Nicola Scerbo
Cronache latine
UN VIAGGIO OLTREOCEANO, IN CERCA DELLA VITA, IN CERCA DEL PERDONO, OGNI UOMO NE HA DIRITTO PECHE’ NON MUOIA SOLO. HO LASCIATO LA MIA ANIMA ED IL MIO CUORE COME DONO NELLA TERRA DI NESSUNO, DOVE OGNUNO E’ COME IL SOLE E LIBERO DI VOLARE.
Titolo | Cronache latine
Autore | Nicola Scerbo
ISBN | 9788891158628
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Capitolo1 “lei”
L’estate del 2003 fu un evento assai raro nella storia della meteorologia, da decenni non si ricordava un caldo simile e, infatti, solo più tardi, dopo diversi studi e ricerche degli esperti, si arrivò alla conclusione che effettivamente quella fu l’estate più calda dell’ultimo secolo; il mercurio dei termometri superò in alcuni casi la tacca dei 45° gradi e, vuoi per quello che vidi sotto l’effetto stordente della canicola pomeridiana, vuoi per la fretta di consegnare il prima possibile a mia madre gli abiti appena recuperati dal sarto, quei venti minuti che mi separavano dalla casa del mio ormai defunto nonno mi sembrarono un’eternità. Nonostante il terzo millennio fosse iniziato da un paio di anni, segnando l’inizio dell’epoca digitale, il tempo a “………………” sembrava essersi fermato almeno una quarantina di anni prima, come se qualcuno avesse fatto un incantesimo di straordinaria bellezza con lo scopo di preservare usi e costumi di un’epoca quasi dimenticata, il tutto racchiuso in una enorme bolla temporale in cui potersi rifugiare dal caos e dalla frenesia dei nostri tempi; niente cellulari, niente computer, solo qualche televisore a tubo catodico grande e pesante come un macigno posizionato davanti ad un vecchio divano di velluto sul quale poter riunire l’intera famiglia al termine della giornata per seguire il solito programma di avanspettacolo. Le giornate avano quasi tutte allo stesso modo, la maggior parte delle persone si svegliava la mattina presto per andare a lavorare nei campi, gli altri, dopo qualche ora, iniziavano a svolgere le proprie mansioni nei pochi uffici pubblici del piccolo paesino; alcuni avevano piccole attività commerciali attraverso cui si guadagnavano da vivere: il sarto e il calzolaio con la loro bottega una di fronte all’altra come un organismo simbiotico, il forno attivo 24 ore su 24 dal quale usciva sempre un forte odore di pane abbrustolito che metteva l’acquolina in bocca; inevitabile non accennare al fruttivendolo, il quale attraversava per tutto il giorno le strette vie del paesino col suo misero carretto urlando a squarciagola le caratteristiche dei suoi prodotti e per finire, nel centro dell’unica piccola piazza, il caratteristico “Bar del Borgo”, così si chiamava, nel quale ad ogni ora potevi trovare qualche consunto vecchietto seduto ai tavoli sotto il pergolato, intento a contemplare il fumo del tabacco aromatizzato che ardeva nel fornello della sua bellissima pipa intagliata a mano. In tutta questa semplicità si percepiva, però, qualcosa di
meravigliosamente appagante, una calma spirituale alimentata da valori fondamentali, a tratti primitivi, come la famiglia, il duro lavoro, l’amore, senza la necessità di dover trovare altro, una semplicità disarmante ed allo stesso tempo uno scudo contro ogni inquinamento dell’anima. La casa di mio Nonno si trovava fuori dal centro abitato, oserei dire in campagna, ma era collegata alla civiltà da una piccola stradina in terra battuta che di tanto in tanto, a seconda dei periodi dell’anno veniva interamente ricoperta dalla vegetazione creando un tunnel di luci e colori che a me piaceva chiamare “la Cattedrale”; dopo quasi un chilometro di buche e pietrisco, la strada sfociava su una grande radura nel cui centro svettava l’enorme casa, circondata ai lati da vasti campi di grano e protetta alle spalle da un semicerchio di enormi salici a mo’ di anfiteatro, quasi fossero dei guardiani sempre attenti a difendere il territorio. Per essere onesti, in quella struttura non vidi mai nulla di tipicamente italiano, sembrava più la tenuta di un ricco possidente terriero dell’ America coloniale, realizzata nel corso degli anni col sudore e la fatica, dopo avergli investito ogni singolo centesimo risparmiato; non ho mai capito le ragioni di tale accanimento, ma probabilmente era il desiderio inconscio di lasciare ai posteri qualcosa che proiettasse il suo modo di essere e di intendere la vita. Visto il tragitto da percorrere, ma soprattutto considerata la fretta di svolgere il mio compito nel minor tempo possibile, per ovvie ragioni, pensai bene di utilizzare la vecchia bicicletta che mio nonno utilizzava tutti i giorni per raggiungere il paese, perché la macchina, oltre a non essere ben accetta, era anche abbastanza scomoda da manovrare nelle stradine tutte molto strette e contorte; a frenarmi era solo il caldo, il quale, come ho già avuto modo di spiegare non era per niente ordinario. Il senso del dovere fortunatamente prese il sopravvento in quanto fu proprio grazie a questa piccola missione che la vidi per la prima volta. Diedi una gonfiata veloce alle ruote, un po’ d’olio alla catena cigolante e in un batter d’occhio, ma più esattamente dopo molte pedalate, mi trovai al cospetto del goffo e panciuto sarto, il quale, di buona lena, si diresse nel retrobottega a recuperare il fagotto che mi consegnò subito dopo con un fare stizzoso ed allo stesso tempo assai simpatico; come dargli torto, considerate le circostanze! Dopo i classici riti di congedo, uscii dal negozio con l’intento di tornare velocemente a casa, incoraggiato dal fatto che da li sarebbe stata tutta discesa, ma ad un certo punto, mentre lottavo col portapacchi per una buona legatura, così da evitare danni che avrebbero causato la disperazione di mia madre e di conseguenza quella dell’intero genere umano per la sua spropositata reazione, alzai lo sguardo per asciugare la fronte madida di sudore e vidi lei, una dea scesa dall’olimpo in un bagliore di luce e riflessi dorati, lei, avvolta in un vestitino bianco di cotone, stretto alla vita da una larga cintura rossa di chissà quale stoffa che le circondava dolcemente il ventre fino al
punto in cui terminava con un nodo sulla schiena dal quale penzolavano due lunghe frange svolazzanti che le accarezzavano la pelle vellutata, lei, capelli lunghi e mossi di un biondo dorato luccicante al sole, meravigliosamente raccolti e tenuti in riga da un grazioso cerchietto, lei, labbra rosa ben delineate, pronte per essere gustate in tutto il loro sapore, costruite dalla natura sotto uno splendido nasino alla se, lei, occhi di un verde smeraldo come gemme incastonate nel più bel gioiello che avessi mai visto. Scossi un attimo il capo, in preda allo stupore o forse perché convinto che potesse essere stata un’allucinazione dovuta alla temperatura vulcanica, ma capii subito che la splendida visione davanti i miei occhi era reale e così rimasi paralizzato, in preda ad un‘estasi mistica che mi staccò l’anima dal corpo materiale consentendogli di vagare liberamente nei 5 elementi, nel tentativo di placare la bramosia amorosa che la ragazza suscitò in me. Il tempo, si sa, è una dimensione strana, quello che per qualcuno può sembrare un’eternità per altri invece può essere un attimo! Infatti, mentre la mia mente vagava inebetita, non feci in tempo a riprendermi dallo shock che la splendida creatura era sparita. Giusto il tempo di riattivare la coordinazione motoria e mi misi a girovagare a destra e sinistra come un pazzo in cerca della donna che sapevo già di amare alla follia, ma, aimè, senza successo; cavalcai la bicicletta per tutte le vie del paese e nulla, domandai ad ogni persona che conoscevo, ma nulla, domandai persino al vecchietto con la pipa del bar ma non ne ricavai niente e, così, sconvolto dai fatti appena accaduti , mi convinsi in un briciolo di lucidità che le mie priorità in quel momento erano ben altre, ma soprattutto che persone a me molto care mi avevano affidato un compito importante da portare brevemente a termine.
Capitolo 2 “la sottile linea”
I venti minuti erano ati ed io finalmente varcai la soglia dell’ingresso convinto di trovare mia madre in preda al panico per un ritardo inesistente, ma con mia sorpresa fui ricevuto in modo particolarmente gentile; lì per lì presi la cosa per buona, anche se decisamente insolita e per nulla tipica del suo carattere ansiogeno, convinto che il momento di dolore al quale tutta la famiglia stava prendendo parte l’avesse in qualche modo ammorbidita, aimè, però, con mia sarcastica rassegnazione potei verificare di li a poco il vero motivo di una simile diplomazia. In effetti, le mie orecchie iniziarono a percepire un chiacchiericcio fastidioso provenire dalla sala ricevimenti, sicuramente non attribuibile alle sole voci di mio padre e mia madre, che avevo lasciato discutere sul modo di procedere con il lutto prima di partire per la missione in bicicletta. Ebbene, gli ospiti venuti a porgere le loro condoglianze erano già arrivati ed io capì immediatamente il motivo di una simile accoglienza alla porta, perché, dovete sapere, mia madre accetterebbe qualsiasi cosa ma una brutta figura potrebbe rappresentare la fine della sua salute mentale. Attraversai velocemente il corridoio che portava alla enorme sala e varcai la porta con molta discrezione per evitare la curiosa reazione degli ospiti, cosa che mi riuscì praticamente impossibile vista l’attenzione che ognuno di loro riponeva verso ogni minimo cambiamento all’ecosistema di cui ormai facevano parte da un bel pezzo; alcuni, in effetti, erano talmente assorti nei propri pensieri, forse stufi dei cerimoniali ai quali erano costretti a partecipare più per un senso di costume che per reale sentimento, da non smuoversi nemmeno se ci fosse stato un potente terremoto. Tuttavia, la maggior parte era venuta realmente a porgere l’ultimo saluto al caro e oramai defunto nonno, memori di un felice ato vissuto direttamente insieme a lui o toccati nel profondo da qualche suo sporadico gesto d’affetto; non era esattamente il tipo d’uomo che regalava abbracci, ma ovunque ci fosse stato bisogno, senza ma e senza se, anche a costo di sacrificare se stesso avrebbe fatto di tutto pur di aiutare, col suo incedere lento e pacato, il suo tono autorevole e sicuro infondeva speranza e coraggio a tutti noi, insomma, un uomo buono, del quale andarne fieri sotto ogni punto di vista. Al centro della sala le vecchie matrone sedevano tutte in cerchio attorno alla salma e mentre una piccola parte di loro recitava il rosario come un lungo e profuso canto tenendo in
mano il crocifisso, le altre chiacchieravano a bassa voce scambiandosi chissà quale pettegolezzo con un dialetto da manuale, interrotte solo ogni tanto dalla necessità di rinfrescarsi con i loro variegati ventagli di legno. Osservandolo bene, però, in quel piccolo e bizzarro cerchio si poteva percepire perfettamente la sottile linea di demarcazione che vi è tra la vita e la morte, la complessità dell’intera esistenza umana con tutti i suoi vizi e suoi assurdi rituali si scontrava a distanza di pochi centimetri con l’inesorabile natura effimera di tutte le cose: un giorno attori su questa terra, l’altro spettatori inerti di fronte ai suoi meccanismi. Negli angoli, rigorosamente in piedi, gli uomini discutevano animosamente dei più svariati argomenti, incuranti dell’illuminante cerimoniale alle loro spalle, quasi come fossero separati da un sottile velo trasparente che ne schermava suoni ed interferenze; la cosa più bella da vedere erano le loro emblematiche posture, tutte a loro modo enarranti qualcosa se non la vita stessa delle persone che la adottavano, chi con le braccia conserte perché poco propenso ad ascoltare i discorsi degli altri, chi con il bastone sempre poggiato al suolo a mo’ di sostegno perché troppo debole per reggersi sulle sue gambe, chi dritto come una candela con un braccio dietro la schiena per mostrarsi sicuro e disponibile al dialogo, insomma un album di figurine della giungla sociale, in cui ognuno cerca di esteriorizzare, molte volte fingendo, la propria personalità. Mio padre spiccava fra tutti, alto, atletico e sicuro di se, una colonna portante dell’intera struttura; con la sua barba rossa che gli dona un aspetto risoluto ed allo stesso tempo non troppo serio e col suo piglio affabile e sagace piace a chiunque, in qualche modo avvicina emotivamente le persone arrivando a capirle fin nel profondo e senza pregiudizi etici o morali affronta con critica costruttiva. Abbatte ogni barriera e, mantenendo il giusto distacco, è capace di confrontarsi con tutti, anche con i più eruditi, mettendoli alle volte in seria difficolta per la qualità delle sue domande e per la spaventosa cultura che sfoggia senza presunzione; credo sia in assoluto la persona che vorresti sempre avere al tuo fianco! Quel giorno non fu da meno e svolse egregiamente il suo compito di padrone di casa, intrattenendo tutti gli ospiti e regalando ogni tanto momenti di leggerezza in un clima di formalità e smancerie. Ad un certo punto, però, nel pieno delle mie osservazioni e nel chiasso provocato dagli ospiti che aumentavano ad ogni minuto, sentii una flebile vocina echeggiare il mio nome dalla scale che portavano al piano superiore; ruotai meccanicamente il capo nel tentativo di assegnare una provenienza precisa al suono, ma dopo aver fallito mi diressi verso l’ingresso a verificare una volta per tutte l’origine precisa del tono cadenzale che continuava a ripetere incessantemente Gianni, Gianni, Gianni. Giunto sulla soglia, lontano dal miscuglio di voci che interferivano fastidiosamente con le mie indagini, scoprii che in effetti il richiamo proveniva
dalla stanza di mio nonno e che l’artefice del curioso dilemma era tanto per cambiare la mia sempre fuori luogo madre; dopo qualche ammiccamento di scherzosa rassegnazione alla natura poco opportuna della donna più importante di casa, ma soprattutto col sorriso sulle labbra, percorsi in pochi secondi i 20 gradini che mi separavano dal secondo piano ed in men che non si dica mi ritrovai al cospetto del mancato generale.
Capitolo 3 “luci nei ricordi”
Sebbene l’afa infernale costringesse ognuno di noi a mantenere andature lente e pacate pur di evitare ogni minimo sforzo, vi era una persona che sembrava non accusare assolutamente il colpo di una simile rarità climatica, mia madre! Col suo corpicino magro e di media statura, i capelli nero corvino ben curati e ordinati, il suo volto traspare un senso di rigore e avvenenza tipico della donna mediterranea, affascinante ed arguta, sempre intenta a dettare legge, ma allo stesso tempo affettuosa e sensibile come poche, nessuno si azzarda a prendere una decisione importante prima che venga interpellata, instancabile e dura come una roccia di fronte ad intemperie e difficoltà di ogni genere, nei momenti di abbattimento lei è quella che continua imperterrita il suo lavoro riuscendo inspiegabilmente ad anestetizzare con la sua straordinaria forza di volontà il dolore fisico e soprattutto mentale. Tuttavia, quando la natura ci regala così tante virtù, inevitabilmente deve anche compensare con qualche debolezza e quella che più caratterizza mia madre è senza ombra di dubbio la frenesia; la necessità spasmodica di portare a compimento il proprio lavoro la porta a manifestare il più delle volte atteggiamenti quasi maniacali e paranoici uniti al timore di sbagliare o non fare la cosa giusta. Quel giorno, causa le particolari circostanze, il suo modus operandi aveva raggiunto il parossismo più sfrenato rendendola bizzarra e alle volte totalmente fuori luogo e il suo incedere svelto e agitato la faceva sembrare un’enorme formica operaia troppo intenta a gestire gli affari del suo formicaio perché potesse interessarsi a ciò che succedeva al di fuori di esso e, infatti, caldo, ospiti, convenevoli e rituali non scalfivano in alcun modo lo sprezzante rush energetico di cui era preda. Io, dal canto mio, ogni tanto la osservavo incuriosito ed allo stesso tempo molto divertito dal suo atteggiamento quasi alieno, ma ogni qual volta era richiesta la mia presenza all’interno del suo oltremodo complicato universo parallelo, senza pensarci due volte intervenivo tempestivamente nel tentativo di semplificarlo. Di sicuro, quando arrivai nella stanza al piano superiore, l’immagine che si palesò davanti ai miei occhi fu molto suggestiva; appena entrato, la fortissima luce che arrivava dalla finestra spalancata mi costrinse a chiudere gli occhi per via del contrasto con la poca illuminazione delle scale appena percorse, ma una volta abituatomi al nuovo ambiente iniziai a distinguere chiaramente le solite figure consunte e semplici
dell’ambiente circostante. L’alcova, appoggiata alla parete più grande e fatta di legno intarsiato a mano, che ho sempre ritenuto essere molto antico, proteggeva un letto bianco ordinato e pulito mentre sul lato destro un vecchio armadio di noce, bucherellato ovunque dalle avide tarme, ricopriva interamente il muro fino al soffitto e probabilmente era stato costruito insieme alla casa; dall’altro lato, invece, c’era una piccola scrivania sopra la quale si trovava ancora un grande blocco di carta per gli appunti usato molto di rado da mio nonno per via della sua memoria ferrea; ma, la cosa più interessante era osservare la totale assenza di specchi, anche del più piccolo, come se quel minuscolo quadrato fosse l’unico rifugio dal riflesso dell’ inesorabile vecchiaia che avanzava giorno dopo giorno, il luogo in cui poter abbandonare ogni vincolo estetico o di forma, una nicchia in cui poter essere per un po’di tempo se stessi senza tuttavia dover rinunciare alle comodità. Appeso alla parete vi era un solo dipinto, lo sfondo di una bellissima spiaggia costellata di palme sulla quale camminava in lontananza, lungo la battigia, una indistinguibile figura femminile abbagliata dal sole basso all’orizzonte che risplendeva su un coloratissimo mare azzurro cristallino. Sul comodino, invece, c’era un’unica foto in bianco e nero di mia nonna dei tempi in cui era molto giovane, bellissima e sorridente, intenta a raccogliere spighe di grano dopo la mietitura. Credo proprio che mio nonno la sposò in quel periodo ed in breve tempo ebbero la loro prima ed unica figlia. Purtroppo, però, non ebbi modo di conoscerla perché morì poco prima che io nascessi, a causa di una terribile ed improvvisa malattia contro la quale nessuna cura ebbe effetto; mio nonno non ne parlava mai e ad ogni mia domanda cercava sempre di sviare il discorso. Di tutt’altro atteggiamento era mia madre, lei me ne parlava sempre, di quanto la sua bellezza fosse straordinariamente unica, la più bella che avesse mai visto, tutti la adoravano, era gentile, affabile e disponibile nonostante alcuni ogni tanto, anzi spesso, provassero ad ingannarla pur di starle vicino o nel tentativo di strapparla dalle braccia di mio nonno; lui dal canto suo, anche se consapevole del continuo pericolo in agguato, non era mai geloso o possessivo, sicuro della capacità di sua moglie nel saper gestire tali situazioni e convinto che nessuno potesse ledere quel legame unico ed indissolubile tra i due. Se, però, qualcuno avesse solo provato a torcerle un capello, probabilmente avrebbe scatenato una guerra dagli effetti devastanti. Dopo la sua morte, ogni giorno, anche con la neve, la pioggia, il caldo o la tempesta, visitò la sua tomba in attesa che la natura li ricongiungesse, convinto che un giorno sarebbero stati di nuovo insieme. Quella era l’unica foto che conservò di lei, infatti, preferiva tenerne il ricordo vivido nella sua mente, inalterato da immagini o influenze esterne ed io, quando entravo nella sua stanza, proprio come lui, riuscivo a vederla sorridere e scherzare come fosse ancora in vita. Volgendo lo sguardo verso il basso vidi mia
madre scombussolata e in preda al panico rovistare tra da un ammasso di carte tutte sparpagliate sul pavimento, un tale quantitativo da farmi subito supporre che la loro origine doveva essere vicina e che di sicuro non potevano essere cadute dalle sue mani durante un veloce trasporto. Infatti, dopo una breve ispezione per chiarire l’origine di una simile confusione, intravidi un grosso baule di legno con robusti infissi di bronzo, uno di quei forzieri tipici dei film di pirati, rovesciato e scoperchiato sul pavimento ai lati del quale si diffondevano come un’onda faldoni di cartacce tutte macchiate dal tempo, dall’umidità e dalla muffa. << Vieni qui, per favore aiutami, ho fatto un pasticcio e non so come risolvere il problema da sola! >>, disse mia madre; e così mi ritrovai seduto sul pavimento a riordinare chili di puzzolente carta, buona solo per il fuoco.
Capitolo 4 “lo scrigno del ato”
Avevo già trascorso quasi un’ora intera tentando di risolvere il guaio causato dall’abuso di sicurezza di mia madre, convinta che potesse sostenere un peso simile nella fretta compulsiva di mettere ordine alla stanza del nonno, preoccupata, a mio avviso senza alcun motivo, che a qualcuno venisse la geniale idea di visitarla per dare un’occhiata ai suoi oggetti personali; il baule, come ho già detto, era si in legno e forse a prima vista poteva sembrare leggero, ma lo scheletro in bronzo massiccio che lo rivestiva aumentava nettamente il suo peso trasformandolo in un grosso carico di zavorra. Evidentemente, tentando di spostarlo da sola senza disturbare nessuno, una delle poche volte in cui una sua richiesta d’aiuto sarebbe stata giustificata, mia madre aveva palesemente sottovalutato la mole dell’oggetto, dovendolo immediatamente gettare a terra subito dopo averlo tirato fuori con chissà quale sforzo dall’armadio che lo conteneva; mio malgrado, pochi minuti dopo aver iniziato a lottare col disordine e la confusione che scaturì dall’incidente, mi ritrovai dannatamente solo poiché l’autore del triste quanto evitabile danno mi lasciò per tornare di sotto a ricevere gli ospiti che continuavano ad andare e venire come le stagioni e mentre dalla mia scomoda e deprimente postazione sentivo il fastidioso eco delle loro vocine quasi tutte uguali, dal nulla continuavano ad affiorare pile di lettere, documenti, volantini, giornali e riviste gelosamente conservate negli anni per chissà quale stravagante motivo. Ogni tanto, scovavo delle foto bellissime, tutte raffiguranti momenti storici importanti, si andava dalla prima guerra mondiale fino alla guerra del golfo e tutte insieme, una volta raccolte, formarono una specie di atlante attraverso cui poter ricostruire quasi un secolo di storia dell’umanità; iniziai a capire che in quel baule, all’apparenza insignificante, si nascondeva molto più di quanto credessi in un primo momento. All’interno c’erano i gusti e le ioni di un uomo che nel bene o nel male aveva vissuto su questa terra e che con cura certosina aveva conservato ogni momento importante vissuto in essa, ogni ricordo di una esistenza trascorsa ad osservare orrori e meraviglie di questo mondo. In ogni singola foto, in ogni rivista, in ogni giornale c’era un racconto, di una moda, del dolore e della distruzione di tutte le guerre, delle ioni, degli usi e costumi di un’epoca, dei vizi e virtù di ogni singolo uomo e mano a mano che spulciavo tra i centimetri di fogli accatastasti uno sull’altro
potevo ricostruire la vita di ognuno di loro, potevo rendermi finalmente conto di quanto fosse stata straordinaria. Non penso proprio che qualcuno della mia famiglia avesse mai avuto il privilegio di osservare quello che vedevo io in quegli istanti, nemmeno mia madre e, a giudicare dalla totale disattenzione che rivolse al baule prima di tentare lo scellerato trasporto, posso tranquillamente affermare che non l’avesse mai neanche sfiorato. Completamente immerso in quell’universo di ricordi, la mia attenzione cadde inevitabilmente su quello che a prima vista sembrò essere l’unico libro presente nel mucchio e, infatti, era proprio così; inevitabilmente ne restai stupito, non avevo per nulla considerato fino a quel momento la possibilità di incontrarne, così lo sollevai con vigore e lo tenni per mano osservandone scrupolosamente la copertina; non era particolarmente curata, si presentava tutta dello stesso colore, un rosso cremisi che mi provocò uno strano senso di calore ed energia. All’apice, a mano, c’era scritto quello che pensai potesse esserne il titolo, lessi ad alta voce “ Cronache Latine” e nella mia mente iniziai a scannerizzare ogni meandro dei ricordi per capire se l’avessi già letto o visto da qualche parte, ma il risultato fu più che deludente! Pensai ad un possibile autore rimembrando le vecchie lezioni scolastiche di letteratura, omettendo ovviamente la figura della professoressa che mi rimproverava di aver studiato poco, girai il libro sul retro per cercare nuove informazioni ma era completamente spoglio, quindi, presi l’unica decisione che potesse togliermi ogni dubbio, aprirlo e vedere cosa c’era scritto. La prima pagina era parecchio ingiallita, agli angoli c’erano evidenti segni di deterioramento dovuti al tempo e la prima cosa che saltò subito agli occhi fu il fatto che era stato scritto a mano; poche righe con un inchiostro a tratti sbiadito componevano un piccolo versetto introduttivo quasi poetico che riporto interamente:
UN VIAGGIO OLTREOCEANO, IN CERCA DELLA VITA, IN CERCA DEL PERDONO, OGNI UOMO NE HA DIRITTO PECHE’ NON MUOIA SOLO. HO LASCIATO LA MIA ANIMA ED IL MIO CUORE COME DONO NELLA TERRA DI NESSUNO, DOVE OGNUNO E’ COME IL SOLE E LIBERO DI VOLARE.
Ebbene, decisamente colpito dalla curiosa introduzione, credetti ingenuamente di potermi immergere di li a poco in una veloce lettura delle pagine successive, ma,
aimè, contro ogni previsione ricevetti un grido di richiamo dal basso, questa volta proveniente da mio padre. Mollai tutto invogliato anche dalla possibilità di sgranchire finalmente le mie povere gambe, ma feci molta attenzione al libro che avevo tra le mani, così lo nascosi sotto il letto affinché nessuno lo trovasse prima del mio ritorno ed in men che non si dica mi diressi nuovamente al piano inferiore.
Capitolo 5 “Stupore”
La cosa più interessante nella totale tristezza di un lutto era la possibilità unica di rivedere parenti ed amici tutti insieme in un’unica volta, dopo tanto tempo ato senza avere loro notizie; solo in un’altra occasione poteva verificarsi lo stesso fenomeno, ad un matrimonio, un momento che per converso rappresentava invece gioia e felicità; il lutto di mio nonno non fu assolutamente alternativo sotto questo aspetto e durante tutta la giornata potei riabbracciare cugine e cugini, zie e zii, amiche ed amici accorsi da ogni parte, alcuni assai graditi ed altri decisamente di troppo. Scoprii che la mia lettura era stata interrotta proprio per l’arrivo di un gruppo di amici di famiglia che mio padre teneva a presentarmi, dei quali non ne conoscevo assolutamente l’esistenza, almeno fino ad allora. Arrivato giù, nella grande sala, non trovai nessun volto nuovo che aspettasse il mio arrivo, tantomeno mio padre indaffarato nel loro intrattenimento, quindi chiesi subito delucidazioni a mia madre, la quale, troppo impegnata negli onori di casa, mi rispose laconicamente che il gruppetto di amici appena arrivato era uscito fuori in vernacolo a prendere una boccata d’aria per via del caldo asfissiante che all’interno della casa era diventato quasi insopportabile. Un po’ scocciato dalla situazione e quasi propenso a tornare di sopra per continuare l’operazione che avevo dovuto bruscamente abbandonare, fui motivato a raggiungerli sol perché anch’io ero devastato dal caldo mefitico che sembrava peggiorare ad ogni minuto ato li dentro, desideroso di una bella boccata d’aria fresca, si fa per dire, ma sempre meglio di quella che stavo respirando. Così, dopo una sistematina veloce alla mia stretta camicia scura come il catrame, totalmente inadatta alle caratteristiche climatiche, ma costretto ad indossare per via degli usi locali, dribblai per l’ennesima volta i cardini della grande porta scorrevole usata per confinare il salotto dal corridoio e mi diressi verso l’enorme ingresso che dava sul vernacolo. Lo attraversai scocciato e convinto di trovare i soliti matusalemme raggrinziti frequentati da mio nonno in gioventù e ai quali mio padre continuava a rivolgere attenzioni in segno di rispetto, cosa che probabilmente voleva tramandare anche a me, ma con mia enorme sorpresa le figure palesatesi davanti ai miei occhi erano tutte fresche e raggianti, segno di un evidente legame diretto con lui e non con il defunto. Pensai immediatamente che potessero essere vecchi colleghi di lavoro
accompagnati dalle rispettive mogli e devo dire che la mia perspicacia non sbagliò affatto quella volta. Infatti, entrambe le coppie erano venute a porgere le loro condoglianze perché legati a mio padre da un ato di affari; grosso imprenditore edile prima che lasciasse a me l’attività di famiglia, ha iniziato ristrutturando piccole case per poi rivenderle con un piccolo guadagno, lentamente è riuscito a migliorare il profitto e ad aumentare la clientela e grazie alla sua professionalità, nonché all’enorme volontà e forza di spirito, negli anni ha costruito un piccolo impero economico che ho ereditato. Non smetterò mai di ammirarlo per quello che ha fatto, senza niente e senza nessun aiuto, solo contro tutti verso la vittoria ha realizzato più di quanto si potesse mai immaginare e spero di poter onorare in futuro il suo impegno e la sua devozione nel migliore dei modi. Percorsi il breve pezzo che ci separava fiero e sicuro di me, pronto ad affrontare le presentazioni con successo in poco tempo, prima di tornare alle tanto attese “cronache latine”; mio malgrado, però, vidi spuntare dal piccolo assembramento , quasi dal nulla, una figura femminile che mi lascio completamente di stucco e fu proprio allora che il mio corpo si blocco completamente gelato e paralizzato da un brivido profondo di stupore e meraviglia per ciò che stava succedendo a qualche o da me. Vidi lei, la Dea dorata che avevo visto per la prima volta in paese, la donna che aveva sconvolto i miei sensi a tal punto da farmi dubitare della mia sanità mentale, la donna per la quale avevo perso ogni speranza di poterla rincontrare. Quale assurdo mistero è la vita, in un attimo può capitare l’impossibile, ogni tua convinzione, ogni tuo dubbio può essere completamente stravolto, quando credi di aver perso ogni speranza capita qualcosa che da nuova linfa ai tuoi pensieri ai tuoi sogni. << Che fai!?>>, disse mio padre, << perché stai lì immobile come un sasso!? Vieni qui, ci sono persone impazienti di conoscerti e tu ti comporti come se avessi visto un fantasma. Ah, la gioventù di oggi, sempre intenta a fantasticare! >>, non so in che modo riuscii a smuovermi da quella posizione, le gambe tremolavano sotto il peso del mio stesso corpo, con il cuore in gola e la bocca rinsecchita dall’emozione mi feci coraggio e andai incontro all’ignoto. << Eccoti, finalmente! Stavo perdendo ogni speranza, ti presento il signore e la signora Martini e lei è la figlia, si chiama Laura, ma qualcosa mi fa pensare che tu l’abbia già notata! Su, coraggio, di qualcosa! >>. E’ proprio vero, non fui in grado di tirare fuori qualcosa che potesse assomigliare ad una frase di senso compiuto, biascicai inesorabilmente formulando periodi sconnessi e raffazzonati alla meglio e a malapena pronunciai il mio nome all’inizio della conversazione per via del magone; lei mi guardò un po’ incuriosita e un po’ spaventata da quell’atteggiamento palesemente strampalato, non disse nulla, continuò a fissarmi per tutto il tempo senza intervenire e solo ogni tanto abbassò lo sguardo
per controllare che la gonna non le fosse sollevata dal vento. << Ahahahaha, povero figlio, ahahah >>, ogni tanto diceva mio padre, seguito da una breve quanto bassa risatina, << deve aver battuto la testa, oppure sarà il caldo a fargli questo effetto>>, continuava a ripetere in tono scherzoso, sicuramente perché aveva capito il vero motivo di un simile teatrino. In tutta franchezza credo proprio che ognuno dei miei interlocutori lo avesse capito, visto il sorrisetto stampato sulle loro facce! L’unica che non modificava il suo atteggiamento era lei, imibile ed immobile di fronte a me. In tutto ciò, anziché porre fine al deprimente spettacolo, nonostante ne fossi ampiamente consapevole, accentuai maggiorente il tono della voce come se ognuno di loro avesse avuto problemi di udito e la mia bocca emise incessantemente suoni mentre la mia mente era del tutto sconnessa, concentrata unicamente al pensiero del meraviglioso miracolo apparsomi.
Capitolo 6 “Un briciolo di follia”
L’ enorme mole di eventi ai quali avevo dovuto assistere, alle volte controvoglia, altre volte sprezzante di gioia, mi aveva letteralmente sfinito e l’ultimo deprimente teatrino non era stato affatto d’aiuto, anzi, alimentò in me un senso di profondo affaticamento dalla testa ai piedi; improvvisamente sentii che i pensieri si appesantivano e a malapena riuscii a conservare un briciolo di lucidità che mi permise di rimanere vigile! Non ero per niente abituato ad un tale ed incessante susseguirsi di emozioni contrastanti, quindi, mente e corpo iniziarono a cedere. Confuso e stordito, quasi incurante del fatto che lei fosse proprio accanto a me e che fin dalla nostra presentazione le cose erano andate nel peggior modo possibile, senza alcun riguardo alla forma ed alla gentilezza nei confronti degli amici di mio padre, improvvisamente dal nulla tirai fuori la ciliegina da mettere sulla torta e con uno scatto quasi felino ed un atteggiamento schizofrenico voltai le spalle a tutti loro lasciandoli attoniti e senza parole. A quel punto mi sarei aspettato un richiamo alla realtà da qualcuno, in particolar modo da mio padre, ma nessuno pronunciò la ben che minima parola ed io bisbigliando a bassa voce frasi assolutamente senza senso m’incamminai a o svelto verso l’ingresso, come un folle da internare immediatamente nel più vicino ospedale psichiatrico. Tirai dritto come un mulo, con lo sguardo rivolto verso il basso quando nel bel mezzo del corridoio mia madre mi venne freneticamente incontro agitando le sue piccole mani; << eccoti, ti ho trovato finalmente! Dove diavolo eri finito!? Ho bisogno che tu faccia un po’ di cose per me >>, iniziò a declinarmi tutta una serie di compiti e mansioni che ovviamente non ascoltai, preso com’ero dal mio delirio, << fai questo, fai quello! >>, continuava a ripetermi meccanicamente senza accorgersi della mia totale assenza mentale, immobile come una statua inanimata di fronte al suo visitatore, << ehi, mi stai ascoltando!? Hai un aspetto strano, ricordati mi raccomando >> e in un attimo sparì così come era apparsa, nonostante nessun segnale di recepimento o assenso dalla mia parte, uno dei momenti più assurdi di tutta la mia vita. Inespressivo e robotico ripresi il mio cammino senza una meta precisa, vagando come uno spettro per tutta la casa. Improvvisamente, quasi ci fosse stato un salto temporale di cui non ricordavo nulla, mi trovai sdraiato a faccia in giù sul letto nella stanza di mio nonno e di lì a poco, con lo sguardo fisso verso la finestra aperta, contemplando la distesa di
campi dorati sulla quale affacciava, le mie palpebre si chio lentamente su quello spettacolo della natura facendomi cadere in un profondo e pesante sonno……………..
Non ci posso credere! Quale assurdo incantesimo!? Stavo volando!! Come era mai possibile una cosa simile!? Leggero come una piuma attraversavo le immense distese di nuvole bianche, mentre il vento accarezzava dolcemente il mio viso, libero di muovermi come un’aquila reale nel suo regno celeste. Potevo vedere ogni cosa sotto di me, l’infinito oceano luccicante sotto il sole, l’enorme distesa di terra ricoperta dal verde e dalle case mentre dal nulla ogni tanto spuntavano le enormi vette ricoperte di candida neve. Una profonda beatitudine riempiva ogni spazio della mia anima come un potente lenitivo dei sensi e un’aura di vigore, simile ad un sottile velo di nebbia, avvolgeva il mio corpo proteggendolo dal freddo e dal calore, rendendomi allo stesso tempo parte e singolarità dell’eccezionale spettacolo, insomma, un bozzolo di materia distaccato dalle leggi dello spazio e del tempo, non soggetto a ciò che la natura ha da sempre imposto prepotentemente. Costante, il richiamo di una voce soave riecheggiava nell’aria impregnando ogni singolo atomo col suo tono melodico, indistinguibile , inarrivabile nel suo punto d’origine; lentamente, dentro me sentivo crescere l’assoluto bisogno di trovarne la fonte. Iniziai a scrutare ogni piccolo meandro del mondo circostante alla ricerca di risposte senza successo, mentre pian piano diventava sempre più chiara, sempre più limpida, riuscendo a comprenderne quasi ogni singola parola; capii che il mio nome veniva ripetuto incessantemente dalla voce angelica di una donna tanto improbabile quanto familiare, l’eco profondo di amore e desiderio di colei che tanto aveva devastato i miei sensi. LAURAA…….gridai a squarciagola con le lacrime agli occhi, ASPETTAMI TI PREGO, NON SPARIRE, RIUSCIRO’ A TROVARTI E STAREMO FINALMENTE INSIEME. Vagai senza sosta tra le sconfinate figure terrene alle quali mi era impossibile abituarmi senza, però, ottenere alcun risultato e ormai in preda alla rabbia e alla disperazione fissai un punto all’orizzonte contro il quale mi diressi furibondo carico delle ultime energie di cui disponevo. Correvo, correvo, anzi, volavo, volavo e intanto la sua voce sembrava sempre più vicina, ma, aimè, sempre inesorabilmente irraggiungibile. Pian piano la mia folle corsa aveva assunto l’aspetto di un viaggio alla velocità della luce verso l’infinito, attraverso un cunicolo del quale non si distingueva l’inizio e la fine e ogni cosa alle mie spalle svaniva nel nulla alimentando un buio dilagante pronto a divorare anche me. Le immagini ai miei lati si facevano
sempre più sfocate, opache, deformi, non avrei potuto fermarmi neanche se l’avessi voluto, niente avrebbe potuto arrestare quella furia voluttuosa e carica di ione, niente, niente………..
In quel preciso istante, finalmente, un fortissimo dolore dietro la nuca mi costrinse a spalancare gli occhi liberando la mia mente dalle catene di una labirintica prigione onirica; ogni muscolo era contratto e rigido come al termine di una lunga maratona corsa sui sassi e mentre la vista iniziò a dare i primi segnali di attività, la natura assolutamente solida del giaciglio sul quale ero sdraiato mi suggeriva che il letto si trovava ovunque fuorché sotto la mia schiena. In fin dei conti, non era poi così distante come immaginavo, tastando qua e là con mani e piedi verificai fin da subito la sua presenza sovrastante lungo tutto il lato sinistro, così, momento dopo momento ogni cosa divenne più chiara e, infatti, continuando a guardare il soffitto in attesa che l’intero apparato motorio riacquistasse a pieno le proprie funzioni, cercai in qualche modo di ricostruire interamente le dinamiche dei fatti appena avvenuti; di tutto quel trambusto si poteva evincere una sola cosa assolutamente certa, ero stato vittima di uno straordinario quanto terribile sogno. Evidentemente, la natura concitata dell’artificio mentale era stata così vivida e carica di sentimento da riuscire addirittura a proiettarsi nella realtà, probabilmente, anzi, quasi certamente dopo essermi appisolato il letto svolse una funzione totalmente diversa da quella per cui venne concepito e, in barba al riposo, in breve si trasformò nel più assurdo teatro di guerra che avessi mai visto, solcato e devastato dalle uniche armi a mia disposizione, pensieri e turbamenti dell’anima. Nonostante gli eventi, la fortuna volle comunque che un piccolo incidente di percorso interrompesse quel conflitto interiore, giusto in tempo perché non provocasse ulteriori danni a me e ad ogni oggetto nelle vicinanze, insomma, a modo suo lo spigolo del capezzale ci aveva graziato tutti quanti, o forse!?
Capitolo 7 “Insieme”
Mi sono sempre chiesto cosa spinga le persone a sognare di continuo, ad occhi aperti e non, perché, in fondo, se consideriamo anche le divagazioni della mente durante l’intero arco della giornata, si può benissimo affermare che il nostro cervello trascorre molto più tempo a fantasticare sulla costruzione di realtà alternative piuttosto che concentrarsi appieno su quella in cui ci troviamo. Alcuni, la maggior parte, sostengono la teoria secondo la quale i sogni ci aiutano a mettere ordine nella nostra testa e, attraverso la costruzione di complesse situazioni, tutto sommato, svolgono la semplice funzione di spazzini del confuso sistema di informazioni accumulate nel tempo; altri, invece, ritengono che i sogni siano semplicemente l’espressione fantasiosa di desideri e paure, nient’altro che uno strumento sinaptico con la specifica funzione di appagare o torturare la mente, a secondo dei casi, con ciò che vorremmo o non vorremmo accadesse nella realtà. Io, dal mio punto di vista sono più propenso per un’interpretazione su più fronti, convinto che sia impossibile poter dare una spiegazione univoca a tal mistero. Ad ogni modo, comunque la si voglia mettere, non c’è dubbio sul fatto che senza i sogni la vita non sarebbe più la stessa, probabilmente non avrebbe più senso di esistere! Nel mio caso specifico, chissà quale particolare motivazione aveva spinto ogni neurone del mio corpo verso una simile agitazione, poteva essere stato il dolore dovuto al lutto, il caldo, le pressioni di mia madre, più probabilmente doveva essere stata lei, Laura, la causa di tutto; quello che era successo di sotto aveva senza dubbio contribuito ad alimentarne la cosa, ma, in ogni caso, come interpretare il sogno? Che significato aveva il volo, la luce, le nuvole, il richiamo della sua voce senza mai riuscire a trovarla? Poteva essere amore! Ma, amore corrisposto? Poteva essere paura! Ma, fino a che punto? Insomma, un mistero destinato a rimanere tale. Per assurdo, proprio questa mia riflessione era diventata l’esatta espressione della tesi appena sostenuta, con qualche aspetto ancora più preoccupante perché non solo avevo ripreso a sognare, questa volta ad occhi aperti, ma lo stavo facendo con informazioni derivanti dal sogno ad occhi chiusi appena terminato. Come si può ben capire, non esiste via di scampo dalla spirale onirica alla quale siamo legati, l’unica soluzione è lasciarsi trasportare dalla corrente di emozioni in piena, nella speranza che prima o poi, tra ostacoli, rapide e scogli, questa ci
porterà a valle. D’improvviso, nel silenzio più assoluto, udì un forte frastuono provenire dalla porta d’ingresso; inizialmente non riuscii ad identificarne la fonte, ma intuii lo stesso che l’origine del fenomeno era molto vicina. All’inizio pensai potesse essere qualche allucinazione uditiva causata dalla botta appena presa, ma con spirito investigativo mi alzai dal letto sul quale mi ero appena seduto per recuperare le forze e mi diressi verso la porta deciso a darmi una spiegazione di quanto appena accaduto. Non feci neanche in tempo a muovere i primi i che una dolce vocina mi costrinse ad arrestare il mio avanzamento. << Fermo, sono io, sono io, Laura, ai che dolore, ahi…!! >> E in un attimo provai nuovamente la sensazione vissuta qualche ora prima di sotto, i miei arti furono di nuovo congelati dall’emozione; << ma come!? >>, mi domandai << Laura!? Di sicuro sto continuando a sognare!>>, continuavo a ripetere a voce bassissima, quasi bisbigliando perché non mi sentisse e nel frattempo mi prendevo a schiaffi perché tornassi immediatamente alla vita reale affinché quell’incubo finisse una volta per tutte, ma niente, ero ancora lì.
<< Ahi, che dolore, quel maledetto quadro mi ha preso in pieno, che fai!? Non stare lì imbambolato, vieni qui ad aiutarmi! >>. Preso dal coraggio iniziai finalmente a rispondere.
<< Mi hai appena detto di stare fermo! >>.
<< Hai mai visto un uomo che ascolta ciò che gli dice una donna!? >>.
<< Beh, che diamine, arrivo! >>.
Girai l’angolo e la trovai accasciata per terra vicina ad un enorme quadro tutto rotto; era lì, bellissima, proprio davanti ai miei occhi, col suo vestitino, il suo cerchietto, il suo viso, i suoi capelli, i suoi meravigliosi occhi e mi stava chiedendo aiuto, esattamente la situazione a cui tutti gli innamorati ambiscono,
ma io continuavo a fissarla senza muovere un dito.
<< Ecco, ci risiamo, di nuovo perso nei suoi pensieri, ti svegli Gianni!?? Dammi una mano ad alzarmi! >>.
<< Ah, sì >>, scosso, imbarazzato e goffo come un pupazzo << eccomi, afferra la mia mano>> e in un batter d’occhio la sollevai con tutta la mia forza facendola quasi volare.
<< Ah, però, quanta forza!! Se solo l’usassi anche in altro, invece di fantasticare! >>.
<< Scusami! >>.
<< Fa niente, almeno mi hai finalmente alzata da terra, sembrava quasi che volessi lasciarmi lì! >>.
<< Eh!? Ma no! È che...!! >>.
<< Basta così, non mi importa cosa ti frulla in quella tua testolina strana >>.
<< Strana!? >>.
<< Sì, strana, ho usato questo termine per non utilizzarne degli altri! >>.
<< Tipo!? >>.
<< No, nessuno!! >>.
<< Vabbè, ad ogni modo, che ci facevi dietro la porta e perché eri a terra dolorante vicina a quel vecchio quadro completamente rotto?>>.
<< Beh, direi che non sono affari tuoi! >>.
<< Ma come!? >>.
<< Si si, non sono affari tuoi e ora basta, mi devo sedere un attimo >>.
<< Vabbè, vieni, ti porto nella stanza, lì c’è il letto di mio nonno, puoi sederti li >>.
<< Il letto, bel posto dove portare a riposare una ragazza!!! Ci sai proprio fare tu eh, neanche mi conosci che già ci stai provando!! >>.
<< Ah, ma guarda che non ci sto provando, cioè, sti sto dicendo di venire perché lo hai chiesto tu, non saprei dove portarti, è il posto più vicino e poi non ci sono
sedie >>.
<< Ahahahaha, rilassati, sto scherzando, andiamo, il letto va benissimo >>.
Confuso, imbarazzato, stordito, innamorato, attratto, quante emozioni in un colpo solo!! Sta di fatto che afferrato stretto stretto il mio braccio la portai fino al letto dove sedemmo entrambi con un sospiro di sollievo.
<< La tua stanza è proprio strana, come te d’altronde! >>.
<< Non è la mia stanza, te l’ho già detto, è di mio nonno >>.
<< Sarà, ma allora che ci facevi nel suo letto!? >>.
<< Stavo riposando! >>.
<< A me non sembrava proprio che stessi riposando! >>.
Ero talmente estasiato dalla sua presenza al mio fianco da non rendermi assolutamente conto di quello che era appena avvenuto, non solo stavo finalmente parlando con lei, non solo era seduta vicino a me su un letto, ma probabilmente aveva assistito alla deprimente scena avvenuta durante il mio sonno.
<< Eh beh, che vuoi dire!!? >>.
<< Niente, quello che ho detto! >>.
<< Ma non hai detto niente di così chiaro, spiegati!! >>.
<< E vabbè, sembravi indemoniato poco fa! >>.
<< E’ vero, stavo facendo un brutto sogno >>.
<< Come un brutto sogno!? Urlavi a squarciagola il mio nome, è per questo che sono salita a vedere cosa stesse succedendo in questa stanza >>.
Rimasi ammutolito dalle sua affermazioni, capii di aver solo peggiorato le cose assopendomi!.
<< Beh, no, vedi… >>.
Non sapevo cosa dire.
<< Ho capito, sei pazzo!! >>.
Balzai dal letto come una molla.
<< Pazzo!? Perché dovrei essere pazzo!?? >>.
<< Beh, non c’è altra spiegazione al tuo comportamento, prima di sotto sembravi in preda ad una crisi isterica, poi sei salito sopra ed è incominciato questo teatrino; non sono una esperta, ma secondo la medicina questa è follia! Dimmi, devo stare attenta? >>.
Ero veramente senza parole, proferii la prima cosa che mi venne in mente.
<< Beh, se fossi stato pazzo, probabilmente ora non staresti qui a parlare con me! >>.
<< E per quale motivo? >>.
<< Non avresti mai potuto dialogare con un pazzo, non avrebbe risposto a nessuna delle tue domande!! >>.
<< Bah, non ne sarei così convinta, non tutti i pazzi sono uguali e alcuni sembrano persone normalissime, tu, di tuo già non hai esattamente l’aspetto della persona normale, quindi, parti svantaggiato >>.
<< Come fai a saperlo, ne hai mai visto uno!? >>.
<< Forse hai ragione o forse no, comunque tutta questa storia mi puzza, dovrò stare attenta >>.
<< Che fai!? Dici ad un ipotetico pazzo di essere pericoloso, non credo sia la migliore delle strategie! >>.
<< E’ vero, grazie del consiglio, pazzo!! >>.
Non capivo se mi stesse prendendo in giro perché aveva già compreso tutto, sapeva che ero cotto di lei, oppure se realmente pensava che fossi pazzo, ma in ogni caso la conversazione continuò riguardo a questo aspetto per diverso tempo fino a quando la sua attenzione finì su quello che di lì a dopo sarebbe diventato il nostro pittoresco viaggio privato…
Capitolo 8 “Un viaggio”
In tutta onestà, la situazione era diventata un piacere per l’anima, continuavamo a discutere l’uno di fianco all’altra come se ci conoscessimo da tutta la vita, scambiavamo una dietro l’altro informazioni sul nostro presente mentre ogni tanto spuntava anche qualche dettaglio del nostro ato; ma, la cosa in assoluto più gratificante, almeno dal mio punto di vista, stava nella possibilità di poterla finalmente contemplare in tutto il suo splendore. Estasiato la osservavo proferire parole su parole come un canto melodico e intanto il suo odore, ah, il suo odore! Non portava profumo, ma la sua pelle odorava come aria fresca, impregnava l’ambiente circostante come un’aura di vitalità dalla quale era impossibile sfuggire e il solo starle vicino mi rendeva felice, niente e nessuno avrebbe potuto farmi del male. In quei momenti, contrariamente a quanto avvenuto in precedenza, una forza irrefrenabile pervase il mio corpo, le sue labbra, i suoi occhi, il suo collo, lì, a qualche centimetro di distanza, esattamente in quegli istanti, ogni cosa mi spingeva a volerne assaporare la bellezza e a stento riuscii a trattenermi. Dunque, come avrei dovuto comportarmi!? Avrei dovuto fare il primo o!? Onestamente la cosa mi sembrava troppo avventata, nonostante mi sentissi oramai perfettamente a mio agio, qualcosa dentro me continuava a bloccare ogni minima iniziativa, sentivo che sarebbe stato troppo presto, decisamente fuori luogo, in fondo, di sotto c’erano i nostri genitori, senza contare l’assembramento di ospiti venuti per il funerale del nonno; il funerale! Si, mi ero praticamente dimenticato di questo dettaglio non proprio irrilevante, qualche metro sotto di noi si stava consumando un momento di immensa tristezza per la perdita di un nostro caro e noi ci trovavamo paradossalmente nella sua stanza, ma, aimè, con profondo senso di colpa, mi rendevo conto che la cosa non sfiorava minimamente la mia coscienza e, infatti, grazie a lei, il thanatos era stato schiacciato inesorabilmente dall’eros, dentro me sentivo un irrefrenabile istinto alla vita. E così, mi dedicai solo ed esclusivamente al quel momento senza alcuna riserva, deciso ad andare fino in fondo per scoprire una volta per tutte quale sarebbe stato il mio destino.
<< Sai, non capisco perché tu debba essere così strano!? >>.
<< Ma perché continui con questa storia!? >>.
<< Sì, vedi, ti ho visto oggi, quando sei uscito dal negozio del sarto >>.
<< Eh!! >> , rimasi esterrefatto, come fece ad accorgersi della mia presenza?.
<< Lo vedi, ogni volta che ti dico qualcosa la tua faccia assume espressioni mai viste >>.
<< Mah, devi capire…>>.
<< Sì, capisco perfettamente, da ragazzino hai sbattuto forte la testa e sei stato curato male >>.
<< Ma che dici!? La mia testa non ha niente che non va! >>. C’è da dire che nonostante continuasse ad insultarmi, lo faceva in modo talmente elegante ed arguto che la cosa incominciava ad eccitarmi, ancora di più di quanto lo fossi!
<< Sarà, comunque una cosa è certa, non sei normale!! >>.
A quel punto mi fissò per un breve istante negli occhi, come per scrutare fin nei
meandri più nascosti della mia mente, prima di voltare improvvisamente lo sguardo verso il comodino sul quale avevo lasciato precedentemente il libro venuto fuori dal baule.
<< Cos’è quello? E’ da quando sono entrata che volevo chiedertelo! >>.
Pietrificato dal fulmineo incrocio di sguardi, ò qualche secondo prima che iniziassi a metabolizzare la natura della domanda, mentre, lei, col suo sorrisetto malefico stampato sulla bocca, non aspettò certo la mia risposta prima di allungare le sue esili braccia per afferrarlo.
<< Vabbè, non scomodarti a risponderti sai, ho già fatto da sola! >>.
<< Scusa, ero sovrappensiero >>.
<< Ahahahaha, ma no, non è da te!! >>.
<< Che fai, sfotti!!? Non credo ti interessasse molto la mia risposta, altrimenti avresti aspettato >>.
<< Ahahah, come siamo permalosi!! Rilassati, voglio solo sapere che libro è! >>.
<< Beh, non lo so nemmeno io che libro è, l’ho trovato fra le carte del baule di mio nonno, veramente non sapevo nemmeno che esistesse quel baule prima che
mia madre ne rovesciasse mio malgrado il contenuto sul pavimento >>.
<< Uh, antico baule, libro sconosciuto, la cosa si fa interessante!>>. Cercai di calmare i miei bollenti spiriti e ripresi la conversazione con tono pacato.
<< Il problema è che non ci sono punti di riferimento, non c’è scritto l’autore, niente trama, inoltre la copertina non mostra nessuna caratteristica che possa far risalire al tipo di storia in esso contenuta >>.
<< Ah, vedo che te ne intendi di libri!! >>.
Quello fu il primo complimento che mi fece e devo ammettere che la cosa mi gratificò molto, aveva riconosciuto con poche parole la mia più grande ione, la lettura.
<< Ah, adoro leggere e di conseguenza nel tempo ho accumulato molte informazioni su tutto ciò che concerne i libri >>.
<< E’ sicuramente una ione che oggigiorno non patricano in molti, soprattutto alla nostra età e, anche se non sembra, ne ho letti parecchi anch’io, probabilmente non sarò esperta come te, però, diciamo che me la cavo! >>.
La nostra conversazione era ata da una fase in cui ricevevo solo insulti, seppur detti in tono scherzoso e con garbo ad un'altra in cui venivo lusingato per le mie doti, nonostante non fossero state ancora del tutto messe in pratica; ad ogni modo, la cosa non sembrava dispiacere a nessuno dei due e così
continuammo la nostra disquisizione con forte interesse reciproco.
<< Vedi, i libri ti danno la possibilità di vivere un’infinità di situazioni, una cosa che nemmeno mille vite permetterebbero di fare, non riesco a pensare ad un mondo senza tutto questo! Io mi nutro di pensieri e di idee, quindi, non riuscirei mai a vivere senza poter alimentare continuamente la mia immaginazione! >>.
<< La stranezza è un concetto assai relativo, in fondo, anche i pazzi sono umani, a modo loro e su un livello differente, ma umani >>.
Era chiaramente riferito a me, ma lì per lì non seppi dargli un’interpretazione precisa.
<< Credo tu abbia ragione a definirmi un po’ pazzo sai, ma la cosa non mi offende per niente, se proprio dovessi scegliere di essere qualcuno, vorrei essere un pazzo, almeno avrei la possibilità di vedere le cose da un’altra prospettiva >>.
<< Su un punto siamo pienamente d’accordo, la pazzia non è necessariamente negativa! >>.
E lì capii finalmente perché si trovasse in quella stanza insieme a me, il perché del suo origliare durante il mio sogno, come mai discutesse con me di argomenti che in pochi avrebbero avuto il coraggio di affrontare, le nostre menti erano perfettamente uguali e contrarie, diverse nel mezzo comunicativo, ma uguali nel contenuto, due universi legati per natura.
<< Quindi, se ho ben capito, c’era solo questo! >>.
<< Esatto, non ne ho trovato altri >>.
<< Allora, probabilmente tuo nonno lo considerava come qualcosa di veramente importante!! >>.
<< Lo credo anch’io, è per questo che appena l’ho visto ha subito attirato la mia attenzione, sembrava quasi mi stesse aspettando, giaceva per terra tra le scartoffie tutto solo in attesa che qualcuno ne svelasse nuovamente il contenuto >>.
<< Beh, che aspettiamo, diamo una risposta a questo mistero >>.
<< Vai, aprilo! >>.
Lasciai a lei l’onore di tenerlo fra le mani, era decisamente molto meglio così, quella posizione contemplativa le donava un fascino mistico difficilmente confrontabile con qualsiasi altra cosa su questa terra e, comunque, per nessun motivo mi sarei mai permesso di azzardare un gesto simile, la galanteria è sempre stata parte integrante del mio modo di fare, le donne sono sacre e come tali vanno trattate.
Leggemmo insieme: << Cronache Latine >>.
<< Bah, non ho mai sentito un titolo del genere!! >>.
<< Anch’io! >>.
ammo subito alla prima pagina introduttiva, c’era la caratteristica frase poetica che avevo visto in precedenza; lei, giustamente, avendola scoperta in quel momento la lesse ad alta voce:
UN VIAGGIO OLTREOCEANO, IN CERCA DELLA VITA, IN CERCA DEL PERDONO, OGNI UOMO NE HA DIRITTO PECHE’ NON MUOIA SOLO. HO LASCIATO LA MIA ANIMA ED IL MIO CUORE COME DONO NELLA TERRA DI NESSUNO, DOVE OGNUNO E’ COME IL SOLE E LIBERO DI VOLARE.
<< Si, l’avevo già letto, ma non capisco assolutamente cosa significhi, forse è soltanto un versetto introduttivo di poco conto!! >>.
<< Non lo so, certo, il fatto che sia stato messo qui tutto solo potrebbe significare tante cose, ma lo scopriremo solo continuando la nostra lettura >>.
<< Questo è assolutamente vero, dunque, non aspettiamo altro tempo, continua, ti ascolto! >>.
Girò la pagina e sempre ad alta voce proseguì….:
15 DICEMBRE 1942
Il sole splende alto nel cielo azzurro della mattina, di tanto in tanto qualche sparuta nuvola bianca alimenta una complessa altalena di luci e colori mentre una leggera brezza d’aria fresca, resa ancora più pungente dall’umidità del mare, sfrega incessantemente la pelle già arrossata delle mie guance, quasi a volerne erodere lo strato superficiale; tuttavia, l’incantevole scenario che si sta palesando davanti ai miei occhi mi rende praticamente impossibile abbandonare il ponte del piroscafo sul quale sono imbarcato per cercare riparo sotto coperta, infatti, proprio dietro di me posso vedere l’intero golfo di Napoli in tutto il suo splendore allontanarsi e divenire sempre più piccolo fino a quasi sparire completamente lungo la linea dell’orizzonte! Solitario, dal nulla, svetta il comignolo del Vesuvio, dal quale una leggerissima linea di fumo quasi impercettibile si protrae verso l’alto zigzagando. Non riuscirei mai a descrivere nel giusto modo l’insieme di emozioni contrastanti che mi affliggono in questo delicato momento, da un lato c’è un ato fatto di gioie e dolori, dall’altro un futuro di speranza e redenzione; ora mi attende un lungo viaggio e se tutto andrà bene porterà me e tante altre anime bisognose fino all’altra parte del mondo, lontani da una terra martoriata e devastata dalla guerra.
<< Ah, bene, bene, almeno abbiamo capito di che genere di libro si tratta, è semplicemente un diario, ma di chi!? >>.
<< Vedremo! >>, gli risposi. << Ormai siamo destinati a scoprirlo, continua, continua…>>.
25 Dicembre 1942
E’ Natale, le condizioni meteo non sono state delle migliori, il mare, infatti, ha sballottolato la nave fin da quando abbiamo superato lo stretto di Gibilterra facendola rollare a destra e sinistra come una sedia a dondolo notte e giorno; inutile sottolineare il malessere dei eggeri, la maggior parte di essi, infatti, sono stati rintanati nelle proprie cabine, smistate sui vari livelli a seconda della classe, in attesa che la situazione migliorasse mentre qualche temerario, probabilmente abituato alla vita in mare, oppure insensibile a questo tipo di sollecitazioni, si è aggirato solitario sui ponti manifestandosi nelle più svariate attività quotidiane; c’è stato chi è uscito per fumare la pipa all’aria aperta, chi si è dedicato alla pittura evidentemente ispirato dalla furia degli elementi, chi invece ha eggiato avanti e indietro col bastone in mano percorrendo chilometri di ponte nel disperato tentativo di accaparrarsi le attenzioni delle signore fin troppo annoiate dall’incessante lamento dei mariti pignoli; io appartengo a quest’ultima categoria! Non ho mai viaggiato in mare aperto, neanche quando ho fatto parte dell’esercito, ma chissà per quale motivo il rollio della nave non mi crea alcun disturbo, anzi, alle volte mi diverte anche. Il comandante ha deciso che per l’occasione verrà tenuto un grosso ricevimento nell’enorme sala che si trova al centro del ponte superiore e vista e considerata la natura della ricorrenza ha auspicato che tutti vi partecipino, nonostante il tempo non ne garantisca un normale svolgimento. Devo ammettere che la cosa non mi interessa più di tanto, ma andrò lo stesso, sono sicuro di poter fare nuove ed interessanti conoscenze!
27 Dicembre 1942
Mi trovo nel letto della mia cabina, la numero 7, sono le 3.00 di notte e non riesco a riprendere sonno perché svegliato da un brutto incubo che da diverso tempo è diventato ricorrente; quasi ogni notte rivedo la stessa sconvolgente immagine: un bimbo molto piccolo è immobile nel centro di un campo sovrastato dalla nebbia, intorno a lui è pieno di corpi stesi a terra e privi di vita, tutti soldati che hanno appena partecipato ad una sanguinosa battaglia dalla quale nessuno ha avuto scampo. E’ quasi sera e il crepuscolo illumina solo leggermente l’ambiente circostante facendolo sembrare un’ inferno, i suoi abiti sono logori e consunti dalle intemperie e in mano tiene
un orsacchiotto di peluche con le giunture tutte strappate e dalle quali fuoriesce l’imbottitura; Il suo viso, le sue mani, sono sporche di fango e da lontano lo vedo disperarsi con lacrime di paura mentre grida a squarciagola il nome della mamma. Così, mi metto a correre in suo soccorso, ma proprio quando gli sono vicino una forte esplosione sotto di lui mi scaraventa contro il terreno ed è l’ che mi sveglio di soppiatto rimanendo attonito e terrorizzato…
29 Dicembre 1942
Poco fa siamo stati tutti spettatori privilegiati dell’atroce ed efferata lotta di potere che si sta consumando in ogni luogo, sia esso terra, aria o mare, tra le principali forze militari del mondo. Subito dopo il crepuscolo, nel buio, in lontananza iniziammo ad udire fragori che pensammo in un primo momento fossero provocati da un forte temporale in avvicinamento, ma dopo aver constatato l’assoluta limpidità del cielo frastagliato ovunque dalle stelle, capimmo che qualcosa di assolutamente raccapricciante stava accadendo davanti i nostri occhi; ad ogni tuono corrispondeva un intenso bagliore prima da un lato e poi subito dopo dall’altro così, tra i vari interrogativi che la folla incuriosita puntualmente ha sollevato, uno fra tutti fece impallidire ogni persona presente, anche i più scettici; in effetti, c’era la possibilità, ata da una evidente coerenza logica, che di fronte a noi stesse avendo luogo uno spietato scontro tra navi nemiche. In molti indietreggiarono istintivamente come per cercare protezione da qualcosa che avrebbe potuto rappresentare la nostra fine, ma a quel punto, sempre ammesso che ci fosse stata l’intenzione di attaccarci, sarebbe stato praticamente inutile provare anche solo a fuggire. Da cosa poi? Ma soprattutto, dove? Lì, in mezzo all’oceano, anche contro il più piccolo incrociatore saremmo stati carne da macello, quindi, perché perdersi quel macabro spettacolo. La cosa non durò molto, dopo appena cinque minuti, infatti, la quiete impose prepotentemente il suo dominio, ma nessuno poté dare una spiegazione completa su quanto avevamo appena visto; anche ammessa la possibilità dello scontro, era impensabile che il comandante decidesse di avvicinarsi per verificare la presenza di eventuali superstiti, sarebbe stato troppo pericoloso e, dunque, perché preoccuparsene,
purtroppo la vita di questi tempi ha molto meno valore.
30 Dicembre 1942
Finalmente le condizioni del tempo stanno migliorando, il mare è calmo e lucente come una lastra di vetro e la temperatura è molto calda, quasi estiva, segno evidente che ci stiamo avvicinando sempre di più alla nostra meta; nonostante gli sforzi per eludere la deprimente situazione, da diversi giorni tutti noi siamo stati inevitabilmente costretti a trascorrere la maggior parte delle ore quotidiane in angusti salotti tra fumi di tabacco bruciato ed esalazioni di brandy e cognac misti ai profumi stordenti delle donne imbellettate a dovere per le varie occasioni di ritrovo, ma ora, il mutare del clima ci ha portati nuovamente ad essere euforici e sorridenti come al momento della partenza! La guerra ci ha portato via ogni cosa, i nostri affetti, i nostri beni materiali, quello che abbiamo costruito con tanta fatica in una vita di duro lavoro e questo viaggio, questa nave, ogni singola onda infranta contro la sua chiglia, rappresenta infine la nostra ultima speranza di un vero cambiamento. Stiamo fuggendo dall’orrore e dalla devastazione di qualcosa che può essere tranquillamente definito un oltraggio all’intera esistenza umana, la concretizzazione del disegno di un folle avallato in ogni sua assurda sfumatura dalle firme delle menti più illustri, se così le possiamo definire, della nostra epoca. Non abbiamo grosse pretese, vorremmo solo poter vivere quel po’ che ci resta con l’autonomia e la consapevolezza che su questa terra siamo nient’altro che un granello di sabbia tra le dune del deserto; ora, però, nel nostro caso, trovandomi ad osservare incuriosito ogni protagonista del disperato tentativo di rinascita spirituale, mi rendo conto che c’è e ci sarà sempre un aspetto del genere umano che continuerà a sorprendermi finché avrò vita perché, seppur con la faccia per terra, le mani legate dietro la schiena e la testa pronta per essere tagliata, insomma, quando ormai tutto è perduto, ogni essere vivente conserverà sempre quel briciolo di orgogliosa vanità che lo rende ridicolo di fronte alla vastità dell’universo.
<< La seconda guerra mondiale!! La più grande accozzaglia di pensieri inutili che l’umanità abbia mai concepito >>.
<< Ora sappiamo in che periodo è ambientato, ma ci sono ancora un sacco di sfumature poco definite, non si riesce bene a comprendere il senso di questo viaggio, come mai in piena guerra ha deciso di partire!? Come è possibile che glielo abbiano lasciato fare? >>.
<< In effetti, a quei tempi gli spostamenti non erano così semplici come oggi, oltre alla tecnologia non proprio all’avanguardia in più c’era da considerare il contesto, i mari erano battuti dalle flotte di incrociatori e sommergibili tedeschi che siluravano qualsiasi cosa si muovesse, senza contare le ristrettezze economiche imposte per finanziare la complessa e dispendiosa macchina bellica >>.
<< Sarà, a me più che le ragioni interessa sapere chi fosse il soggetto in questione, tutta questa storia è veramente insolita!! >>.
<< Beh, non abbiamo altro modo di scoprirlo se non portando a termine ciò che abbiamo iniziato! >>.
<< Hai ragione, andiamo avanti, vediamo di chiarire una volta per tutte >>.
Ormai tra di noi si era creato un feeling molto intrigante, ogni secondo i nostri corpi divenivano sempre più vicini, al punto da poter percepirne il calore; di tanto in tanto la sua pelle sfiorava la mia mentre gli sguardi, sempre più intensi e carichi di significato, si univano ad un piacevole gioco di sussurri nelle orecchie in cui le nostre bocche rischiavano ogni volta lo scontro, alimentando così uno
stato di ebbrezza molto eccitante. Gli alterchi, uniti alla sorprendente lettura del libro, infine, rappresentavano l’occasione per consolidare una volta per tutte questo assurdo legame.
1 Gennaio 1943
È assai difficile per me ricostruire ogni dettaglio della singolare esperienza appena vissuta, qualcosa di irripetibile che mai e poi mai avrei potuto immaginare, eppure, eccomi qui, foglio e penna in mano; ho corso talmente in fretta da rischiare il collasso pur di mantenere ogni ricordo vivido nella mia mente e spero tanto che tutta questa fatica non sia stata sprecata. La giornata è iniziata in modo piuttosto tranquillo, nonostante il continuo fermento di preparativi per l’ultimo dell’anno, i eggeri hanno mantenuto un comportamento più che decoroso, forse frenati da un umore poco incline ai festeggiamenti; tuttavia, era evidente presumere che le cose sarebbero cambiate allo scoccare della mezzanotte ed infatti così è stato. A poco a poco ognuno di noi ha sentito crescere dentro di se un fuoco di ione ed euforia come oramai non avveniva più da diverso tempo, siamo stati abituati così tanto a sopprimere le nostre emozioni o costretti a fingere di provarne delle altre da aver quasi dimenticato quanto gratificante possa essere la felicità. Le ragioni sono molto semplici, chiunque, ora, su questa nave, sia esso ricco o povero, nobile o borghese, militare o civile è stato in qualche modo vittima delle indescrivibili azioni scellerate che hanno caratterizzato l’ultimo ventennio. Storicamente non è mai esistito un momento che si possa definire felice, nonostante ciò, mai come adesso il genere umano si è trovato ad affrontare una situazione così tragica, sotto ogni punto di vista; abbiamo assistito alla nascita dei regimi totalitari con tutta la falsa propaganda militare ed imperialistica che li contraddistingue, al sorgere di politiche liberticide e discriminatorie attraverso cui dissidenti, contestatori o qualsivoglia opinione contraria alla linea di governo è stata subito messa a tacere con metodi ben poco democratici e assai discutibili mentre dal nulla, ad un certo punto, è spuntata l’idea folle della creazione di una razza pura, a cui sono seguite deportazioni di interi popoli in spietati luoghi di tortura. Il tutto, mescolato ad una sconfinata sete di potere, ci ha condotto inesorabilmente ad affrontare il più raccapricciante scenario di
violenza che la mente umana abbia mai concepito, un tripudio di armi e mezzi distruttivi che non hanno risparmiato nessuno, vecchi o bambini, uomini o donne. È facile immaginare quanto coinvolgente possa essere stata la nottata appena trascorsa, la nave, dai salotti alla sentina, si è trasformata nel paese dei balocchi in cui il delirio di festeggiamenti non ha avuto limiti. Nessuno sfarzo, nessun particolare eccesso di estetica, solo un’atmosfera briosa e spensierata; anche nel modo di vestire non ho notato alcun cambiamento rispetto ai giorni ati, segno evidente di quanto le condizioni dei eggeri fossero disperate prima di intraprendere il viaggio, tutti, come me d’altronde, hanno con se poche valigie e il loro contenuto di sicuro non è rappresentato da oggetti frivoli ed inutili come abiti da cerimonia. Ma, come ho già detto in precedenza, la vanità è un peccato assai difficile da contenere, dunque, sia le donne che noi uomini in qualche modo abbiamo sopperito a tali mancanze sfoggiando quanto di meglio potessimo fare; il risultato è stato un teatrino di movenze tutte minuziosamente studiate in cui le une avanzavano impettite mostrando gli ultimi gioielli di famiglia sottratti all’abbandono come unico motivo di orgoglio mentre noi altri, invece, eravamo sempre pronti a sollevare il braccio con la speranza che venisse notato il migliore tra i nostri bastoni da eggio. La cena di gruppo ha avuto inizio verso le ore 21.00 e, considerato il poco spazio a disposizione, tenuto conto dell’ingente numero di bocche da sfamare, abbiamo trascorso le tre ore che ci separavano dal conto alla rovescia tra balli e brindisi di ogni tipo, infatti, ogni tanto, quasi con cadenza regolare, si alzava dal tavolo un tipo molto vivace e palesemente su di giri che dopo aver richiamato l’attenzione di tutti verso se stesso sciorinava improvvisamente le rime più assurde cui seguiva il fragore dei bicchieri che si scontravano; lo schema è stato con alti e bassi il medesimo fino allo scoccare della mezzanotte, quando finalmente un grido unanime di frenata gioia ha smosso ogni singolo bullone della nave e devo anche ammettere che per un istante ho anche temuto un possibile cedimento dell’intera struttura di metallo costruita nei migliori cantieri d’Italia. Sarebbe veramente inutile soffermarsi più di tanto su quanto avvenuto di li a poco in quel determinato contesto intriso di festeggiamenti, sta di fatto che ad un certo punto del marasma collettivo decisi di uscire fuori a prendere la solita boccata d’aria fresca, soprattutto per riprendermi dal profondo stato confusionale del quale ormai ero preda. Giunto a ridosso del parapetto del ponte di tribordo, in lontananza, alla mia sinistra, vidi con la coda dell’occhio due figure, una femminile e l’altra maschile tenersi per mano mentre osservavano un punto fisso di fronte a loro; pensai che avessero
scelto quel momento per ritrovarsi a condividere un briciolo di intimità, godendosi lo splendido panorama proprio davanti i loro occhi poiché la luna, questa notte, ha completato il suo ciclo e con tutta la sua splendente lucentezza ha illuminato la sconfinata lastra nera dell’oceano riflettendosi in ogni sua piccola increspatura, creando un gioco di colori quasi psichedelico. Stavo godendo anch’io del caratteristico scenario quando d’improvviso le due figure sparirono lentamente oltre il limite del parapetto come due manichini rigidi ed inanimati e così, dopo alcuni secondi di veloce riflessione, l’istinto mi spinse verso loro in un impeto di disperazione come se potessi bloccarne la caduta o afferrarli per le gambe salvandoli da morte certa, ma, mio malgrado, una volta arrivato sul posto potei solo verificarne la sparizione completa, lungo il lato acciaioso dello scafo che si ergeva possente mentre fendeva vigorosamente le acque dell’oceano lasciando dietro di se una candida e sprezzante spuma bianca. Cercai l’aiuto di chiunque in un grido disperato, però, era troppo tardi, giunsero una dozzina di persone trovatesi per puro caso nelle immediate vicinanze, tra cui anche personale di bordo, alle quali riuscii con non poche difficolta a spiegare quanto appena avvenuto, ma, nel dignitoso silenzio di rassegnazione fummo costretti ad accettare il fatto che niente e nessuno avrebbe potuto in qualche modo aiutarli. la nave viaggiava spedita e nel breve tempo trascorso dal fatto sicuramente ci eravamo lasciati alle spalle almeno più di un paio di miglia nautiche, quindi, anche se avessimo fermato subito la navigazione il tratto da perlustrare con le scialuppe sarebbe stato troppo grande e dispersivo, soprattutto con il buio della notte, senza contare la quasi certa possibilità che i due fossero finiti annegati già nell’impatto dopo il volo da quell’altezza; insomma, non c’era più niente da fare. La tragedia, però, aveva colpito solo i pochi che vi avevano assistito, perché, come potei constatare subito dopo, sottocoperta i festeggiamenti continuavano nella totale indifferenza, forse tutti ignari che due vite erano appena state stroncate ma più verosimilmente consapevoli ed indifferenti alla morte.
2 Gennaio 1943
Finalmente sono state identificate le persone scomparse, gli ufficiali di
bordo hanno lavorato duramente sugli elenchi dei eggeri arrivando alla conclusione che si trattava dei due coniugi Moretti; da alcune indiscrezione ho saputo che avevano perso il loro primo ed unico figlio l’anno prima esattamente nello stesso punto a causa di un errore da parte della marina tedesca, la nave mercantile sulla quale era imbarcato è stata scambiata per un cargo degli alleati e così hanno deciso di affondarla senza riserve. La guerra non fa sconti a nessuno! Il dolore della perdita deve essere stato così forte da spingerli a raggiungere a tutti i costi il proprio caro.
<< E’ assurdo, nessun genitore dovrebbe sopravvivere alla morte dei propri figli, è una cosa innaturale, che ti fa dubitare sul senso della vita!! >>.
<< Bah, è vero, mi domando sempre come sia mai possibile che qualcuno debba conoscere questo mondo per poi abbandonarlo così presto! Forse, siamo talmente convinti che il cammino di ogni essere umano debba essere definito come un ciclo regolare fatto di diverse fasi, la nascita, la crescita fisica, morale e spirituale ed infine la morte, da non riuscire a comprenderne la vera essenza >>.
<< Credo sia completamente sbagliato fossilizzarsi su un’interpretazione così univoca, è una visione troppo religiosa e come tale è impossibile poterla criticare in modo costruttivo senza demolirla, o si accetta così com’è oppure bisogna cambiare completamente punto di vista, liberando la mente dagli schemi imposti per tradizione >>.
<< E’ difficile sai, ogni popolo sviluppa una concezione del tempo e dello spazio in base a regole di costume tramandate di generazione in generazione, un retaggio culturale con forme e vita propria, la cui essenza sembra essere radicata fin nel DNA. E’ un po’ come avviene con le piante, puoi farle crescere in ambienti con clima, terra e acqua differenti, ma anche se tutto questo provocherà in lei la crescita di caratteristiche morfologiche legate a quell’ecosistema, alla fine produrrà sempre gli stessi frutti, magari un po’ più grandi e colorati, ma gli stessi >>.
<< Esistono per fortuna alcune persone che riescono a superare questi limiti grazie alla riflessione ed alla ricerca >>.
<< Intendi gli scienziati!? >>.
<< Non necessariamente, ci sono anche filosofi, artisti che propongono visioni del tutto alternative a quelle accettate dai molti ed è grazie a loro se l’umanità ha compiuto con successo il cammino evolutivo che ci ha portati allo stato attuale >>.
<< Può darsi, ma il problema sta nel fatto che la maggior parte di essi o non riesce a trasmettere il proprio pensiero in modo efficace e coerente oppure se ne esce con assurde e strampalate teorie senza valore che alle volte prevedono uno scenario di morte e distruzione, quindi, in definitiva in pochi riescono a scalfire il paradigma già accettato e condiviso, rimangono un unicum illuminato nel mare magnum della mediocrità >>.
<< Ed è proprio a loro che bisognerebbe affidarsi! >>.
<< Storicamente, però, nessuno è mai riuscito ad accogliere con benevolenza qualcosa che avrebbe danneggiato le fondamenta sicure su cui aveva costruito la propria esistenza, nel ato ogni genio veniva impiccato o bruciato vivo per eresia, dunque solo di recente, sempre con molte difficoltà, il pensiero alternativo viene visto come qualcosa di necessario ai fini della crescita mentale e alle volte anche spirituale >>.
<< Beh, come vedi, le domande generano altre domande, dunque, credo che alla fine l’unica soluzione possibile stia tutta nell’impossibilità di darne una, sia essa religiosa, scientifica o filosofica, perché tanto, ognuna di queste dipende imprescindibilmente dall’altra ed è legata ad essa dall’unica cosa certa su cui possiamo basarci: siamo esseri mortali! >>.
Il momento di complessa riflessione aveva generato in entrambi un senso di profondo smarrimento al quale trovammo conforto solo nel momento in cui le nostre mani si unirono in una stretta allo stesso tempo vigorosa e benevola, un gesto che rappresentò infine per entrambi il filo conduttore, l’ancora di salvezza, il punto d’incontro di due anime altrimenti avviate a perdersi nell’inafferrabile consistenza dei pensieri.
<< Guarda questa parta del racconto, è quasi illeggibile, il tempo non risparmia nessuno, soprattutto la carta mal conservata, speriamo di poter proseguire la lettura! >>.
In effetti, quel quadrante del libro era ingiallito ed increspato, interi pezzi del racconto erano completamente illeggibili, la maggiore parte delle lettere erano sbiadite e sbavate, segno evidente che una bella infiltrazione d’acqua aveva fatto il suo dovere; ad ogni modo, la nostra sete di curiosità aveva raggiunto un livello tale da impedirci di gettare la spugna e così provammo lo stesso a carpire quanto più possibile da quelle pagine quasi del tutto inutilizzabili, speranzosi che la situazione sarebbe migliorata più avanti.
10 gennaio 1943
IL viaggio sta quasi per volgere al termine, dopo quella tragica nottata non avvenne più nulla di particolarmente significativo, tanto che ogni giornata è sembrata quasi una continua ripetizione della precedente; solo il giorno
seguente all’incidente ho avuto un senso di malessere talmente accentuato da costringermi a non lasciare il letto neanche per mangiare………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………Il mare è uno spettacolo ma fa tanto tanto caldo e la massiccia umidità ne amplifica enormemente gli effetti……………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… …………………………………proprio oggi ho iniziato ad intravedere il profilo della costa e da quel che sembra dovremmo percorrere l’ultimo tratto che ci separa dalla nostra meta fiancheggiandola per tutto il tempo, niente male per un amante della natura quale sono io, godrò sicuramente della visione di splendidi panorami.
14gennaio 1943
Il porto è vicino ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………
quel maledetto gabbiano non aveva proprio nient’altro da fare invece
di…………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………è uno strazio dover attendere ancora sapendo che di fronte a me, a poche miglia di distanza si trova la tanta agognata terra della salvezza.
15 Gennaio 1943
“Eureka”, ho trovato, ho scoperto, urlò Archimede nell’esatto istante in cui la sua mente concepì quello che sarebbe diventato uno dei principi cardine della fisica moderna; così come egli, con un semplice quanto geniale ragionamento, riuscì a superare l’annoso limite della misurazione volumetrica di un corpo solido dalla forma irregolare, utilizzando il metodo indiretto di misurazione del volume di liquido spostato nel momento in cui il primo fosse stato immerso nel secondo, anch’io, nell’istante in cui ho poggiato il mio piede per la prima volta su questa terra, ho sentito un irrefrenabile bisogno di urlare questa parola, “Eureka”. Si, ho trovato, ho scoperto un mondo tutto nuovo dove poter finalmente vivere e ricominciare…………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ………………………………….. I bombardamenti non risparmiarono niente e nessuno, fossero essi luoghi sacri, monumenti o persone inermi; tra le vittime ci furono vecchi, malati, donne e bambini, mentre agli uomini toccò la morte al fronte, paradossalmente considerata come dignitosa! Mi domando cosa possa esserci di dignitoso nell’esplodere dopo aver calpestato
una mina o nel finire dilaniato da colpi di mortaio. Ad ogni modo, vuoi per la fortuna, se così si può chiamare, vuoi per uno strano segno del destino, in qualche modo sopravvissi a tanta distruzione. Giorno dopo giorno affrontai ostacoli di ogni genere, prima l’arruolamento forzato, poi la campagna in Grecia, lettere su lettere di cordoglio ed infine il congedo forzato con merito a causa di una brutta ferita della quale porterò le conseguenze fino all’ultimo respiro. Una macroscopica illusione mi portò a pensare che una volta tornato a casa, seppur con le dovute riserve dovute alle tragiche circostanze, potessi definitivamente mettere una pietra sul ato, sposando la donna con la quale avevo tenuto una cospicua corrispondenza, ma dovetti assolutamente ricredermi nel momento in cui, una volta tornato in patria, constatai che se ne erano perse le tracce da diverso tempo, forse perché deportata per qualche strana ragione nei campi di concentramento, dove avrebbe scontato una lunga e devastante prigionia, prima di finire nella camera della morte come una qualsiasi bestia. A quel punto, la scelta era tra aspettare che qualche bomba piombasse anche sulla mia testa oppure rimboccarsi le maniche e tentare l’inizio di una nuova fase della mia vita, in cui il ato avrebbe avuto pochissimo spazio, giusto lo stretto necessario affinché il ricordo delle persone a me più care non svanisse nel nulla. Viste le pessime condizioni economiche, ma era così per chiunque, eccetto i ricci possidenti terrieri o i nobili dignitari scampati alle confische belliche, non avevo poi così tante possibilità per concretizzare qualcosa di veramente mio e tutto sommato il rischio che venisse distrutto o bloccato era ancora altissimo. La guerra non accennava a terminare, anzi, aumentava sempre di intensità. Dal nulla, però, mi si presentò un’occasione che non potevo assolutamente rifiutare, qualcosa che rappresentava in tutto e per tutto la vera svolta verso un netto cambiamento, avrei dovuto mollare tutto, nel mio caso niente, e affrontare un lungo viaggio attraverso l’oceano per finire in America latina, precisamente Argentina. Lo scopo della lunga crociata sarebbe stato………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ………………………………………….nonostante gli Stati Uniti siano impegnati a combattere in tutta Europa insieme agli alleati contro la visione imperialistica di Hitler e su gran parte dell’Oceano Pacifico contro il Giappone, l’America latina per converso risulta essere del tutto estranea al
conflitto che ha coinvolto mezzo mondo, anzi, sembra che stia sfruttando la situazione, fin da diverso tempo prima delle varie dichiarazioni di guerra, allo scopo di incrementare i suoi commerci esteri, soprattutto con l’Italia e la Germania………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………….la grande crisi del 29 mise in ginocchio i mercati latini bloccando l’esportazione di prodotti agricoli e materie prime, principale fonte di guadagno per nazioni che hanno avuto fin dalla loro nascita il territorio come unica ed esclusiva risorsa, ma in questo decennio le cose sono decisamente cambiate! Sull’onda di un progresso tecnologico senza precedenti lo sviluppo e la costruzione di mezzi di produzione sempre più efficienti unito all’ingente richiesta di materie prime delle grandi potenze europee in crescita ha fatto si che gli scambi commerciali divenissero una costante benefica; d’altronde, la posizione di neutralità nel teatro bellico ha ulteriormente garantito che gli equilibri ormai consolidatisi non risentissero in alcun modo dell’instabilità contingente, trasformando il tanto snobbato universo meridionale in qualcosa di profondamente ambito ed irraggiungibile, un’isola felice nello sconfinato oceano di povertà e disperazione, l’ancora di salvezza di una nave alla deriva destinata ad impattare contro la scogliera in un fragoroso naufragio di valori prettamente umani, un bisogno imperativo per un’anima in cerca della pace. Naturalmente non è tutto oro quello che luccica, ad ogni modo……………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………
Capitolo 9 “La scoperta”
Seguirono pagine su pagine di appunti e schizzi vari completamente illeggibili, però, qua e là qualche disegno fatto a mano poteva essere in qualche modo interpretato e dal quale potevano essere scorte chiaramente le raffigurazioni degli ambienti visitati dal narratore, mercati pieni di gente, strade, campi in lavorazione e soprattutto spiagge; tra quest’ultime ne intravidi una in particolare che dopo un pizzico di metabolica riflessione, quasi fisiologica, mi fece balzare dal letto con un senso di frenetico stupore.
<< L’hai vista!? >>, gridai a Laura.
<< Vista cosa!? >>.
<< Tra i disegni >>. Era comprensibile il suo smarrimento.
<< Bah, non so, io vedo spiagge ovunque!! >>.
<< Ma no, guarda meglio! >>. Nel frattempo osservavo la sua attenta ricerca con un briciolo di orgoglio per aver scoperto un dato importantissimo.
<< Sarà, ma io non vedo niente di così eclatante, ci sono un mucchio di scarabocchi per giunta rovinati, sarebbe meglio continuare con la parte del libro completamente leggibile, anche perché qui non si capisce più niente >>.
<< Aspetta un attimo, cerca di concentrarti su alcuni dettagli di uno di questi, il soggetto non ti sembra decisamente familiare!? capisco che ha visto giorni migliori, però, per nostra fortuna sono ancora evidenti i dettagli principali >>.
<< Credimi, Gianni, non riesco a vedere niente di così eclatante, dimmelo tu a questo punto >>.
Nel frattempo, quasi fosse stata mossa da una forza impercettibile, ruotò leggermente il capo in direzione del muro alla sua destra per poi riportarlo nuovamente al suo posto, seguì un attimo di stallo e poi di nuovo lo stesso gesto, fino a quando potei gustare finalmente il momento con cui crebbe anche nei suoi occhi il fuoco dello stupore.
<< GIANNI! >>, gridò.
<< Sì!? >> , domandai compiaciuto.
<< Mah, mah, è lo stesso posto che si vede in quell’unico quadro appeso! >>.
<< Esatto, dunque!!? >>.
<< Beh, che dire, la cosa è assurda, una coincidenza per me inspiegabile! >>.
<< Come inspiegabile!? Pensavo avessi capito!>>. In effetti, non era poi così scontato che capisse il riferimento vista e considerata la completa assenza di informazioni sulla stanza in cui ci trovavamo.
<< E vabbè, forse hai ragione, ora ti spiego! >>.
<< Era pure ora, iniziavo a pensare che non avresti mai smesso di aspettare che ci arrivassi da sola! >>.
<< Ma va, avevo solo fatto male i conti con i fatti, comunque, come ti ho già detto, questa era la stanza di mio nonno e ovviamente questo era il letto in cui dormiva; ora, devi sapere che il vecchio non amava molto parlare di se, solo ogni tanto si riusciva a sfilargli qualche informazione del suo ato, sempre con molte riserve ed in modo del tutto elusivo >>.
<< Non vedo come la cosa possa centrare con quello che abbiamo appena visto! >>.
<< Fammi finire e dopo trarrai le tue conclusioni! >>.
<< D’accordo, hai ragione, vai avanti! >>.
<< Bene, come avrai potuto notare non era una persona che amava i confort, viveva la sua vita in modo semplice servendosi del minimo indispensabile, forse per un senso di profondo rigore morale oppure per garantire a noi della famiglia un futuro di comodità, ma questo non si può ancora sapere. La cosa più curiosa
tra il suo particolare modo di esprimersi era rappresentata dalla totale assenza in tutta la casa di qualsivoglia fotografia incorniciata o opera d’arte affissa ai muri, solo qui dentro teneva una rappresentanza unica di entrambe le categorie artistiche, come d’altronde puoi vedere tu stessa >>.
<< Sì sì, ho notato, una cosa veramente bizzarra, a proposito chi è quella donna nella foto!? >>.
<< Era mia nonna, è morta poco dopo la mia nascita! >>.
<< Ah, mi dispiace molto, era veramente bellissima! >>.
<< Già, non ho avuto modo di conoscerla a fondo, ma grazie alle storie di mia madre ho imparato a percepirla come una presenza costante al mio fianco >>.
<< Questa cosa è stupenda! >>.
<< Lo credo anch’io, ma è una storia superata, concentriamoci sul problema del momento >>.
<< Verissimo, continua.. >>.
<< Dunque, quello che non siamo mai riusciti veramente a capire è cosa rappresentasse in realtà per mio nonno il disegno alla nostra destra, non c’è la firma di un autore, non c’è una data, non si capisce quale luogo raffiguri; va
bene, è una spiaggia con una donna che vi cammina sopra, ma in quale parte del mondo? In quale luogo sperduto? Chi è la donna? E soprattutto perché tenerlo solitario solo su quella dannata parete? Abbiamo sempre pensato che potesse essere alla fine un disegno qualsiasi, trovato in una bottega qualsiasi, creato da un artista qualsiasi, messo li soltanto per rianimare il suo spirito nelle giornate di affossante malinconia, un semplice stimolo psicologico grazie alla bellezza ed al senso di libertà che riesce a trasmettere >>.
<< Può darsi sai, mi sembra un ottimo punto di vista! >>.
<< Anch’ io lo credevo, almeno fino a poco fa, fino a poco prima che vedessi quel che ho visto tra le pagine di questo misterioso diario >>.
<< E perché mai!? Ammetto che la cosa può sembrare strana, ma ragionandoci su mi sembra comprensibile, il libro era tra le sue cose, di sicuro l’avrà letto ed in seguito avrà deciso di utilizzarne il disegno per lo scopo appena sostenuto da te >>.
<< Certo, è una spiegazione comprensibile, ma solo se il libro avesse un autore conclamato e un titolo conosciuto! >>.
<< Non ne sarei così sicuro, in fondo non possiamo mica conoscere tutti i libri che ci sono su questa terra! >>.
<< E’ vero, ma affinché qualcuno potesse trovare la trasposizione in scala di un disegno in esso contenuto, in questo caso mio nonno, vorrebbe dire che l’opera era già stata ampiamente descritta e valutata, quindi, anche per sentito dire oggi ne conosceremmo quanto meno qualche dettaglio, senza considerare il fatto che
questo tra le nostre mani non sembra affatto un normale libro di editore >>.
<< E quindi, qual è la tua conclusione a riguardo!? >>.
<< Semplice, questo è il diario di mio nonno! >>.
<< Come!? >>.
<< Hai sentito bene! Avevo già questo presentimento appena abbiamo iniziato la lettura, ma ora ne sono assolutamente certo >>.
<< Cosa ti darebbe questa certezza!? >>.
<< Semplice, la scrittura! >>.
<< La scrittura, ma se fino a poco fa hai tirato in ballo il disegno >>.
<< Quella è stata la ciliegina sulla torta! Rifletti, chi avrebbe potuto avere le competenze necessarie a stendere un così dettagliato compendio narrativo per giunta con pochissimi errori grammaticali in un periodo storico caratterizzato dall’analfabetismo dilagante!? Di certo non un contadino e nemmeno una persona con una grado di istruzione medio bassa, ma un uomo istruito nell’unico posto sempre e comunque dedito all’istruzione, il seminario! >>.
<< Che centra il seminario!? Mica tuo nonno era prete! >>.
<< Non c’entra niente l’essere prete, i seminari hanno garantito fin dalla loro creazione un’alternativa valida e costante ai metodi d’istruzione classici >>.
<< Che vuol dire!? >>.
<< Nonostante il loro principale scopo sia sempre stato quello di avviare ai voti, nel corso dei secoli l’immenso patrimonio artistico, filosofico e spirituale, potenzialmente fruibile in ogni istante tra le sconfinate distese di importantissimi testi contenuti nei propri archivi, unito all’apertura verso soggetti esterni disposti ad apprezzarne il valore senza disturbare il cammino spirituale tipico del contesto, ha fatto si che le porte venissero aperte a soggetti non necessariamente legati al clero o disposti a farlo; lo scopo per chi sceglieva questa strada era soprattutto quello di riceverne la sapienza, non il dogma religioso >>.
<< Ah, non ne ero al corrente! >>.
<< Certo, adesso probabilmente le cose sono cambiate, ma allora era quasi routine! Tra l’altro, alla fine di tutto non dispiaceva poi così tanto far crescere i propri figli all’insegna dei valori cattolici >>.
<< Quindi, in sostanza si prendevano due piccioni con una fava >>.
<< Più o meno era così >>.
<< Ma tuo nonno non ha creato l’impresa edile di famiglia!? >>.
<<Esatto, ma questo è avvenuto nel 68, prima!? >>.
<< Beh, prima non so >>.
<< Te lo dico io! Sul prima non si sa niente..! In paese si vociferava che fosse tornato in Italia dopo un lungo viaggio e che ogni tanto tirasse fuori qualche perla di saggezza con un perfetto accento spagnolo >>.
<< E allora!? La Spagna ce l’abbiamo a due i!! >>.
<< All’epoca dei fatti i due i non erano poi così vicini vista e considerata la scarsa diffusione dei mezzi di trasporto, non c’erano aerei di linea ed i treni facevano pochi viaggi; comunque, ti dirò la cosa che ti convincerà una volta per tutte >>.
<< Uh, non credo!! >>.
<< Beh, mia madre sa per certo che prestò servizio in guerra e che rimase gravemente ferito, inoltre, leggendo alcuni documenti del ministero ha scoperto che fece parte di un corpo speciale dedicato alle comunicazioni, nello specifico curò tutti i comunicati e i discorsi degli alti ufficiali, mi capisci? Era un uomo di cultura, viveva di scrittura! >>.
<< Non so, non riesco a convincermi completamente, c’è qualcosa che mi frena.. >>.
<< Ti assicuro che non mi sbaglio, ormai ne sono assolutamente certo e andando avanti te ne convincerai anche tu! >>.
<< Beh, a questo punto non ci resta che scoprirlo >>.
Il racconto, seppur da allora completamente leggibile, subì un repentino salto temporale, più di un anno di buio in cui non era stato inserito il minimo accenno o appunto in merito ai fatti di quel periodo; con maggiore spinta emotiva, molto più attenti ai dettagli del caso, proseguimmo l’eccezionale viaggio attraverso l’ormai conclamata voce altisonante della mia bellissima Laura.
Capitolo 10 “La terra magica”
24 marzo 1944
È ato molto tempo dall’ultima volta in cui ho scritto, tante cose sono cambiate, alcune senza lasciare dietro di sé la minima traccia, altre scuotendo con prepotente veemenza le fondamenta della mia anima, ma comunque tutte inesorabilmente destinate a comporre, come minuscoli e variegati tasselli di diversa forma, la complessa costruzione di questa straordinaria esperienza. Ricordo ancora perfettamente ogni singolo dettaglio di quei momenti, siano essi stati caratterizzati da eccessi di gioia, tristezza, debolezza, paura o qualsivoglia sentimento che la mia natura umana potesse concepire; inutile sottolineare l’importante ruolo che ha giocato un adeguato spirito d’adattamento alle difficoltà postemi di volta in volta a sbarrarmi la strada e non mi riferisco solo a quelle di natura economica, parlo soprattutto delle emarginazioni sociali, razziali, etniche e religiose che ogni migrante è costretto a sopportare. Per mia fortuna, l’Argentina è un paese che ha scelto l’ospitalità e l’accoglienza nei confronti del diverso come principio regolatore dei suoi meccanismi burocratici, etici e morali, ma sporadicamente ho potuto assistere in prima persona a multiformi manifestazioni di fondamentalismi conservatori; si badi bene, tutte confuse espressioni di piccoli gruppi puntualmente isolati dal resto della popolazione, ma in ogni caso un chiaro segno di quanto sia difficile, io direi impossibile per qualsiasi gruppo etnico, trovare un punto d’accordo unanime in merito alla linea integrativa da adottare. Anche se l’America latina di per se nasce come luogo d’incontro tra diverse culture, il nuovo mondo non è poi così tanto nuovo, infatti, esattamente come il vecchio, le sue origini sono contrassegnate da innumerevoli scontri di potere, dallo sterminio di massa delle popolazioni indigene e da una diramante affermazione di poteri militaristi pronti a sovvertire da un giorno all’altro gli equilibri governativi instauratisi a loro volta attraverso lo schema del colpo di stato. Dunque, nonostante gli innumerevoli particolarismi tendano
ad una convivenza identificatrice nello scopo comune della creazione di una identità nazionale, la formazione di un così complesso sistema di valori porta inevitabilmente allo scontro fra ognuno di essi. E’ molto facile imbattersi all’interno di uno stesso villaggio in dialetti, idiomi, figure mitologiche e divinità completamente differenti, tralasciando poi il colore della pelle o i tratti somatici, e vedere convivere insieme questa accozzaglia di usi e costumi in un mondo che riesce a porre sullo stesso piano di importanza ogni singola espressione, ma allo stesso tempo è anche molto facile imbattersi in fanatismi ideologici aggravati da una esasperata caratterizzazione di tipo militare; è, infatti, del tutto normale incontrare per le strade interi squadroni di soldati armati fino ai denti senza poter identificare sulle loro divise l’emblema dello stato di appartenenza, mercenari, soldati di ventura e contadini arruolati alla buona, tra i quali spunta ogni tanto anche qualche ignaro bambino convinto che sia tutto un gioco, sempre pronti a combattere per la causa del momento o per qualche generale spodestato dall’attuale regime. Esiste, tuttavia, un comune denominatore che unisce imprescindibilmente chiunque metta piede in questa straordinaria terra; un senso di profonda ed immediata identificazione con la bellezza della natura circostante, quasi un legame atavico dal quale risulta impossibile divincolarsi senza andare ad intaccare pesantemente le basi evolutive di ogni essere vivente, una culla della vita che ti spinge con il suo lento e cadenzale dondolio di meraviglie in un profondo assopimento dei sensi per poi essere rinvigoriti ad ogni sobbalzo provocato dalle forti spinte emotive che la sua pesante mano ti offre. E’ così che mi sento da quanto sono sbarcato in Argentina, assopito e rinvigorito, calmo e agitato, non più solo e amato, insomma, rinato…
25 marzo 1944
Devo assolutamente recuperare il tempo perduto! Per cominciare, un argomento del quale non ho mai approfondito i dettagli prima d’ora riguarda il modo in cui questo difficoltoso progetto di rinascita ha avuto inizio e credo che ora sia il momento giusto per farlo. Ma facciamo un piccolo o indietro! Come ho già avuto modo di accennare in precedenza, prima di lasciare l’Italia ero fermamente convinto che il percorso di vita
riservatomi non fosse poi così tanto differente da quello abituato a vedere prendere forma in tutti i miei simili fin dalla nascita; lo scoppio della guerra, però, ha creato una frattura nel tessuto sociale così profonda ed estesa da alterarne irrimediabilmente gli schemi consolidatisi nell’arco di decenni; il senso della famiglia, del lavoro, la casa, l’amore, tutti valori fondamentali divenuti ormai privi di ogni consistenza meritevole di attenzione, come se ad un certo punto qualcuno avesse preso tra le mani l’intero pianeta con il solo ed unico fine di rimescolarne i suoi componenti essenziali attraverso un vigoroso scuotimento. Ho creduto veramente di riuscire a costruirmi un futuro dopo aver servito valorosamente la mia patria in quella che apparentemente all’inizio sembrò essere il solito conflitto di poco conto, ma ovviamente non avevo ancora fatto i conti in tavola con il devastante susseguirsi di eclatanti eventi che ci avrebbe portati tutti quanti in breve tempo a non avere più una patria nella quale poter riversare aspettative ed ambizioni. Dunque, cosa fare dopo aver visto crollare una ad una ogni convinzione!? È molto semplice, dove non c’è morte c’è esistenza e dove c’è esistenza c’è anche vita, quindi bisognava andare avanti. Come capire quando non c’è morte!? È ovvio, guardandola negli occhi. Orfano di entrambi i genitori dall’età di un anno a causa dell’epidemia di febbre spagnola, senza fratelli, sorelle o qualche parente disposto a crescermi fui immediatamente consegnato alle cure dell’orfanotrofio cattolico più vicino. Studiai in seminario fino all’età di 18 anni ed in seguito mi arruolai nell’esercito per svolgere il servizio di leva obbligatorio; grazie alla mia istruzione fui assegnato subito alla milizia postelegrafonica, un reparto speciale della “MVSN” dedicato alle comunicazioni via posta, telegrafo e telefono tra le varie figure gerarchiche, in particolar modo mi diedero l’incarico di assistere nelle comunicazioni gli alti ufficiali durante le loro campagne militari. Il 1 Settembre del 1939 le truppe tedesche di Hitler invasero la Polonia dando così inizio ai famigerati scontri che ancora adesso stanno interessando tutto il globo, ma l’Italia in un primo momento si dichiarò non belligerante, nonostante avesse stretto il patto d’acciaio con la Germania già a maggio dello stesso anno, forse perché Mussolini non ha mai visto di buon occhio il radicalismo dogmatico del Nazional Socialismo seppur ne rappresentasse con il suo Fascismo la forma più pura d’ispirazione, ma più probabilmente per una totale inadeguatezza dal punto di vista della forza bellica. Dalla marcia su Roma del 1922 il “Duce” non ha fatto altro che esternare un fanatismo estetico privo di sostanza imposto alle masse attraverso la censura, la repressione e soprattutto la propaganda senza riuscire a costruire un substrato solido che
ne permettesse la naturale diffusione; il risultato è stato avere diverse fazioni d’opposizione sempre pronte ad approfittare di ogni situazione di debolezza. Hitler, invece, ha saputo costruire in molto meno tempo una liturgia quasi teologica sulla costruzione di una razza germanica superiore alle altre approfittando della voglia di riscatto di un popolo annichilito dagli esiti della grande guerra di trincea, sfruttando la fame, la rabbia e ogni possibile elemento di natura istintiva. In questo caso, l’estetica militarista ha fatto breccia anche tra le riserve dei più scettici creando un’uniformità di pensiero del tutto inattaccabile; d’altro canto, la bravura è stata anche quella di associare la crescita del benessere economico all’espansione imperialistica, facendo maturare la sensazione che una cosa fosse direttamente proporzionale all’altra, alimentando giorno dopo giorno un senso di giustificazione per i crimini commessi. Dunque, allo scoppio della guerra la Germania ha presentato al mondo la più potente macchina distruttiva che si potesse immaginare, un popolo forte, arrabbiato, convinto del proprio fine e motivato a combattere con tutte le forze, un popolo ricco, sviluppato, innovativo e tecnologico, ma soprattutto un popolo unito sotto l’egida di una purezza da imporre per legittimazione evolutiva. La cosa più interessante è rappresentata dal fatto che l’intera architettura delle mitologia ariana è costruita sulla reinterpretazione di un libro scritto nell’antica Roma da Tacito, in particolar modo i nazisti hanno preso come riferimento un pezzo intitolato la “Germania”, nel quale, sempre secondo i nazisti, l’autore riconobbe nei suoi scritti l’antica purezza delle virtù tedesche e ne apprezzò soprattutto il fatto che non si erano mescolati ad altre tribù.
L’autore romano venne perciò considerato come una sorta di apostolo che predicava l’inizio di un dominio di un grande popolo. Vai a capire quanto c’è di vero in tutto questo, visto che la sola ed unica opera originale si trova nella biblioteca di un nobile italiano che non vuole assolutamente cederla o farla visionare. Ad ogni modo, nell’autunno del 1940 Mussolini decise comunque che l’Italia non poteva assolutamente rappresentare il fanalino di coda del processo di conquista attuato dalla Germania e così decise che il modo migliore per farsi avanti sarebbe stato quello di attaccare i nostri vicini greci nella infondata convinzione che quest’ultimi non avrebbero opposto resistenza, garantendogli un successo facile e veloce. In quel periodo il mio reparto era dispiegato sul fronte albanese, territorio già
annesso prima dell’estate in soli due giorni; forse quella prima vittoria senza l’aiuto dei tedeschi spinse mussolini a credere di poter emulare l’impresa anche in Grecia! Tuttavia, già ad una prima analisi dello stato maggiore sulla possibilità di sferrare un attacco immediato vennero sollevate non poche perplessità a riguardo, bisognava prima organizzare per bene le varie fasi dello scontro, raggruppare i diversi battaglioni verso un’unica linea di attacco e non ultimo assicurarsi che le operazione seguissero una catena di comando precisa e diretta; ovviamente nulla di tutto ciò fu rispettato e così ci trovammo lanciati alla buona in una impresa molto più grande delle nostre potenzialità, subendone le terribili conseguenze. Non riuscimmo in nessun modo a sfondare le linee nemiche, anzi, fummo costretti ad indietreggiare a tal punto da rischiare la resa delle armi; in qualche modo, creammo una situazione di stallo che durò circa un anno, in cui i due fronti si controbilanciavano in un perfetto equilibro di forze, fino a quando, da veri codardi, ma questo si sa, è una delle tante caratteristiche degli italiani, chiedemmo aiuto alle truppe tedesche perché ci spingessero verso la vittoria; ci vollero 15 miseri giorni prima che il comandante in capo dell’esercito greco offrisse la resa di fronte all’attacco dirompente delle truppe naziste. In uno di quegli ultimi scontri subì ferite talmente pesanti da costringermi a tornare in patria per la guarigione e ancora oggi ne riporto gli effetti; in breve cercherò di descrivere come sono andate le cose: la mattina del 14 aprile 1941 conquistammo nuovamente Coriza, una piccola città situata al confine tra Grecia e Albania. Terminati gli scontri, il nostro convoglio si mosse in direzione del campo base allestito in aperta campagna, lungo una strada che in apparenza ci sembrò essere sicura per vie della visuale aperta su tutti i versanti. Le nostre convinzioni, però, sfumarono nel fragoroso scoppio di una mina anticarro al aggio del camion che precedeva quello in cui mi trovavo io. E’ inutile soffermarsi più di tanto sugli effetti devastanti che ne conseguirono, perché, come è ovvio pensare, non rimase che un cumulo di frammenti senza forma; d’altro canto, chiunque si trovasse nelle immediate vicinanze dell’esplosione ne subì le inevitabili conseguenze ed infatti noi che ci trovavamo subito dietro fummo ribaltati più volte da una violenta onda d’urto. Non so cosa avvenne successivamente, chi prestò i primi soccorsi e mi tirò fuori da quell’inferno, so solo che mi risvegliai nel letto di una tenda della croce rossa, ricoperto di garze ed impossibilitato a muovermi per via dell’immenso dolore che provavo anche solo alzando un dito. arono circa due mesi prima che potessi iniziare a reggermi sulle mie gambe ai quali ne seguirono altrettanti per riacquistare l’autonomia necessaria a deambulare senza l’aiuto di
nessuno, seppur con i dovuti limiti. Il mio servizio nell’esercito purtroppo o per fortuna era terminato li, non ero più in grado di svolgere le dovute mansioni, anche se la maggior parte erano di tipo intellettuale, poiché, lo scenario nel quale avrei dovuto districarmi prevedeva comunque situazioni di pericolo in cui sarebbero servite le piene capacità fisiche; con una bella croce al merito di guerra, tornai in patria per completare il periodo di guarigione e iniziare un altro processo della mia vita, fatto di solitudine e rassegnazione al peggio finché un bel giorno si presentò in clinica la figura di un uomo rozzo e trasandato desideroso di parlarmi il prima possibile. Onestamente non seppi a cosa pensare, non avevo mai ricevuto visite che non fossero quelle dei medici o delle bellissime infermiere di turno, ma la cosa non mi preoccupò più di tanto visto che non avevo assolutamente nulla da nascondere. Ricordo che fui turbato dalla sua enorme bruttezza, era basso, tarchiato, quasi senza collo con una pancia sporgente palesemente rilassata, puzzava di whisky come se fosse stato interamente immerso in una botte di rovere e la sua barba sembrava quella di una capra appena tornata dal pascolo, ma appena aprì bocca il suo aspetto da cavernicolo venne totalmente surclassato dalla sua inequivocabile proprietà di linguaggio. Infatti, era il redattore di un noto giornale dell’America latina , “ Cronache Latine”, e si trovava in Italia per raccogliere testimonianze della guerra, così, stava girando tutti gli ospedali militari per raccogliere informazioni dai diretti interessati; mi mostrai completamente disponibile raccontando nei minimi dettagli la mia storia e rimase così tanto colpito dal mio modo di esporre i fatti da invitarmi a raggiungerlo in Argentina dove avrei potuto aiutarlo nel suo lavoro. Certo, ero bravo a scrivere, ma non avevo mai pensato alla possibilità di farlo a tempo pieno, inoltre, dopo essermi informato sulla natura del giornale in questione venni a conoscenza del fatto che non era poi così vicino al regime fascista, anzi, in qualche modo cercava di metterne in evidenza i difetti. Mussolini, in questi anni di emigrazione, ha esportato la propaganda anche all’estero per evitare che i fratelli d’Italia perdessero di vista il fine ultimo della dottrina totalitarista; sono sorti così numerosi giornali finanziati direttamente o per vie traverse dal Gran consiglio con il solo scopo di creare nell’opinione pubblica di altri Paesi un visione positiva delle proprie politiche colonialiste. Pensiero scaccia pensiero , quindi, mentre una parte diffonde le ragioni di un punto di vista per converso ne sorge un’altra che diffonde l’esatto contrario e “Cronache Latine” ne è il fulgido esempio. Chiesi a Carlos, questo è il suo nome, cosa avesse visto in me di così speciale da portarlo a farmi quella proposta, considerato che in teoria io rappresentavo la parte da lui tanto disprezzata,
così, lui, molto semplicemente mi rispose che avrei potuto mettere camicie nere a vita, ma nei miei occhi si leggeva chiaramente il duro disprezzo nei confronti di quella che in realtà era pura e semplice follia. ai una notte in bianco riflettendo su quelle parole, pronunciate da una persona mai vista prima, ma allo stesso tempo di una verità sconcertante; era vero, non credevo assolutamente in quello che facevo, nei vestiti che indossavo, però, continuavo ad accettarlo perché così ero stato abituato a fare fin da ragazzino, era qualcosa di eticamente sbagliato ma allo stesso tempo moralmente giusto, il frutto di una educazione culturale tramandata di generazione in generazione. Capii che era giunta l’ora di abbondonare una volta per tutte il velo dell’ipocrisia comandata, di levarsi definitivamente gli abiti della prostrazione ideologica e correre finalmente verso la libera esternazione del pensiero che ci distingue dal regno animale. Eccomi qui!
27 marzo 1944
Trovai subito una sistemazione lontano dal centro urbano della città, una piccola casetta vicino alla spiaggia, dal cui affaccio potevo sempre godere di uno spettacolo mozzafiato che alla sera, durante il crepuscolo, assumeva forme e contorni visti solo in alcuni quadri d’arte! Ogni tanto, preso com’ero da quello sconfinato tripudio di sensazioni, mollavo tutto ed andavo a stendermi sulla morbida sabbia, la quale fungeva da perfetto o alla mia schiena malandata, e, col carboncino in una mano e la pipa nell’altra, mi dilettavo a riportare sulla carta i dettagli di ogni più piccola immagine che si palesava alla mia vista, cercando di dar sfogo alla vena creativa; ancora oggi conservo minuziosamente ognuno di quei fogli come fossero delle sacre reliquie! Il risultato non somiglia minimamente a qualcosa che si possa definire bello, ma tutto sommato in quell’accozzaglia di linee e sfumature nere si possono benissimo carpire emozioni e ioni del momento che rappresentano. Una sera, durante uno di questi consueti rituali tra me e la natura, vidi in lontananza la sagoma di una donna che si muoveva in direzione del punto in cui mi trovavo io, ma lì per lì non feci molto caso alla cosa e prosegui indisturbato nel mio lavoro; qualche minuto dopo, quasi fosse uno spettro, con la coda dell’occhio la vidi are proprio di fronte a me lungo la battigia lasciando dietro di sé una sfilza di impronte
che puntualmente venivano deformate e successivamente cancellate dall’incessante e ripetitivo infrangersi delle onde; era comunque troppo distante perché potessi verificare il suo aspetto esteriore, ma per quello che riuscii ad osservare prima che si dileguasse sull’altro versante della spiaggia sembrò apparentemente molto bella! Da allora, fu una presenza quasi costante, sempre alla stessa ora, con lo stesso incedere lento e rilassato effettuava il medesimo percorso, divenne quasi un appuntamento fisso e oramai avevo imparato a rispettare il particolare schema d’incontro; io fermo ad osservarla, a scrutarne giorno dopo giorno maggiori dettagli, i suoi capelli nero corvino, il suo ventre piatto, le sue gambe perfette, il suo seno formoso, tutte le sue forme sinuose collegate l’una all’altra simmetricamente, insomma, la sua bellezza che prendeva maggiore forma ogni volta che attraversava quel lembo di spiaggia. Un giorno, addirittura, non vedendola arrivare fui quasi intenzionato a muovermi nelle direzione da cui puntualmente proveniva, ma quando ad un certo punto finalmente si manifestò con tutta la sua grazia, mi fece un cenno col viso come se dovesse scusarsi del suo ritardo. Decisi che era giunto il momento giusto per avvicinarla e conoscere la sua voce, così un sabato pomeriggio spezzai il riserbo fino ad allora tenuto per motivi di timidezza e, approfittando del tempo molto più clemente del solito, mi piazzai al solito posto fin dalle prime ore del vespro. Quando arrivò nel punto da me ritenuto più adatto, mi diressi verso di lei con un pesante nodo alla gola dovuto all’ansia, mascherato però egregiamente da un convincente senso di sicurezza; inizialmente vidi rallentare il suo o quasi fosse spaventata ed intimorita dal mio gesto, ma, con mia sorpresa, dopo un po’ svoltò anche lei nella stessa direzione e in un attimo ci trovammo faccia a faccia. Era bellissima, molto più di quanto avessi immaginato o potuto vedere in lontananza, il suo viso rasentava la perfezione e i suoi lineamenti erano resi estremamente piacevoli dal contrasto che la luce del sole al tramonto creava sulla sua pelle scura. Portava un costume intero di colore nero che rendeva il suo corpo ancora più esplosivo il quale, unito alla camicetta smanicata di cotone bianco armoniosamente adagiata sulle spalle ed al nastro bianco che le raccoglieva i capelli formando una coda posta sul lato sinistro del collo, creavano una triade perfetta di sensualità e fascino femminile che mai avevo visto in vita mia. Iniziammo con le dovute presentazioni, ma ovviamente non fu molto semplice per via delle ovvie difficoltà con la lingua, però, in qualche modo riuscimmo a capirci; si chiama Anna Clara Dos Santos, vive in città da quando è nata, ha perso come me entrambi i genitori in tenera età durante gli scontri di una delle tante insurrezioni civili e da allora è
cresciuta insieme al nonno da poco scomparso per l’età avanzata; ora vive insieme a me, nella casetta vicino la spiaggia perché dal quel fatidico incontro è nato un amore inarrestabile che ci ha portati ad essere una cosa sola. Adesso, non ho più bisogno di disegnare, di sognare, perché ho lei, è reale e posso stringerla tra le mie braccia.
27 marzo 1944
Qualche giorno dopo lo sbarco mi recai in redazione per ricevere in modo ufficiale l’assegnazione del ruolo da rivestire nel giornale e, considerate le premesse, già immaginavo quale sarebbe stato; tuttavia, nonostante fossi nato col dono della scrittura, non avevo mai avuto esperienze di questo tipo, perciò quella mattina mi sentii parecchio nervoso e agitato. Lasciai casa molto presto, alle prime luci dell’alba, dopo aver consumato una colazione frugale fatta di “dulce de leche” con pane tostato, una crema dolcissima ottenuta attraverso una lunga bollitura di latte acidificato misto a zucchero. Grazie alla forza motrice delle due ruote di una vecchia bicicletta acquistata con pochi pesos dal meccanico dietro l’angolo e alla morbidezza del sellino de me puntualmente rettificato per rispondere alle caratteristiche del mio fondoschiena, i circa due chilometri che mi separavano dalla meta prestabilita non costituirono un problema minimamente rilevante, anzi, il tragitto da percorrere diventò un’occasione unica per ammirare l’assoluto silenzio della città prima del suo risveglio. I colori, i profumi, la brezza mattutina tra i capelli, tutte percezioni fisiche perfettamente equilibrate nella costruzione di un’architettura lineare del presente, pochi minuti, ma estremamente intensi sia nella forma che nel contenuto, poche pedalate tra me ed il mio futuro, pochi istanti di estatica armonia dei sensi. Arrivato a destinazione mi trovai di fronte ad un edificio in avanzato stato di usura, con l’intonaco completamente scorticato dalle intemperie, che metteva ancora di più in evidenza la lunga ramificazione di crepe diffuse in tutta la malta cementizia; considerata la mia istintiva esitazione alla vista di così tanta fatiscenza ci misi un bel po’ prima di muovermi verso l’interno, ma, seppur la domanda su come la struttura potesse reggere nonostante la precarietà delle sue mura balzasse continuamente tra i gangli delle mie sinapsi, dovetti comunque farmi coraggio e superare le mie, tutto sommato,
giustificate paure. Come se non bastasse, mi toccò salire velocemente tre faticosi piani di scale prima di poter finalmente varcare la porta d’ingresso dell’ufficio di Carlos, il quale attendeva già da molto il mio arrivo per accogliermi ed indirizzarmi nel variegato universo della carta stampata. Discutemmo molto sul da farsi, prima di ogni alta cosa aggiunse ulteriori delucidazioni in merito alle varie motivazioni che lo avevano spinto ad offrirmi un’occasione del genere, inoltre, mi diede maggiori informazioni sul suo conto e tra queste scoprii che era nato qui, il padre era italiano, emigrato durante la grande depressione del 29, mentre la madre era originaria dell’Argentina, ma non di origini indigene; entrambi morti a causa dell’ennesima sommossa popolare, in questo posto uccidono più le rivolte che la fame. Per fortuna quando li perse era già abbastanza grande da riuscire a cavarsela senza l’aiuto di nessuno, aveva da poco terminato gli studi di letteratura presso l’università nazionale di Còrdoba e subito dopo si trasferì qui a la Plata in cerca di lavoro. All’inizio svolse alcune mansioni di poco conto giusto per pagarsi da vivere, ma nel frattempo creò un giornaletto settimanale in cui criticava duramente, senza riserva alcuna, l’operato del Governo; nonostante i diversi tentativi di censura, l’iniziativa fu talmente apprezzata per i suoi contenuti da creare in poco tempo un forte movimento d’opinione che lo spinse ad accogliere l’aiuto e la collaborazione di persone capaci e volenterose di appoggiare la causa. Ci vollero alcuni anni di lotte e sacrifici prima che l’idea di un singolo visionario si trasformasse in un successo senza precedenti, allorché la vigorosa campagna di opposizione contro la spietata propaganda fascista rappresentò la spinta decisiva verso la trasformazione del giornaletto scarno e dozzinale di un tempo in uno dei principali quotidiani d’informazione del paese. Lo scoppio della guerra inasprì maggiormente i toni fino al punto da rischiare che il sogno finisse prematuramente a causa di un attentato che distrusse interamente la sede principale delle “Cronache Latine”, ma, grazie al volere di alcuni fedelissimi sostenitori, nonché apionati lettori del giornale, un discreto quantitativo di finanziamenti esterni permise la continuazione delle attività, anche se in maniera piuttosto precaria, nel famigerato edificio prossimo al crollo. Dunque, il mio ruolo in tutto ciò sarebbe stato relativamente semplice, avrei dovuto riportare la mia esperienza diretta nella guerra, affinché diventassi per tutti quanti un monito ed una testimonianza reale degli orrori e delle efferatezze che le politiche sconsiderate dell’asse hanno cagionato nei popoli a loro sottomessi.
Capitolo 11 “Il bacio”
<< E così, mio nonno s’innamorò di questa donna, almeno è quello che si evince dalle sue parole, Anna Clara Dos Santos, che nome ricco di fascino, doveva essere veramente uno spettacolo! >>.
<< Gli uomini, sempre gli stessi, vi basta un nome per farvi perdere la testa, figuriamoci dell’altro! >>.
<< Ma che idiozia, voi donne ve ne uscite ogni volta con questa storia, che male c’è se noi uomini vi consideriamo delle creature meravigliose? Dovete capire che amiamo ogni vostra singola parte, anche il nome! Per noi è sacro tutto ciò che vi riguarda, senza la donna niente sarebbe lo stesso! >>.
<< Già, hai detto bene, senza di noi nulla sarebbe più lo stesso! E allora, perché non lo dimostrate mai!? Vi limitate semplicemente a guardare il fondoschiena, il seno, la bellezza, in questo caso un nome, ma non andate mai oltre l’apparenza.>>
<< Beh, questo è ciò di cui siete convinte, ma non corrisponde assolutamente al vero! >>.
<< E quale sarebbe la verità!? >>.
<< Lascia che ti spieghi.. >>.
<< Vai, spiega, sentiamo quale scusa sei in grado di tirare fuori, perché voi uomini in questo siete dei maestri >>.
<< Ecco, ci risiamo, subito all’attacco! >>.
<< E cosa dovrei fare!? Ti rendi conto di quanto… >>.
<< Ascoltami invece di continuare in questo monologo stereotipato! >>.
<< Ah, stereotipato!? Vabbè, lasciamo perdere, dimmi…!! >>.
<< Allora, tralasciando questo caso, in cui le considerazioni sul nome sono state fatte perché mio nonno comunque aveva già ampiamente descritto l’aspetto di Anna Clara, quindi, in qualche modo potrebbero essere state influenzate, devi capire, anzi, dovete capire che l’uomo vive la sua vita in funzione della donna e di tutto ciò che rappresenta; la cosa potrebbe essere vista come un tripudio di pensieri libidinosi, prettamente sessuali, ma in realtà il concetto è decisamente più profondo e complesso di quello che sembra. È vero, noi uomini pensiamo spesso al sesso, ma solo perché lo stesso rappresenta la naturale evoluzione di un’iniziale desiderio puro verso la donna stessa, il quale in partenza è alimentato da aspetti semplici e difficili da spiegare, da un’alchimia che forse trova la sua ragion d’essere nella spasmodica ricerca dell’anima gemella. L’aspetto fisico, il fondoschiena, il seno, il nome, come tu stessa sostieni, io aggiungerei anche le labbra, il viso, le mani, gli occhi, i capelli, l’odore ecc., sono tutti veicoli materiali indispensabili al raggiungimento del fine ultimo, ovvero l’unione di figure diametralmente opposte ed inamovibili, ma allo stesso tempo attratte da
una forza dirompente >>.
Durante queste affermazione non so di preciso cosa accadde, so solo che i nostri corpi, come se stessero interpretando ogni singola parola da me pronunciata, lentamente si unirono in un caldo e sensuale abbraccio, forte, vigoroso e carico di ione, una difesa contro il male del mondo ed un rifugio contro le nostre paure più grandi; ci guardammo negli occhi contemplandone reciprocamente l’infinito desiderio di possesso e tra i sospiri dell’intensa agitazione emotiva nonché i battiti del cuore a mille, le nostre labbra finalmente si baciarono. Quello che ne seguì fu il momento più bello e gratificante della mia vita! Mi sentii per la prima volta completamente immune da qualsiasi male, non vi era dolore o sofferenza che potesse scalfirmi, tra le sue braccia, assaporando le sue dolci labbra potei sentirmi invincibile, indistruttibile, pervaso da un senso di pace e di tranquillità senza eguali e l’amore che provai in quel momento fu così forte da spingermi a pronunciare tali parole: “io e te, due corpi, un’unica essenza nello spazio e nel tempo.”
2 aprile 1944
Uno degli aspetti più interessanti di questa terra è rappresentato dalla straordinaria semplicità di valori del suo popolo; ogni gesto quotidiano, il lavoro, i rapporti sociali, la famiglia, l’amore, tutti elementi costitutivi della vita di chiunque, ma qui resi ancora più consistenti per effetto di un complesso meccanismo di interazione simbiotica tra l’essere umano e la natura, la quale non accetta per nessuna ragione interferenze di carattere puramente materiale. Il modo stesso di affrontare la quotidianità si potrebbe tranquillamente interpretare come una specie di liturgia dall’estetica profondamente legata all’istinto ed alla ione; un senso di euforica allegria pregna costantemente l’aria circostante, la si può percepire distintamente a tutte le ore del giorno e l’insieme di odori corroboranti si fondono in maniera perfetta al continuo susseguirsi di colori sgargianti. Vi è un posto in particolare che incarna alla perfezione tutto questo, La Boca, un quartiere di Buenos Aires sulle rive del Riachuelo, fiume che divide il
territorio della capitale da quello dell’omonima provincia; il suo estuario è talmente grande da essere confuso per un’enorme golfo, ma la sua portata d’acqua dolce non lascia scampo ad equivoci. Un tempo, La Boca era una zona di grandi baracche per gli schiavi neri ma, alla fine dell'ottocento fu popolata soprattutto da immigranti genovesi che le hanno dato l'aspetto attuale. La Vuelta de Rocha, dove il Riachuelo fa' un'ampia curva, ospita il “Puntin”, parola che in dialetto genovese significa piccolo ponte, che rappresenta probabilmente il luogo più caratteristico di tutta l’Argentina superiore. Il “Puntin” è una via con case colorate costruite sulla base di un'antica tradizione degli immigranti, la quale consiste nel dipingere i frontoni con pitture sgargianti e variopinte ottenute dagli scarti dei cantieri navali. Queste strutture, chiamati Conventillos (convento), si caratterizzano per la loro particolare forma, stretta verso l’alto come la punta di una lancia, così da limitare gli eventuali danni di una possibile alluvione. Negli anni venti, un abitante del luogo decise di "aprire" un sentiero pedonale e proprio su quel "sentiero" transitava quotidianamente per raggiungere la sua casa il compositore musicale Boquense Juan de Dios Filiberto, il quale, nel 1923 trasse da tale posto l'ispirazione per comporre una melodia malinconica, quella del Tango Caminito, basato su improvvisazione, eleganza e ionalità. La posizione di ballo è un abbraccio frontale più o meno asimmetrico, a seconda dello stile, in cui l'uomo con la destra cinge la schiena della propria ballerina e con la sinistra le tiene la mano. Poche regole semplici dettano i limiti dell'improvvisazione: l'uomo guida, la donna segue. Il fenomeno del tango qui è vissuto in modo spirituale, i luoghi d’incontro, le Milonghe, sono regolati da un insieme di norme per il buon comportamento tra ballerini, gli uomini e le donne siedono in tavoli separati su lati opposti della sala e questo favorisce l'invito ed evita situazioni imbarazzanti in caso di rifiuto: l'uomo a distanza, senza importunare la donna, la guarda ( miranda) e se questa incontra il suo sguardo la invita con un cenno della testa (cabeceo); se la donna risponde con un cenno di assenso, l'uomo si avvicina al suo tavolo e l'accompagna a ballare in pista. Io lentamente ho imparato qualche o, anche grazie alla buona volontà e alla bravura di Anna Clara; lei è nata per il Tango! Quando balla il suo corpo diventa un perfetto esempio di armonia e sensualità. Ogni volta non riesco a fare altro che fermarmi a contemplarla in tutto il suo splendore, estasiato e rinvigorito dalle sue sprezzanti esibizioni, poi lentamente si avvicina, mi fissa dritto negli occhi e mi bacia, così ritorno sui miei i e continuiamo a danzare per ore senza mai accusare la fatica; lei è donna, lei è musica, lei è vita.
10 giugno 1944
Il giornale va alla grande e le “Cronache Latine” stanno riscuotendo un successo inaspettato, segno evidente di una particolare attenzione rivolta al tema della guerra, che di questi tempi sembra peggiorare giorno dopo giorno; ci giungono numerose notizie dal vecchio continente, la più recente riguarda la sensazionale conquista delle coste normanne da parte degli alleati, i quali hanno finalmente, dopo un lungo percorso di pianificazioni e strategie militari, sottratto ai tedeschi il più importante accesso sull’Atlantico. La battaglia è stata probabilmente la più sanguinosa ed efferata dell’intero conflitto ed ha visto il massimo spiegamento di forze dell’esercito americano, inglese e canadese che stranamente ha dovuto affrontare una controffensiva nazista decisamente debole e disorganizzata; alcune voci, non confermate, sostengono che dietro questa vicenda ci sia lo zampino dei servizi segreti britannici, i quali, con un ingegnoso stratagemma sarebbero riusciti a far concentrare il grosso delle truppe di Hitler lungo un falso fronte d’attacco nel punto più stretto della manica. Chissà come sono andate veramente le cose!? Ai posteri l’ardua sentenza, però, una cosa è certa, il Reich sta affrontando la sua prima vera crisi di potere, un risvolto che giusto qualche mese fa nessuno avrebbe mai potuto immaginare. Ora, la Germania si trova letteralmente circondata, gli americani spingono sul versante occidentale, mentre i russi proseguono inarrestabili la loro marcia sul lato est nel tentativo di convergere insieme verso Berlino per assistere alla capitolazione del regime di terrore che ha sconvolto il pianeta. L’Italia non è mai stata così divisa come lo è adesso, dall’armistizio dell’8 settembre attraverso cui il Maresciallo Badoglio ha letteralmente destituito il Fascismo di Mussolini in seguito alla repentina sopravanzata degli alleati.Il bel paese si trova in una condizione ancora peggiore di quella che ho lasciato alla mia partenza, gli americani hanno conquistato in breve tempo tutto il meridione spingendosi fin dentro la capitale, ma non senza conseguenze, lasciandosi dietro cumuli di macerie e morte; da Roma in su, le milizie fasciste continuano a resistere per via degli aiuti che i tedeschi gli forniscono, soprattutto per evitare di trovarsi accerchiati su ogni fronte, ma sono quasi convinto che la cosa non durerà molto. Gli americani pressano con forza e vigore e oramai l’instabilità
politica del regime unita alla totale assenza di una funzionale linea gerarchica fanno presagire una fine della guerra quasi imminente, salvo qualche colpo di scena che riesca a capovolgere la situazione. Dunque, l’altro capo del mondo è teatro di massima distruzione, qui, seppur si percepisca una certa preoccupazione per l’esito della guerra, quasi sempre si ha l’impressione di essere dei semplici spettatori seduti a guardare dagli spalti. Vedremo cosa riserverà per noi il futuro.
21 giugno 1944
Oggi è il solstizio d’ estate, la giornata più lunga dell’anno, nonché l’inizio della stagione del sole; in realtà, quest’affermazione avrei potuto farla solo quando ero in Italia, perché qui le regole del clima sono parecchio diverse! Infatti, l’ampiezza delle latitudini e dei rilievi comporta enormi variazioni di clima sul territorio; al nord è prevalentemente subtropicale mentre al sud, a causa della vicinanza con il polo magnetico, è di tipo subpolare. La cosa di per se sembrerebbe scontata, ma in realtà comporta tutta una serie di fenomeni sconnessi e fuori luogo. Qui a la Plata non esiste un’ estate nel vero senso della parola, le temperature sono sempre molto alte anche durante l’inverno e l’unica cosa che può distinguere una stagione dall’altra è rappresentata dalle variazioni di umidità. D’altro canto, spostandosi nell’entroterra non è impossibile imbattersi durante lo stesso periodo in pesanti grandinate, le quali secondo gli stessi abitanti del luogo sarebbero le più abbondanti del pianeta. Io ed Anna Clara abbiamo trascorso in spiaggia l’intera giornata, tra carezze, sorrisi, sguardi, baci e lunghissimi abbracci; la sua vicinanza, la sua presenza mi dona la pace e la serenità di cui ho sempre avuto bisogno e nulla riesce ad interferire con l’equilibrio venutosi a creare tra noi due; il nostro amore è infinito, alle volte mi basta sapere che lei è al mio fianco e tutto diventa più semplice, più lineare, ogni cosa acquista un senso, uno scopo. Niente è più come prima! La sofferenza, la tristezza e la morte non esistono, la sua dolcezza le ha completamente cancellate dalla mia mente, dal mio cuore, sostituendole con qualcosa di inspiegabilmente appagante ed intenso; ora, insieme a lei finalmente posso dire: non ho paura.
1 luglio 1944
A partire dagli anni trenta l’economia argentina fu strettamente legata all’ingerenza di britannici e statunitensi, i quali controllavano almeno il 50 % delle imprese creando così un regime oligarchico controllato da allevatori di bestiame e commercianti di carne; col tempo, la crescente immigrazione europea portò con se anche aspetti di carattere sociale, politico ed economico tipici del vecchio continente, in quegli anni caratterizzati da profonde e radicali revisioni. Tutto ciò portò alla formazione di espressioni politiche estremamente complesse, un misto eterogeneo di dottrine completamente differenti le une dalle altre, ma contemporaneamente costrette a trovare un punto d’incontro comune attraverso la creazioni di importanti movimenti sindacali ed operai. Ad ogni modo, nel 1940, l’inizio della guerra creò pesanti spaccature all’interno degli stessi tra filofascisti ed antifascisti in merito al comportamento da adottare nei confronti del conflitto, se intervenire o meno a fianco degli alleati. Il fenomeno generò una serie di pesanti scontri e Il 4 giugno 1943 il gruppo filofascista già al potere, insieme al “Gruppo de Oficiales Unidos (GOU)” realizzarono un colpo di stato, impedendo l’elezione a presidente del filo-britannico Robustiano Patrón Costas. Ciò nonostante, soprattutto per via del crescente sviluppo economico, si scelse la via della neutralità. Un membro del gruppo, Il Colonnello Juan Domingo Peron, il quale alla fine degli anni trenta visse nell’ Italia fascista come osservatore dello stato maggiore argentino e studiò all'Università di Bologna scienze politiche ed economia corporativa, vedendo con simpatia la politica e l'ideologia fascista, venne subito assegnato alla guida del ministero del lavoro e della previdenza; attualmente, nonostante il suo legame con l’ideologia fascista venga vista da alcuni come un insulto ai diritti civili, lo stesso gode di enorme rispetto e considerazione per via dell’insieme di riforme attuate a favore dei lavoratori. Tutto questo fa parte di un infame disegno volto ad avvicinare le masse alle politiche fasciste oppure è semplicemente il risultato d’insieme dei buoni propositi di un uomo che riesce a vedere con razionalità il meglio di una delle più assurde dottrine che la mente umana sia riuscita a concepire!?
7 luglio 1944
Io ed Anna Clara abbiamo appena fatto l’amore; ora è qui al mio fianco, la sua testa poggia dolcemente sul mio petto e le sue braccia mi avvolgono sinuose lungo il collo in una stretta tanto leggera quanto apparentemente inseparabile. Un vecchio e consunto lume ad olio riempie la piccola stanza da letto dei suoi flebili bagliori, creando un effetto di ombre e di luci in continuo mutamento per via delle improvvise correnti d’aria che interferiscono con il lento e costante incedere della fiamma sullo stoppino; alla mia destra, la grande finestra aperta mi concede gentilmente la vista del mare luccicante sotto una grande e rotonda luna piena, di tanto in tanto offuscata dal aggio di sporadiche nuvole dalle molteplici forme. La brezza calda e secca del sud attraversa incessantemente questa meravigliosa cornice e alimenta con la sua naturale forza un vivace balletto che le stoffe delle tende non sembrano assolutamente soffrire, anzi, ne seguono felici i movimenti. La osservo mentre dorme, bella come nessun’altra, occhi e labbra chiuse, con una mano accarezzo lentamente i suoi lisci e lucidi capelli neri e con l’altra cerco di descrivere questo momento unico ed irripetibile facendo molta attenzione a non disturbare il suo sonno ristoratore.
19 settembre 1944
Giungono notizie molto scoraggianti dal fronte europeo, diverse fonti riferiscono di un duro contro attacco delle truppe tedesche; nonostante sembrassero ormai ridotte allo stremo delle forze, in qualche modo Hitler ha compiuto quella che può essere benissimo definita una magia, tirando fuori dal cappello nuovi mezzi bellici in numero tale da consentirgli ampio spazio d’azione lungo i diversi fronti. Gli alleati, seppur con ovvio stupore, hanno subito risposto attivamente a questa inaspettata minaccia, ma sembrerebbe che stiano affrontando non poche difficoltà nel tentativo di imporsi per l’ennesima volta contro la Wehrmacht. Tra questi, i russi, i
quali stanno muovendo con successo lungo il fronte orientale, hanno temporaneamente deviato verso i Balcani senza apparente motivo, disattendendo alle necessità di continuare la pressante avanzata verso Berlino. Alcuni ritengono che nella strategia bolscevica ci sia un secondo fine di carattere politico economico in previsione di un’imminente conclusione della guerra, quando paesi come l’Albania, la Bulgaria e la Jugoslavia si troveranno a dover affrontare una ricostruzione culturale e materiale del proprio territorio e sarà in quel momento che i loro popoli, afflitti da anni di devastazione, riconosceranno nel fiorente pensiero comunista una promettente guida verso un futuro migliore. Bah, sarà, ma io non riesco assolutamente a comprendere come sia possibile che un popolo appena distrutto dalla dittatura nazista possa riversare la sua fiducia in un’altra forma di Governo totalitario e repressivo come il Comunismo!? Sarebbe come are dall’acqua calda all’olio bollente, ma si sa, l’essere umano non finisce mai di esercitare la propria stupidità.
15 Dicembre 1944
Sono ati due anni esatti dal quel fatidico giorno in cui mi imbarcai per dirigermi verso questa straordinaria avventura e ripenso ancora a quegli istanti con malinconia e stupore; stupore per l’enorme coraggio avuto nell’intraprendere un cammino tanto radicale, malinconia per aver dovuto abbandonare così frettolosamente una parte della mia vita, nonostante fosse caratterizzata da dolore e sofferenza. Non avrei scommesso neanche un centesimo su una simile scelta, ma le circostante hanno modificato e stravolto gli equilibri a tal punto da abbattere con vigore qualsiasi genere di certezza fino ad allora costruita. In questo paradiso terrestre, insieme ad Anna Clara, mi riesce parecchio difficile pensare ad una qualche conclusione anche solo lontanamente paragonabile per qualità a quella in cui mi trovo a vivere adesso ed onestamente non smetterò mai di ringraziare me stesso per aver trovato la forza di voltare definitivamente pagina, perché il risultato finale ha dell’incredibile. Tra le onde del mare, sotto il sole dell’Argentina, con l’amore di Anna Clara posso gridare a squarciagola: IO VIVO.
30 Gennaio 1945
La guerra non risparmia nessuno, forti, deboli, buoni o cattivi, non esistono vinti o vincitori, l’unico vero risultato è il nulla, da cui ricostruire ogni cosa; eppure, fin dalla notte dei tempi l’uomo ha sempre combattuto guerre di ogni tipo, mosso probabilmente dall’innato bisogno di soffrire anche quando la sua sofferenza non serve a niente. L’unica certezza risiede nell’ineluttabile affermazione della morte, paradossalmente aiutata nel suo scopo da coloro i quali invece dovrebbero assolutamente fuggirla e, dunque, l’uomo, il quale in principio lotta per uno scopo ritenuto nobile, allo stesso tempo vede emergere la vera natura delle sue mosse, la venefica essenza del suo agire, l’onnipresente istinto alla distruzione perpetrato attraverso il male. Ma alle volte può capitare l’assurdo, l’impensabile, la morte in cambio della vita e così non esiste più alcuna distinzione tra amici e nemici, tra chi rappresenta una minaccia e chi invece non potrebbe più nuocere nemmeno ad una mosca, tutti indistinguibilmente diventano l’obiettivo da abbattere con ogni mezzo e infine si arriva ad una evoluzione del conflitto, non più guerra, non più battaglia per la vittoria, ma tragedia. Le migliaia di anime innocenti scomparse oggi tra le onde del mar baltico testimoniano materialmente le conseguenze del parossismo bellico.
Capitolo 12 “Il legame”
Non so dare una spiegazione univoca sul perché io e Laura ci trovassimo in quella posizione! Il tripudio di emozioni che seguì il nostro primo bacio aveva inebriato totalmente i nostri sensi, di sicuro i miei, portandoci a compiere dei gesti unici nel loro genere e difficilmente descrivibili a parole. Poche certezze ed un profondo scombussolamento caratterizzarono quegli attimi di sensuale ione; stesi di fianco sul letto, immobili nel corpo, con l’animo in tempesta, occhi dentro occhi in un costante sguardo di ammirazione quasi contemplativo e nessuno dico nessuno avrebbe mai potuto disturbarci, neanche il respiro. Qualche volta le sistemavo i capelli dietro l’orecchio e li, in quegli istanti, riuscivo a notare un leggero cambiamento nel suo immobilismo, la nascita di un sottile ed impercettibile senso di gratitudine tra le delicate linee del suo viso. Definirlo amore sarebbe azzardato, ma forse, dico forse, potrebbe essere stato anche qualcosa di molto più intenso! Un “legame immateriale” , il quale avviene senza preavviso, che può capitare a chiunque, in ogni istante della propria vita, ma che in pochissimi sanno riconoscerlo quando arriva. Molti lo sentono, però, non ne capiscono l’importanza, altri, invece, lo temono, fuggono di fronte ai suoi primi segnali e infine muoiono soli, nella consapevolezza di essere incompleti. Il legame immateriale non ha bisogno di parole, si nutre di sguardi, di odori, degli attimi vissuti insieme; può bastare la semplice vicinanza dei corpi, anche nel silenzio assoluto, non importa dove, non importa quando, ciò che conta è sapere di esistere nello stesso momento. Io e Laura, in quella stanza, soli e lontani dal mondo, ma parte integrante dello stesso, due cuori sotto l’effetto gravitazionale di un vortice confluente verso un unico centro di massa, il nostro legame.
Capitolo 13 “La luce accecante”
27 marzo 1945
Ricordo vagamente il mio professore di biologia, ma ho ancora stampate nella mente le sue oltremodo durature lezioni sui vari meccanismi di sopravvivenza delle diverse specie animali; e che cos’è l’uomo se non un animale stranamente dotato di un briciolo di ragione in più rispetto ai suoi parenti a quattro zampe!? Ebbene, tra suddivisioni tassonomiche, filogenetica ed occupazione dell’areale, insomma, tra la miriade di noiosi argomenti che fui costretto ad ascoltare senza via di scampo, un fenomeno specifico riuscì a catturare la mia attenzione contro ogni aspettativa; quella volta concentrai ogni singola cellula del mio cervello sull’apprendimento di un concetto che sapevo rispecchiasse alla perfezione il modus operandi dell’intero genere umano di fronte al pericolo, un istinto alla sopravvivenza impresso nel nostro codice genetico fin dalla notte dei tempi, una forma di parassitismo ben architettata avente come unico scopo lo sfruttamento di un organismo ospite nell’attesa che arrivi il grande momento, quello in cui diventa possibile approfittare della sopraggiunta debolezza dell’ultimo vero ostacolo che ci separa dall’obiettivo finale, la conquista di una posizione dominante che possa garantire a lungo una discendenza sana e prosperosa. Lo scorso mese qualcosa ha iniziato a muoversi dal fronte latino americano, alcune nazioni, approfittando dell’ormai imminente sconfitta della Germania, hanno preso la bizzarra decisione di ufficializzare la loro dichiarazione di guerra a Hitler e all’impero giapponese; paesi come il Venezuela e l’Uruguay hanno ben pensato di approfittare della situazione decisamente favorevole per accaparrarsi il diritto di pretesa sul nemico al termine del conflitto. Il Presidente argentino Generale Pedro Ramìrez, ardente sostenitore della condizione di neutralità, all’inizio dello scorso anno aveva già attuato un’inversione di marcia sotto la pesante pressione degli Stati uniti, i quali ne accusavano una eccessiva e sospettabile faziosità a favore dei nazisti, però, il colpo di stato di febbraio che lo destituì e la
conseguente emersione della figura di Ernesto Peron ha nuovamente mescolato le carte in tavola portando ad un annichilimento delle politiche reazionarie nei confronti dell’asse. Solo ora, dopo costanti critiche della casa bianca e con la vittoria alle porte, il Governo militare filofascista attualmente al potere ha finalmente dichiarato guerra alle potenze dell’asse. Alcuni ritengono sia una chiara espressione dell’indirizzo politico del nuovo Governo, ma io ho troppa fiducia nella scienza e in tutto ciò che la concerne per poter credere ad una simile versione, è impossibile dimenticare la famosa lezione di biologia.
30 aprile 1945
Sarebbe veramente impossibile riuscire a descrivere in modo dettagliato l’innumerevole quantità di eventi accaduti nell’ultimo mese, inoltre, “Cronache Latine” ha occupato ogni momento libero delle mie giornate! L’aspetto più paradossale della faccenda, però, è rappresentato senza ombra di dubbio dal fatto che, nonostante la guerra sia oramai giunta alla fine, le persone di questo paese sono ancora molto interessate a conoscere la mia storia, seppur antecedente agli avvenimenti correnti. Le poche righe scritte su questo diario sono destinate a rimanere confinate nel cassetto della mia scrivania, quindi, non nutro particolare interesse nell’effettuare un resoconto puntuale delle notizie provenienti dal resto del mondo; per me è più che altro un esercizio di stile, utile a tenermi in costante allenamento. Dunque, mi limiterò ad annotare un veloce resoconto dei fatti più importanti! In primo luogo, è indispensabile ricordare la morte del Presidente degli Stati Uniti, Franklin Delano Roosevelt, avvenuta il 12 aprile; inutile affermare quanto questa perdita abbia sconvolto l’intero pianeta. Perdere in un momento così delicato la guida del paese che ha convertito in positivo gli esiti della guerra ha sollevato sconcerto e timore per il futuro prossimo, ma per il momento l’ex vice Presidente Henry Truman, succeduto temporaneamente al suo capo, riesce a gestire egregiamente la situazione; Il compito non è e non sarà facile, Roosevelt ha rappresentato il popolo americano per tre mandati consecutivi, superando con non poche critiche il limite consueto del doppio mandato. La disabilità provocatogli da alcuni problemi agli arti inferiori, non ha assolutamente
intaccato la sua tempra autorevole e risoluta, anzi, non c’è dubbio sul fatto che sia stato il principale artefice dell’insieme di manovre radicali che hanno portato l’America al superamento della grande crisi. Schierarsi con successo contro Hitler lo ha reso uno dei più importanti presidenti della storia. Altra data importante è il 28 Aprile, quando Benito Mussolini è stato catturato ed ucciso insieme alla sua compagna Claretta Petacci da alcuni Partigiani mentre tentava di fuggire in Svizzera; successivamente hanno esposto al pubblico in Piazzale Loreto a Milano i loro corpi e da quanto ho appreso, non è stato risparmiato alcun tipo di accanimento contro le salme. Ultima, ma non per importanza è la data di oggi, infatti dall’Europa giunge a noi la notizia della resa di Berlino e alcune fonti russe rivelano ufficiosamente la morte di Hitler, avvenuta per suicidio nel bunker sotto il terzo Reich, nel quale il “Fuhrer” si era rifugiato per gestire in sicurezza quest’ultima fase del conflitto. Se così fosse, si potrebbe benissimo affermare che la guerra è finita, anche se l’Impero giapponese non accenna ad arrendersi. Aprile, mese di caduta e resurrezione!
23 maggio 1945
L’idea di acquistare una vecchia moto dal meccanico più famoso di Via Speranzas ha permesso a me ed Anna Clara di trascorrere un’esperienza selvaggia per le strade argentine. In sella alla nostra Indian e con lo stretto indispensabile ci siamo subito diretti verso l’entroterra alla scoperta del magnifico territorio di questo paese e così abbiamo attraversato in pochi giorni gran parte della pampa, ricca di pianure fertili e prosperose, terminando il nostro viaggio nella regione del Gran Chaco, un territorio subtropicale dall’aspetto esotico e alle volte anche inospitale. Negli anni trenta, Bolivia e Paraguay contesero all’Argentina il controllo di quest’ultima zona nella convinzione di poterne sfruttare economicamente alcune risorse naturali, salvo scoprire successivamente che l’unica risorsa sfruttabile era la bellezza del suo paesaggio. E infatti è proprio così! Ovunque si è circondati da una rigogliosa vegetazione e anche se il clima è caratterizzato da una forte umidità che ne amplifica l’effetto termico, diverse volte si può assistere a massicce escursioni tra il giorno e la notte. In alcuni punti non vi è traccia dell’uomo o del suo aggio, si possono
incontrare solo forme di vita del regno animale, decisamente variegato; pappagalli giganti dai colori più assurdi, lucertole di ogni forma e genere, senza tener conto dello sconfinato universo di insetti osservabili al calar del sole. Impossibile non fare cenno del tripudio di sensazioni che la natura ci ha regalato durante le nostre soste nelle oasi più belle che abbia mai visto, in cui abbiamo potuto godere delle fresche acque di stretti ruscelli sotto una lussureggiante e fitta vegetazione verde smeraldo. Vedere questi luoghi traboccanti di vita ha fatto nascere in noi un profondo senso di gratitudine per essere stati spettatori privilegiati delle meraviglie che la terra offre continuamente in cambio del nulla, quando basta solo un pizzico di rispetto e riguardo per aver ricevuto un simile dono. Anna Clara ha reso tutto questo ancora più unico, le notti trascorse insieme a lei ad osservare l’immensità del cielo stellato davanti al tiepido fuoco del nostro accampamento, gli amorevoli amplessi in ogni momento ed in ogni luogo, le carezze, i sorrisi ingenui, gli abbracci seguiti da infiniti baci ci hanno regalato dei momenti che rimarranno in eterno impressi nei nostri cuori. Grazie mondo, Grazie Anna Clara!
21 giugno 1945
Dunque, il conflitto più efferato della storia si può tranquillamente definire terminato, ora tutta l’Europa è ridotta ad un cumulo di macerie e l’incalcolabile numero di vittime ci ricorda costantemente gli effetti della follia umana; chi ha avuto la sfortuna di assistere ad un simile orrore riferisce puntualmente le stesse identiche impressioni: la terra sotto i nostri piedi ha cambiato aspetto, ora è di un intenso color rosso sangue, versato giorno dopo giorno dalle migliaia di donne e bambini innocenti che hanno perso la vita per mano di soldati costretti a combattere una battaglia senza senso e che a loro volta hanno visto morire le proprie mogli ed i propri figli per mano di altri soldati, creando così un inarrestabile vortice della morte che non ha risparmiato nessuno. Gli stati vittoriosi, se di vittoria si può parlare, stanno già decidendo le sorti dei popoli sconfitti, arrogandosi diritti di pretesa sui territori che più gli interessano, dividendosi a forza di poderosi morsi quel poco rimasto dal quanto mai scarno bottino di guerra. Nella cecità più assoluta sulla realtà dei fatti, il Giappone è l’unico stato che
rifiuta testardamente e contro ogni logica la sconfitta; è vero che la cultura nipponica è sempre stata caratterizzata da un senso di orgoglio nazionale d’altri tempi, ma trovo assai bizzarro questo disperato tentativo di voler modificare le sorti dello scontro. Gli Stati Uniti penetrano inesorabilmente le loro linee difensive disseminate in tutto il pacifico ormai da diverso tempo e l’ennesimo successo ottenuto quest’oggi ad Okinawa, l’avamposto fortificato più importante dell’esercito giapponese, decreta senza alcun dubbio le sorti del conflitto anche su quest’ultimo ostinato fronte.
11 luglio 1945
Tutto sembra aver raggiunto uno stato di quiete assoluta, ogni cosa, ogni persona che mi circonda ha assunto l’aspetto e la consistenza di un unico organismo formato da poche specifiche funzioni atte a regolarne perfettamente ogni singolo movimento. È come osservare una macchina costruita specificamente per assolvere sempre allo stesso compito, giorno dopo giorno, in un unico e ripetitivo ciclo infinito. Neanche l’estasi provocata dalle esperienze vissute in questa terra hanno potuto colmare alla perfezione il vuoto che la mia anima porta con se fin dalla nascita, probabilmente come chiunque altro in questo mondo; naturalmente, la soluzione più ovvia è stata quella di trovare certezze, speranze e stimoli che riuscissero in qualche modo ad alimentare in me il fuoco della vita, ma non è stato affatto facile, anzi, direi che è risultato quasi impossibile riuscirci, fino a quando, però, ho incontrato lei, Anna Clara, diventata il pilastro portante della mia esistenza terrena, un collegamento tangibile tra la mia anima e l’universo circostante, il punto d’arrivo di una ricerca iniziata con il primo vagito, una costante tra le variabili del cosmo. La sua esistenza è l’unica certezza alla quale possa affidarmi e questo mi basta, perché mi rende felice, mi completa, riempie il più possibile quel vuoto incolmabile che tanto mi addolora e trasforma ogni singolo attimo vissuto al suo fianco in un grande e potente mezzo di ancoraggio con la realtà. Dunque, noi due, insieme, non abbiamo più bisogno di niente, l’uno basta all’altra creando così un senso di completezza che non teme la sofferenza, il dolore o per finire la morte. Osserviamo come spettatori privilegiati il susseguirsi delle giornate che nel loro estetico mutamento non modificano assolutamente la
sostanza di fondo che regola il mondo circostante, quindi, non ci resta che stupirci di una simile fortuna e vivere con serenità ed orgoglio quel po’ che ci resta, convinti che il nostro legame perdurerà fino alla fine delle cose.
16 luglio 1945
Lei è in piedi, i capelli svolazzanti sotto l’effetto di una leggera brezza al calar del sole, guarda fissa l’orizzonte imbrunito dal crepuscolo pomeridiano e intanto aspetta che la raggiunga, subito dopo aver terminato di scrivere queste poche righe in riva al mare. Ispirato dal momento e dalla meraviglia che suscita in me vederla in quella posizione divina, mi godo indisturbato lo spettacolo, ma allo stesso tempo non vedo l’ora di stringerla tra le mie braccia per sussurrargli all’orecchio quanto l’amo. Ma, in lontananza si fa sempre più forte un bagliore di luce quasi accecante, come un’onda di energia in costante crescita destinata a spazzarci via con tutta la sua devastante potenza e mentre corro in suo soccorso.
Stavo chiaramente vivendo insieme a loro gli effetti di una simile esperienza tanto da vedere io stesso il medesimo bagliore nella stanza in cui mi trovavo! Si, proprio così, negli istanti in cui io e Laura leggevamo la descrizione di mio nonno, mi svegliai di colpo in un urlo di terrore disperato e struggente, con le lacrime agli occhi ed un senso di profondo smarrimento; ebbene, stavo sognando un'altra volta, anzi, avevo fatto un sogno dentro il sogno e la stanza era buia e silenziosa senza che al mio fianco vi fosse qualcuno. Niente Laura, niente di niente, neanche il libro che stavamo leggendo insieme; quello se ne stava immobile dove l’avevo lasciato l’ultima volta, sotto il letto, prima che mi addormentassi come un sasso. Così, fui immediatamente sopraffatto da un terribile senso di disperazione che durò per un tempo che ora nemmeno ricordo, piansi e ripiansi con la faccia contro il cuscino, battei con forza i pugni contro l’alcova per la rabbia, ma non potei far nulla per modificare quello che era avvenuto, nient’altro che il frutto di un desiderio irrealizzabile. Ogni cosa era stata prodotta dalla mia testa, anche il racconto dello stesso libro, infatti, scoprii che dopo quel versetto melodico non vi era scritto più nulla, c’erano solo pagine
su pagine di un candido bianco, nessun resoconto di un viaggio in Argentina durante la seconda guerra mondiale, nessun amore con Anna Clara; solo una bellissima storia realizzata dalle paure e dai desideri di chissà quale parte del mio cervello, solo un mucchio di nozioni forse assimilate negli anni dai libri di storia colorate e romanzate dalle aspettative di un giovane illuso. Tutto era terminato con quel risveglio, il funerale di mio nonno, la possibilità di conoscere meglio Laura! Di sotto trovai ad attendermi mio padre e mia madre stupiti di quella lunga assenza; Laura se n’era andata dal un bel pezzo e non ebbi mai più l’occasione di incontrarla. La giornata si concluse mio malgrado come tante altre, però, in cuor mio sapevo che era destinata a modificare inesorabilmente il percorso di vita che fino ad allora mi ero prefissato. Le mie convinzioni iniziarono ben presto a vacillare e, terribilmente affranto da quel senso di malinconica insoddisfazione, presi la drastica decisione di interrompere quanto costruito fino ad allora per cercare finalmente me stesso. Iniziai dall’unico punto di riferimento possibile, da ciò che trovai e persi durante quel pomeriggio di una calda estate, ovvero, dal magnifico senso di soddisfazione che mi provocò quell’esperienza. Il tutto mi portò dopo un lungo viaggio nell’unico posto possibile, nel luogo dove ogni cosa ebbe inizio e dove terminò con vigorosa sopraffazione dei sensi. Ora, sono qui, nella spiaggia dei miei sogni, nella speranza di conoscere anch’io una Anna Clara che mi cambi la vita, desideroso di affrontare lo stesso percorso costruito tanto magistralmente ad occhi chiusi, ma con la continua e costante incertezza che io possa svegliarmi da un momento all’altro.
Indice
Capitolo 1 “lei”
Capitolo 2 “la sottile linea”
Capitolo 3 “luci nei ricordi”
Capitolo 4 “lo scrigno del ato”
Capitolo 5 “Stupore”
Capitolo 6 “Un briciolo di follia”
Capitolo 7 “Insieme”
Capitolo 8 “Un viaggio”
Capitolo 9 “La scoperta”
Capitolo 10 “La terra magica”
Capitolo 11 “Il bacio”
Capitolo 12 “Il legame”
Capitolo 13 “La luce accecante”