offrono percorsi e-learning? Queste sono gli aspetti che nello specifico abbiamo affrontato.
Nel capitolo quarto abbiamo illustrato le attività operative di realizzazione e somministrazione del questionario e allo stesso tempo ci siamo soffermati sulla natura teorica delle singole domande sottoposte.
Nei restanti capitoli abbiamo mostrato e analizzato i risultati ottenuti.
Possiamo anticipare che i dati raccolti e le conclusioni a cui siamo giunti sono degni di nota e siamo certi che contribuiranno, anche se nel piccolo, a promuovere l’utilizzo dell’e-learning nelle università italiane.
PARTE PRIMA
e-Learning nell’Università
Capitolo I
Perché l'eLearning nell'Università
1.1 Il concetto di Società della Conoscenza
Negli ultimi anni, per descrivere la società contemporanea, è stato frequentemente utilizzato il concetto di società dell’informazione intesa come il «villaggio globale dei media», sottolineando l’importanza delle diverse dimensioni dell’informazione che appaiono sempre più invadere la vita individuale e le società.[1]
L’attenzione è oggi rivolta, invece, in misura sempre maggiore alle possibilità effettive per l’individuo di accedere alle informazioni e fare proprie o produrre nuove conoscenze.
Riferirsi a una società “dell’informazione” non necessariamente allude ad una società popolata da individui in grado di essere informati e istruiti.
Non è detto, cioè, che in tale società gli individui siano in grado di raggiungere una certa capacità di ristrutturazione e di riorganizzazione della propria conoscenza, o comunque di dare un proprio e personale senso alle informazioni stesse. Con società della conoscenza ciò che si vuole valorizzare è il fatto che gli individui, nella vita personale e nel lavoro, continuamente sono tenuti a cercare, elaborare, acquisire il sapere e la conoscenza come un nuovo capitale e come
fondamento strutturale dell’economia e dello sviluppo sociale. È questo il contesto in cui uomini e donne determinano la propria maggiore o minore libertà, autorealizzazione e autonomia, in base alla propria capacità o incapacità di accedere e far uso di saperi, competenze e, in generale, di competenze di apprendimento continuo. Sinteticamente la società della conoscenza potrebbe essere definita, come riporta anche Alberici in Imparare sempre nella società della conoscenza, come una società che:
stimola e consente che tutti i suoi membri e gruppi sviluppino continuamente le loro conoscenze, capacità e attitudini. L’istruzione è ancorata alla cultura come sua primaria condizione di esistenza. Ciò è considerato altamente importante nei programmi di molte istituzioni sociali. Oltre ai sistemi di istruzione numerose altre agenzie sono coinvolte, i mass-media, le organizzazioni sindacali, le industrie e il commercio, i servizi sanitari, […] e quant’altro[2].
In questa società il processo di apprendimento non è qualcosa che si arresta, qualcosa che si fa solo in determinati ambiti, ma è qualcosa che invade la vita stessa degli uomini che ne fanno parte.
1.2. Centralità della conoscenza: quali implicazioni?
Porre al centro dell’attenzione la conoscenza, l’informazione, la comunicazione e lo scambio delle stesse ha alcune importanti implicazioni e conseguenze.
Prima fra tutte il fatto che la società considera beni da produrre e possedere non più oggetti “materiali”, ma sempre più spesso oggetti immateriali, simbolici, che condizionano bisogni e valori e pongono sempre più in primo piano l’individuo e il suo sapere. Quest’ultimo elemento diventa il principale fattore di ricchezza: è fondamentale che ogni individuo possa applicare le proprie capacità alla ricerca, alla invenzione e alla diffusione di nuove scoperte.
L’informazione in quanto “prodotto”, però, per essere “consumato” deve essere “lavorato” per diventare conoscenza e questo richiede, da parte del consumatore, capacità e competenze che la trasformino in un prodotto cognitivo rispondente a un preciso scopo.
Oggi, però, la massa enorme d'informazione pone già un problema fondamentale, quello della ricerca delle giuste e migliori informazioni.Elemento importante diviene l’attenzione rivolta all’individuo e alla sua centralità come soggetto attivo nei percorsi di acquisizione, utilizzo, costruzione di conoscenza che gli permettono di sviluppare competenze e meta-competenze per una maggiore partecipazione ai processi di cui è parte integrante come lavoratore e come cittadino.
1.3 La società della conoscenza in Europa
Nel marzo 2000 il Consiglio Europeo Straordinario approva quella che sarà ricordata come la "Strategia di Lisbona", ovvero, una serie di azioni volte a trasformare «l'Europa nell'economia più competitiva e dinamica al mondo basata sulla conoscenza»[3], col fine di sostenere l'occupazione, le riforme economiche e la coesione sociale.
E' da questo momento in poi che le tematiche legate alla "Società della Conoscenza" assumono, negli Stati membri dell'Unione, «un ruolo sempre più centrale»[4] e che si afferma l'idea che l'educazione, lo sviluppo delle abilità e la creazione di nuove idee sono essenziali per lo sviluppo del capitale umano, per la crescita economica e la produttività dei mercati, nonché importante risorsa di coesione in tutte le nazioni. Queste affermazioni hanno implicato ed implicano un cambiamento, sia nel modo di considerare l'educazione, sia nel rapporto tra quest'ultima e gli obbiettivi personali e professionali degli individui, facendo emergere per tutti la necessità di apprendere in maniera autonoma la varietà di
scenari nei quali ci si muove e la possibilità di contribuire in forma propositiva e con soluzioni creative ai luoghi di lavoro, intesi come organizzazioni in cui si apprende.
Contemporaneamente a queste trasformazioni, prende il via il Processo di Bologna, con il quale si mira alla creazione di uno spazio comune europeo della formazione superiore ed universitaria, in grado di facilitare e stimolare la libera circolazione di idee, studenti e ricercatori; l'obiettivo è giungere alla formazione di una società di apprendimento permanente, promuovendo sia una progressiva armonizzazione e standardizzazione dei sistemi educativi, sia la competitività tecnologica.
Questo è il quadro che fa da sfondo al rapporto tra Università e nuove tecnologie negli ultimi dieci anni, un rapporto in grado di rivoluzionare le tecniche di produzione e diffusione della conoscenza, che rivela una mutazione profonda, sociale prima ancora che tecnologica.
Su questa scia la Commissione europea è continuamente impegnata in atti e azioni che favoriscano l'utilizzo degli strumenti tecnologici al fine degli obiettivi sopra descritti[5].
Si profila così uno scenario all'interno del quale imparare a lavorare in maniera creativa con la conoscenza, nel tentativo di migliorare le teorie esistenti, consente di rendere i processi di innovazione, processi abituali e alla portata di tutti. Per ottenere tale risultato occorre formare cittadini che non solo posseggano la capacità di aggiornarsi, ma che siano in grado di creare nuova conoscenza. E' necessario «trovare modalità adeguate per fornire agli studenti le competenze necessarie per sopravvivere nell'economia contemporanea ed agire in una società di questo tipo»[6]
2.1 Il ruolo emblematico dell'Università
L’Università è da sempre stata chiamata a svolgere un duplice compito: da un lato, essa è il luogo in cui è garantita la trasmissione delle conoscenze, l’educazione, la formazione scientifico-professionale superiore, dall’altro, è anche il luogo in cui avviene la stessa creazione, elaborazione, trasformazione, diffusione di conoscenze e saperi. Per tale motivo assume un ruolo emblematico e strategico nella società della conoscenza e si propone come il luogo per eccellenza in cui il sapere rappresenta valore e risorsa per l’innovazione e lo sviluppo di un Paese.
Le nuove sfide cui deve rispondere risiedono essenzialmente in tre punti: aprirsi al nuovo e all’esterno in modo tale che le conoscenze e i saperi siano disponibili al di fuori dei suoi tradizionali depositi statici; dare agli individui la possibilità di accedere in qualsiasi momento a nuove conoscenze; andare oltre l’apprendimento spendibile solo in occupabilità per finalizzarlo, invece, anche alla ricerca e all’innovazione sociale[7].
Il più importante fattore di cambiamento della società che si riflette nella trasformazione cui l’Università è chiamata ad impegnarsi è dato, comunque, dalla cosiddetta (e più volte citata) “rivoluzione digitale” che occupa un posto crescente nella nostra vita e che richiede una nuova assegnazione di valore e una nuova riflessione in chiave scientifica alla conoscenza. Partendo da una riflessione di questo tipo non ci si può limitare a considerare gli aspetti “pratici” che l’innovazione tecnologica genera come effetti immediati (in termini, per esempio di aumento o diminuzione di posti di lavoro) ma si giungono a considerare, in chiave del tutto nuova, i bisogni di formazione e i nuovi modi di produrre conoscenza e lavoro[8].
2.2 L'eLearning nell'Università
Le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione sono state investite, nel contesto comunitario europeo, di un ruolo importante come strumenti per migliorare le qualità dell’apprendimento agevolando sia l’accesso a risorse e servizi sia gli scambi e la collaborazione a distanza.
Nel Piano d’azione e-learning del 2001[9] (poi esteso fino al 2004) sono individuate cinque linee operative che esplicitano meglio il ruolo delle TIC: «sviluppare l’integrazione completa delle TIC nell’insegnamento e nella formazione; creare infrastrutture flessibili per mettere l’e-learning alla portata di tutti; definire e promuovere la cultura digitale; creare una cultura dell’apprendimento per tutta la vita; sviluppare dei servizi e dei contenuti educativi di qualità in Europa»[10].
Una breve precisazione qui si impone per quanto riguarda l’e-learning. Più avanti si affronterà in maniera più approfondita la tematica, ripercorrendone l’evoluzione e considerandone la metodologia. Qui è necessario per il momento precisare che per e-learning non si vuole intendere semplicemente l’«apprendimento elettronico» come processo attivabile grazie o attraverso gli strumenti elettronici o telematici. L’e-learning deve, invece, essere inteso come uso integrato e sistematico delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle azioni educative e formative finalizzate a favorire processi di apprendimento. Occorre, quindi, andare oltre quello che può essere inteso come semplice funzionalismo tecnologico[11].
Questa consapevolezza, ossia, che l'e-learning non può essere considerato solo come «semplice funzionalismo tecnologico» sarà la riflessione che affronteremo nel prossimo capitolo.
[1] A. Alberici, Imparare sempre nella società della conoscenza, Bruno Mondadori, Milano,2002.
[2] H.Van Der Zee, The learning society, in P. Raggat, R. Edwards e N. Small (a c. di), The learning society, Rotledge, London- New York 1996
[3] Strategia di Lisbona 2000
[4] S.Cacciamanti , G. L. Giannandrea,Una classe come comunità di apprendimento, Carocci, Roma, 2007
[5] http://www.elearningeuropa.info/it/
[6] S.Cacciamanni, Giannandrea, Ibidem
[7] G. Tognon, Circolazione e spessore delle conoscenze. Il ruolo dell’università nella rete della formazione superiore, in Educazione versus formazione, op. cit. p. 229-245.
[8] U. Margiotta, Innovazione tecnologica e formazione universitaria delle competenze, in Educazione versus formazione, op. cit. p. 249-262.
[9] Commissione delle Comunità Europee, Piano d’azione e-learning, Bruxelles, 2001. In Internet: http://ec.europa.eu/education/archive/elearning/annex_it.pdf.
[10] L. Galliani, E-learning nelle Università: politiche europee e strategie educative, in Educazione versus Formazione, op. cit. p. 326.
[11] Ibidem, p. 325-349.
Capitolo II
Quale e-learning nell’università
1.1 Introduzione
Scopo del presente capitolo è mostrare come nei percorsi e-learning ci siano una serie di fattori che incidono sulla qualità stessa dei percorsi offerti. La mancanza di questa consapevolezza ha sminuito in diverse occasioni le vere potenzialità di questa metodologia didattico – formativa. Non avere cognizione di cosa possa dirsi di “qualità” all’interno di un percorso e-learning equivale a mettere sullo stesso piano qualsiasi forma didattica che utilizza l’ICT.
Si assiste così in molti casi, lo vedremo anche in seguito, al fatto che la definizione di e-learning diventa così estensiva da far ricadere nel suo significato, qualsiasi forma didattica che utilizza o è ata dall’ICT.
Possiamo però fare questa equiparazione? Cosa si perde in questa semplificazione? Sono effettivamente tutte forme con lo stesso valore qualitativo? Che cosa intendiamo per qualità di un percorso e-learning?
Il fatto è che in molti casi l’approccio alla materia ha mancato l’appuntamento con una prioritaria definizione del concetto di qualità. Il risultato è stato che si è persa di vista la vera potenzialità dell’e-learning, ossia, la capacità di raggiungere obiettivi formativi che i metodi tradizionali non potrebbero mai
raggiungere. Questa sua peculiarità la definiremo la sostenibilità didattica dell’elearning.
La sostenibilità didattica dell’e-learning non è altro che quella serie di “ragioni di qualità” per le quali questa metodologia va impiegata in sostituzione della metodologia tradizionale. La sostenibilità didattica è un insieme di ragioni che assieme producono, in termini di apprendimento, qualcosa d’irripetibile attraverso le metodologie tradizionali.
Domandarsi se fare o meno, un percorso e-learning, equivarrà a chiedere se questo percorso può essere sostenibile o meno.
Pertanto, in questa sede, è necessario definire cosa intendiamo per qualità e sostenibilità didattica di un percorso e-learning, considerando che la nostra indagine è rivolta alla formazione superiore e in particolar modo a quella universitaria.
Sarà nostra premura individuare all’interno dell’offerta, degli indicatori attraverso i quali sia possibile valutare nel complesso un percorso e-learning, la sua sostenibilità didattica. La questione è comprendere sotto quali condizioni tale approccio possa effettivamente garantire apprezzabili livelli qualitativi ai processi di apprendimento.
I lavori di Guglielmo Trentin, sui temi della qualità e della sostenibilità, sono stati il riferimento del nostro presente lavoro. C’è da dire che studi del genere, affrontati dalle diverse angolature possibili, sono stati effettuati negli anni dai più esperti in materia e i risultati si sono dimostrati, però, quasi sempre come una “coperta corta”, in grado di coprire cioè alcuni aspetti che caratterizzano la complessità del problema. Le ragioni sono additabili all’immensa mole di sfaccettature che un percorso didattico può avere, pertanto, studi del genere, non
potranno mai avere una piena compiutezza, compreso il presente. Questa, però, non può essere una buona ragione per non cimentarsi con l’impresa.
Nel suo lavoro eLearning and teaching quality[1] Trentin propone una serie d’indicatori di qualità che prenderemo a riferimento nella ricerca e nel suo libro La Sostenibilità didattico formativa dell’eLearning[2] definisce il concetto di sostenibilità che sarà un elemento chiave del nostro lavoro.
2.1 Il contesto: l’università e la conoscenza
E’ impensabile parlare di qualità senza che prima si sia affrontata la definizione del contesto formativo entro il quale il percorso si svolge e quali siano gli obiettivi che lo stesso si prefigge.
Siamo certi che nessuno sosterebbe che i processi tipici dell’e-learning universitario e quelli della formazione, ad esempio di grado secondario, non abbiano caratteristiche profondamente differenti. Di conseguenza hanno bisogno di essere analizzati separatamente riguardo a quegli indicatori che concorrono alla misurazione dei livelli qualitativi specifici.
Se il nostro contesto di riferimento è la formazione universitaria e nel capitolo precedente abbiamo mostrato quali siano gli obiettivi che l’istruzione universitaria deve prefiggersi nella “Società della Conoscenza” ciò non potrà essere eluso.
Il percorso formativo universitario che favorisca il raggiungimento di tutte le prerogative delineate in quella che è la Società della Conoscenza, avrà adempiuto al suo ruolo e pertanto sarà riconosciuto come di qualità. L’obiettivo,
lo ripetiamo, è creare una comunità capace di creare continuamente conoscenza. Pertanto, la formazione deve mirare a formare individui in tal senso: formandoli e fornendo loro l’auto-capacita a formarsi continuamente.
Il concetto di qualità diventa il riconoscimento che il percorso formativo è riuscito a raggiungere questi obiettivi.
Ma come preparare gli studenti a creare conoscenza? Come insegnare loro a lavorare in maniera creativa con le idee?
Le risposte a queste domande non sono né semplici né scontate, ma sicuramente fanno riferimento a un modello didattico ben preciso: “Costruzione Collaborativa della Conoscenza”[3]
Prima di soffermarci sulla questione prioritaria della dimensione didattica dell’elearning torniamo al concetto di sostenibilità.
3.1 La sostenibilità dell’e-learning
In questo lavoro cercheremo di comprendere «quando e sotto quali condizioni l’adozione di metodiche e-learning porta effettivo valore aggiunto al processo d’insegnamento/apprendimento, consentendo, ad esempio, percorsi e strategie innovative altrimenti non attuabili con metodologie e tecnologie "convenzionali”»[4], questa la chiameremo la sostenibilità dell’e-learning.
Proprio questa capacita di realizzare percorsi non attuabili con le metodologie
convenzionali fanno dell’e-learning una metodologia che non può essere sostituita se si vuole raggiungere degli obiettivi e delle performance elevate, come ad esempio quelle che vuole raggiungere la Società della Conoscenza.
Trentin, propone un paradigma di riferimento della sostenibilità dell’e-learning. Lo scopo è di evidenziare le principali dimensioni lungo le quali sia possibile sviluppare un ragionamento all’unisono che consideri i diversi aspetti in campo. Ognuno di questo ha un proprio peso e una propria valenza, ma affinché un percorso possa essere valutato, è necessario considerarli tutti essenziali.
Gli elementi che potenzialmente possono incidere sulla sostenibilità di un sistema di e-learning sono rappresentabili in uno spazio ad almeno otto dimensioni, mutuamente interrelati e che si riferiscono ad altrettanti domini disciplinari.
Fig. 1 – Il modello a otto dimensioni per la sostenibilità dell’e-learning
La dimensione economica. Fa riferimento a tutti gli aspetti legati all’ottimizzazione delle risorse in gioco e che spaziano dai costi di sviluppo a quelli di gestione. Capita fin troppo spesso, che questa dimensione prenda il sopravvento sulle altre appiattendo e mortificando la dimensione didatticapedagogica.
La dimensione didattico – formativa. Si concentra sul valore aggiunto e le potenzialità pedagogiche introdotte dall’uso dei media, al fine di promuovere la sostenibilità didattica dell’e-learning.
Include tutte le possibilità di sfruttare le nuove tecnologie ai fini didattici, attraverso le sfaccettature più facili e più complesse.
La dimensione professionale. Concerne l’individuazione delle figure chiavi poste alla gestione dei processi, la loro capacità professionale e la loro capacità d’innovarsi.
La dimensione informale. «Riguarda quei processi che vedono il singolo far fronte autonomamente e in tempo reale alle proprie esperienze conoscitive, attraverso l’utilizzo di e-content, ma soprattutto dell’interazione a “rete” e in “rete” all’interno della comunità di pratica»[5]
La dimensione organizzativa- gestionale. Ci riferiamo alla predisposizione delle condizioni ideali per un’integrazione completa e reale delle metodologie
all’interno delle prassi quotidiane di ateneo. Rendere “istituzionale” l’elearning vuol dire semplificare il suo ingresso in ateneo e garantire una legittimazione che non può far altro che garantirne gli esiti. Di qui la necessita della costituzione di un centro e-learning di ateneo e di una sua accurata gestione.
La dimensione contenutistica. Riguarda sia la qualità dei contenuti che la loro implementazione, sia la loro capacità di riusabilità e adattabilità.
La dimensione tecnologica. Riguarda le caratteristiche tecniche, la loro stabilità, innovatività e grado di adattarsi alle singole esigenze con semplicità.
La dimensione socio-culturale. «Si riferisce ai cambiamenti socio-culturali e agli effetti che potrebbero derivare da una larga diffusione delle metodiche elearning sia nei percorsi di studio istituzionali sia nella formazione continua. Da questo punto di vista l’idea chiave sembra essere quella di sensibilizzare i singoli all’auto-organizzazione/gestione del processo di apprendimento, anche come processo indotto da una cultura organizzativa che consideri l’e-learning come parte integrante dell’attività professionale»[6]
Va sottolineato che in base al conteso le suddette dimensioni giocano un ruolo più o meno determinante a favore della sostenibilità dell’e-learning.
In questa sede, ci soffermeremo sulla dimensione didattica perché riteniamo sia quella più urgente e la più importante.
Le altre dimensioni sono nella maggior parte dei casi più intuitive e saranno trattate alla fine del presente capitolo, all’interno della discussione più generale
sulla qualità.
Pertanto, abbiamo circoscritto l’attenzione su quell’aspetto che riteniamo strategico sia per l’e-learning che per il nostro presente lavoro.
4.1 La sostenibilità didattica dell’e-learning
Gli studi sull’uso educativo delle tecnologie didattiche informatiche e della comunicazione individuano nella dimensione didattico – formativa i punti di forza di ogni modello di sostenibilità dell’e-learning.
La metodologia didattica per gli obiettivi che ci siamo prefissati risulta anche nel nostro caso essere il punto centrale della sostenibilità. Inoltre, ancora oggi assistiamo a una mancanza di conoscenza di questo concetto che è probabilmente alla base di un mancato successo dell’e-learning nel nostro paese.
Non conoscere il significato di sostenibilità didattica equivale a non conoscere il significato di qualità didattica di un percorso e-learning.
Ma ora chiediamoci: quale strategia didattico – formativa è sostenibile e di qualità se vogliamo raggiungere gli obiettivi della Società della Conoscenza?
Credo che sia pacifico affermare, come già detto in precedenza, che il modello didattico – pedagogico di riferimento debba essere inevitabilmente, la “Costruzione Collaborativa della Conoscenza”.
Lo stesso Trentin afferma che « nell’istruzione universitaria, così come in tutta l’alta formazione, l’apprendimento collaborativo in rete è ritenuto l’approccio educativo in grado di soddisfare i principali parametri di sostenibilità didattico formativa dell’e-learning»[7], per questo motivo non possiamo che soffermare il nostro lavoro su quest’aspetto. Nel prossimo paragrafo, vedremo di cosa si tratta.
4.2 La Costruzione Collaborativa della Conoscenza
La Costruzione della Conoscenza è definita come la produzione e il continuo miglioramento delle idee che hanno valore per la comunità, attraverso mezzi e strumenti che aumentino la probabilità che quanto realizzato dalla comunità, abbia più valore della somma dei contributi individuali. Ciò significa che l’intera comunità è profondamente coinvolta nella creazione, produzione e miglioramento delle idee e delle teorie esistenti e che l’innovazione prodotta è il risultato del deliberato sforzo di tutti gli individui, che collaborativamente, s’impegnano a incrementare il capitale sociale della comunità.
Tutto questo, trasferito sul piano educativo significa che mentre l’apprendimento è un processo psichico interno, non direttamente osservabile, che risulta nel cambiamento durevole di credenze, attitudini e competenze, per effetto dell’esperienza, per costruzione di conoscenza s’intende invece un lavoro di natura attiva e collaborativa, che comprende la partecipazione degli studenti ad attività di discussione, condivisione, negoziazione e integrazione delle idee.
Ciascun membro del gruppo si assume, quindi, come obiettivo del proprio lavoro, non solo il perseguimento di una buona prestazione individuale, ma anche l’impegno a costruire e migliorare le idee che verranno poi messe a disposizione della comunità. L’apprendimento individuale è quindi, sia funzionale alla costruzione collaborativa della conoscenza, che una sua diretta conseguenza.
Con la Costruzione della Conoscenza le idee sono considerate oggetto reale d’indagine e perfezionamento, ciò significa che sono disponibili alla comunità affinché possano essere rielaborate, discusse, interconnesse, corrette ed eventualmente, sostituite; i diversi contributi di una comunità alla conoscenza servono a creare una proprietà intellettuale condivisa e danno alle idee una vita che va oltre la natura transitoria della conversazione. Gli sviluppi nella comprensione di un fenomeno o di una teoria producono artefatti concettuali che servono, a loro volta, a conseguire ulteriori progressi , in un dinamico circolo virtuoso che condurrà gli studenti verso l’avanzamento delle loro conoscenze.
Ovviamente, nel nostro contesto dobbiamo riportare quest’approccio didattico – formativo all’interno di una metodologia ben precisa, l’e-learning. Questa sintesi prende attualmente il nome di apprendimento collaborativo in rete, NCL.
4.3 NCL: l’apprendimento collaborativo in rete
Il termine “apprendimento collaborativo” fa riferimento a un metodo educativo attraverso il quale gli studenti, a vari livelli di prestazione, lavorano insieme verso un obiettivo comune; non è soltanto un’attività socialmente distribuita ma anche un’attività in cui gli obiettivi di ciascuno dipendono da quelli intrapresi e condivisi dagli altri partecipanti alla situazione di apprendimento.
I concetti di apprendimento collaborativo, apprendimento a distanza e apprendimento aperto sono nati certamente in epoche precedenti la diffusione della telematica, ma hanno potuto trovare in essa la base concreta per realizzare arricchimenti e sviluppi legati soprattutto alla possibilità di operare nell’ambito di gruppi virtuali d’individui che interagiscono a distanza.
Internet consente il libero scambio d’informazioni, la circolazione d’idee, l’interazione fra soggetti (in modalità sincrona e asincrona) e fa si che la parola
scritta, considerata a scuola uno strumento per comporre testi sottoposti poi al giudizio del docente, diventi mezzo di comunicazione interpersonale, di confronto d’idee ed esperienze e, in ultima analisi, strumento sociale. La nostra riflessione teorica si concentrerà esclusivamente sull’analisi di situazioni in cui si sviluppa apprendimento collaborativo in rete, secondo modalità sincroniche e diacroniche.
Quello che cercheremo di mostrare e come con il Ncl si ha un valore aggiunto alla formazione dello studente, ma ci sono una serie d’implicazioni che questa scelta metodologica porta dietro di se a livello progettuale e gestionale.
«Se analizziamo gli usi più comuni dell’ICT nella didattica universitaria, non è difficile rilevare come di solito lo studente si trovi ad assumere un ruolo ivo all’interno di un processo di apprendimento guidato prevalentemente dai materiali didattici preparati dal docente»[8] sottolinea Trentin.
Gli elementi essenziali, che devono svilupparsi affinché un percorso del genere possa prendere forma ed essere all’altezza del compito, sono:
- la disponibilità del docente a ridisegnare il corso, comprendendo che lo strumento tecnologico in un qualche senso lo impone;
- una preparazione specifica dei docenti, sia relativamente alla progettazione di attività didattiche basate sull’apprendimento in rete sia relativamente all’organizzazione di queste attività;
- la presenza di classi numericamente limitate;
- la disponibilità degli studenti di accedere alla rete;
- un’infrastruttura tecnologica di ateneo adeguata.
Quando queste condizioni si verificano sembra che gli studenti siano molto coinvolti positivamente.
Il docente in questo contesto diventa elemento ancora più attivo e determinante nel percorso formativo.
Molte volte l’errore è considerare l’e-learning una soluzione riduttiva rispetto alle lezioni in presenza, riducendolo a una strategia per trasmettere a distanza dei contenuti. Ovviamente, come abbiamo già detto in precedenza, l’introduzione dell’interattività non è garanzia d’innalzamento dell’apprendimento se non è utilizzato adeguatamente.
Confrontando l’impostazione di un approccio collaborativo e l’approccio tradizionale, prendendo a riferimento una tabella sintetica proposta da Trentin[9], diverse sono le considerazioni che si pongono.
E’ pacifico affermare che la specificità dell’apprendimento collaborativo in rete sia la valorizzazione della collaborazione all’interno di un gruppo di allievi e il ruolo che gioca il docente. L'apprendimento collaborativo mira a una reale interdipendenza tra i membri del gruppo nella realizzazione di un compito, un impegno nel mutuo aiuto, un senso di responsabilità verso il gruppo e i suoi obiettivi.
Sinteticamente, possiamo affermare che questa modalità di apprendimento si basa fondamentalmente su attività di comunicazione, sincrona o asincrona.
Le tecniche di comunicazione asincrona comprendono per esempio lo scambio di e-mail o l'uso di aree on-line per la discussione e il lavoro di gruppo. Con queste ultime gli studenti possono accedere a dei materiali comuni, come file, software e oggetti multimediali e possono collaborare allo svolgimento di compiti assegnati o progetti, con una certa libertà rispetto a quando e dove occuparsene.
Tipicamente, la collaborazione asincrona è facilitata da un docente. O meglio, il docente non è presente in tempo reale per dare o agli studenti, ma interagisce con loro attraverso l'email e i database condivisi. Anche la correzione dei compiti, la valutazione dei progetti e il controllo degli esercizi possono essere effettuati con la stessa modalità.
In questi contesti, il docente può far si che studenti che in presenza, per motivi ad esempio di timidezza, non sarebbero stati attivi, in questo contesto lo diventano.
La collaborazione in tempo reale o sincrona permette invece un contatto
simultaneo tra docenti e studenti oltre al contemporaneo accesso ai contenuti messi a disposizione.
La collaborazione sincrona tipicamente è condotta dal docente, per esempio in un ambiente di aula virtuale. Il docente guida gli allievi attraverso uno studio interattivo on-line, che può comprendere condivisione di lavagne, condivisione di applicazioni, "alzata di mano" elettronica, funzioni di chat audio e video in diretta sulla rete.
Negli ambienti collaborativi può essere previsto il tutor, una figura di mediazione tra il docente e gli studenti. Compito del tutor è di organizzare, facilitare e monitorare lo svolgimento delle attività didattiche e il clima di collaborazione.
In questi contesti il tutor svolge il ruolo centrale di colui ha il compito di promuovere la collaborazione e l’interdipendenza tra le parti, oltre a quella di responsabilizzare ogni singolo membro del gruppo. Nel contesto universitario è bene che il tutor e il docente coincidano. Il docente assume anche le funzioni di tutorship.
Altra caratteristica è la possibilità di monitorare costantemente l’andamento del corso e il raggiungimento degli obiettivi didattici prefissati, al fine di apportare nel caso fossero necessari, aggiustamenti in corso d’opera.
Un percorso formativo del genere ha successo essenzialmente se al suo inizio siano chiari gli obiettivi e siano previste una serie di scadenze.
Inoltre, è necessario promuovere azioni e strategie mirate a facilitare la
collaborazione nell’apprendimento online.
In questo capitolo, anche se brevemente, ci siamo voluti soffermare sulla strategia didattica che riteniamo un elemento essenziale affinché un percorso elearning possa considerarsi sostenibile e di qualità.
Non dimentichiamo però che la qualità di un percorso è legata anche a una serie di altre ragioni.
5.1 Gli indicatori di qualità
Anche se abbiamo stabilito che la dimensione preponderante nella valutazione di un percorso e-learning corrisponda al modello didattico adottato, ci sono altri fattori che sicuramente possono influire nella determinazione finale dell’intero percorso formativo.
Infatti, come dice Trentin:
«l’analisi della qualità di un sistema di eLearning viene condotta sulla base di tre fattori: qualità didattico- formativa del prodotto/processo, la qualità “tecnica” ( non solo tecnologica) dell’intero sistema, la qualità dei servizi di o»[10]
Anche se a titolo di esempio e senza nessuna pretesa di esaustività, Trentin propone anche una serie di variabili che si rifanno ai suddetti tre fattori di qualità, che noi prendiamo a riferimento nel presente lavoro.
Anche se un discorso a parte va fatto, come detto, per la scelta del modello didattico, non tralasciamo una serie di aspetti che rivestono un ruolo all’interno di quella che vuol essere una valutazione attenta e completa dell’offerta elearning. La tabella con i suoi elementi è stata presa a riferimento per la realizzazione del questionario 2012, che è stato somministrato a tutte gli atenei italiani e che avremo modo di illustrare nel prossimo capitolo.
Tutti questi elementi saranno considerati di qualità tanto più la loro funzione sarà di favorire una didattica orientata alla Costruzione Collaborativa della Conoscenza.
[1] G.Trentin, eLearning and teaching quality, International Journal of Istructional media, vol 35, n. 1 2008
[2] G. Trentin, La sostenibilità didattico – formative dell’eLearning, Franco Angeli, Milano, 2008
[3] Beretier&Scardamalia, Learning to work creatively with knowledge, in De Corte (eds) Powerful learning environments: Unravelling basic comportament and dimension. Oxford: Elsevier Science, 2003
[4] G. Trentin, La sostenibilità didattico – formative dell’eLearning, Franco Angeli, Milano, 2008, p. 17
[5] G. Trentin, La sostenibilità didattico – formative dell’eLearning, Franco Angeli, Milano, 2008, p. 27
[6] Idem, p. 29
[7] Idem. p. 101
[8] Idem. p.103
[9] Idem. p. 119
[10] Idem. p 24
PARTE SECONDA
La ricerca sull’uso dell’e-learning nelle università italiane
Capitolo III
Questioni chiave e metodologiche della ricerca
1.Introduzione
Scopo di questa terza parte, cuore della ricerca stessa, è quello di fotografare l'attuale offerta e-learning nelle università pubbliche italiane. Monitorando i cambiamenti che si sono avuti in questi ultimi anni, cercheremo di comprendere le criticità e le possibili soluzioni.
Per comprendere quale sia effettivamente l’offerta attuale dell’e-learning nelle università italiane è essenziale comprendere innanzitutto quantitativamente quante università ne fanno uso e quante no.
Ovviamente, il nostro intento non è stato solo quello di fotografare quantitativamente lo stato dell’arte, ma anche quello di comprendere quali siano le criticità e le possibili azioni che andrebbero intraprese affinché l’e-learning possa “secolarizzarsi” all’interno degli atenei.
Nella stragrande maggioranza dei casi, le ate rilevazioni hanno puntato l’attenzione verso un’analisi quantitativa, escludendo maldestramente il versante qualitativo.
Questa impostazione, a nostro avviso, non è riuscita e non riesce a comprendere fino in fondo il perché l’e-learning in Italia stenti a decollare. Far emergere questo fraintendimento, comprenderne le sfaccettature e le implicazioni pratiche vorrà dire acquisire gli elementi necessari per porre azioni correttive.
Nella parte prima di questa ricerca abbiamo mostrato e argomentato circa le ragioni politico - culturali per le quali è tanto importante far si che l’e-learning si secolarizzi all’interno della cultura formativa universitaria e abbiamo cercato di mostrare cosa vada inteso per sostenibilità didattica dell’e-learning e quali possano essere gli indicatori di qualità di un percorso basato sulle metodologie elearning. Inoltre, abbiamo mostrato quali potrebbero essere degli indicatori di qualità di un percorso e-learning universitario.
Questi aggi non fanno solo da cornice al tema centrale della nostra ricerca, ma ci forniscono gli strumenti essenziali per definire gli aspetti chiave, le key issue alle quali è essenziale dare risposta per raggiungere l’obiettivo della ricerca: comprendere lo stato attuale dell’offerta nelle università pubbliche italiane.
Le key issue, alle quali è essenziale rispondere affinché il presente lavoro possa dirsi compiuto, sono diverse e sono il frutto di considerazioni di carattere sia teorico e sia pratico.
Sul versante pratico un elemento determinante è che l’ultima simile esperienza è stata la pubblicazione “E-learning. Strategie per lo sviluppo delle competenze 2007”[1] la quale per diversi anni ha cercato di monitorare lo stato dell'elearning nell'università pubblica italiana. Dal 2007 a oggi, simili esperienze non hanno visto luce, e se qualche timido tentativo c’è stato non probabilmente della stessa portata. Pertanto abbiamo sentito l’urgenza di riproporlo, sulla scorta dei cambiamenti che sono intercorsi.
Il questionario 2006, a nostro avviso, si limitava esclusivamente a un’analisi quantitativa non prendendo in considerazione gli aspetti qualitativi. C’è un aspetto particolare nella ricerca del 2006 che dimostra come anche all’interno di strutture dove dovrebbero essere perfettamente consapevoli di cosa sia la sostenibilità didattica di un percorso e-learning e la sua qualità, la cosa non è del tutto scontata.
Infatti, nella ricerca 2006 la questione della sostenibilità didattica non è stata presa in considerazione, ma la cosa sconcertante è che non si parli nemmeno minimamente di qualità.
Il nostro lavoro si è incentrato principalmente su questi aspetti prendendoli a stella polare, ciò si è fatto perché la nostra attenzione ha un fine principalmente qualitativo.
Inoltre, nel questionario 2006 si evince come ci sia una definizione estremamente estensiva del concetto di e-learning, nello specifico, la definizione che viene data è la seguente « definizione di eLearning inteso come: “metodologia formativa che si avvale delle tecnologie informatiche ed in particolare della rete Internet, della multimedialità e degli strumenti d’interazione; consente dirompere i vincoli di spazio, di tempo e di relazione dei partecipanti; prevede un percorso guidato pur garantendo la flessibilità dell’uso del tempo; e ha scadenze intermedie e verifiche finali; è ata da attività di controllo del processo e monitoraggio dell’apprendimento”».
Questa definizione accredita l’e-learning a strumento di o, quando questo mira a essere una metodologia a se stante.
Nel capitolo precedente abbiamo voluto sottolineare più volte quest’aspetto mostrando come il o ICT alla didattica non possa considerarsi a tutti gli
effetti e-learning. Nella nostra ricerca abbiamo voluto sottolineare, per la prima volta con decisione, cosa debba intendersi per e-learning sostenibile e di qualità.
Un aspetto che caratterizza la nostra ricerca è di aver affrontato tutta la questione tenendo a riferimento per l’intero svolgimento del lavoro il concetto di sostenibilità didattica e qualità nella metodologia e-learning. Questi aspetti, lungamente affrontati e illustrati, nel secondo capitolo del presente lavoro, sono il riferimento teorico sui quali abbiamo fondato gli aspetti che seguono.
Ne è conseguito che la questione fondamentale diventasse quella della metodologia didattico - formativo. Aspetto che vedremo risulterà essere snodo di diversi fraintendimenti concettuali e operativi. Questo riferimento però non è l’unico affinché un percorso e-learning possa avere successo, ma ve ne sono altri: l’organizzazione, la gestione, le risorse, la formazione, la cultura, ecc.
Pertanto, questi aspetti sono stati valutati perché ritenuti non marginali. C’è da dire, però, che questa valutazione è avvenuta sempre sulla scorta di un’impostazione qualitativa e non meramente quantitativa, ove possibile.
Un aspetto del tutto nuovo è che il questionario 2012 si rivolge anche agli atenei che non offrono percorsi e-learning. Si è voluto aprire a questi per comprendere non solo che tipo di e-learning offrissero gli atenei, ma anche perché la maggior parte degli altri non lo fe. Scoprire queste ragioni può fornire elementi che possono essere alla base di politiche in favore dell’offerta.
Ma prima di illustrare quali siano le key issue alle quale abbiamo cercato di dare risposta, iamo in rassegna l’iter entro il quale siamo arrivati alla loro definizione e come abbiamo cercato di strutturare uno strumento, il questionario 2012, tale da poter dar risposta a ognuna di loro.
2.1 Descrizione della metodologia adottata per la definizione delle key issue
Fondamentalmente gli aspetti che ci hanno condotto a ristringere la nostra ricerca su determinate key issue sono riconducibili a due fattori fondamentali: l’aver fatte proprie le posizioni di Trentin e della società scientifica secondo la quale l’e-learning debba essere didatticamente sostenibile e di qualità per produrre gli effetti sperati e l’essersi imbattuti nel più volte citato questionario 2006 senza il quale probabilmente non ci sarebbe venuto in mente di somministrare anche a noi un questionario del genere, ma ci saremo solo limitati all’osservazione dei siti degli atenei o alla formulazione di un questionario di più modiche dimensioni.
Le esperienze maturate all’interno del percorso di dottorato, nel laboratorio dell’Università Telematica “L. Da Vinci” ci hanno convinto come sia urgente innanzitutto “fotografare” lo stato dell’arte dell’offerta, aggio senza il quale sarebbe impossibile enucleare qualsiasi proposta correttiva. Il lavoro svolto nel laboratorio è stato utile altresì per comprendere dal vivo le criticità della progettazione e gestione di un percorso. Molti aspetti quotidiani, che a livello teorico potrebbero essere marginali, sono invece molte volte fondamentali ai fini del successo.
Se quindi l’aspetto didattico è facilmente individuabile come un elemento di qualità, quelli legati alla formazione, all’organizzazione e al o alle volte sono completamente misconosciuti.
Le key issue non sono altro che gli aspetti principali, le categorie entro le quali diversi singoli aspetti sono riconducibile in quanto legati da caratteristiche comuni.
Possiamo tranquillamente dire che la definizione delle key issue è scaturita intersecando tre elementi:
- il questionario 2006,
- i riferimenti teorici esposti nel capitolo secondo
- l’esperienza maturata nel percorso del dottorato di ricerca presso il laboratorio.
2.2 Il questionario 2006
Raccontiamo brevemente la storia del questionario 2006 e di chi l'ha gestito e realizzato.
L’osservatorio AITech – Assinform sull’eLearning 2006 è stato realizzato in collaborazione con CNIPA. Hanno partecipato all’Osservatorio alcune delle principali aziende istituzioni italiane.
L’Osservatorio aveva lo scopo di analizzare il grado di adozione e le caratteristiche di utilizzo dell’e-learning da parte di una molteplicità di soggetti italiani interessati, come ad esempio le università. Le metodologie adottate hanno fatto ricorso alle seguenti modalità e tecniche di ricerca:
- Analisi di materiale informativo sull’e-learning ricavato dal Web, convegni, brochure, testi, ricerche, articoli e pubblicazioni;
- Site watching dei principali fornitori di contenuti, servizi, tecnologia e consulenza nel mercato italiano dell’eLearning;
- Questionari d’indagine quantitativi e qualitativi rivolti ai rappresentanti della domanda e dell’offerta;
- Interviste telefoniche con i responsabili della formazione delle università che componevano il campione
- Incontri face to face
L’indagine sui portali ha esaminato l’offerta complessiva di formazione a distanza degli atenei, considerando le tre categorie di:
- e-learning
- teledidattica
- didattica web enhanched (ICT a o della didattica tradizionale)
Tutti gli atenei italiani sono stati invitati a partecipare all’indagine con una lettera inviata a ciascun delegato del Rettore per l’e-learning, in cui si chiedeva la compilazione del questionario disponibile online.
L’obiettivo era ovviamente quello di ottenere le risposte dall’intero universo indagato, ovvero dei 77 atenei che costituiscono la totalità delle università italiane pubbliche e private.
2.3 L'articolazione del questionario 2006
Procediamo con l’esame delle domande principali poste nel questionario e delle motivazioni che hanno portato alla loro formulazione.
Il primo gruppo (sezione A) mirava soprattutto alla comprensione della struttura organizzativa dell’università in termini di dimensioni e di consistenza numerica dei docenti.
Il secondo set (sezione B) si proponeva di indagare nel dettaglio le attività di elearning svolte nei singoli atenei. A differenza di quanto fatto l’anno precedente (2005) in cui erano state proposte le tre differenti definizioni di e-learning, videoconferenza o teledidattica, o ICT alla didattica in presenza o web enhanched, nella ricerca condotta nel 2006, si è preferito dare ai compilatori la sola definizione di e-learning inteso come: “metodologia formativa che si avvale della tecnologie informatiche ed in particolare della rete Internet, della multimedialità e degli strumenti d’interazione; consente dirompere i vincoli di spazio, di tempo e di relazione dei partecipanti; prevede un percorso guidato pur garantendo la flessibilità dell’uso del tempo; e ha scadenze intermedie e verifiche finali; è ata da attività di controllo del processo e monitoraggio dell’apprendimento”. Sulla base di questa definizione è stato richiesto alle università di fornire la percentuale di attività riconducibili ai tre livelli di utilizzo delle tecnologie didattiche. Si è voluto evidenziare in questo modo una concezione più rigorosa dell'e-learning per evitare – come spesso ancora succedeva – che qualsiasi soluzione ICT adottata dall’ateneo per integrare l’insegnamento finisse genericamente nell’e-learning.
Altre caratteristiche, quali la presenza di un centro specializzato nella didattica per l’e-learning, il numero di persone equivalenti attive nel settore della formazione online e la percentuale di attività in presenza e online nell’ambito dell’offerta formativa dell’e-learning, avevano lo scopo di precisare meglio la natura delle attività e-learning proposte.
Il gruppo di domande della sezione C indagava il target: numerosità, tipologia, tendenza o meno all’incremento della popolazione studentesca in seguito all’adozione di corsi online o blended. L’obiettivo era comprendere le strategie dell’ateneo dal punto di vista della selezione dei destinatari: mentre alcuni atenei intendevano migliorare il contesto di apprendimento dei propri studenti, altri preferiscono puntare su altri mercati – tipicamente con un’offerta formativa post laurea – andando a coinvolgere solo piccoli gruppi “privilegiati” di utenti.
I tre successivi gruppi di domande analizzavano la catena del valore, interrogando gli atenei relativamente alle tecnologie utilizzate (sezione D), ai processi di progettazione, produzione e distribuzione dei contenuti e dei servizi (sezione E), e alla consulenza (sezione G).
In modo particolare la sezione riguardante la tecnologia si proponeva di evidenziare la dotazione informatica di ateneo e il tipo di connessione presente e di indicare la piattaforma utilizzata per le attività di e-learning.
La sezione dedicata ai contenuti puntava a mettere in evidenza la natura dei corsi e-learning offerti (singoli insegnamenti, interi corsi di laurea, corsi di perfezionamento, ecc.), le relative aree disciplinari, la provenienza dei contenuti dei percorsi in e-learning (prodotti all’interno dell’ateneo o acquisti all’esterno) e l’eventuale possibilità di commercializzare di tali contenuti. Infine, si chiudeva il gruppo di domande chiedendo quali servizi caratterizzavano i corsi offerti.
La sezione dedicata alla consulenza chiedeva agli atenei di dare evidenza all’eventuale richiesta e offerta di consulenza e alla tipologia.
Di seguito il questionario si soffermava sulla questione della certificazione e sulla valutazione di questo elemento e sull’esistenza di partnership nello sviluppo di progetti in e-learning (sezione H).
Il successivo set di domande (sezione L) indagava le motivazioni dell’offerta elearning e chiedeva un giudizio sulle esperienze condotte (soddisfazione dell’ateneo, criteri di verifica dei livelli di gradimento, eventuali difficoltà e indicatori di successo); anche questo focus sulle capacità di autovalutazione e sul “pensiero critico” circa la formazione a distanza contribuiva con forza a svelare il posizionamento di un ateneo.
Il questionario proseguiva con un elemento decisamente importante, i costi dell’e-learning (sezione M); purtroppo, come spiegheremo in seguito, questa domanda ha ricevuto risposte talmente contraddittorie da risultare di poca utilità ai fini dell’analisi.
La sezione N mira a individuare le motivazione dei docenti, chiedendo in modo particolare se l’ateneo prevedeva forme d’incentivo per chi impegnasse l’elearning nella didattica. La sezione P invece mostrava che tipo di o era fornito al docente sia nella fase di sviluppo sia in quella di erogazione dei corsi online.
E’ stato anche chiesto agli atenei se svolgevano attività di formazione sul territorio (sezione Q).
Il questionario si chiudeva con un gruppo di domande completamente nuove, inserite per la prima volta in questa edizione dell’Osservatorio con lo scopo di capire qual è la politica generale di ateneo sull’e-learning e sull’uso d’internet per diverse attività didattiche.
2.4 Dal questionario 2006 al questionario 2012
Il questionario 2006 ha soprattutto un pregio che è quello di essere la base di partenza di una riflessione. E’ facile poter criticare gli aspetti che oggi sono sicuramente obsoleti sia teoricamente sia praticamente, ma probabilmente senza questo punto di partenza non saremmo mai riusciti a enucleare le key issue e le relative domande del questionario 2012.
Ogni singola sezione e ogni singola domanda è stata rivisitata alla luce del nostro apparato teorico e delle esperienze maturate. Ovviamente, il tutto al fine di rispondere alla mission della ricerca che è quella di fotografare l’attuale offerta e-learning delle università pubbliche.
Le key issue, pertanto, sono il frutto di una riflessione basata su di un assunto teorico predeterminato che è quello sostenuto da Trentin e da gran parte della comunità scientifica.
Le sezioni presenti nel questionario 2006 sono per tanto state riorganizzate, alla luce delle macro questioni che abbiamo ritenuto essenziali e che corrispondo alle key issue affrontate.
La chiave per questa riorganizzazione è stato l’apparato teorico già più volte menzionato e illustrato nel capitolo secondo.
3.1 Il questionario 2012: questioni chiave e inquadramento
Per centrare il nostro scopo, che è quello di fotografare l’offerta da un punto di vista principalmente qualitativo e proporre delle possibili soluzione, è inderogabile porsi delle macro questioni, delle key issue che non sono altro che il riflesso dello scopo che ha la presente ricerca. Probabilmente desumibili dal precedente paragrafo, in questo vogliamo affrontarle più da vicino, distintamente una alla volta.
Cerchiamo di motivarne le ragioni, indicando anche le collaterali questioni che le stesse sollevano.
3.2 Com’è attualmente l’offerta didattica- formativa dell’e-learning nelle università?
Questa key issue nasce dall’esigenza quantitativa e qualitativa di conoscere quale sia l’attuale stato dell’offerta e-learning nelle università, ma nello specifico vuole far emergere sotto il profilo didattico - formativo quale tipo di offerta venga erogata e se questa sia sostenibile e di qualità. Come detto nel capitolo precedente, vogliamo comprendere che tipo di e-learning gli atenei effettivamente offrono e non solo quanto ne offrano.
Riteniamo la strategia didattico – formativa la dimensione della sostenibilità più di peso tra tutte le dimensioni della sostenibilità in generale.
Questo perché è la stessa strategia didattica a rappresentare quel modello educativo e formativo che ricalca il paradigma della società della conoscenza: un apprendimento collaborativo dove il fine ultimo non sia il mero trasferimento d’informazioni dal docente allo studente, ma un momento di crescita del sapere collettivo nell’ottica di un apprendimento continuo.
Cercheremo di comprendere se gli atenei hanno la cognizione di cosa sia il concetto di sostenibilità e di cosa sia l’apprendimento collaborativo. Sarà essenziale comprendere se oltre averne cognizione, ne fanno uso e in che modo.
Ovviamente, la didattica di un percorso formativo è alla base di un progetto didattico. Ne deduciamo che tutti gli aspetti collaterali subiscono inevitabilmente un’influenza dell’impostazione didattico – formativa che si è voluti intraprendere. Per questo motivo e per dare una risposta alla nostra prima key issue dovremmo soffermare l’attenzione su aspetti che potrebbero sembrare di primo acchito non completamente inerenti al tema in questione.
Pensiamo, ad esempio, agli aspetti legati alla formazione del docente, al suo o con gli esperi del settore, nella capacità di rimodulare le lezioni della gestione dei tutor e del loro ruolo nel percorso formativo. Non da meno sono importanti gli aspetti legati all’utilizzo delle ultimissime tecnologie come i social media e le applicazioni mobili.
Tutti questi aspetti sono riconducibili e costruiscono a loro volta l’offerta elearning degli atenei, la ricostruiscono singolarmente dando una reale conoscenza di quella che l’offerta dal punto di vista didattico- formativo.
3.3 Oltre la didattica, che importanza hanno l’organizzazione, i servizi e le
competenze tecnologiche nell’offerta?
La questione didattica è certamente la centrale, ma ci sono altre questioni che non sono né eludibili né di secondo piano per definire il valore di un’offerta da parte di un ateneo.
La competenza tecnologia è un elemento indispensabile per far si che una metodologia basata sull’ICT venga utilizzata, è un prerequisito. In un percorso elearning ci sono una serie di problematiche e di conoscenze che si devono conoscere per pianificare e realizzare anche il più elementare percorso. Pensiamo, ad esempio, alle video lezioni: registrare, modificare, caricare il video, sono tutte competenze che si devono possedere per operare.
Questo porta dietro di se la questione della formazione del corpo docente, dei collaboratori e dei tutor. La disciplina è in perenne aggiornamento pertanto gli stessi che ne usufruiscono devono costantemente aggiornarsi. Rilevare come questo avvenga e se avvenga è di fondamentale importanza.
L’organizzazione interna è altrettanto un fattore chiave. Negli ultimi anni gli atenei più virtuosi hanno cercato di coordinare tutte le attività e-learning delegando il tutto a un responsabile di ateneo e a una struttura che fe da centro nevralgico di tutto il coordinamento. E’essenziale conoscere quanti e come degli atenei hanno intrapreso questo percorso, perché potrebbe sembrare non importante, ma la pianificazione è alla base di un percorso virtuoso.
Tutti questi aspetti si ripercuotono su quello che poi è l’aspetto economico. Un aspetto questo, che nelle ate rilevazioni è sembrato essere uno dei maggiori a elevata criticità. Comprendere quest’aspetto ci darà gli elementi essenziali per capire se e come il fattore economico è percepito come un elemento essenziale e se effettivamente lo sia.
3.4 Motivazioni, valutazione e criticità dell’offerta?
Questi tre aspetti anche se potrebbero sembrare slegati tra loro sono uniti da un unico filo conduttore.
L’intento è di conoscere le motivazioni che spingono gli atenei a offrire percorsi e-learning. Innanzitutto, far questo può darci ulteriori elementi per comprendere se esiste un fraintendimento sulle “buone” ragioni per le quali gli atenei investano in questa metodologia. Cerchiamo d’individuare quali secondo gli atenei siano le ragioni per le quali hanno deciso di progettare e attivare percorsi, a prescindere se le motivazioni siano condivisibili o meno. Le motivazioni possono essere legate ad aspetti didattici, organizzativi, gestionali o anche di carattere puramente d’immagine. Ci soffermeremo anche su quest’aspetto, perché visitando quasi tutti i siti delle università italiane, ci siamo accorti dello scarto che c’è tra quello che dichiarano le università e quello che fanno realmente. Parafrasando, sembra che le università pubblicizzino fortemente l’offerta, anche se poi effettivamente questa risulti molto, ma molto scadente. Sembra quasi che l’intento sia esclusivamente pubblicitario: in sostanza, le università si renderebbero conto dell’importanza di avere percorsi in modalità elearning e pubblicizzerebbero anche se effettivamente poi l’offerta non fosse all’altezza, solo al fine di attirare nuove matricole.
In questo contesto motivazionale cercheremo d’individuare anche quali sono secondo gli atenei gli indicatori di successo di un percorso e-learning. Anche quest’aspetto sarà utile a rintracciare la percezione reale che le università hanno dell’e-learning.
L’aspetto valutativo mira a individuare se all’interno degli atenei ci siano o meno strumenti in grado di valutare il grado di soddisfazione e se questa sia positiva o meno. Interessante e chiedersi se c’è una corrispondenza tra una certa offerta e la
soddisfazione degli studenti e dei docenti, al fine di comprendere quali possano essere nel caso, le azioni correttive da intraprendere.
Sul versante delle criticità c’è la necessità di comprendere quali siano quelle percepite, quali quelle reali e quali gli accorgimenti da intraprendere.
Parliamo di criticità percepite perché dalle ate rivelazioni emerge che il problema dei costi, a nostro avviso, è sovrastimato. Detto che i costi e gli investimenti da sostenere ci sono, negli ultimi anni le innovazioni tecnologiche, la possibilità di utilizzare strumentazione opensource fa si che l’incidenza non sia da potersi considerare ostativa.
Ma cercheremo anche d’individuare quali aspetti legati al personale, all’organizzazione, alla governance ministeriale, alla formazione e alla cultura siano rilevanti per un percorso e il suo successo.
Le key issue sopra esposte, sono i pilastri con i quali costruiremo la nostra ricerca.
3.5 Quali sono le motivazioni per le quali un ateneo non offre percorsi elearning?
Come già detto, una delle novità del questionario 2012 è l’aver aperto le porte anche alle università che dichiarano di non offrire percorsi e-learning. Innanzitutto, perché potrebbe darsi il caso che attualmente non lo fanno, ma potrebbero avere intenzioni di farlo in futuro o, l’hanno fatto, ma per diverse ragioni oggi non lo fanno più.
In questo conteso quello che vogliamo comprendere è proprio perché lo faranno o perché non lo fanno più.
Dovremo individuare anche qui le motivazioni e le criticità, la percezione che si ha dell’e-learning e di tutti quegli aspetti che abbiamo trattato nei capitoli precedenti per gli atenei che dichiarano di offrire percorsi e-learning.
[1] E-learning. Strategie per lo sviluppo delle competenze, Osservatorio AITech-Assinform,Apogeo srl, Milano, 2oo7 p.
Capitolo IV
Strumenti e modalità operative
1.Introduzione
In questo capitolo descriveremo lo strumento che abbiamo sviluppato al fine dell’applicazione del metodo di ricerca.
Come già preannunciato, per dare una risposta attuale e scientificamente rilevante alle nostre key issue abbiamo realizzato un questionario che è stato somministrato a tutte le 77 università pubbliche italiane.
Il questionario - il suo contenuto - è il frutto di determinate posizioni teoriche incentrate sulla sostenibilità didattica e sui criteri di qualità. Inoltre, è stato essenziale sia sul piano teorico, ma soprattutto su quello pratico, avere a riferimento il questionario realizzato nel 2006. Ovviamente, il nuovo questionario 2012 è stato pensato anche all’interno delle esperienze scientifiche maturate all’interno del dipartimento e del laboratorio del dottorato di ricerca di Torrevecchia Teatina, dove ha sede l’università telematica “L. Da Vinci”.
In questa sede descriveremo prima gli aspetti tecnici e organizzativi legati al questionario, poi ci dedicheremo alla sua struttura e al suo contenuto specifico.
2.1 Il questionario 2012
Come già detto in precedenza il nuovo questionario è la sintesi del questionario realizzato dall'osservatorio AITech 2006, della riflessione sulla sostenibilità didattica dell’e-learning e sugli indicatori di qualità e di una serie di posizioni teoriche frutto delle esperienze di tutto il dipartimento e dell’Università Telematica “L. Da Vinci”.
Il questionario è stato realizzato grazie alla collaborazione della società Ud’Anet.
Ud’net è uno spin-off tecnologico dell’Università degli studi “G. d’Annunzio”, deputato alla progettazione e fornitura di applicazioni informatiche e prodotti multimediali per il mondo dell’università, della ricerca scientifica e della pubblica amministrazione. La società avendo patrocinato il progetto ha messo a disposizione una piattaforma sulla quale è stato caricato e svolto il questionario, e ha messo a disposizione un tecnico informatico per la supervisione delle operazioni più strettamente tecniche.
2.2 La piattaforma
La piattaforma utilizzata per il questionario personalizzata per l’occasione da Ud’Anet è LimeSurvey
Conosciuto come PHP Surveyor è un applicativo distribuito con licenza GNU GPL versione 2, scritto in PHP e basato su database . Permette la realizzazione di questionari e sondaggi online, senza richiedere particolari conoscenze di programmazione.
I sondaggi creati possono includere ramificazioni, personalizzazioni grafiche grazie ad un sistema di template in HTML e forniscono varie statistiche sui risultati raccolti. Possono essere sia pubblici sia con accesso riservato tramite l'utilizzo di "one-time" (token), diverse per ogni partecipante. I risultati raccolti, a prescindere alla tipologia pubblica/privata del sondaggio possono essere anonimi o nominali.
La piattaforma è stata personalizzata aggiungendo innanzitutto i loghi degli enti e società che hanno patrocinato l’iniziativa, come possiamo vedere nell’home page di accesso riportata di seguito.
Hanno patrocinato l’iniziativa, i seguenti soggetti: Regione Abruzzo, Università Telematica “L. Da Vinci” di Torrevecchia Teatina, Università “G. D’Annunzio” di Chieti - Pescara e la società Ud’Anet s.r.l..
Prima di descrivere il contenuto del questionario, tutte le domande che sono state caricate e come queste sono state strutturate in sezioni, descriviamo brevemente come abbiamo proceduto alla somministrazione del questionario e come questo si è concluso.
2.3 La somministrazione del questionario
Il primo o è stato aprire una casella di posta elettronica dedicata “
[email protected]”. Sulla casella di posta elettronica sono stati caricati tutti gli indirizzi ai quali si è deciso di inviare l’invito a partecipare all’indagine conoscitiva.
Per diverse ragioni si è deciso d’inviare la lettera ai Responsabili dei Nucleo di Valutazione di Ateneo e ai Responsabili E-learning di Ateneo, ove questi fossero presenti.
Si è proceduto, innanzitutto, alla stesura della lettera d’invio. Mediante la lettera le 77 università pubbliche italiane sono state invitate a prendere parte al progetto. Nella lettera, anche se brevemente, sono state riportate le motivazioni dell’importanza del questionario e di come la partecipazione stessa degli atenei fosse di vitale importanza per la riuscita della ricerca stessa.
Nella lettera, a ogni università, era indicato il link di accesso alla piattaforma ed era consegnata una dedicata di accesso.
Infatti, preventivamente, si è proceduto alla creazione automatica delle . In sostanza, a ogni università è stata assegnata una specifica. Anche se il questionario è stato considerato anonimo, la possibilità di conoscere quali e come le università hanno risposto è stato un altro elemento importante della ricerca stessa. Innanzitutto ha responsabilizzato le università. Rendere il questionario completamente anonimo avrebbe certamente reso l’impegno degli atenei molto basso.
Inoltre, conoscere quali atenei hanno risposto e come hanno risposo, sicuramente fornisce delle chiavi di lettura ulteriormente utilizzabili.
Sono stati inseriti dei riferimenti al fine di are, nel caso, coloro i quali avessero avuto nella compilazione problemi. Possiamo dire che circa un 10 % degli atenei ha fatto uso del o.
Si è proceduto all’invio della lettera il 5/09/2012, la possibilità di compilare il questionario è stata stabilita nella data del 5/12/2012.
3.1 Il contenuto del questionario
Con il questionario abbiamo voluto dare risposta alle key issue che abbiamo enunciato nel precedente capitolo e che qui ricordiamo:Com’è attualmente l’offerta didattica- formativa dell’e-learning nelle università?, Oltre la didattica, che importanza hanno l’organizzazione, i servizi e le competenze tecnologiche nell’offerta?, Motivazioni, valutazione e criticità dell’offerta?, Quali sono le motivazioni per le quali un ateneo non offre percorsi e-learning?.
Per dare risposta a ognuna di queste singole key issue sono state realizzate diverse domande al fine di reperire una serie d’informazioni che potessero costruire il o scientifico alla risposta in se. Le domande, in sostanza, sono lo strumento attraverso il quale abbiamo potuto dare delle risposte che possano considerarsi scientificamente valide.
3.2 La struttura del questionario
Il questionario si apriva per tutti con una Home page, nella quale era necessario inserire la propria (Foto 1, pag). Inserita la , gli atenei accedevano a una pagina, dove erano riportate una serie d’informazioni generali circa il questionario. erano riportate anche una serie d’indicazioni circa la modalità di compilazione e veniva ulteriormente data la possibilità di avvalersi di una struttura di o per la compilazione, qualora si fossero riscontrate problematicità.
In seguito a questa pagina (Foto 3) gli atenei dovevano rispondere obbligatoriamente a una serie di domande di carattere generale,
La più importante, l’ultima, chiedeva loro se offrissero, o meno percorsi elearning. La risposta a questa domanda implicava l’accesso in una delle due macro sezioni presenti: quella per gli atenei che offrono percorsi e-learning e quelli che non offrono percorsi e-learning.
Il questionario, infatti, è stato strutturato in due macro sezioni: gli atenei che offrono e-learning e quelli che non offrono percorsi e-learning.
4.1 La macro sezione degli Atenei che offrono percorsi e-learning
In questa macro sezione abbiamo cercato di dare risposta compiuta alle prime tre key issue. Le domande complessive sono 32, divise in ben 7 sezioni specifiche. Le elenchiamo: Fattori di qualità: qualità didattico - formativa del prodotto processo ( 13 domande); Fattoti di qualità: qualità tecnica (3 domande); Fattori di qualità: qualità dei servizi (5 domande); Motivazioni (2 domande); Valutazione (3 domande); Criticità (3 domande); Costi ( 3 domande).
La prima sezione, quella didattico - formativa racchiude quelle domande che sono alla base della risposta della prima key issue, “Com’è attualmente l’offerta didattica- formativa dell’e-learning nelle università?”. La seconda, la terza e l’ultima, qualità tecnica, organizzazione e costi, racchiude quelle domande che sono alla base della risposta della seconda key issue, “Oltre la didattica, che importanza hanno l’organizzazione, i servizi e le competenze tecnologiche nell’offerta?”. Le restanti sezioni racchiudono quelle domande che sono alla base della risposta alla key issue, “Motivazioni, valutazione e criticità dell’offerta?”.
Di seguito affrontiamo singolarmente ogni sezione, ogni singola domanda, rintracciando le motivazioni per le quali è stata posta.
In appendice, alleghiamo il questionario nella sua completezza.
4.2 Prima sezione. La qualità didattica – formativa del prodotto/processo
La prima domanda di questa sezione “Qual è l’assetto organizzativo/decisionale
nel settore e-learning?” mirava a fotografare il tipo di organizzazione dell’ateneo. L’organizzazione in questo contesto è nella maggior parte dei casi un indicatore della stessa qualità didattica. Organizzarsi in un certo modo e non in un altro implica, ad esempio, la condivisione di risorse e saperi che possono favorire o meno l’efficacia del percorso didattico.
La seconda domanda “Sul totale di insegnamenti offerti dall’Ateneo, che percentuale viene elargita anche nella modalità e-learning?”. Comprendere in che percentuale gli atenei offrano percorsi e-learning significa individuare l’effettivo impegno quantitativo dell’ateneo nei confronti della disciplina e non solo il suo dichiarare di offrirne. Anche in questo caso, tanto più all’interno degli atenei è diffusa questa modalità didattica, tanto più probabilmente l’efficienza è maggiore.
La domanda che segue, la terza, “I vostri corsi e-learning si rivolgono” mirava a individuare a quali soggetti gli atenei rivolgano la loro attenzione. Ad esempio, chiedere loro se l’offerta fosse rivolta a “personale aziendale” oltre che agli studenti, aveva come obiettivo quello di comprendere se gli atenei nell’investire in e-learning individuassero in esso una strumento aggiuntivo per reperire risorse economiche, ma anche il ruolo dell’università nella formazione continua.
La quarta domanda, “Quali sono le aree disciplinari affrontate dai vostri corsi elearning”, ha l’obiettivo di comprendere se la metodologia e-learning sia legata a determinate aree disciplinari e se tra questi due elementi ci siano delle motivazioni ben precise. In sostanza, si vuole comprendere se determinate discipline o determinate aree disciplinari utilizzano la metodologia e quali sono le ragioni.
“Negli ultimi tre anni gli insegnamenti in modalità e-learning sono aumentati. In che percentuale?”. La quinta domanda, cerca di comprendere se quantitativamente le università si sono impegnate a elargire percorsi e-learning. Ovviamente, un aumento significherebbe probabilmente anche un miglioramento
complessivo dell’offerta in termini qualitativi.
La domanda successiva, mirava a comprendere se dal versante della domanda, ossia gli studenti, l’elearning avesse riscontrato successo. Riscontrare successo da parte degli studenti è sicuramente un indicatore di qualità dell’offerta nel suo complesso.
La settima domanda è di grande importanza per la nostra ricerca, rappresenta la sintesi di gran parte del secondo capitolo del presente lavoro. Chiedendo “ Sul totale di insegnamenti elargiti in modalità e-learning, in che percentuale lo sono relativamente al modello “Costruzione collaborativa della Conoscenza?”si è voluto comprendere fino in fondo quante delle università, tra le quali ritengono di offrire percorsi e-learning, effettivamente elargiscano corsi basata su modello didattico che noi effettivamente riteniamo di qualità. Da questa domanda desumeremo effettivamente che tipo di e-learning gli atenei offrono.
Per comprendere ulteriormente se la concezione dell’e-learing sia effettivamente presente negli atenei e nel personale che ne gestisce le attività, abbiamo formulato la domanda successiva, “La restante parte degli insegnamenti in che modalità viene erogata?”. Dando agli atenei, la possibilità di evidenziare come loro ritenessero di offrire e-learning allargando la definizione alla “video conferenza” e al “o ICT alla didattica” avremo il modo di comprendere come effettivamente gli atenei percepiscono l’e-learning e in che modalità maggiormente la usano.
La successiva domanda, la nona, “Adottate queste strategie didattiche negli insegnamenti erogati in e-learning?” mirava a comprendere nel dettaglio che tipo di strategia effettivamente gli atenei perseguono e in che quantità. Ad esempio, tra le possibili risposte sono state messe due strategie agli antipodi: il problem solving e le video lezioni. Le risposte ci aiuteranno a comprendere sia il tipo di e-learning elargito, ma anche la percezione del significato stesso di e-learning da parte degli atenei.
iamo alla successiva domanda, l’unica domande aperta, nella quale abbiamo ulterirormente cercato di comprendere come gli atenei pensino l’e-learning e se abbiano consapevolezza del significato di “sostenibilità didattica”. Chiedendo “ Può dirci cosa intende per sostenibilità dell’e-learning?” abbiamo voluto predisporre una domanda che chiaramente ci desse la reale consapevolezza, da parte delgli atenei, del significato di sostenibilità didattica. Senza una reale conoscenza di questo concetto, a nostro avviso, difficilmente è possibile pianificare ed offrire un percorso sostenibile e di qualità, come da noi inteso.
L’undicesima domanda, “Sono disponibili prove di autoverifica basate sulla costante attività delle conoscenze via via acquisite dal discendente?”è stata formulata per disporre di ulteriori dati a o della tesi secondo la quale all'interno degli atenei l'e-learning venga attualmente utilizzato più come uno strumento di o che come una disciplina capace di essere autonoma.
La successiva domanda cerca di comprendere ulteriormente quale sia il ruolo dei docenti e la loro partecipazione ad iniziative e-learning, “I docenti o tutor partecipano alle attività didattiche non puramente istituzionali: blog, social media, forum, ecc” La partecipazione ad attività non istituzionali indicherebbe la volontà da parte dei docenti ad impegnarsi anche se l'ateneo al momento non avesse attive politiche in tal senso. In sostanza, questa domanda ha il fine di capire se nell'animo della classe docente c'è la volontà a priori ad impegnarsi in percorsi e progetti e-learning.
L’ultima domanda di questa prima sezione si pone la questione se “Viene favorita una politica sugli ebook?”. Abbiamo cercato di comportamento degli atenei relativamente a quella che riteniamo una ineludibilità futura.
4.2 Seconda, terza e ultima sezione. Qualità tecnica, organizzativa e aspetti economici
In queste sezioni l'intento è stato quello di fotografare dal punto di vista tecnico e organizzativo il comportamento degli atenei.
La prima domanda “La vostra piattaforma è?” mira a conoscere le modalità attraverso le quali gli atenei offrano i percorsi e-learning, nello specifico la domanda aveva l’obiettivo di conoscere se la piattaforma fosse realizzata direttamente dallo stesso ateneo o fosse reperita attraverso modalità diverse. Sicuramente, tanto più la piattaforma è di proprietà dell’ateneo, tanto più probabilmente l’impegno è consistente. E’ pacifico ritenere che impegno e qualità vadano di pari o.
Ovviamente, sapere se “c’è una pianificazione generale che prevede degli standard minimi tecnici” significa conoscere se c’è una pianificazione generale che è attenta alla qualità nello specifico tema. Infatti, garantire degli standard minimi tecnici equivale a dire che a livello centrale una pianificazione c'è, oltre ad affermare che l'ateneo s’impegna a realizzare un certo grado di uniformità e qualità.
Con la successiva domanda “C’è attenzione verso la qualità didattica ed estetica dei materiali multimediali?”si è voluto testare il grado di attenzione rivolto al visual designer. L'aspetto estetico di un percorso e-learning non è un fatto marginale, ma anch’esso è essenziale. Innanzitutto, è l'indicatore di un’attenzione verso tutto il processo, inoltre, è stato dimostrato che la gradevolezza estetica aumenta l'apprendimento.
Sulla qualità dei servizi e dell’organizzazione abbiamo chiesto quali siano “Le risorse umane attive nei progetti e-learning”. La domanda mira a comprendere la partecipazione dei docenti e del personale non docente alle attività e-learning. La successiva domanda “C’è una pianificazione centralizzata verso, degli standard comuni” torna sul tema dell’organizzazione e della pianificazione. Si vuole
comprendere se le iniziative siano predisposte da un centro direzionale di ateneo, com’è auspicabile, o le iniziative nascano dalla buona volontà dei singoli, delle facoltà o dipartimenti.
Un elemento nevralgico affinché un percorso e-learning possa prendere avvio e possa durare nel tempo è una costante formazione di chi realizza e gestisce l’offerta. Per questo motivo abbiamo chiesto se “Viene erogato un o ai docenti/formatori”. La formazione è un elemento strategico ed essenziale affinché si possano ottenere risultati positivi. Inoltre, molti docenti necessitano di un o, soprattutto tecnico, senza il quale non riuscirebbero a gestire i percorsi.
Ovviamente, non essendo solo i docenti a impegnarsi nei percorsi, ma spesso e volentieri parte della gestione ordinaria è demandata a dei tutor, abbiamo chiesto se “Viene erogato un o allo staff di tutoring”. In ambito universitario questa pratica sarebbe molto sconsigliabile, ma in questo lavoro abbiamo voluto vedere se ciò avvenga.
Per comprendere se nella formazione o o dato ai docenti fossero stati predisposti veri e propri corsi dedicati esclusivamente all’uso didattico delle I.C.T abbiamo chiesto “I docenti coinvolti nell’attività e-learning hanno seguito qualche tipo di percorso formativo dell’uso didattico delle I.C.T?”. Questa domanda c’è utile per due motivi. Innanzitutto, ci dice che grado di o formativo gli atenei predispongono. In secondo, se nella logica di ateneo c’è la volontà di rendere autonomi i docenti nell’espletamento della realizzazione e gestione dei percorsi e-learning.
Analizziamo ora una sezione del questionario particolarmente delicata, quella relativa ai costi e gli investimenti.
Abbiamo chiesto se “Sono previsti investimenti per l’e-learning in futuro” con l’intento di capire se nei piani degli atenei ci fosse la volontà di investire in questa metodologia e quindi comprendere se queste ritengano strategica la modalità didattica.
Altre due domande sono state poste circa la questione dei costi. La prima “ Da dove arrivano le risorse finanziarie”
mira a comprendere se gli atenei all’infuori dei fondi statali riescano a reperire ulteriori risorse. Questo indicatore può esserci utile a comprendere se gli atenei concepiscano questa metodologia anche come una opportunità di business sopratutto nel versante della formazione continua.
A conclusione del questionario abbiamo chiesto agli atenei
se “Sono essenziali le risorse economiche per avviare un processo che favorisca l’offerta e-learning nelle università?”. Come avremo modo di vedere da questa domanda abbiamo voluto capire se gli atenei ritengano le risorse economiche un elemento ostativo a qualsaisi tipo di progetto e-learning.
4.3 Le sezioni restanti. Motivazioni, valutazione e criticità
I tre aspetti, anche se non potrebbe sembrare, in questo contesto sono strettamente collegati. Comprendere le motivazioni per le quali un ateneo impegni le proprie risorse e il proprio tempo equivale a capire quali sono gli aspetti principali per i quali la metodologia è considerata degna d’interesse e utilizzo. Vuol dire anche comprendere quale sia la percezione sulla disciplina a prescindere se questa percezione sia corretta o meno.
La valutazione, infatti, mira anch’essa a reperire informazioni circa la soddisfazione dei risultati, da parte dei docenti e degli studenti. Quest’aspetto è essenziale innanzitutto per sapere se esistano o meno strumenti del genere all’interno degli atenei e in secondo luogo per fotografare il grado di soddisfazione stesso.
Conseguentemente l’aspetto delle criticità mira a individuare quali siano gli aspetti ritenuti dagli atenei ostativi per l’avvio e la gestione dei percorsi elearning.
La prima domanda “Perché utilizzate l’e-learning” nella quale abbiamo proposto diverse opzioni che vanno dalla riduzione dei costi al miglioramento dell’apprendimento oltre che a reperire un dato su quale sia la reale idea che hanno dell’e-learning gli atenei ci dà la possibilità comprendere se la percezione degli aspetti positivi dell’e-learning siano principalmente legati agli aspetti didattici o meno.
La domanda che segue “Quali sono gli indicatori di successo di un percorso elearning?” entra più nello specifico e cerca di comprendere quali siano gli aspetti, e modi di vedere degli atenei, che più incidono sulla qualità di un percorso.
Abbiamo cercato di misurare con una domanda “Siete soddisfatti dei risultati ottenuti dai progetti e-learning” il grado di soddisfazione degli atenei stessi.
Ovviamente, per comprendere il grado di soddisfazione è essenziale monitorare, pertanto abbiamo chiesto “Viene monitorata la soddisfazione degli studenti dei corsi e-learning?”. Nello specifico è stato chiesto “Qual è il grado di
soddisfazione della vostra utenza di corsi online?”.
Entrare in queste domande specifiche ci permette di comprendere se il grado di soddisfazione si basa su degli elementi scientifici o su delle singole e personali supposizioni.
Le criticità sicuramente sono un aspetto prioritario del presente lavoro. Innanzitutto, lo vedremo nel paragrafo successivo e dai risultati che emergeranno, sarà essenziale compararli con quelle percepite dagli atenei che non offrono percorsi e-learning. Questa comparazione sarà utile per diversi aspetti. In questa fase ci limitiamo a dire che queste sezioni cercano di far emergere quali siano le reali difficoltà incontrate, anche in vista di possibili soluzioni che potrebbero essere adottate a risoluzione. La prima domanda, infatti, mira esplicitamente a individuare “Quali sono le difficoltà riscontrate nello sviluppo dei progetti e-learning?. Abbiamo elencato la stragrande maggioranza delle possibili criticità e abbiamo dato la possibilità agli atenei di definire per ognuna di queste il grado di difficoltà riscontrato.
Sulla scorta delle esperienze maturate all’interno del percorso del dottorato, abbiamo visto come i fattori incentivanti possono essere un elemento di criticità molto rilevante. Infatti, molti docenti e studenti non intraprendono questi percorsi perché vedono in questi un aggravio del lavoro o nel caso degli studenti un lavoro che non viene riconosciuto dagli stessi docenti. A questo proposito abbiamo chiesto se “Vengono incentivati gli studenti a frequentare corsi elearning?” e se “Vengono incentivati i docenti ad offrire corsi e-learning?”.
4.4 Le università che non offrono percorsi eLearning
Il presente questionario è stato strutturato in modo tale da poter offrire la possibilità anche agli atenei che non offrono percorsi e-learning di rispondere ad
alcune domande che certamente saranno utili per la comprensione di molte questioni attualmente in sospeso. Infatti, nel precedente questionario 2006 quest’opzione non era prevista tralasciando così una serie di aspetti essenziali. Un lavoro che voglia trovare anche delle possibili soluzioni alla scarsa applicazione di questa metodologia didattica in ambiente universitario, non può non porre la sua attenzione anche a quest’aspetto.
Innanzitutto, abbiamo ritenuto essenziale chiedere agli atenei se “In ato sono stati offerti percorsi e-learning?”. Potrebbe esser successo che in ato gli atenei abbiano tentato di progettare e realizzare questa metodologia, ma per una serie di ragioni abbiano successivamente abbandonato. Verificare questa possibilità ci permette di comprendere se a priori o a posteriori la metodologia non sia stata utilizzata. La seconda domanda, “Avete in programma di offrire percorsi e-learning?”, mira a comprendere se anche le università che non offrono percorsi e-learning ne comprendano la valenza e allo stesso tempo pensino che prima o poi investiranno in questa metodologia didattica. Anche in questo caso si vuole comprendere se nei confronti della disciplina ci sia una resistenza a prescindere o se ci siano delle motivazioni che ne precludano l’utilizzo.
Nella domanda successiva, abbiamo cercato di comprendere se il non offrire percorsi e-learning coincidesse con quella posizione che ritiene questa metodologia didattica non efficacie, nello specifico abbiamo chiesto “ Ritiene l’e-learning” una metodologia utile o poco utile? Ponendo questa domanda reperiremo un dato essenziale, ossia, capiremo se gli atenei che non offrono percorsi e-learning lo fanno perché non credono nella disciplina come strumento didattico o meno.
A questo punto, sorge spontaneo chiedersi, ma perché anche se l'e-learning è percepito come una metodologia didattica utile non è utilizzato. Segue l’ultima domanda “Per quali motivi non offrite percorsi didattici in modalità e-learning?”.
Sarà utile comparare i risultati di questa domanda con quelli ottenuti sulle
criticità espresse dagli atenei che offrono percorsi e-learning perché questo ci aiuterà a comprendere quali siano in assoluto le problematicità che gli atenei ritengono predominanti nella progettazione, gestione e offerta dei percorsi elearning.
Capitolo V
Analisi dei risultati: gli atenei che offrono percorsi
1.Introduzione
Scopo del presente capitolo e dei prossimi che seguono è esporre i risultati del questionario.
La trattazione è suddivisa per singoli capitoli, ognuno dei quali cerca di rispondere compiutamente a ognuna delle key issue alle quali abbiamo cercato di dare risposta.
Prima di are all’analisi dei risultati della prima sezione è opportuno riportare una serie di dati e informazioni di carattere generale.
Innanzitutto, vista la numerosa partecipazione al questionario, il campione intervistato risulta essere rappresentativo in tutte le sue caratteristiche.
Al questionario 2012, somministrato alle 77 università pubbliche italiane, hanno risposto ben 49 atenei, circa il 64%,.
Nel 2012 il 40% delle università (19 atenei) ha dichiarato di offrire percorsi formativi e-learning, mentre le restanti, il 60% (30 atenei), non ne offrono. Nel 2006 il 92% (27 atenei) ha affermato di offrire percorsi e-learning. Per confrontare questi dati circa l’offerta di percorsi e-learning si deve far riferimento ai numeri assoluti e non alle percentuali. La motivazione sta nel fatto che nel 2006 hanno risposto solo le università che offrivano percorsi, mentre nel 2012 hanno partecipato anche le università che non offrono percorsi e-learning. Infatti, anche alla luce dei dati che si avrà modo di conoscere di seguito,si assiste a un abbandono da parte degli atenei dei percorsi e-learning, la diminuzione in termini assoluti è di 8 unità.
In questa fase non è possibile comprendere che tipo di e-learning gli atenei ritenevano e ritengono di offrire, ma si può solo dire che a loro modo di vedere le cose sono più o meno impegnate (o lo erano) a offrire percorsi e-learning.
2.1 Key issue: Com’è attualmente l’offerta didattica- formativa dell’elearning nelle università?
Come già evidenziato nella tab.2 le università che hanno dichiarato di offrire percorsi e-learning sono 19. Per definire la percentuale delle università che in Italia offrono percorsi e-learning potremmo pacificamente affermare che attualmente è il 24,67%.
Un primo problema che ci siamo posti nel nostro lavoro è di comprendere come le università percepiscano l’e-learning e come, a nostro avviso, molte volte ne fraintendano il significato. L’errore, come detto nel capitolo II, è declinare l’elearning a mere attività di ICT. Questo fa si che in certi casi chi pensa all’elearning riduca la metodologia a un mero strumento e non a una disciplina e metodologia didattica innovativa e performante.
La sezione si apre con una domanda che mira a comprendere l’assetto organizzativo decisionale, gli atenei hanno così risposto:
Il dato che subito salta agli occhi è il 60% che non risponde. Proprio a questo punto è necessario un chiarimento sui grafici che dovrà essere preso a riferimento per tutto il resto del capitolo.
Vedremo in seguito come all’incirca la percentuale delle “non risposte” si attesta quasi sempre sul 70%. Questo significa che tra le 19 università che hanno dichiarato di offrire percorsi e-learning 5 hanno avuto grandissime difficoltà a reperire i dati. Nel seguito del questionario riporteremo sempre la percentuale delle “non risposte”. Pertanto, anche se una percentuale può sembrare bassa dovrà essere letta in considerazione di quanto stiamo dicendo.
Tornando alla domanda, infatti, la questione che ci è saltata agli occhi è la difficoltà degli atenei di disporre di dati certi.
Queso dato evidenzia come la gestione dei progetti e-learning, nella stragrande maggioranza dei casi, sia lasciata ad iniziative individuali di facoltà o dipartimento a discapito di una seria programmazione di ateneo. Il dato evidenzia altresì come ci sia una scarsa capacità informativa interna agli atenei stessi. Infatti, solo il 12% dichiara di possedere un Centro di ateneo per la progettazione e solo l’8% una struttura amministrativa dedicata. Altro dato sconcertante è il 2% degli atenei che dichiara di possedere una Struttura di ricerca per nuovi modelli diadttici. Questo dato evidenzia come oltre a mancare una capacità organizzativa condivisa a livello di ateneo, manchi anche la volonta di condividere risorse orientate all’ottimizzazione della ricerca.
I dati (tab.8) dimostrano come ci sia una scarsa attenzione a livello centrale di ateneo e nella maggior parte dei casi le buone pratiche sono demandate alla volontà individuale.
E’ chairo leggendo i dati che c’è una scarsa capacità a realizzare alte performance. Infatti, solo il 2% dichiara di attestarsi su di una percentuale che va oltre il 70%. Solo il 15% si attesta tra il 30-50% e l’8% dichiara di attestarsi tra lo 0-30%. Questi dati dimostrano come le iniziative sporadiche e non concentrate all’interno di una logica centrale di ateneo non permettano all’elearning di raggiungere buoni risultati in termini quantitativi.
Dai dati della tab. 9 emerge indiscutibilemente che gli ateni divolgono i loro corsi principalmente agli studenti universitari e agli studenti postuniversitari.
Dai dati è desumibile come il massimo sforzo sia desinato alla formazione universitaria e a quella post universitaria.Il grafico (tab. 10) evidenzia come le aree informatiche non hanno una preminenza su quelle umanistiche, come era invece nel 2006. Da notare il buon valore nell’area medica che è la seconda novità in confronto al questionario del 2006, per il resto l’andamento è rimasto costante.
La tab. 11, innanzitutto, evidenzia la solita difficoltà di reperire i dati.
Inoltre, è possibile affermare come nella maggior parte dei casi la percentuale sia rimasta costante. Questo molto probabilmente perché dopo gli entusiasmi dell’inizio, l’impegno verso questa metodologia ha avuto e ha difficoltà a permeare tutti i corsi. Inoltre, anche in questo caso si evidenzia la mancanza di una pianificazione a livello centrale di ateneo.
I dati della tab. 12 dimostrano che da parte degli studenti c’è sempre più consapevolezza che l’e-learning possa essere funzionale alla loro carriera didattica e viene meno quella diffidenza che negli anni ati aveva probabilmente frenato l’utilizzo da parte loro. Infatti, non c’è stato nessun ateneo, tra quelli che hanno risposto a questa domanda, che non ha affermato che il numero di studenti non sia aumentato.
Con la tab.13 si può comprendere fino in fondo quante delle università, tra le quali ritengono di offrire percorsi e-learning, effettivamente elargiscano corsi basati sul modello didattico “Costruzione collaborativa della Conoscenza”. Come abbiamo avuto modo di dire nel secondo capitolo, quest’approccio metodologico è quello che dovrebbe essere l’indicatore di un e-learning di qualità da un altro che non lo è. I dati che seguono mostrano come molti atenei fraintendano ancora il significato vero dell’e-learning.
Come si può notare, sono pochissimi gli atenei che dichiarano di erogare corsi elearning con un approccio “Costruzione collaborativa della Conoscenza”. Il dato delle risposte non date, presumibilmente, oltre a dimostrare la mancanza d’informazioni disponibili a livello centrale di ateneo, nasce sicuramente da una incapacità di comprendere a pieno cosa sia l’e-learing anche da chi dovrebbe gestirne le sorti.
Le tabelle 14 e 15 ci mostrano come venga elargita la restante parte degli insegnamenti.
Sul versante della video conferenza è possibile affermare che l’utilizzo di questa metodologia, non rientri nell’offerta degli atenei se non in casi eccezzionali.
Vediamo, mentre, come con i dati relativi al grafico (tab.15) sia possibile ricostruire meglio cosa negli ateni considerino principalemte e-learning. Infatti, molti atenei , il 15%, dichiara di offrire percorsi e-learning come o ICT alla didattica. Questo dato fa emergere quello che noi avevamo precedentemente preventivato, ossia, che l’e-learning è ancora concepito come uno strumento di o e non come una metodologia didattica a se.
Per entrare nello specifico, per comprendere ancora meglio quale sia lo stato e la consapevolezza dell’e-learning negli atenei è necessario rivolgere l’attenzione alle risposte date alla seguente domanda “Adottate queste strategie didattiche negli insegnamenti erogati in e-learning?”. I risultati ci chiarismo facilemte il quadro della situazione.
Il problem solving (tab. 16) è una strategia scarsamente utilizzata, cosa che era abbastanza presumibile vista la necessità di una pianificazione adeguata dei corsi così concepiti.
Le esercitazioni (tab. 17) sono molto adoperate dagli atenei. Le motivazioni sono rintracciabili nella facilità di predisporre questi strumenti e dalla scarsità delle risorse necessarie a realizzarli. Le esercitazioni, nella maggior parte dei casi, sono dei test a risposta multipla caricati sulla piattaforma online di ateneo o del docente.
Le simulazioni (tab. 18) sono una strategia scarsamente utilizzata. Questo desumibilmente è dovuto all’alto costo per realizzare i software.
Questi dati (tab. 19) mostrano ancora una volta come le modalità e-learning di erogazione siano ancora legate ad un approccio esclusivamente di o. Le lezioni e il materiale didattico vengono proposte attraverso l’ausilio dell’ICT
I forum (tab. 20) potrebbero sembrare strategie didattiche all’avanguardia, ma spesso non lo sono. Tutto dipende dal ruolo e dal coinvolgimento dei docenti/tutor. In questo caso gli atenei dichiarano di fare un buon uso dei questa strategia, ma non conosciamo la modalità specifica dei forum disponibili.
I dati (tab. 21) mostrano come le università siano impegnate ad adoperare strategie che facciano uso di aule virtuali. Anche in questo caso, non aver specificato cosa intendessimo nello specifico e difficile interpretare cosa possa includersi in “aula virtuale”.
Le video lezioni (tab. 22) sembrano essere una strategia didattica abbastanza utilizzata dagli atenei. Viene soprattutto percepita come una strategia facilmente realizzabile e utilizzabile. Infatti, nella maggior parte dei casi per i docenti questo è il modo più facile di interpretare l’e-learning. Registrare una lezione ad hoc e caricarla sulla piattaforma di ateneo, assieme a dei contenuti, sembra essere proprio la modalità di erogazione più condivisa.
Le audio lezioni (tab.23) vengono meno utilizzate che le video lezioni perché probabilmente registrare un video resta più facile che un audio. Inoltre, le università ritengono che i video siano più “cool” che gli audio e siano più apprezzati dagli studenti. Le audio lezioni solitamente vengono montate a o di slides.
Era molto prevedibile (tab. 24) che le strategie didattiche che utilizzassero applicazioni su dispositivi mobili registrassero dei dati molto bassi. Solo qualche ateneo attualmente sta sperimentando degli applicativi mobili per l’erogazione di corsi. Siamo certi però che nel futuro questa strategia rivestirà un ruolo fondamentale nella formazione universitaria e non solo.
Anche la tab. 25 mostra come una “novità” tecnologica come i social network non venga ancora utilizzata adeguatamente dagli atenei. Anche relativamente a questi siamo certi che in futuro rivestiranno una grande importanza nella formazione.
Attualmente il dato ci dice come non si sia compreso che i social network possano essere una grande possibilità per la “Creazione di conoscenza” ma siano visti in ambito accademico esclusivamente come strumento di svago.
Alcune università, come la nostra, sta cercando di utilizzare questri strumenti quantomeno per la comunicazione istituzionale ed informativa verso gli studenti.
I dati fanno emergere come anche i blog istituzionali (tab. 26) non sono attualmente utilizzati per l’egorazione didattica. Gli stessi docenti non riescono in molti casi ad andare oltre la loro pagina informativa fornita dagli atenei.
Le risposte all’unica domanda aperta del questionario “Può dirci cosa intende per sostenibilità dell’e-learning?”, per la nostra ricerca, sono di prioritaria importanza e valenza.
Solo 9 atenei hanno risposto a questa domanda. Analizziamo in ordine le singole risposte.
1. “Quantità di risorse richieste”
Questa risposta indica come l’attenzione sia rivolta erroneamente alle risorse, si pensa probabilmente a quelle economiche.
2. “Il fatto che le attività in e-learning siano in grado di auto-sostenersi dal punto di vista economico”
La seconda risposta sottolinea e dimostra come la tesi secondo la quale la sostenibilità dell’e-learning sia molte volte fraintesa con la capacità economica di auto sostenersi, sia corretta.
3. “La sostenibilità è intesa come un valore aggiunto dell'E-learning in modo che offra qualcosa in più rispetto a un corso tradizionale. Un sistema ELearning sostenibile dal punto di vista didattico-formativo-pedagogico deve offrire un apprendimento collaborativo, costruttivista e mutuato. Tale sistema è determinato dalla flessibilità di utilizzo e dalla ripetibilità del percorso formativo”
Questa risposta centra quasi completamente la nostra definizione di sostenibilità data nel capitolo 2 del presente lavoro.
4. “Adeguato rapporto costi-benefici”
Anche in questo caso la sostenibilità è vista da un’angolatura strettamente economica e non didattica.
5. “Ci sono diversi significati di "Sostenibilità dell'eLearning": 1) che i messi a disposizione dell'Ateneo in termini di costi siano coperti con le tasse studentesche; 2) che gli studenti che frequentano questa modalità didattica possano seguire con profitto le lezioni e avere una curva dell'apprendimento adeguata; 3) che gli attori che partecipano (docenti, tecnici, tutor, studenti) mettano in moto un circuito virtuoso dell'apprendimento”
In questa risposta anche se l’aspetto economico è sempre presente, tra le cose si ritiene che l’e-learning debba produrre un “apprendimento adeguato”. In sostanza, si percepisce quale debba essere la funzione e l’obiettivo prioritario della sostenibilità di un percorso e-learning.
6. “sostenibilità dell'elearning = assicurare le condizioni minime e indispensabili necessarie per un eL di qualità applicato al contesto universitario. Un eL: efficace da un punto di vista didattico e metodologico (con processi d’insegnamento/apprendimento di qualità) con un’adeguata infrastruttura tecnologica, in grado di adattarsi alle esigenze sia del contesto sia della singola utenza. Dunque creazione delle condizioni organizzative (adattamento e potenziamento di strutture e processi) per una reale integrabilità delle metodologie didattiche tradizionali con quelle dell'eL”
Sicuramente questa risposta ci lascia intendere che una certa comprensione di cosa sia la sostenibilità ci sia.
7. “Sostenibile dal punto di vista tecnologico: la piattaforma utilizzata è stata costruita ad hoc perché i corsi erogati non necessitano dell'utilizzo di tecnologie complesse (vedi sopra). I materiali didattici sono predisposti secondo standard qualitativi e quantitativi adeguati alla fruizione a distanza (grande modularità e granularità). Le attività sono interattive e basate sulla collaborazione tra pari con l'ausilio della presenza costante dei tutor. In questa maniera si ovvia alla dispersione delle energie e della motivazione dei corsisti.”
Si parla di qualità, ma sembra che non se ne abbia una piena consapevolezza, quantomeno per quello che noi riteniamo come tale. C’è però la consapevolezza che l’interattività e la didattica collaborativa siano alla base di un’offerta di qualità.
8. “Possibilità di produrre contenuti, anche multimediali, a o della didattica a costi sostenuti, pur mantenendo una discreta qualità del prodotto finale (modelli low cost su aspetti gestionali e organizzativi, in particolare e ad esempio produzione di videolezioni senza post produzione, composizione di moduli didattici riaggregabili nei vari corsi, integrazione d’infrastrutture, per esempio single sign on, anagrafiche condivise e integrate con i sistemi informativi per la didattica)”
Si torna anche su questa domanda a interpretare la sostenibilità come carattere economico.
9. “Efficienza dei processi in cui si articola l'erogazione dei corsi online (web-
enhanced, blended, totally online), es. hosting, help tecnico, help organizzativo, tutoraggio di materia Efficienza del processo di produzione dei materiali didattici (facilità di aggiornamento, eliminazione dei aggi intermedi non necessari tra la creazione del contenuto di partenza e la sua erogazione agli utenti finali)”
Nell’ultima risposta si parla di efficienza ma non si comprende come questa debba essere interpretata. In sostanza, nelle nove risposte emerge che nella maggior parte dei casi il concetto di sostenibilità sia frainteso ponendo l'accento esclusivamente sul versante economico e non su quello che dovrebbe essere il concetto intrinseco di sostenibilità, di cui abbiamo parlato nel secondo capitolo del presente lavoro.
ando oltre, dai dati di cui alla tabella 27 è possibile notare come l'autoverifica sia una forma molto praticata dagli atenei. Il dato dimostra ancora una volta come l'e-learning è purtroppo ancora utilizzato come un o alla didattica.
I dati che seguono (tab. 28) lasciano capire come da parte dei docenti ci sia la volontà quantomeno di adoperare strumenti quali blog, social media e forum. Ovviamente, se dovessimo affermare che queste strategia didattiche possano essere considerate o riconosciute come e-learning di qualità certamente non potremmo farlo, ma possiamo dire che l'intento della domanda è di verificare la disponibilità dei docenti ad adoperare i nuovi strumenti tecnologici al servizio dei loro corsi.
L'ultima domanda della prima sezione ha voluto verificare come gli atenei si relazionano con gli ebook
I dati che seguono dimostrano come gli atenei non si siano ancora attivati adeguatamente verso l'utilizzo e la creazione di ebook. Le ragioni probabilmente sono legate ai tanti problemi che il diritto di autore in questo campo sta attualmente affrontando e delle implicazioni economiche che ne derivano.
Capitolo VI
Analisi dei risultati: organizzazione, servizi e costi
1.1 Key issue: Oltre la didattica, che importanza hanno l’organizzazione, i servizi e i costi?
In questa sezione l'intento è stato quello di fotografare dal punto di vista tecnico e organizzativo il comportamento degli atenei.
La prima questione è stata comprendere il ruolo della piattaforma utilizzata.
Dai dati emerge continuità con il 2006. Infatti, la maggior parte degli atenei dichiara di utilizzare piattaforme opensource.
La pianificazione può essere consideranta anch'essa un ulteriore elemento tecnico e organizzativo che può incidere sull’efficacia e sull'efficienza.
Infatti, garantire degli standard minimi tecnici equivale a dire che a livello centrale una pianificazione c'è, oltre che ad affermare che l'ateneo s’impegna a realizzare un certo grado di uniformità e qualità. I dati (tab. 30) ci dicono che gli atenei dichiarano di pianificare a livello centrale. Altre domande hanno però indicato come questa pianificazione manchi. In sostanza, gli atenei virtuosi si coordinano, chi lo è meno no. Pertanto possiamo ritenere la capacità di coordinamento un indicatore importante di qualità.
Con la successiva domanda si è voluto testare il grado di attenzione rivolto al visual designer.
L'aspetto estetico di un percorso e-learning non è un fatto marginale, ma anch’esso è essenziale. Innanzitutto, è l'indicatore di un’attenzione verso tutto il processo, inoltre, è stato dimostrato che la gradevolezza estetica aumenta l'apprendimento.
In questo caso (tab. 31) sembra che gli atenei dimostrino una buona attenzione verso quest’aspetto, ovviamente sempre per gli atenei virtuosi.
1.2 La qualità dei servizi
Potrebbe sembrare strano a qualcuno che si parli di qualita si servizi e ci si riferisca non agli studenti ma agli stessi docenti. Il fatto è che un percorso elearning per esprimersi in modo tale da essere costantemente di qualità necessita di Know-how costantemente aggiornato. Il ruolo dell'ateneo è quello di pianificare questi aggiornamenti e mettere a disposizione nella realizzazione e gestione dei progetti tutte quelle figure necessarie al suo espletamento. In molti casi si assiste alla realizzazione dei progetti senza che le figure necessarie ne prendano parte, con il risultato che aspetti ritenuti superficiali, tralasciati, incidono inevitabilmente sulla valenza dell'offerta formativa nel suo totale. Pertanto, il ruolo dei docenti, la loro formazione e il loro aggiornamento è di primaria importanza.
Con la tab. 32 abbiamo cercato di fotografare le figure professionali coinvolte nei progetti e-learning.
Sottolineiamo che per "Personale non docente" abbiamo inteso i tutor, ossia, tutti gli individui non titolari di una cattedra/insegnamento ma che sotto le dipendenze del docente svolgono principalmente una funzione didattica. Per "Collaboratori" intendiamo sopratutto il personale tecnico/informatico.
Dai dati (tab. 32) emerge che i maggiormente coinvolti sono i docenti, seguono il personale non docente e i collaboratori, in ultimo gli studenti. Tutto sommato una distribuzione prevedibile.
Questa domanda della tab. 33 ha l'intento di comprendere ulteriormente in che modo sia gestita l'organizzazione interna. La domanda, già desumibile in altre domande precedentemente somministrate, vuole certificare con esattezza la capacità degli atenei di gestire le politiche e-learning in maniera uniforme e centralizzata.
I dati (tab. 33) mostrano come la maggior parte degli atenei che dichiara di offrire percorsi e-learning dispone di una organizzazione centralizzata, sottolineiamo di nuovo che in questo contesto sono sempre gli atenei virtuosi.
Un elemento altrettanto importante è il o che dovrebbe essere garantito ai docenti e i tutor.
Ovviamente, affinché un percorso e-learning possa dirsi di qualità è necessario che la parte didattica sia ata in termini di progettazione da personale tecnicamente preparato sulle metodologie didattiche e tecnologiche. Il docente non potrebbe are un simile carico di lavoro, pertanto il o che deve essere garantito a livello centrale è essenziale.
I dati (tab. 34) che seguono dimostrano che c'è consapevolezza di come il o sia essenziale.
Un percorso di qualità comprende diverse figure professionali che assieme progettano e gestiscono l’intero percorso formativo. Come abbiamo già più volte avuto modo di dire, ovviamente, ci sono delle questioni fondamentali che determinano molto più incisivamente la qualità totale del percorso. Questo però non può essere una scusante per porre l’attenzione su certi aspetti a discapito di altri, che se non gestiti adeguatamente, possono minare l’intero progetto formativo.
La stessa domanda è stata posta relativamente ai tutor.
In questo contesto, la percentuale cala lievemente (tab. 35). Questo sta a significare che la maggior parte del sostegno è erogato ai docenti.
Nel 2012 i dati dimostrano che c'è stato un aumento da parte degli atenei del o. Questo dato dimostra come ci sia sempre più la consapevolezza che questo sia un elemento strategico per la qualità dei percorsi e-learning.
Abbiamo cercato di comprendere se oltre al semplice o, per i docenti sono previsti corsi di formazione ad hoc.
I dati che seguono (tab. 36) dimostrano che a differenza del o, predisporre percorsi formativi sia cosa meno scontata.
In sostanza, generare a priori attività di formazione è più difficile che are prima e durante un percorso. Le ragioni probabilmente sono da individuare nella capacità di strutturare corsi da parte degli atenei e dall'altra dalla scarsa volontà dei docenti a parteciparvi. Sarà interessante nel futuro questionario indagare quest’aspetto.
2.1 Costi
Analizziamo ora una sezione del questionario particolarmente delicata, quella relativa ai costi e gli investimenti.
Anche in questo caso i risultati sono sempre vincolati dal fatto che non ci sono strutture interne in grado di raccogliere complessivamente le spese e gli investimenti di queste attività. Questa criticità era già presente nel 2006 e sembra non sia stata ancora sanata.
Se chiediamo però se sono previsti investimenti per l’e-learning in futuro emerge un dato in controtendenza.
Infatti, dalla tab. 68 emerge un 6% che dichiara di non prevedere investimenti in futuro. Probabilmente la crisi economica incide anche sugli investimenti futuri che gli atenei pensano di poter effettuare nei prossimi anni.
Il dato (tab. 69) del 4% dimostra come, anche se in pochissimi casi, gli atenei incomincino a collaborare con i privati per la realizzazione di percorsi elearning, cosa che negli altri paesi membri della Comunità Europea accade più frequentemente, soprattutto in quelli del nord Europa.
Infine, abbiamo chiesto agli atenei se le risorse economiche siano essenziali per attivare e gestie un percorso e-learning.
Ancora una volta sembra che gli atenei dimostrino , stando ai dati della tab. 70, che per attivare dei percorsi e-learning sia essenziale disporre delle risorse economiche adeguate.
Capitolo VII
Analisi dei risultati: motivazioni, valutazione e criticità
1.1 Le motivazioni
Con questa sezione arriviamo ad un punto importante della nostra ricerca: la valutazione delle motivazioni.
Nella prima domanda, infatti, è stato chiesto esplicitamente “Perché utilizzate l’e-learning?”.
Gli atenei nella maggior parte dei casi dichiarano di utilizzare l'e-learning perché aumenta la flessibilità e l'efficienza (tab. 38).
I dati successivi (tab. 39) dimostrano ancora una volta come l'e-learning sia considerato come una metodologia di o e non come un'azione didattica del tutto innovativa. Questo è desumibile dal fatto che nella tab. 38 gli atenei dichiarano con forza che l'e-learning aumeti la flessibilita, mentre nella tabella successiva le dichiarazioni per le quali l'e-learning sarebbe una srategia didattica che aumenti la qualità della didattica si riduce sensibilmente. Non che non si ritiene che sia così, ma certamente l'incidenza dell'utilità pratica viene prima degli aspetti della qualità didattica.
Per quello che concerne la "strategia di ateneo" anche in questo caso notiamo come le attività non nascano perché imposizione. La volontà condivisa è essenziale affinché si realizzino questi percorsi (tab. 40).
Il dato del 12% (Tab. 41) dimostra che gli atenei si rendano conto di come per gli studenti questa offerta rappresenti indirettamente un indicatore di qualità complessivo dell'ateneo.
Per i risultati didattici i dati si attestano sommariamente a quelli espressi per l'aumento della qualità didattica (tab. 42).
I dati del grafico successivo (tab. 43) dimostrano ancora una volta come nella maggior parte dei casi l'e-learning venga associato ad una strategia volta alla riduzione dei costi e non al miglioramento della didattica. Non che questa sua peculiarità si misconosciuta, ma che l'attenzione sia rivolta alla sua dimensione economica.
Cercando di comprendere quali siano gli indicatori dai quali gli atenei pensano sia possibile ricavare indici di qualità, l’abbiamo chiesto espressamente.
La prima risposta evidenzia chiaramente come il o tecnologico sia un elemento strategico per gli atenei (tab. 44).
Nel grafico che segue (tab. 45) si evince come la qualità dei contenuti sia da intendersi la priorità tra gli indicatori di qualità.
Il grafico successivo è estremamente importante per la nostra ricerca. Nella domanda abbiamo chiesto se la tipologia di e-learning proposto risulti importante ai fini di una definizione di e-learning di qualità. Gli atenei hanno risposto favorevolmente a questo quesito. Ciò ci induce a pensare che ci sia una consapevolezza di quale strategia sia effettivamente di qualità e quali lo sia (tab. 46)
Anche il o ai docenti/tutor è percepito come un fattore di successo (tab.47).
Il successivo dato (tab. 48) fa emergere come anche la predisposizione professionale e la volontà da parte del corpo docente sia un elemento fondamentale per il successo di un percorso e-learning.
La strategia di ateneo, anche in questo caso è fondamentale (tab. 49).
Anche i servizi di tutoraggio agli studenti sembrano essere considerati un fattore chiave (tab. 50).
Sarà anche ovvio, ma la formazione dei docenti è anch’essa ritenuta un elemento strategico (tab. 51). Sta di fatto che la formazione dei docenti non è una prassi nelle università.
Tra tutti i dati dell'ultima domanda, quello che è sicuramente il più significativo è quello sull'importanza della strategia didattica. Molte volte sembra che le università impegnate nei percori e-learning non ne siano consapevoli. La cosa sembra non essere proprio così. Assistiamo infatti al fatto che le università che realizzano percosri di qualità sono proprio quelle che hanno interiorizzato all'interno questo concetto, ossia, che la strategia didattica è la chiave di un percorso e-learning e l'elemento essenziale per discriminare ciò che può essere considerato un percorso e-learning di qualità da ciò che non può esserlo.
2.1 La soddisfazione
Nel questionario abbiamo chiesto ai responsabili se si ritengono soddisfatti dei risultati ottenuti adottando soluzioni e-learning.
I dati (tab. 52) mostrano chiaramente come gli atenei che offrono percorsi elearning sono sensibilmente soddisfatti. I risultati ottenuti sembrano ricambiare gli investimenti e l’impegno profuso.
Se con la domanda precedente si è voluto valutare il grado di soddisfazione dei risultati ottenuti, la nostra attenzione si sposta alla soddisfazione degli studenti.
Innanzitutto, è necessario comprendere se la soddisfazione degli studenti venga o meno monitorata.
A quanto pare, stando alle risposte ottenute (tab. 53) gli atenei sembrano abbiano un sistema interno di monitoraggio della soddisfazione degli studenti.
I dati di seguito (tab. 54) mostrano anche come in questo caso gli studenti si ritengano molto soddisfatti dei percorsi e-learning.
3.1 Criticità
La prima domanda cerca di dare la massima possibilità di espressione alle esperienze degli atenei che offrono percorsi. Si è chiesto esplicitamente quale fossero le difficoltà.
Gli alti costi d’investimento sembrano essere una grossa criticità (tab. 55).
Anche in confronto al questionario 2006 le percentuali sembrano aver accentuato questo aspetto.
Attualmente esistono molte soluzioni opensource che permettono l’avvio di percorsi anche a costi sostenuti. E’ nostra opinione ritenere che gli atenei considerino come costo d’investimento i benefit per il corpo docente e in parte per il personale tecnico di o. Le infrastrutture tecnologiche sono alquanto marginali, se non in pochi casi sporadici dove sono effettivamente incidenti.
Gli alti costi di gestione sembrano avere un minor impatto dal punto di vista dell’essere percepito come fattore critico (tab. 56). Questo dato ci dice che le maggiori difficoltà sono per partire, una volta che si incomincia sembra le criticità diminuiscano.
Come vedremo anche in seguito, la maggior difficoltà sta proprio nella diffidenza del personale e nella mancanza di benefit per chi si prodiga in queste attività didattiche.
Il dato della tabella 57 probabilmente è dovuto al fatto che si vede l’e-learning come uno strumento estremamente tecnico che per essere attivato, comporterebbe all’inizio grossi sacrifici, non solo economici.
Il dato della tabella 58 conferma quanto detto sopra, infatti sembra che ci siano poche risorse umane che vogliano dedicarsi nella progettazione e nella realizzazione di percorsi e-learning. Certamente questo dato non parla solo del personale docente, infatti, presumibilmente una parte delle risposte mira all’insufficienza di personale specializzato nella disiplina che possa fare da o ai docenti o tutor.
La strategia di ateneo non è percepita, come abbiamo più volte visto, come un fattore nevraligico da chi ha risposto ai quesiti (tab. 59). Ma abbiamo già avuto modo di discutere il fatto che questo dato contraddice l’evidenza: le università che riescono ad imprimere a livello centrale una strategia risultano essere quelle che poi offrono percorsi e-learning di qualità.
Anche la successiva domanda, evidenzia come un’unità dedicata non sia considerata importante, anche in questo caso in contraddizione con i fatti (tab. 60).
Nel chiedere anche sui vantaggi ci accorgiamo come anche questo sia un fattore ritenuto rilevante (Tab. 61).
La tab. 62 circa la “Mancanza di un riconoscimento dell’impegno didattico a livello di carriera” mostra ancora una volta come la mancanza di una strategia premiante a qualsiasi livello abbia bloccato il via in molte iniziative.
Il dato della tab. 63 dimostra invece come la didattica e-learning sia percepita non come un ostacolo.
Cosa diversa è per la “Mancanza di valutazione dell’offerta e-learning e relative forme d’incentivazione a livello ministeriale”, dove si evince chiaramente che questa è percepita come criticità (tab. 64).
La questione dei benefit e della premialità riveste una funzione strategica. Senza interventi in tal senso sarà difficile pensare ad un cambio di rotta.
La “scarsa partecipazione del corpo docente” è considerata, dai dati, non il problema dei problemi (tab.65). Se si considera che a rispondere a questa domanda sono stati gli atenei virtuosi in termini di percorsi e-learning, il dato del 50% circa che vede questo fattore come critico ci convince ancora di più come il ruolo dei docenti e il loro impegno sia nevraligico.
Un dato (tab. 66) ci lascia un po’ perplessi. Anche gli atenei virtuosi che offrono percorsi e-learning stentano a riconoscere ai percorsi e-learning lo stesso valore di quelli tradizionali. Le università riconoscono, infatti, grandi potenzialità all’elearning ma, sarà che molto spesso i percorsi che non vengono sviluppati con un profilo qualitativamente appropriato, ci si sconta con dei possibili fallimenti che ne minano anche la credibilità.
Un altro fatto è che non tutti favoriscono politiche che incentivano direttamente gli studenti a dedicarsi a questi corsi.
Anche sul versante dell’incentivazione dei docenti non c’è uniformità (tab. 67). Probabilmente, tutti gli atenei vorrebbero incentivare i docenti, ma le difficoltà sono diverse, ma sicuramente di carattere economico e normativo.
Capitolo VIII
Analisi dei risultati: non offrono percorsi e-learning
1. Le università che non offrono percorsi e-learning
Il questionario è stato strutturato in modo tale da poter offrire la possibilità agli atenei che non offrono percorsi e-learning di rispondere ad alcune domande che certamente saranno utili per la comprensione di molte questioni attualmente in sospeso. Infatti, nel precedente questionario 2006, quest’opzione non era prevista e il numero delle risposte coincideva con il numero delle università che offrivano percorsi in modalità e-learning, 27 università.
La percentuale di università che ha dichiarato di non offrire percorsi e-learning è del 60%.
Per com’è stato concepito il questionario, le università che hanno affermato di non offrire percorsi e-learning, proseguivano lo stesso con 4 domande che aveva l'obiettivo di comprendere le motivazioni di questo stato di fatto.
Si è voluto capire quante università in ato hanno sperimentato percorsi elearning e quante di queste hanno successivamente abbandonato questa metodologia didattica.
Dai dati emerge che circa la metà delle università ha tentato di realizzare percorsi e-learning nel ato (tab. 3) Ovviamente, in questa sede non ci è concesso conoscere che tipo di percorso, che qualità e in che quantità. In questo contesto ci limitiamo a costatare che un'attenzione c'è stata, ma per qualche motivo non è progeguita con gli esiti sperati.
La seconda domanda, voleva comprendere se anche le università che non offrono percorsi e-learning ne comprendano la valenza e allo stesso tempo pensino che prima o poi investiranno in questa metodologia didattica.
Emerge che quasi tutte le università che non offrono questo strumento didattico hanno però intenzione di utilizzarlo. La volontà è chiara, perché l'89% risponde di si (tab.4).
Infatti, nella domanda successiva, quando abbiamo cercato di comprendere se il non offrire percorsi e-learning coincidesse con quella posizione che ritiene questa metodologia didattica non efficacie, abbiamo potuto costatare che la maggior parte delle università ritiene l'e-learning, una metodologia più che valida.
Dai dati emerge che l'80% delle università ritiene l'e-learning, una metodologia didattica utile.
A questo punto, sorge spontaneo chiedersi, ma perché anche se l'e-learning è percepito come una metodologia didattica utile non è utilizzato, per questo motivo abbiamo posto la domanda “Per quali motivi non offrite percorsi didattici in modalità e-learning?”.
Questa domanda, estremamente importante nella definizione delle criticità presenti, ha fornito i seguenti risultati (in percentuale):
Emerge dai dati che tra tutte le motivazioni per i quali l'e-learning non è adottato è la scarsa partecipazione del corpo docente quella più rilevante. E' pacifico ritenere che il coinvolgimento degli insegnanti sia problematico perché questi vedono nella metodologia un aggravio di lavoro, senza un pari riscontro in termini di benefici.
Questa ipotesi è desumibile anche dalla seconda opzione più cliccata, ossia, quella che punta il dito sulla scarsità delle risorse. Questo dato ci permette di capire due cose: 1. Che l'e-learning è percepito come un impegno aggiuntivo e non come una metodologia che sostituisca lo stato attuale o le metodologie già presenti; 2. La possibilità di realizzare percorsi e-learning è rilegata nella maggior parte dei casi a questioni economiche.
Infatti, anche la mancanza d'incentivazione a livello ministeriale è considerata una motivazione molto incidente sulle possibilità di effettuare percorsi elearning. Questo dato ci lascia intendere come anche su questo punto una maggior pianificazione dei fondi, verso specifiche politiche mirate verso l'elearning universitario, favorirebbe un aumento dell’offerta.
Sempre a ribadire il discorso legato ai costi, segue in ordine decrescente, proprio l'opzione "aumento dei costi”. Questo a ribadire come, sopratutto in un periodo di tagli, la sensazione è quella che sia impossibile attivare percorsi e-learning per la scarsità di fondi a disposizione. Anche le successive opzioni ricalcano quanto sopra.
Emerge, però, e questo è un dato da evidenziare, che solo il 20% ritiene l'elearning, una metodologia non efficacie dal punto di vista metodologico.
In questa sede possiamo dire che quattro sono le questioni essenziali: 1. Non s'investe in e-learning per la scarsa partecipazione del corpo docente; 2. L'elearning è percepito come una metodologia dispendiosa; 3. Le risorse a disposizione sono poche e a livello ministeriale manca una politica adeguata; 4. E' marginale chi pensa che l'e-learning sia una metodologia non utile.
Queste osservazioni ci lasciano pensare che se le criticità venissero superate o venissero pensate strategie volte al superamento, è molto probabile che molte università si attiverebbero verso una propria offerta di percorsi e-learning.
Capitolo IX
Conclusioni
1. Aspetti
Quello che abbiamo cercato di fare in questo lavoro è stato di fotografare l’attuale offerta e-learning nelle università pubbliche italiane, al fine di comprendere le criticità e le possibili azioni correttive che potrebbero essere intraprese. Diverse cose degne di nota sono emerse.
Viviamo in una società, dove l’attenzione è rivolta alle possibilità effettive per l’individuo di accedere, far proprie e produrre conoscenze. Nell’ottica della Società della Conoscenza, l’individuo è costantemente impegnato in questo processo conoscitivo e creativo. La Commissione Europea è da anni impegnata in azioni volte a promuovere questa filosofia formativa e riconosce nella modalità e-learning uno strumento ineludibile per il raggiungimento di questi obiettivi.
L’Università in questa situazione ricopre sicuramente un ruolo centrale visto il compito istituzionale di trasferire conoscenza, ma allo stesso tempo crearla.
Non tutti i percorsi e-learning, però, possono essere considerati qualitativamente equiparabili, diversi sono gli elementi discriminanti. La mancanza di questa consapevolezza ha sminuito in diverse occasioni le vere potenzialità di questa
metodologia didattico-formativa. Sicuramente quando vengono intrapresi percorsi e modalità ergative che seguono determinati standard qualitativi questa metodologia riesce ad ottenere un’efficienza che i metodi tradizionali non riuscirebbero a raggiungere.
Essenziale, pertanto, è una definizione della sostenibilità e della qualità nel contesto e-learning.
La sostenibilità equivale a chiedersi sotto quali aspetti le metodologie e-learning portano effettivamente un valore aggiunto al processo d’insegnamento e apprendimento, consentendo percorsi formativi altrimenti non attuabili con le metodologie tradizionali. Diverse sono le dimensioni della sostenibilità, ma quella che certamente ricopre un carattere preminente è la sostenibilità didatticoformativa.
Altri aspetti qualitativi sono importanti, ma come abbiamo visto nella ricerca, il riconoscimento della preminenza dell’aspetto didattico è inderogabile se si vuole raggiungere una qualità che porti agli obiettivi prefissati.
Il modello didattico-pedagogico di riferimento in questo contesto è sicuramente la costruzione collaborativa della conoscenza, che in e-learning si manifesta nell’ NCL, l’apprendimento collaborativo in rete.
Altri aspetti quali la qualità tecnica, l’organizzazione, il o, la formazione, ecc, sono anch’essi importanti ma come abbiamo avuto modo di vedere, sono il corollario di quella che è la questione didattica. Abbiamo avuto modo di costatare che dove c’è una consapevolezza di cosa sia la sostenibilità didattica dell’e-learning, e quindi un’offerta adeguata, anche gli altri aspetti vengono curati adeguatamente. Questi aspetti, in sostanza, sono lo specchio dell’impostazione didattica adottata a livello centrale dagli atenei.
2. Il cuore della ricerca
La fotografia che è emersa ha sicuramente portato alla luce diversi dati molto interessanti e degni di nota. Le diverse key issue alle quali abbiamo cercato di dare una risposta, hanno evidenziato questioni vecchie e nuove.
Il questionario 2012 ha sicuramente diverse peculiarità. La prima è sicuramente il fatto di aver “aperto le porte” anche agli atenei che non offrono attualmente percorsi e-learning. Ovviamente, ci siamo resi conti che probabilmente questa parte del questionario va ampliata, riequilibrando complessivamente il numero delle domande complessive.
Il primo dato che è emerge è la diminuzione in termini assoluti degli atenei che offrono percorsi e-learning, ano da 27 a 19. Questo dato sicuramente nasconde una realtà non ufficiale. In sostanza, anche se dai dati non emerge è pacifico affermare che i singoli corsi e-learning sono aumentati. Questo dato non emerge perché manca un raccordo tra i docenti e l’ateneo. Se l’e-learning, in questo periodo, si è diffuso in ambito universitario è dovuto al fatto che docenti volenterosi si sono prodigati in tal senso, anche senza il o dell’ateneo.
Tra gli atenei che non offrono percorsi e-learning l’87%, dichiara di essere intenzionato a voler utilizzare questa metodologia didattica e l’80% la ritiene utile.
Questi dati evidenziano come gli atenei siano consapevoli dell’inevitabilità della metodologia dell’e-learning, ma per una serie di ragioni non riescono a offrire percorsi in tal senso.
A riguardo è risultato che le criticità sono tre: la scarsa disposizione dei docenti; la mancanza di formazione dei docenti e la scarsità di risorse finanziarie.
La prima criticità evidenzia come siano gli stessi docenti, il fulcro iniziale di un percorso, senza la loro disponibilità è difficile che un percorso e-learning abbia luogo. Le risposte indicano come gli atenei imputino a questi una scarsa volontà ad adoperarsi in tal senso.
Probabilmente, questo fatto si lega alla seconda criticità emersa: le risorse finanziarie. I docenti non vedendo nessun tipo di benefit nell’adoperarsi in questa metodologia didattica, la percepiscono come un lavoro in più senza nessun riscontro positivo per se stessi. L’aspetto economico è sicuramente preminente, segue quello legato all’avanzamento di carriera.
Per quello che concerne la formazione, la mancanza è soprattutto sulla progettazione didattica (Innstructional Design). Sono, infatti, molto rare le occasioni nelle quali i docenti universitari hanno l’occasione di entrare in contatto con le metodologie della progettazione didattica. Quello che sarebbe opportuno è dare al docente la capacità e gli strumenti essenziali per pianificare, per ciascun obiettivo formativo dichiarato, la strategia didattica più idonea ed efficace per raggiungerlo con l’ausilio delle tecnologie. Al docente non si chiede di diventare un instructional designer ma di continuare a ricoprire propriamente il suo ruolo di esperto disciplinare e di didattica della specifica disciplina. Tuttavia l’acquisizione da parte del docente di questa forma mentis di progettazione rappresenta la condizione essenziale affinché l’uso dello strumento sia efficiente ed efficace.
Il terzo aspetto, quello delle risorse economiche, sembra essere soprattutto un elemento ostativo a priori. Molte università, anche quelle che non offrono percorsi e-learning, ritengono che per offrire percorsi e-learning sia
esclusivamente necessario avere adeguate risorse economiche. Non che questo non possa essere vero, ma emerge che su quest’aspetto ci sia una certa sopravvalutazione. Attualmente è possibile offrire percorsi anche nell’ottica d’investimenti economici modesti, ma alla base deve necessariamente esserci la coincidenza delle volontà dell’ateneo a realizzare questi percorsi.
La questione delle risorse è anche legata a una mancanza di programmazione ministeriale sia in termini di progetti sia di valutazione e di redistribuzione dei fondi. Unanimemente le università hanno sottolineato questo fatto. Ci viene da suggerire una distribuzione delle risorse finanziari sulla scorta di una valutazione dell’offerta e della sua qualità. Senza una pianificazione centrale che faccia a capo al ministero crediamo sia difficile che la situazione cambi nel breve periodo.
Per quanto concerne gli atenei che dichiarano di offrire percorsi e-learning la prima questione che è emersa è la difficolta degli stessi di reperire informazioni. Anche dove esistono centri e-learning di ateneo c’è difficoltà a reperire i dati sulle attività svolte e offerte. Questo dimostra come anche se c’è una pianificazione e un o a livello centrale, nella maggior parte dei casi questo non riesce a gestire a pieno il flusso d’informazioni. In sostanza, gli atenei limitano il proprio lavoro nella fase di pianificazione e o, non c’è però un continuo.
Come detto gli atenei che offrono e-learning, sono ati da 27 a 19 e come abbiamo constatato di questi circa 10 possiamo dire offrono dei percorsi di qualità.
Sottolineiamo come non tutti gli atenei che offrono percorsi e-learning, poi abbiamo consapevolezza di cosa sia effettivamente l’e-learning, quando possa dirsi di qualità e cosa sia la sostenibilità didattico-formativa dell’e-learning.
Emerge chiaramente come molti atenei ritengano l'e-learning, un o alla didattica tradizionale e non una metodologia capace di realizzare performance sue didattiche proprie, incomparabili in determinati contesti agli approcci didattici tradizionali.
Sembra che le università promuovano e-learning a fini promozionali. C’è sempre più richiesta, da parte degli studenti, di questi percorsi e le università anche se non preparate adeguatamente sponsorizzano al massimo anche i pochi percorsi di cui dispongono.
Le università vedono principalmente nell’e-learning la sua presunta capacità di ridurre i costi e non le sue potenzialità in termini di apprendimento. Le università che dichiarano questo sono poi quelle che utilizzano l’e-learning solo come o alla didattica tradizionale. L’aspetto della riduzione dei costi è sicuramente uno dei più pericolosi fraintendimenti assieme a quello di no comprendere il concetto di sostenibilità didattico-formativa dell’e-learning.
Come abbiamo visto sono proprio le università che hanno ben compreso il valore aggiunto che può dare l’e-learning a essere le più virtuose, la consapevolezza del mezzo è alla base dell’efficienza dei percorsi offerti.
Paradossalmente abbiamo visto come ci sia un ritardo anche nell’utilizzo dei social media e degli applicativi mobili, ma di come anche le politiche e-book stentino a decollare. Lo sconcerto è dovuto al costatare il gap tra quello che avviene fuori e dentro l’università: l’università è costretta a rincorrere, quando dovrebbe essere il paradigma dell’innovazione e dello sviluppo.
Un altro aspetto è che tutti condividono la necessità di avere a o dei percorsi le figure professionali adeguate. Fondamentale sembra essere il o tecnico, almeno nel primo periodo il più richiesto. I docenti
solitamente, non hanno il know-how tecnico adeguato alla pianificazione e alla realizzazione dei percorsi, come già detto.
Le criticità, sia per gli atenei sia offrono percorsi e-learning sia per quelli sia non offrono percorsi coincidono. Infatti, la maggior parte delle università dichiara apertamente che la scarsa partecipazione dei docenti, la mancanza di risorse, la mancanza di pianificazione a livello ministeriale e la mancanza di competenze adeguate.
Un dato certo è che poche sono le realtà che dichiarano che l'e-learning non sia una metodologia utile e che nel futuro possa essere elusa.
Il quadro è sinteticamente questo. Attualmente non c’è ancora una chiara consapevolezza di cosa sia l’e-learning, di quali siano le sue potenzialità e peculiarità. La disciplina viene ancora troppo considerata come un o e non come una metodologia a se. Gli atenei pongono troppa attenzione sugli aspetti economici e i docenti, senza incentivi economici o altri benefit, difficilmente si dedicano a tale attività. A livello governativo manca una pianificazione tale da stimolare l’offerta.
Quello che noi ci auguriamo è che il nostro lavoro possa quantomeno stimolare una più attenta riflessione sulle criticità esposte, nella speranza che nell’imminente futuro nelle nostre università si possa trovare un’offerta elearning appropriata e di qualità.
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